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in 2009 with funding from
University of Toronto
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A
AECHIYIO
STOEICO SICILIANO
/pubblicazione periodica
DELLA
SOCIETÀ SICILIANA PER LA STORIA PATRIA
NUOVA SERIE, ANNO XXIV.
PALERMO
TIPOGRAFIA " LO STATUTO
1899
612030
ELENCO
DEGLI
UFFICIALI E SOCI DELLA SOCIETÀ PER L'ANNO 1899
SUA MAESTÀ LA REGINA MARGHERITA DLSAVOJA
UFFICIALI
PRESIDENTE
&r. Ufflc. Prof. Aw. ANDREA GTIARNERI,
Senatore del Regno
PRESIDENTE ONORARIO
Sua Eccellenza
L'Avv. Francesco Grispi
Cavaliere deW Ordine Supremo della SS. Annunziata,
Deputato al Parlamento.
VICE-PRESIDENTI
Sua Eccellenza
MoNS. Prof. Comm. Vincenzo Di Giovanni
Vescovo titolare di Teodosiopoli,
Prelato ordinario di S." Lucìa del Mela,
Membro del Consiglio per gli Archivi di Stato
Socio corrispondente dell'Istituto di Francia.
Cav. Uff. Girolamo Settimo, Principe di Fitalia
Oentikiomo di Corte di S. M. la Regina.
IT . ELENCO DEI SOCI
SEGRETARIO GENERALE
Dottor Cav. Giuseppe Lodi
PìHmo Archivista di Stato.
VICE-SEGRETARI
Cav. Aw. Carlo Crispo-Moncada.
Cav. Avv. Giuseppe Falcone.
DIRETTORI DELLE CLASSI
Gan. Cav. Giuseppe Beccaria
Ufficiale nelV Archivio dì Stato
Membro della Commissione Araldica Siciliana
Direttore della i" Classe.
Bar. Comm. Dott. Raffaele Starrabba
Sopraintendente Direttore dell' Archivio di Stato
Vice Presidente della Comm,issione Araldica Siciliana
Direttore della 2" Classe.
Comm. Prof. Antonino Salinas
Socio cortHspondente dell'Istituto di Francia
Miembro della Consulta Araldica e della Comm,issìone Araldica
Siciliana
Direttore della 3" Classe.
CONSIGLIERI
Prof. Dott. Cav. Salvatore Salomone-Marino.
Cav. Upp. Dott. Giuseppe Tra vali.
Dott. Prof. Comm. Giuseppe Pitrè.
MoNs. Comm. Gioacchino Di Marzo.
Prof. Cav. Salvatore Romano.
Prof. Cav. Alfonso Sansone.
TESORIERE
Comm ^'A"'>r,RONK Skiuano
ELENCO DEI SOCI
BIBLIOTECARIO
DoTT. Giuseppe La Mantia
U/Ticiale neW Archivio di Stato.
CORPI MORALI CHE HANNO PRESO DELLE AZIONI
Ministero dell'Istruzione Pubblica per 400 azioni.
Ministero d'Agricoltura, Industria e Commercio per 5 azioni.
Provincia di Palermo per 20 azioni.
Provincia di Catania per 20 azioni.
Municipio di Palermo per 100 azioni.
Municipio di Messina per 10 azioni.
Municipio di Acireale per 4 a"2ioni.
Municipio di Castrogiovanni per 4 azioni.
Municipio di Marsala per 4 azioni.
Municipio di Monte S. Giuliano per 4 azioni.
Municipio di Nicosia per 4 azioni.
Municipio di Noto per 4 azioni.
Municipio di Parco per 4 azioni.
Municipio di Siracusa per 4 azioni.
Municipio di Termini-Imerese per 4 azioni.
Municipio di Alcamo per 2 azioni.
Municipio di Salaparuta per 1 azione.
Biblioteca Fardelliana di Trapani per 4 azioni.
Biblioteca Comunale di Vicenza per 4 azioni.
Biblioteca Nazionale di Napoli per 4 azioni.
Biblioteca Nazionale Braidense di Milano per 4 azioni.
Biblioteca Universitaria di Messina per 4 azioni.
Biblioteca Comunale di Verona per 2 azioni.
Circolo del Gabinetto di lettura in Messina per 4 azioni.
Cìrcolo Bellini in Palermo per 4 azioni.
Nuovo Casino di Palermo, per 4 azioni.
Direzione dell'Archivio di Stato di Venezia per 4 azioni.
Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti della
Sicilia per 4 azioni.
TI ELENCO DEI SOCI
CORPI MORALI ASSOCIATI ALLE PUBBLICAZIONI
DELLA SOCIETÀ
Ministero dell'Inlerno per 1 copia di ciascuna pubblicazione.
Ministero della Guerra, idem idem
Camera dei Deputati, idem idem
Biblioteca Palatina di Parma, idem idem
Archivio di Stato di Palermo, idem idem
Archivio di Stato in Firenze per 1 copia del periodico..
Archivio di Stato in Napoli idem idem
Archivio di Stato in Cagliari idem idem
Biblioteca Labronica di Livorno idem idem
Biblioteca Comunale di Caltanissetta idem idem
Biblioteca Comunale di Castelvetrano idem idem
E. d'Oleire (librairie Triibner) — Strasburgo idem idem.
►§^^^14-
SLKNCO DH 8001 TU
PRIMA CLASSE
DIRETTORE
Can. Gav. Giuseppe Beccaria
Ufficiale nello Archivio di Stato
Membro della Commissione Araldica Siciliana.
SEGRETARIO
DoTT. Carlo Alberto Garufl
SOCI
Accardi Cav. Uff, Gioacchino — Palermo.
Agnello Cav. Prof. Angelo — Palermo.
Albanese Cav. Carlo — Palermo.
Alfani Cav. Prof. Augusto — Firenze.
Amato-Pojero Gr. Uff. Michele, Senatore del Regno — Palermo.
Ardizzone Prof. Matteo — Palermo.
Arenaprimo Cav. Giuseppe, Barone di Montechiaro, Membro
della Commissione Araldica Siciliajia —Messina.
Arezzo Nob. Pietro — Palermo.
Armò Cav. Gr. Cord. Avv. Giacomo, Primo Presidente di Corte
di Cassazione a riposo, Senatore del Regno — Palermo.
Atenasio Barone Francesco Paolo — Palermo.
Avarna Nicolò, Duca di Gualtieri — Palermo.
Avellone Avv. Salvatore— Palermo.
Battaglia Dott. Antonio — Termini-Imerese.
Battaglia Anton Giuseppe — Termini-Imerese.
Beccaria Can. Cav. Giuseppe, Ufficiale nell'Archivio di Staio,
Membro della Commissione Araldica Siciliana — Palermo.
Bella Can. Prof. Salvatore — Aci-Calena.
Benfante Avv. Giovan Battista — Palermo.
▼in ELENCO DEI SOCI
Bonfiglio Prof. Parroco Simone — Palermo.
Bordiga Erminia , Direttrice del Reale Educatorio M.* Ade-
laide — Palermo.
Borzi Prof. Gav. Antonino, Direttore dell'Orto Bota?iico — Pa-
lermo.
Bottalla Cav. Avv. Pietro, Segretario della Procura Generale
del Re presso la Corte di Cassazione — Palermo.
Bova Mons. (S. E.) Gaspare, Vescovo di SamaìHa e Ausiliare
dell' Arcivescovo — Palermo.
Biioupensiere-De Baggis Albina — Palermo.
Cali Parroco Andrea — Palermo.
Calvino Comm. Angelo — Palermo.
Canzone Prof. Salvatore — Palermo.
Cappello Comm. Salvatore — Palermo.
Caputo-Montalto Francesco — Palma di Montechiaro.
Caruselli Giovanni — Cattolica Eraclea.
Cascavilla Prof. Cau. Michele — Palermo.
Castellana Ambrogio — Palermo.
Castelli Sac. Bartolomeo, Decano della Cattedrale — Mazzara
del Vallo.
Cataliotti-Valdina Dott. Ferdinando — Parigi.
Celesia (Sua Emin.) Cardinale D. Michelangelo dei Marchesi
Celesia, Arcivescovo — Palermo.
Cervello Comm. Dott. Prof. Vincenzo — Palermo.
Chiaramonte Dott. Socrate Palermo.
Cigliutti Prof. Corani. Valentino, Preside del R. Liceo E. Qui-
rino Visconti — Roma.
Ciofalo Avv. Conmi. Francesco — Palermo.
Ciotti-Gra.sso Cav. Avv. Pietro — Palermo.
Civiletti Sac. Prof. Micholang(ilo -- Palermo.
Coluraba Prof. Gaetano Mario — Palermo.
Colucci Cav. Gr. Cr. Avv. Giuseppe, Prefetto al riposo — Roma.
Conforti Cav. Uff. Luigi, Economo generale dei Benefici va-
canti in Sicilia — Palermo.
Conte I*rof Anacleto — Palorrno.
ELENCO DEI SOCI
Corradi Prof. Giuseppe — Palermo.
Costantini Avv. Costantino — Palermo.
Crisafulli Comm, Ab. Vincenzo — Palermo.
Crisafulli Lomonaco Avv. Calogero — Palermo..
Crispi (S. E.) Avv. Francesco, Cav. deirOrdine Supremo della
SS. Annunziata, Deputalo al Parlamento — Roma.
Calotta Sac. Paolo — Palermo.
Curti Cav. Avv. Achille — Palermo.
Cusumano Cav. Uff. Prof. Vito — Palermo.
D'Alessandro Mons. Gaetano (S. E.) Vescovo — Cefalù.
De Ciccio Benef. Giuseppe — Palermo.
DelPAgli Antonio — Giarratana.
De Lorenzo Mons. Antonio Maria (S. E.) Arcivescovo — Roma.
Deodato Cav. Pietro — Villarosa.
De Seta Marchese Gr. Cord. Francesco, Prefetto della Pro-
vincia di Palermo,
De Stefani-Ficani Cav. Calogero, K. Ispettore degli Scavi e
Monumenti — Sciacca.
Di Bartolo Can. Dott. Salvatore — Palermo.
Di Benedetto Avv. Vincenzo — Centuripe.
Di Blasi Avv. Agostino, Barone della Salina — Palermo.
Di Blasi Prof. Andrea — Palermo.
Di Giovanni Prof. Leonardo — Palermo.
Di Giovanni Mons. Prof. Coniin. Vincenzo, (S. E.), Vescovo
titolare di Trodosiopoli e t-ri'lato ordinario di S. Lucia
del Mela, Menihro del Consir/Ho per gli Archivi di S'alo
e Socio corrispondente dt'W Istilulo di Francia — Palermo.
Di Girolamo (^av. Avv. Andrea — Marsala.
Di Gregorio Pasquale, Perito A(]rirnensoì'<' - Paleruio.
Di Lorenzo Cav. Dolt. Niccolò — Palermo.
Di Martino l'rot. Mattia — Noto.
Di Piazza Bartolomeo — Monreale.
Di Pietro Dott. Sac. Salvatore — Palermo.
Di Salvo Barone Vincenzo — Palermo.
Dominici-Morillo Ab. Dott. Prof. Luigi, Bibliotecario — Poìhz'i-
Generosa.
ELEKCO DEI SOCI
Donatuti Cav. Ing. Lorenzo — Palermo.
Drago-Calandra Dott. Giuseppe, Giudice presso il Tribunale —
Palermo.
Errante-Parrino Parroco Giovanni — Castelvetrano.
Falcone Avv. Cav. Giuseppe — Palermo.
Ferrara Dott. Gaetano — Palermo.
Ferrara P. Gaetano Maria — Palermo.
Fignon Sac. Giuseppe — Palermo.
Fiorenza Mons. Giuseppe (S. E). Arcivescovo — Siracusa.
Firmaturi di Chiosi Nobile Caterina — Palermo.
Floreno-Foschini Alfonsina — .Roma.
Franciosi Prof. Cav. Pietro — Palermo.
Franco Prof. Girolamo — Palermo.
Frùhwirth ir. Andrea, Maestro Generale dell'Ordine dei Pre-
dicatori — Roma.
Fucile Bar. Comm. Luigi— Palermo.
Galati Giacomo — Messina.
Garofalo Avv. Filippo — Ragusa.
Garufi Dott Carlo Alberto — Palermo.
Giambruno Avv. Cav. Salvatore, Archivista di Stato— Palermo-..
Gianformaggio Giovanni — Granmichele.
Giliberti Cav. Angelo , Consigliere Delegato di Prefettura —
Catania.
Gioja Cav. Avv. Vincenzo, Consigliere alla Corte di Appello -
Palermo.
Giordano Can. Prof. Nicolò — Monreale.
Gorgone- Caruso Lorenzo, Proc. leg., — Palermo.
Gramignani Luigi Filippo - Palermo.
Guarnen .\vv. Prof. Gr. Uff. Audredi , Senatore del Pegno —
Palermo.
Guarneri Avv. Eugenio - Palermo.
Guarneri Avv. Luigi — Palermo.
Guercio Benef. Silvestro — Palermo.
Culi Prof. Sac. Giovanni — Palermo.
Gorgone Sac. Prof. Antonino - Nicosia.
ELKNCO DEI SOCI
Ingroja Cav. Prof. Biagio — Calataflrai.
Inguagiato Vincenzina — Palermo.
La China Mons. Federico — Vittoria.
La Colla Cav. Uff. Avv. Prof. Francesco — Palermo.
La Corte Prof. Giorgio — Sassari.
Lalia-Paternostro Alessandro — Palermo.
La Manna Gomm. Avv. Biagio Presidente della Deputazione
provinciale — Palermo.
La Mantia Dott. Francesco Giuseppe, Giudice di Tribunale —
Palermo.
La Mantia Gr. Uff. Vito, Primo Presidente onorario di Corte-
d'Appello, Membro della Commissione Araldica Siciliana —
Palermo.
Lancia (S. E.) Mons. D. Domenico Gaspare, Cassinese, Arci-
vescovo — Monreale.
Lancia Nob. dei Marchesi Giuseppe — Palermo.
Lanza Nob. Giulia, Principessa di Trabia e di Butera— Palermo.
Lanza Ignazio, Conte di S. Marco — Palermo.
Lanza di Scalea Cav. Lucio — Palermo.
Lanza Dott. Cav. Pietro, Principe di Scalea, Deputalo al Par-
lamento — Palermo.
Lanza-Mantegna Conte Giuseppe — Palermo.
La Rocca-Impellizzeri Cav. Paolo — Ragusa-Inferiore.
La Rosa Sac. Giuseppe M. — Pedara.
La Vecchia Avv. Gioacchino — Paleiino.
Leone Avv. Giovanni — Palermo,
Lombardo P. Maestro Vincenzo Giuseppe dei Predicatori —
Palermo.
Longo Dott. Prof. Cav. Antonio -- Palermo.
Longo Sac. Prof. Giovanni — Catania.
Lorico Avv. Filippo — Palermo.
Lumbroso Prof. Cav. Giacomo — Ronja.
Macaluso Prof. Comm. Damiano ~ Palermo.
Maggiore-Perni Avv. Prof. Cav. Francesco — Palermo.
Majorca Morlillaro signorina Rosalia — Palermo.
XII ELENCO DEI SOCI
Mangiameli Dott. Salvatore, Sotlo-Archivista di Stato — Pa-
lermo.
Mangione Francesco — Palermo.
Manno Sac. Antonino, Vicario di Coro^ Prefetto maggiore del-
r Istituto nautico — Palermo.
Marino Can. Giuseppe — Lercara-Friddi.
Marinuzzi Coram. Avv. Antonio — Palermo.
Marraffa Avv. Eduardo, Giudice di Tiibunaie — Palermo.
Mastropaolo Nob. Alfio — Palermo.
Maurici Prof. Andrea — Palermo.
Mazziotta Cav. Francesco — Messina.
Mellina Lorenzo, Uffìziale Commissario di Marina — Spezia.
Messina P. Serafino dei Min. Riformati — Palermo.
Mestica Prof. Comm. Giovanni , Deputato al Parlamento —
Roma.
Mirabella Prof. Francesco Maria — Alcamo.
Montalbano Cav. Placido, Consigliere di Cassazione — Palermo.
Mora Sac. Bernardo — Palermo.
Morvillo Avv. Antonino — Palermo.
Musso Avv. Giuseppe — Cefalo.
Natoli Prof. Luigi, Direttore della Scuola Normale e Convitto
di Nuoro (Sardegna*.
Natoli-La Rosa Avv. Antonino — Lipari.
Notarbartolo-Merlo Cav. Leopoldo, Capitano di Corvetta— Fsl-
itTIIli».
Notarbartolo e Santo Stefano Gaspare, Duca di Serradifalco —
Palermo.
Oberty Cav. Dott. Enrico, Consigliere di Corte di Appello —
Napoli.
Orlando Francesco — Palermo.
Orlando Cav. Prof. V. Emanuele, Deputato al Parlamento —
Palermo.
Ottone Ing. Giuseppe Palermo.
Paco Prof. .\vv. Salvatore — Palermo.
Pa^^ano Prof. Avv. Giacomo — Palermo.
ELENCO DEI SOCI XI 11
Palizzolo Gr. Uff. Nob. Raffaele, Deputato al Parlamento — Pa-
lermo.
Palizzolo-Gravina Gav. Gr. Cr. Vincenzo, Bar. di Ramione,
Membro della Commissione Araldica Siciliana — Palermo.
Palomes P. Luigi dei (Conventuali — Palermo.
Pandolfini P. Antonio dei PP. Crociferi ~ Palermo.
Pandolfìni Cnltrera Francesco — Palermo.
Pantaleo Cav. Uff. Vincenzo — Palermo.
Parisi Benef. Francesco Paolo — Palermo.
Passanisi Bar. di Granville Mario — Caltagirone.
Passarello Avv. Alfonso — Leonforte. <
Patera Dott. Paolo — Partanna.
Paterno Comm. Prof. Emmanuele , Cavaliere dell' Ordine del
Merito Civile di Savoja, Senatore del Regno — Roma.
Patiri Giuseppe — Termini-Imerese.
Patricolo Corrado — Palermo.
Pecorella Dott. Camillo, Sotto-Bibliotecario alla Nazionale —
Palermo.
Pelaez Avv. Cav. Emanuele — Palermo.
Perricoue Francesco — Palermo.
Piazza Prof. Salvatore — Palermo.
Pincitore Dott. Alberico — Palermo.
Pinzolo Prof. Pietro — Palermo.
Pizzillo Dott. Niccolò — Palermo.
Pizzoli Mons. Parroco Domenico — Palermo.
PoUaci-Nuccio Cav. Fedele, Sopraintendente allo Archivio Co-
munale, Membro della Comìnissione Araldica Siciliana —
Palermo.
Pollaci-Testa Fedele, Commissario nelle RR. Dogane — Pa-
lermo.
Pulci Sac. Prof. Francesco — Caltanissetta.
Baciti Romeo Can. Prof. Vincenzo — Acireale.
Raccuglia Prof. Salvatore, R. Ispettore scolastico — Castroreale.
Raimondi Sac. Pietro — Palermo.
Raja-Sinatra Sac. Salvatore — Lercara-F riddi.
XIT ELENCO DEI SOCI
Ramondelta-Fileti Concettina — Palermo.
Reber Alberto — Palermo.
•Restivo Francesco Empedocle — Palermo.
Ricca Salerno Comm. Prof. Giuseppe — Palermo.
Rifici Not. Alfio — S. Agata Militello.
Ryolo Comm. Domenico — Naro.
Robbo Gav. Giuseppe — Palermo.
Rodolico Dott. Niccolò — Modica.
Romano Prof. Gav. Salvatore, Ufficiale dell'Accademia di Fran-
cia — Palermo.
Romano-Catania Dott. Gav. Giuseppe, Maggiore Medico nella
riserva — Palermo.
Rossi Gav. Avv. Enrico, Deputato al Parlamento — Palermo.
Rossi Prof. Vittorio — Pavia.
Rosso Sac. Giuseppe — Caccamo.
Ruggieri Vincenzo — Palermo.
Russo Dott. Prof. Angelo, Uffic.nelV Archivio di Stato — Palermo.
Russo Can. Prof. Giuseppe — Girgenti.
Russo-Giliberti Dott. Prof. Antonino — Palermo.
Russo-Onesto Gav. Avv. Michele, Sostituto Procuratore gene-
rale — Palermo.
Russo-Riggio Can. Prof. Luigi — Butera.
Salemi-Battaglia Can. Emanuele — Palermo.
Salvioli Gav. Prof. Giuseppe — Palermo.
Salvo Benigno, Magazziniere delle privative— ^OY2iTai{^\c\\\2i).
Sampolo Comm. Prof. Luigi — Palermo.
Sanfllippo Gav. Avv. Giacomo, Deputato al Parlamento— Fa,-
lerrao.
Sainte Agathe (de) Conte Giuseppe — Besan^on (Francia).
Sangiorgi-Di Maria .\vv. Salvatore, Deputato Provinciale —
Palermo.
Sansone Gav. Prof. Alfonso — Palermo.
Santangelo-Spoto .\vv. Enrico — Palermo.
Sardofontana Notar Francesco Paolo — Palermo.
JSavagiione Avv. Francesco — Palermo.
ELENCO DEt SOCI XV
Savagnone Dott. Francesco Guglielmo — Palermo.
Scavo Sac. Parroco Agostino — Palermo.
Sciarrino-Russo Giuseppe — Palermo.
Settimo Girolamo Cav. Uff., Principe di Fitalia , Gentiluomo
di Carle di S. M. la Regina — Palermo.
Siciliano Giuseppe — Palermo.
Siciliano Prof. Luigi — Palermo.
Simiani P. Don Pier Giuseppe dei Benedettini Olivetani —
Soulac-sur-mer (Gironde) ~ Francia.
Sortino Schininà Cav. Eugenio — Ragusa Inferiore.
Storiano Can. Arcip. Gaspare — Marsala.
Tamburello Prof. Giuseppe — Collesano.
Terrasi Sac. Giovanni — Palermo.
Testasecca Conte Ignazio, Deputato al Parlamento — Calta-
nissetta.
Tirrito Ing. Rosario — Palermo.
Tommasini Comm. Oreste, Cav. dell'Ordine Civile di Savoja,
Presidente della Società Romana di storia Patria —
Roma.
Tosi Cav. Uff. Gaetano, Cancelliere alla Cassazione — Palermo.
Traina Sac. Giuseppe — Castronovo.
Varvaro Pojero Comm. Francesco — Palermo.
Vasi Sac. Prol". Luigi — San Fratello.
Zangara Avv. Ignazio — Catania.
Zenatti Prof. Albino, R. Provveditore agli Séudj — Catania.
Ziino Prof. Giuseppe — Messina.
JZuccaro Mons. Ignazio, (S. E.) Vescovo di Caltanissetta.
•TK->-^:^*5-Mf.
XVI ELENCO DEI SOCI
SECONDA CLASSE
DIRETTORE
Starrabba Comm. Dott. Raffaele, Barone di Ralbiato
Sopraintendente Direttore dell'Archivio di Stato
Vice Pì^esidente della Commissione Araldica Siciliana.
SEGRETARIO
Travali Cav. Uff. Dott. Giuseppe
SottoA?'Chivista di Stato
Segretario della Comm,issione Araldica Siciliana.
SOCI
Avelie Prof. Cemm. Corrado — Noto.
Barrilà-Vasari Proc. leg. Ignazio, Sotto-Archivista di Stato —
Palermo.
Battaglia Avv. Giorgio — Palermo.
Beccadelli-Acton Comm. Paolo, Principe di Camporeale, Sena-
tore del RegnOy Membro della Commissione Araldica Sici-
liana — Palermo.
Bellio Cav. Prof. Vittore — Pavia.
Beglino Mons. Can. Luigi — Palermo.
Bona Ignazio, U/Jlziale nelV Archivio di Staio — Palermo.
Bottino Ing. Prof. Francesco — Palermo.
Briquet Carle Mosò — Ginevra.
Cappellani Prof. Gaetano — Cericene.
Casano Sac. Ferdinando — Palermo.
Chianello Di Maria Zappino Cav. Uff. Gievan Battista, Barene
di Boscogrande -— Palermo.
Cianciolo Avv. Carlo — Palermo.
Cosentino Prof. Cav. (Jiusoppe, Archivista di 8/a^o— Palermo.
ELENCO DEI SOCI XVII
Costantini Cav. Nob. Costantino Maria, lenente Colonnello di
Artiglieria — Vigevano.
Cozzucli Prof. Can. Giambattista — Palermo.
Crispo-Moncada Avv. Cav, Carlo, Solto-Bibliotecario alla Na-
zionale - Palermo.
De Gn^gorio Marchese Prof. Giacomo — Palermo.
DichÌLira Dott. Francesco — Palermo.
Di Marzo Mons. Comm. Gioacchino, Capo Bibliotecario della
Comunale, Metnbì^o della Commissione Araldica Siciliana —
Palermo.
Paraci Parroco Giuseppe Emmanuele — Palermo.
Favaloro Prof. Cav. Francesco Paolo — Palermo.
Ferrante Sac. Prof. Giuseppe .— Termini-Imerese.
Giorgi Cav. Prof. Dott. Ignazio , Bibliotecario della Casana-
iense — Roma.
Gnoffo Sac. Domenico — Palermo.
Guastalla Avv. Ernesto, Sotto-Bibliotecario alla Nazioìiale —
Palermo.
Heinemann Dott. Prof., Lotario — Tubinga (Germania).
Inghilleri-Di Bella Prof. Giuseppe — Palermo.
Lagumina Prof. Can. Giuseppe — Palermo.
La Mantia Dott. Giuseppe, Uff. nelV Archivio di 5^a^o— Palermo.
La Via-Bonelli Cav. Avv. Mariano, Rapp. il Municipio di Ni-
cosia — Nicosia. »
Lionti Dott. P'erdinando, Archivista di Stato — Palermo.
Lodi Dott. Cav. Giuseppe, Primo Archivista di Stato ^Palermo.
Manasia Sac. Cav Calogero, Capo Bibliotecario— Caìtanììsseita.
Mango Antonino, Marchese di Casalgerardo — Palermo.
Mantia Avv. Pasquale — Palermo.
Manzone Cav. Gaspare, Sotto Assistente nell'Archivio di Sta-
to — Palermo.
Marano Dott. Giuseppe — Borgetto.
Martines Ing. Amilcare — Palermo.
iMasi Mons. Giuseppe, (S. E.) Vescovo di Tempe — Palermo.
Milazzo-Cervello Dott. Luigi — Palermo.
rvm KLBNCO DEI SOCI
Montalbano Can. Prof. Giuseppe — Palermo.
Montalbano Can. Saverio — Palermo.
Nota Comm. Giovanni, Consigliere Delegato di Prefettura —
Roma.
Palmeri di Villalba Nob. Cav. Niccolò, Tenente Colonnello di
Fanteria — Palermo.
Parlato Avv. Liborio — Palermo.
Pennino Mons. Prof. Antonino, Vie. Gen. della Archidiocesi di
Palermo.
Piaggia Cav. Domenico, Sotto Assistente nello Archivio di
Stato — Palermo.
Pipitone-Federico Dott. Prof. Giuseppe — Palermo.
Pitrè Dott. Prof Comm. Giuseppe, Membro della Commissione
Araldica Siciliana — Palermo.
Randacio Dott. Comm. Prof. Francesco — Palermo.
Romano-Polizzi Bar. Vincenzo , Membro della Commissione
Araldica Siciliana — Catania.
Russo Cav. Filadelfio — Palermo.
Salomone-Marino Cav. Dott Prof. Salvj^tore — Palermo.
Salvo-Cozzo di Pietraganzili Nob. Cav. Giuseppe, Bibliotecario
della Nazionale — Palermo.
Savona Can. Dott. Giuseppe — Palermo.
Serio Cav. Simone — Palermo.
Starrabba Dott. Comm. Raffaele , Bar. di Ralbiato , Soprain-
iendente Direttore dell' Aìxhivio di Stato, Vice Presidente
della Commissijone Araldica Siciliana — Palermo.
Strazzulla Dott. Prof Sac. Vincenzo — Cefalù.
Tasca-Lanza Comm. Giuseppe, Deputato al Parlamento— Pbì-
lermo.
Trarali Cav. Uff. Dott. Giuseppe, Sotto- Archivista di Stato, Se-
gretario della Commissione Araldica Siciliana — Palermo.
Vitrano Giuseppe Filippo — Palermo.
feLBNOO DBI scoi ZlX
TERZA CLASSE
DIRETTORE
Saunas Prof. Comm. Antonino
Socio cotvnspondenfe dell' Istituto di Francia
Membro della Consulla Araldica e della Commissione Araldica
Siciliana.
SEGRETARIO
Mangano Aw. Giuseppe
SOCI
Agnese-Pomar Cav. Ignazio — Palermo.
Alagna Prof. Dott. Francesco — Marsala.
Alagna Ing. Vincenzo — Palermo.
Allegra Francesco Paolo — Palermo.
Alliata-Cardillo Cav. Filippo Maria — Palermo.
Armaforte Prof. Emanuele — Palermo.
Armò Cav. Ing. Ernesto — Palermo.
Atenasio Bar. Giuseppe — Palermo.
Basile Comm. Ing. Prof. Ernesto — Palermo.
Beltrani Vito — Palermo.
Beuf Rag. Costantino — Palermo.
Biondolillo Ing. Giovanni — Palermo.
Bonfiglio Dott. Salvatore — Girgenti.
Buonpensiere di Naduri Prof. Emilio Claudio — Palermo.
Busacca Carlo, Marchese di Gallidoro ■ Palermo.
Butera Cav. Uff. Salvatore — Vicari.
Cantone Ing. Salvatore — Girgenti.
Chiaramonte-Bordonaro Barone Gabriele, Senatore del Regno—
Palermo.
XX KLBNCO DEI SOCI
Cicchetti Prof. Eduardo — Palermo.
Giofalo Prof. Saverio, Bibliotecario — Termini-Imerese.
Coppola Ing. Angelo — Palermo.
Costa Avv. Giuseppe - Palermo.
Cottone Ing. Vincenzo -- Palermo.
Crocco-Paterna Giovanni —Palermo.
D'Antoni Salvatore, Duca di Feria — Palermo.
De-Spuches Cav. Antonino, Principe di Galati — Palermo.
Destefano Ing. Salvatore — Palermo.
Donati-Scibona Ing. Cav. Francesco — Palermo.
Fazio Giuseppe, Conservatore al Museo Nazionale— Vz^ermo.
Ferraro Prof. Ing. Corrado ~ Palermo.
Genovese-Ruffo Salvatore — Palermo.
Giardìna Dott. Cav. Giuseppe, Medico Provinciale — Pisa.
Grasso Doti. Prof. Gabriele — Ariano di Puglia.
Grazia Sac. Pasquale, H. Ispettore dei Monumenti— Calatafìmi.
Greco Comm. Ing. Ignazio — Palermo.
Kirner Prof. Giuseppe — Palermo.
Lagumina Mons. Bartolomeo (S. E.) Vescovo — Girgenli.
Lanza Gr. Uff. Francesco, Principe, di Scalea, Settatore del
Regno — Palermo.
La Scola Avv. Virgilio — Palermo.
Lo Presti Eduardo — Palermo.
Lucit'ora Comm. Avv. Giovanni — Palermo.
Machi Salvatore — Palermo.
Majorca Dott. Luigi, Visconte di Francavilla — Palermo.
Maltese Notar Faustino — Rosolini.
Blangano Avv. Giuseppe — Palermo.
Mantegna Benedetto, Principe, di Cangi — Palermo.
Marcellino Prof. Filomeno, li. Ispettore scolastico — Genova.
Marlorana Sac. (.larmelo — (^ianciana.
Marvuglia Cav. Arch. Domenico — Palermo.
Mauceri Cav. Uff. Ing. Luigi, Segretario della Direzione ge-
nerale per le ferrovie sicule — Palermo.
Mauro Pi'of Auloniiio — Palermo.
ELENCO DEI soci XXI
Melfi Corrado, Barone di Santa Maria— Chiararaonte.
Millunzi Prof. Can. Parroco Gaetano — Monreale.
Mogavero Gaetano — Palermo.
Moncada Cav. Pietro, Conte di Caltanissetta — Palermo.
Mora Rag. Eugenio — Palermo.
Mora Can. Vincenzo — Palermo.
Naseili-Notarbartolo Cav. Leopoldo — Palermo.
Natoli Marchese Cav. Giuseppe Palermo.
Nicolosi Ing. Luciano — Catania.
Orsi Cav. Prof. Paolo, Direttore del Museo — Siracusa.
Paino Nobile Giulia — Palermo.
Parenti Ing. Cav. Vincenzo — Palermo.
Parisi Sac. Prof. Giuseppe — Palermo.
Patricolo Achille — Palermo.
Patricolo Prof. Comm. Giuseppe, Direttore dell' Ufficio Regio-
nale per la conservazione dei monumenti della Sicilia —
Palermo.
Pennavaria Cav. Dott. Filippo — Ragusa.
Pepoli Conte Agostino, Barone di Culcasi — Trapani.
Perdichizzi Antonio — Palermo.
Pintacuda Comm. Ing. Prof. Carlo — Palermo.
Piraino-De Corrado Ing. Antonino — Palermo.
Pitrè Salvatore Giuseppe — Palermo.
Portai Comm. Emanuele, Ufficiale dell'Accademia di Francia^
Membro della Commissione Araldica Siciliana— 'PdXenTiO.
Pugliesi Vincenzo — Alcamo.
Rao Ing. Giuseppe — Palermo.
Renzi Comm. Ing. Salvatore — Palermo.
Rindello Cav. Niccolò — Palermo.
Rocca Cav. Pietro Maria, /?. Isjìettore dei Monumenti — Al-
camo.
Rosano Prof. Giambattista — Reggio.
Rutelli Prot. Comm. Mario — Palermo.
Rutelli Niccolò, della Heal Accademia di S. Fernando di Ma-
drid— Palermo. •
TTII ELENCO DEI SOCt
Rutelli signorina Teresita — Palermo.
Rutelli signorina Vitina Maria, socia della /?. Accademia di
S." Cecilia in Roma — Palermo.
Salemi-Pace Gomm. Ing. Prof. Giovanni — Palermo.
Saliuas Gomm. Prof. Antonino, Socio corrispondente dell'Isti-
tuto di Francia e Direttore del Museo Nazionale, Mem-
bro della Consulta Araldica e della Commissione Araldica
Siciliana — Palermo.
Salinas Emmanuele — Palermo.
Salvo di Pietraganzili Nob. Gomm Rosario, Prefetto a riposo-
Palermo.
Sanfilippo-Musso Michele — Palermo.
Sciangùla Prof. Agostino — Palermo.
Siciliano Cav. Michelangelo — Palermo.
Siciliano Gomm. Napoleone — Palermo.
Sinatra Raja Ing. Agr. Giuseppe — Lercara-Friddi.
Spadaro Pietro — Palermo.
Spata Cav. Dott. Giuseppe, Conservatore delV Archivio Notarile
del Distretto, Membro della Commissione Araldica Sici-
liana — Palermo.
Trigona Gr. Uff. Conte Domenico, Principe di S. Elia, Duca di
Gela, Senatore del Regno, Presidente della Commissione
Araldica Siciliana — Palermo.
Ugdulena Giovanni — Palermo.
Whilaker Comm. Giuseppe — Palermo.
Whitaker Tina - - Palermo.
SOCI NON ADDETTI ALLE CLASSI
Aragona Diego, Principe Pignatelli-Corles — Napoli.
Benzo Cav. Or. Cr. Giulio, Duca di Verdura, Senatore del
Regno — Palermo.
Blaodiui Mons. Giovanni (S. E.) Vescovo — Noto.
BoDanoo Cav. Eduardo — Palermo. *
KLEKCO DEI SOCI XXIII
Ciotti Cav. Pietro — Palermo.
Crispo Can. Francesco — Palermo.
Daddi Avv. Francesco — Palermo.
De Leonardi Gaetano, Rappr. il Municipio di Parco— Parco.
De Spuches-Franco Giovanni, Marchese di Schissò — Palermo.
Fignon-Prost Rag. Girolamo — Palermo.
Florio Gr. Uff. Ignazio — Palermo.
Giuffrè Prof. Dott. Liborio — Palermo.
Gramaglia Gaetano — Palermo.
La Manna Comm. Achille, Primo Presidente della Corte d'Ap-
pello — Parma.
Lancia Marchese Corrado, Senatore del Regno — Roma.
Lanza Comm. Pietro, Principe di Trabia e di Butera, Depu-
tato al Parlamento — Palermo.
Isa Vaccara-Giiisti Avv. Benedetto , Rappresentante la Pro-
vincia di Callanissetta — Caltanissetta.
Lecerf Cav. Alberto — Palermo.
Monroy Ascenso Alonso Alberto, Principe di Maletto— Palermo.
Nicotri-Guajana Avv. Gaspare — Palermo.
Oliveri Gr. Uff. Eugenio, Sindaco di Palermo e Senatore del
Regno — Palermo.
Salamone Avv. Rosario — Aragona (Sicilia).
Schiavo Ben. Achille —Palermo.
Schininà di S. Elia Marchese Giuseppe — Ragusa.
Sinopoli Di Giunta ciantro Pietro, Bibliotecario — Agira.
Slarrabba (S. E.) Antonio, Marchese di Budini, Cav. dell'Or-
dine Supremo della SS. Annunziata — Roma.
Struppa Cav. Salvatore, R. Ispettot^e dei Monumenti, Rappre-
sentante il Municipio di Marsala — Marsala.
Taibbi Francesco — Palermo.
Triolo Cav. Prof. Vincenzo — Palermo.
Varvaro Comm. Eduardo — Palermo.
Venuti Arciprete Mauro — Cinisi.
Venuti Sac. Saverio — Cinisi,
XXIV ELENCO nEI SOCI
SOCI ONORARII
Bamberg Dolt. Felice — Germania.
Benndorf Prof. Ottone. — I. R. Università di Vienna.
Busolt Dott. Prof. Georg — Università di Gottinga.
Corsi Nobile Oav. Gr. Cr. Carlo, Tenente Generale — Torino.
Cozza-Luzi Abb. D. Giuseppe, Vice-Bibliotecario della Vati-
cana — Roma.
De Puymaigre Conte Th. — Francia.
Engel Arthur — Parigi — Cabinet des Médailles.
Fhùrer Dott. Prof. Giuseppe — Dillingen.
Holm Dott. Prof. Adolfo — Napoli.
Liebrecht Prol. Felice.
Paris Prof. Gastone — Parigi.
Perreau Cav. Uff. Pietro, Bibliotecario — Parma.
Pflugk-Harttung Prof. Giulio.
Watkiss Lloyd. W. — Inghilterra.
MEMORIE ORIGINALI
LE COSÌ DETTE " COLONIE LOMBARDE . DI SICILIA
STUDJ STORICI E FILOLOGICI
Parte Prima.
Storia, Letteratura e Bibliografia.
INTRODUZIONE
Il fatto di trovare, nel bel mezzo di una vasta .provincia
0 d'una nazione, alcune città isolate o gruppi di città, nelle
quali si parli un dialetto dissimile da quello comune, per ispe-
ciali caratteristiche fonetiche, per peculiarità morfologiche e
per differenze etimologiche , non è punto nuovo né tampoco
raro. Basti, a cagion d'esempio, rammentare il dialetto tede-
sco dei XllI Comuni veronesi e dei VII Comuni vicentini (1);
il valdese di Guardia Piemontese in Calabria Citeriore (2); il
provenzale di Faeto e Cella (3) ; il romaico delle colonie
neo-elleniche dell'Italia meridionale (4) ; il catalano d'Alghero
(1) FiiANCESGo e Carlo Cipolla, Dei colom tedeschi nei XI JI Comuni
veronesi (Archivio glottologico ilaliano, (tiretto tial Prof. G. I. Ascoli. Voi.
Vili, pp. 161-362, Lopsuhor, Torino).
(2) GiusEPPK Morosi, Il dialetto valdese di Guardia Piemontese in
Calabria Citeriore. (Arch. gloit. ita!, cit. Voi. XI, pp. 381-93).
(3) V. Arch. glott. ital. cit. Voi. XI, p. 416. — Giambattista Basile, Ar-
chivio di letteratura popolare, diretto da Luigi Molinaro Del Chiaro.
Anno II, N. 1°, Tipografia di Gennaro M. Priore, Napoli.
(4) Comparetti, Dei dialetti greci dell'Italia, Pisa, 1866 — Giuseppb
Morosi, Dialetti romaici del Mandamento di Bora in Calabria. (Arc-h.
glott. ital. cit. Voi. IV, pp. 1-116).
Ardi. Star. Sic. N. S. anno XXIV. 1
LE COSI «E ri E " OoLO.MK t-OMBAUrt: „ DI SICILIA
in Sardegna (1), e, per non andar tant'oltre cercando, la par-
lata delle colonie albanesi (2), nonché i vernacoli di Nicosia,
Sperlinga, San Fratello, Piazza Armerina, Aidone e Novara
in Sicilia, i quali, con troppo generico appellativo d' origine
storica, sono slati comunemente denominati « lombardi ».
Questo fatto non molto raro , eppur poco comune , e che
da un lato rientra nella cerchia degli studi storici, dall'altro
in quella delle discipline linguistiche, è appunto perciò uno
di quei soggetti che pienamente si prestano a ricerche pa-
zienti, geniali e di non lieve importanza, per chiarire curiosi
fenomeni glottologici, la cui spiegazione giova spesso a col-
mare qualche lacunetta della storia. Laonde non è quasi alcun
dialetto tra quelli sopra enumerati , che non abbia avuto i
suoi dotti e pazienti illustratori, e che non vanti quindi una
piuttosto ricca e pregevole letteratura critica.
Anche i dialetti delle cosi dette colonie lombarde di Sici-
lia hanno richiamato da un pezzo l'attenzione dei dotti - per-
fin d' oltremonti (3) — ma i relativi studi non hanno avuto
(1) GuARNERio, Il dialetto catalano di Alghero (Arch. glott. ital. cit.
Voi. L\, pp. 261-364).
(2) ScHiRÒ, Saggi di letteraiura popolare della colonia albanese di
Piana dei Greci (Archivio per lo studio delle tradizioni popolali, diretto
dai Dottori Giuseppe Pitrè e Salvatore Salomone-Marino, Voi. Vili,
pp. 81-90, e Voli, segg, L. Pedone-La iiriel, Palermo).
(3) Se no sono occupati, chi più chi meno — a proposito tlella fonetica
del dialetto siciliano — lo Schnbbgans, Laute und Lautenticickelung des
Sicil. Dialectes. Triibner, i888; ed il Mkvek-Lùbke , Grammaire des
Langues ronianes, traduzione francese. E. Welter, i890. l'aris; e ■• Ita-
lienische Orammatik. Leipzig, i890. Mu prima ancoiu che nei detti lavori
dello Schncegans e del Meyer-Sùbke, si trova fatto cenno di questi dialetti
nella pubblicazione: Sicilianische Màrchen aus Vollismund gesammell von
Lauka Gonzenuach , mit AnuierUungen Ukinholu Kohler'b, und einer
Einleitung /lerausgegeben von Uno Hàktwiu, ecc., Leipzig, 1870. Erster
Theil. Seit. XX VJI.—U Lott. Felix Liebrecht aveva mostrato • viva pre-
LE COSÌ DETTE * COLONIE LOMBARDE ;, DI SICILIA 3
quel preciso, armonico e completo svolgimento scientifico, che
si richiede in un soggetto come questo, importante da per sé
stesso, e al quale sono per giunta indissolubilmente connesse
quistioni di ordine storico ed etnico di non lieve momento,
come quelle relative all'epoca dello stabilimento di queste co-
lonie in Sicilia, e al luogo o ai luoghi della loro origine.
Non mancano adunque — dicevamo — pubblicazioni in pro-
posito ; ma esse non sono tali che non porgano àdito a no-
velle ricerche più sistematiche , più esatte e meno incom-
plete.
Il vernacolo che conta maggior numero di illustrazioni —
pA alcune veramente pregevoli — è il sanfratellano, ma anche
per questo è mestieri fondere sistematicamente i vari mate-
riali venuti flnoggi alla luce, e ritoccarli qua e là; gli altri
vernacoli, se sono conosciuti — benché superficialmente e non
sempre esattamente — nelle loro linee generali, difettano però
ancora di un lavoro speciale che ne renda noto l'intero tipo
fonico; di tutti poi le notizie sono sparse a spizzico in libri,
riviste e giornali disparatissimi , divenuti già antichi e rari,
talché da un pezzo si sentiva il bisogno di un lavoro che
riassumesse il già detto, verificandone l'esattezza alla stregua
di nuovi studi e documenti, e completasse o per lo meno ini-
ziasse le ricerche relative ai dialetti ancor quasi del tutto
inesplorati, integrando così i dati della storia coi risultati della
analisi linguistica.
A colmare appunto questa lacuna tende il nostro lavoro,
che abbiamo perciò diviso in tre parti : nella prima abbiamo
studiato le poche e vaghe memorie storiche, che delle colonie
lombarde ci rimangono, e riassunto tutto quanto di notevole si
è detto sia storicamente sia filologicamente intorno ad esse (1);
mura di conoscerne qualche saggio ». Vedi la risposta in PixRÈ, Studi di
Poesia Popolare. L. Pedone Lauriel^ Palermo, i872 , p. 303, (Canti
Popolari Lombardi di Sicilia).
(1) Questa prima parte, scritta sette aioni or sono in Piilermo, vieive
LE COSI DETTE " COLONIE LOMBARDE j, DI SICILIA
nella seconda abbiamo esposto, esaminato e confrontato i loro
sistemi dialettali, specie quello di Nicosia, comune a Sperlinga,
che è uno dei meno conosciuti; nella terza infine abbiamo
tentato di rintracciare le origini di queste colonie, in rapporto ■
al tempo e al luogo delia loro partenza, sulla scorta dei loro
monumenti storici e linguistici.
Non presumiamo pertanto di aver detto l'ultima parola su.
questo grave soggetto, ma se riusciremo — mercè i nuovi do-
cumenti ammanniti — a facilitare la soluzione dell' intricato ^
quesito sulle origini di questi dialetti, a renderne più popo^
lare l'argomento, e ad invogliare, infine, altri studiosi suU'i-
stessa via, il nostro scopo non sarà del tutto frustrato, e ci
reputeremo adeguatemente ricompensati del lungo studio e
del grande amore, che abbiamo consacrato a queste pagine,.
con le quali vorremmo poter dimostrare parte almeno di queir
l'afifetto che a Nicosia, nostra patria, ci lega.
I.
Storia.
La più antica memoria delle cosi dette « colonie lombar-
de* di Sicilia ci è stata tramandata da un diploma (1)— che
con ritardo alla luce, per motivi inilipernUMiti dallu voloutft dell'aiitoro, il
quale ora non ha mancalo di tener conto anciie delle ultime pubblicazioni.
dal cui tenore però non è indotto a mutare V originario .sistcniii del suo
lavoro.
(1) Giova riferirne il testo che ricaviamo dal Gregorio, Considerazioni,
Voi. I, Lib. 1', Gap. IV, noia 20: 'Ragerius in Christo domino nostro piissimus
rex. Per praesens mandatum mando et praecipio omnibus bajuHs in te-
nimento Mitatii et reliquorum, ut nemo sit ausus injuriam inferre hor
bìtatonbua in S. Lucia Lomlardis, qui solvnnt marinariam, ncc etiam
herhayium ab ovibu» eorum quis exigat, nec aliquam motcstiam vel an-
LE COSÌ DETTE " COLONIE LOMBAIlDi: „ DI SICILIA
secondo l'Amari (1) torna alla metà del secolo XII, e propria-
mente tra il 1150 e il 1153 — col quale il Re Ruggiero con-
cedeva ai Lombardi di Santa Lucia le stesse franchigie che
a quelli di Randazzo (2).
Ugo Falcando e Romualdo Salernitano, seguiti dal Fazel-
lo (8). ci fanno poi sapere , che le jìopolazioni lombarde di
Bufera^ Piazza e altre città consorelle, mosse dal nobiluomo
Ruggiero Schiavo, pigliaroLO le armi contro il Re Guglielmo I
e i Saraceni rimasti ad abitare in Sicilia, laonde il Re di-
gariam scd adjutorum exigat ab eis. Sed sic sint liberi et sine molestia,
sicut Lombardi Randncii *. Que.sto diploma, scritto originalmente in greco,
fu tradotto ;d tempo del Re Pietro d'Aragona nel 1285, e ne fu allor fatto
transunto pubblico , conservato nell' archivio del Comune della Terra di
S. Lucia, onde ne ebbe copia autentica il Gregorio , che fa quest'avver-
tenza.
(ij Storia dei Musulmani, Voi. Ili, Parte I, p. 223, nota 5.
(2) Il D.r Giaconio De Gregorio nel suo pregevole lavoro « Sulla varia
origine dei dialetti gollo-italici di Sicilia, con osservazioni sui pedemon-
tani e gli emiliani », (in questo Arch., N. S., Anno XXII, p. 397), trova
il ricordo più antico di questi centri di popolazione in un atto (contenuto
nel VII dei diplomi pubblicati dal Garofalo, Tabularium regiae ac im-
perialis capellae collegiatae Divi Petri sacri et regii Palatii Panor-
mitani , Panormi , ex regia tgp. MDGGGXXXV) del H45, col quale si
concede alla Regia Cappella di Palermo la terza parte delle decime di Ga-
strogiovanni e di Aidone, tpraeter illas, quas capellani Domini Regis
habituri sunt de Balio et Lombardia, quae sunt de Capella Castelli. »
(3j 11 Fazbllo, {De rebus Siciliae, ediz. 1558, Dee. II, Lib. VII,p. 459) quasi
con le slesse parole del Falcando, così narra il fatto: tRogerius Sclavus cum
Tancredi Ducis fxliis paucisque aliis , qui prius a Bonella (Matteo) di-
scesserant, Buteram, Platiam, caeteraque Longobardorum oppida, quae
pater ejus tenuerat, sibi occupavit, atque inde una cum Lombardis in
Saracenos... irruens, quotquot obvios habuit , interfedt > — Il Falcando
{Historia Sicilia^ presso il Caruso, Bibliotheca historica, Voi. I, p. 440)
diflferisce essenzialmente soltanto in queste frasi : « Rogerius Sclavus cum
Tancredi Ducis filio... Buteriam, Placiam, caeteraque Lombardorum
■oppida » ecc. Il che dimostra come non si facesse distinzione alcuna tra
Longobardi e Lombardi.
LE COSI DETTE " COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA
strusse Piazza, e ordinò ai ribelli d'uscire dall' isola, insieme
col loro condottiero (1161).
Sappiamo inoltre dalla stessa fonte, che più tardi (1168),
essendosi i Messinesi ribellati a Stefano di Rotrou dei Conti di
Perche, Gran Cancelliere del Regno, e volendo il Re Gugliel-
mo II muovere contro i ribelli , le popolazioni di Randazzo,
Vicari, Gapizzi, Nicosia, Maniace e di altre città lombarde, gli
proflfersero un esercito di circa ventimila combattenti (1).
Notizie questo confermate dagli storici posteriori (2), tra cui
il Fazello (3), il quale, sulla testimonianza dei sopravviventi dia-
letti, non si peritò di porre nel novero delle colonie lombarde
anche Aidone e San Filadelfo, oggi San Fratello (4).
L'ultima memoria di colonie lombarde ci è infine traman-
data da un diploma dell'Aprile 1237, col quale l'Imperatore
Federico II di Svevia concedeva a Oddone di Camerana e ai
Lombardi, seco lui passati in Sicilia, la terra di Corleone, in
(1) Falcando, Op. cit, p. 480: * Inter e a Randacini, Vacarienses,
Capiciani, Nicosiani, Maniacenses, caeterique Lombardi, qui Cancellarii
parte» oh multa ejtts beneficia tenebantur ... legatos Panormum miserunt
rogantcs Cariceli artum... ut adversus Messanenses exercitum confìdenter
educeret. Natn eu/n quidem de solis Lombardorum oppidis XXM prò-
ptignaiorum ubicumque praeciperet habiturum ».
(2) BoNFiano. Storia di Sicilia, Parte I, Lib, VI, p. 242; Gallo, An-
nali di Messina, Voi. II. p, 46; Testa, J)e vita et rebus gestis Guilel'
mi 11, Uh. II, p. 150; ed altri.
Co) Op. cil., Dee. II, Lil). VII, p. 467, Non fa però menziono di Vicari.
(4) • Normanni deinde ducibus Roberto Guiscardo et Roger io Bosso
germanis fratribus, Sarracenos f'oelici et admir abili vicloriaecursu su-
peratites, tota Sicilia sunl piitiii. Qua tempestate Loinhardxjrum intigna
muitiludo Siciliani incoluit. Urbcs eorum Nicosia, Plalia, Aydoms et
S. Philadelphus . (Op. cil. edit. cil.. Duo. I, lib. I, p. 27).
• .S, Philadelp/ti noci nnminis , et Longobardorum , ut ex ivcolnrum
idiomate colUgilur, oppidum. Qui an cum liogeriu Siciliae Comite in
Sii'.dium venerint , an vero alio tempore incompertum habco • (Op. cil,,.
K •.:/■. m:. De;. F. Lib. IX, p. 201).
LE COSÌ DETTE '^ COLONIE LOMBAKDE , DI SICILIA 7
cambio di quella di Scopello, loro precedentemente concessa (1).
Questo diploma veniva confermato da Federico III il 1° Giu-
gno 1305.
Si trova anche un altro diploma di Federico II del 20
Febbrajo 1238, col quale l'Imperatore svevo concedeva a Bo-
nifacio di Caraerana, figlio di Oddone, il casale e il castello
di Militello Val di Noto, in cambio della terra di Corleone
passata al Demanio, ma è a ritenersi o apocrifo o interpola-
zione di un diploma di epoca posteriore. Ed in vero non si
comprenderebbe, come si sarebbe potuto confermare da Fe-
derico III nel 1305 la concessione di Coi leone, se questa ter-
ra fosse stata già nel 1238 restituita veramente al Demanio.
Or poiché la concessione di Militello Val di Noto non può
essere una pretta invenzione', noi preferiamo credere coh lo
Starrabba (2), che il diploma del 20 Febbrajo 1238 sia inter-
polazione di un diploma di epoca posteriore (1338).
Gli storici non fanno menzione di altre colonie (3), eppure a
quelle fin qui rammentate sono da aggiungere, suirinfallibile
scorta del loro peculiare linguaggio , anche Sperlinga presso
Nicosia, e Novara nella provincia di Messina.
Non mancano indizi storici di popolazioni continentali, sta-
bilitesi in altre parti della Sicilia, come, a cagion d'esempio,
la denominazione di « Lornhai^dla », data ad alcuni quartieri
(1) V. Raffaele Starrabba e Avv. Luigi Tirrito, Assise e Consuetudini
della Terra di Corleone. (Nei « Documenti per servire alla storia di Sicilia »
per cura della Società Siciliana per la storia patria , 2' Serie , Voi. II,
pp. 107-11; e: Huillakd-Brèholles, Historia diplomatica Friderici II, Voi. VI,
p. 128, Parisiis, 1849.— Il fatto è rej^istralo dal Fazello: « Frederico Secundo
Caesare Henrici /ìlio in Sicilia regnante^ Lombardi complures ex Pla-
centia et locis aliis Oddone duce Corilionem incoluerunt » ("Dee. I, Lib. I,
p. 27). E riporta il testo del diploma.
(2) Op. cit., ediz. cit., pp. 117-18.
(3) Circa le colonie sopra etuimerate, tutti gli storici pcsleriori al Fa-
zello non fanno che ripetere le stesse notizie da lui riferite, e quindi noi
crediamo poter Aire a meno di occuparcene.
LE COSÌ DETTE ^ COLONIE LOMBARDE ;, DI SICILIA
in San Filippo d'Argirò ed in Castrogiovanni (1), la quale fa-
rebbe, secondo 1' Amari (2), supporre , che parte almeno di
quelle città fosse stata occupata da gente « lombarda » ; e
sono assai probabili le congetture dello stesso Amari, circa
le popolazioni continentali di Mistretta e Caccamo, alle quali
potrebbesi aggiungere Troina, che fu tra le prime città — e
non certo delle più tranquille — espugnate dai Normanni in
Sicilia, e, come tale, dovette ricevere un grosso presidio dei
nuovi conquistatori, e richiamare le loro famiglie. Laonde ben
di leggieri si spiegano e la potenza cui pervenne Troina du-
rante la dominazione normanna, e le concessioni e i privilegi,
dei quali godette, come il Vescovado di cui fu la prima sede
in Sicilia. Ma le cronache e le storie sono affatto mute sul
riguardo, sicché noi dobbiamo solamente appagarci di pure e
semplici congetture ed ipotesi, suffragate appena da qualche
rara sopravvivenza etnica o dialettale , come a suo luogo si
vedrà.
Più che una semplice congettura però è la tradizione, rac-
colta e confermata dallo storico Fazello, secondo la quale Cal-
tagirone sarebbe stata verso il mille tolta ai Saraceni da un
esercito di Genovesi e Pisani, chiamati in aiuto dai cristiani
caltagironesi. Non è chi ben di leggieri non comprenda l'in-
verosimiglianza di questo leggendario racconto, che con tanta
facilità — malgrado la potenza dei Musulmani, arrivata in quel
torno di tempo all'apogeo — fa pervenire un esercito di Geno-
vesi e Pisani fino a Caltagirone, ossia nel centro dell'isola;
laddove noi sappiamo quante battaglie abbia dovuto superare
il Conte Ruggiero, per arrivare nelle parti mediterranee del-
(1) Rocco PiRRi, Sicilia Sacra, pp. 582-88.— La supposizione deirAmari è
•tiiLi (li reccnlc oonfenuata «lai falli, poiché il Doli. Giacomo De Gregorio
ha annunziato <li avere scopiMlo nel quarliore FMmimt di Caslrogiuvanni,
tracce non «Jubie di un •lialcllo trailo italico. (V. Monte Cuccio, rivista al-
pinixticu palcriuilana, Anno 189i, N. 2).
(2) Op. cil. \'A. Ili, Parlo I, p. '>24.
LE COSI DETTE " COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA
l'isola, più che mezzo secolo dopo, quando già la potenza de-
gli Arabi in Sicilia era scossa dalle intestine turbolenze e di-
scordie. Preferiamo adunque, conciliando la tradizione con la
storia, anzi integrando l' una per via dell'altra, opinar con
l'Amari (1), che durante il periodo in cui la Sicilia tutta si
ripopolò, anche Caltagirone dovette ricevere nuovi abitatori
venuti dal continente dell'Italia, e propriamente dalla Liguria,
se è vero , siccome aflferma il Dottor Antonino Cremona (2),
che quel vernacolo conservi ancora elementi del dialetto li-
gure : la qual cosa noi , a suo luogo , ci riserbiamo di esa-
minare.
E non solo San Filippo d'Argirò, Castrogiovanni, Caccamo,
Mistretta, Caltagirone e Troina — a prescindere dalle vere e
proprie colonie — si accrebbero di nuovi abitatori , ma tutte
0 quasi tutte le città dell'isola, specie le principali, ricevet-
tero un certo contingente di nuova popolazione. In effetti —
senza dir dei Giudei che in Sicilia si sparsero un po' da per
tutto — non pochi Italiani: Amalfitani, Genovesi, Pisani, Ve-
neti, Lombardi, Fiorentini, Alessandrini e Lucchesi, per parlar
solo dei più comuni e dei più numerosi, vennero a stabilirsi
nell'isola, riunendosi a mo' di colonie in ispeciali quartieri,
ai quali legarono le rispettive denominazioni, che tuttavia so-
pravvivono.
Ma — ripetiamo — la storia è muta sul riguardo, ed è an-
cor di là da venire, per quanto sia molto desiderato, un la-
voro che studiando minuziosamente le immigrazioni di codeste
genti , ne illustrasse le conseguenze etniche e linguistiche
sulla popolazione indigena dell'isola : lavoro ben grave e dif-
ficoltoso, perchè queste ultime immigrazioni, avvenute certa-
(1) Op. cit., Voi. Ili, Parte I, pp. 329-33.
(8) Delle origini di Caltagirone, pag. 16. — Fonetica del Caltagironeae
con riguardi alle principali parlate del Siciliano. Nella * Rassegna della
Letteratura Siciliana », diretta da M. Puglisi-Pico e R. Platania D'Antoni,
Tip. Ei. Saro Donzuso, Acireale 1895, Voi. II, p. 154, Num. 3 e 4.
10 LE COSÌ DETTE " COLONI K LOMBARDE „ DI SICILIA
mente alla spicciolata , non poterono lasciare tracce naolto
profonde e ben manifeste nel linguaggio, nei costumi e nelle
consuetudini giuridiche degli isolani , o per non aver dato
origine a vere e proprie colonie o per essere state queste
assorbite da preponderanti elementi locali.
Non ugualmente però è a dirsi di alcune delle colonie so-
pra mentovate, le quali tuttavia chiaramente e alla bella pri-
ma si riconoscono dalle ben distinte peculiarità del tipo fo-
netico e morfologico, nonché da qualche particolarità etimo-
logica dei loro dialetti, e da altri indizi etnici della popola-
zione.
Il primo tra gli storici a fare queste argute osservazioni fu
Tommaso Fazello (1), il quale a proposito di Nicosia così scrive:
« Nicosia populosmn et ingens est, Nicosinum oppidum a Fre^
derico Secundo Caesare in diplomate quodani appellatmn,
quod Lombardi et Galli cum Rogerio Siciliae Cornile in Sir-
cUiarn advecti promiscue inhabitaìnint, ut Siculorum Annales
referunt : cuius etiam nunc incolae sermone Lombardo et Gal-
lico etsi corrupte uiuntur », e : « Nicosiani utriusque sexus id
etiam habent insigne, quod proceritate corporis simul et oris
forma vultuque in univei sum ferme Siculis praestanty et Fran-
corum, Normannorum ac Lombardorum , quorum sunt colo-
nia, eos esse sobohìn ostendunt ».
E a proposito di Aidone : « Aydonurn loìnbaì'dorum oppi-
dum, Normannorum tem,pore , superatis Saracenis^ a Lom-
bardis qui cum Rogerio Comite in Siciliam traiecerunt ^ in
edito monte, cui tota Catanensis planitles subest , conditmn:
quiims adhuc patrii sermonis est usus » (2).
Ma il Fazello, dopo averci detto che i Nicosiani si servona
del linguaggio loml)ardo-gallico, benché corrotto, e gli Aido-
nesi, del patrio linguaggio ossia del lombardo, non scende a
(1) De ri.-t>U8 mìcuIN, uJiz. cil., Dee. I, Lìb. X, p. 210.
(2) Oj». cil., eli/., cil., Dee. I, Lib. IX, p. 22.').
LE COSÌ DETTE " COLONIE LOMBARDE ^ DI SICILIA 11
maggiori schiarimenti. Né egli poi né gli storici posteriori
fanno cenno della natura dei vernacoli delle altre colonie, da
essi stessi e dagli storici più antichi rammentate con la de-
nominazione generica di colonie lombarde, giusta i rispettivi
squarci riportati nelle precedenti note.
Gli stessi storici locali non chiariron guari meglio la qui-
stione. Lo storico di Nicosia (1) credette di adempire al pro-
prio dovere, giudicando il vernacolo patrio « un gergo di fa-
vella, misto (fi fi?'n'liorìo, di frmtcps^, e di lombardo», e rimet-
tendosene pel di più al Fazello, che, come abbiamo veduto,
ne disse anche meno di lui.
Cosi si chiude il periodo degli storici propriamente detti.
La quistione non fece alcun passo verso la sua soluzione, se
non quando se ne incominciarono ad occupare gli storici-filo-
logi, dei quali passiamo a discorrere.
n.
Letteratura.
L'inizio degli studi relativi all' origine dei dialetti delle
« colonie lombarde » di Sicilia rimonta al 1857 , anno in cui
Leonardo Vigo pubblicò la sua « Raccolta amplissima dei
canti popolari siciliani », (2) fra i quali diede pel primo alla
luce alcuni canti di San Fratello e di Piazza (3), che sono i
più antichi documenti a stampa dei dialetti di queste colonie,
(1) Notizie Sloriohe »li Nicosiu, compilate da Giuseppe Beritììi.li e
La Via Bakone di Spatako, riordinate e continuate per Alessio Narbonb
D. C. I). G. p. 32. (Stamperia dì Giovanni Pedone, Palermo, 1852).
(2) Tipografia dell' Accadeiniu Gioeniu dì G. Gelatola, Catania, 18:.'7..
In-8°, pp. 372.
(3) Op. cit.. pp. 382-37.
12 LE cosi DETTE ^ COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA
e formarono oggetto di breve studio pel nostro autore , il
quale se ne occupò di volo nella Prefazione (1).
Sventuratamente però le opinioni del Vigo non potevano
portare vera luce nella quistione, perocché egli lavorò sopra
documenti scorrettissimamente trascritti, per imperizia di co-
loro che glieli comunicarono , e non ebbe nemmeno la pru-
denza di ponderare ben bene la gravità e difficoltà del sog-
getto, prima di arrischiarsi a superficiali giudizi. Epperò giu-
dicando il dialetto di San Fratello, ebbe egli di primo acchito
a qualificarlo or « inainablle gergo più inintelligibile della fa-
vella di Satanasso » or « linguaggio ibrido, da secoli imba-
stardito » or « bastardume di Lombardo, inintelligibile a qual-
siasi altro fuorché a chi V adopera "» or linguaggio «vera-
mente speciale... la cui pronunzia nulla ha di comune né con
quella dei Siciliani né con quella deW Italia di mezzo ed orien-
tale », or finalmente « linguaggio in cui Vistessa parola riceve
due 0 tre modificazioni di pronunzia e due o tre significa-
zioni ». Misericordia ! E aff'ermò quindi, che avendo tentato di
indagarne la genesi, dopo areici riconosciuto qualche voce
francese o dell'Alta Italia, null'altro potè trovarvi, ignorando
i dialetti degli antichi regni di Piemonte e di Lombardia. At-
tribuì infine l'origine delle relative colonie agli abitatori della
Marca Aleramica, discesi in Sicilia probabilmente al sèguito
della nipote del Marchese di Monferrato, Adelasia, andata
sposa al Conte Ruggiero, e ai Longobardi passati con Ro-
berto Guiscardo e Ruggiero Bosso a militare in Sicilia.
L'oscitanza e le parziali inesattezze di queste opinioni non
tardarono ad essere rilevate prima e di passaggio dal Nigra (2)
in un suo breve scritto bibliografico sulla cennata « Raccolta »
•del Vigo, e, assai più tardi, ma con maggiore ampiezza di dimo-
strazione, dal De Gubernatis (3), il quale ripubblicò, rimaneg-
(1) 0|). cit., pp. M-Ti^.
(2) V. Il Mondo Lflttjr.uio, Nutn. 4, Torino, 25 Gennajo 1858.
(3) V. Il Politecnico, Serie IV, voi. Ili, 1867, pp. 609-618. (I canti lora-
fiMUrdi in Sicilia. LoKora al Prof. Michele Amari).
LE COSÌ DETTE " COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA 13
giati — ma ciò non di meno sempre lontani dalla corretta le-
zione — i canti tolti in esame. L'uno e l'altro sostennero essere
i dialetti di Piazza e di San Fratello, affini a quelli del Mon-
ferrato, luogo di origine delle colonie — impropriamente dette
lombarde — venute in Sicilia in occasione dei matrimoni del
Conte Ruggiero con Adelasia, nipote del Marchese di Monfer-
rato, di due sorelle di costei con Giordano e Goffredo, figli
del Conte Ruggiero, e di Flandrina, altra figlia di costui, con
Arrigo fratello di Adelasia, che fu poi nominato « Graii Conte
dei villaggi lotnhardi ».
Il Vigo rispose piuttosto benevolmente al Nigra, coi suoi
« Schiarimenti », che possono leggersi ripubblicati nella secon-
da edizione dei € Canti popolari» (1), ma con un po' di vi-
vacità al De Gubernatis (2), tentando a ogni costo di giusti-
ficarsi e dimostrare infondate le critiche da lui mossegli.
Per debito di critica coscienziosa c'incombe però l'obbligo
di far osservare, che le inesattezze rimproverate al Vigo, e
messe in maggior evidenza dal suo stile fiorito e cattedratico,
non erano poi poi il finimondo, se si considerino le condizioni
degli studi glottologici nel 1857. Al postutto i suoi stessi
critici non fecero avanzar gran fatto lo stato della quistione.
Del che non puossi a buon diritto lor muovere censura, do-
vendosi da tutti convenire, che un retto giudizio sugli ele-
menti linguistici dei cosi detti dialetti lombardi di Sicilia non
poteva fondarsi solo su poche ottave in vernacolo di San
Fratello e di Piazza, e per giunta erroneamente trascritte e
pubblicate, mentre le parlate delle varie colonie sono quale
più quale meno differenti tra loro.
Ma torniamo alla nostra rivista retrospettiva.
Nel 1868 Michele Amari pubblicò la puma parte del tanto
aspettato terzo ed ultimo volume della sua « Storia dei Mu-
(1) Opere di Lionardo Vigo, Voi. II, Tipografia Galatola, Catania, 1870.
(2) V. La Sicilia, N. 15, Anno III, Palermo, 3 Aprile 1868.
14 LE COSÌ DETTE ^ COLONIE LOMBARDE;, DI SICILIA
sulinanl di Sicilia », nella quale, seguendo le già esposte idee
del Prof. De Gubernatis (meno per quanto riguarda l' inapor-
tanza da costui attribuita ai matrimoni dei Normanni con gli
Aleramici) (1), egli venne, circa l'origine e l'età delle nostre
colonie, a queste conclusioni : « È da sperare che perfezionati
« vieppiù i metodi della linguistica , promosso lo studio dei
« dialetti in Italia, esaminati in più larghe proporzioni i nomi
« propri e topografici, e pubblicata , con ciò , maggior copia
« di antichi documenti, si arrivi a determinare esattamente i
«tempi e i luoghi dell'emigrazione di cui trattiamo, i quali
« rimarranno vaghi per ora, cioè : gli ultimi venticinque anni
«dell'undecime secolo e i primi venticinque del duodecimo
« (1075-1125); la Marca Aleramica dalla quale moveano a ma-
« no a mano le colonie, e le regioni interiori della metà orien-
« tale dell'isola, dove qua e là venivano a stanziare, dileguan-
« dosi innanzi a loro le popolazioni dei Greci e dei Musul-
« mani » (2).
Nel 1870 poi vennero fuori i prei: ovoli « Studi di Storia
Siciliana » di Isidoro La Lumia (3), il quale, dopo aver fatto
l'enumerazione delle così dette colonie lombarde — meno Sper-
linga e Novara, delle quali non fa alcun cenno — cosi con-
tinua : « In quattro o cinque delle indicate contrade suona an-
che oggi un linguaggio che di pronuncia e di voci differisce
dal restante deW isola, e ritrae dai dialetti più settentrionali
d* Italia: se non che appunto le scarse reliquie che di quel
linguaggio ci avanzano^ sono per sé stesse un dato valevole a
(1) L'Amari (Op. oit., Voi. Ili, Parte I, p. 225) repula * più verosimile^
al contrario, che i parentadi del Conte e dei due suoi figli fossero stati
comigliati dalla riputazione della Casa Aleramica nell'esercito di Rug-
giero, una parte del quale noi veggiamo capitanata {1078) da un Otone
o Odone, nome frequente nell'Italia di sopra e in ispecie nella famiglia
di quei Marchesi ».
(2) Op. eli., Voi. III, piuitì I, pp. 228-29.
(8) Slabilitnenlo tipografico Lao, Palermo, 1870.
LE COSÌ DKTTE ^ COLONIE LOMBAUDE „ DI SICILIA 15
non farci spingere troppo oltre le congetture circa alla esten-
sione e al numero delle dette colonie (l). » Benché si debba
deplorare questa lacuna in una pregevole storia, come quella
del La Lumia, tuttavia dobbiamo esser grati all'autore di non
essersi abbandonato ad arrischiate affermazioni dipendenti da
semplici congetture di natura storica, anziché da un esame
accurato dei vari vernacoli, di cui in quel tempo mancavano
ancora i documenti all'uopo abbisognevoli.
Lo stesso anno il Vigo ripubblicò i «. Canti popolari i^ nel
secondo volume delle sue « Opere » (2), introducendo nella
« Prefazione » non lievi modifiche , intorno al precedente
suo giudizio sui vernacoli di San Fratello e di Piazza; poi-
ché, ammettendo la loro affinità con quelli del Monferrato,
non li chiamò più « inamàbili gerghi più inintelligibili della
favella di Satanasso », e non fece più contribuire alla loro
origine i Longobardi, che guerreggiarono in Sicilia con Ro-
berto Guiscardo e Ruggiero Bosso.
Anche il Pitrè ebbe ad occuparsi, due anni più tardi, dello
stesso tema, nei suoi accurati « K^tudi di Poesia Popolare » (3),
ma egli più che ai vernacoli delle colonie lombarde, rivolse
la sua attenzione ai canti e alle tradizioni popolari di esse,
facendo sagacemente notare, come anche questi elementi, oltre
il dialetto , potessero giovare a rintracciar le origini delle
rispettive popolazioni. Epperò — dopo aver esposto lo stato
della quistione circa l'origine di cotesti vernacoli, e riferita
l'opinione del De Gubernatis (4), seguita in parte dall' Ama-
ri (5), e da Otto Hartwig (6) — cosi egli prudentemente con-
ci) Op. cit., pp. 49-50 del Voi. I.
(2) Ediz. cit.
(3) Luigi Pedone-Lauriel, Palermo, 1872 (Dei canti popolari lombardi
di Sicilia, pp. 303-328).
(4) Op. cit., Ice. cit.
(5) Op. cit., loc. cit.
(6) Nella introduzione ai « Sicilianische Màrclien » delia Gonze.nbach,
op. cit., loc. cit.
Irj Le COSÌ DETTE "' COLONIE LOMBAKDE ;, Dt SICILIA
chiudeva: « Un voto mi rimane adunque a fare in mezzo
al difetto che tuttavia si paté di tali documenti, ed è che
qualche egregio uomo di quei comuni, persuaso della impor-
tanza del fatto, voglia una buona volta mettersi alla ìncerca,
di quelle tradizioni poetiche, le quali potranno gettare un po'*
di luce sulla quistione. Né alle poetiche soltanto dovrebbe li-
mitarsi, ma passar anche a quelle che si dicono orali, come-
i racconti, le fiabe, le panzane, e tutto quanto riguarda i ca-
stelli, le grotte, le caverne, i monti e i fiumi , ow* è sì largo
sussidio alla storia di un popolo ». (1)
Ma questo nobile voto non fu appagato, e la natura dei
dialetti delle così dette colonie lombarde continuò ad essere-
avvolta nella stessa oscurità di prima. Basti dire che nel 1875
Gaetano Borghese (2), storico di Novara Sicula, discorrendo
del suo dialetto, affermava, che «^ un misto di spagnuolo,
arabo, latino e francese: vocabolo tronco e suono aspro. È
povero di voci e quindi difettoso nella proprietà. Diversifica
non poco dal vero dialetto siciliano, e diversifica pure da quello
parlato nelle città vicine e perfino nei paesi limitrofi. Non si
esagera certo dicendo che, a voler parlare il pretto dialetto'
del paese, in Messina difficilmente si è compresi. » (3)
Non si parlava più adunque da parecchi anni delle colonie
lombarde di Sicilia, quando nello stesso anno 1875 il Prof..
(1) Op. cit., p. 327.
(2) Novara >ii Sicilia, Nolizic storiche, Tipo-Litografia di Regis e Coiup.,
MìIhiiu, 1875.
(3) Op. cit,, f). i31.— Un jitino dopo R'niitjio Roccelln, benemerito iiutore
del « Vocabolario della lingua )>arlata in Piazza Armerina • (Bartolomeo
Mantelli editore, CaltagiroiK-, 1875; mii nell' ultima pagina leggesi la data
«ivi i876), dopo aver notate alcune caratteristiche ras.somiglianze tra il dia-
Itrtto piemontese e il vernacolo pia/.zesi^, così concliiudcva circa l'origine
«lei Coloni piaz/,esi : • Dopo caduto t'Impero latino, epoca di silenzio per
la storia di Piazza, i Longobardi occuparono Plutia... Oli occupanti
Ltmyobardi fWono in numero rilevantissimo, e furono quegli stessi che
ai-rvuHii iihitati) le terre ftiemontesi, yncvtre se fossero stati in poco nur
LE COSÌ DETTE '^ COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA 17
Luigi Vasi, nativo di San Fratello , diede alla luce un « Di-
scorso-» sul dialetto della sua patria (1), nel quale, confutan-
do, benché tardi, le erronee opinioni già manifestate dal Vigo
nella « Prefazione » alla sua « Raccolta amplissima dei canti
popolari siciliani » , si propose dimostrare come il dialetto
sanfratellano, al pari di tutti gli altri dialetti italici, sia neola-
tino, e come alla colonia di San Fratello siano concorsi non solo
Monferrini, ma eziandio genti di altre regioni dell'Italia setten-
trionale e della Francia. Il suo « Discorso » fu ben diversamente
giudicato dal sanfratellano Giuseppe Ricca-Salerno (2) (al-
lora giovane di belle speranze, oggi uno dei più rinomati eco-
nomisti italiani) e da Leonardo Vigo (3). La critica ingiusta-
mente severa e pretensiosa di costui diede al Vasi il diritto
di difendersi e di attaccarlo. Ed egli cosi fece, rilevando — que-
sta volta in modo polemico — tutte le inesattezze dette dal
Vigo nella prima edizione dei « Canti popolari », e tutte le
contraddizioni tra la prima e la seconda edizione degli stessi.
Tornò inoltre , con maggior numero di esempì , ricavati dal
vernacolo di San Fratello, sul suo primiero assunto, per ve-
nire a queste particolareggiate conclusioni, cioè : « che circa
al luogo dal quale partirono le colonie il centina sia stato l'E-
milia : Piacenza, Modena, Peggio, coi paesi circonvicini; che
mero, la lingua vernacola piazzese non poteva acquistare la caralteri-
stéca piemontese > (Op. cif^, pp. 12-13).
La stessa opinione egli professa circa l'origine delie altre colonie, Aido-
ne, Nk'osia e San Fratello (le sole da lui nominate), e passa sotto silenzio
la congettura riferita dall'Amico {Lexicon topographicum siculum, alla
voce Platia), dall'Arezio e dal Cliiarandà, storico di Piazza, sulla prove-
nienza piacentina dei coloni piazzesi. t Hanc (Piazza) et opidum non mul-
tum remotum Aidonem Cisalpinos Gallos nunc Lombardos, a Placentia
urbe deducta Colonia, imbuisse, quod eorum utunlur sermone, ipsi cre-
dunt ». Così l'Arezio.
(1) V. Rivista Euroi.ca, Anno 1876.
(2) La Libertà, N. 327, Roma, 23 Novembre 1875.
(3) Il Precursore, N. 318. Palermo, 20 Novembre 1875.
Avch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 2
18 LB cernì D'ETTE " OùLONlE LOMBARDE ;, DI SICILIA
altri vocaboli e forme di rilievo accennano ad ima forte mi-
schianza di Lonibardi remiti dal mezzogiorno d'Italia, e che
Ui Puglia segnatamente dovette formile ai conquistatori 7ior~
manni grosso numero d'uomini per questi novelli inpianti » (1),
E allora il Vigo, per confutar tutti insieme i suoi critici, e
superarli, ideò la « Monografìa critica delle colonie lombardo-
siculo (2), la quale, a suo avviso, doveva chiuder Tàdito a o-
gni ulteriore quistione. Vana speranza! Perocché la quistione
delle origini delle nostre colonie non poteva essere non dico riso-
luta, ma almeno avviata verso la sua più probabile soluzione,
senza precedere un accurato e profondo esame dei vari vernacoli:
esame che al Vigo non era dato di poter fare, perchè cotali
studi non si fondano sopra semplici liste di vocaboli più o
meno esattamente trascritti da indotti corrispondenti, sibbene
sulla larga e profonda conoscenza del dialetto, la quale il
Vig») non possedeva, essendo estraneo alle colonie da lui stu-
diate, e digiuno di studi glottologici. Egli tuttavia corresse
in cotesta « Monografia », sulla guida, in ispecie, dei lavori del
Vasi, parecchie delle sue originarie inesatte opinioni, ma la-
tdò- la quistione nello fvtesso stato in cui era prima.
Nel 1882 il Vasi, a proposito « Delle origini e vicende di
San Fratello » (3), dopo aver passato in rassegna una lunga
serie di nomi propri personali e topogratìci, e messili in con-
fronto con altri consimili del continente italiano, così con-
chiudeva : « Tutti questi nomi di luoghi^ di famiglie e di per~
sone offrono^ se mal non mi appongo, le tracce del cammùio
(1) V. Rivi.sla Euru|»i':i. IS7G. Faauicoli 2" e 3» ilei mesi di Ot-
tobre e N«n'f»ml>n' : Sul dialeUo nanfratellano. (LcUeivt al Dot!. Giuseppe
Jttcca-Sali'rno;. Questa h^tfcra é sfatu ripubblic.ita dal Vasi noi suoi jnvge-
voli «Studi glorici e filologici », pp. "vi-óO (Tipografia Michele Araentii, Pa-
lermo, 1889).
(8) V. Opnro di LiONARDo Viao, voi. Ili, (Opuscoli inediti e nuij. Sta-
biUmenlu tipografico Bulliiii, Catania, 1878, pp. 166-206. x
(8) V. Archivio Storico Siciliano, Nuova Serie, Anno XI.
LE COSÌ DETTE " COLONIE LOMBARDE „ PI SICILIA 19
tenuto da quei Lombardi ed altri Italiani della (ej'rafer.na,
che vennero a ripopolar San Fratello, e servono ad un'ora a
confermare l'opinione da me manifestata alt)'ove, che di lo?^o
la maggior paiate mosse dalle provincie della Puglia e del-
l'Emilia ».
Egli medesimo, due anni dopo, sia per fare notare le ul-
time inesattezze e contraddizioni, in cui il Vigo era caduto
nella « Monografia critica » dianzi accennata, sia per riven-
dicare a sé quelle idee e ricerche, che costui, senza neppure
dominarne 1' autore , aveva messo indebitamente a profitto,
mandò alle stampe le « Osservazioni critiche alla Monografia
critica delle colonie lomhardo-sicule di Lionardo Yigo» (1), nella
quale il valoroso autore, avendo per la prima volta impreso
a confrontar tra loro e studiare anche i vernacoli di Nicosia,
Piazza Armerina e Aidone, venne a queste generali conclu-
sioni : « Alla formazione delle cinque colonie, che ancora esi-
stono, concorsero per metà il Genovesato e il Piemonte , col
Principato di Monaco e la Contea di Nizza, per V altra metà
le Provincie del mezzogior^no e T Emilia. Quanto a prevalenza,
per Nicosia e Sperlinga appaile manifesto il predominio asso-
luto delle Provincie liguri e di Cuneo; per San Fratello, poco
meno notabile, ma pur sempre chiaro, della provincia di Mo-
dena e della Terra di Barn; per Aidone, uno leggerissimo e
quasi nullo della provincia d'Alessandria; per Piazza, od esso
veramente non esiste, o la natura della sua versione, troppo
remota dall'originale, non ci permette di scorgerlo ». Il Vigo
all'incontro nella «Monografia» aveva escluso dalla forma-
zione delle grosse colonie il centro e il mezzogiorno d'Italia,
è vi aveva, in loro vece, compreso il Veneto e il Milanese:
regioni che — secondo il Vasi — o non vi parteciparono af-
fatto 0 in modo da non mutare l'indole dell'emigrazione (2).
(1) Ripubblicate negli « Studi storici e filolofici • Edi2. cit., pp. 137-69.
(2) Una delle più evidenti inesattezze del Vigo, confutata anche dal Vasi
(Op. cit., ediz. cif., p. 148), consiste ncll' escludore Nicosia dai paesi che
•ancora conservano l'originaria 'parlatura.
20 LE COSÌ DETTE "■ COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA
Ma non si fermò qui il movimento degli studi sulle cosi
dette colonie lombarde di Sicilia. Dal 1857, anno in cui la
pubblicazione della « Raccolta ampUsshna dei canti ^popolari
siciliani » (1) del Vigo aprì la discussione sulla natura di
questi dialetti, al 1884, anno in cui il Vasi pubblicò le sue
^Osservazioni critiche'» (2) dianzi riassunte , gli studi della
glottologia avevano già raggiunto, principalmente per opera
dell'Ascoli in Italia, un perfezionamento scientijfìco, che non
era stato peranco applicato alla diagnosi dei dialetti dei quali
discorriamo. Il primo a far questo tentativo, e felicemente, fu
il Dottor Giacomo De Gregorio, patrizio palermitano, il quale
lo stesso anno 1884 pubblicò la «Fonetica dei dialetti gallo-
italici di Sicilia» (3). Non è questo un lavoro completo, ma
un saggio. Il vernacolo meno incompletamente studiato è quello
di San Fratello, che occupa la parte principale della pubbli-
cazione, mentre solo pochi fenomeni fonetici caratteristici dei
dialetti di Piazza Armerina e di Nicosia sono indicati nelle note.
Quanto — diremo così — al merito delle quistioni , che noi ci
proponiamo di ristudiare, è pregio dell'opera riportare le te-
stuali parole del De Gregorio, il quale così ragiona : « Non
presumo, almeno per ora, di venir rintracciando, per via del
dialetto, la precisa patria di codeste colotiie, che volgarmente
si credono lombarde, o di stabilire V età della loro immigra-
zione; e in altri termini vuol dire, che non presumo di de-
terminare sin d'ora il preciso posto che spetti nel sistema dei
dialetti italiani ai vernacoli che io qui ristudio, e son quelli
di San Fratello, Nicosia e Piazza Aìmerina. Mi limito a
chiamaì^li gallo-italici, come sicuramente sono; ma non
senza avvertir sùbito, che il sanfraiellano si divaria notevol-
mente dagli altri due, e per maniera che mal può spiegarsi
(1) Edlz. olt.
(2) Ediz. cil.
(3) Estratto dall' « Archivio Glottologico Italiano », voi. Vili, pniit. II.
Kni.atiiHi T.McscIicr, l'.oriKi, ToriiKt, Firenze, 188'», Iii-R", pp, 15.
LE COSÌ DETTE '^ COLOXfK LOMBARDE „ DI SICILIA 21
dal solo fatto che egli risentisse metw degli altri le infìuenze
siciliane. Il sanfratellayio par che si accosti assai notevolmente
al sistema « ladino » ; ma sarà più cauto il dire, ch'egli rap-
presenti il « PEDEMONTANO SETTENTRIONALE » in Una faSC Ytiolto
più genuina che la madre patria più non ci serbi» (1).
Rileva il De Grogorio I' errore del Vigo che aveva soste-
nuto essere il «lombardo-» estinto anche in Sperlinga; afferma
all'incontro essere il dialetto di Nicosia comune anche a Sper-
linga, e quello di Piazza Armerina comune ad Aidone, senza
però darne o richiamarne in prova alcun documento. Nota
inoltre che si trovano tracce gallo- italiche anche in parec-
chie altre città dell' isola, e che, anzi, l' intiero tipo fonico,
sebbene assai più pallido che non nelle altre città testé enu-
merate, si discerne sempre a Novara nella provincia di Mes-
sina (2).
In questo saggio il De Gregorio, per la trascrizione delle
parole dialettali, adoperò i segni alfabetici escogitati dal pro-
fessore Ascoli.
A qualche lacuna di cotesto lavoro, pel solo vernacolo
•sanfratellano, credette poter poco dopo riparare il Prof. Giu-
seppe Morosi, con le sue « Osservazioni ed aggiunte alla Fo-
netica dei dialetti gallo -italici di Giacomo De Gregorio » (3),
delle quali avremo occasione di dire più ampiamente appresso.
In sèguito lo stesso De Gregorio die alla luce un nuovo studio
■sulle « Affinità del dialetto di San Fratello con quello dell'E-
milia», (4) nel quale afferma che i tre dialetti di Piazza Armerina
(e Aidone), Nicosia (e Sperlinga), San Fratello (e Novara), ap-
partengono alla famiglia gallo-italica; che essi non hanno una
patria originaria comune, nel senso che si colleghino con unico
(1) Op. cit., pp. 3-4.
(2) Op. cit., pag. 4, nota 1.
(3) Nello « Archivio Glottologico Italiano » ediz. cit., voi. Vili.
•(4) Nello « Archivio » sopra citato, ediz. cit., voi. Vili, 1886.
22 LB così DETTE ^ COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA
gruppo della famiglia; che il dialetto di San Fratello va con-
siderato come appartenente al gruppo emiliano, dato pure che
qualche scarso fenomeno della sua fonetica possa ricondursi
ad altra origine : il che tradotto in termini storici varrebbe
a dire, che alla formazione di San Fratello fossero concorsi
emigrati dall'Emilia e da altre contrade, ma dall'Emilia prin-
cipalissimamente.
Il Vasi, cogliendo occasione da quest'ultima pubblicazione,
credette opportuno far oggetto di un ^ Cenno Bibliografico y^ (1)
tanto la <ti Fo/ietica » e le <i. Affinità y^ del De Gregorio, quanto
le « Osseì'vazioni ed Aggiunte » del Morosi.
Il valoroso autore sostiene , innanzi tutto, d' aver egli pel
primo dimostrato le atììnità del dialetto santratellano con quello
dell' Emilia (2), e passa quindi a far la rassegna di non poche
(I) Nello « Arch. storico sicil. » Aimo 1886. — Ripubblicato negli « Studi
storici e filologici* dello stesso Anton», eliz. cit., pp. 185-194.
f2) Per lebito di lealtà è mestieri riconoscere, che fin dal 1876 il Sa-
cerdote Luigi Vasi in una lettera al Dolt. Giuseppe Ricca Salerno, pubbli-
cata rella * Ricista Europea » (fascicoli 2° e 3° del 1876), aveva nettamente
affermato in sèguito a lunghe dimostrazioni, ribadite più tardi nello scritto
t Delle origini e vicende di S. Fratello », che il centro principale di par-
lenza dei coloni di S. Fratello sia stato l'Emilia : Piacenza, Modena, Reggia
Cui luoghi circonvicini.
Ora il De Gregorio, in un suo recente lavoro « Sulla varia origine det
dialetti gallo-italici di Sicilia » (Arch. stor. sic. Nuova Serie, Anno XXII,
pag. 403, in nota) assicura eh' egli al tempo in cui scrisse le « Affinità »
conosceva del Vasi soltanto il « Discorso sul dialetto sanfratellano » e
• Delle origini e vicende di S. Fratello », che, a suo diro, « aff'astellano
riscontri disparatissimi e senza metodo linguistico ».
Notiamo però che anche nello scritto « Delle origini e vicende di San
Fratello » il Vasi ripetè la proposizione delle origini preponderantemente
emiliane dei coloni di S. Fratello. L' addebito , in parte giustificalo , che
tale conclusione sia stata ricavata da riscontri fatti senza rigoroso metodo lin-
guistico, non toglie al Vasi il merito del suo felice intuito ; come la lode-
tributata al Vasi non scema al De Gregorio il merito di avere pel primo-
Ktudiato, con metodo streltumenle soiealiQco, i nostri vernacoli. Unicmque:
iuum !
LE COSÌ DETTE " COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA 23
parole vernacole , eh' egli afferma essere state inesattamente
riportate dal De Gregorio e dal Morosi; ma lealmente osserva,
che se l'errore nella «.Fonetica» del De Gregorio è l'eccezione,
nelle « Osservazioni ed Aggiunte » del Morosi è la regola.
L' indole di questa prima parte del nostro lavoro non ci
permette di seguire il Vasi nella sua lunga e minuziosa disa-
mina, della quale terremo conto nei nostri spogli fonetici,
ma vogliamo fin da ora notare, che gli appunti del Vasi non
vanno presi tanto alla leggiera, come fa il Salvioni (l), il
quale ritiene che di essi parte dipenda «da ciò, che il Vasi
mal si raccapezza in mezzo alle nostre grafìe », e parte riguardi
« piccole sviste e forse errori di stampa ».
A dimostrare che il Vasi non mal si raccapezzò in mezzo
alle grafie ascoliane, e che non si limitò a emendare piccole
sviste e errori di stampa, basta rilevare il fatto, che lo stesso
De Gregorio, seguace della scuola ortofonica, insorse contro
il Morosi, il quale ebbe lealmente a sconfessare «certe ine-
sattezze , che nessuno meglio del dotto siciliano poteva av-
vertire » (2).
Scrive il Salvioni (3) , che V autorità del Vasi in fatto di
studi glottologici è troppo scarsa, come se bastasse l'autorità
d' un eminente scrittore — sia pure il Morosi — contro la testi-
monianza d' un modesto studioso , quale il Vasi — Sanfratel-
lano — per dar sussistenza a parole che in San Fratello corrono
sotto forma assai differente di quella riprodotta dal primo.
Ed in vero qualunque sia l'autorità del Morosi, non potrà
però revocarsi in dubbio, che le parole da lui scritte cugiers
(1) e. Salvioni, Del posto da assegnarsi al Sanfratellano, nel sistema
dei dialetti gallo -inalici. Neil' .-IrcA. glott. ital. ! il' A'^..* !i . voi. XIV,
pp. 437-5ti.
(2) Emendazioni e complementi alle Osservazioni ed aggiunte concer-
nenti la Fonetica dei dialetti Gallo-italici di Sicilia. Xe^VArch. glott. it.
pp. 437-9.
(3) Op. ci'., p. 437.
24 LE così DETTE " COLONIE LOMBARDE ;, DI SICILIA
(coricarsi) , caudera (calda) a), cauchiera (fornace), davannera
(lavandaja), dinar (denaro) , oter (altare) , parres (padrastro),
fébhrer (febbrajo) ecc., si pronunziano in San Fratello — anche
a volerle rappresentare coi segni grafici comuni — curchers^
caudiera , carchiera , davaniera , dinier , auter , perrestr,
friver ecc.
Come del pari per quanto autorevole sia il nome del De
Gregorio , non perciò è men vero , che le parole culuréru,
ferrèru^ che egli dà come esempi dei riflessi di — ARIO, per
la parlata nicosiana, sono verbi [colorare , ferrare) , che cin
(cena) non esiste né in Nicosia né in Piazza Armerina, che
in Nicosia non si dice zara (cera), vedesti (vedesti), cauderaru
(calderaj o), w>iwa (unde),pa^^(5 (pavone) (1), ecc. ecc., siccome
potrà ampiamente rilevarsi nella seconda parte di questo
lavoro.
Saranno sviste di corrispondenti, magari errori di stampa,
che non scemano i pregi dei rispettivi lavori, ma non è forse
doveroso rilevarli in omaggio alla precisione, diremmo quasi
matematica, che in questi studi si richiede, per potere istituire,
senza tema di errare, i debiti confronti tra i differenti parlari
delle varie regioni d' Italia ?
Or perchè prendersela contro siffatti appunti , presentati
senza acrimonia, e al solo scopo di far esattamente apprezzare
i nostri dialetti ?
Con queste modeste osservazioni noi, al pari del Vasi, non
abbiamo il più lontano intendimento di menomare i ben noti
meriti del compianto Morosi e del De Gregorio (a cui augu-
riamo lunga vita, per poter degnamente continuare ad onorar
la nostra isola nel campo degli studi glottologici, nei quali
ha già conseguito tanta meritata rinomanza); ma crediamo
d'avere ormai giustificato l'utilità di un nuovo lavoro sulla
(1) Saggio di fonetica vxc, cliz, oit., \)\). 5, 0, 8, 9, 11. in nota.
LE COSÌ DETTE " COLONIE LOMBARDE , DI SICILIA 25
fonetica dei dialetti gallo-italici di Sicilia, per completare
con nuovi materiali, e migliorare alla stregua delle fatte osser-
vazioni, i saggi venuti finora alla luce.
Ma ritorniamo — dopo questa digressione — alla nostra ras-
segna, per aggiungere che se il Vasi e il De Gregorio sosten-
nero essere emiliano il fondo del dialetto di S. Fratello, il
Meyer-Liibke (1) all'incontro, seguito più o meno decisamente
dal Gorra (2) e dal Renier (3), propugnò l'antica congettura
dell' origine monferrina dei dialetti gallo-italici di Sicilia, ri-
mettendo in veduta l' opinione del Vigo (4) e del De Guber-
natis (5), che era stata già accettata dall'Amari e dal Pitrè (6) —
benché da quest'ultimo con molte prudenti riserbe — e condi-
visa da Giuseppe Ferraro (7).
Contro l'opinione degli uni e degli altri insorgeva però il
Prof. Carlo Salvioni (8) , il quale inclinava a credere che i
nostri vernacoli siano d'origine piemontese.
Su questa vexata quaestio è tornato di recente il De Gre-
gorio (9) , per confutare le congetture del Meyer-Liibke. Non
è qui il luogo opportuno di riassumere l'analitico lavoro del
De Gregorio , denso di osservazioni storiche e glottologiche;
(1) Italienische Qrammatìk, Leipzig, Reisland, 1890, pp. 6-8.
(2) Lingue neolatine, Milano, Hoepli, 1894, p. 97.
(3) « Il * Gelindo » dramma sacro piemontese della Natività di Cristo.
•Ciarlo Glausen, Torino, 1896, p. 5, n. 1.
(4) Op. cit., Ice. cit.
(5) Op. cil., lod. cit.
(6) Op. cit., loc. cit.
(7) Canti popolari del Basso Monferrato. Clausen, PaK'rnio, 1888,
,pp. XVI -XVII.
(8) Nel « Kritischer Jahresbericht uber die Fortschritte der roman. Phi-
lologie herausgegeben von K. Vollmòller und R. Otto » Miinchen, Aden-
bourg, 1, p. 120.
(9) Sulla varia origine dei dialetti gallo-italici di Sicilia, con osser-
vazioni sui pedemontani e gli emiliani. In questo At'ch. N. S., Anno XXII,
pp. 390-439.
26 LE così DETTE " COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA
ci limitiamo quindi a riportarne le conclusioni che sono le
seguenti :
« Nessuno dei dialetti di San Fratello , Piazza Armerina
« e Nicosia può menomamente ritenersi come Monferrino.
« Questi dialetti, pur presentando i caratteri generali della
« famiglia gallo-italica , non si connettono con unica varietà
« di questa famiglia. Il sanfratellano si mostra connesso col
« bolognese, il piazzese col piemontese, il nicosiano ben pros-
« Simo al piazzese, ma più influenzato dal dialetto dell' isola,
« specie in ciò che riguarda le atone che quantitativamente
« conserva
«Dall'altra parte poi è ovvio, che nella massa degli emi-
« granii bolognesi, che venivano a stabilire la loro sede, ove
« sorse San Fratello , si potessero mescolare alcune famiglie
« di altre contrade gallo-italiche. E pare, ohe ne abbiamo in-
€ dizì anche per via del dialetto : tene tanti, tucc tutti, dauQ
«denti, sembrano innesti lombardi, il suffisso di 2^ pers. plur..
« ind. pr. — uoma sembra innesto piemontese; ma ciò non toglie-
« per nulla che il tronco sia sicuramente e decisamente emi-
« liane.
« Ed è pure ovvio che dal piazzese non si debba escludere
«l'elemento lombardo, che in buona misura dovette mescolarsi
« al pedemontano , e che ora pur troppo riesce ben diffìcile
« poter sceverare ».
Di queste conclusioni non si è però appagato il Salvioni,
il quale in un suo recente elaborato scritto (1) è da varie os-
servazioni condotto a negare, tanto l'ipotesi emiliano -bolo-
gnese del De Gregorio, quanto l'ipotesi pedemontano-monfer-
riua del Meyer-Liibke , per caldeggiarne una nuova , da lui
espressa nei seguenti termini: «La parlata sanfratellana trova
« in generale le sue rispondenze più caratteristiche e più nume-
(I) Del posto da, anscynarsi al SaujrnteUano, 7icl sislcuuc dei dialetti
gallo-ilulici. (Ardi. glcH, iL, voi. XIV, pp. 4<J7-52).
LE COSÌ DETTE '^ COLONIE LOMBAEDK ;, DI SICILIA 27
« rose nelle alpi e prealpi novaresi. Più specialmente è però
« indicato il tipo ossolano-valmaggino, e specialissimamente il
« valmaggino. Non si vuol di certo affermare perciò che il sanfra-
« tellano sia il valmaggino. Nel giudicare di fatti che risalgODP
« a pili secoli addietro, bisogna adoperare una certa larghezza;
« e ben possiamo ammettere che alcuni fenomeni i quali oggi
« hanno trovato in questa o quella valle un ultimo rifugio,
« avessero un giorno confini più estesi Abbracceremmo
« cosi l'intiera regione dei Laghi Lombardi » fi).
Alla medesima fonte il Salvioni ricollega l' origine degli
altri dialetti gallo-italici della nostra isola, spiegando nel scr
guente modo le divergenze che passano tra gli uni e gli altri:
« Le differenze che separano questi dialetti tra di loro e dal
sanfratellano sono parecchie; ma non poche provengono certa-
mente da una influenza maggiore che il siciliano ha esercitato
sulle altre parlate gallo-italiche, sopratutto sul novarese. Altr^
differenze, direi negative, dipendono all' opposto dal fatto ch^
il comune fondo gallo - italico appaja meno alterato negli altri
dialetti che non nel sanfratellano. Tuttatwlta raccordo persiste
ed è notevole., in parecehi punti » (2>.
Contro queste proposizioni è sceso di nuovo in campo il
De Gregorio con la sua « Ultima parola sulla varia origine
del Sanfratellano , Nicosiano e Piazzese » (3), per riaffermare
ancora una volta, con maggior copia di argomentazioni : a) che
i nostri dialetti , pur presentando i caratteri della famiglia
gallo -italica, non si connettono con una varietà unica di questa
famiglia ; h) che nessuno di essi rispecchia il monferrino at-
tuale; e) che speciali attinenze ci si palesano tra il sanfratellano
e l'emiliano (della zona Modena-Bologna), da un lato, e tra il
(1) Op. cit., pp. 449-50.
(2) Op. cit., p. 451.
(3) Lavoro inserito nella « Romania » diretta da G. Paris e P. Mbyjsr,.
tome ^XVIII, Paris, 1899, pp. 70-90.
28 LE così DETTE ^ COLONIE LOMBARDE j, DI SICILIA
piazzese e piemontese, dall'altro; meno sicura restando la con-
nessione tra quest'ultimo e il nicosiano. (1)
Quanto poi all' opinione del Salvioni, il De Gregorio, dopo
minuziosi richiami e raffronti , conclude che « se si volesse
« non pensare all' emiliano, oh ! certo il monferrino si preste-
« rebbe al raffronto immensamente meglio che codesti dialetti
« di Novara e Valle Maggia ! » (2)
Di altri scritti intorno ai dialetti gallo-italici di Sicilia non
è mestieri qui tener parola, o perchè riguardano la pubblica-
zione pura e semplice di documenti dialettali, e ne parleremo
nella bibliografia , oggetto del capitolo che segue , o perchè
non hanno aggiunto alcun nuovo elemento alla soluzione del-
l'intricata quistione delle origini di codesti parlari.
Crediamo non inopportuno rammentare soltanto un breve
scritto del valoroso folklorista Gaetano Amalfi (3) , il quale,
traendo occasione dalle nostre pubblicazioni di documenti dia-
lettali nicosiani, riassunse succintamente e nitidamente lo stato
della quistione al 1888 sulla origine di questi vernacoli. E
dire che dopo un decennio la quistione è più viva che mai !
Comunque, non è ad incolparsi agli studiosi l'incertezza
che ancora regna sulle origini delle « colonie lombarde » e
dei rispettivi vernacoli. La vera ed unica colpa è da attribuirsi
alla scarsezza dei documenti dialettali dati finoggi alla luce,
e dei quali al tempo delle prime pubblicazioni vighian(? si de-
plorava r assoluto difetto. Attesa la difficoltà del tema , resa
maggiore dalla scarsezza dei materiali linguistici, è già consi-
derevole il frutto che studi pazienti, ma necessariamente in-
completi, han saputo darci.
(1) Op. cil., p. 80-
(2) Op. cit. p. 90.
(3) Saggi di vernacolo nicosiano. Noi * Giambattista Basile », Arch. di
letteratura -pop., Ulrelto da Luigi Molinaro Dbl Chia.ro. Anno VI, ii. 10,
Napoli, \'} oli, 1888. Tipogratiu ili Gentìuro M. Priore.
LE COSÌ DETTE ^ COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA 29
III.
Bibliografìa dei documenti dialettali.
Gioverà qui, per comodo degli studiosi, fare una sommaria
rivista, in ordine cronologico, delle pubblicazioni relative a
documenti dialettali delle colonie da noi studiate.
I più antichi documenti a stampa, che noi conosciamo dei
dialetti gallo -italici di Sicilia, sono ventidue versi (un' ottava
e un sonetto) in vernacolo piazzese, e i pochissimi canti san-
fratellani, pubblicati dal Vigo (1) nel 1858, e ripubblicati con
qualche modificazione di scrittura dal De Gubernatis (2) nel
1867, e dallo stesso Vigo (3) nel 1870.
Sia gli uni sia gli altri sono scorrettamente trascritti. A
prescindere dal giudizio datone dal De Gregorio (4), seguace
della scuola ortofonica, non è inutile riportare un' ottava, se-
condo la grafia del Vigo, e la relativa correzione fattane dal
Vasi (5) coi segni comuni della nostra lingua.
(1) Race, arnpliss. ediz. cìt.
(2) Il Politecnico, ediz. cit., loe. cif.
(3) Opere, voi. II, ediz. cit.
(4) « Quanto ad altri documenti di questi dialetti, che sieno a stampa,
« sia lecito qui dire, senza offesa di chicchessia e senza venire a particolari
« avvertenze che il presente Saggio può rendere superflue, come punto non
€ formino un buon testo le poesie popolari pubbHcate da Leonardo Vigo,
« e poi ripubblicate e un pò manipolate dal De Gubernatis » (Fonetica dei
dialetti Gallo-Italici di Sicilia, ediz. cit., pag. 3, in nota).
(5) « Delle origini e vicende di San Fratello » negli : Studi storici e fi-
lologici, Tipografia Michele Amenta, Palermo, 1889, pag. 109. — Anche la
grafia adoperata dal Vasi lascia a desiderare sotto il riguardo ortofonico.
30 LE COSÌ DETTE '^ COLONIE LOMBARDE « DI SICILIA
Vigo
M' n' consuol d' la maia cump' gna,
Gh' ha la t' sta apàna cu la tigna,
Ch' ha buoca d' buofu t' rregna,
La nansc di lichieta a la scichigna
A p' rsuneg na nziula d' Spegna, ^
I giuo e sgriz a trof d' seigna
Agnu m' nuzza na muntegna
E cau caunt a cuvène d' vigna.
Vasi
Mi ni cunsuol di la raaja cumpegna
Chi hiea la testa appanara di tigna,
Chi hiea la buocca di buofa tirregna,
U nass dilichiet alla scicchigna;
A pirsunegg 'na 'nziula di Spegna,
I giuoh e sgriz a trafa di seigna,
Agnu minuzza chi è 'na muulegna,
E cau caunt a envegri di vigna (1).
Pubblicò inoltre lo stesso Vigo , nella « Prefazione » alla
sua « Raccolta » (2) una lista di vocaboli nicosiani , che non
sono trascritti meno scorrettamente dei canti sanfratellani.
Basterà qui citare, a cagion d' esempio , mucaturi per mu-
caduru fazzoletto , stivalu per stivalùn stivale , giamhu per
giumbu fiocco, dampiun per ddampiùn lampione, ficu per cifu
truogolo, /ìca per /igu fico, aicuila per aicula aquila, frumi-
giula per frumigula formica, ecc. ecc.
(1) Eccone la Iv.iduzioiio, per quauto possibilo, letterale: « Me ne con-
mtio delta mia compagna (sposa) — che ha la testa appannata di tigna —
éhe ha la bocca di botta terragna — il naso delicato all'asinesca— il per-
sonale una strega di Spagna— i giochi e scherzi (moine) a cespo (a rao')
di scimin—ogtn ìnamrndla che è wia montagna — e quel conto (in senso
igvfHtó) a paniere di vigna ».
<e) E<li/. olt.
LE COSÌ DETTK " COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA 31
Nel 1872 Remigio Roccella diede alla luce un volume di
^L Poesie in lingua vernacola piazsesey> (1).
Lo stesso anno il Pitrè pubblicò i suoi pregevoli « Studi
di Poesia Popolare » (2), in un capitolo dei quali, dedicato ai
€ Canti popolari lombardi di Sicilia i^ (3) inseri parecchie poesie
popolari ed erudite di Piazza Armerina, raccolte e trascritte
dal signor Vincenzo Velardita. Eccone un saggio , sulla cui
grafia facciamo, al pari dello stesso Pitrè, le più ampie riserve :
Hoi 'n dolor' zza n' lu me cor',
Guruzz, e non lu pozz dulurer',
Figghia d' l'arma mea e du me cor'
Seiupr' hoi cianciut com' t'hoi amer*.
E t' hoi amer' e t' secut amer',
E t' hoi amer' fina eh' s' mor'
L' amor' non si dev* apaliser' :
Si teng pri sigili n' lu cor'
E quanu è l'ora di lu trapasser'
A Deu dogn l'arm-.i e a ti lu cor'. (4)
A codesti documenti tenne dietro il « Vocabolario della lingua
paiolata in Piazza Armerina » di Remigio Roccella (5), il quale
adoperò un metodo di trascrizione, che non solo non riproduce
esattamente i suoni del suo dialetto, ma rende eziandio illeg-
gibili—cosi come stanno scritte— alcune parole, per chiunque
(1) 'lipograrw di Rosario Orlali lo, Piazza Armerina, 1872. In-S".
(2) Ediz. cit.
(3) Op. cit., loc. cit.
(4) Op. cit., paj{. 30Q. — E«(X)rie al solilo la traduzione: * Bo un do-
lore qua nel mio cuore — cuoricino, e non lo posso addolorare — figlia
dell'alma mìa e del mio cuore— sempre ho pianto come ti debbo amare —
e ti debbo amare e sèguito ad amarti — e ti debbo amare finché si muore^
l'amore non si deve palesare— si tiene per suggello nel cuore— e quando
è l'ora del trapassare (morire) — a Dio do V anima e a te il cuore ».
(5) Bartolomeo Mantelli editore, Caltagirone 1875. (Ma l'ultima pagina
porta la data del 1876). Iii-8°, pp. 291.— Le prime 34 pagine sono occupate
dalla « Prefazione » e dagli « Elementi della grammatica piazzese ».
32 LE così DETTE ^ COLONIE LOMBARDE „ PI SICII.IA
non abbia pratica della parlata. A voler leggere infatti, come
sono scritte, le seguenti parole: ru' F nglana (petronciana)
m'nzagnu (mezzagno) p' rf cunada o p' rr'' cunada (ferita di mi-
gliaruole) p^ r' p' lì {ca.cìoito) p' ?'' p' tdcch (giovinastro che si
dà importanza), o non ci si riesce affatto o si ottengono suoni
del tutto differenti da quelli reali.
Seguirono i due lavori del Vasi, dei quali ci siamo già oc-
cupati : « Del dialetto Sanfratellano » e « Lettera al Dottor Giu-
seppe Ricca Salerno'» sullo stesso argomento, contenenti non
pochi materiali (liste di vocaboli e versioni) di questo vernacolo.
Sui documenti dialettali pubblicati dal Vasi dobbiamo una
volta tanto notare, che, benché l'autore adoperi i segni comuni
di nostra lingua nella trascrizione, tuttavia questa è molto
accurata, e non riproduce esattamente solo quei suoni, a ren-
dere i quali si sarebbero dovuti adoperare o i segni della
grafia ascoliana o altri espedienti grafici consimili.
Nella ricorrenza del V centenario di Giovanni Boccacci,
il Papanti pubblicò un grosso volume, intitolato « I pa?'lari
italiani in Certaldo », contenente le versioni della novella IX,
giornata I, del Decamerone del Boccacci, in quasi tutti i dia-
letti della nostra Penisola: tra le altre comprende le versioni
nei rispettivi dialetti di Nicosia (autore il Notajo Cav. Luigi
Bonelli), di San Fratello (autore il Sac. Prof. Luigi Vasi), di
Piazza Armerina (autore R'emigio Roccella), e di Aidone (autore
il signor Terranova). Difettosa, al solito, la trascrizione.
Una novellina di Sperlinga, raccolta e trascritta dall'Avvo-
cato Giuseppe Cutrona-Scimonelli, già Pretore in Nicosia, e
un'altra di San Fratello, raccolta e trascritta dal Vasi, furono
inserite dal Pitrè nella sua pubblicazione : « Il Vespro nelle
tradizioni popolaH siciliane» (1). La trascrizione della novella in
vernacolo sperlinghese è infedelissima , sia perchè il racco-
(1) E«lrallo dui « Ricordi o documenti del Vespro Siciliano, publilicati
n cura della Societi'» Siciliana per In Storili Palriii ncllii ricorrenza del VI
C-nleiiario .. Tiput^ralla dello Statuto, Palermo. 1882.
LK COSÌ DETTE " COLONIE LÓMBAKDE „ DI SICILIA 53
glitore adoperò i soli e insufficienti segni grafici della lingua
comune, sia perchè non seppe cogliere i suoni di molto parole,
le quali avrebbe potuto esattamente rendere anche coi segni
comuni di nostra lingua.
Nello stesso anno videro la luce le « Origini e vicende di
San Fratello » del Vasi (1), nelle quali sono riportate trenta-
nove poesie in vernacolo di San Fratello e il relativo glos-
sario.
Seguirono le « Osservazioni critiche alla monografìa criticd
delle colonie lombardo-sicule di Lionardo Vigo » dello stesso
Vasi (2) , le quali contengono liste di vocaboli dei vernacoli
di Nicosia, Piazza Armerina, Aidone e San Fratello, tratte
dalle versioni sopra ricordate della novella IX del Boccacci.
Dal 1885 al 1887 vennero fuori, per opera nostra, i primi
documenti del vernacolo nicosiano : proverbi, novelle, giuochi
ed usi popolari (3). La grafìa da noi adoperata è quella comune,
sia perchè l'indole delle pubblicazioni è prevalentemente folk-
lorica, sia perchè la tipografia era sprovvista dei segni grafici
ascoliani; ma procurammo di accostarci, quanto più ci fu pos-
sibile coi mezzi grafici dei quali disponevamo, alla realità dei
suoni dialettali, e crediamo d'essere in qualche modo riusciti
nell'intento, se dobbiamo giudicarne dai benevoli apprezzamenti
(1) Op. cit., eiiz. cit.
(2) Op. cif., ediz. cit.
(8) Proverbi pojjolari iiicosiani di Sicilia. Neil' « Archivio per lo studio
delle tradizioni popolari » diretto da Giuse[)pe Pitrè e Salvatore Salo-
mone-Marino, voi. V, pp. 68-74, L, Pedone-Lauriel, Palermo, 1885.
Nuova raccolta di proverbi nicosiani di Sicilia. Neil' « Archivio » citalo,
voi. V, pp. 549-55, anno 1885.
Novelle popolari nicosiane di Sicilia. Neil' « Archivio » citato, voi. VI,
pp. 97-112, anno 1886.
Giuochi fanciullesclii nicosiani di Sicilia. ^tW * Archivio » citato, voi. VI,
pp. 409-32, anno 1886.
Usi festivi e religiosi del popolo nicosiano di Sicilia. I^qW * Archivio >
citato, voi. VII, pp. 503-17, anno 1887.
Avch. Star. Sic N. S. anno XXIV. 3
34 Lfi così DETTE ^ COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA
d'un valoroso seguace della scuola ortofonica , quale il Pro-
fessore De Gregorio (1).
Altri documenti ancora avremmo voluto licenziare alle
stampe in questi ultimi anni, ma il desiderio di far precedere
lo studio fonetico del dialetto, per definire una buona volta
la difficile quistione della trascrizione ortofonica, ci ha fatto
ritardare 1' esecuzione del nostro proposito.
Una novella popolare nicosiana da noi raccolta, una di
San Fratello, raccolta da Luigi Vasi, una di Piazza Armerina,
raccolta da Remigio Roccella, ed una infine di Novara, rac-
colta dal Sac. Prof. Salvatore Di Pietro-Puglisi, videro la luce
nel 1888 tra le « Fiabe e Leggende » del Pitrè (2).
Oltre gli scritti del De Gregorio e del Morosi , dei quali
si è fatta largamente parola nel secondo capitolo di questo
lavoro, dobbiamo qui ancora rammentare una nota del Morosi :
« Emendazioni e complementi alle Osservazioni e aggiunte
conceìmenti la Fonetica dei dialetti Gallo-italici di Sicilia
DI G. De Gregorio » (3) e un volume del De Gregorio : « Sag-
gio di fonetica siciliana » (4). Il Morosi si occupa al solito del
solo dialetto di San Fratello ; il De Gregorio accenna qua e
là ai dialetti di Aidone, Nicosia, Sperlinga, Piazza Armerina,
San Fratello e Novara, riportandone alcuni vocaboli, a dimo-
strazione delle leggi fonetiche più caratteristiche.
Parole e frasi di tutti codesti dialetti si trovano anche qua
e là disseminate negli « Usi e Costumi^ Credenze e Pregiudizi del
(1) Sulla varia origine dei dialetti gallo-italici di Sicilia, edizione citata,
p. 403.
(2) L. Pedo I io-La u ri el , Palermo, 1888. La novella nicosiana {'U scar-
paru) è a PI). 4.j«)-8, <iaella di S. Fratello 'San Dinirittu di S. Frareu)
a \)\). 460-1, quella di Piazza .\rinerina {U g' sser) a p. 316, e quella di
Novara (Lu mestru scarpau e Sentu Petru) a pp. 156-4,
(3) Arch. Glott. cit., Kdiz. eli., voi. IX, pp. 437-9.
(4) Tipografia Michele Amenta, Palermo, 1890. In-8", pp. 138.
LE COSI DETTE " COLONIE LOMBARDE „ DI SICILIA
popolo siciliano'», (1) e nella « Medicina popolare siciliana» (2)
del Pitrè.
Nel 1891 vennero fuori i nostri « Motteggi popolari nicosiani
e sperlinghesi » (3), contenenti alquanti motti vernacoli satirici
e burleschi, che sono stati, non ha guari, in parte riprodotti,
insieme con altri nuovi, nella nostra pubblicazione « Rivalità
e lotte tra Mariani e Nicoleti in Nicosia di Sicilia » (4).
Acciocché poi questa rassegna sia completa, dobbiamo in
fine rammentare il nostro recente lavoro sul « Vocalismo del
dialetto gallo-italico di Nicosia in Sicilia » (5) , che sarà tra-
sfuso nella seconda parte di questo scritto.
Così compiuto, per sommi capi, quel che possiamo chiamare
r inventario storico delle così dette « colonie lombarde » di
Sicilia , passeremo , senz' altro , allo studio dei loro rispettivi
dialetti, per procedere poi alla ricerca delle loro origini.
M. La Via.
-•«>^«>-
(1) Libreria L. Pedone-Lauriel di Carlo Glausen, Palermo, 1889, volu-
mi 4, i 11-16°.
(2) Carlo Glausen, Toriiio-Palernao, 1896, voi. unico, in-lG".
(3) Tipoyratìa Vena. Palermo, 1891. In-8"', pp. 11. (Fuori commercio.
Per nozze Silvestri-Marino).
(4) In questo Arch. N. S., anno XXIII (1898), fase. III-IV.
(5) Negli « Studi glottologici italiani », diretti da G. De Gregorio (voi. I,
.pp. 222-234. Loescher, Torino, 1899).
MISCELLANEA
UNA SEDIZIONE IN NOTO NEL 1647
Ho tratto questo discarico da un codice in foglio, che si con-
serta in questa Biblioteca comunale, il quale c'informa delle tur-
bolenze che avvennero in Noto nel 1647, eccitate dai tumulti di
Palermo, capitanati dal D'Alessi.
Il La Lumia nella dotta memoria : « Giuseppe D'Alessi e i tu-
multi di Palermo del 1647 « — Palermo, Lao, 1870— fra le città che
in quel tempo tumultuarono non novera Noto : una dimenticanza
che non riesco a spiegare, perchè nelle filze, che, come egli scrive,
esistono nel Grande Archivio di Palermo e che contengono le rela-
zioni delle Autorità locali trasmesse ufficialmente al Viceré del
tempo, non deve al certo niancare questo discarico. — Comunque
mi pare utile di dare a luce questo documento, che di quelle tur-
bolenze fa una minuta relazione finora sconosciuta; ciò che prova
che la storia delle minori e anche di qualcuna delle maggiori città
dell' Isola è tutta da rifare, non essendo ancora stata scritta con
quel corredo di documenti che le danno valore. — Ciò è dipeso
da cause che, ^e per le altre città non tocca a me d'indagare, per
Noto mi pare sian nueste: la vandalica disper^^!one degli Archivj
che esistevano a Noto Vecchio (1), quando venne quasi distrutto
(l» Una cronncu im-flila ci iiarra : « Nctnmeno aiularoiKì esenti da tali
rovliHs le pul)hlielie scrillure «h'ir Archivio e dei defunti notari, Racoonluai
che cessalo il lerreiiiolo da 11 u pochi i^i( mi furono vedute alcune |)ersone
e pri!icipalmc-nle noliili, li quali altro non facevano che veisarsi nell'Ar-
chivio (lui Notai p, leggendo alcuni^ scritture, laijerarlc. — Lo Archivio su-
dclto CMcndo rimasto (iua«l sepolto in «nczzo alle pidre, le scritturo del
MISCELLANEA 37
dal terremoto del 1693 e il trafugamento di ciò che rimase, dopo
che fu trasportato nella Noto attuale. Se ciò non fosse , non sa-
premmo spie^rarci la trascuraggine degli storiografi notigiani, i quali
ci hanno lasciato la storia del loro paese tessuta su tradizioni di
nessun valore; e piena di lacune in epoche nelle quali Noto Vec-
chio dovette certamente non rimanere inerte. — Ma non possiamo
perdonar loro l'aver trascurato quei pochi documenti rimastici, che,
come questo che «tampo, mostrano che Noto segui sempre le aspira-
zioni delle grandi città dell'Isola. — A questo bisogna aggiungere
una grande sventura: la vendita, nel 1840, del Museo, della Bi-
blioteca e della preziosa raccolta numisinatica dell'archeologo e bi-
bliografo barone Antonino Astuto. Questo insigne cultore dell'an-
tichità classica, il quale raccolse tutto ciò che di monumentale era
rimasto non solo a Noto Vecchio, ma presso i privati della Pro-
vincia, aveva inalzato il più bel monumento nella sua patria
adottiva (1). — Fa pena pensare che nessun iiotigiano pensò di
acquistare quel ricco materiale, che gli eredi Astuto misero in
vendita e che fu comprato e trasportato altrove. Che grave ed ir-
reparabile perdita per gli studiosi notigiani ! L' Astuto era giunto
in tempo a raccogliere tutto, prima che si fosse disperso ; ina se
tale ricerca giovò agli studiosi in genere , nocque ai notigiani jn
specie, perchè, data la fine della raccolta astutiana , sarebbe stato
meglio che tanto raro materiale archeologico, numismatico e libra-
rio fosse rimasto nei luoghi, da ove fu in parte asportato, per le
ricerche locali. Dico ciò perchè all' Astuto ai suoi tempi fu permesso
tutto : pervenne a lui la famosa biblioteca tanta celebrata dal Pirri
del Convento di S.* Maria di Gesù, abolito nell'anno 1792. — Lo
rilevo da un ms. conservato in questa Biblioteca Comunale ove si
legge : « Ai tempi del Pirri possedeva questo Convento di S. Ma-
ria di Gesù la più celebre libreria di tutta la Sicilia per la copia
medesimo, le quali potevano estrarai agevolmente, scoverte da quel, che
erano concorsi per escavare qualche cosa di buono ; trasportate e vendute
per cosa inutile iielli ciraonvioini paesi e priucipalmenle in Caltagirone
per uso di giuochi di fuoco *.
(i) Il Barone Astuto nacque in Licodia il 1739, e morì in Noto nel
d822 di 9uni 83. Vado preparando uno 9crìttQ «u questo valente antiquario.
38 MISCELLANEA
dei suoi manoscritti. Ora niente più esiste. I Padri di questo Con-
vento furono espulsi nel 17... (il cronista ignorava l'anno dell'abo-
lizione). — Senza verun timore di scomunica tutti i libri e mano-
scritti passarono nel Barone Antonino Astuto di Licodia e stabi-
lito in Noto ».
Da Noto Vecchio l'Astuto asportò due titoli greci, che ora si con-
servano nel Museo Nazionale di Palermo, che acquistò il Museo Astu-
tiano, e che furono pubblicati da G. Kaibel nella sujì grande raccolta
delle « Inscriptiones grecae Siciliae et Italiae additis Graecis, Galliae,
Hispinniae, Britanniae, Germaniae inscriptionibus ». Berlino, 1890
in fol., ai numeri 241, 242: uno di età classica riguarda la fontana
di Eurinda, l'altro, cristiano, una Atilia (?), oltre ad un gran nu-
mero di epigrafi e Marmi di origine romana. — Credo forse per le
difficoltà del trasporto o del segamento , lasciò a Noto Vecchio
il gran titolo del Ginnasio della greca Noto, pubblicato anche dal
Kaibel e recentemente dall'Orsi nelle sue importanti « Escursioni
archeologiche in Noto Vecchio (Netum) » Roma, tipografia dell'Acca-
demia dei Lincei, 1897, - perchè altrimenti non avremmo la fortuna
d'averlo in questa Biblioteca Comunale, ove fu trasportato nel 1894,.
mercè la solerzia dell'amministrazione comunale del tempo, intatto
e per miracolo , dopo tanti secoli, sfuggito alle mani di ignoranti
violatori ! C è anche dell'altro.
L'amore per l'antichità classica in genere e per quella di Noto
Vecchio in ispecie non fu pur troppo intenso nello animo dei ret-
tori di Noto, nei tempi remoti.
Abbandonata la vecchia città, la quale non rovinò del tutto co-
me si vuole far credere, dopo fabbricata la nuova, e obbligati quelli
che ad ogni costo volevano rimanervi e che non sapevano persua-
dersi senza alcuna ragione ad abbandonarla, il sito divenne presto
del primo venuto. — I famosi circaturi di truvaturi , i violatori
sistematici della Sicilia sotterranea, cominciarono l'opera di deva-
stazione. Tutto fu manomesso senza che alcuno se ne curasse —
tutto, non curato, andò rovinando — Da un contadino, ora avanzato
negli anni, ho avuto narrato che, quando egli era nell'età di dieci
anni, con altri suoi compagni che stavano li a far da bifolchi, si
divertiva tutto il santo giorno a buttare per aria i preziosi vasi
greco-siculi che trovavano nelle tombe, che violavano in cerca di quat-
trini ! Quanta devastazione I Quanta perdita per la storia di una
MlSCl M.ANEA ;>9
grande e famosa città 1 Se nelle persone cospicue notigiane del buon
tempo antico fosse stato vivo l'amore per la loro vecchia patria e
avessero pensato a ristorare, a curare , a raccoglier tutto , avreb-
bero potuto metter su un Museo di molto valore per l'origine e la
storia preellenica ed ellenica della città.
Ma i rettori di un tempo pensavano a far quattrini e gabella-
rono il sito della città, meno noncuranti degli altri più recenti che
pensavano a disfarsene nel 1874 censendolo, senza alcuna riserva —
Solenne insipienza! Cosicché chiunque volesse praticare degli scavi
sistematici a Noto Vecchio se non fosse per la cortesia dei nuovi
padroni, i quali poi a tutl' agio , volendolo, possono distrugger
tutto senza che altri fiati, sarebbe impedito di farlo. — E dire che
dotti stranieri si sono partiti da luoghi lontani per visitare i ruderi
di una città, che i tardi nepoti hanno imparato a dimenticare !
È in questo modo che i rettoì'i della cosa pubblica di Noto
hanno creduto di rispettare i ruderi di una città non priva di un
grande passato, facendo onta ai loro padri e mostrando di scono-
scere clie la storia ha bisogno dei documenti archeologici e dai
ruderi e dai rottami trae argomento per V accertamento di fatti
ignorati. — Ruderi e rottami che a Noto Vecchio non esistono più;
non c'è contadino che non abbia fabbricato una casuccia in quei
dintorni senza aver fatto uso di quei rottami , che for.^e saranno
appartenuti a qualche monumento, a qualche lapide o a qualche
iscrizione.
Tanta noncuranz;», tanto disprezzo fa orrore. ■ Non passeranno
che pochi secoli e forse fra i dotti si disputerà sull'ubicazione del-
l'antica Netuni, perchè il suo silo si prepara a diventare un ricco
oli veto !
Gli eruditi notigiani bi sono da tempo deliziati alla lettura delle
pagine di Diodoro Siculo, il quale, unendo meccanicamente diver-
se tra<.1izioni, ha portato una gran confusione nella storia greca
e romana , e delle notizie arcaiche date da scrittori di ne^;sun
conto, ed hanno disputato per un buon tempo a stabilire l'u-
bicazione della patria di Ducezio, non dandosi cura di avvalorare
le loro locubrazioni con documenti archeologici , che non hanno
ricercati. — Si sono contentati di ripetere ciò che lianno detto
tutti gli antichi scrittori, i (juali, come ha dimostrato la critica mo-
derna, delle cantonate ne han prese anche troppe, facendo certe
40 MISCELLANExV
deduzioni senza valore e perciò non accettate da critici di vaglia.
Questa loro eccessiva passione per una questione, la cui soluzione
è impossibile, ha fatto loro curar poco ciò che dì monumentale ri-
nianeva nella città, il cui pnssato cercavano d'indagare, e l' hanno
fatto distruggere dai devastori e dal tempo. Se essi invece di per-
dersi in dispute avessero curato di ristorare p. es. le rovine di
Mendola, sulle quali un documento del 1596, che è una concessione
fatta ai notigiani di poter praticare scavi per ricercare i corpi di
S. Lucia e Geniignano e che io ho rintracciata nel Libro Rosso di
questo Comune e che nessuno s' è dato la cura di leggere , dice :
«La città di Noto dice che li anni passati se ritrovavo nelli libri
antiqui del Convento di S." Maria di Gesù di essa città che li dui
S." martiri Lucia e Geminiano romani erano sepolti nella città
della Mendola nel territorio di essa città di Noto la quale città
della Mendola con tutto che doppu fusse stata rovinata non di
meno di presenti se vedono gli edìflzi antiqui » noi avremmo po-
tuto provare l'esistenza di quella MevSa^, la cui ubicazione non s'è
riusciti di identificare. Se avessero curato tutti i ruderi che il Fa-
zello e il Cluverio videro alla Pizzuta , e li avessero interrogati,
avrebbero scoperta qualche città, che, ora distrutto tutto , non si
può più identificare (1). Fu per incuria che rovinò, come ci racconta
il Littara, la colonna alzata » in loco cui Saccollino est nomen »
(Fazello, Dee. 1, lib. 5, p. 217-218). (Il prof. E. Ciaceri si ostina a
crederla tuttora in piedi, v. « Studi Storici », voi. Ili, fas. Ili, Pi-
sa, 1894, non ostante ch'io l'avessi detto nella mia monografia
« La disfatta degli Ateniesi all'Asinaro»; Arck. Storico Siciliano,
anno XVIll); se, ristorata, si alzasse ancora, non disputeremmo
sulla battaglia all'Asinaro. — Un'altra enorme noncuranza imperdo-
nabile è questa altra: lo abbandono di un cospicuo monumento,
che non si riesce ora più a rintracciare. — Gli eruditi notigiani
ne hanno ignorata la esistenza ; ma esso fu minutamente de-
scritto da Ignazio Paterno Castello , principe di Biscari, nel suo
« Viaggio per tutte le antichità di Sicilia *, Napoli 1781 : sorgeva
(1) Meiilrv) correifgo le bozze di questo sorittarello, apprendo che il Cav.
Orsi h;i coininoiafo gli scavi alla Pizzuta e falla qualche scoperta ira-
portarilo.
MISCELLANEA 41
nelle vicinanze di Eloro e vi si accedeva per un sotterraneo. — Cosa
se ne sia fatto, non mi è riuscito di sapere. — Noi credo distrutto,
piuttosto chiuso da qualche roccia scoscesa. — Nessuno erudito no-
tigiano se ne diede pensiero, e non so perchè non è indicato dal
Fazello. — Apparteneva ad Heloron ?
Per tutte queste cause non abbiamo ancora una storia completa
e documentata di Noto. — Il Cav. prof. Paolo Orsi, insigne e infati-
cabile archeologo, che, sovrintendendo alle antichità della Sicilia o-
rientale, ha avuto la fortuna e l'onore di esplorare e illustrare un
prezioso materiale archeologico che porta molta luce alla storia
preellenica ed ellenica di queste contrade, ha apprestato il mate-
riale che servirà di fondamento per la ricostruzione di una storia
di Noto; mi auguro che a scriverla si voglia mettere altri più
giovane e più fortunato di me. — Io chiudo con questa speranza.
Noto, agosto 1898.
M.\.TTiA DI Martino
« Discarico che danno al Visitatore Generale del regno Bartolomeo Deo-
<iato come Capitano di Noto nell'anno 1647, 1648 ed altri Ofìiciali di Noto
per l'iocariche contro loro fatte da detto Visitatore come Otficiali in detto
anno in cui successero molte turbolenze in detta Città, ed in alcune altre
Città del Regno successero sollevazioni per alcuni": imposizioni ».
IH. ino Sig. Visitatore Generale per sua Maestà di questo Regno di Sicilia.
Don Btrtoloineo D<!odalo Gnpitaiio di Giustizia che fu l<^ ìa Città di
Noto noi :intio 1647 o 48< Don Gio. Battista Franco Landolin i Patritio e
VinccMizo DeuJaio Sindaco, e Bliisio Cannizzaro Giurato di ùella Citlà nel
detto anno, dicono a V. S. IH. ma che di suo urline li sono state notificate
le «eguenti incariche cioè:
Cargos que resultan de la Visita G«'neral conlra Don Bar olomco Dio-
dato Capitano do Justicii ({ue fu dft la Ciutad de Noto e nel nno de 1647
eu 48 y contra D. Juan Baup.ta Franco Landolina Jiirado ò Patricio y coti-
tra Vincenzo Diodato sindico y conira Blas Cani<jaro Jurado en el dicho
afio. — HaQcseles cargo quc embearon a la Giudad de Palermo a Vincenzo
Diodato Sindico por ambasador para tratar algunos lu'gocios de la dioha
42 MISCELLANEA
Ciudad de Noto siendo prohibido por deoretos de Ins sig.res Virreyes que
las Ciudades no embien ambasadores sin expresso consentimento de lo»
dichos sig.res Virreyes.
HaQerles cargo a lo dicho capitano y al dicho Patricio y a lo dicho sindaco,
ayste por hauer scripto quando vino por arabasador a los jurados de la
dicha Ciudad y remisidoles los capitulos del Infame Jusepe de Alese para
quitarse las gabelas de la dicha Giutad d(5 Noto y al dicho Capitano y Patri-
cio por hauer sido de pareser de que se quitasen corno con efecto se qui-
taron multos de la Giutad y todos los que tocavan a la secrecia sin que
troviesen necesifad de aquielar ci publo con hacerle este benefìcio por que
no estava al borotado, anles el dicho capitano y Patricio davan ocassion
semyante nobetad a que el publo hi^ieses combenticulos y Juntas y que
les de Mas ciudades del Reyno hiciesen lo raisrao y por hauer quitado las
gabelas quedo la ciudad decideva a las tandas regias en 2325 onces; unya
cantidad no ha pagado a la Regia Corte y depntacion del Reyno ; y anti
mismo se sequio consi<leral)le dano al que havia comprado la secrecia de
la dicha Ciudad = y por està delito fueron presos en la Ciutad de Palermo
Don Yusepe Impellizeri, y Yuvanne Pipi ya difunlas y Jurados quo oraa
en el dioho anno, quo danuosc las demas sin castigo per la calaniidad y
tempestadcs de a que! tempo.
Ouorum t'.-iioreuì [irotestanlar sjhi quatenus.
Si risponde però nettandosi quella ohe tocca contro li supplicanti, salvo
sempre honore , e con la debita riverenza rapprcscnlano a V. S. Ili. ma
che per la prima incarica dicono che lo haversi inviato alla Città di Pa-
lermo Vincenzo Deodato Sindico e Procuratore Generale di detta Città di
Noto non fu per intenzione ne per rispetto e ambitione di titulo di amba-
sciatore. Ma per necessità urgentissima e obUgatione e convenienza di rap-
presentare al tribunal «lei Real Patrimonio quanto si dovea per lo servitio
di Sua Maestà e per questa causa fu eletto per consiglio il detto Sindaco
bene istruito e informato a cui toccava principalmente per obligatione del
suo oflicio di Sindaco e Procuratore Generale di detta città di fare le sue
parli e rappresentare la sua fldelisaima e prontissima obedienza al servitio
di S. Maestà e ricevere di presenza li oniini e comandamenti di S. E. e
per acertarsi meglio il servitio del Re, nostro signoro, per le miserie e ca-
lamiti che correvano, stante le qualità del tempo che fu nel mese di luglio
dello anno 1647 quando nella città di Palermo o molte altre parti del re-
gno erano commesse turbolenze , rivoluttioni e pericoli in pregiudizio del
servitio di S. Maestà come era «tato avvisato dal sig. Marchese de los Veles
Viceré in quel tempo per «ui* lett<re clelli 24 di Mau'gio al e ipilano e (ìiu-
MISCELLANEA 43
rati di (letta città che erano li supplicanti et li quondam Giovanni Pipi,
barone di Stallaini, D, Giuseppe Irapellizzeri e Nicolao Landolinu altri giu-
rati che avean fatto castigari quelli facinorosi che tennero raanu nel risen-
timento del pane e iéUu quiete seguita in Palermo por si giusta punilione
come per delta lettera. Dalli quali capitano e Giurati si fecero le incluse
risposte a S. E. contiuenti il ilebito rendimento di gratia, e che si otferi-
vano in comune e in particolare al servitio di S. Maestà come suoi -fìde-
lissirai vassalli apparecchiati in ogni evento a spendere 1' bavere e la vita
istessa come 1' havevano sempre demostrato ; non ostante la calamittì che
correva del mancamento del pane per ingordigia di alcuni frumeidarj; non
havendo giammai la delta città appallatasi punto dulia dovuta ubedicnza
del Rv'al servitio mercè alla bontà e prudenza di S. E. come per l'incluse
lettere e resposte fatte a 2 e 3 di giugno 1647 per le quali resposte S. E.
scrisse di nuovo alli detti Giurati havendo aggradito le loro offerte e av-
visi delle sudette due carte di resposte delti 2 e 3 di detto mese di giugno
incaricandoli di proponersi li mezzi che disponessero per alleviamento delti
poveri allinchè considerati si disponesse et cxecutasse quel tanto che fosse
più corrispondente al suo beneficio e buona regola come per l'inclusa let-
tera di S. E. ai detti Giurati autentica data in Palermo a 9 di giugno su-
detto; e al detto Don Bartolomeo Deoiato Capitano volse ringraziarlo per
la tinozza e buona lealtà al servitio di Sua Maestà in occasione di tante
turbolenze , come per l' inclusa sua lettera autentica a 19 dello stesso, al
quale Capitano pure per 1' altra inclusa lettera di S. E. rispose con ag-
gradirlo delli servitij che faceva a S. Maestà e a S. E. nelle occasioni che
correvano manifestando che riconosceva la lealtà , e pensriero particolare
che avea posto nella quiete e ossequio di detta città secondo il suo zelo,
sperando che l'haveva continuato in quello che si otferisse in detta Città,
come per l'inclusa sua lettera delli 5 di giugno detto anno e per le sudette
cause tanto giuste convenienti e necessarie al'occasione , che a 7 di luglio
di detto anno si era congregalo il consiglio per imponere, come impose, la
meta alle sete, com'è solito per esecutione della Pragmatica , come costa
per la inclusa copia di dello consiglio , si discorsi,' del tutto con li c(jnsu-
lenli congregati per della occasione di detta meta ; e parse alli detti Giu-
rali per li rumori e tumulti popolari che vi andavano avvicinando haven-
dosi intt'so che erano successi in Caltagirone e Sortino, palesare la detta
lettera del sig. Marchese de los Veles falla alli detti Giurati 9 di giugno,
per la quale incaricava di proponersi e avvisarsi li mezzi, che tlispones-
sero per l'allievamento «ielli poveri come di sopm aflnchè detto Consiglio
deliberasse quello che li paresse di maggior servitio di Dio e di S. Maestà
per la qual causa si couchiuse per detto Consigliu di mandarsi come si
mandò il detto sindaco in Palermo e l'incluse lettere delli Giurali sndetti
44 • M[SCELLANBA
per S. E. e per l'IU.ino di Polenzano, Presidente del Patrimonio, l'Illmo
di Denti, Presidente della R. G. C, secretano di S. E., lU.mo Marchese di
Gapizzi, Dott. D. Mario Gariddi e D.r Don Pietro di Gregorio ai presente
presidente di Giustizia; per le quali lettere rappresentarono che essendo
stata servita S. E, con le sue benignissime lettere delli 9 giugno incari-
carli che dovessero esporli quelli mezzi che fossero giudicati più opportuni
per allievamento del popolo in riguardo della sua quiete e obedienza dan-
dole però li dovuti ringraziamenti era parso al Gonsiglio di inviare la per-
sona del detto Viceiizo Deodato sindico e cavaliero della Città eletto dal
consiglio come ben informato del tutto, per rappresentare a S. E. quanto
giudicava di maggior servitio a S. Maestà e benefitio alia fidelissima ed
obivlicntissima Gittà , et supplicarne S. E. ad udirlo e dargli intiera cre-
denza ; come più largamente si vede per le copie autentiche di dette lettere
date in Noto 13 luglio 1647 e per la copia del sudetlo consiglio autentica
e come costa della detta giusta causa e necessaria per l' inclusa fede con
giuramento di dodeci testimoni delli più qualificati e' degni di fede di detta
Città. Il sig. Marchese de los Veles fece la sua risposta a detti Giurati che
havea inleso dal detto Sindaco Vincenzo Deodato quanto havea proposto
a nome loro sopra la conservattione e allevamento della Gillà e per la
buona direttione della materia lo havea riroeso a la Junta e al tribunale
del Patrimonio e havea goduto che si disponesse forma che assecurasse di
tutte maniere lo allievamento delle università come per la inclusa copia di
detta resposta autentica data in Palermo a 29 di luglio sudetto — E fu in
detto consiglio confermato da S. E. e tribunale del Real Patrimonio per
sue letterd date in Palermo a 7 agosto 1647.
Quorum tenorem proteslantur sibi si et quatenus.
Per la seconda incarica il detto Vincenzo Deodato sindaco dice che non
rimise mai capitoli dello infame Giuseppe di Alessi , ma scrisse continua-
mente alla Città quanto trattava esso di Deodato come sindaco di essa con
il sig. Marchese de los Veles Viceré e suo secretano e con l'Ili. mo Rosso
Potenzano Presidente del Tribunale del Patrimonio e altri Ministri del detto
Tribunale e della Giunta per lo servitio di Sua Maestà e in resposta delle
lettere dalli Giurati a lui scritte di detta Città incluse nel presento incar-
tamento aulhentico, per le quali si vede che a 30 di luglio 16'i8 scrissero
a 8. E. di un cartello, che hì trovò ad un muro poco lungi da la piazza,
conlinenlo minaccio che si dovessero levare le gabelle e in particolare quella
del vino njul volentieri sopportata, ma liavendosi potuto sajìere l'autore, e
la supplicarono dell' ordine per lo castigo di questo sceleralo e pun; per
• qniil<!tu' ajiil') ni popolo che per l'eccesso di un solo non dovea demeritare
MISCELLANEA 45
la gratia di S. E. e aimilmenle al «letto di Deodato del sudelto cartello e
dell'avviso datone a S. E. come sopr», afiiiche lo portasse si come lo portò
a S. E. e lo rappresentasse si come le rapresentò il senso delli poveri de
la detta gabella del vino e dello zagato avvisandosi pure il pericolo per
lo malo esempio, che s'iniendcva di Catania e Sortiuo che havea tumul-
tuato e brugiato le scritture delli Archivi] eligendosi altri giurati per sa-
pere che il fuoco era vicino, perchè il territorio di Sorlino e alli confini
del territorio di detta città di Noto per darsi rimedio.
Ai 13 <lello slesso scrissero di nuovo a S. E. che la matina del sudetto
giorno era comparso un altro cartello alla cantooera di detta piazza mag>
giore che di nuovo replicava la stessa abolizione di gabelle allrimentc sa-
rebbe per tagliare a pezzi quella nobiltà, e rappresentorno à S. K. che
da tutta la nobiltà si faeevano le dovute diligenze con ogni fatica per con-
servare in qurìla città la dovuta obcdienza e la solita quiete, ma se qual-
che scelerato o fosse per innata sua malignità o per il malo esempio dato
da diverse città e terre e in particolare • da quella di Sortino ove pochi
giorni innanti erano successe gravi tumulti e sollevazioni tentasse di far*
il simile i.i delta città di Noto obedientissima al servitio di S. Maestà delti
Giurali sarebbero stati pronti con tulli li nobili a spargere il sangue e l'ha-
vere al servigio del Re nostro signore e per la quiete del popolo e sup-
plicavano S. E. e ordinare con la sua somma sapienza quelli rimedij che
giudicasse più opportuni.
Similmente avvisorno lo slesso fatto al detto di Deodalo per esistere e
rapprest'iitare a S. E. il pericolo in che si trovavano e ottenere qualche
disgravio <ii gabelle per rimedio h1 male che poi si andtria trovando il
modo di ristorarlo e rinàcdiarl».
Ai 13 di aigosUi avvisorno al detto di Deodato che erano stati ravvisati
da molti confessori e padri spirituali che se si bundeggiavano le gabelle
era per succedere tumulto e non sapevano che cosa risolvere e però lo
rappresentasse come lo rappresentò a S. E.
Ai 20 dello slesso scrissero di nuovo ad esso di Deodato incaricandoli
la celerilà del rimedio per obuiare a lutti quelli disordini, che Dio guardi,,
potevano succedere.
A 26 di dello mese di Agosto li 8U<letti giurati di nuovo scrissero a
S. E. che con altre loro lettere ci havevano dato parte di alcuni cartelli
comparsi su diversi luoghi della città per li quali si minacciavano soUe-
valioni, incendj e omicidj se non si havessero levato le gabelle e che ne
era comparso un altro per lo quale si replicava che se più si havesse tar-
dalo si havrebbe posto in exeque opera esecranda il giorno festivo del glo-
rioso san Corrado nostro protettore, che venia ad essere a 25 del sudetto
mese di Agosto, onde per ditfugere e non succedere li minacciosi pericoli
46 MISCELLANliA
in detto giorno in cui per celebrare la festa di sì gran Santo concorrono
non solo tulio questo popolo ma diverse persone delle città e terre circon-
vicine che perciò si parse per minor male due giorni innanli la festa su-
spendere la gabella delti zagati del pane, frutti e fogliame con grana dui per
tumminu della macina per la pubblica quiete delti popob, e per maggior
servilio di S. Maestà, come più ditì'usamente per le sudette lettere incluse
e autentiche come sopra e come è pubblico e notorio a tutta la città. Et
essendo comparso in Palermo il Bando d'ordine del sig. Marchese de los
Veles, viceré, con li capitoli tra li quali vi era 1' abolizione per tutto il
regno eccettuate quelle necessarie per pagare la R. C, il detto di Deodato
sindaco da parte di detta città ricorse di notte (per causa che li ministri
regi stavano ruultati (?)) all'llLmo di Potenzano presidente del Patrimonio
per consigliarlo e ordinarci come dovea scrivere alli Giurati quando ha-
vessero comparso in detta città di Noto le copie di detto Bando dello quale
reputava che ogni paesano si haveria mandato diverse copie come face-
vano tutti li regnicoh che ne havevano pigliato la copia in stampa e ri-
messole per tutto il regno , et il detto sig. Presidente rispose al detto di
Deodato che havea visto e rimesso il detto Bando ed era stalo bisogno
farlo à quella maniera et però scrivesse alli Giurati che in tal caso faces-
sero quella» che ci pareva meglio e che si rimetteva alla loro prudenza
come pure lo discorse con l'Ili, mo Don Petro di Gregorio all' bora menbro
reale del Patrimonio e al presente Presidente di giustizia e come fu pub-
blico in quel tempo e come si vede per la inclusa fede con giuramento di
testimoni assistenti all'hora con dello di Deodato in Palermo, che viddero
e intesero il tutto — Per la qual cosa esso di Deodalo scrisse alli detti Giu-
rati quanta avea discorso e rappresentato al detto Ill.mo di Potenzano
presidente e la sua sopradetta risposta che facessero quanto li paresse me-
glio per lo servitio di S. Maestà e il detto Posentano li disse che si riiuet-
tava alla discrettione e prudenza di detti giurati e non si ricorda esso di
Deodato di iiaverle trasmesso il dello bando del quale in delta città di
Noto ne vennero subito molte copie in stampa come è pubblico e notorio
ad ognuno e come costa per la inclusa fede delti consulenti che interven-
nero al consiglio coi tcslitìoanli con giuramento.
Quorum tenoretn protestanlur sibi quatenus.
Et da parte delli sudetii Capitano e Patricio per la sudetta seconda in-
carica si dice che foro di parere di sospendersi l'esigenza per alcun tempo
delle cinque gabelle seguenti della detta città cioè grana 4 della somma
che pnga sulla macina per ogni tummino, la gabella dello grano sopra
ogni rotolo di carne e pesci, la gabella di musti e vini cittadini e fora-
MISCELLANEA 47
stieri, i;i g:iiiciia dell'enlrata del l'ormento e'orgiu e iu gabella doUi Zagati
del paiu-, frulli e fovrliame di della città di Noto, et alcuni altre gai^elle di
persone particolari tra le quali furono quelle delle secretie vendute ilalla
R. C. a Don Mariano di Lorenzo, havendo lasciato tutte l'altre gabelle della
cìiiii por pagarsi le lande della R. C. e l'occorrenze più necessarie di detta
ciUà per cuiisiglio pubblico descorso e conchiuso in essa città ai 30 di Ago-
sto V indizione 1647 per nìaggior servilio di S. Maestà e per atto di ne-
cessità urgentissima che ol)ligava a darsi il sudetto parere per raggione del
sudetto servilio di S. Maestà «tante che vide e intese da tutto il Gonsigho
e da tulta la città nella Piazza publica U gravissimi et evidentissimi mo-
vimenti della maggior parte del popolo e delle persone più basse e igno-
ranti e libere e insolenti non solamente in detto giorno ma diverei giorni
inntinti con publicbe querele esclamalioni et istanze tanto alli giurati quanto
aUi supplicanti per levare le gabelle o qualche parte di esse per la penu-
ria e calamità del tempo che correva come dicevano pubblicamente di
haversi fallo in molte parti del regno finalmente nel detto giorno di 30 di
agosto si viddero a mezza hora di notte in circa ragunati in detta piazza
publica molla quantità delle sudette persone popolari con publice istanze
e proteste e voci e gridi molto vehementi esclamando domandando e in-
sistendo di levarsi le dette gabelle come si havea fatto all'altre parti e di
temperarsi e levarsi quelle che si sentivano maggiormente dalli poveri e
venuti per questa causa li Giurati e con essi li detti supplicanti afflicti e
confusi di tali accidenti per riparare alle male conseguenze che havessero
potuto cagionare in pregiudizio del servilio di S. Maestà non havendo po-
tuto ri{)urarli né quietarli né ratfrenare le sudette esclamattioni e impeti
popolari notabilmente pericolosi e maggiormente in detta hora che per
l'oscurità non si vedevano distinte le persone et li capi che operavano il
male. Per tal causa che fu atto di necessità per lo maggior servilio di
S. Maestà, che Dio guardi, e per conservare l'obedieuza di detti popoli al
suo Real servilio e riparare alli più gravi inconvenienti e pericoH che ha-
vevano potuto succedere, dubitandosi per li molti cartelli e minacele che
erano comparsi a diversi luoghi pubblici della città diverse volte e diversi,
giorni innanti come si é detto e provato nelli precedenti capitoli con le
sudette lettore et avvisi autentici e per la instanza e pianti e lacrime delli
mercanti di S. Corrado, che hàvevano da due cento mila scudi di mercan-
tie nelle loggie de la fiera in detta Piazza temendo lo incendio minaccioso
per li cartelli e attesa la sudetta urgentissima necessità per le sudette rag-
gioni che non pativano altro rimedio li detti giurati fecero chiamare tutto
il consigho per discorrere, esaminare, considerare, risolvere e conchiudere
quanto era expedienle e necessario per lo servilio di S. Maestà e per con-
servare la dovuta fedeltà e obedienza al suo real servilio e come fu effet-
■18 MISCELLANEA
tivamente osservato da tutti li consulenti con detti Giurati e con li sup-
plicanti tra Ji quali discorso examinato e considerato il tutto per la sudetta
necessità e maggior servitio di S. Maestà per cagion del timore e dei pe-
ricoli imminenti e evidentissimi che non si potevano riparare altramente
per detto consiglio senza discrepanza alcuna fu conchiuso di levarsi per
all' hora le dette cinque gabelle della città e le sudette gabelle di altre per-
sone particolari che erano le più pesanti alli poveri e lasciar le necessarie
per lo pagamento delle tande della R. G. e delle occorrenze più urgenti,
e fu il lutto disposto e operato per la urgentissima necessità sudetta a mag-
gior servitio di Dio e di S. Maestà stante le miserie e condittioni sudette
e stante che in detta città erano comparsi in mano di diversi che haveva-
no negolj in Palermo lo bando di S. E. in stampa con li 49 capitoli con-
firmati da S. E. ad istanza del Senato di Palermo da parte di quelli po-
poli , e per parte di tutto il regno per li quali si dicevano abolite tutte
le gabelle del regno. Onde maggiormente si esclamava dalla maggior parte
del popolo come si contiene in detto consiglio al quale intervennero tutti
li consulenti unitamente con li Giurati et con essi supplicanti come si vede
per l'inclusa fede con giuramento e .... ^
Costa pure come è pubhco e notorio per detta Città e per tutto il re-
gno e si testifica con giuramento per la inclusa fede autentica di ventitré
testimoni, li più qualificati virtuosi e degni di fede della detta città, come
nelli mesi Luglio e Agosto dell'anno 1647 si discorreva publicamente in
detta città delle rivolulioni di Palermo e di molte altre città e terre del
Regno che havevano levato le gabelle e si erano sollevati molli popoli di
dette città e terre in grave pregiudizio del Re nostro signore, che Dio guardi,
per la qual causa in diversi luoghi di detta Città in diversi giorni com-
parsero li detti cartelli e grandissime minaccie per levarsi le gabelle e in
particolare quella del vino delle secretie vendute a S. Mariano di Lorenzo
la quale si paga dalli più poveri e più liberi e meno timorosi di Dio per
l'opera e effetto del vino che bevono, e si fecero tutte le diligenze più esqui-
site del detto Don Bartolomeo Deodato capitano e da lutti ot'Iiciali e rni-
niàlii (Iella Città e non fu possibile trovarsi l'autore di detti cartelli e gior-
nalmente per la piazza publica le persone populari più basse et ignoranti
parlavano d«'lli tomolli e rivolulioni di Palermo, Catania, Sortino et altre
parli del Regno e delle gabelle levate nella maggior parie dol Regno per
la qual causa il detto di Diodato capitano fece carceri! re li più liberi e
arroganti delle suilelle persone che parlavano come di sopra nel castello
di questa città al numero di Irentatre come per la inclusa fede autentica
della loro carcere senza dichiarazione di causa per non aocendei-e nmg-
glormenle ma estinguere e riparare ogni male che polea succedere della
MISCELLAMKA 49
libertà del parlare e ai 2 settembre 1647 mandò carcerati sei persone li
più pericolose tumultuanti e capipopoli della città nelle carceri della terra
di Spaccaforno per maggior servilio di S. Maestà per mettere timore al
popolo e levare qualche occasione di tumulto e furia di detto popolo che
all' bora si minacciava come appare per la inclusa fede autentica di detti
sei carcerali fatta dal carcerario di dette carceri di Spaccaforno le quali
sei persone carcerate per detta causa foro scarcerali a lettere del capitano
e Giudice successori di detto Deodato a 29 aprile 1648 in virtù delle lettere
incluse, autentiche di S. E. e R. G C. date in Palermo a 12 di Marzo
1648 con espressa dichiarazione della causa del tumulto. Perchè con tutto
ciò ogni giorno avanzavo la libertà e si trovavano li sudetti cartelli per
li discorsi che si facevano delli tumolti e rivoluttioni e levate di gabelle
quasi per tutto il regno il sudelto di Deodato con molti suoi interessi e a
spese proprie che passorno la somma di scudi 50 mila fece venire e trat-
tenne in detta città e sue strade principali per lo spazio di molti giorni
continui mentre correvano li sudetti accidenti da cento compagni e huo-
raini armati per dar timore a tutti e reprimere l'audacia e temerità sudetta
che altramente haveria passato molto innanti e fu di grandissimo servitio
a S. Maestà di riparare il peggio che haveria potuto seguire dal malo esem-
pio degli altri sudetti luoghi e la sospensione di dette gabelle fatta per
detto Consiglio fu lo mighor rimedio e di maggior servitio di S. Maestà e
lo meno dannoso alla città e a tutti di qualunque altro modo per conser-
vare la dovuta fedeltà e obedienza a S. Maestà, che Dio guardi, per quiete
delli popoli che si morivmo di fame per la penuria e calamità del tempo,
e mitigare la disperattione che era in grado pericolosissimi come infatti
si quietorno, senza la quale sospensione era impossibile di quietarsi, et per
haversi operato quanto di sopra la detta città e soi popoli si conservano
con la buona fedeltà e obedienza al Re nostro Signore e al suo servitio et
fu l'ultima del regno a fare la detta sospensione di gabelle per rimedio e
necessiià cohie sopra — Essendo stati li detti Capitano Patrizio e Giurati
d'ogni integrità e diligenza e fidelissima obedienza e di bono esempio e
mai di malo esempio in cosa alcuna, et se è stalo rappresentalo e notifi-
cato diversamente da qualsivoglia persona nell'officio di Visita, è cosa certa
e indubitata essere stato per passione e odj privati e per vendette di quelli
che r havessero verificato ecc.
Quorum tenorem sibi protesta ntur si et quatenus.
Non costa quello che si dice per detta 2» incarica che per tal delitto fos-
sero stati presi nella città di' Palermo Don Giuseppe Impellizzeri e Gio-
vanne Pipi, già morti, e Giurati che erano in detto anno restandosi li sup-
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 4
50 MiSCKLLANEA
plicanli senza castiijo per la caLimità e tempeste di quel tempo; perchè li
sudetli Impellizzeri e Pipi, conosciuta la causa, e vista la loro innocenza
per S. E. et tribunal de Real Patrimonio foro scarcerati liberi e foi-o espe-
dite le incluse lettere autentiche di S. A. S. et detto Tribunale del Patri-
monio dati in Messina a 26 di giugno 1649 ad istantia di detto di Pipi per
le quali si dichiara e manifesta ad ognuno che essendo stato chiamato per
non bavere per le revolutioni passati curato il servitio di S. Maestà e quie-
tato li popoli della oittà ma quelli simulato a solevarsi e levare le gabelle,
demostrar non solo non bavere commesso li delitti anteposti ma che me-
dianti le diligenze di esso, come foro delli supplicanti, li sudelti popoli non
ai sollevarono; ma essendosi sedate le loro turbolenze furono provvisti di
formanti e di ogni cosa necessaria
Perciò supplicavano V. S. Ill.mo che attese le sudette ragioni giustilicate
e interamente verificate come sopra sia servita ordinare che siano cancel-
late le sudette incarìche e li supplicanti non habbiano altra molestia per
le cause sudette e molte altre cose come è di giustizia che lo reciverauno
a grazia della santa intensione e mente di V. S. Ill.ma.
In Noto ai 13 di Giugno 7.* iuditione 1654.
•-^^Ic-.
LA RIVOLUZIONE
E
L.\ GUERRA MESSINESE DEL 1674-8
APPUNTI E DOCUMENTI
Alla storia di questa rivoluzione , che fu per Messina la più
importante dopo quella del Vespro e prima dell' altra del '48-9,
molti studiosi han portato tributo di osservazioni e di documenti,
fra' più recenti Gioacchino Di Marzo, Francesco Grispi, Isidoro
Carini, Anton Maria De Lorenzo, Giuseppe Arenaprimo, Salvatore
Salomone Marino , Francesco Guardione , Vincenzo Raciti Romeo
e finalmente, per la seconda volta, G. Galatti, con una grossa mo-
nografia (1), malamente stampata, piena di errori tipografici, ma
scritta generalmente con ponderazione, con giusta e chiara divi-
sione della materia, con uno stile spigliato ed efficace, che, quan-
tunque qua e là lasci desiderare una qualche maggiore elezione
di forma, pari al grave argomento, e minor uso di frasi e modi
giornalistici, pure si fa leggere con piacere da chi non pretende
che lo storico moderno debba indossare per forza il lucco fioren-
tino del Trecento.
Tuttavia siamo ancora lontani da un lavoro che possa , appa-
gando le giuste esigenze della moderna critica positivista, chiamarsi
difflnitivo, pur nel limitato senso che tale adjettivo suole avere in
questa materia; e ciò, lo diciamo subito, perchè quest' A., il quale
solo finora ha voluto far opera completa, e che conosce e cita tra
le tante fonti rare o inedite anche un manoscritto della Biblioteca
(1) G. GxLATTi, La l'ivoltcjìme e l'assedio di Messina, 1674-8. Mossina.
Tip. Econ. 1808. (Un voi. di pa^g. 11-664 in-8°).
MISCELLANEA
Nazionale di Parigi, pare ignori completamente, sebbene altri già
gliel'habbia positivamente affermato in questa stessa Rivista, l'esi-
stenza in Palermo di un Archivio di Stato, che possiede molti do-
cumenti sull'argomento, i quali per avventura potrebbero mutare
completamente l'economia e la faccia del suo libro.
Da ciò son venute: numerose omissioni di fatti e di dati impor-
tanti; l'imperfezione, o, quando meno, l'imprecisione nei particolari
di alcuni dei narrati; una cert' aria di fatterello, di cronaca locale
messinese, data alla narrazione , dovuta esclusivamente alle fonti
a cui essa è stata attinta ; la trascuranza di fatti importantissimi
riguardanti il resto dell'Isola, mentre si dilunga 1' A. sulle condi-
zioni d'Italia, della Spagna, dell'Europa tutta; la soverchia impor-
tanza concessa a certi aneddoti , alle sciocche commedie recitate
da Dell' Hojo e da La Feuillade, che furono come il principio e
la fine di quel disgraziato dramma , e alle quali i Messinesi del
tempo, non meno intelligenti di quelli di oggi, fingevano di cre-
dere, perchè così era loro necessario o conveniente, tralasciando
0 non lumeggiando abbastanza fatti ben più importanti per chi,
poco curando quella, che il buon Niccola Nisco chiama archeologia
storica , crede doversi tener specialmente 1' occhio alla parte del
nostro passato, nella quale più immediatamente si profondano, ade-
riscono e traggono il loro vital nutrimento le radici della nostra^
vita contemporanea; e sopratutto quella certa diffidenza, quei tanti
dubbi senza risposta, che si affacciano alla mente nel leggere un
racconto, condotto con intendimenti e metodi non critici, ma esclu-
sivamente narrativi e descrittivi, fondato non sopra documenti
autentici ma sopra cronache contemporanee partigiane, scritte in
uno stile spesso fatto a posta per confondere anziché cliiarire il
pensiero dello scrittore, senza che si possano valutare da quanto
ce ne dice 1' A. le ragioni, che hanno potuto spingerlo a far propria
l'una 0 l'altra versione dei singoli fatti narrati, dei giudizi emessi
su di essi dai contemporanei e da lui stesso, quantunque, sia detto
a sua lode, ci pare, che egli sia stato condotto o da sana critica,
di cui ci è ignoto il processo, o da una felice intuizione a risultati,
che generalmente non contrastano coi documenti autentici.
Pertanto non dispiacerà ai lettori di questo periodico, se, riepi-
logando a modo nostro e in parte colla scorta del Galatti la storia
di quegli avvenimenti, si riportano qua alcuni tra' molti documenti
MISCELLANEA 53
altra volta venutici alle mani, rovistando per ragioni di ufficio fra
le carte del tempo , cedendo in ciò anche all' efficace invito e ai
sapienti sug^^erimenti dell'illustre Dottor Giuseppe Lodi, cosi amo-
roso cultore di questi studi ed aiutatore instancabile di coloro,
che vi si dedicano, e riserbandoci a miglior tempo di pubblicarne
altre serie.
* *
Mentre dappertutto sulla seconda metà del sec. XVII per leggi
sociologiche fatali e per errori di governo l' immane organismo
della Monarchia Spagnuola , da' confini della quale ancora non
tramontava il sole, declinava e si dissolveva , colpita da paralisi,
come dice il Macaulay; qua e là in Sicilia, come in Italia e altrove
pullulavano teorie, sentimenti, aspirazioni, moti di libertà e d'indi-
pendenrza, i più celebri dei quali nell'Isola presero nome da Alessi,
Vairo, Barone, Del Giudice, Pesce.
L' « esemplare e fedelissima città di Messina e chiave d'Italia »
come allora veniva nomata, che al 1647 aveva dati ingenti aiuti
al Re di Spagna, il quale con quelli restituii rem, non rimase nep-
pure essa lungamente estranea a tali manifestazioni di malcontento
contro il dominio spagnuolo e tutto ciò, che ad esso si collegava
in ogni ordine di fatti.
« Gol Portogallo e le sue Indie perduto e nemico; la Catalogna
insorta ; 1' Olanda e la Francia occupanti vittoriose le Fiandre, il
Milanese e i maggiori porti d'America; Napoli e Palermo ribellate;
r Andalusia e la Gastiglia rumoreggianti ; la flotta delle Indie di-
strutta; le rendite reali impegnate; il credito estinto » come dice il
nostro A. , e col governo affidato a ministri inetti o disonesti , la
Spagna pareva giunta agli estremi e Messina si sarebbe potuta
unire ai nemici per darle l'ultimo crollo; invece preferì sopportare
fame e sete purché fossero domate le sorelle Napoli e Palermo,
la rivalità con l'ultima delle quali, sebbene temperata da qualche
entusiastica ma passeggiera prova di solidarietà e di affetto , era
ritenuta da' ministri spagnuoli come « la maggior fortezza che Sua
Maestà Cattolica avesse in Sicilia » ed essendo veramente * chiave
•d'Italia » volle ancora restare appesa alla cintola dei ciambellani
•spagnuoli.
54 MISCELLANEA
Ma COSÌ operando, non certo pei begli occhi di Filippo IV e
di Don Giovanni D'Austria, essa aveva di mira il proprio esclusivo
tornaconto, che intendeva a quel modo stesso , in cui disgraziata-
mente lo intendevano allora tutti gli altri stati d' Italia,
Quel re e quej principe, che comprendevano bene il latino dei
Messinesi, non mancarono di colmarli continuamente di favori (cosi
a quei tempi chiamavasi dai popoli anche la giustizia nelle sue
svariate forme), ma del favore regio e principesco assai piiì grandi
eran le speranze, le pretese e, direi quasi, l'orgoglio e l'arroganza
di quei cittadini, i quali, varcando gli estremi limiti consentiti dalla
natura delie cose, chiedevano ciò che al sistema politico della Mo-
narchia non conveniva accordare senza annullare se stessa, e,
qualche volta, senza nuocere all'interesse dello stato ed alla giu-
stizia distributiva nell' Isola.
A chi, senza il pregiudizio dei nomi, guarda alla sostanza delle
istituzioni, Messina di quei tempi appare come una vera e propria
repubblica sotto il protettorato della Spagna (1).
Oltre i diritti costituzionali e i benefici di altre buone leggi e
di numerose consuetudini, che divideva con le consorelle del Regno,
un infinito numero di privilegi particolari, le mille volte ricon-
fermati , regolavano tutta la vita dei cittadini entro le mura, li
rendevano immuni di ogni tassa, prestazione personale o molestia,
rispettati , agevolati nei loro negozi , fuori , nel resto della vasta
Monarchia; ne garentivano i diritti e la dignità dovunque.
Amministravala un Senato elettivo , i membri del quale eran.
considerati uguali in grado ai pari di Spagna ; stavano col capo
coperto davanti al re; battevano moneta propria della città; man-
davano per essa ambasciatori al Papa ed ai principi d'Europa, che
venivano accolti e riguardati come quelli di qualunque altro sovrano.
I funzionari regi vedevano la loro azione circoscritta stretta-
ci) 11 Mirello nei suoi discorsi stampali nel 1649, con la data falsa di.
Venezia, la chiama : • Fiore dell' Europa, Monarchessa del Mondo, stabù
li^xiina Repubblica il cui governo arislocralico avaa dritto di soprain-
lendere ni regi ministri*. Vito La Manti\, Sa gli antichi privilegi di-
Messina e sulle ultime controversie (1741-1800) per titolo di capitale def
Regno. Pag. LUI. Palermo 18'J8. A. Reber, Ed.
MISCELLANEA
mente dalle leggi, dalle consuetudini, dall' opinione pubblica , che
li sorvegliava rigorosamente e con gelosia , e fino dalle ingiuste
esigenze e dai capricci del Senato. Se tentavano emanciparsi, ve-
nivano dichiarati esosi, immediatamente resi impotenti, allontanati.
Ogni legge poi, ogni statuizione contraria ai diritti ed agli in-
teressi della città, o che comunque dispiacesse al popolo ed a' suoi
amministratori elettivi, veniva sospesa, e quasi sempre quindi abro-
gata. usando largamente del diritto (non abbastanza noto ed ap-
prezzato dagli studiosi di storia e di dritto pubblico, nostri con-
temporanei), chiamato di « contro privilegio » che non esitiamo a
paragonare a quello di nuUifìcazione , finora preteso invano da
quegli uomini politici della libéralissima Unione Americana, i quali
parteggiano per la più ampia autonomia dei singoli stati , che la
compongono, più che al veto dei romani tribuni. Insomma, come
scriveva un contemporaneo « todo era privilegio, toda exempcion
y toda libertad ».
Un fatto caratteristico, ripetuto durante la carestia, che fu pre-
ludio di tale rivoluzione, mostra chiaramente in che modo questa
novella Tiro siciliana intendesse i vincoli, che l'univano a quell'or-
ganismo politico di cui giuridicamente faceva parte. Il Senato, a
porre rimedio alla scarsezza di frumento, armò in corsa vari legni
per predare quello, che transitava lungo lo Stretto, quantunque ap-
partenesse a sudditi del Re di Spagna o a' loro bisogni fosse ne-
cessario , opponendo imperturbabilmente alle rimostranze ed alle
ire governative i propri privilegi (1).
Cosiffatte istituzioni politiche, giudiziarie ed amministrative reg-
gevano una città « persuadée » come maligna un altro contempo-
raneo -. d' étre la capitale du monde»; tanto magnificamente co-
strutta da venir celebrata dagli stessi Spagnuoii e Francesi; e per
quella serie non interrotta di palazzi di uniforme disegno, con di-
ciotto porte di marmo sontuosissime, fatti innalzare per un miglio
lungo il porto da Filiberto di Savoja, ascritta «inter nova mundi
(1) Sarebbe tempo che la storia del diritto italiano si arricchisca di
un' edizione criticfi di qnesti privilegi , precedala da lavoro dottrinai©
sintetico, e poiché sappiamo che vi attonde il chiaro giureconsulto e sto-
rico, Vito La Mantia, ne auguriamo a questo Archivio qualche primizie.
5') MISCELLANEA
miracula » ; fioi*entissima per agricoltui'a, industrie e commerci;
artisticamente adornata dal Montorsoli, dall'Antonello, dal Galdara
e da altri molti; con una vita intellettuale sempre rigogliosa dalle
prime efflorescenze poetiche nel volgar nostro di Guido delle Co-
lonne e dei suoi contemporanei a quel buon fra Tommaso Caloria,
di cui il Petrarca scrive « che ornò Messina ed or Bologna im-
pingua »; a quelle scuole del Rinascimento in cui insegnava un
Lascaris ed imparava un B^nibo; al sommo Maurolico; al Malpighi;
al Castelli; a quel Boi*elli, successore di Galileo sulla cattedra pi-
sana ed anima a' suoi tempi dell'Accademia del Cimento, patriotta
non meno che scienziato, al principio di questa rivoluzione man-
dato in bando dal governo spagnuolo ; a quelle tante accademie
(principale tra esse La Fucina), delle quali oggi è comune abitu-
dine dir male, senza pensare quante scintille di fuoco in quei tempi
di decadenza e di oppressione serbavansi accese sotto la scoria
leggiera e vuota dei loro atti, e che esse, esumando, accumulando,
ripetendo , ruminando cose e fatti , pensieri , concetti e memorie
anche d'altri uomini e d'altri tempi, compivano allora, come fanno
ora, nell'economia del mondo morale l'indispensabile funzione che,
secondo Darwin, nel mondo fisico è stata assegnata all'umile verme,
il quale elabora gli sterili detriti degli strati di terra, che hanno
già dato il loro prodotto, e li riporta su nuovamente fecondi per
r agricoltore, che sa adoperarli.
E in tale ambiente abitavano un popolo di svegliato ingegno,
forte , ricco , guerriero , educato a gloriose memorie , a' larghi e
liberi orizzonti di una vita eminentemente marinara, del quale lo
storico Zurita osservava : « no se obliga con el beneficio ni se sujeta
con el rigor »; cittadini dei quali don Giovanni Alfonso de Lanzina
scriveva: «incostanti e variabili in tutto, come la cori'ente del
Faro, sono solo tenaci in mantenere la libertà e difendere la pa-
tria, fino a perdei-e la vita a tale oggetto, adducendo per massima
onde opporsi ad ogni umano e divino dritto qite fueì^on primiero
Messineses qu£ Christianos».
Il carattere e l'opinione di questo popolo non temperavalo la
vecchia e fiera nobiltà siciliana di origine normanna, sveva, ara-
gonese (1); non inquinavalo quella improvvisata sotto i viceré dal
(IJ Fin dal Quattrocento, quando nelle altre città dt^ll' Isola assolati
domitLivatio i nubili , non più raffrenati da una forto Monarchia Nazio-
MISCKLl.ANKA 57
governo castigliano , poiché solo Palermo era allora « la sede re-
golare '> dei nobili siciliani. I suoi più illustri e potenti cittadini
dalle origini, dalle quotidiane occupazioni, dall'ambiente commer-
ciale traevano ispirazioni, ideali, modi di vita. Questo esodo anzi
della nobiltà anche da Messina per andare a stabilire la propria
sede a Palermo viene lamentato in qualche documento dell'epoca,
come accadde per esempio a proposito della partenza della vedova
di un Marchese di Villafranca, perchè toglieva al popolino una
fonte^ di lucri, e furon perfino fatti voti al Viceré che la impedisse
con la forza , ma eran voti di servitori e di staffieri , i più poco
se ne curavano. Lo storico però può forse con ragione considerare
questi fatti come la causa intima, psicologica del secolare duali-
smo durato tra Palermo e Messina, dove delle oligarchie , spinte
dai propri interessi e da diverse tendenze, si contendevano i favori
viceregi e spingevano i due popoli fratelli alla lotta ed al pette-
golezzo.
*
* *
In tale stato di cose non potevano mancare coloro che pensa-
vano a conseguire una libertà più grande, un'indipendenza assoluta
e il nome di repubblica, poiché avevano quasi intera la cosa. Questi,
venuti man mano crescendo di numero, di forze, d'influenza e d'au-
torità, si erano organizzati sotto la direzione di una società segreta,
chiamata La Setta, e formavano il nucleo più energico ed intra-
prendente dei Malvizzi , cioè di coloro che per mantenere e cre-
scere le patrie franchigie combattevano contro i Merli , che più
teneri si mostravano della regia prerogativa.
Finché dimorò in questo mondo Filippo IV, il quale soleva ri-
petere di « viver con sosiego mientras Messina se mantenia en
fidelidad » le cose andarono avanti alla meglio; ma, morto questo
naie, in Messina la borghesia teneva testa onorevolmente e con varia
fortuna all'aristocrazia. Al 1448 finalmente si convenne che le cariche e
gii onori del Comune venissero divisi per metà tra nobili e borghesi, e
tal patto , rinnovato nel 1516, fa concretato nei celebri capitoli , redatti
dal notaro messinese Cola d' Angelica.
MISCKi LANKA
riconoscente amico e protettore della città (17 settembre 1635),
caduto in disgrazia Don Giovanni , il malanimo e l' imprevidenza
dei ministri spagnuoli, che pensavano di stringere i freni, proprio
quando i Messinesi più gran voglia mostravano di allentarli , ed
alcune accidentali, gravissime calamità, che interessavano la salute
e r economia pubblica ed immergevano nel lutto le più fiorenti
città dell'Isola, in ogni tempo, in ogni luogo, se non causa unica,
certo coefficiente importante di sedizioni, precipitarono gli eventi.
Dopo una serie di moti, cominciati nel 1672 , e di oscuri con-
giuramenti, nei quali a Roma ebbe parte principale con altri in-
fluenti messinesi il genovese Giovan Stefano Garibaldi , Generale
dei Crociferi, il 7 luglio 1674 Messina insorse.
Seguirono : la cacciata degli Spagnuoli; la chiamata dei Fran-
cesi; trattative diplomatiche; battaglie navali e terrestri varie, che
non possono riassumersi , e che in buona parte leggonsi ben de-
scritte nel libro del Galatti.
Importanti per la nostra storia militare sono i documenti che
ci rimangono di questa guerra.
La combatterono per mare i migliori ammiragli del tempo, e
il Ruyter, quel nuovo gran Marte, come lo chiamavano i suoi com-
pagni d'armi, vi lasciò la vita. Vi presero parte molte navi, costruite,
armate, riparate in Sicilia e da siciliani equipaggiate.
Né è meno utile, malgrado i profondi mutamenti avvenuti nella
tattica e nella strategia moderna, lo studio minuzioso di una guerra
terrestre tra due valorosi eserciti stranieri col concorso di paesane
milizie, svoltasi in quel terreno stesso, che è stato pel passato, dai
Romani ai Normanni e da questi al Duca di Taormina, e probabil-
mente sarà anche per l'avvenire il campo della lotta tra chi, posse-
dendo Messina, volesse mantenerla ed allargarsi nell'Isola, e chi forte
altrove si [)roponesse opposto objettivo.
Molla parte degli onori di tal guerra, dove altri, se conferma-
rono, non accrebbero la loro fama, spettano a un nostro valoroso
e quasi ignoto soldato, Don Pietro Paolini, che vi conquistò il ba-
stone di Maestro di Campo Generale.
Poco colto ma intelligente, forte, instancabile, conoscitore pro-
fondo dei luoghi e delle persone, fiero, ambizioso, audace, egli era
il vero tipo del guerrtllero, il vero duce adatto a quel teiTono, a
quei combattenti per lo più reclutati nel paese.
MISCELLANEA 59
Di quasi tutte le imprese e le fazioni guerresche tentate od
eseguite fu preparatore od aiutatore; molte a lui solo furon dovute,
tra cui la presa della Mola, di che il Duca di Bournoville, Gover-
natore Generale delle Armi, vecchio ed esperto soldato, che aveva
passata sui campi di battaglia la vita, scriveva a S. M. il :^8 dicem-
bre 1677:
« Este que ha echo de la interpresa de la Mola es uno de los
mas particulares que he visto hazer en el discurso del tieinpo que
à que sirvo y que no ay segundo del en estos siglos».
A lui si dovette principalmente la difesa della Fi^ontiera di
FrancaviUa, considerata come la chiave del Valdemone e molto
più rapidi e maggiori successi avrebbero ottenuto forse le armi
spagnuole , se si fossero sempre ascoltati i suoi consigli , se egli
quasi durante tutta la guerra non avesse tenuto gerarchicamente
un posto assai umile nell'esercito, per la qual cosa, essendo ambi-
ziosissimo di avanzare nella milizia, spesso altamente si rammari-
cava , esigendo che i suoi consigli e 1' opera dal loro intrinseco
valore, non dal grado di chi li dava fossero apprezzati.
Fui'ono inoltre quelli tempi aurei per le nostre fortificazioni,
nelle quali si distinsero oltre il celebre colonnello Grunembergh,
altri ingegneri militari.
Durante quella guerra fu segnata la definitiva condanna degli
ordinamenti , ancor medioevali , delle nostre milizie , dimostrati
assolutameute non corrispondenti ai bisogni ed ai progressi del-
l'arte militare, ed iniziossi la trasformazione di quelle in un eser-
cito regolare moderno.
Anche nell' artiglieria fu portata qualche innovazione , per la
spinta data dalle invenzioni, allora famose, del Principe Rupert.
Ma sopratutto sono interessanti i documenti che riguardano la pre-
parazione e la condotta diplomatica, politica e finanziaria della
guerra.
Gli astuti ministri spagnuoli contro Luigi XIV fecero quello,
che sogliono fare i prepotenti, quando sono costretti a lottare con
uno più prepotente di loro: appellaronsi cioè alla legalità ed alla
giustizia della propria causa; alla pace secolare procurata all'Isola;
alla memoria degl'innumerevoli benefici largiti.
I Gastigliani in Sicilia si erano sempre atteggiati a succesjori
legittimi e naturali di Pietro d'Aragona e di queir altra « Nepote
60 MISCELLANEA
di Costanza Imperatrice » che dall'ava si nomava ed aveva portato
nella casa di lui, grande e glorioso , sangue e memorie grandi e
gloriose dei nostri re Normanni e Svevi. Ma i Siciliani non ave-
vano mai dimenticato il fatto che, il 28 ottobre Ì4i2, nel!' illegalis-
simo congresso di Caspe, la loro patria, non rappresentata, venne
nelle mani del Re Cattolico , perchè « Ferdinandum corona decet
•quia noster alumnus est » aveva decisivamente pronunziato San
Tincenzo Ferreri , e quelli del sec. XVII , i quali erano contem-
poranei di Don Abboiidio, avevano molte più ragioni del povero
curato di Lecco per lamentarsi che anche i santi fossero loro tor-
nati fatali I
I benefìci poi o erano individuali, di poca importanza, rimune-
razione per lo più di servigi ricevuti, o avevano carattere puramente
negativo : consistevano cioè nel non violare troppo apertamente e
in modo insopportabile quelle savie leggi, che gli avi provvidi
avevano posto a tutela della Nazione e a freno del Fisco, e per
cui, secondo un proverbio contemporaneo, i ministri spagnuoli che
a Milano mangiavano e a Napoli divoravano, in Sicilia non pote-
vano che rodere.
Ma d'altro canto neppure è da credere che il danno e 1' onta
della perdita del bene supremo di un'assoluta indipendenza, e l'u-
nione personale del Regno di Sicilia con quello di Spagna fossero
•dovute esclusivamente a un'insidia e mantenute per più di tre se-
coli da un' esterna coazione.
Le scarse milizie spagnuole, che presidiavano l'Isola, non erano
a ciò sufficienti. Piuttosto la degenerazione rapida delle nostre stirpi
reali , pur sorte da cosi fisiologicamente vigorosi ceppi ; la estin-
zione impreveduta , fatale , delle linee primogenite ; la decadenza
-del moderatore potere monarchico negli ultimi anni dell'indipen-
denza; la diversa origine dei componenti dell'aristocrazia; le rivalità
tra le varie grandi e piccole città, tra le diverse classi sociali, tra
la parzialità latina o la catalana; la potenza eccessiva di alcune
città, ma non tanto grande in una da parraetterle di soggiogare
le altre; il sorgere intanto dei grandi stati nazionali e militari
europei; rin><tare minaccioso della Mezzaluna; tutto spingeva all'a-
narchia od alla perdita dell'indipendenza patria. La Spagna, colti-
vando ed artificiosamente combinando tutte queste debolezze, potò
venire o mantenersi, ma non mai diventar foi'te di forze proprie.
MISCELLANEA Gì
Lo spagnolismo della Sicilia , a chi studia la nostra storia se-
riamente su' documenti, appare se non una favola, certo una grande
esagerazione. Ministri e soldati a servizio della Spagna nell' Isola
furono spesso e per molto tempo illustri personaggi o avventurieri
italiani, come già un tempo lo furon molti dei cosidetti militi nor-
manni, nati e cresciuti nei piani lombardi; il poco sangue dei forti
Almugaveri di Pietro e di Giacomo, quello degli autentici Spa-
gnuoli del Terzo, molto tempo dopo mescolatosi all' indigeno per
lo più nelle vene dei figli di qualche donna perduta, perchè i sol-
dati di passaggio non contraevano facilmente stabili nozze , non
potè mutare né l'indole, né la razza, né la vita dei Siciliani, niente.
Questa « acuta Gens Sicula » come la chiamò Cicerone, e l'Isola
che le fu nido aveva da secoli o espulsi o rapidamente assorbiti
e trasformati ben altri forti e numerosi elementi etnografici !
Le somiglianze , che si riscontrano tra il nostro popolo e gli
abitatori della Penisola Iberica, se maggiori che non sieno per es.
quelle che passano tra questi e i Lombardi, anche essi un tempo
soggetti a Spagna, son dovute ad altre cause, chequi sarebbe inutile
esaminare. I nostri mali specifici son dovuti a cause in cui la
povera Spagna non entra punto , e in ogni caso si tratterebbe di
analogia, ìoóxtj? Xóywv, come direbbero gli Aristotelici, non di filia-
zione.
L'aristocrazia e l'alto clero, alcuni componenti dei quali ordini
gloriavansi delle loro origini spagnuole, come suol succedere in
simili casi, accettavano specialmente nelle grandi città la moda
di Spagna e ne sostenevano 1' unione, ma sol perchè, sebbene go-
vernare per quella nazione fesse sinonimo di sfruttare i popoli
soggetti ; pure in tale sfruttamento la miglior parte della curèe,
la parte del leone per una accorta combinazione di cose toccava
proprio a loro; tanto che tra le massime dell'empirica politica ma-
drilena del tempo era anche l'ammonimento, che si dava ai nuovi
Viceré, partenti per la Sicilia, di ricordarsi che nell' Isola si po-
teva tutto coi nobili, niente senza di essi (1).
(1) Salla politica dei Viceré Spagnuoli, e specialmente per quanto ri-
guarda i loro rapporti col Parlamento Nazionale, son rimaste celebri le
Adverlencias à Marco Antonio Colonna, nombrado Yirrey de Sicilia di
62 MCSCBLLÀ.KEA
Ma la gran massa del popolo rimase sempre estranea a questi
connubi tra' suoi sfruttatori, a questa politica antinazionale; e nei
yari moti, a cui abbiamo accennato di sopra, mostrossi vogliosa e
pronta non solo a rompere 1' odioso legame collo straniero , ma
sopratutto a spazzar via chi ne era all'interno il sostegno e a pro-
cedere a più profondi e radicali mutamenti, cònscia per esperienza
e per istinto che :
« In principatu commutando civium,
« Nil praeter domini nomen mutant pauperes ».
Tuttavia di fronte ai Francesi, sempre odiati ed ora invocanti
le concessioni papali all'Angioino e cose simili, gli apologisti uffi-
ciosi ed interessati del governo spagnuolo ebbero bel gioco.
La Spagna, il Re, il suo governo, tutto fu levato a cielo; coperti
di vituperi e d'imprecazioni i Francesi e i Messinesi, detti « mercato
d'infedeltà» da notare *con nota eterna d'infamia» dei quali doveva
essere « odiato non tanto il commercio quanto il nome stesso »
come nemici della patria per essersi « intruso nelle sue viscere
per opra loro un nemico il più capitale che abbia » appartenente
ad « una nazione, con la quale i Siciliani hanno una naturale av-
versione »,
Da ogni parte magistrature municipali, nobili, preti, impiegati,
ufficiali e militi fecero a gara nello sperperare la più gran quan-
tità possibile della retorica vuota e verbosa del tempo, mandando
laudi, auguri, fieri consigli, profferte di devozione al governo e
preci al Cielo secondo le intenzioni di esso. I più sennati manda-
vano anche dolci, frutta e capponi per temperare ai signori Viceré
ed alla signora Viceregina le amarezze della guerra.
Il Senato di Catania non sapeva darsi pace dei dubbi mossi in
Scipione de Castro , delle quali esistono vari esemplari manoscritti in
lingaa italiana o spagnaola; nn' edizione imperfetta ne fti fatta a .Milano
nel ì&biì {Tesoro Poliiico) col titolo di Avvertimenti di Don Scipione de
Castro circa il governo di Sicilia dati al signor Marco Antonio Colonna
quando andò Viceré nel 1577 ; e an'altra completa in lingaa italiana e
latina a Fraocoforte nel 1618,
MISCELLANEA C-i
alto sulla fedeltà dì quel popolo, sulle voci sparse di preparativi
sediziosi, di aiuti dati ai Messinesi per parte dei cittadini.
Quello di Palermo, con gran compiacimento di S. M. e del Vi-
ceré, faceva stampare e spargere ai quattro venti la confutazione
degli scritti, che sostenevano i pretesi dritti della Francia, ed allie-
tava di feste gli alleati Olandesi.
Trapani, Siracusa, Girgenti, le altre città tutte li imitavano.
Ma quando fu chiesto aiuto reale di denari e di combattenti,
gli uni e gli altri furon dati scarsi o negati addirittura con mille
ragioni e con più pretesti. Chi doveva badare alla vendemmia,
alla mietitura e ad altri lavori campestri; chi difettava d' armi e
di denari , chi aveva le figlie zitelle da custodire e da maritare;
chi veniva colto da qualche febbre nei momenti decisivi dell'azion
militare; chi accusava la tarda età, i reumi, la sciatica, il mal di
pietra, tutti i mali, tutti i flagelli d'Egitto; e i pochi, che si decide-
vano a servire, lo facevano in malo modo, per non non compro-
mettere la propria sorte, magnificando continuamente l'opera loro
e lo zelo, chiedendo soccorsi, premi, ricompense, promesse per l'av-
venire a chi non poteva dare neppure regolari stipendi alle truppe
in campagna.
Gli Ecclesiastici, che per vivere indipendenti dai loro Vescovi
e dai loro Generali non facevano che invocare i diritti àeW Apo-
stolica Legazia e della Regia Monarchia, per contribuire alle spese
necessarie a respingere l'invasione straniera, aspettavano volta per
volta il tardo permesso di Roma.
Il Senato in Palermo, dopo tante profferte, non volle che nella
cinta delle sue mura si levassero truppe; esigeva che i nobili ivi
dimoranti, vale a dire il maggior numero e i piìi potenti, fossero
esentati dal servire in campagna ; che nessun sacrificio si impo-
nesse, che nessuna molestia si arrecasse ai privilegi, alle risorse
economiche della città, anzi si aumentassero continuamente i soc-
corsi pecuniari, le fortificazioni, le armi, le truppe necessarie alla
sua difesa. Il popolo da canto suo tumultuava continuamente , e
dopo la caduta di Taormina s'impossessava delle armi, dei baluardi,
dei posti di maggiore importanza, tentando di bruciare le case dei
nobili, dicendoli tutti traditori, come il Conte di Prades, a cui s'im-
putava la perdita di quella città; e reclamava che fossero banditi
lutti i Messinesi, prova apparente dì zelo, che mise nella piìi grave
64 MISCELLANEA
costernazioae il Viceré e i ministri , non solo perchè si sapeva,
che quella , in apparenza crudelissima domanda , era pretesto a
tumulti ulteriori, ma anche perchè le molte migliaia di Messinesi
allora in Palermo , non ne costituivano la colonia normale , ma
erano per lo più Merli , devotissimi a Spagna , e fuggiti durante
gli ultimi avvenimenti avevano ogni diritto al soccorso ed alla ri-
conoscenza del governo. Le Maestranze , cresciute d' importanza,
capitanavano questi moti, insolentivano giornalmente contro i no-
bili e i pubblici ufficiali, che dovevano cedere a tutte le loro vo-
glie per paura di peggio.
I fedelissimi Gatanesi tumultuavano anch'essi, aiutavano i Mes-
sinesi, costringevano, malgrado il forte presidio, a recarsi tempo-
raneamente presso di loro il Viceré per tenerli a freno con la
sua presenza, e impedire che si unissero volontariamente coi Mes-
sinesi e coi Francesi.
II 5 febbraro 1677 S. M. scriveva al Viceré: « que siendo Ca-
tania la segunda Ciudad de esse Reyno, y la mas dispuesta a las
ventajas de los Enemigos , conviene mucho su conservagion y por
esto haviais asistido en ella para preservar con vuestra presengia
el peligro de que por estar avierta y tener unidas inteligencias
con Megina se entregase voluntariamente a Frangia ».
Ma queste intelligenze non furono troncate e il 30 maggio dello
stesso anno, l' arciprete Don Sebastiano Puglisi , da Francavilla,
uno dei piìi abili e solerti informatori , scriveva al generale Fra
Don Diego Bracamonte, comandante della cavalleria e di tutte le
forze militari di stanza a Catania e nei dintorni : « In esecutione
delli comandi di V. E. sono andato alla Colla , et ho parlato con
Giacomo Golba, e D. Geronimo Lo Indice, et informandomi di quel
che opera il nemico, mi hanno detto che la marcia deve fare è
per Calatabiano, Francavilla, Randazzo, Traina, dove hanno intel-
ligenza, e pure mi dicono che in cotesta Città di Catania hanno
intelligenza ».
A Trapani, dove ancora vedevansi esposti in pubblico entro
gabbie di ferro i tèschi dei giustiziati nelle passate rivolture , 1
cittadini, all'ordine di consegnare le loro armi, rispondevano pre-
sentandone circa quattrocento , inutili ferri vecchi , e a quello di
prestare un qualche servizio opponevano l' essere disarmati , ciò
che succedeva anche a Palermo ed in altre città, dove i cittadini.
MISCELLANEA 65
portavano le armi in onta ai severi bandi che ciò proibivano; ma,
invitati dagli ufficiali municipali o governativi a prendere le mu-
nizioni per la ronda ed altri servizi, si rifiutavano, in ossequio a
quegli stessi bandi, che essi allora fìngevano di temere.
A Girgenti si tumultuava contro il Vescovo; a Siracusa e nelle
minori città contro qualcuno, o contro qualche cosa, tanto per
cominciare , ma in sostanza si facevano i primi tentativi contro
tutto l'ordine di cose imperante , salvo ad andar oltre secondo i
casi della guerra messinese.
Da ogni luogo piovevano alle autorità lettere anonime minac-
ciose; richieste impossibili a contentarsi; consigli insolenti; rimo-
stranze ufficiali, ancor più temibili nella loro temperanza. Cartelli
sediziosi, che erano la stampa clandestina del tempo e di cui in
Sicilia si faceva allora grande uso (1), apparivano affissi alle can-
tonate, chiedenti riparo ai mali del popolo, additanti all' ira pub-
blica e del Sovrano questcr o quel funzionario.
I Viceré se ne mostravano molto impensieriti. Avendo consi-
derato, scriveva S. M. il 5 febbraro 1677 al Marchese di Castel
Rodrigo cf que tubisteis avisos de que el dia de los difuntos querian
en Catania degollar a los Hespanoles, y que el de San Carlos in-
tentarian en Palermo apoderarse del Castillo disimulandose el echo
con el concurso a la celebracion de mis aiios. Apruevo os las di-
ligengias qua interpusisteis para preservar estos danos , y Os en-
cargo esteis con grande cuydado que piden los atentados desemejante
calidad en la peligrosa costituQion de esse Reyno».
Chiaro appare che la guerra di Spagna contro i Francesi, pur
essendo questi odiati invasori, non era considerata come nazionale,
ma come una lotta tra stranieri, durante la quale conveniva stare
alle viste, per trarne prima o poi il maggiore profitto possibile e
col minor rischio.
Né mancarono le aperte ribellioni di alcune città vicine a Mes-
sina, di alcune potenti famiglie aristocratiche, di alcuni ordini re-
ligiosi come i Cappuccini, che diedero allora al governo di Madrid
più filo da torcere, che non avrebbe fatto un corpo d'esercito nemico.
(l) V. Ferdinando Lionti, Cartelli sediziosi del 1647 ^ neil' Arch. Stor.
Sic, anno XIX.
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. • 5
6G MISCELLANEA
Da ciò processi e persecuzioni , che a loro volta traevan seco 1
rancori e l'ira delle famiglie, comunque legate alle vittime.
DOvVunque si ordivano trame, si pigliavano accordi col nemico:
Dea Diego Beltran, Sergente Maggiore di Santa Lucia, vedendo i
ribelli messinesi e i loro complici andare e venire liberamente
dalla città e comunicare col nemico; vedendo coloro che avevano
prestato giuramento ai Francesi e cantato il « Te Deum laudamus »
in loro onore essere stati eletti giurati, godere la protezione vice-
regia, accusare per giunta gli ufficiali spagnuoli fedeli al Re e
trovar spesso credito in alto, scriveva il 27 giugno 1677 al Viceré
di farsi fradicio e di non dormire ne notte né giorno.
« Si no fuera » scriveva da Palermo il cappuccino spagnuolo
fra Giuseppe da Ica lin dal 29 novembre 1675 « porque este Seiior
Virrej y Yuez de la Monarchia estan sobre el aviso muchas vezes
hubiera peligrado el servigio del Rej nuestro Seiior en està de-
sgraciada coyuntura de las rebolugioaes de Mecina ; en que se
necesita que cada espanol sea un Argos para penetrar tantas in-
teligencias , comò el Franges ha movido ; y tambien se necesitan
aqui Espanoles de to^ìas profesiones, para ayudar en lo que pueden,
causa unica que me ha detenido aqui contra mi salud y quietud j».
Il tradimento si annidava finanche nel gabinetto dei Viceré. Il
5 febbraro 1777 S. M. sapendo ciò, senza ira o meraviglia, discu-
tendo vari argomenti sottoposti alla sua considerazione , scriveva
tranquillamente al Marchese di Castel Rodrigo : « Punto 19. Que
en las cosas politicas ha avido mucho desorden porque los mai
intengionados han hallado con el dinero disposigion en los Mini-
stros y en la Secretarla de Vuestro antecesor para saver lo todo
pasando las notigias a los Enemigos de que vienen expressados
algunos cassos ».
t Quedo informado desto y no caviendo la enmienda en lo que
ya ha pasado , sera bien que Os sirva de adbertengia para velar
sobre esos Ministros atendiendo en la forma en que proceden y tam-
bien los que sirven en vuestra Secretarla». E soggiungeva quindi
di conoscere puro : « Que en la entrada de frutos para susteutar
à Megina han tenido intervengion sin ningun castigo los Ministros
que governau a Melazo, la Escaleta y otras partes ».
Né i funzionari rimasti fedeli prestavano grandi servigi: al
contrario o per naturai desidia, o per le cattive consuetudini pre-
MISCELLANEA 67
valse da secoli o per rispetto eccessivo alle formalità imperanti,
0 infine per amore alle leggi ed al paese nativo, essi opponevano
air azione del governo ostacoli insormontabili. Gli ordini sovrani
si ripetevano le mille volte invano. Il Tribunale del Patrimonio,
mutando la sua ordinaria funzione contabile e giurisdizionale, in
difesa costituzionale e patriottica della pubblica pecunia , si fece
specialmente ammirare per il coraggio con cui resistette alle in-
giuste richieste ed alle gravi minacce che fioccavano da Madrid,
Intanto le entrate ordinarie, già scarse, si esaurivano; i beni dei
Messinesi confiscati non trovavano compratori, vuoi per carità di
patria, vuoi pel timore che si aveva di rimetterci il prezzo, se
vincevano i Franco-Messinesi ; si dovette ricorrere a un prestito,
per eufemismo detto volontario , e metter al solito le mani , nei
beni del Clero, suscitando gravi e pericolosi malumori, aperte op-
posizioni.
Messina invece dal canto suo, superate le prime traversie, pa-
drona del mare, in comunicazione colle Calabrie e colle terre e
città circonvicine, aveva frumento, bestiame, viveri e munizioni di
ogni genere; sicché, come ebbe a scrivere il Tenente di Maestro
di Campo Generale Don Pietro Paolini, a un certo punto gli asse-
dianti Spagnuoli pativano le vere strettezze degli assediati. E quasi
ciò non bastasse, la Città seguitava a coniar moneta, che non si
poteva eflflcacemente impedire di entrare e di aver corso legale
nel resto della Monarchia, non essendo possibile di distinguere la
vecchia della nuova.
Ma tutto ciò era poco in confronto di quanto succedeva non
solo tra le paesane milizie, ma anche nelle forze regolari di terra
e di mare, amalgama di varie nazionalità, genti senza disciplina,
malgrado le fiere pene sancite dai vari bandi emanati per incul-
carla e mantenerla, insufficienti per numero, male armate e mal
nutrite , senza medici ne medicamenti , lasciate senza paghe per
anni interi, costrette a rubare i viveri suscitando l'ira delle popo-
lazioni meno infide, come la Catanese , con un'amministrazione
ladra, che faceva comparire i soldali sulla carta molto più di quelli
che veramente non fossero, consensienti gli ufficiali che coman-
davano le varie unità, i quali intascavano i relativi stipendi, truf-
fati al governo centrale.
Gruppi numerosi di soldati passavano a combattere allegramente
68 MISCELLANEA
nelle file dei Messinesi. Lo stesso per lo più facevano quelli caduti
prigionieri , dando molto da pensare ai Viceré , che temevano di
dovere, se si fosse esteso quel contagio della diserzione, restar coi
soli pochi spagnuoli, e chiedevano pertanto aiuti di uomini e di
denari a Madrid. Ma S. 'M. mandava invece per lo più promesse
e insoliti consigli ed ordini di mitezza e di temperanza. Pei nobili,
pei preti, pei contribuenti riottosi, pei soldati e gli ufl3ciali indi-
sciplinati e ribelli, perfino pei delinquenti politici e pei rei di stato
si consigliavano e si imponevano « los medios suaves» i quali cor-
rispondevano perfettamente all' « adelante Fedro, con juycio » che,
nel capolavoro Manzoniano , andava ripetendo V eccellentissimo
gran cancelliere Don Antonio Ferrer al suo cocchiere mentre
attraversavano la folla dei Milanesi tumultuante contro il Vicario
di provvisione.
Anche verso gli ufliciali e i soldati italiani e spagnuoli , che
spesso fra loro davan luogo a zuffe pericolosissime , si imponeva
di usar prudenza « siendo » scriveva S. M. il 7 luglio 1678 « està
materia gravisima por sus consecueucias , haviendose esperimen-
tado siempre que las ordenes rigurosas han servido mas de au-
mentar que de desvanecer el perjuycio, que de ellas resulta a mi
servicio ».
Ma tale mitezza non valeva più di certi rigori a modificare
l'ambiente e a porre riparo a tanti pericoli. Il 5 febbraro 1(577 il
Viceré Castel Rodrigo, scriveva che, quantunque si fosse « aplicado
por todos medios a grangear a la Nobleza y la Pieve » riconosceva
che niente era « vastante a venger tan embejecidos males * e che
se non gli si fosser mandati 14000 soldati e un' adeguata flotta,
avrebbe chiesto il permesso di servire altrove con una picca, come
semplice soldato.
In tale stato di cose la causa verace della salvezza spagnuola
fu il contegno dei Francesi.
Quantunque gli umori sediziosi, come abbiamo accennato, ser-
peggiassero da Catania a Siracusa, a Girgenti, a Trapani, a Palermo
a Milazzo , e si tentasse qualche accordo , e molte manifestazioni
di simpatia avvenissero qua e là pei Messinesi; pure non si poteva
•perare da questi di ridurle tosto ad unità di pensiero e di azione,
e nessuna città si propose in sul pi'incipio di aiutare efflcgiceinente,
checché ne nascesse, la soccorritrice dello straniero noi 1647. Le
MISCKLLAXfiA b;*
vicende non liete della guerra trattennero poi dal dichiararsi pei
Messinesi molti che ne avevano voglia. Venezia che varie volte
in quest' occ:!v!one fu eccitata dalla Francia ad impadronirsi del
Napolitano, a cui la Sicilia sarebbe stata aggregata, seguendo la scia-
gurata politica, adottata dopo la Lega di Gambrai, non volle mi-
schiarsene. Il Granduca di Toscana non volle e forse non potè accet-
tare la corona di Sicilia a lui pure offerta dal Re di Francia. I Messi-
nesi quindi avevano dovuto chiamare e trattenere i Francesi, come
avrebbero ricorso al Turco (1), se questi fosse stato in guerra eoa
Spagna, (poco mancò che noi fosse), ma fu chiaramente fatto in-
tendere loro in varia maniera, che si voleva o repubblica o un
re proprio e indipendente , e quest' ultimo fu esplicitamente eoa
documento ufficiale promesso da Luigi XIV il giorno li otto-
bre 1675.
Fu fatto intendere pure che non si sarebbero tollerati nuovi
padroni stranieri, e i Francesi, che ben lo sapevano, anzi sospet-
tavano di peggio dallo antico tradizionale odio siciliano pel loro
nome , esitarono molto a tentare l' impresa ; e quando in seguito
colla consueta leggerezza ed insoleaza parvero averlo dimenticato,
contro di essi ricominciarono le congiure, le dimostrazioni, le ri-
bellioni, promosse e capitanate da quegli stessi Malvizzi, da quegli
stessi della Setta, che li avevano chiamati, combattendo quindi va-
lorosamente a fianco loro, e fu dato agli Spagnuoli di venire eoa
alcuni cittadini messinesi a segreti accordi, dai quali prima si era
assolutamente rifuggito, e che del resto noa furoao mai produttivi
di effetti aotevoli.
Luigi XIV e i suoi consiglieri avevano accettata l'impresa come
una diversione militare nella guerra, che combattevano contro la
Spagna sul continente , continuata con incerto animo , con vario
(1) Pare che qualche trattativa con 1' Impero Ottomano fosse corsa
durante e dopo la rivoluzione , ma non é ben provata ; ad ogni modo
narrano le storie sincrone, che il popolo messinese esprimesse tale sua
disperata volontà di darsi a Francia, a Turchia, al diavolo, piuttosto che
ricadere sotto Spagna, cantando per le strade :
e Olà, olà, che ai fa ?
0 Monsieur, o Mastafà ! »
70 MISCELLANEA
intento; quindi eran tornati al primitivo scopo, e, cessatane l'utilità
col cessar della lotta principale , risolvettero di abbandonare la
misera ed ingannata città, curando di salvar tutti coloro, i quali
si eran compromessi per aver posta fede in loro. E in ciò gli Spa-
guuoli si mostrarono rigidissimi, consci della fretta, che avevano i
nemici, di trarsi fuori dall' avventura messinese.
Ma già, ancor prima che si fosse venuto a questo, eran risorti
minacciosi anche in Messina i ricordi del Vespro, mentre si face-
vano dappertutto calorosi appelli al sentimento nazionale, che anche
questa volta disgraziatamente giovò solo agli Spagnuoli , i quali
sulle prime lo eccitarono alacremente, affrettandosi poscia a smor-
zarlo, quanto fu loro possibile.
Cessata la guerra, partiti i Francesi, tra le imprecazioni e le
satire (1), il Governo di Madrid volle procedere guardingo e cauto
nel sistemare le cose dell'Isola. Esso, che aveva visto i propri or-
dini negletti, ad ogni passo inciampare i suoi ministri e trovar
ritardo o insuperabile ostacolo in qualche capitolo , prammatica,
privilegio, costumanza o concessione individuale, volle finalmente
veder chiaro nella intricata matassa della costituzione politico-am-
ministrativa di questo regno di Sicilia, ed ordinò che fossero rac-
colte 6 mandate a Madrid tutte le collezioni di leggi presenti e
passate, ordine ripetuto invano al solito per bon tre volte. Fu pure
disposto di sbrigare le maggiori cause criminali per ragioni poli-
tiche, che tenevano inquieta tanta parte dell'aristocrazia, e special-
mente quelle del Conte di Prades , del Principe di Buccheri , del ,
Principe e del Conte Valdina, di Don Tommaso Lazzari, di Pelle-
grini. Furono esaminate ed accolte con larghe promesse le domande
di ricompense, che venivano d'ogni dove: « dilatais, ripeteva S. M.
il 3 gennaro 1679, el informarme de los servicios y premios que
por ellos merecen los que se han seiialado en mi Real servicio
en la guerra pasada come os lo mandò en despacho de 29 marzo,.
(1) Oirolamo Filocamo, così chiutleva allora nn sno sonetto :
« Onde dirai, per pena del tuo fallo,
• Due partenze ci fur senza ritorno :
< Dall'arca il corbo e da Messina il Gallo ».
MISCELLANEA 71
pues se assegura mas su fineza con la esperanza, que despues de-
logrado el premio , siendo cierto que nunca sera el que quieren
dar a intender tienen merecido » .
Fu fatta anche al Cielo, che la chiesa per mezzo dei rappre-
sentanti terreni, la sua parte, ordinando preci, purgazione di co-
stumi, esercizio di virtù e di giustizia, riconducendo la disciplina
nel clero. E merita a questo proposito di esser raccontato l'aned-
doto riguardante una quistione fatta nascere nientemeno che tra
il Patriarca San Giuseppe e 1' Apostolo Santiago , la più celebre
crediamo che sia stata a quei tempi e sotto un governo pur tanto
famoso per la smania di siffatte contese di giurisdizione , di pre-
minenze, di cerimoniale.
S, M. Cattolica , vedendo quanto male andavano le cose della
Monarchia, volle metterla sotto la.tutela di un potente personaggio,
(precisamente come facevano allora i suoi sudditi pei loro privati
negozi), e scelse a tal uopo il padre stesso della cristiana provvi-
denza. San Giuseppe. La scelta, non v' ha dubbio, fu ottima, ma il
posto era stato già occupato da tempo dall' Apostolo Santiago, al
quale con vari segni celesti era stato confermato ; epperò i mo-
naci della sua celebre basilica incominciarono a strepitare contro
l'ingiusta usurpazione; e poiché Santiago era cittadino spagnuolo
e San Giuseppe non lo era, questi perde la lite e l'ordinanza regia
e il breve papale, che lo avevano chiamato a quell'eminente posto,
rimasero lettera morta, come tanti altri privilegi, bandi e gride.
Anche a Messina si procedette sulle prime con qualche mitezza.
Il Duca di Bournoville concesse ai ribelli, tornati in patria, indulto
generale per le persone e pei beni, e promise di raccomandare a
S. M. il mantenimento e la conferma di tutti gli antichi privilegi,
il ritorno ad ptisiinum.
Quindi allontanatosi lui, non senza suo malumore, fu mandato
come viceré Don Vincenzo Gonzaga, un vecchio e valoroso gene-
rale italiano, il quale si studiò di frenare in ogni modo l'insolenza
dei soldati spagnuoli.
Furon però messi da parte tutti i nomi dei generali da lui pro-
posti come possibili governatori della città di Messina, e gli fu,
con lettera del 17 luglio 1678, comunicata la scelta a tale ufficio
dello spagnuolo Don Diego di Portogallo , membro del Consiglio
di guerra e governatore di Zeuta.
72 MISCELLANEA
In quei primi giorni agl'Italiani della sua Compagnia il capitano
Mancini ordinava: «dì non uccidere, né saccheggiare, ma di ad-
dolcire la situazione delli sventurati Messinesi » ed ufficiali e sol-
dati italiani sentirono così bene la raccomandazione che a Messina,
ad Augusta ed altrove diedero spesso addosso agli ufficiali ed ai
soldati spagnuoli, minacciando di decapitarli e di decimarli e rac-
cogliendosi perciò anche al suono dei tamburri, mentre il popolo,
il quale voleva andare al di là delle intenzioni, che dettavano quei
miti provvedimenti, quelle pietose parole e quelle patriottiche ire,
nelle frequenti contese eccitava gl'Italiani a picchiar forte, li fian-
cheggiava e profferiva di levarsi in massa per aiutarli, ripetendo
in certo modo con l' ingenua guida del cuore quella distinzione
tra nemici italiani e stranieri, che già ai tem.ji del Vespro, ammi-
rando esempio , aveva agli assediati Messinesi pur nel calore di
orrenda mischia fatto risparmiare gli assedianti militi toscani, che
seguivano 1' Angioino.
Questi fatti insieme ad altre manifestazioni di sentimenti nazio-
nali, che il Viceré tacque a S. M. , il quale ne fu informato dal
Marchese di Villafìel, parvero così gravi, che nel luglio del 1678,
dopo aver i-improverato il Gonzaga del silenzio gli comunicò l'or-
dine , già dato , di far passare in Spagna tutti i soldati italiani, i
quali si trovavano nell' Isola.
Poco dopo fu anche mandato via lo stesso dubbio e pericoloso
Gonzaga, accusato dal consultore Quintana di preparare con la
sua mitezza una più terribile ribellione, e sostituito col Conte di
Santo Stefano, spagnuolo rapace, duro, fiero, orgoglioso, così au-
toritario e violento anche nei capricci da guastarsi con l'Arcive-
scovo di Palermo, creatura devota a Spagna, e in quei tempi pe-
ricolosi , sol perché qu(?sti giustamente non volle permettere che
un chierico cantore pigliasse parte in uno scandaloso melodramma,
che doveva cantarsi in un teatro pubblico. E gli fu lasciato a fianco,
di lui più feroce, il consultore Quintana.
Allora per Messina la scena si mutò completamente, e « onde,
come scriveva lo Strada , dopo averla ridotta una balla di cera
ammollita dall'armi, imprimervi sensi ragionevoli, ubidienza stabile,
vas»allagio sicuro » o come ^criveva più pulitamente S. M. « dejar
muy asegurada à Medina en la mas firme obediencia y en su
mayor quietud » i magistrati regi furone definitivamente rimessi
MISCELLANEA 73
in carica, cresciutone l'ufficio e l'importanza; fu data l'amministra-
zione della città a pochi eletti dal Viceré, da lui presieduti e adu-
nantisi nel suo palazzo, senza onori e distinzione di sorta; furono
chiuse ed abolite le varie accademie e l' università; disarmati tutti
i cittadini, compresi i familiari del Santo Ufficio, che tanti servigi
rendeva alla Spagna anche durante questa guerra; tolti i sussidii
ai Merli ; fu proibito di adunarsi di notte a porte chiuse alle 85
Congregazioni della città, e permesso solo di giorno, a porte aperte
e con la presenza di uno dei 14 l'egi Assistenti, nuovamente a ciò
creati; fu menomato slealmente con mille pretesti l' indulto con-
cesso dal Bournoville per le persone e per tutti i beni dei ribelli,
rimasti in patria ; e , dopo rimproveriate costui delle promesse di
interporsi presso S, M. perchè fossero mantenuti, furono annullati
i privilegi tutti della città; le pergamene che li contenevano, chiuse
alla rinfusa in vari sacchi, furono portate via come vecchi stracci
dalla stanza, che li conteneva, posta sotto il campanile della catte-
drale, la quale rimase aperta e vuota, perchè il popolino potesse pure
ben comprendere il mutamento avvenuto nelle condizioni politiche
ed amministrative dell' infelice patria. Anche le campane, che ave-
vano invitato ai combattimenti della libertà furon perseguitate e
deposte dalle loro altezze.
Dopo ciò l'odio più fiero prese nel cuore dei Messinesi il posto
dell'insano affetto nudrito da tanto tempo per la Spagna, e anche
molti anni dopo questi avvenimenti troviamo gli esuli, e special-
mente quelli dimoranti a Livorno , in Francia e a Tunisi , che il
Governo di Madrid sorvegliava strettamente, andar procacciando
occasioni di nuocere alla potenza e al dominio di essa ed eccitarle
contro con numerose corrispondenze i parenti e gli amici , ri-
masti in patria.
In Messina non vi furono più ne Merli né Malvizzi < tutti quelli »
scriveva il Residente Veneto a Napoli, Vincenti, fin dal 2 agosto
1678 « che conservavano qualche affetto per la Spagna, et hanno
cooperato alla sua nuova ridduzione, bora sono anch' essi essacer-
bati, malcontenti, e di più maligne intenzioni delli già scoperti
ribelli ».
Il Conte di Santo Stefano con le sue crudeltà spinse quest'av-
versione per la Spagna agli estremi limiti.
Perchè poi anche i Palermitani, i Gatanesi, i Siracusani, i Tra-
74 MISCELLANEA
pauesi e gli altri tutti scontassero la colpa di aver dimenticato in
parte, clie quando brucia la casa del vicino, si tratta di cosa pro-
pria, non mancarono anche per essi in generale, ordini di disarmo,
stringimenti di freni , atti di rigore e di prepotenza , fieri esempi
di repressione, supplizi.
La Sicilia, che non aveva voluto contribuire alle spese di una
guerra combattuta per essa e sul suo territorio, fu costretta a
concorrere alle enormi spese fatte per Gasale e ad altre simili im-
prese. Ma in fondo in fondo le cose nelT Isola seguitarono come
per lo passato.
Avendo appreso, fra gli altri gu à, che anche i ministri tog;iti
del R. Patrimonio per loro particolari fini s'iaca minavano a ridurre
le cose del governo « allo stile antico » cioè procedevano con la
massima lentezza, come prima della guerra; che le fortezze resta-
vano al solito sprovvedute di tutto; i pezzi dell' artiglieria sparsi
a terra smontati; S. M. con dispaccio del 9 luglio 1677 faceva ap-
pello allo zelo del Viceré, ed ordinava che si procedesse in tutto
con sollecitudine, ma invano.
Il 30 agosto 1079 vediamo il sovrano assoluto , per poche mi-
gliaia di scudi da spendersi nel paese stesso , esser costretto ad
ordinare al fiero Viceré di cf^nvocare il Parlamento, malgrado il
grave timore che avessero tutti e due della « exorbitancia de mer-
cedes que las Giudades y Nobleza pedirian en premio de los grandes
servicios que supponen haver echo en la guerra passada, y otras
impertinegias quo trahen sigo los Parlamentos» i quali «ordina-
riamente dan à esperimentar muchos embarajos y iiiconvenientes
y es el campo mas libre de esformar el vassallo su razon, y una
feria de pretensiones * e sopratutto perchè, si scriveva, « despues
de un accidente tal comò el de la guerra de Megina, ;ipenas estaran
bien templailos esos humores a todas luces, puede ser de mucho
tropiezo y desconveniencia el juntar Parlamento principalmente
que podria hacer exemplo y conseguengia al Reyno de Napoles,.
y produQir nuevos y mayores cuidados ».
E le insolenze non mancarono, in quello e nei successivi par-
lamenti, sopportate con cristiana rassegnazione, e i pericoli, an-
ch'essi furono evitati con «medios suaves » cioè senza intimidazioni,
ma corrompendo coi doni , gli onori, le cariche , le esenzioni, le
MISCELLANEA 75
immunità di ogni sorta i più influenti, precisamente come avviene
spesso anche ai giorni nostri nei governi parlamentari (1).
In conclusione praticamente il risultato di tale rivoluzione fu
quale suole essere delle non ben maturate, eseguite con forze im-
pari e discordi, in tempi non propizi, con vicini incerti o avversi:
un assai grave peggioramento delle primitive condizioni di chi la
promosse ed attuò. Ma quando un tentativo sia mosso da alti ideali,
destinati a trionfare, resta anche di esso una certa benemerenza
e il ricordo, lievito di cose maggiori e di rinnovamento ai posteri.
Neil' ore più tetre delia vita nazionale i padri nostri dai più
antichi a Michele Amari chiesero in parte alla storia del passato
argomento alla speranza e all'opra della redenzione, E fin dal '40
con accento profetico Gaetano De Pasquale cantava :
« sorge un nume
Dalle rovine in cai sepolta giace
La gloria dei grand' avi, e la possanza
Di quei tempi vetusti; e a noi tramanda
Voce di daol che di viltà ne accusa.
Ove gli esempi del valor, le imprese.
Le magnanime prove e i bei trionfi ?
Ahi dura età ! Par fra 1' obbrobrio e 1' onta
Vive r istoria ancor, vive del tempo
Incontro e di fortuna : audacemente
Il pensier vi trascorra, e una favilla
Accolga ardente dell' eccelso oprare
Né in faccia al mondo tua virtude è spenta
Come dell' Etna il fuoco arde e non muore,
Ardono i caori (2)
(1) Anche il De Castro nell' op. cit., enumerate le difficoltà del gover-
no e gli espedienti per superarle, concludeva col dire : « A questi trava-
gli, tanto consueti, è impossibile rimediare altrimenti, che col mostrarsi,
ed essere infatti, inclinato all'osservanza delle prerogative, che il Regno
possiede ».
(2) A, Maurici. L'indipendenza siciliana e la poesia patriottica, p. 80-1,
Palermo 1898. A. Reber, Ed.
76 MISCELLANEA
Tornando poi al libro del Galatti, che si legge con gran pro-
fitto, ci auguriamo che 1' A., a cui non manca attitudine letteraria
e quel grande amore del « loco natio » che esclusivamente a questi
chiari di luna può indurre un galantuomo ad affrontar fatiche,
dispendi e critiche ire per iscrivere di cose siciliane, voglia darcene
una terza edizione, completando anche alle fonti inedite additategli,
questa pagina della storia di Messina, che tante gloriose ne ha ver-
gato nei fasti della gran Patria Italiana.
DoTT. Socrate Ghiaramonte.
MISCELLANEA 77
DOCUMENTI
I.
(Real Segreteria — Basta N. 1672).
Quattro cartelli sediziosi trovati affissi in Siracusa sul far del
giorno una domenica della prima metà di febbraro 1672, due al-
l' angolo della strada chiamata La Corte Civile e due alle porte
della chiesa dei Teatini, presso la'casa del Vicario Generale Prin-
cipe di Petraperzia, dei quali furono ricercati inutilmente gli au-
tori per porli in carcere.
Si hoc facies eris omnibus magnas apollo
et
Vitam vitam eternam possidebis
David in psalm.
2.»
Domine volumns a te signum videre.
I populus in Evangelio ad Xptum.
3.0
lesus christus lesns christus Gens tota esclamat. tolle tolle cruoi-
fige eos.
Evangelium in Passione.
MISCELLANEA
Cicerone,
Si duo de nostris tolles, prò nomina rebus ;
jam cessai, et omnia tranquilla forent.
eie. ad Regera.
II.
(R. S. — B. 1672).
La città di Gastrogiovanni, pur essendo tra le piìi ricche e di
più fertile territorio dotata nel Regno, con rappresentanza del 15
febbraro 1672 , fa conoscere al Viceré lo stato miserrimo in cui
versa per la carestia e per le crudeltà fiscali, implorando l'aiuto
di lUL
Eccellentissimo Signore,
Per altre nostre habbiamo portato al generoso piede di V. E. le sup-
pliche, anzi le lacrime di questo publico afflittissimo non solo dalla fame,
con che uiene flagellato da Dio, ma dall'insolenze, ed estorsioni tiranni-
che de' continui delegati, commissari, ed Algozini, che il portano all'ul-
time disperazioni. Adosso al crescere del male, ueggiamo ancora crescere
a noi le instanze di rappresentarlo a V. E. e supplicarla di rimedio.
Supponiamo che sarà per inhorridirsi 1' animo pietosissimo di V. E.
a racconto cosi funesto , pure é necessario che 1' oda un Principe cosi
zelante del seruitio di S. Maestà ;^che Dio guardi) dal quale solo si può
sperare l'agginto.
Qui dopò l'hauersi cibato per più mesi il Popolo non auezzo a queste
sventure di pane d'orzo, per essere questo in tìne, e la gente poverissi-
ma per comprarlo, si riduce a pascersi d'erbe saluatiche, che inaece di
nutrirlo, l'uccide, si che si vedono caminar per le strade tante larue ,
quant' hnomini. Non s'odono di giorno e notte che pianti, e strida, che
MISCELLANKA 79
singulti di moribondi. Si vede l' lionore di molte vergini , cacciate da
casa dalla fame, esposto alla discrezione di chi voglia offenderlo, e per
ultimo si trouano ogni mattina le strade couerte di cadaueri , oltre à
quelli che fra tante sciagure han sorte d' esser condotti da propri pa-
renti dietro le porte delle chiese. A tante miserie aggiungon 1' ultime i
Delegati, e Commissarij, che scordatisi d'esser huomini si portan da fu-
rie, dando l'ultima mano alla desolatione di questa misera Città. Non
portano reuerenza a ferie, non rispetto a donne, non compassione a po-
veri, non consideratione alla calamità de' tempi. Ancorché la modestia
di questi populi sia grande, non può in queste cattiue circostanze non
dolersi in estremo uedendosi tanto strapazzata senza ragione. Alle con-
tinue istanze che ci son fatte stimiamo dar auuiso a V. E. di questi di-
sordini per euitarne maggiori, suplicandola humilmente, accio col zelo,
e prudenza solita facesse sospendere da' Tribunali la destinazione per
minorare in qualche parte le sciagure d'una Città delle più cospicue del
regno, adesso la più desolata, la conseruatione di questa stimeremo do-
uuta alla pietà che aspettiamo del giusto governo di V. E. che oltre al
merito, che ne bavera appo il Ré Nostro Signore (che Dio guardi) ne
sarà ricompensata da Dio à misura dell'opera, e delle preghiere che gliene
porj^eran questi popoli, co' quali humilmente tacciamo a V. E. reuerente
inchino , e le auguriamo grandezza maggiore. Gastrogiovanni a di lo
febraro 1672.
Ecc.mo Sig.re.
Di V. E.
Hnmilissimi seruidori
Melchione Grimaldi Giurato
Gilliberto Carnazza Barone di Piscopo Giurato
Giuseppe Magdalena Secretarlo
L'altri dui Giurati non presero possessione.
III.
(R. S. - B. 1672;.
Simone Garibaldi con lettera, data a Messina il 26 febbraro 1672,
avvisa il Segretario del Viceré di aver inutilmente sconsigliato 1
80 MrSCELLAKEA
giurati di Messina dall' armar vascelli in corsa per la scarsezza
di frumento di cui pativa la città, e fornisce alcune notizie su quel-
l'armamentOo
Illustrissimo Signor mio e Padrone altissimo.
Merco U ad bori 22 gionse jn questa Città tutto esposto alli coman-
damenti di V. S. Illustrissima et di subito parlai con alcuni di questi
giurati per trattenere 1 armamento hanno fatto per li uascelli del fru-
mento che denouo passare pi napoli e mi fu resposto essere impossibile
per retrouarsi 11 Senato jmpegnato per la cortezza si retroua di fru-
mento et per detto armamento si retroua II Senato jn dispendio di do-
dici mila scudi come jn effetto questa sera fecero 1 jmbarco delli Coman-
danti di detti uascelli quali furono 11 signor D. francesco Digiouanni e
Carlo Lagana accompagnati da tutto 11 senato con quantità di Carrozzi
li uascelli sono cinque bene armati di marinariggio e seicento homini
di Combattito oltre di quelli che ognuno hauea per suo seruioio metten-
doli per reforzo quatro Cannoni di bronzo per ognuno quali presero dalli
bastioni di questa.
Alla ribba del mare della torre del faro si fece un bastione di tauoli
e fascini nello quale ci hanno posto quatro Colombrini di bronzo per
batteria per seruire nel caso detti uascelli passassero per li mari di Ca-
labria per II comando di detto bastione ci posero al signor D. Diego fa-
raone et Gioseppe Calabro con soi soldati e questa notte detti uascelli
farranno uela per jncontrare detti uascelli di fromento che e quanto si-
nhora ha occorso quello poi andera sequendo ndi darro a V. S. Illustris-
sima aduiso eh e II fine con lo quale facendo a V. S. Illustrissima reue-
renza mi rathiflco di V. S. Illustrissima humilissimo servitore
Messina li 26 febraro 1672
Humilissimo seruitore
Simone Garibaldi.
Sig. Secretario etc.
MISCELLANEA 81
IV.
(R. S. — B. 1678).
Il Senato di Catania, con rappresentanza al Viceré del 15 ago-
sto 1674, dichiara calunniosa la notizia di avere quel popolo aiu-
tato i ribelli Messinesi; ricorda l'affetto e i sacrifizi con cui essa cor-
rispose sempre alla speciale benevolenza della Casa di Aragona,
dai più antichi tempi fino al 1647, (anno della rivoluzione paler-
mitana, che prese nome da Giuseppe D'Alessi), quando la nobiltà,
insieme ad altri cittadini, aveva trucidato i capi della plebe ribel-
lata, dando così utile esempio, che era stato seguito poi altrove;
chiede che S. E., assunte informazioni estese e sicure, purghi pie-
namente da tanta macchia la città , che i serenissimi Re Arago-
nesi avevano onorato col titolo di chiarissima.
l'iccellentissimo Signore e Padrone Ossequiabilissimo.
Questa mattina ó ritornato il corriero oh'à V. E. inviammo colla let-
tera scrittane dal Senato di Messina per cooperarne alla restituzione
delle robbe prese da questo Gapitanio di giustizia à i Maltesi, che di qui
passoruo, e se bene l'Umanità di V. E. si serve gradire la nostra dovuta
attenzione, e zelo al servigio Reale ne correnti accidenti ; non di meno
il prosentire, che da nemici di questo publico si sia sparsa voce, che
questa città s'habbia mandato à detta di Messina viveri e munizioni di
guerra, e quei che più ne apporta rammarico , ed inconsolabile cordo-
glio, che tali voci l'habbiano fatto penetrare nella santa mente di V. E.
con macchia pur troppo ignominiosa alla fedeltà, che sempre mai Cata-
nia ha professato al Re suo signore, ed allo spargimento di sangue, che
ne passati secoli fece in mantenere la corona di questo Regno à suoi se-
renissimi Regi Aragonesi perturbata dalle continue fattioni , come da
Reali privilegi concessile , e da tutte le storie si legge , e precisamente
nelle rivolture in questo Regno occorse l'anno 1647, quando perturbata
questa quiete dalla gente più bassa, ed inconsiderata, fu dalla nobiltà, e
Cittadinanza sedata colla trucidazione de loro capi, con esempio d'ha ver
seguito poi lo stesso in altre parti: E però se mai questa Città ha ri-
corso alla benignità di V. E. per grazie, questa volta prostrata a' suoi
piedi La sapplica umilmente di esemplarissima giustizia , per restar
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 6
82 MISCELLANEA
servita colla sua prudenza, ed autorità ricavare la verità di questo tra-
sporto di baslinienti, e munizioni, anche in menoma parte, accioche ri-
trovatolo certo sia per procedere al più rigoroso castigo, che tanto de-
litto merita ; giache noi ofTriamo di buona voglia le nostre teste à piedi
di V. E. quando l'anteposizioni ile nostri nemici si troverà vera; perch'
avendosi da noi sin dal principio di queste turbolenze impiegai' ogni
applicazione e diligenza per accerto del Real servigio, proibendo non
solo l'estrazioni di frumenti, ma anche di cose di pasta ed altri , e per
terra, e per mare, che s'havessero potuto trasportare in quella Città, ed
insinuato più volte in questo Capitanio di giustizia di far lo stesso per
assecurarsi da ogni parie il servigio di S. M. , Dio guardi , si come oc-
corse, eh' essendone riferito , che nello scai'o dell' ognina tre miglia di-
stanto da questa si dovea imbarcare sopra una feluca farina e l' altre
provisioni di vitto per Messina spedimmo all'istante soldati , che ritro-
varno vana tal' imbarcazione, siamo più che securi eh' in affare di tanta
premura troverà V. E. d' haver noi compito colle nostre dovute obliga-
zioi i, ed' incontrato il suo gusto, e servigio ; come ancora troverà V. E.
lo stesso nella somministrazione di cose di guerra , mentre in questa
Città non ve n' é stata da molt' anni à questa parte ne anche picciola
quantità di qual si sia specie, in maniera tale, che questi Sargente Mag-
giore e Capitanio d'Artigliarla ne hanno scritto a V. E. con lettera data
al Padre Leandro di Santaninfa carmelita scalzo inviato da noi per dare
gli ordini necessariì : E sicome sarà atto di somma giustizia, e di dovuta
demostra zione il castigo esemplare ritrovandosi il contrario di quanto
di sopra habbiamo espressato ; cosi non possiamo con buon animo sop-
portare che la nota fedeltà di qtsesta Nobiltà e cittadinanza sia stata
macchiati! da suoi nemici con imputazioni cosi lorde, quando i loro an-
tenati coU'abbondanza del sangue, che sparsero in servigio de suoi Se-
renissimi Ré, e Padroni illustrorno la patria col titolo di Chiarissima, e
eh' essi in tutte l'occasioni à misura, e forse più delle proprie forze non
han lasciato mai di servirli : Siamo dunque a supplicare V. E. con ogni
più viva, e riverente espressione possiamo di non permettere (ritrovan-
done innocenti) di restare con ignominia tanto abbominevolo, anzi per
consolare questa nobiltà, e publico. eh' impazienti soi^portano tanta in-
giuria, si serva procedere a rigorose demostrazioni contro chi ha havuto
animo di oscurare la lor Chiara fedeltà con macchia tanto sensibile per
memoria de posteri ; perche con questa demostrazione solamente possia-
mo restar consolati , ed' acquietati , e risarcito a questa Città 1' honore
che tanto stima, e del quale tanto si gloria di fedelissima al Rè suo si-
gnore ed ubbidientissima à V. E., e che se bene oppressa dalla fortuna,
noo cede però à qual si sia Città (che tra V immensa Monarchia di S.
MISCELLANEA 83
Maestà si racchiude) in fedeltà, e zelo nel suo Real servigio : Si servirà
perciò V. E. secondare colla sua somma giustizia, si come umilmente la
supplichiamo queste nostre riverenti intercessioni; che noi con profon-
dissimo inchino riverendo V. E., dal Signore le prieghiamo quelle feli-
cità e grandezze merita , ed i suoi devotissimi servitori desiano. Li 15
di Agosto 1674.
Di V. Eccellenza
Servitore
11 Senato di Catania
Carlo Gioto segretario.
V.
(R. S. — B. 1678).
Con due lettere, date a Messina 11 20 luglio 1674, Agostino Spi-
nato avvisa Antonino Guarnera a Sciacca, che i fatti di Messina,
dove « lo che seguirà lo sa Dio » sono favorevoli al loro commer-
cio del salnitro, il quale si paga ad otto onze il quintale; lo esorta
ad incettar tutto quello che potrà e spedirlo a Messina con una
harca passando da Capo Passaro e senza toccar altri porti.
VI.
(R. S. - B. 1678).
Con lettera , data a Mazzara il 24 luglio 1674 , il cappuccino
frate Urbano Beninati da Partanna manda al Viceré di Sicilia fieri
consigli per domare prontamente i ribelli Messinesi, anche distrug-
gendo la loro città, prima che il fuoco si appicchi agli altri paesi
del Regno, e lo esorta a vigilare sulla parte orientale dell' Isola ,
donde il nemico potrebbe tentare di nuocere più facilmente.
84 MISCELLANEA
vn.
(R. S. — B. 1679).
Minuta di lettera , data a Milazzo il 1° febbraro 1675 , colla
quale il Viceré fra l'altro manda a S. M. varie notizie riguardanti
lo spirito pubblico di Trapani, Catania ed Augusta.
Senora
Haviendo Escrito à Don Julio Pinateli las noticias que havian Uegado
de haver pasado a frangia las dos Persona» de Trapana del apellido far-
dela de qae di quenta a V. Magestad en carta de 8 de Heuero de aste
ano me a respondido que estos son hixos de Un Abogado (1) a quien higo
a justigiar el Marques de Vajona en la ocasion de las ynquietudes de
aquella (^iudad y que a muchos dias se hallnn en Roma ampaxados de
el Embajador del Rey Christianisimo y que no solo no sou personas de
suposigion en trapana sino mal vistos de aquellos Naturales pasando a
discurrir que en Virtud del Vando Publicado Por el Marques de Vaióna
En àquel ln(;idente para que todos presentasen sus Armas tan solamente
se Recoxieron quatrogientas de ningun Servigio haviendo Reservado las
de buena calidad y que aquel Publico Sentia no se le Restituyesen y
tambien que se mantubiesen en el lugar publico que estaban las cave-
zas de los que se ajusticiaron en sus pasadas ynquietudes ponderando
tambien el mal Estado en que se balla aquella Plaza assi cn lo que toca
a fortiflcagiones corno en la falla de munigiones de Guerra y de Solda-
dos y baviendome Escrito En Estos mismos puntos el senado de aquella
Qindad E pasado a dar en el Ultimo de ellos la providengia que à cauido
en la posiblidad presente ordenando se encamine luego ù aquella plaza
Una Compania con 100 Imfantes Espagnoles de los pocos que se hallan
en Palermo por ser tan Preciso Acudir a està Urgencia Remitiendo por
bia de emprestido mill'onzas para acudir al Reparo de las fortitlcagio-
nes que pidieren mayor pregision por no haver Efectos Prontos de la
dipatagion de el Rey no que es de adonde deve salir oste gasto y dado
tambien los medios y òrdenes negessarios para lo que toca a munigioncs
(1) Si tratta di Don Girolamo Fardella.
MISCELLANEA 85
de Guerra disponiendo por lo que conda(^e a nuestro Mayor Resquardo
que la quatralba de Espana y dos Galeras de Genoba que se Restituye-
ron a està Isla de la de Cerdena pasen a quel Puerto à asistir a los Efeo-
tos de el Rea! Servi(;io que puedeu òfre^ersse haviendo yo Escrito al
quatralbo Don Manuel de silba lo hlsecute assi sin aguardar Òrden para
elio del Marques de el Visso que le Remilo despues y haviendo obrado
en està parte lo que a parecido Combeniente pase a discurrir en los dos
primeros puntos y a Considerar que el Volneyly las Armass se devia
ha(jer por Combenien^ia propia pues no haviendo quedado Enteramente
desarmados corno se deseaba no se Consegui a ningun fin en tener Re-
clusas las quatrogientas Armas Referidas que corno Asienta El Vicario
General no soii de Ningun servigio antes Vien se abenturaba el que con
pretexto de Estar desarmados dejasen de asistir a la defensa de la Plaza
En el accidente que se teme ademas de los yncombenientes que en la
presente Gompostura de las Cosas pueden Emanar de tener En descon-
flanza aquellos naturales Goncurriendò los mismos motibos para quitarles
de delante de los ojos las Gavezas de los ajustiv'iados que le Caussa tan
Considerabili desazon He determinado con pare^er y acuerdo de el Pre-
sidente del Patrimonio Don Juan de Aliata y Consultor Don Sancho de
losada CondesQcnder à Ambas Motibando al senado he Venido en elio
Atendiendo a las Reyteradas Representa^iones que el Vicario General
me a suministrado de la aten^ion Con que aquel Publico procede en el
Real servigio comò Vuestra Magestad Se sirvira de mandar Ver por las
adjuntas Gopias de las Cartas de Don Julio Pinateli de aquel senado y
mis Respuestas y espero que por este medio sea de conseguir que aquel
Publico se Enfervori^en con el mayor Amor A emplearse en el Servicio
del Rey nuestro Senor y que hemos de salir enteramentte de las sospe-
chas de que fran^eses tengan ninguna entrada por aquella parte y en
«ste particular devo tambien poner en la Real notigia de Vuestra Mage-
stad que haviendo Venido a la mia que un Religioso Dominico de el
mismo apellido fardela hermano de los dos Sugetos de que queda 1 he-
■cha mengion sea Ausentado de el Conbento en que su General le tenia
Recluso a Istancia del cardinal Nidardo Esecutandolo con Seiìales de Ile-
bar algun mal fin he |)revenido hecharle la mano si llegare a està Isla
aunque se disfra?e de traje haviendome balido a este fin de el Reservado
medio de el Tribunal del santo ótìcio (1) Y aunque tambien me an Uegado
(1) Nell'originale è posta al margine con un segno di richiamo la
parola « cifra » per avvertire il copista, che il nome di questo Tribunale
doveva essere scritto in cifra.
86 MISCELLANEA
Avisos de aver pasado a frangia algunas Personas de Augusta y Catenea
no se à Verificado Annque se han hecho las mayores diligencias Con
que Juzgo no tener esto sospecho Ningun fnndamento manteniendose am-
bas Qiudades Como las demas del Reyno eu la quletud que Combiene y
qoe por mi parte se solidità con Incesante aplicagion guardo Dios la Ga-
tholica Real Persona de Vuestra Magestad Como la Ghristianidad ha me-
nester.
Melazo 1° de febrero de 1675.
Vili.
(R. S. — B. 1679).
Con due lettere, in data di Catania 8 febbraro 1675, il Principe
di Baucina, Vicario Generale, e con altra lettera, di pari data, il
Barone della Caruba danno notizie al Viceré de' Messinesi e delle
molte robbe loro, nascoste nel convento di Santa Maria di Gesù,
con la complicità dei Francescani Riformati.
IX.
(R. S. — B. 1679).
Il Maestro di Campo Generale Barbo, con lettera, data a Santo
Alessio il 26 febbraro 1675, manda al Viceré alcune notizie militari.
Il Mare é libero, essendo ì Vascelli nemici entrati in Messina, com'an-
cora le Galere, e la Terra é libera havondo i ribelli abbandonata l' Itala
■timo anche il rimanente, ma il Signor Generale non mi ha fatto la gra-
zia di darmene Paviso. Spero, che V. E. debba esser fuori di aprensio-
De, sperando, che non ritornerano cosi presto, lo non sono entrato oggi
nella Soaletta, come poteva farlo, per asistore al Capitan Semproni, che
in qnest'occaiione ha mostrato la sua attività , e zelo , poiché dimani a
Dio piacendo, e se il tempo lo permette, introdurrò otto mila razioni di
MISCELLANEA 87
pane, Vino, e qualche altro bastimento, con che il Signor Generale non
haverà ocasione di piangere et io ancora mi porterò al mio Terzo vivo
e, che se non vi é ocasione, per il male, che mi va continuando, ho di
bisogno di fare una purga , e perciò supplico V. E. a darmi licenza di
portarmi a Milazzo a piedi di V. E., havendo molto, che dirle, et in par-
ticolare d'una materia, che ha di bisogno di provisione, e che non posso
mettere in carta. Quando pero vi sij qualche dubbio, che i ribelli possi-
no, o tornare, o fare quaich'altro tentativo, io mi fermerò per fare quél
poco potrò ancorché posso assicurar V. E. che se bene sono stato fuori,
ho fatto molto : e forse i ribelli hanno abandonato l'Itala per 1' attacco
di beri, ancorché sia seguito con confusione, e poco ordine, ma a bocca
dirò a V. E. il perche. Starò attendendo la grazia della licenza , e con
baciare a V. E. humilmente le mani resto
Di V. E.
Santo Alessio 26 febraro 1675.
Umilissimo servitore
Teodoro Barbo.
X.
(R. S. — B. 1679).
Il Capitano Don Giuseppe Gimbron , con lettera data a Santo
Alessio il 27 febbi^aro 1675, manda al Viceré alcune notizie militari.
Illustrissimo Signore,
Doppo che scripse a V. S. Illustrissima del caso di fiumidinisi , ha-
vendosi apontato la marcia per lunidi matino con cinque cento homini
di savoca e casali con 1' altri cinque cento di D. luisi moncada non fa
possibile lunidi matino haversi potuto racogliere delle savocote e casali
al numero di 230 anzi se ne fugiro la notte più di 30 né 11 casale di
mandanice volse obedire l'ordine , et nondi venne nessuno, et havendo
la sera provisto tutti li posti della marina di fiumidinisi con bona guar-
dia et con una troppa di Cavalli correa Insino a capo grosso dove erano
dato fondo li dui Galeotti che guardavano 11 passo et havendo la notte
88 MISCELLANEA
recoDosciuto li posti non trovai guardia nessuna di savoca se non II ca-
sale delli pagliara chi erano mese nel posto che Io l'havia meso dentro
una torre a bucca di fiume, perche al fortino l'hanno segnalato al cano-
nico Castelli con tutti suoi soldati di savoca , et avendo un' ora Inante
giorno Con II mastro di Campo barbon andamo a reconoscere II fortino
non trovammo nessun soldato solamente II prencipe di belvidere et suoi
pochi soldati che stavano reposando, buscamo la soldatesca et non la pot-
timo retrovare in quel contorno, in questo tempo vittimo che veniano
a poco a poco acostandosi al posto li galiotti fecimo toccare arma bu-
scando li genti et trovamo che in un casino fora del posto vi erano li
savocoti che dormiano, incominciamo ad animare li genti di metterli in
ala con molto forzo et conoscendo che potiemo bavere qnalclie pericolo
con le galiotti che stavano acostando mandai alcuni soldati della mia
Compagnia a quella parte del fiume per farci una Imboscata che cossi
fu di parere II Signor conte barbon et havcndo scoperto li Galiotti che
la cavallaria passava II fiume per pigliare l'albore si feciro alla mare
sabito et andaro alli fascelli che bordiavano quatro miglia lontano del
posto et In alargarsi li galiotti si mesi la marcia con quelli poco genti
Incominciando ad animare la gente 11 prencipe di belvidere et II mastro
di campo che dovessimo marciare allegramente havendoli Io provisto di
tutti monittioni di polvere, et [lalli et anco feci carricare 380 rattione
di pane 3 carriche di vino conbogliandoli con otto soldati miei et 11 mio
trombetta appresso et Io con II Signor Conte barbon restamo nella marina
per carricare tutte le tìluche et Imbarcare il sudetto conte barbon con
tatti bastimenti chi erano In dette filuche per causa che li Galiotti si
aviano alargato del passo et con tutta la prexia feci salpare li tìluchi
una salpo più Inante con 800 raitione de pane et una botte di vino et
entro li altri dui chi vi era 11 conte barbon che si trovava più Indentro
seapparo et venniro alla marina di savoca dove mi trovai che stava In-
saccando la farina et II pane che trovai et li carricai sopra una spiro-
nara et tengo detta spironara con altre due feluche Garriche di vittova-
glie e vino a questo scaro di santo Alesi, et In questo tempo D. Luisi
Moncada adviatu per li collini et II canonico Castelli della parti di Eli,
1 inimico vidde pigliali li collini si Ilvo del passo della Itala et della
detta Itala et piglio per li collini et si scopittaro con li genti di fiumi
dinisi li qoali ci sacchiaro alla Itala e bruggiaro alcuni casi et della sca-
letta ascerò lì genti della medesima Terra che sapiano li passi dettero
al nemico ehi era sopra S. francesco di paula et lo fecero retirare et quelli
che rettaru sopra li coUlni della Itala procuraro di Imbestire alli savo-
coti del che furono obbligati retirarsi et se ni venniro una altra volta
a savoca, et si lamentano di D. Luisi quando oprò da Cavaliero, non la-
MISCELLANEA 89
sciando di dire a V. S. Illustrissima che Domenica la sera che arrivam-
mo In savoca vi era II scavo di D. Japico averna con lettere benché II
canonico mi ha confessato chi é vero con alcune altre cose che mi ri-
servo dirle a V. S. Illustrissima a bocca et S. E. Intrati saranno questi
bastimenti che spero traserle per Terra che il passo ó franco et libero
stante aver mandato li mei soldati a reconoscere detto passo et II nemico
s'ha ritirato che li fascelli et galiotti Con questa borascata non parsiro
dove andaro et II nemico ha lasciato Tutti li porti et ritiratosi et questo
si conosce che li Galiotti vennero In terra con una lancia Imbarcare
gente che aviano portato In terra delli fascelli et non ha parso più nes-
suno Mi pariria che procurassimo metterci biscotto che qui vicino In
Catania vi ni sono 400 Cantara In potere di un particolare che l'ha fatto
per negozio che quando succedesse un altro Imbarazzo si trovano pro-
visti di biscotto, poi ho havuto al mastro di campo barbon amalato Con
febre et non obstante questo se ni viene questa matina Con me alla sca-
letta, da eavoca. 11 canonico non ha voluto redepositare li denai'i che II
Signor Consultore mi haviso quali sono d«po8itati In suo potere chi ó
quanto posso a V. S. Illustrissima rappresentare supplicandola mi tenghi
In sua bona Grazia et humilmente reverendo li bacio le mani. Scaro di
Santo Alesi 27 febraro 1675.
Di V. S. Illustrissima
La mayor cerbidor de V. S. . .
. . . don Josepe simbron.
XI.
(R. S. — B. 1681).
Bando per mantener la disciplina uell'esepcito, emesso dal Viceré
a Milazzo il 18 marzo 1675,
Don Rodriqae de Toledo Ossorio Marques de Villafranca y de Villa-
nueba de Valdueza Duque de fernandina , Prinzipe de .Montalban Gonde
de Pena Ramiro Seiior de Cabrerà y Ribera. Valle de Losada , Colto .le
Valboa y Matilla de Arcon, Freze Comeiidador de Valderricote eii la iiorden
de Santiago Gentilhombre de la Camara de su Magestad , Virrey y Ca-
pitan General del Reino de Sizilia.
90 MISCELLANEA
Por quanto hemos rcconozido Ics muchos abusos que se han introduzido
en el ejercito que està à nuegtro cargo por descindo ò negligenzia de
Ics ofiziales y los desordenes grandes que cada dia se ocasionan en me-
Doscabo de la militar disziplina y nottable deseruizio de su Magestad;
procurando en quanto nos es posible remediar tan graues incombenientes;
Nos à parezido pnblicar el presente Vando de delitos militares , en el
qual por ser tales incurriran no solo todas aquellas personas que gozan
de el fuero de la guerra por qualquiere delìto que en el se expressa pero
tambien qualesquiere otras de qualquiere estado grado y condizion que
sean; pert^neziendo todos los capitulos à la bnena conservazion de nue-
stro ejerzito y diminnzion de el enemigo y para que tengan el deuiilo
eflTecto encargamos à uuestros ofiziales nos den notigias de las contrauen-
ziones para que por la audienzia General se prouea de Justicia.
Primeramente qualesquiera personas sean soldados ò no que comber-
sareo ò se correspondieren con los enemigos de su Magestad por via de
cartas ò terzera» personas, sin nuestra lizenzia, ù, de los cabos à quien
(por las pressentes ocurrentias) hubieremos dado falcudad de conzederl»
incurran en pena de la vida naturai.
Qualesquiera ^ean soldados ò no que hizieren ó intentaren hazer cossa
periudizial, ò (lanosa al seruicio de su Magestad corno seria dando consejo
ó embiando abisos al enemigo; incurra en pena tambien de la vida naturai.
Qualesquiera sean soldados ò no, que intentaren reuelarse, huirse, ò
retirarse pasandose al enemigo, si fueron cojidos en ejecucion de la tal fuga
ó pasaxe incurran en pena de la vida nataral.
Qualesquiera que marchando sus companias para otras partes se que-
daren en el alojamiento y no las seguieren incurran en pena de zinco
anos de galera al remo si lo hizieron maliziosamente y si no los casti-
goen luego los ofiziales à su arbitrio.
Qualesquiera personas sean de el fuero de la guerra ò no que se
atreaieren à ser espias de el enemigo y aquellas que las conozieren por
tales y no nos diereii luego quenta ò à los cabos que estubieren mas
vezinos para que contra ellos se prozida incurran en pena de la vida
naturai.
Qualquiera que por vileza neglijenzia f) cobardia desamparare Castillo^
MISCELLANEA 91
torre, fortaleza, trinceas, torreon, vaterias, passo puente ò qualquier otro
lugar caia guardia y custodia se le aia encomendado quedando à su cargo;
incorra en pena de la vida naturai.
Qualquiera que estando de guarnizion en castillo fortaleza ò puesto
de importanzia y de ellos saliere sin lizenzia de el superior que alli
mandare estando à vista de el enemigo incurre en pena de la vida na-
turai y no estando en està forma- en pena à arbitrio de el oflzial qae
governarre.
Qualquiera sacare la espada daga pnnal ò otras armas ofensinas centra
su oflzial ò algun cabo de el exerzito y qualquiera oflzial ò cabo qne sacare
dichas armas ò qualquiera de ellas contra otro que sea su superior in-
curran en pena de la vida naturai; si no fuere en casso que de otra manera
no pudiessen salbar sus vidas siendo la'defensa de ellas de derecho naturai.
Qualquiera que aconsejare ò consentiere, en tratado de motin, soleba-
miento , tumulto ò sedizion con palabras ò obras incurra en pena de la
villa naturai.
Qualquiera que con supercheria hiriere , v, diere de palos à otro sol-
dado, corno no fuere en defensa de su vida ò honrra incurra en pena à
nuestro arbitrio reseruada que se puede estender à la de la vida naturai
segno fuere el casso y la qualidad de las personas.
Qualquiera que tiniere ò se métiere ea pendenzias con mas armas que
espada y daga corno no sea oflzial incurre en pena à nuestro arbitrio
reseruada.
Qualquiera sea de el fuero de la guerra ò no que escriuiere dictare
0 fijare cartelos infomatorios , escandalosos , ò sediziosos de que pueda
nazer algun grabe incombeniente incurre en pena de la vida naturai.
Qualquiera' soldado que estando el ejercito en Campana se balere de
el ademas de ser reputado por infame incurra tambien en pena de la
Vida naturai.
Qualquiera que se atrebiere à tomar qualquier jenero de hazienda de
las yglesias, monasterios, hospitales, ò Abbadias y aquellos que para mal-
92 MISCELLANEA
tratarlos pusieren las manos en los sazerdotes , relixiosos o relijiosas
yncurra en pena de la vida naturai.
Qaalqoira que por colera por capricho ó por locura se atrnniere à
dar golpes ò maltratar qualquiera imajen de nuestro Senor Jesu Christo,
de la Virjen santissima su madre, u, de qualquiera de sus santos sin que
se le admitan las tales escusas ihcurra eu pena de la vida naturai.
Qualquiera qae forzare alcuna muyer, aunque sea de la parte de el
enemigo incnrre en pena, a nuestro arbitrio reseruada que se puede esten-
der segun la qualidad de las personas ò zircuustanzias de el casso à la
de la Vida naturai.
Qualquiera que fuere à reconozer el campo, fortaleza, vateria trincea,
6 qualquiera otro puesto, ò trouare escaramuza ó vatalla con el enemigo
sin lizenzia de su Cabo Comandante (por la buena disziplina naturai) aun-
que le suzeda bien si fuera oflzial incurre en la pena de priuazion de
el puesto y etra à naestro arbitrio.
Qualquiera que locare arma falsa sin lizenzia de quien lo puede mandar,
ò gritarà desordenadamente, ó pasara palabra en escaramuza , asalto, ò
vatalla diziendo alto alto , ò atras atras ò que nos cartan ò pidiere à
gritos polbora, balas, cuerda, ò picas incurra en pena de la vida naturai
porque estas palabras solo pueden pasarlas los oflziales à qnienes in tal
casso sera lizito en el mismo hacto execntar dicha pena.
Qualquiera que entrando en vna Ciudad tierra Villa o pueblo por
ftierza ò en vatalla, que se detubiere en saquear ò quemar, dejanlo de
seguir la vittoria y su vandera à qualquiera parte que se oncaminare,
basta que el cabo no mandare lo contrario, incurra en pena de la vida
naturai.
Qualquiera que se desmandara, 6 se apirtarà de el orden de la batalla,
6 passara delaute do el oxerzito quo marcha por llegar antes al aloja-
miento, ò por otra razon inourro en la pena de el vando quo hubiere
mandado echar ci Comandante que la ^ecutarà luogo para exemplo de
los dcmas.
Quslqaiera qoe en la ooassion por miedo 9e pnsiere en fuga incurra
^•0 pena de la vida naturai.
MISCELLANKA 93
Qnalqaiera sea de el fuero de la guerra ò no que intentare ó permi-
tiere introduzir, vituallas, muniziones, armas, ò animales de qualqaiera
jenero qae sean en el Campo, Plazas, Gastillos, puestos, ò trinceas de el
enemigo incurra en pena de la vida naturai. .
Qualquiera que no se aliare con su vandera à qualquiera parte que
fuere prinzipalmente si para elio hubiere orden de sus oflgiales incurra
en pena à ellos arbitraria para que luego la puedan executar.
Qualquiera que dejare la guardia de el alojamiento ò tienda de el
Jeneral ò otro Cabo fuera de tiempo y sin lizenzia incurra en la pena de
tres anos de galera sii Remo.
Qualquiera que tratara mal à la jente de el pais, si no fuere declarada
reuelde ò con mui justa caussa incurra en pena de diez anos de galera
ài Remo,
Qualquiera que tendra ò reziuera en su alojamiento si fuere soldado
ó en su cassa si no lo fuere, perssona desconozida ò sospeciiosa sin dar
primero quenta al Cabo Comandante de él puesto ò lugar donde suzediere;
incurra en la pena de diez aiios de galera al remo y si se aueriguare
ser la tal perssona espia de el enemigo incurra en pena de la vida
naturai.
Qualquiera ofizial que pidiendole la relazion de la jente que tiene
efectiua, por los oflzios à quien perteneze y no la diere justa y puntuale
incurra en la pena de priuazion de ofl>iio y otia corporal à nuestro arbitrio.
Qualquiera sèa de el fuero de la guerra, ó, no que cojiere Jente de el
enemigo y la sellare ò dejare ir sin dar primero quenta al Cabo de guerra
que se aliare mas zercano incurra en pena de seruir sin sueldo por seis
aiios en vn presidio à nuestro arbitrio.
Qualquiera que hauiendo prezedido el vaudo de la muestra la pasare
dos vezes fraudando la hazienda Real incurra en la pena de zinco anos
de galera al remo y los oflziales que lo persuadieren ò mandaren seran
castigados à nuestro arbitrio.
Qualquiera que falsificare decretos , cartas , despachos ò el sello de
94 MISCELLANEA
Nuestra Secretaria, v, de Cabos prinzipales comandantes de nuestro oser-
zito incorra en pena de la vida naturai.
Qualqualquiera que en la ocassion dejare las arnias por huir conar-
demente siendo esto tanto corno armar el enemigo ; incurra en pena de
Vida naturai.
Qualquiera sea de el faero de la guerra ò no que robare ò hiriére ó
maltratare grauemente à los viuanderos, ò mercantes que Ueuaren vi-
tuallas ò ropa ò la jente de nuestro exercito incurra en pena de zinco
anos de galera al remo por leies comunes, v, de el Rei no no fuere se-
nalada otra maior la qual s' ejecntarà.
Qualquiera que reuelare el nombre de la guardia à los eneinigos ò
otras personas à qnien no le fuere lizito por las ordenanzas militares in-
curra en pena de la vida naturai.
Qualquiera que se durmiere estando de zentinela en lugar sospechoso
comò sea dentro de el termino de las tres oras que tocan , encuna en
pena de galera envida remando y fuera de dicho termino incurra en
•pena à nuestro arbitrio roseraada corno los ofizìales que no mudaren la
zentinelas cumplidas las tres oras.
Qualquiera soldado que estando de zentinela en lugar sospechoso dejare
entrar ò passar perssona alguna aunque sea oflzial de qualquiera estera,
sin tornar primero el nombre verdadero incurra en pena de remar en
galera en vida y si suzediere algun yncombeniente se estiende dicba pena
à la de la vida naturai.
^ Qualquiera que dejare la zentinela guardia ò puesto en que le hublere
destinado su oflzial sin que lo venga à mudar aquel à quien le toca in-
curra en pena de quatro tratos de cuerda y suzediendo por dicha l'alta
incombeniente de desernizio de su Magestad se castigara con pena de
Vida naturai.
Qualquiera que siendo de ronda, ò contraronda cometiere qualquiera
(leiito, fi diere lugar à que se cometa incurra en pena à nuestro arbitrio
r«teruada que seguo las zircunstanzias de el casso se puede estender à
la de la vida naturai.
MISCELLANEA
Qualquiera SDldado de infanteria ò GMualieria que al son de el tambor
ò trompeia estando en el acto de la ocassion , no siguiere lo que signi-
flcan , si no fuere con jusla caussa de impedimento sus oflziales prom-
ptamente lo puedan castigar à su arbitrio.
Qualquiera que diere vozes haziendo rnido ò causando confnsion en
Balalla ò emboscada , ò, en parte donde importare guardar el silenzio;
porque de esto se pueden turbar las ordenes queda el castigo à arbitrio
de su oflziale que lo ejecutarà luego para exemplo de los demas.
V
Y porgue el dia que el soldado està de guardia està totalmente dedi-
cado al seruizio de su Magestad si en el referido dia saliere desaflato,
V, desaflare; incurre en pena de la vida naturai.
Qualquiera que sacare la espada ó q^ualquiera otra arma ofensiua den-
tro (le nuestro Palazio, v, de el districto de zinquenta passos de el, v,
de nuestra tienda ò alqjamiento y asi mismo ea los cuerpos de guardia
quarteles dondu estubieren alqjadas vanderas plazas de armas ò Castillos
de este Reino incurra en pena de la vida naturai sea de el fuero de la
guerra ò no y qualquii-ra otìzial que estubiere de guardia y sauiendolo
no diere quenta y las zentinelas à los oflziales que procuraren tambien
hazer prender à los delinquentes incurran en pena à nuestro arbitrio
reseruada.
•
Qualquiera sea de ei fuero de la guerra ó no que con palabras ò obras
de resistenzia hiziere ò intentare hazer contra las ordenes que tubiere
ia zentinela ò qualquiera j^mardia incurra en la pena de la vida naturai.
Qualquii'ra que blasfemare à Dios à la Virjen nuestra Senora ò à qual-
quier Santo incurra en pena reseruada à nuestro arbitrio, v, de el ofl-
zial que se ballare pressente, que la ejecutarà luego.
Qualquiera oflzial que fraudare el soldado ò le quitare el socorro in-
curra en pena de priuazion de el puesto y otra a nuestro arbitrio.
Por todos los demas delitos que se cometieren en el ejerzito por qua-
lesquiera perssonas aunque no sean de el fuero de la guerra, y los titulos
de ellos no fueren aqui espresados reseruamos à nuestro arbitrio las
penas segun occurieren los cassos.
96 MISCELLANEA
Por cumplimiento de todo lo qual y para que venga à notizia de todos
y ningano alegne ignoranzia mandamos que este vando se publique ea
las partes acostumbradas en està Ziudad y en la demas de el Reino ea
los puestos prinzipales y donde parexiere combenir declarando que no
se entiende por el pressente vando reuocados los otros publiados en
tiempo de naestros predezessores antes esten en su fuerza y vigor corno
si fueran de orden nuestra publicados; en quanto no coutradijeren à los
pressentes y aVi mismo ordenamos y mandamos que se obseruen todos
juntamente con este, y que se rejistre en el ofizio de el Auditor Jeneral
que asi lo haga ejecutar y obseruar Melazo.
XII.
(R. S. — B. 27).
Mentre i signori Viceré difettavano di denaro per le spese della
guerra, 1 Messinesi, come risulta da alcuni documenti che vanno
dal maggio al giugno del 1675, pi^ovvedono alle loro necessità se-
guitando a coniare largamente nuova moneta di rame, che viene
accettata da pertutto e specialmente in Sicilia e in Calabria. Non
si può dichiararla falsa addirittura e proibirne l'uso perchè, come
ben osserva in una sua lettera degli 11 giugno 1675 Don Diego
loppolo, Reggente la Presidenza del Patrimonio, non essendo pos-
sibile distinguere la nuova dalla antica, legalmente coniata, questo
provvedimento ingiusto produrrebbe gravi torbidi, quindi con bando
senza data, ma che pare degli ultimi di giugno o primi di luglio,
se ne proibisce soltanto con severissime pene V importazione a
r uso sciente.
XIII.
(R. 8. — B. 1680).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 25 novembre 1675, invia
MISCELLANEA 97
al Viceré copia della dichiarazione di neutralità emanata dall'In-
ghilterra durante la guerra di Messina.
El Rey.
Illustre Marques de Villafranca, Primo, Gentil hiombre de mi Camara,
mi Virrey y Capitan General en el Reyno de Sicilia. Don Fedro Ronquillo
Embiado extraordinario a Inglaterra , tìa remitido la copia inclusa del
vando en que a quel Rey prohive que ninguno de sus subditos pueda
Dar favor ni ayuda a los Reveldes de Mecina; Y aunqne se eotiende que
Don Fedro os haurà participado està noticia, por si no lo hubiere hecho,
ha parecido embiaros un tanto del Flacarte para lo tengais entendido y
lo hagais publicar corno os lo encargo, y que me deis quenta de haverlo
execulado; De Madrid a 25 de Noviembre de 1675 (1).
yo el Rey
Bartholome de Lega sa
Al Illustre Marques de Villafranca ecc.
XIV..
TR. S. - B. 1684).
Copia di rea! dispaccio, dato a Madrid il 28 novembre 1675,
col quale si incaric* Don Pietro Valera di inquisire sui colpevoli
di- aver lasciato introdurre dai Francesi in Messina soccorsi nei
giorni 3 gennaro e 11 febbraro dello stesso anno in vista della
flotta spagnuola , mantertendo intanto ferme le pene e le disposi-
zioni date dal Principe di Montesarchio.
(1) Questo bando, dato a Whitehall il 17-27 giugno 1675, fu emanato
in ossequio ad un trattato tra la Spagna e l' Inghilterra del 1667.
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 7
98 MISCELLANEA
XV.
(R. S. — B. 1684).
Lettera del cappuccino spagauolo fra Giuseppe da Ica al Car-
dinal Nilhard , data a Palermo il 29 novembre 1675, riguardante
la condotta dei Cappuccini durante la guerra.
Eminentisimo y Reuerendisimo Senor.
Hauiendo celebrado el Capitalo, y dado en el toda la satisfazion po-
sible me paregia se hauia sosegado el animo de mi Padre General mas
vio qua va haziendo gente de nuevo y armandose para dar nueaos asaltos
a està Prouingia ; dejo a parie las malas circunstangias de su viage a
Napoles y que vnicamente era para passar a este Reyno , corno ya le
estanan a guardando sua confidentes, y solo referire a V. Eminencia que
hauiendo el Padre fr. Miguel de Palermo sido declarado mal vassallo de
S. Magestad de el senor Marques de Astorga antecesor de V. Eminencia
representando su excelencia las caosas que tenia, a mi Padre General in
scriptis por medio de Monsenor Castrino para que el dicho Padre no
andauiese à Gerdena y que le huniese a la vista ; àhora se ha partido
este Padre para essa Corte con vna obra indeflnita de él Padre General
y que Uanase con sigo los compaiieros que le pareciere, cossa bien irre-
guiar y mas la que el Padre fr. Miguel ha hecho pues sin auisar à su
Padre Prouingial, y a mi se Ueua con sigo a los Padres fr. Vruano de
Palermo, y fr. Vicencio de Monrreal , que con otre fr. Luis de Paler-
mo que queda aqui han inquietado està Prouingia, y obligado a mi Padre
General à que aya hecho las continuas violengias, y extorgiones que V.
Eminencia sane, y aun las que no han a su notigia, que no son menores, ni
menos, y lo peor ea que el dicho Padre fr. Miguel por todos losmedios posi-
bles, y «ecretos ha procurado hazer sauer a los frailes que va a Roma en
seruigio de la Prouingia que cada uno escriua lo que le occurre. Esto
Eminentisimo Padre es querer subleuar està Prouingia por vna parte,
y por otra ir artnado de diuersas cartas para hazer con ellas mil trasibr-
magiones y mostrandolas al Padre General y passando de este a los Mi-
nistrof de su Santidad corno lo hizo con los Memoriales de dos frailes
Discolos que estan para expclerse de la Religion, callando mi Padre Ge-
neral lai malas calidades de los sugctos (quo tenia bien conogidas, corno
los diaf paasadoi represente a la S. Congregagion) para hazer mayor
MISCELLANEA 99
brecha en el Qin^ero animo de su Santidad ya no es posible Seìior Emi-
nentisimo pasar adelante, quando estoi assediado de tantos artifigios y
de tantas minas secretas , corno en el espagio de tres anos he experi-
mentado y lo peor es qne quieren con los medios que tenemos los Vas-
sallos para nnestra naturai defensa, destruirnos; porqne en Madrid han
sauido representar quanto han querido, y si no fuera porque este Seiior
Virrey y Juez de la Monarchia estan sobre el auiso muchas vezes hubiera
peligrado el seruigio del Rey nuestro Senor en està desgraciada coiuntura
de las rebolugiones de Mecina; en que se necesita que cada espanol sea
vn Argos para penetrar tantas inteligengias, corno el franges ha moiiido;
y tambien s« nectesitan aqui Espanoles de todas profesiones, para ayudar
en lo que pueden, causa vnica que me ha detenido aqui contra mi salud
y quietud, que quieren acauar mi Padre General y estos sequaces suyos
Dios nuestro Senor de el remedio, y guarde a V. Eminencia para decoro
de el Baticano, y bien de la Calholica Monarchia.
XVI.
(R. S. - B. 1684).
Copia di una lettera scritta dal cappucino spagnuolo fra Giu-
seppe da Ica al Cardinal Nithard, il 6 dicembre 1675, nella quale
si danno importantissimi ragguagli sugli umori dei frati di quel-
r ordine contro gli Spagnuoli.
Eminentisimo y Excelentisimo Senor.
La partida del Padre fr. Miguel de Palermo de la Gindad y Puerto
■de Trapani con algunas circunstancias que podra hauer aicnsado, ha
occasionado tales regelos en los Ministros de su Mageatad (por ser tan de
codicia el Puerto) que hauian determinado traer aqui todos los frayles
de diche Gonuento eu vna Tartana para eiaminarlos , de que no poco
descredito se sigue à la Religion, pero ha sido Dios seruido de que con
las cautelas ligeras que han podido reciuir han suspendido la esecugion.
Este Padre se ha partido no con animo (segun creo) de tratado, ò, inteli-
.gengia, sino para vnirse con mi Padre General y inquietar essa Corte y
• està Prouingia no contentandose con haaerla inquietado por el espagio d.Q
100 MISCELLANEA
taatos anos; y assi supplico a V. Eraineucia que à ina yor. cautela, lo>
haga salir de Roma al punto, que sera gran seruigio de Dios y del Rey,
y aliuio destos pobres Vassallos, que por su causa han sido tan maltra-
tados del Padre General todo el tiempo, que ha gipuernado la Religion.
Y porque mi Padre General con snida irregnlarà Napoles ha inquie-
tado toda la Italia, y dado materia a discursos que nos le hacen perder-
à Ics Vassallos de su Magestad porque se trata de jnteligengiasy està*
pueden viciar el cuex'po de las Prouin<;ias del Real Dominio, supplico a,
V. Eminencia se sirua de remediarlas con ellenitiuo de la Gongregacioa
de tres. Senores Cardenales, ó, ccn el que V. Eminencia comò tan gran
Ministro , juzgara , para que estas Prouingias esten deuotas al semidio
deSV Magestad viendo que se aligeran en nombre de su Magestad
las oppressiones y porque por experiengia, sé quanto se animan à la flel-
correspondengia , y el dano que no conseruarla se sigue lo propongo al
gelo grande de V. Eminengia para que comò hasta aqui ha estado vigi-
lante, se sirua de continuarlo; no descaezcan por està parte tan peligrosa
Ics interesses de la Monarchia ; por ellos escribo k V. Eminencia con
alguna claridad, y llaneza , aunque no tan abiertamente comò me dieta
el affecto Espaìiol.
Eminentisimo Senor gran dano puede occasionar à las Armas y pro-
gressos del Rey nuestro Seiior vna Gommuuidad taij bien vista, comò la
mia, de Ics Pueblos, en ella puede influir su General tales reuesses que
tengamos que llorar, no puedo persuadirme esto del Padre General, pero
es de affecto franges , comò he representado à la S. Congra^agioa, son
gas auxiliares el Padre Procurador que labora de la misma enfermedad,
y el Padre Amador del Pecheto Piamontes, que hasta estas ruedas gouier-
nan las inferiores de las Prouincias y estas, las de Jos.Bu^blos. eni que
8on tan familiares, corno se sauen; los Religiosos aflgionados al seruigio
del Rey estan desterrados, corno el Padre Antonio dQ Peiìa que tanto ha
padegido por hauer acnsado los malos Vassallos del Abruzo, con honesto
Tilulo, lo tienen en Vensgia; el Paire Garrala de la Prouingia de Otranto
lo tienen en la de Roma, el Padre Archangelo de Noya de la Prouingia
de Bari lo tienen en Napoles , y ya se responde à tantos clamores de
pobrea frailes oppressos con estas palabras; Che sino al capitulo generale
non ui ó rlme-lio, che doppo cauato il Spagnuolo da Roma si parlerà di
coinpoHitione di mezzi termini, di agiustamenti di equità, é giastitia.
De tnaoera qne loda? las injusligias agrauios y desigualdades se causan-
para echap vn espanol corno el Padre fr. Francisco de Xerez, y este pobre
Padre ha de estar (tanquam Agnns coram tendente) en Roma, sufrìendo
Ica mai enormee detpregios del mundo. todo porque atiende à mantenerla
Jottlgia y la disciplina regalar, y lo que peor es, lodas quantas piezas
MISOELLANEA 101
se juegan , artifleios se vsan , é, irreligiosidades se cometen , son para
desbiarlo del Generalato, corno el Capitalo passado lo hi(^ieron por medios
tan indignos ;'t)u?s Dios y el Rey , han puesto los grandes meritos de
V. Eminencia sobre esse monte; supplico à V, Eminencia mire los affli-
gidos Religiosos , que estamos en la profondidad de las persecogiones,
y crea V. Eminencia qae dar à Espana vn General de los Gapuchinos
Espanol importa poco menos que el augmento de vna Purpura à la deao-
<?ion de Espana, porque vn General puede hager correr muchas conse-
quengias muy imi)ortantes hagia el seruigio del Rey, si le es aflfecto ; y
por lo contrario, si es desafecto, las puede tirar muy malas; V. Eminen-
cia perdone mi conflanza , que es de sieruo para con sn Seiior , y de
hijo para con quien en el amor es Padre de todos los Espaiioles , qae
con hauer hecha està insinuazioa a V. Emineruia me pareze descargo
la cosyieiiyia, y lo conogeran todos en Io macho qae dejo de degir,
y reserao à Dios naestro Seiior qae gaarde à V. Eminencia en toda
gracia.
XVII.
(R. S. — B. 1680).
S. M. 'con dispaccio, dato a Madrid il 25 dicembre 1675, ordina
«1 ¥icérè di verificare e punire le fcontravvenzióni agli ordini
t'eali commesse nell' Armata di Fiandra.
El Rey.
Illustre Marques de Villafranca Primo mi Gentilhombre de la Camara
mi Virrey y Capitan General en el Reyno de Sicilia. Con motivo de la
Ga-rta del Almirante Bartholome Rois y Loazes cuya copia va con este
desipacho que Reflere las contravenciones de mis Reales ordenes execu-
tadas en la Armada de flandes que al presente goviernas y considerando
lo qne combiene acudir a su Remedio. He Resuelto encar^aros (corno lo
hago) que si los vageles de la dicha Armada se hallaren en ese Reyno
hagais aberiguar y castigar lo que contiene por terminos de Justicia
102 MISCELLANEA
nombrando para esto Ministro de vuestra satisfacion executareis lo asi
y de lo que Resultare y se fuere obrando me dareis quenta.
De Madrid a 25 de Dizembre de 1675.
ìjo el Rey
Bartholome de Lerjasa
Al Illustre Marques de 'Villafranca ecc.
XVIII.
(R. S. — B. 1684).
Copia di una lettera del Cardinal Nlthard, data a Roma agli li
di gennaro del 1676, nella quale si rende conto a S. M. di varie
notizie e proposte riguardanti i Frati Cappuccini,
Sefior
En Vn Real despagho de 9 de Di\;iembre passado , que regiui con el
attimo Ordinario , se sirue V. Magestad benignamente aprouar todo lo
que yo hauia obrado en està Corte acerca de los malos procedimientos
del General de los Capughinos , y Procnrador de Corte , ordenandome
Taya continuando las mismas diligengiiis basta conseguir el remedio opor-
tuno, de que tanto negesita està tan turbada Comunidad; y hauiendome
bauisado el Secretarlo de Italici Don Gargia de Bnstamante, del regiuo de otra
carta mia de 16 de Nouiembre pasado digiondo no se hauia podido ver en
aqael Consejo por la brenedad del tiempo, en la qual di quenta, a V. Ma-
gestad de hauer sido mandado salir de Napules diche General que luego
qne Ilego a Roma publico vn manifesto, en abono de su yda a Napoles,
embiandole a dinersas Prouingias y Reynos cuya copia, assi mismo re-
mile a la« RealM manos de V. Magestad ofVegiendo respuesta qne se haria
en buona forma, y es la qne embio con està esperando de la summa
benfgnidad de V. Magestad se dignara tambien de darse por vien seruido
destas mia diligengias hauiendo paregido combenientesy necesarias a todos
lof qac sin Passion consideran las desatenjones del dicho General, y Aman
el lernicio de V. Magestad, y vien comun de la religion Capughina. En<
MISCELLANEA lOB
tretanto he regiuido otras cartas del Padre Joseph de Yza , Prouingial
qoe fue y aora Comisario General desta Religion, en el Reyno de Sicilia,
cuyas copias pongo en las Reales manos de V, Magestad por cuyo con-
tenido se seruira V. Magestad mandar reconoger, la continuasion del
torbido obrar del General y de los dafios que del j ustamente se pneden
y deiien recelar si no se probee del prompto remedio el qaal sin dada
parege ser el que sn Santidad restablezca , la Gongregagion , particular
de ginco Cardenales , en la qual se bean las quejas de las Proni neias y
se obie à tantos incombenientes , y escandalos que cada dia se experi-
mentan en mughas partes de està Religion Con este motiuo hable antes
de ayer de uueuo con en Cardenal Altieri en una andienzia extraordi-
naria que tube con el (no siendo fagil el tenerla de su Santidad por estar
casi siempre retirado en su quarto instando con toda eflcagia en que
su Santidad se siruiese de mandar reponer dicha Gongregagion parti-
cular de Gardenales, reflriendole, los nuebos motibos que trayan las cartas
del Padre Yca, y otros mughos que persuadian lo mismo;
Bien reconogio el Gardenal, la fuerg^ de mis razones, y la negesitad
del restablecimiento de la Gongregagion, refenda y me ófregio suplicar-
selo a su Santidad, y solo reparo en que se ofenderia el Gardenal Ro-
spillosi Protector de està Religion, paregiendo ser contra su reputagion,
y renungiaria la protecgion a que rehusaua el Gardenal darle ocassion
y porque no dijese que por poco afecto al Gardenal Altieri, le quiso hager
està niortiflcagion; a esto replique yo, que el Gardenal Rospillosi, ni podia
con razon ofenderse de este reestablegimiento , pnes tambien en otros
tiempos, y de otros Gardenales protectores, se formo semejante Gongre-
gagion sin agrauio de su reputagion, y que se deu a atender mas a la
quietud Paz y conseruagion de una Religion tan nuj'ierosa, y difundida
por el mundo que no a vn puntillo sin sustangia ni fundamento del Gar-
denal Rospillosi. Y finalmente que si diche Cardenal se resistia tanto que
se ponga este remedio tan proporgionado y casi vnico deuia hauer apli-
cado otre, comò se lo he suplicado lepetidas vezes, y no podido conse-
guir, hauiendo aora mucha menos esperanza de que le aplique, por hal-
larse el Gardenal grauemente enfermo de vna tan profunda melancolia
(que los suyos para disimular llaman Giatica) que (sejun publicamen^e
se dice) le tiene ofendida la Gaueza , cuyo Argumento es que hauiendo
buelto la semana pasada de Zagarola donde estubo assi dos meses, se
fue a Viuir a casa de su Medico, y no en su propio Palazio, scendo re-
gular que los Medicos vayan a casa de sus enfermos , y no estos a la
dellos con que al parezer de muchos qneda el Gardenal Rospillosi inpo-
siuilitado , para tratar negogios de gouierno , y de la protecgion, y no
deue causar sentimiento , ni nouedad , à ninguno el que se restablezca
104 MISCELLANEA
.la Congregagion refenda o que dicho Gardenal renungie la protecgion.
Està vltima razon higo gran fuerga al Gardenal Altieri , y mostro que
sentia lo mismo. Con que espero buen sugeso de mis instangias, y su-
plicas de que yre dando quenta a V. Magestad.
No deuo omitir el Referir a V. Magestad vn discurso y no mal fundado,
de diuersas personas vien afectas a los intereses de la Corona, y es que
siendo el Gardenal Rospillosi aberiguadamente afecto a los de frangia
corno tamb'.en lo es el General de los Gapuchinos, y viendo que por me-
dio deste se turban las Proni ngias de su Religion en los Dominios de
V. Magestad (cosa que vnicamente desean y pvocuran frangeses contri-
buyendo de su parte quanto juzgan pueda condnzir a ella) se sospegha
y no sin razon que el dicho Gardenal Rospillosi, fome: ta los Digtamenes
y obrar del General, y por su medio las disenssiones e ynquietudes de
BUS religioso^, y que respecto de esto pò quiere que se restablezca dicha
Congregazion por cuyo medio recono?e se hauian de componer los di-
sturbios referidos, sin lograr frangeses, sus intereses; Yo, Seiior, no me
atrebeyeria l'ormar juizio pieno sobre este discurso , corno tampoco a
desapronarle de todo punto; solo digo que si tuuiere subsistengia seria
intolerable la malignidad di; el, ò de los que dieren motiuvo particular
para el. Pongo lo todo en la Real y soberana consideragion de V. Mage-
stad corno deuo que r^soluera y me ordeiiara lo que fuere de su mayor
seruigio. guarde Dios la Cattolica y Real persona de V, Magestad comò
la ChrJstiandad ha menester. Roma 11 de Enero de 1676. El Gardenal
Nidhardo.
XIX.
' B. S. - B. 1684).
S. M. con dispaccio in cifra, dato a Madrid il 19 febbraro 1676, si
Ultrattiene di vari argomenti militari e fra l'altro del timore che
molti, come i Tedeschi e i Calabresi abbandonino il servizio spa-
^(luolo e vadano a combattere insieme coi Messinesi; e del modo
jSfBCondo cui si devono ti'attarp i prigionieri di stato per politica
prudenza.
RI Rov
Illustre ..iui.^u.:^ .1.' Vilialranca Primo Gentilhombre de mi Camara
(Di Virrey y Capitan General en ol .Reyno de Sicilia. En la p.rimora de
MISCELLANEA 105
quatro cartas vuesìras de 29 de Nouiembre 6 y 20 de dexiembre dais
quanta del arribo del Principe de Montcsarcho a Palermo con la Capi-
tana y otros siete Vageles., y que passarian luego a incorporarse con
ellos San Bernardo y S. Antonio y cinco tartanas con bastimentos y xarcia
que hauia remitido el Marques de los Velez agregando vn burlote que
teniais preuenido en aquella Ciudad ponderando la falta de medios que
padeziais a cuia causa se hanian paissado a Macina los Alemanes y Ga-
labreses que desis temiendo siguiesen este exeuiplar otros, y pedis que
pues ay canlidad de gente de buena calidad en Milan donde por ahora
no se necesita de ella se transporte a esse exercito. En la segunda referis
el suceso de Saponara la prision que sebizò del .Varon de Micique.por
quien os iiauia escrito el Duqiie de Vibona la carta de qu ,• erabiais copia
para que fuese tratado corno prisionero de guerra, a que le respondisteis
en la forma que contiene la copia que embiais adjunta, anadiendo la pe-
solucion de justiciarle que con coniunicacion de los Ministros hauiais
tornado en està materia. La prision que tambien se executò de los van-
didos. El aprieto en que os tenia la falta de medios, la impaciencia que
manifestauan los Alemanes por està razon, los terminos en que os escribio
el Principe de Montasarcho de que remitis copia, corno tambien de la
respuesta que le disteis, con tanta templanza. Que el Theniente General
Blas Zanini trataba de su partida a Milan , hauiendo notado la licencia
que le congedi ; Y la necesidad que teniais de Cabos Mayores , respeoto
de no star en estado de trabaxar el .Maestro de Campo General. Con k
tercera remittis vn escrito publicado por Franceses sobre estableiter Rey
en Sicilia, y en la vltima referis la entrada de Ruitjar eu estìe puartq,
.la visita y agasajos con gue le tratasteis quedando de acnerdo de discurir
con el quando os pagasse la visita con quien continuariais todas las dfl-
monstraciones que mas puedan empenarle en mi seruioio. La insinuacion
4iue 08 hizò de la orden que tenia mia para vnirse con mi Àrmada.y.ia
.respuesta que le disteis; lo que escribisteis al Principe de Montesarcho
j)ara que ,pasasse a Melazo, y al Marques de los Velez para que hiziesen
.lo mismo los nauios que se hallauan en Napoles. El sentimiento que os
ha causado el que est^ armada no lleuasse Infenteria, que quedauais aguar-
dandola con la Capitana junto con las damas socorros que bay son me-
meater ;para que cesen los oontinuos clamores del exercito y en particular
ide los Alemanes a quienes hauiais socorrido con los diez y siete mil
-dncados que se os iremitieron de Napoles. Lo que esoribisteis al Marques
(de los Velez para que os embiaaae la mayor auma de dinero que puecte,
pues teniendo con que socorrer la gente podriais acometer a Mezina de
«nerte que facilitasse el salir con breuedad de tan considerable cuidado; y
«quedando con uoticia del oontenido de estas cartas , he resuelto por lo
106 MJSCELLAKEA
que mira a la gente qua pediì; de Milan se repitan las ordenes al Gouer-
nador para que reclute los tercios de aqnella nacion que siruen en esse
Reyno no teniendo por conveniente se desarme aquel exercito en mayor
numero, por lo que puede occurrir en la ocasion pressente, suppliendo
està falta con las leuas de Espaiìoles que he mandado se hagan para esse
Reyno. Y teniendoso entendido que haueis concedido licencia a algnnos
Officiales y soldados particulares de esse exercito y que muchos h^i n de-
samparado sus Vanderas haziendo fuga, os encargo os abstengais de dar
estas licencias y mas en ocasion tan precisa y en que son necesarios los
Officiales y gente particular, para cavo reparo ordeno al Virrey de Na-
poles y Gouernador de Milan que procedan a la aueriguacion y castigo
de los que se huuieren huido del exercito executando en ellos lo que
disponen las ordenanzas militares para que sirua de escarmiento a otros.
En quanto al sucesso de Saponara estareis con particular cuidado a poner
en los castillos y puestos (en que conuiniere entrar guarnicion) sugetos
de entera satisfacion valor y credito, para nojncidir en el inconveniente
que referis y en los que pueden resultar de mas perjudiciales consequen-
cias. Y en lo que mira al castigo que dezis del Varon de Michique aun-
que se juzga que quando os llegue este despacho le haureis executado se
ha considerado (para que os halleis aduertido) que semejantes prisioneros
son de estado y no comprehendidos en las reglas militares y que deuen
ser puestos en prision segura, sin passar a la execucion de la pena ca-
pital comò se practicó en Cataluna y en Portugal reseruandolos para lo-
vltimo de sus conquistas por las conueniencias que puede dar la reten-
cion de las personas sin proceder a la execucion, de que pueden resultar
graues inconvenientes corno en el caso presente se deue rezelar. Asi por
lo qae obrara el Dnque de Vibona , y da a entender en su papel comò
por la desesperacion en que entraràn los animos de los Mecineses que
comprehende tanta nobleza de esse Reyno viendo el castigo de los que fueron
prisioneros, porque semejantes demostraciones produzen dos efectos, vno
el escarmiento , y otro la desesperacion , y este caso es de muy mayor
inconueniente el segnndo , y assi estareis aduertido de lo que sobre este
ponto 08 digo para practicarlo. En lo que mira a la carta que os escribio
el Principe «le Montesarcho os aprnebo la attencion y templanza con que
respoDdisteis, y quedo aduertido del coiitenido del escrito que publicaron
Pranceses. Y teniendo presente lo macho que conuiene que se aflgen las
pagas por entero de la Armada de Hollaiida de todo lo capitulado con
ella, he mandado dar ordenes muy precisas para su satisfacion y para
que se elTectue la continuacion de su sernicio se preaenga el dinero ne-
ceaario, y a la Jonta de Armadas qne con suma breuedad haga aprestar
los oauios que se liallan en Cartagena para que passen a esse Reyno sin
MISCELLANEA 107
dilacion. Tambien se haze todo lo posible para que se aumenten las faerzas
de mar y he resuelto que luego se encamine a mandarlas Don Diego de
Harra para el buen gouierno y cobro dellas y qne lleue la cadena y os
la entregue para que la deis en mi nombre al General Ruiter y a vos
08 encargo pongais particular cuidado e;i que se saque la Artilleria y
demas pertrechos que se pudiere de los vageles que se perdieron en las
costas de esse Reyno aprouechando todo lo que fnere posible pues bien
sera necessario para el reparo de los demas corno lo fio de vuestro mucho
zelo. De Madrid a 19 de Febrero 1676.
yo el Rey
Bartholome de Legasa
Eie. Efe.
XX.
(R. S. — B. 1684).
Copia di una lettera in parte cifrata e senza data , spedita al
Viceré con real dispaccio del 5 marzo 1676, colla quale il Cardinal
Nithard informa S. M. da Roma, che il Re di Polonia trattava per
allearsi con lo Spirito Santo di Francia.
Senor
Con carta de 14 del corriente di quenta a V. Mugestad de lo que me
ocurria con motiuo de hauerme dicho el Cardenal Nerli Secretarlo de
Estado del Papa que el Cardenal Ursino havia tenido carta del Rey de
Polonia con muchas lamentaciones contra su Santidad assi de que no le
haya socorrido en las presentes Guerras contra el Eneniigo comun, comò
por no haiier dado Capelo en la vltima promocion al Obispo de Marsella
a quien hauia dado la nomina de aquella Corona ; y deseando yo hauer
a las manos vna copia de la referida carta para mayormente sauer el
contenido della me vali de el Gai denal Lita, quien en muchas ocasiones
.108 MISCELLANEA
ime ha sabmlnistrado nottcia«"«myc<>nneniècvtes al Kéal Sé^uìóio obTanido
-«omo may flno'vasallo de V. Magestad, por sauer la intpodución qtte
itiene en la damerà de'el Pontitìce, yqne no se bacia sospechoso eiipfe-
dirla, y valiendose para esto de vn confidente cainarero secreto, le fefirio
•todo Io qne contiene el Papel adjnnto, no haviendose podidosacar copia
■de la carta, porqae se la voluio luego al Cardenal Orsino con recado de
iSl Pontitìce en te forma qne assi mismo se «eraira V. Magestad mandar
•reconocer; A todo lo que represente a V. Magestad en mi antecedente
qne dejo citada en proposito de la adherencia del Rey Polaco'al de frangia,
y de lo que contiene este papel anadire para comprouacion de todo que
la semana pasada me dijo el Cardenal Vidone (qne [siendo] comprotector
de Polonia està [uà informado de] las cosas de aquel Reyno) que sa [uia
mny] de'segtiroqQe su Magestad Polaca trataua [de] ponerse el Auito
del Espiritu Santo de francia, y la misma noticia me dio el Cardenal Nerli;
y siendo corno se supone cierta està resolucion dejo a la Souerana pru-
dencia de V. Magestad las consequencias que de ella resultaran; Al Mar-
ques de los Baluases he dado està noticia para que la participe al Senor
Emperador, y a V. Magestad doy quenta para que informado V. Magestad
y su Magestad Cesarea de lo qne en razon desto pasa tomen las medidas
conforme conuiniere al Cesareo sef^tttóio y al Real de V. Magestad Nuestro
Senor etc.
XXI.
(R. S. — B. 1684). ,
Informazioni sul malcontento del Re di Polonia verso Sua San-
tità, allegate in copia al documento precedente di N. XX.
Bioriaio el Rey de Polonia vna larga carta en lengua Italiana alGar-
denal Orsino las semanas passadas, y le ordeno se la mostrase al Papa
faivople leer al coritonido, y ,proourar respuesta de ella de la propia voca
de Sa fiantldad. fae el Cardenal a la Audiengia, refirio la substanc^ia que
ftieron KFandisimas qui^jas, y el buon Viejo apagible sin pensar mas ade-
kiDie, porentonree no paso à haoer reflexion en la materia y dijo à su
Emineni.ua que la dejasc, detpads non mas comodidad se la bi(;o leer de
YD fMTSonaje .Amiffo secreto, y confidente del Cardenal Lita , el qual le
bt 'r6ferido, que el buen Pontitli.e oiondo muy despacio con 6us eidos la
JHSCELLAKEA 109
narratiua del Rey Polaco, se en?endio de colera por aqael brene tiempo,
que le permite su manso naturai haciendosela dejar sobre el bufete la
ha mostrado à algonos Ministros, y Gardenales exajerando lo que le mal-
tyataua, L^s qi[iejas se redogen à. tres Gapitalos, el primero^ qua dtìsde
elidÌA de sa,asump§ion al, Reyno asta bora (scudo el ei antemural de la.
fee Gathiolica) ha r^yiuido d©l,smmiì« Ponjtifl<^, y de la Sede Appstoiica,
grapdes estim.ulos para obrar graudes piiomesas de intea^ionoa, y subsidios,,
perp despues-ensubstaagia desiguale.s socorrps muy teuues, y escasos, y,
impropfos de la ne^esidad, y. de su condicio».
El seguado, que.no ha ppdido obteaer diuer^a* grac/ias liv'itas, que-hai
pret^ndido alargaudose mucbo spbre el auersele negado, ,de voluer à iui- •
biar.por Nuncia à Polonia, à Monsefior Ranucti lianiendolo, pèdido eoa.,
diuersaa cartas.
El tercero eiclama contra la vltima promo(;ion , y por que no vee
Cardenal al Obispo de Marsella (que corno nombrado del Rey pretende
deuerlo ser de ra^on) con frases altiuas, y Gapitalos picantes [su] queja,
concluye, qae hallandose maltratado [ón el] mismo modo el Rey Ghriatia-
nisimo aiiibos naran vnidisimos, y sabran tomarse por
deuidas salisfagiones a la restauracion de [perso] nas ofendidas.
Hase estado en Palagio con perplegidad agerca de lo que se ha de hager.
despues se ha resuelto de voluer à imbiar la carta al Gardenal Orsino
por medio del Abad Ballon di(;iendo q«e mientras no viene dirijida al
Papa su Beatidud està fuera de la obligagion de responder , y que por
tanto no dige otra cosa. El abad Ballon concloidas las palabras de la Em-
bajada mostro de quedarse con el Cardenal Orsino algun poco en forma
de corabersagion, y corno de saio se entro à discurrir sobre la injusticia
de las quejas Polacas desuaneriendolas con varias ragones sin empenarse
à que paregiese, que las trahia de orden de Palagio.
Esto es quanto puedo degir à<;erca de la carta qae se desea de la^
qual no se saue que nadia baia visto copia pero bien si la ha leido (comò
se ha dicho arri uà) va personaje Amigo segaro infalible.
XXII.
(R. S/,— B. 1684>.
Dispaccio di S. M., dato a Madrid il 5 marzo 1676, 3ul pericolo
che il Re diiPolouia si unisca con. quello di Francia, durante la.
guerra..
1 10 MISCELLANEA
El Rey
Illustre Marques de Villafranca, Primo, Gentilhombre de mi Camara
mi Virrey y Capitan General en el Reyno de Sicilia. El Gardenal Nidardo
me ha escrito la carta de qae va aqui copia sobre las qaejas que en nom-
bre del Rey de Polonia se han dado a su Santidad por no hauersele asi-
stido para los gastos de la guerra contra el Turco. Y porque de lo que
el Gardenal discurre y de las noticias que comprehende el papel que
biene en su carta se puede recelar que aquel Rey quiera adherir a la
Corona de Francia , estareis en quenta de elio para inquirir y atender
si de su parte se intenta alguna negociacion contraria a nuestros inte-
reses. De Madrid a 5 de marzo 1676.
yo el Rey
Bartholome de Legasa
Eie. Etc.
XXIII.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio , dato a Madrid il 6 marzo 1676 , appren-
dendo quanto il Viceré aveva scritto il 9 gennaro dello stesso anno
relativamente a La Mola e a Taormina, gli fa sapere di attendere
la notizia della presa di quest' ultima piazza.
Don Carlos por la gracia de Dios Rey de las Espaùas, de las dos Sici-
lias, de Hierusalem etc. May Reuerendo en Ghristo Padre Gardenal Por-
tocarrero mi muy charo y muy amado amigo de mi Consejo de Estado
mi Virrey y Capitan General del Reyno de Sicilia en ynterim. Por lo
qae referis en carta de 9 de Henero quedo con noticia de la forma en qae
haoiai» proueydo de gente y ulueres el Castillo de la Mola , de lo que
frenzeses hauian sentido este suzeso, y disposiciones que preuenian para
recuperar aqnel Paesto , del intento con que el Doqae de Bornouile se
mantenU en sa zercania , y qae esperaaais muy en breue la toma de
Taormina, en que solo [se of J reze deciros se qaeda esperando la noticia de
MISCELLANEA 111
haverse [ya tornaci] o està Plaza. Y sea May Reuerendo en Christo Padre
Cardenal Portocarrero mi muy charo y muy amado ainigo Nuestro Senor
en vuestra continua guarda. De Madrid a 6 de Margo de 1676.
yo el Rey
Bartholome de Legasn
XXIV.
(R. S. — B. 27).
Il Duca di Santa Lucia, il 10 marzo 1676, da Palermo, accusa
al Viceré ricezione delia lettera di lui de' 3 dello stesso mese, colla
quale si approvano le dimostrazioni l'isolute ad onore di Ruyter e
della flotta Olandese dal Senato di Palermo, e manda notizia di
aver preparato secondo le richieste avute, 300 quintali di biscotto
per questa flotta e 1300 per quella spagnuola , con la speranza
che le due armate unite faranno a tempo a dar molto calore a
Messina , dove la rivoluzione minaccia di durar lungamente.
XXV.
(R. S. — B. 27).
Il Duca di Santa Lucia, Capitano Giustiziere, in data di Paler-
mo 13 marzo 1676, scrive al Viceré che sarà data alle stampe,
come era desiderio di lui , la risposta del Senato di Palermo ad
un manifesto dei Francesi, e che di essa gli si invieranno alquante
copie per il Re e pei Ministri.
112 MISCELLANEA
xxvr
Il Duca di Santa Lucia, con lettera data a Palermo il 20 marzo
1676 , invia al Viceré , che si trovava a Milazzo , duecento copie
della stampa, contenente ■ là risposta del Senato di Palermo ad un
manifesto dei Francesi , con la sicurezza « che lo scritto , et im-
presso sarà perpetuamente comprobato con l'opere e con esporre
le vite e tutto in servizio di S. M. ».
XXVII.
(R. S. — B. 27).
Il Senato di Palermo, con rappresentanza del 23 marzo i 676,"
fa conoscere al Viceré i gravi pericoli a cui si andrebbe incontro
levando e mantenendo truppe regolari in quella città' (1).
Eccellentissimo Signore,
Si ó preinteso dal Senato, come si pretenda da alcuno de' Mastri di
Campo ottener da V. E. la permissione di leuar soldati in questa Città.
Et ancorché ciò non si possa supporre, mentre in V. E. il zelo é gran-
dissimo, e la prudenza impareggiabile, nulla di meno essendo il negotio
pieno di molte, et importantissime considerationi, stimò il Senato di por-
tarle alla notizia di V. E. con quella veneratione che sempre da noi è
donuta.
Non è la prima volta , Eccellentissimo Signore , che si pensò di far
leua di soldati in questa Città : come successe nel gouerno del Signor
Daca di Albunquerqoe Senióre, e del Signor Almirante di Castiglia, ma
SODO par fVesche le memorie degli inconuenienti grauissimi, che succes-
(1^ Il Viceré riipose da Milazzo nello stesso giorno dicendo , che si
•n parlato di ciò, mu nnlla si era risoluto, tenendo presenti le ragioni
contrarie, ed asiioarando del sao affetto e della sua buona volontà.
MISOELLANBA 113
sero, e 1' alzar della mano, che seguì per darai V opportuno rimedio, e
pure in quei tempi si trouauano presenti li Signori Viceré , che ó una
circostanza , che non si uede adesso , e nulladimeno non si sono potnti
sfuggire gli imbarazzi seguiti.
Non tantosto si udiranno tamburi, segnalati posti, e Corpi di Guardia,
che si introdurranno li giuochi, cosa tanto dannabile, quanto V. E. stessa
per hauerla cosi considerata , 1' ha prohibita seriamente da tutta questa
Città, né adesso se ne vedeno, come succedeua in altri tempi, e da questi
si giusti ordini deriuó in buona parte l'ageuolezza nel mantener la quiete,
nel rimouer gli scandali.
Dalli giuochi susciteranno li furti, poiché piglieranno per poter giuo-
care le poche robbe, e massaritie delle madri, e moglie, e queste andando
per la Città urtando, e gemendo, portano ammiratione, econuocano unione
di genti, senza sapersi con qual euento. E le genti sudette, che sono della
più bassa et infima plebe tanto per la faciltà, e' hanno quando terranno
l'Asilo, e ricouero ne' posti, e corpi "di guardia, doue possono anco na-
scondere le robbe rubbate, quanto perché li soldati in comitiua difendendosi
vniti, possono usar violenze , su la sicurezza di venir protetti da Capi,
di non esser sottoposti, né poter esser riconosciuti dalla Giustitia ordi-
naria della Città, e di non i iceuer la debita pena , potranno anco darai
ad aprir botteghe di notte , e far altri furti , latrocinij , e compositioni
con li quali porranno la Città in confusione.
Vi sono parimente le commodità di portar l'Arme, e può questa yente
facinorosa, che si assenta alla Militia , farlo per vendicarsi de' nemici,
ò vero riceuer premio per ferire, vccidere, ò maltrattare altri Cittadini
come mandati , et vn male portando 1' altro succederne poi gravissimi
inconuenienti in pregiudicio della quiete publica e maggiormente in questa
assenza di V. E., che né fa vie più temere.
E poi considerabile la sicurezza , che questa gente si ponga à com-
metter frodi tanto con entrar le cose senza pagare le gabelle, come con
uscirle. E li Ministri, et vlflciali del Senato non potranno resistere alte
loro violenze , né nelle Porte della Città hauranno , chi uoglia apporsi
alli loro attreuimenti.
Sarebbe anco da riflettere , che necessariamente douranno nascere
continue altercacioni, e controuersie tra il Capitano di Giustitia di questa
Città, e li Mastri di Campo per causa di giurisditione, e da esse infinite
disturbi nello essercitio di essa.
E per canto del Senato, risulteranno anco non poche pregiudicij, poiché
vorranno li Maestri di Campo tener Corpi di Guardia quando non ó solito
in questa Città, assenti gli Eccellentissimi Viceré tenersi, che nella Casa
Senatoria.
Arch. Star. Sic. N. S. anno XXIV. 8
114 MISCELLANEA
Poniamo per ultimo, come per cosa importantissima riflettibile dalia
gran prudenza di V. E. che questa Città é habitata in buona parte da
quantità di fuorastieri. a' quali nulla importa la quiete, anzi é à cuore
qualunque imbarazzo, e torbido. Vi sono molti malcontenti, conio sogliono
essere nelle Città Grandi, molti mendichi, che desiderano nouità. Vi sono
molte migliara di Messinesi, che bora stanno rattenuti con timore, che
poi potranno tra il ruido di delitti, e delia gente facinorosa suelarsi a
qualche tentatiuo. E pero il tutto è parso al Senato di rappresentare a V. E.,
come cose importanti per mantener la quiete, che da esteri è tanto inui-
diata in questa Città, e sostenuta dalla gran riuerenza, che tutti Cittadini
tengono al nome glorioso di V. E , ed all'affetto e fldeltà, che dobbiamo
al seruitio del Re nostro Signore, che dio guardi, e però speriamo che
si degnerà in questa occosione far rimouer ogni rischio d' inconueniente,
con ordinar almeno , che li Mastri di Campo , quando necessariamente
hauranno da far lena, si fermino in qualche altra città vicina, doue non
si possano considerare, né succedere li disturbi, riuerentemente habbiamo
a V. E. rappresentati , e le facciamo humilissimo inchino. Palermo 2Ji
Marzo 1676.
Per il Senato di Palermo
D. Giuseppe Sitayolo
XXVIII.
(R. S. - B. 27).
Il Viceré, con lettera al Duca di Santa Lucia , data a Milazzo
il 27 marzo 1676, ringrazia il Senato di Palermo per la risposta
fatta al manifesto francese e per le copie a lui mandate, delle
quali alcune aveva spedito ai Ministri e al Re per via del Con-
siglio di Stato e del Consiglio d'Italia, rendendo insieme conto a
8. M. della premurosa devozione del Senato stesso. Aggiunge inoltre
notizia di alcuni provvedimenti guerreschi, decretati a tutela della
capitale dell' Isola.
MISCELLANEA 115
XXIX.
(R. S. — B. 1684).
Con Real dispaccio, dato a Madrid il 31 marzo 1676, ripetendo
quanto sul proposito aveva scritto al Viceré coi dispacci de' 18
novembre, 2 marzo e 30 marzo dello stesso anno, S. M. manda
copia di un rapporto del Cardinal Nithard, spedito da Roma agli
11 di gennaro 1676, e di due lettere, spedite da Palermo dal padre
Giuseppe di Ica, Commissario Generale dei Cappuccini in Sicilia, le
quali riguardano le turbolenze di quei frati e le mene del loro Ge-
nerale , ordinando di non permettere che questi mandi nell' Isola
Visitatori , i quali non fossero regi sudditi , o che violi i diritti
della Monarchia in tale materia e ^enga meno anche ai riguardi
■ed alle convenienze, dovute ai Ministri del Re, come di recente
in Napoli, facendo personalmente la visita, senza neppure degnarsi
xii darne avviso a quelle Autorità regie.
XXX.
(R. S. — B. 27).
Don Diego Brunaccini, perseguitato dai Messinesi, che gli ave-
vano confiscato, devastato o bruciato ogni avere, per essersi egli
mostrato zelante ministro e suddito di S. M.; per aver al principio
dei torbidi fatte uscire «da. quella Babilonia» alcune sue figlie,
le quali si trovavano in convento a Messina, ed aver lasciato il
fratello, sacerdote Don Antonio , a Romelia, perché si cooperasse
alla salvezza di quel posto importante; chiede con supplica, data
.a Palermo il 7 aprile 1676, che sia confermata in un documento
officiale la benevola promessa fattagli altra volta da S. M. di dargli
degno compenso quando la città ribelle fosse stata sottomessa,
• dichiarando intanto di bastargli per vivere i frutti della sua pro-
Jfessione di avvocato.
116 MISCELLANEA
Una nota viceregia annessa alla supplica, fa conoscere che essa
fu favorevolmente accolta.
XXXI.
(R. S. — B. 27j.
Testimonianza dì frate Francesco Corso, in data di Palermo 1°
giugno 1676, relativa ai maneggi dei Messinesi in Roma, che pre-
cedettero la rivoluzione. (Allegato al documento di N. XXXVI).
Io infrascritto ueriflco con giuramento innanzi l' Illustrissimo e Reue-
rendissimo Giudice della Regia Monarchia qualmente nell' anno 72 e 73,
ritrovandomi in Roma per alcuni mei affari hebbi occasione di pratticare
il convento del Novitiato delli Padri Cruciferi à fontana di Treveri, per
esservi ivi molti Padri paesani , et amici , so di Causa scientia , et ho
ceduto stantiare per molto tempo due Cauaheri Messinesi con due Serui-
tori che tutti habitauano in quel convento, uno delli quaU Caualieri intesi
esser chiamato il Barone di Cartafi Giurato Messinese fuggito da Messina,
doue molte uoUe ci uidde ancora nenire à uesitarli diuersi altri Messi-
nesi. Parti poi per Genoua lasciandoli d' habitatione nel medesimo Con-
uento ne ho saputo più altro. Hoggi In Palermo a primo Giugno 1676.
Io francisco Corso
XXXII.
(R. 6. — B. 27).
Testimonianza di frate Vincenzo Franchini, in data di Palermo
1* giugno 1676 , relativa ai maneggi dei Messinesi in Roma , che
precedettero la rivoluzione. (Allegato al documento di N. XXXVI).
lo Infiratcritto certifico con Giuramento alla presenza dell' Tllnstrissimo
• ReaerendiHimo Sit^nore Giadice della Monarchia qualmente ritrouan-
MISCELLANEA 117
domi In Roma di stanza nel Nouitiato della mia Religione à fontana di
Treueri dell' anpo 70 sino al 75 in circa aennero fugitivi da Messina il
^^roft^ di CaitjafJ Qon un altro Ciivaliere , ct^e non mi ricordo il nome,
con due seruitori che tutti erano stati dichiarati Rubelli e fumo allog-
giati in detto Nouitiato dal Padre Giovan Stefano Garibaldi Generale della
stessa Religione, e fumo dà lui spesati per lo spatio d' un anno, e più,
dòppo sei mesi in circa uennc spedito da Messinesi D. Paulo Viperano
fratello del suietto Barone di Cartafl e fu riceuuto parimente dall'istesso
Generale nel medesimo Nouitiato. Venne ancora in Roma fugitivo per la
medesima causa di ribellione D. fllippo Cicala, che uenendo ogni giorno
al Nouitiato nelle Camere del Generale oue interueniuano il detto Gene-
rale con r Assistente di Sicilia e Procuratore Generale chiamato Padre
Giouan Battista Lasagna , e li due Cicala , e Cartafl si faceuano lunghi
congressi. Doppo alquanti giorni cominciò a uenire nella detta conuersa-
tione l'Abbate de Sanctis Secretarlo dell'Ambasciatore di Francia amico,
e confidente del Generale e Procuratore Generale che ambi sono Genouesi,
a' quali si aggiunse l'Abbate Scartati Agente di friucia, fratanto spedirne
per Messina il D. Paulo Viperano in Vece del quale fu da Messinesi
spedito il figlio di Cafaro , che era attualmente Giurato che arriuato in
Roma, e presentate le spedittioni del senato à sudetti in un subito spa-
rirne il Cartafl, Cicala, e il detto Cafaro essendo stata trasportata la robba
di detti Rubelli nell'istesso giorno alla Casa Professa detta la Maddalena,
e consignata al Procuratore Generale nelle sue proprie Camare. Doppo
tre giorni si disse per Roma che li sudetti Cicala Cafaro , e Cartafl ri
ritrouauano nel Palazzo dell' Ambasciatore di francia , dal quale (come
pqi si seppe dà un s^ruitore del Cartafl chiamato Don Lorenzo) fu spedito
al Re di Francia Cafaro restando li due che doppo un mese fumo ancor
loro spediti per Marsiglia e tutti ritornorno à Messina con l'istessa Ar-
mata di francia , fratanto seruendosi il Generale d* al^ri due Padri con
lui uniti del Padre Raffaele Prosimi Messinese, e del seruitore del Car-
tafl Don Lorenzo appostai imente lasciato in Roma per mandarli quando
occorreua dall'Ambasciatore di francia, e dall'Abbate de Sanctis, e Scar-
lati. era di continuo ragguagliato da Messina, e sullecitana l'Ambasciatore,
e il Cardinal di Tre per li solleciti soccorsi; spedirno poi il Padre Pro-
simi per Messina, doue da francesi fu fatto Prouinciale, e corre uoce in
Roma che havesse hauuto altri titoli con Ietterò, reale del Re di francia,
come si disse ancora che il Generale babbi stato regalato di sei mila
scudi con la speranza, e promessa di magior premio; per aia del Padre
Lasagna Procuratore Generale fu introdotto all' Ambasciatore di francia
Don Carlo Messina, e Don Michele Lipari messinesi ambi fugiti da Na-
poli che dal medesmo fumo mandati a Marsiglia, e Don Carlo Messina
118 MISCELLAlfEA
che era Caualiere di malta andò alla Ciorte del Re come si disse in Roma;
e questo é quanto ha veduto, e practicato stando in Roma.
Hoggi primo di giugno 1676. lo Padre Vincenzo franchini dei Chierici
regolari Minori dell' Infermi testifico con giuramento quanto di sopra.
XXXIII.
(R. S. — B. 27).
Lettera di D. Vincenzo Zizzo, data in Palermo il 5 giugno 1676^
dalla quale si ricava la notizia di vari disordini successi in Palermo^
Ulnstrissimo Signore,
Per sfogare 1' affetto unito con 1' obligo si deue alla Maestà Catolica
del Re nostro Signore, e complire con le obligazioni, oltre dell'assistenza
feci, e col Signor Pretore, e Monsignor Arcivescovo nell'lncontratura di
Martedì 2 dell'istante, anche yn questa di hieri ho continuato nel seruitio
con attenzione douuta assistendo col Tribunale del Santo officio di cui
mi trono Aoocato di Preso Ordinario, e Consultore, hauendo dato il re-
paro, e fatto si smorzasse Testi ntione della robba di Don Carlo Valdina,
e quietato maggiori Inconuenienti; ed Incendi.] tentati; nulla ó poco sti-
mando r euidente pericolo della vita , hauendo solo mira al maggior
seruitio del Re Nostro Signore, à cui Iddio conserui per mille secoli ed
alla quiete della Patria , stando anche per sempre esposto à qualunque
Accidente che potesse Incontrare , benché ciò non si spera (mercé alla
bontà Dinina) assecurando V. S. Illustrissima che tale mi trouerà In qua^
liinqae seroiggio che si compiacerà comandarmi mentre pregando il Si-
gnore me lo conserui me l' Inchino riuerente. Palermo 5 giugno 1676.
Di V. S. Illustrissima Illustrissimo mio Signore
Deuotissimo et obbligatissinio suo vero seruo-
D. Vincenzo Zizzo
lUostriMimo Signor D. Pietro del Castro
MISCELLANEA 119
XXXIV.
(R. S. — B. 1684).
Real dispaccio, dato a Madrid agli 8 di giugno 1676, col quale
S. M. emana alcuni ordini per riparare all'indisciplina e a vari
disservigi nella flotta.
XXXV.
(R. S. — B. 27).
Copia della traduzione di una lettera scritta in olandese , in
data di Palermo 4 agosto 1676, nella quale Gerardo Gallenburgh,
fornisce varie notizie militari sulla difesa di Palermo, sulle buone
disposizioni dei suoi compagni olandesi verso S. M., ed accusa rice-
zione di una lettera viceregia, alla quale era unito fra 1' altro il
titolo della pensione accordata all' Ammiraglio Ruyter e ai suoi
successori.
Eccellentissimo Signore,
Ieri ho ricevuto la gratissima carta di V. E. delli 28 del mese pas-
sato con due incluse una delle quali di Sua maiesia Cattolica ambe dirette
al quondam viceadmirante Giovanne de haen quali consegnai al figlio
del defonto, il titolo con la pensione che Sua maiestà ha compiaciuto dare
al quondam Signor Generale Ruyter e Suoi Successori e veramente un
Segno di grata ricompensa corrispondente al gran seruitio che detto Ruyter
ha prestato alla corona di Spagna e Thauerebbe indubitatamente perfettio-
nato e portato a fine Se la inuidiosa morte non l'hauesse troncato la vita
per mezzo della disgi'atiata palla nemica quale si puoi dire che habbia
leuato quel gran marte che per Sua maiestà cattolica e la nostra Patria
ha finito sì gloriosamente li Suoi giorni tocanle la mia particolare incli-
nazione per Proseguire lo Seruitio desiderato contra li rebelli messinesi
e qualsiasi nemico di Sua maiestà posso assicurare a V. E. che da parte
120 MISCELLANEA
nostra laremo tutto l' impossibile per consolarlo et anche per corrispon-
dftre alla instruttione di Sua altezza il Signor prencipe d'oranges conforme
r ultimo di giugno fu ancora deliberato nel nostro consiglio di guerra,
ogni volta che V inimico vorrà di nuovo violare questo Porto a quale
fine haueamo fatto una Catena che sarà attaccato della lanterna per essere
libero d'ogni Borlotto del nemico, hauendo anche determinato di mettere
vicino la Cattena verso li magasi ni di fornimento quatro o cinque nani
poderose oltre che ho fatto offerire al Signor Conte San Marco Pretore
quantità di bombardieri artiglieri e Soldati della nostra flotta per assi-
stere al canone sopra li baloardi e muralie della città quale offerta dal
sudetto Signor Pretore fu cortesemente accettata , quando noi Saperemo
certamente che V inimico Se troua Solamente con 20 nani in mare con-
forme il Signor marchese di bayona ha riferto noi con la nostra flotta
anderemo in mare per incontrarlo
)a oaue jnglese nella quale era imbarcato a liuorno la monizione e
Palle per 1* armata e capitata questa mattina e quanto prima lo Sbarca-
remo con repartirlo alle naui con che fluisco e bacio con ogni humilta
le mani di V. E. e resto
Eccellentissimo Signore
Di V. E. humilissimo Seruo
Gerardo Callenburgh
Nella nane concordia nella Baya di Palermo 4 agosto 1676.
XXXVI.
(R. S. — B. 27).
Rapporto del Giudi»;© di Monai,'chia, in data di Palerm,o 13 agosto
1,676 , i^ol quale fra I' altro si parlai 4^i maueggi dei Messinesi a
9^a, che precedettero la rivoluzione, della complicità in es3,i di
ymri frati dell'Ordine dei PP. Gruciferi e del loro Generale, e delle
•i»paii6 francesi di un chierico cruciforo a nome Antonio Restagno
di Mondovi.
MI.SCK1.LANEA
121
Eccellentisimo Senor
Senor Por Secretarla en carta de 31 del pasado Se sirbe V. E. de re-
mitirme el memorial qne el General de los Padres cruciferos dio al senor
cardenal Embaiador y me manda V. E. que con mi parecer de qaenta
a V. E. de lo que se me ofrece ?ercu de su contenido;
Ea el memorial se queja de mi el General representando al senor
Embaxador, que el Padre Joseph caruso Proposito de la casa profeaa de
Palermo con patente suya despidio de està Qiudad al lego Antonio Re-
stano del mondoui tiaboyardo, vsurpando.'^lajarisdizion que nol^toc^mi,
^iendo esto contra las bulas Pontiflt^ias , y que haviendose suspendido
por està causa de su oflgio; yo le he defendido, ordenando sea mantenido
on su paesto, Pretestatidolo con decider haaia sido con orden mio, p^^ra,
escugar de culpa al diche Padre caruso, y que por no hauer sido contìr-
mado en la nuebas eleciones de superiores que hauia hecho el General
hauia impedido no se executasen las patente» de Prpuincial, y otroa pre-
positos en està Prouincia, y pide al seiior cardenal Embaxador se inter-
ponga con V. E. para que ten^ian execuciou dichas, patente^, y que p,re-
tendiendo yo utra cosa en contrario , se ponga la causa en justiQia eli-
giendo V. E. jueges para ella, o se entreguen las Patentes a los superio-
res elegidos Para tornar las posesioiies de sus ortcios ; à esto se redugei
la pretension vana del General;
Senor Excelentisimo quando el ano passado dio vista la Armada da
Trancia a està ^iudad, nos dio mucho cuydado a to los y algunos habUo,
];uas de lo que deuieran , llego a mi notizia entoages qae el dicUo lej^
Antonio Restano, hablaua publicamente con poco re.specto contra la co-
rona ; y muy a làuor de frangia ; Procure remedlarlu y que fuese sin
escandalo, ordine al Padre caruso eonogido mio, cpmo cpnsultor del santo
o^yio y Proposito en està cassa profesa, sugeto de las partes que a V. E.
consta y tan .-ino y liei vasallo de S. Magestad que tìugiendo algun^
causa con Patente suya le dispidiese de està Qiudad, Porque si me daua
por entendido , era jjregiso hayer scbera demostrazion con dicho lego,
que no podia estar bien al decoro de su Religion, executo luego ci Padre
caruso mi orden ;
Sintieronlo con tanto cxtremo los superiores de Roma que inmediata-
mente le suspendea de su puesto de preposito no hauiendo querido admitir
hauia sido por orden mio ;
El afecto y Inclinazion que el General y un padre Monforte Siciliano,
que es su consultor tienen a francia es notorio, de que estoy iuformadq
pues admitieron en su nouigiado de Roma, al varon de catafe y a Zigal^
122 MISCELLANEA
PriDQipales reueldes, y de halli salian a hacer los tratados con el Enba-
xador de frangia para la sublebacion de Medina y el Monforte es quien
tiene la confianga de estos rebeldes por la amistad y corespondengia qae
siempre conserao con el catafi , y quien es el que de Megina a Roma
lleoa caitas y con la respuesta buelve a Megina es el Padre Proximo
su religioso crugifero aquien dicen que el Duque de Vibona hizo Vige
Probincial y asi tienen su inteligengia;
Con estas notigias siempre procure que de està parte de Palermo no
huuiese alguna inteligengia porque el Monforte hauia puesto Preposito
en el nouigiado de està ^i^dad a un Padre Megines, y comò el convento
està situado a la parte de la marina estuue con determinazion de sacarle
loego Pero el Padre caruso me aseguro era hombre retiradp , y que si
supiese algo, me lo auisaria no sugedio nada por la misericordia de Dios,
Pero luego que acabo suo oflgio se fue de este Reyno Por las instangias
qne hige, lo qual no pudo tolerar el Monforte que es vn mal vasallo del
Rey y quien a Rebuelto esto centra el caruso ;
En carta de 28 de febrero di quenta a V. E. de todo , lo sucedido y
V. E. fue seruido en despacho de doge de Marzo mandarme se mantuuiese
al caruso en la posesion de su oflgio;
De las Patentes que el General ha imbiado nombrado Prouincial y
otros superiores tengo impedida su execugion por hauer sido el general
nombrado por breue y mientras no està eiecutoriado en el Reyno no
puede exerger el general jurisdigion alguna y siendo el general y Mon-
forte afectos a frangia corno consta de la testitìcagiones que originales
quedan en mi poder, cuyas copias son las inclusas que a V. E. remito,
conocera V. E. si en los tiempos presentes combiene se execute diche
breue ;
De todo lo sagedido di quenta al seiior Cardenal Embaxador para que
lo remediase y no permitiese fuese mortiflcado el Padre Caruso por hauer
executado mis ordenes y que mandase al General no lo remouiese de
8U oflgio antes se le conseruase en el Respondiome Su Eminencia abia
llamado al General y le hauia referido el contenido de mi carta ad viertien-
dolo no hiciese molestia al Padre Caruso y que le a.lelaiitase en el Pro-
uingialado desta Prouincia. Pero el General obstinado centra el Caruso le
calillcana de mentiroso. y me remitio otro memorial que le hauia dado
comò el de V. E. a qise satisflce en ej^ta misnia coiifDrmidad que hago
«ora a V. E.
Y para qoe V. E. conozca la pasioii que oste General y el Monforte
maettran contra el CaruHO me es pregiso representar a V. E. otro caso
qae me sucedio en el mismo tiempo qae ordene saliese el layco de Pa-
lermo y fue qne el dia do santa Rosolca a seis oras de noche los Mini-
MISCELLANEA 1 23
stros de la ronda del capitan me trajeron vn Religioso crucifero que-
allaron en vna casa vestido de seglar con su caueilera postiga , orden©
le pusiesen en bicaria para castigane conforme meregia su delito, Uego
luego a notigia del Padre Caruso el sugeso que comò celoso de su Reli-
gion y abergoncado de tal exgeso , doliendose padeciesen sns religiosos
semegante descredito, me pidio se le entregase, que ellos le castigarian..
Condescendi a sus instangias entregandole el religioso que al pressente
me digen està cumpliendo su penitengia.
Pues corno (Senor Excelentisimo) el General y su consultor Monforte
no consideran las atengiones con que mira el Padre Caruso por el mayor
decoro de su religion, y solo atienden a Mortitìcarle por hauer sido exe-
cutor de mis ordenes en materia tan importante al seruicio de S. Ma-
gestad ;
Es de mi obligagion suplicar a V. E. corno lo hago con el mayor ren-
dimiento que puedo se sima de no permitir se priue al Padre Caruso
de su oflgio que yo le mantendre en el |en conformidad de la orden
de V. E. para que los superiores de Roma aprendan la veneragion y
obedìengia que deuen detener a aste Real Tribunal de la Monarqnia y
que siempre en el se obra lo que es ragon y justicia V. E. mandara en
todo lo que mas conueniere guarde nuestro Senor a V. E. corno importa.
Palermo y Agosto 13 de 1676.
Excelentisimo Senor
Beso las manos de V. E.
Su Capellan de V. E.
Don Bernardo Yigil de quinones
xxxvn.
(R. S. — B. 1684).
Il Viceré di Napoli , Marchese di Los Veles , con lettera, data. -
a Napoli il 15 agosto 1676 , manda al Viceré di Sicilia Marchese -
di Villafranca una lettera diretta al signor Filippo di Allegra da.
Milazzo, colla quale il cugino di costui, don Nunzio Spataro, lo pre-
gava di avvisare quel Viceré che alla marina di Savoca prestavano- -
servizio militare a capo di alquanti uomini Masi d'Angelo e Anto-
nio Mastroheni, i quali avevano in Messina fatto parte della Gom-
124 MISCELLANEA
pa^nia dpi celebL'Q ribella Don ftiacopio Av^rna , e che per tarjtp
Q per il Iqro poco affetto, al res^l servizio si teme di e§§i e. dei
loro si sian prestati a ciò per avere occasione di fare qualqhe
tradimento.
Da un'annotazione apposta al dorso della lettera, rilevasi che
fu ordinato di prendere le necessarie informazioni sul proposito.
XXXVIII.
(N. S. — B. 28).
Il Conte di Villalta, Capitano di giustizia in Palermo, con sua
l^tter^ del 23 ottobre 167fi, dà al Viceré varie importanti nq-
tizie sugli umori prevalenti nelle Maestranze di Palermo a pro-
posito del permesso di portare armi.
Eccellentissimo Signore,
Prima che V. E. si partisse di questa Città le rappresentai, che per
la permission generale che ui era di poter ciascun portare armi non ci
er^no persone, che uolessero ricQuere le prouisioni, e in conseguenza
neniua a mancare il seruitio delli Prouisionati, delli quali si compongono
le Bande, che seraono alla custodia della Città in tempo di notte, e che
per essere all'incontro difficile il proibirle totalmente per la condictione
de tempi presenti, rimetteua il tQ|tQ a^ll^ consideratione prudentissima
di V. E. la quale si serui dirmi, che al suo ritorno si sarebbe trattato
di questa materia con più maturità ; In essecutione di che douondosi
pubblicare ogn'anno dal Capitano il solito hanno io apostata niente ne
leoai da quello tutti i Capitoli attenenti all'apportatione dell'armi; E per-
ché si 8uo|.- dal Sindaco della Città mettere il publicetur ad ogni bando,
mi fa dal detto Sindaco fatta dilllcultà, e tratteimta per più giorni la
publicatione di essa, a!*sercndo che il non proibire 1' apportatione del-
l'anni ridondaua io pregiudicio della gabella, che ne hanea assegnata la
Città, e clu' uolea dar conto di ciò al Senato per indurmi à che iu auessi
poflo nel dut^) bando la fud'tta proibition^, lo però bevendo da^o conto
a V. E. cq}ii« l|6 acct;}^()ato di .^opra stimai sQmpre non douer far no-
MISCELLANEA 12'
dita alcuna, si che dopò qnattro ò cinque giorni mi fu restituito il ban-
do, e io feci lunedi passato publicare senza che in esso ui fosse stati
minima parola toccante l'apportatione dell'armi, e ttell' istessa maniera
r ho fatto registrare nell'officio di Maestro Notaro delli Giurati, come é
costume di farsi, Questa mattina poi mi é uenuto il Sindaco della Città
con imbasciata da parte del Senato, e Pretore, che per esser hieri oc-
corso che un Officiale uolerido prender un maestro col pugnale nellt
strada delli Scopetteri, ne èra seguita una rissa con ferita in testa di
vno, e che si mormoraua dalle JMastranze, immaginandosi che nel bando
già publicato Ui fosse la proibitióne deli' armi conforme é solito èra dt
parere il Senato, che io douessi far publicare nuouo bando, nel quale
dichiarassi che nel precedente non ui era stata proibitióne di portar ar-
mi, e che iii uirtù di quest'altro si permetteua, che ogn' uno le potesÉfe
portare d'ogni sorte dalle pistole, e stiletto infuori risposi per all' hot*à
ni Sindaco, che parendomi la materia assai graue non poteua pronta-
ìnente darle risolutionè, tnà che dopò tli considerarla hauerèi mandata
la risposta al Senato; Ho poi uoluto indagare sottilmente come sia pas-
sato il rumore alli Scopetteri ne interrogai il Consolo di essi alla pre-
senza de Giudici della Corte Capitaniale e mi affermò, che non ne n' era
niente di quanto ueniua detto ; Onde mi é parso di rispondere al Senato
che fondandosi il motiuo principale che lo spingeua a proporre la pu-
blicatione di nuouo bando sopra il disordine succeduto nelli Scopetteri
stimaua bene prima far ogni diligenza per accertarmi della uerità del
fatto, costandomi fin bora del contrario, e che l'istesso dal suo canto po-
teua fare il Senato, e quando si trouasse ciò essere stato nero all' bora
si sareiibe risoluto quel che si donerebbe fare intorno al publicar nuouo
bando. Ho pertanto stimato mio debito il dar contezza del tutto a V. E.,
soggiungendo che in uerità non può negarsi, che non sia nata qualche
mormoratione, e bisbiglio sopra questo particolare, il che pei* mio credeie é
proceduto da due caj^ioui, la prima ó che concorrendo la gente a diman-
dare al Banditore che bando si fosse quello che dà lui si pubblicaua, egli
per sbrigarsene rispondeua essere li bandi soliti del Capitano, e facen-
dosi concetto dalla parola soliti, alcuni s'immaginarono esserui li Capi-
toli delle apportationi dell'armi da me già tolti ; la seconda é che i Ca-
porali per trouar persone, che con facilità accettassero le prouisioni
può ben essere che auessero detto qualche parola intorno alla prohibi-
tione dell'armi, ò per malitia, ò pure per auersi ancor essi ingannato
coU'oppinione degli altri. Quanto poi tocca al publico nuouo bando nella
forma richiesta dal Pretore si può riflettere, che io mi uerrei tacitamente
ad incolpare, come in effetto aùessi fatto publicare la detta proibitióne,
11 che non ho fatto, e si farebbe una dichiaratione al popolo con gran-
126 MISCELLANEA
dissimo discapito del decoro della giustitia, che daria inditio di timore
ne Reggitoi'i, e aggiungerebbe maggior baldanza ed ardire alle Maestran-
ze, che ne hanno qui troppo di uantaggio e si faranno lecito il dimandar
ogni giorno nuoue esorbitanze, uedendo che per ogni minima lor que-
rela ancor che falsa, e. mal fondata si deuiene dà chi gouerna a sodisfa-
tioni pabbliche per aia di bando, il che di quanto grane Inconueniente
possa riuscire può V. E. considerarlo, oltre che non credo diffìcile, che
si possano a poco a poco sincerar della uerità cosi per le dichiarationi,
che per secreto mie commissioni ne fanno le persone informate, e per
la faciltà, che hanno di ricorrere al publìco registro , come per quanto
Ilo incaricato a miei Oflfltiali nel modo di portarsi, non innouando in
questa materia cosa alcuna, et io stesso rondando la notte, e non facen-
do molestare le Maestranze, che incontro con armi, ne no facendo con
l'opera bastante manifestatione, E per fine rimettendo il tutto alla so-
praflna prudenza di V. E. starò attendendo gli ordini, che resterà ser-
nito di darmi, et intanto hamilmente inclinato le faccio profondissima
reuerenza. Palermo 23 ottobre 1676.
Eccellentissimo Signore
.Di V. E.
Humilissimo e deuotissimo seruitore
Il Conte di Villalta.
XXXIX.
(R. S. — B. 28).
Il Senato di Palermo con roppresentanza, ivi data il 24 otto-
bre 1676, chiede che per evitare tumulti popolari e tradimenti
siano banditi da Palermo i Messinesi, che vi dimorano, come si è
fatto in altre città.
Eccellentissimo Signore,
Oi& ó noto al mondo, che per fellonia de Rebelli Messinesi, si troua
qoMto Regno priuo di quella tranquillità, ohe mediante vna , non mai
Interrotta pace h& goduto per il apatio di 430 anni sotto li benignissimi
MISCELLANEA 12^
auspicij del suo Monarca, cioè sin da quel tempo, che scuosse il pesante
giuoco del gouerno de' francesi, ch'é una natioue , con la quale i Sici-
liani hanno vna naturale auuersione. Onde con ragione deue esser ge-
neralmente da ogn' vno odiato, non tanto il commercio, quanto il nome
stesso de' Messinesi, come mercato d'infedeltà, con nota eterna d'infamia,
e maggiormente da questo Regno, che proua 1' amarezza della Guerra,
con vn nemico il più capitale che habbia intruso già nelle sue viscere
per opra loro. Eccellentissimo Signore trouandosi qui V. E. il Senato; e
più uolte à parte l'Illustre Pretore riuerentemente l'espose esser gli ani-
mi di questo Populo di sì fatta guisa ingombrati dalla suspitione appre-
sa, per hauer in questa habitanti gran numero di Messinesi , che se ne
sentina publica mormoratone, per esser da ogn' vno riguardati con ma-
l'occhio poiché quando successe la commotione d'alcuna Gente Plebea il
giorno del Santissimo era tutta diretta contro Messinesi come né sarà
informata V. E. che però hauen^lola supplicata à darmi opportuno rime-
dio, per obniare qualche inconueniente.le parue di non subito risoluere,
ma farne sopració matura riflessione : uedendo però il Senato essersi
adesso maggiormente aumentato il susurro contro i medesimi a causa
della perdita della Piazza di Tauormina, propalata qui esser seguita con
tradimento loro, dubita che questa gente a maggior segno irritata non
si uaglia di qualche irreparabile uiolenza. Ne porta pertanto a V. E. II
Senato reiterate istanze, acciò né dia con la sua somma prudenza quello
espediente, che stimerà più proporzionato , per ripararla, desiderando
questo Populo onninamente lo sfratto de Messinesi , come si e fatto in
Siracusa et ultimamente in Melazzo per tema che essi non stiano machi-
nando qualche tradimento. Hauendo poi 11 Senato pensato in che modo
habbia questa à seguire, ha considerato, che ordinandolo V. E. por inti-
matione personale non possa sortire, stante trouarsi qui vn numero di
sei mila, e più Messinesi, se per publico Bando eh' é l'vnica forma po-
trebbe, forse alcuni mascalsoni, suscitare qualche motione. Antepone a
V. E. 11 Senato questi punti, acciò col profondo suo sapere risolua quel
che meglio le parerà, mentre somigliante notitia la riceuerà anche dal
Tribunale del Real Patrimonio, Il quale ne dice hauerla passato nell'i-
stesso tempo, che nò fa istanza di douerse prouedere di rimedio alle re-
clamationi Popolari per il sudetto effetto Et a V, E. Intanto facciamo
.humilissimo inchino. Palermo 24 ottobre 1676.
Il Senato di Palermo
D. Giuseppe Sitayolo ....
128 MISCELLANEA
XL.
(R. S. - B. 58).
Il Senato di Palermo con lettera , ivi data il 27 ottobre 1676,
informa il Viceré di aver, pubblicato un bando per chiamare i No-
bili a prestare il servizio militare dovuto, e di aver ricevuto dal
Tribunale del Patrimonio ordine di dar lo sfratto ai Messinesi, che
dimorano nella città.
Eccellentissimo Signore
«
Con altre dae ha il Senato riuerito V. E. haaendole dedotto à notizia
colla prima di hauer esseguiti i suoi ordini con bauer fatto publicar
Bando d'Intimatione alli Baroni, e feudatari), perche si portino personal-
mente col seruitio militare ad assistere à V. E. nelle correnti contin-
genze, e colla seconda rappresentata la necessità di dar lo sfratto a' Mes-
sinesi per calmar gli animi di queste Genti à maggior segno sdegnati
contro loro per tema d' hauerne qualche tradimento , e perche V. E.
adesso più che mai si troua inuolta nelle cure della Guerra per la ca-
duta della piazza di Tauormina che quanto più improuisa , tanto mag-
giormente ha compunto il Senato, e tutta questa fldelissima Città non
hauirà forse luogho di significarne la sua Intenzione. Tultauia il Senato
non lascia di auuisar V. E. con la presente d' hauer hauuto ordine dal
Tribunale del R. Patrimonio per dar detto sfratto, copia tanto del quale,
come della risposta del Senato, si manda qui acclusa à V. E. alla quale
facciamo huinilissima riuerenza. Palermo li 27 ottobre 1676.
11 Senato di Palermo
D. Giuseppe Sitayolo
MISCELLANEA 129
XLI.
(R. S. - B. 28;.
Copia di una rappresentanza colla quale il Senato di Palermo^
avendo ricevuto lettera per via del Tribunale del Patrimonio, con-
cernente il bando dei Messinesi da Palermo , chiede ordini più
specificati sul proposito.
Eccellentissimo. Signore,
Capita al Senato lettera di V. E. de 29, del cadente in Triduo del se-
guente tenore. Carolus etc. lUustris Regius Consiliarius Dilectus etc. In
risposta delle uostre siamo a dirui che hanendo riconosciuto per quello,
che ci rappresentiate il uostro eperato su la maceria dello sfratto de
Messinesi lo stinii;imo prodotto dal zelo, et attenzione che tenete al mag-
gior sernigio di S. M., che Dio guardi, e beneficio di questo publico, et
attese le notizie sudette d' haueriie dato parte a S. E. con uostra con-
sulta de 24 del spirante, della quale ne stiiite attendendo li risiilutioni,
giudichiamo che penetrando voi con la nostra solita uigilanza, trattato»
ò disposilione, che potessero partojire Iiiconuenienti iiistantanei, et ir-
reparabili, all' bora procedirete all'eseeutione del riferito nostro ordine
nella forma, che à Voi parerà più opportuna. K nel caso che con la uo-
stra prudenza stimassiuo , che non lusse per succedere inconueniente
dal dilatar la essecutione, fintanto che giunga la determinatione di S. E.,
n'attenderete la sudetta risolutione; e fra tanto non lascirete con l'aco-
stumato vostro zelo d'inuigilare per tutte le strade su questo particolare
per la quiete di questo publico, che tutto ci gioua credere, sarà con la
circospettione vostra puntualmente disposto. Datum Panormi in Triduo
die 29 Octobris 1676. loppolo Magister Rationalis. Spadafura Magister
Rationalis, flnocchiaro Magister Rationalis, Ramondetta Magistei- Ratio-
nalis. Riggio Magister Rationalis, Hoyo Consultor. Calascibetta fisci Pa-
tronus, D. Carolus Armature Secretarius et magister notarius. All'Illustre
Senato di questa Città di Palermo in risposta della sua.
Sopra che gli occorre rappreseutari à V. E. che non tiene presente-
mente altre notitie, che quelle, che ha hauuto il Tribunale, onde se per
le medesime le pare che si uenghi alla publicatione del Bando per la
sfratto de Messinesi senz'aspettar risposta di S. E., supplica il Senato al
Arch. Star. Sic. N. S. anno XXiV. 9
130 MISCELLANEA
Tribuiialu, che gli uoglia dar ordini destinti, e specificati per poterli es-
seguire con quella prontezza douuta. Et in tanto à V. E. lacciamo humi-
lissimo Inchino. Palermo.
XLII.
(R. S. — B. 28).
Il Senato di Palermo con sua rappresentanza , ivi data il 2
novembre 1(>76, prega il Viceré di escluder dal prestare il dovuto
servizio militare in campagna i Nobili, che abitano in questa città,
per ragioni economiche e di ordine pubblico.
Eccellentissimo Signore,
Replica con ogni osseqtiio il Senate la lettera delli 16 del caduto, che*
jntende dall'Illustre Pretore non essere à V. E. capitata.
In cssecutione degli ordini di V. E., jnuiati con lettera data de 7 ot-
tobre, ha il Senato subito fatto p.^omulgar et affiggere ne' luoghi publici
e consueti il Bando d'Intimatione alli Baroni, e feudatarij perche ciascu-
no di loro, secondo l'obligo gli corre, contribuisca il Seruitio militare,
con l'assistenza della propria persona, à quella di V. E. alla quale sem-
pre riconosceremo nostro debito, di mostrarci con la medesima attenlione,
e prontezza obedientissimi; portando però riaerentemente alla perspicace
riflessione di V. E. il pregiudicio notabile, che ne resulterà dalla par-
tenza di questa nobiltà, alle pouere maestranze, che sogliono ritrahere
dalla medesima il sostentamento, alla Città anche descapito considerabile
à causa delle Gabelle per mancanza di gente, e poi Dio guardante, che
succeda qualche jnconuenienza, il senato solo non sarà bastante à por-
gerai rimedio ; che però se parerà a V. E. potrà come ne supplichiamo,
attesi 8\ rileuanti rispetti, escludere dal sudetto Bando la Nobiltà che
qui babita. Et jntanto a V. E. facciamo humilissimo jnchino. Palermo li
2 nouembre 1676.
Il Senato di Palermo
D. Giuseppe Sitayolo
MlbCELLANKA
181
XLIII.
(R. S. - B. 28).
Il Senato di Palermo con rappresentanza, ivi data il 3 novem-
bre 1676, chiede al Viceré di munire meglio la città, per metterla
in grado di difendersi dagli esterni nemici e da possibili insurre-
zioni popolari.
Eccellentissimo Signore,
Intenderà V. E. largamente con leitera dell' Illustre Pretore quello
eh' é occorso in questa Città doppo la presa di Tanormina, e l'inquietu-
dine eh' ha causato à questo Popolo con poco rispetto della nobiltà, cosi
pure la strettezza nella quale si ritroua il Senato non baner modo al-
cuno di cauar danaro per le cose necessarie attinenti à Guerra per com-
pra di poluora fabrica di centimoli, ponti leuatoi per le porte , che re-
stano aperte, rasteili, fossati, ed' altro, che per non tediar V. E. il Senato
non Io replica, supplicandola però con ogni douuto ossequio ci vogli far
gratia di prouederci almeno di quattro Compagnie di Caualli Veterani
per accorrere à qualche accidente intrinseco, et extrinseco, e di dar l'or-
dine opportuno per impedir le frodi , che alla giornata si commettano
nell'amministratione de' vittouagli , e Gabelle per poter la Città bauer
qualche forma di cauar danaro per erogarlo in spese tanto neccessarie
per il seruitio di S. M., di V. E., e di questo Publico. Perche il Senato
bà inteso dall'Illustre Pretore che non sia capitata à V. E. una sua per
auerlene scritte molte, e non sapere de' quali sia la mancanza manda
di tutte il dupplicato, soggiungendole che tuttauia si sentono reclamori
contro Messinesi per dispor V. E. à dare sopra questo particolare ordini
opportuni, Kt intanto le facciamo bumilissimo jnchino. Palermo li 3 di
Nouembre 1676.
Il Senato di Palermo
D. Giuseppe Sitayolo
132 MISCELLANEA
XLIV.
(B. S. — B. 28).
Il Conte di Villalta, Capitano di giustizia, in data di Palermo
3 novembre 1676, informa il Viceré che il negoziante messi-
nese Francesco Alias, uomo da bene con moglie e figli palermi-
tani, ma fratello di uno dei principali ribelli messinesi, il quale per
aver fin dal principio delle turbotenze parlato troppo liberamente,
manifestando affezione pei ribelli, era stato dai suoi predecessori
Barone di Gratteri, Principe di Sant' Anna e Conte Filingeri al-
lontanato dalla città, vi era nascostamente ritornato, e che, per-
quisitane la casa, gli si era trovata una lettera con parole so-
spette, da lui stesso, stando a Carini, scritta alla propria moglie
sotto la data del 6 luglio 1676 , oltre a della moneta nuova di
Messina.
La lettera é annessa al rapporto e le parole sospettate sono
le seguenti: « Vedo come si e passata parola che II sfratto di Ra-
scia, e stato per la corrispondenza hauuta con 1' amici, ciò non
può essere ma son chiacchiere che vanno vscendo dalla loro mala
Intenzione, e quando ciò fosse uerità Io detto Rascia lo doueria
hauere a caro perche saria stimato appo II mondo per grand' ho-
mo di manegio, uoi Intanto non pensate a cos' alcuna, poiché
quando sarà tempo, col fauor di Dio, vi darò Jo II modo co-
me donerete fare, quanto alla testa di ferro di mio fratello si
sentirà fra breue II flagello che gli uerra, mentre uedo che con
gran forza hauete ottenuto di starsi in casa, nella quale vi dico
che non sta sicuro, e sapendosi , credo Indubitatamente che an-
derà a trouare all'afflitto Carlo de Bottis ».
MISCELLANEA 133
XLV.
(B. S. - B. 28).
Copia di una rappresentanza del Senato di Palermo, data ivi il
3 novembre 1676, relativa al bando dei Messinesi da quella città.
Eccellentissimo Signore,
Ha ricevuto il Senato lettere di V. E. del seguente tenore Carolus etc.
lllnsti'is Regiiis Consiliarius Dilectus : Perche s'ó tenuta notitia che in
questa Città ut siano molti Messinesi , la di cui stanza può caggionare
gravissimi InconueriietUi, come si uà f)resentando non meno ai seruigio
di S. M., che Dio guardi, che alla conseruatioue. e quiete di questa Città,
per causa de' sospetti , e mali procedimenti loro e per altre caggioni à
Voi ben note. E compiendo al Real sei-uicio di S. M., che s' inuigili con
tutta l'attenzione nossibile, à togliere ogni qualsiasi minimo motiuo d'in-
quietudine di questo Publico, che potesse caggionare la di loro residenza
in questa. Per tanto siamo ad incaricarui , come più uolte 1' habbiamo
fatto per altra strada, e fu parimente dal nostro Predecessore incaricato
à cotesto Illustre Senato che d' un subbilo , e senza dimora alcuna, uo-
gliate ordinare con la vostra sperimentata prudenza, che sfrattino tutti
li Messinesi da questa, e suo territorio, sotto le pene à Voi benuiste,
altrimente resterà à carico vostro ogni qualsisia sinistro accidente, che
potesse cagionarsi per detta causa, e cosi crediamo sarrete per esseguire
con ogni puntualità per il molto, che importa al Real Seruitio della pre-
fata maestà sua. Datum Panormi in Triduo die 24 octobris 1676 loppolo
Magister Rationalis, Spadafora Magister Rationalis, flnocchiaro Magister
Rationalis, Riggio Magister Rationalis, Hoyo Consultor, Calascibetta fisci
Patronus, D. Carolus Merendino prò magistro notarlo. AH' illustre Senato
di questa fidelissima Città di Palermo.
Alle quali lettere rinerentemente risponde il Senato à V. E. d'hauersi
seruito d' ogni preuentione douuta à si importante materia per hauer
nel principio della nostra Sede, considerando il disordine poteua euenir
per la dimora in questa de Messinesi scritto al signor Marchese di Vil-
lafranca per riportarsi dal medesimo gli ordini opportuni , parendo al
^Senato materia di tanta premura, ed importanza , che non uolse per se
risolverlo , ma per allora mandò Imbasciata con religiosi alle persone
134 MISCELLANEA
Messinesi più cospicne, che s'appartassero da questa Città, come infatti
esseguirono, e coll'essempio de quali sen' andarono altri di numero con-
sidt^rabile, venuto poi 1' ordine di detto Signore In tempo che la nostra
Città godeva ogni quiete per non alterarla , potendo il Bando apportar
qualche disordine, risolse il Senato di consultarlo col detto Signore dal
quale poi hauendone otfenuto risposta d'hauer oprato bene sopra la ma-
teria, e cosi non si venne ad altro, ma essendo arrivata in questa l'Ec-
cellenza del signor Marchese di Castel Rodrigo, Il Senato su la conside-
ratione di potersi mettere in essecntione con minore disordine per la
di lui presenza gliene fece più uolte far istanza dall'Illustre Pi'etore, et
vitimamente ci andò il Senato a supplicarlo colle mazze, dal quale poi
ottenne risposta, che per essere uogotio di gran consideratione, voleua
maturarlo che si haueria appresso mandato gli ordini opportuni , et
hauondosi adesso da pochi giorni à questa parte accresciuto il disordine
della stanza in questa, de Messinesi per essere ritornati tutti quelli, che
si erano partiti per 1' imbasciata sudetta , fece fare il senato , stanano
pensando di far consulto à S. E., e nello stesso tempo ni fece il Tribunale
sentire à bocca da D. Carlo Merendino, eh' haueria scritto alla medesima,
e che il Senato facesse ancora le sue istanze come essegui con corriere
serio sabato 24 del corrente.
Ne sta pertanto il Senato aspettando la risposta , ma però quando il
Tribunale del Real Patrimonio conoscesse che prima dell' arriuo della
medesima potesse succedere qualche Inconueniente per qualche segreto
auuiso n' hauesse, farà gratia Insinuarcelo con ordinare se s' habbia da
Éar Bando, che sia publico, e generale per tutti li Messinesi, e pure per
quelli tantam eh' habitano da tré anni à questa parte, e con che prefls-
sione di termine, e lontananza da questa Città, che il Senato ubidirà
prontamente à quel tanto disporrà. Et intanto le facciamo humilissimo
Inchino. Palermo li 8 Nouembre 1676.
XLVI.
(R. S. - B. 28).
II Pretore di Palnrmo, Conte di S?an Marco con lettera, ivi data
il 4 novembre iC70, fornisce varie notizie riguardanti lo spirito delle
Maestranze di questa città.
MISCELLANEA 13'>
Eccellentissimo Signore,
Non lascio di contribuire ogni maggior diligenza per conseruar in
questa Città la quiete tanto necessaria, e precise in questi tempi, tenendo
alcune persone perche inuigilino all'attioni di quelli, che procurano in-
torbidarla. Vennerdi 30 del caduto da vna spia al toccar dell'alberata fui
auuisato che tutti li Consoli delle Maestranze erano restati in concerto
di trouarsi alla Chiesa di San Francesco di Paula fuori la porta di Carini,
per fare ini assemblea, e concludere d'hauersi vnitaraente a portare da
me a far istanza di uoler loro tutti li Baluardi della Città. Hanuto questo
auuiso , stimando essentiale la preuentione non farli giuntare , perche
non auossero poi da supporsi , che io li dauo à richiesta loro , li feci
chiamare , e senza darmi per inteso di quanto erano per trattare , gli
dissi che Io non haueuo sin' bora fatto vscire altre due Compagnie di
Maestranze, à riguardo di non leuargli cosi spesso l'uso della loro arte,
ma adesso, che già si trouano perfetionati li Baluardi della Baiata, e
di Montalto, haueuano da vscire, e leuarsi dalle medesiyie due Compa-
gnie alcune truppe di dieci soldati per mandarli alla guardia dell' Ar-
tiglieria nell'altri quattro Bastioni. Con ogni rassignazione, e rispetto,
risposero che erano pronti <li fare il tutto per seruitio di S. M. e della
Città, e che loro erano in pensiero di far somigliante istanza, e che per
tale effetto disse il Consule dell'Argentieri hauea congregata la sua Mae-
stranza, al che risposi prohibendogli di far ginntamenti, ma che occor-
rendogli qualche cosa venissero li Consoli ogn' vno separatamente da me,
che haurebbe hauuta ogni sodisfatione, particolarmente in ciò che riguarda
al seruitio di S. Maestà , e difesa di questa Piazza , Rt'plicó vn mastro
dell'Argentieri non habbiamo Signore di chi fidarci. Insomma Eccellentis-
simo Signore hauerido inteso questa Gente la perdita di Tauormina per
tradimento dell' infame Conte di Prades, mostra hauer diffidenza nella No-
biltà, non riguardandola più col solito, e donuto rispetto, e tutti gli ar-
tegiani viuono con somma baldanza, et il Consule dell'Argentieri é quello,
che sta istigando, e promoue quel che douersi fare, e douersi dire dalle
Maestranze.
Deuo parimente per prova di ciò rappresentare à V. E. , che hieri
due del corrente venne da me la Maestranza, che era di guardia sopra
il bastione di Vega à richiedermi , che uoleua assolutamente leuato il
Casino, doue habitano alcuni Caualieri dell' Armata, ch'é sopra la Porta
delli Greci, con pretosto che ui era apertura corrispondente alla Cortina
del Bastione, dicendo che nò sapeva di chi fidarsi; Et hauendomi io sub-
hito conferito al detto Bastione ritrouai oltre la Maestranza solita , Il
13tì MISCELLAM-A
Console delli Pescatori con altra Gente, che arriuaua al numero di tré
cento, onde per farli restar capace, feci loro riconoscere, che la porta
si staua murando, e che solamente ni rèstaua una stanza con 1' addito
al detto Bastione per mia commodità, poiché li detti Caualieri se ne sa-
rebbero dal Casino partiti. Mentre stano in questo discorso, vna partita
della sopradetta Gente prese vn creato di detti Caualieri con grandissima
violenza, et auendolo portato auanti me, feci che subbilo fosse lasciato,
con fare vna gran reprensione aili mastri , che oprauano troppo alla
lìbera, dicendogli che la cura della Città spettaua à me, e che loro doueano
far solamente quel eh' io li comandaua.
Seguitano purtuttavia l'istanze contro Messinesi, ed'hauendo il Senato,
ed' io à parte scritto à V. E. tutto ciò occorreua sopra questa materia,
e r ordine che hauea hauuto il Senato dal Tribunale del Real Patrimonio,
si sta aspettando con ogni attentione possibile la risolutione di V. E. per
douerla mettere in esecutione.
Deuo pure didurro alla notitia di V. E. lo stato , in cui si troua la
Città , che per essere molto essausto , ha il Senato ricorso a V. E. per
aia del Tribunale del Real Patrimonio, acciò lo uogli soccorrere di qualche
aggiuto in questi si grandi necessità, hanendo il Senato speso di quan-
d' lo entrai al Gouerno sia' al presente da trentacinque mila scudi , in
molte cose necessarie appartenenti a Guerra , e per poterla mettere in
mediocre forma di difesa, ci vorebbero somme considerabili, e non hauendo
la Città forma alcuna di poter cauar danaro, particolarmente per compra
di poluora , non hauendone prontamente più di trecento cantara , e per
fiibrìca di centimoli, delli quali per stare con ogni preuentione di Guerra,
ce ne vorrebbero almeno due cento, ed' havendone dato a fare per bora
il Senato trentacinque, non ha potuto farli spedire per mancanza di danaro,
quale credeua ritrahere dal mancamento delle frodi, cosi nell'ammini-
strazione di vittouaglie, come nelle Gabelle, le quali tuttauia vanno auan-
zando, senza timore alcuno. Onde se V. E. non né prouede di rimedio con
l'autorità sua, non si possono riparare, e questa Città non può me-
diante le me iesime uenire ad altri espensioni in cosa tanto importante
al seruitio di sua S. M;. di V. E;, e di questo Publico.
Replico di nnoao a V. E. l' inquietudine, in che si trova questa Città,
come lo rappresentato di sopra più largamente, per hauersi questa Mae-
stranza preso larga m^tno, e perduto affatto lo rispetto alla Nobiltà, e
se Dio guardi, succedesse qualche disgratia, nò ho forza di potermi con
U Seoato opponere. Per tanto supplico à V. E. con la riuerenza douuta,
come pure fa il Senato ci uogli proueder almeno di quattro Compagnie
di Caaalli veterani che seruirebbe per accorrere à qualche accidente in-
teriore, et oxteriore, hauendone mancato li Caualli, li quali manteneano
MI8CELLAN8A 1 37
li Cittadini à spese proprie all' ultimo del passato hauendolo fatto con
ogni puntualità per tré mesi, conforme alla richiesta fattali dal Senato,
■ed intanto à V. E. fò hnmilissimo inchino. Palermo 4 nouembre 1676.
Di V. Eccellenza.
Hnmilissimo e deuotissimo seruitore
Il Conte di San Marco
XLVII.
(R. S. — B. 28).
Don Maurizio Valdina ricorre al Viceré, in data di Palermo 22
novembre 1676, perchè voglia fargli ottener giustizia pronta con-
tro il Principe Don Giovanni Valdina , usurpatore ed erede degli
usurpatori di titoli , feudi , ed ufficio di Protonotaro del Regno a
lui spettanti jure Francorum e secondo i propri privilegi.
XLVIII.
(R. S. - B. 16Si).
D. Pietro Paolini con lettera, data a Novara il 2 gennaro 1677,
informa il Generale De Bracamonte, che il Jiemico tanto da Mes-
sina che dalla Limina e dalle vicinanze di Taormina si l'iunirà in
ijuest' ultima città con due mila paesani e marcerà verso Lingua-
glossa; che egli pure si porterà verso quei luoghi per fare il suo
dovere secondo le occasioni, ma che mancando di munizioni, le
chiede al più presto.
Raccomanda inoltre di contentar i giusti voti dei paesani della
frontiera di Francavilla e dei luoghi vicini onde venire esentati dal
pagamento delle imposte, essendo tal cosa di grave interesse pel ser-
138 MISCELLANEA
vizio di S. M., ed accenna alle macchinazioni che sul proposito
va facendo per suo interesse il Principe di Fiumefreddo.
XLIX.
(R. S. — B. 1684).
Il Generale De Bracamo nte con lettera, data a Catania il 4 gen-
naro 1677, fra l'altre notizie avvisa il Viceré di aver esentato dal
pagamento delle imposte i paesi di quella frontiera , esposti alle
scorrerie nemiche, ed al pericolo di darsi ai Francesi, i quali pos-
sono concedere loro questo e miglior partito.
(R. S. — B. 1684).
D. Pietro Paolini, con dispaccio, dato a Francavilla il i" feb-
braro 1677, manda al Viceré varie notizie militari.
Eccellentissimo Signore,
Per auiso di V. E. non lascio di dargli parte quanto che sono li 27
del corrente mese di gennaro ho fatto per castigare la Temerità delli
ribelli della Motta, che l'altra notte (|uindici di loro hanno hanuto attreui-
mento d'ananzarsi sotto Castiglione jn nn molino, e quello saccheggiato,
6 pigliato quattro homini di l.inguagrossa vno delli quali buttorno viuo
nel fiume, é l'altri hanno ammazzato , è per rendergli II controcambio
della loro Temerità, questa matina Io di presensa sono uscito con quat-
troceDto homini, et andato di nouo alla Motta, é dato foco ad abbrugare
o dettraggere le reliquie che jn detta Terra orano rimasti come anche
ho fitto bragiare tutti li casi che «iono nel Territorio di detta Terra, et
hauendo fatto auanaare cento homini sopra la Terra delli graniti, quelli
MISCELLANEA 139
pigliorno Tré rebelli delli principali della Motta li qnali subbilo hauuta
la notitia l'ho fatto confessare é mandari all'altro mondo come l'altri.
Come anche li medesimi cento homini fecero preda di cinquanta teste
di bestiame bonino e quaranta pecorino, e tutto il popolo delli graniti
vennero etiam le femine a dimandar mi^^ericoidia dubitando che non
hauesse fatto à loro conforme alli Mottisciani , Io a tutti ho dato bone
parole però mi sono dichiarato, che non li voglio per conto nessuno al-
l' vbbidienza di S. Maestà se prima non fanno qualche segnalato seruizio
é che si jinpegnino loro con T jnimico, e questo fra jl termine di giorni
otto altrimente ogn' rno farra fatti suoi e credo, che procureranno far
qualche cosa haveiidoli jo dato parola di .sanargli tutta la bestiame, òdi
escarcerargli tré banniti antichi di detta Terra che molti anni che sco-
rono la campagnia hoggi ancora fatti prigioneri se opereranno bene .io
li tratterò bene conforme ó di douere trattare a tutti li vassalli di S. Maestà,
e se farranno il contrario gli farro hauere le loro tr.iuagli.
Non sto à participare a V. E. quello ehe per il passato à saccesso jn
questa frontiera hauendoli con altre mie dato parte a V. E. con ogni
, . . . , é supplico à V. E. à non disenjpararnii jn questa frontiera perche
é 1m parte, che più d' ogn' altra si trauaglia assicurando à V. E. «la vmile
vassallo di S. Maestà ohe pochi sono le notti che riposo nel letto.
I). Maicello Veles non mi ha mandato nessuna sorte di monizione ne
altra cosa di quanto V. E. per biglietto di sua secretoria à detto di Veles
ordinò, et jo per mia parte ho scritto venti lettere con venti corrieri,
è per sua grazia solo alla prima mi fece risposta, e tutto jl giorno non
fo alti'a ulta che spendere jn corrieri è sto con la speranza sempre del
soldo che V. E. mi ha dato Ma ancora non ho visto niente supplico la
grandezza di V. E. hauer memoria di me, che questo e quanto posso
desiderare jn questo mondo.
Mi occorre di più ponere alla notia di V. E. quello che og;:i che sono
li 30 del corrente, et e che per non far stare jn otio li miei soldati li
jnuiai jnsieme con altri Trenta con ordine eh' hauessero andato sotto l^
Mola, vicino Tauormina ad abbruggiare li molini ò pare pigliare la be-
stiame che sotto quella piazza si hauesse trouato hauendosi a gouernare
secondo jnstruzioni dà me dategli , et essendosi auansati questa notte
passata verso li sudetti molini, doue hebbero notitia, che jn guardia delli
molini sudetti vi erano sessanta messinesi per tal notitia jl mio Caporale
s' auansò con l'aggente sotto La Mola a tiro di mano doue pigliorno sette
animali bouini e centosessanta pecorine, è incominciando quelli à tirare
la sudetta bestiame à questa volta. Intesi al rumore delle guardie fran-
cesi di detta Terra della Mola delli quali vscirno al numero di cento
assieme con paesani, e caricorno sopra li Nostri ma non fumo bastanti
140 MISCELLANEA
flirli lasciare la bestiame che con molto valore la ritirorno benché di
notte et essendo venuto a mia notitia questa matina l'antedetto marciai
con duicento homini al soccorso di quella li quali vedendoli soccorsi, si
posero jn fugba li francesi, e si fecero jnserrare per jnsino alia Mola é
V aggente delli graniti jn qnesta occasione si sono mostrati voler fare
qualche cosa di bono.
Io di già sono ritornato con tutta l'aggente e non lascio far l'jmpos-
•sibile conforme é mia obligatione guardare il mio quel poco eh' haueró
di stare per seruitio del Re Nostro Signore , e questo e quanto mi oc-
corre ponere alla notitia di V. E.
Deno anche dar parte a V. E. che per la dio gratia doppo che mi
ritrouo jn questa frontiera non ha successo furto nessuno, e particolar-
mente per jl passaggio di Milazzo é Catania.
Vengo di più Eccellentissimo Signore alli piedi di V. E. per ritrovarmi
jn un mare di confusione non hauendo jo abbiltà per sussistere a quanto
la giornata mi succede et ó che giongono giornalmente ordini tanto del
Signor Maestro di Campo Generale quanto del Generale della Caualleria
e di questo Signor Prencipe di Valguarnera, é nelli loro ordini chi la
vole d' vn modo, e chi d' vn altro, et ogn' vno l'jntende a suo gusto,
et jo sarrò quello eh' alio presento vi anderò per jl menso, et per essere
jo naturalmente più soldato che corteggiano conosco che facilmente non
potrò dar gusto ad ogn* vno non avendo jo altra capacità nella mia per-
sona che jl saper morire volentieri per seruitio del mio Ré, et exeguir
•con diligenza quanto da miei Superiori mi viene ordinato, ma quello
che continuamente pato sopra questi ordini son tali che continuamente
prouo le pene dell' Inferno che però Eccellentissimo Signore supplico la
grandezza di V. E. vogli restar semita leuarmi di questo posto, et ordi-
narmi che yadi a seruire et assistere jn Campagnia , à contrastare con
T inferno, che più facile mi sarrà, che jo possa sussistere della forma
che mi trono, e per questo guouerno non mancheranno a V. E. soggetti
espermentati nel seruitio del Re Nostro Signore, e quando ,aurò fortuna
d'essere alli piedi di V. E. e mi darrà campo di potergli riferire à bocca
le motiai perche la supplico, so che mi ammetterà jn tal caso ogni mia
sap|)lica desiderando con tutta carità questa gratia dalla benignità <ii V, E.
alla quale pregandoli dal Cielo ogni felicità humilmente mi l'jnchino
dicendomi hamilissimo schiano di V. E.
Al Protonotaro ho scritto due volli per elettione delli noui olflciali
che si deuono fare in questa Terra per importar mollo al seruitio di
8. Maestà , che però supplico a V. E. vogli ordinare che si spedischi la
MISCELLANEA HI
sadetta Elettione , et humilmente mi presto à piedi di V. E. Da Fran-
cauilla jl primo di febbraro 1677.
Eccellentissimo Signore
Di V. E.
Umilissimo Setuo e schiaao
D. Petro Paolini
LI.
(R. S. - B. 1684).
Don Pietro Paolini con lettera, data a Francavilla il 4 febbrarO'
1677, manda al Viceré alcune notizie militari e chiede provvedi-
menti vari.
Eccellentissimo Signore,
Con questa occasione non lascio di venire à piedi di V. E. con dargli
notitia corno questa matina uscirne di Tauormina quattrocento francese
con molta quantità di paesani come forzoti , mongiuffoti , e galidloli, li
quali questa matina all'Alba si carricorno sopra la Terra di Gaggi, ciie
sta jn mezzo una campagna, e non farà di ciento fuoghi ed homini d'Armi
solo uent'otto, e come tali non é stato difficile all' Inimico àbruciar detta
Terra, però s' hanno difeso li paesani molto bene, benché pochi, et au-
mazzorno quattro francesi , e li genti delli graniti in quest' occasione
8' hanno mostrato assai fini nel seruitio del Re nostro signore bauendo-
loro fatto prigioneri otto francesi li quali ho rimesojn Catania al Signor
Generale della Caualleria.
11 Danno che ha fatto l'Inimico in detta Terra di Gaggi e d' hauer
ucciso quattro huomini due femine et una «reatura, e bruggiato dieci
casi, però hauerìa bi-uggiato il resto se jo non mi fosse trouato sollecito
con il soccorso perche l' jnimico hauendomi uisto comparire con molta
gente in una collina uicino la sudetta Terra di Gaggi si pose jn fuga, e
con bonissima fortuna lo seguitamo jnrtno dentro La Mola, e jn questo
viaggio ui restaro feriti quattro francesi che si ritirorno e due feriti
della nostra p trtita, uno della Terra delli graniti, et l'altro della sudetta^
Terra di Gaggi.
142 MISCELLANEA
Douendo rappresentare a V. E. che in quest' occasione la I erra delli
Graniti ha fatto miracoli, e tutti mi hanno prej,'ato darli licenza di po-
tersi leuar la sua robba, e loro Temine e bestiame , à fine di portarsela
in questa Terra di francauiglia , et altri paesi di questa frontiera , la
quale licenza jo gli lo data conoscendo esser del sernitio di S. Maestà
e l'ho promeso agiutarli in quanto starà Jn mia mano, e farli di V. E.
remunerare, quando si porteranno bene nel seruitio del Re nostro signore
promettendomi io il <utto dalla grandezza di V. E.
lo doppo Eccellentissimo Signore non lascio rappresentare di nuouo
à V. E. come in molte altre mie ho fatto, et é che mi ritrouo in questa
abandonato, priuo di tutti li quattro elementi e doppo che sono in questa
frontiera , non ho auto per mia parte nemeno un grano , e per li genti
che con me tengo assentati non ho auuto per conto di loro diario solo
che quattordeci scudi et un tari hor consideri V. E. come mi trono,
hanendo occasione tutto il giorno precise di spendere denari per seruitio
del Re, e sono per spie, corrieri, et altre cose necessarie che non posso
farmi di meno per accertare il seruitio del Re nostro signore-
Heri di più E. S. e uenuto auuiso seu ordine di D. Mario parisi à
questo suo Agente che non facci più pane di monittione per essere finito
il termine della sua obligattione, e per tale effetto ho dato ordine à questo
secreto che del firmento, che in questo si retroua della Regia Corte ni
trattenghi salmi 50 à fine che di qualche modo si possa dare il pane della
Monittione à questi soldati, li quali di notte e giorno trauagliano terri-
bilmente, et hoggi di quanti paesi ui sono à torno di Messina da nessuna
parte si trauaglia , e si contrasta giornalmente con l'jnimico, che in
questa frontiera, et il magior dolore che sento E. S. e che V. E. sij partito
di Catania, et allontanatosi tanto, che il mio Desiderio saria che tanto
il bene, quanto il male delle mie operattione fossero uicino 1' occhio di
V. E. perche per mia parte mi assecuro sariano per me di molto soUieuo,
benché credo, che V. E. considererà il tutto, e saprà un giorno per sua
benigna clemenza augmentare, a chi serno fldelmente al Re nostro signore.
Hauendo consignato il uigletto di secretarla à Marcello Velos al Une
che mi liauesse assi.'^tuto di bastimenti di guerra e di bocca e d' altra
cosa che hauesse hauuto di bisos'no , jo non solo à questo di Veles ho
presentato il Vigletto di V. E. ma anche l'ho scritto 10 lettre delli quali
A' ana sola ho hauuto resposta consistente jn paroli ma niente jn fatti,
e' del tatto ni tengho auuisato al Signor Generale della Caualleria , ma
perché sono un poaero Aiutantiglio di Tenente, piioco conto fatino di
fatti miei, e solo li miei speranzi stanno fondati nella benignità di V. E.
Io doppo E. S. di quanto fin hora si offerto in questa frontiera di
naoQO di tutto ho dato parte a V. E. e non so se sono capitati à notitia
MISCELLANEA 143
di V. E. e fin hora ho fatto scopettiare fino a 24 rubelli, et il medesmo
sarà se me ni jncapperanno mille, e per mio paiate tengo di fede che
non si piglierà mai Messina solo che col sangue, et il fuoco, e tutti l'altri
trattati li stimo perniciose perche questi genti di Sicilia per li rubelli
parlando sono razza maledetta, e per mia parte ancor che facessero tutti
li meracoli del mondo non li darò mai nessun credito.
Deuo di più E. S. dar parte à V. E. come e di bisogno che senza altra
consulta jnuij ordine jn Melazzo al Signor Mastro di Campo Generale à
fine che faccia esecuire un ordine di V. ti. come qui si rappresenta et
e che nella Città del Castro Reile, e suoi Casali furnari e Mazzarrà non
possano tener nessuna sorte di bestiame d' Armento, e che solo possano
tenere boni lauoratori per seruitio del seminerio , e che per ogni paro
dessi boi debbono prestare orize 25 di [jlegeria, e questo perche dalli
sudetti Territorij per k fiumara di Santa Vennera che confina col ter-
reno di Sauoca sono passati, e passano alla ^nomata, bestiame, e succe-
dono mille fraude, e parlicolarmftnte, per la par e di furnari, e Mazzarrà,
e di tutto ni tengo auuisato à Melazzo al Signor Mastro di Campo Ge-
nerale et hora di nuouo replico con questa medesima occasione a detto
Mastro di Campo Generale tutto T antedetto.
Lunedi laltro giorno primo del corrente in questo Territorio foi'o
pigliati dalli ribelli molta bestiame bouina, e pecorina jn una parte uicino
la balia della placa , e hauendomi uenuto quest' auuiso , ad bore sei di
notte, da subito nel medesmo jstante mi pose jo di persona à cauallo
per non hauer da chi filarmi con dui cento homini mi pose alli passi
nelle montagne della parte j nemica, e la matina al far dell' Alba scopri
la bestiame con li nemici che se la p jrtauano, e quella fdce lasciare, e
li seguitai fino uicino La Limina tutto per auuiso di V. E.
Con altre mie di pili ho dato parte à V. E che li miei 50 soldati
giorni à dietro lanzorno fino sotto La Mola doue pigliorno setti bestiami
bouini, e 160 pecori, et essendo stati sequitati delii francesi quelli forno
ribottati, e seguititi fino nella Mola.
lo poscia deuo supplicare V. E. che per 1' Amor di Dio resti semita
dar ordine à questo secreto di francauiglia à fine che delli Introgiti et
effetti del Visconte mi pagasse il Diario di questi poueri soldati , et à
me qualche cosa del mio soldo per potere spendere jn quanto si offerirà
nel seruitio del Re nostro signore che non per altra cosa desidero denari
et agiuto di V. E.
Per auuiso di V. E. hoggi sono usciti di Messina 20 ueli fra quatri
e latini , et hanno pigliato per la parte di Ponente dicono che parte di
loro uadano in Barbarla à caricare di fermento, jn uua parte chiamata
Tabarca e che laltra parte uada jn francia tutto pel auuiso di V. E. e
144 MISCELLANEA
di tutto lantedetto con una dupplicata ni ho dato parte a V. E. con il
Dottor francesco di Leonardo che uiene per mare il quale à bocca refe-
rirà à V. E. il stato di questa frontiera, e con tal flne da Humilissima
schiauo mi pongo alli piedi di V, E. Francauiglia 4 febbraro 1677.
E. S.
Di V. E.
Humilissimo seruitore e Schiauo
D. Petro Paolini
LH.
(R. S. — B. 2449).
Copia di un real dispaccio , dato al Buon Ritiro il 5 febbraio
1677, scritto in cifre al Viceré Marchese di Castel Rodrigo, nel
quale leggonsi molte esatte ed importanti notizie sullo stato politico,,
militare e finanziario del Regno.
El Rey,
Illustre Marques de Castel Rodrigo. Primo, mi Virrey y Capitan Ge-
neral en el Reyno de Sicilia : à Don Joseph Carrillo que vino con carta
de Creenzia Vuestra a Representar el Estado en que se hailauan las
cosas de esse Reyno : se ordenó formase un Papel de lo que tubiese que
degir. y hauiendolo egecutado Redujo su discurso a los puntos que com-
preendera este Despacho, y hauiendose considerado con la atenta Reflexion
que pide la graue calidad de la materia, he Resuelto lo que vereis al>
pie de cada ponto en la forma signiente.
Ponto 1.* Qoe aceptasteis esse Qouierno con Resignada ouediencia en.
conflanza de ofreceros conti nnadas asistencias. puQs desde Barcelona si-
goiflcaiteif la despreuenvion de Sigilla, y en ella allasteis un exercito que
oonttaoa de solos quatro mil hombres siendo de ocho mil el pie de lista
continoandose el aLoso de pagar tanto numero do Raglones sin que basta
Toeatra llegada se hubiese hecho ninguna dlligencia para contenerle y
oafliigarle.
MISCELLANEA 145
Son manifiestas las cunsi'jeragioiies que obligan a que se iui'.'a el mayor
esluer/.o para asistiros en que se queila entendieiido. iiuuifiklojie hecho
mucho reparo eu que esse exer(;itu aste reduyido a solos quatro niil
hombres tolerandose el engano del Pie ile Lista que sapone otros tantos.
y crehiendose que vuestra aplicacioi» habra eoi-regido este culpable abasso
pesando a la reforma y cautehifido por todos me<Jios su continuacion. Ò8
apraebo !o que ubieredes obrado a este tìii. y en el casso de no hauerlo
egecutado. òs ordeno qne lo egeculeis comò tanto conviene, aberignando
lo que ha pasado castigando a los que resultaren cuipados y dando. ne
quenta de todo.
Punto 2." Que en el referido corto numero de Gente apenas ahi lo
vastaule al resguardo de las Plazas sin que se pneda sacar un solo hombre
para la campana respecto de la Ja^ilidad con qne siendo el Enemigo dueno
de la Mar puede transportar sus troc-as a dileruntes purt^s de la Isla y
las tiene amenazadas toilas.
Para el aumento de esse egevQìto ten^o determi naJo las disposiciones
que se Os partigiparan en otro Despacho de la fe.'ha deste, y se pondra
particular cuydado en la eiecucion de todo lo que mira à los socorros
y asisten^ias de Italia; y ahora he mandado que passe luego a Napoles
el Regimiento de la Guardia. Embarcandose en Alicante en los Bageles
que se an aprestado en Napoles en qu^e tanibien hira toda la gente que
se hubiere podido leuantar en Andalusia . y consìguient'-mente embiere
al Marqaes de los Velez orden de la foi'ma en quo e.sta gente ha de pa-
sar a asistiros de qne se os auisara tfimbie para que esteis en quenta
de elio.
Punto 'A.° Que la gente de esse Reyno no es hauil para la guerra : y
hauiendose combocado las miligias de a pie y de a Cauallo a Catania; o
no acudeti o se bueluen fujitiuos sin que haya medio de detenerlos escu-
sandose con el pretexto de la Vendimia y la Sementerà el socorro Sa-
nerai a que és obligado el Reyno. en que tubisteis por conueniente disi-
molar heuitando lamentagiones dei Pays. de que pudieron resultar mayo-
res danos.
Entiendese qne los Naturales de esse Reyno sean de la calidad que
representais. pero conuiniendo tanto el Valerse de todo lo que pueda
ayudar a la del'ensa de las opera(;ione8. difiero quanto a este punto a
Vuestra manera y prudengia la buena forma y disposigion de ayudaros
de essos Naturales corno puedan ser mas vtiles sin que de elio resultea
inconuenientes.
Punto 4." Que el serui'^io Militar que haueis combocado y deuen dar
los Barones y es Efectiuo se compone de mil y seis^ientot Gauallos. de
Gente ynutil y acostumbrada a la Paz de tregientos anos a que se anade
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 10
146 MISCELLANEA
el dudarse que subsista porque los Barones son obligados a mantener
este seruiQio por solo el tieuipo de tres meses.
Considerase qoe para que està gente permanezca en el seruigio sin la
limitacion del Pays el numero a que son obligados los Barones valiendo
08 de ella para poner alguna en las Plazas y Gastillos mezclandola con
Hespanoles. lo qaal remito a Vuestra buena disposicion y cono^imiento
que sobre el mismo hecho tendreis de lo que mas conuiniere a mi seruigio.
Punto 5.° Qua esse exercito se reduge a quatro mil Infantes y qui-
nientos Cauallos de mala Galidad y estan desnudos no hauiendo medios
ni aun para el Diario socorro del Pobre soldado, ni en el Pays de donde
esperarle ni adbitrio alguno de que poder valerse.
Tienese presente que los medios remitidos a Napoles Sigilla y ^Milan
son quatrogientos mil escudos del asiento del sai : los gien mil promtos.
y de ellos nouanta mil para Sigilla, y diez mil para el Pan de municion
de Milan , y los tregientos mil restantes en mesadas de a quinte mil
escados para Sigilla, y diez mil para Milan. cavo efectiuo cumplimiento
me escriue el Prince de Ugni que ha empezado a practicar. quedando con
el cuydado de soligitar la continuagion del resto : Asi mismo se han re-
mitido en letras tregientos mil escudos en doce mesadas con ordenes
para que se anticipen las tres. corno lo habreis entendido por mis De-
spachos antecedentes , y sibien estando corrientes las pagas de uno y
otre és este socorro quantioso en la estrecheza de medios que se padege;
todavia podreis estar gierto de que de mas de las asisteiigias referidas
se haran los esfuerzos posibles para aumentarlas a proporgiou de lo que
se necesita en que no se omitira diligengia alguna. hauiendo yo mandado
se atigen las letras qae se han imbiado de manera que no haga la menor
falta en ellas.
Ponto 6." Que esse Reyno se balla falta de municiones. polbora. Valas.
Plotno. Armas. instrumentos de gastadores y de mas Peltrechos. siendo
mny corta la fabrica de Polbora que bay en el.
La prouision destos Oeneros se podra hazer mas promtamente de Na-
poles que de otra parte a cuyo fin he mandado se embièn ordenes al. Mar-
qaes de los Velez para que desde luego òs vaya remitiendo las muni-
ziones qae le pidieredes. y asi Os corrispondereis con el dandole quenta
de lo qae Òs faltare paraque òs asista con ellos.
Punto 7* Qae la Plaza de Zaragoza és sola la de qaien se puede hacer
ectimagion aanqoe a la parte de la Mar està flaca. siendo necesario for-
tificarla corno tambien otros muchos puestos de quienes oxpresais con
distinQion la calidad. y la que tenian las fortiflcagiones de Trapana. Ca-
tania y Melazo en qae oourriendose por vuostras disposigiones a lo posible
no M podra obrar todo lo necessario por la falta de medios.
MISCELLANEA 147
No pudiendose desde aqai dar regia fija sobre està materia (siendo
de vuestra comprensioa regalar la mayor necesidad sobre el mismo
hecho) se hage preciso el dejarlo a Vuestro arbitrio para que en la pre-
sengia de los acgidentes y en el estado de las disposigiones de los Ene-
migos. obreis lo que major Os paregiere y lo que euplere en la posiui-
lidad resguai'dan'lo los paestos mas importantes y preuiniendo los que
estubieren amenazados corno lo fio de Vuestro cuydado.
Punto 8.° Que Melazo y Palermo tienen alguoa Artilleria. però no la
vastante. Zaragoza la tercera parte de que necesita. y Catania y Carlentin
se hallauan sin ninguna basta que Vos pusisteis en ellas las dos piezas
que se sacaron de la Escaleta rendida.
Creo de Vuestro cuydado que habreis dispuesto se ponga de seruigio
toda la Artilleria que vbiere en esse Reyno. y en el casso de que haya
que obrar en esto Òs encargo lo eàecuteis sin dilagion alguna, no tenien-
dose por conueniente que se saque Artilleria del de Napoles por la falla
que puede hazer en el pero para que se aumente en vna y otra parte
he ordenado al Marques de los Velez continue y adelante la fundigion
ofre^iendole remitirle medios separados para este gasto.
Punto 9.° Que siendo Catania la segu' da Ciudad de es/e Reiyno y la
mas dispuesta a las ventajas de los Enemigos. conuiene mucho sa con-
seruagion y por esto hauiais asistido en ella para preseruar con vuestra
presenzia el peligro de que por estar auierta y tener vnidas inteligen-
gias con Megina se entregase voluntariamente a frangia.
Han sido prudentes los raotiuos porque resolbisteis asistir en Catania,
pero pudiendo uariar segun los acgidentes las ragones de moueros a vna
V otra parte, dejo a Vuestro conogimiento la Elecgion de asistir en la
que Juzgaredes mas conueniente al resguardo y Conseruazion del Reyno.
Punto 10.° Que al Maestre de Campo General Marques de San Martin
no se balla en conueniente disposigion de seruir su puesto.
Hauiendo este Cauo pedido licengia para retirarse. se la be concedido.
y la mitad del sueldo con orden de que no se aparte de esse exergito
basta que llegue su Succesor en cuya Elecgion quedo mirando y pasare
muy breuemente a ella.
Punto il." Que el General de la Caualleria és ardiente y puede auen-
turar lo todo en un dia entregando la gente a empenos imposibles. no
hauiendo en el resto de la Caualleria otro Cauo Capaz. sino és Don An-
tonio de Olea que por sus achaques se puede poner pocas vezes a Gauallo.
Las notigias con que me ballo de la forma en que Don Diego ha obrado
basta abora son de hauer cumplido en todo lo que estubo a su cargo
muy enteramente conforme a sus obligaziones y en està Consideragion
<òs encargo le deis a entender en toda buena forma quanto conuiene ea
146 MiSCBLLANEA
las ocasiones medir el valor con la pruclengia para heuitar los perjui^ios
qne paede ocasionar el demasiado ardop. y por lo qae dtM^is de los acha-
ques del Theniente General Don Antonio de Olea. quedo mirando en si
combendrà noaibrar otro Theniente General de la Canalleria para qae
haya dos en esse exercito. corno, los lia auido en otros.
Punto 12." Que entre loa Otìgiales menores no liay en esse Reyno. a
qnien poder dar legitimamente una Coinpania de Infanteria.
En conoQiniiento <le lo que e muienc que haya en esse exeryito Per-
sonas de seruigios y experiencias resolai graduar de Generales de la
Artilieria para que siruiesen en ei Al Goiide Iheodoro Barbo, al Mae<«tre
de Campo Don Bernardino Sarmento y al Gonde de Fernan Nuiiez. y
antecedentemente concedi este grado a Don Francisco Franque, dii Maestros
de Campo a Don feli^jlano de Aponte a Don Semineto Rossi, y Don Pedro
de Vcedo Castellano de Catania, y de Theniente de Maestros de Campo '-e-
neral a Don Francisco de Lurago. y Juan Martin de Sauco. y quedo con
enydado de mandar se vei la forma en que se podra dispouer que vaya
nnmero de Keformados a esse Reyno en que se procurara ganar el tiempo.
Punto 13." Que esse Reyno no contribuye escusandose de pagar las
imposiciones antiguas basta las tandas Regias. no pndieado esperarse
que aunque se concediose Douatiuo se cobrase. corno tau poco se lian
cobrado mas que 20000 ducados de la resolugion que tornò el Marques
de Villafranca de Valerse un ano de las Pensiones Eclesiasticas.
Espero de Vuestro celo que en medio de las diflcultades que expresais
di«pondreis que esse Reyno concurra con lo que p.diere produ^ir de
los efectos. pues hauiendo de emplearse en su defi-nsa resulta su apli-
cation en propria conueniengia. y pues en ragon deasistirde aqui. queda.
y a referido el cuydado con que atendere a elio, podi-eis estar con mucho
allento de que se ejecntara asi. y con seguridad de que se hagen los vi-
timos esfuerzos para asistiros y de que no se alzara la mano de elio
basta conseguirlo.
Punto ik.* Quo de los Vienes Conflscados a Meginoses no se puede
esperar prouecho porqne el recelo de que se restituyan. por el temor
de que todo se pierda ditìculta su venta: y administrandose por el Pa-
trimonio esperanades la relacion que le hauiais pedido de la forma en
qae camir aua esto.
Pondreis a està materia el baen cobro que deue tener procurando que
fractiflque todo lo que se pudlere sacar de ella, dandome quenta de lo
qu<5 resultare y remitiendome la relagioii que teneis pedida al Patrimonio.
Punto ih." Qae no bay medios extraordinarios de qui», valeros en esse
Reyno porque la extrncgion de granos resulta en beneflgio de Megina
donde se lleuan todos. y sera la mayor ostllidad el no concederla.
MlSCh:i.UAM::A 149
Goaernareis està materia pruiengialinente por los inconueiiier.tea que
puedeii resultar de la firma de priicticarse y el desconsuelo que causara
a los Naturale.s el ver impedido el vso de las tratas de que todos viuen.
y para embarazar que los granos vayan a Medina Os vaMreis de lodo»
los medios que Juzgaredes proporzionados para el intento.
Punto 16." Que no se han continuado puntuales las mesaJas de a
30000 ducados de Napoles.
La falla de medios que se experimenta on Napoles. habra embu'azado
al xMarquos de los Vel^-z la continuagioji destas mesadas puntuales y ahora
le encargo Os asisla con quanto pueJe prometiendome que sa grande
zelo aplicara lo que pueda sacar de aquel Reyno y lo que se la embia.
de aqui. a los al'ectos mas vtiles para ac-auar la Guei-ra de Si<;ilia.
Punto 17." Que se hallan ynutiles los Bageles de la Armada en al
Muelle de Palermo, y que conuiene crezer eslas fuerzas para que puedan
òponerse a las del Enemigo.
En qaenta de lo mucho que esto imp'^rta ao se òmite dlligen^ia alguna
que pueda conducir al aum-Mito de las fuerzas maritimas en que se està
entendieiido. y estoy con toda ateiiyion a que muy a tieinpo se nombren
Cauos para la Armada para que no hagan falta en ella.
Punto 18.» Que Don Pedro Comete diflculta se saque gente del .\rmada.
con el pretexto de tenerla en el deuido resguardo. Sobre la forma en
que ha de practicarse lo que a esto toca se Os embia. otro Despacho de
la fecha deste, y siendo conueniente la regulacion qua s ; òs prescriue
en el Os encargo esteis muy atento a su punta.»! ubseraangia.
Punto 19.» Qae en las cosas politica» ha auido mucho desorden porque
los mal intengionados han hallado con el dinero disposigion en los Mi-
nistros y en la Secretoria de Vuestro antecesor para sauer lo todo pa-
gando las notigias a los Enemigos de que vjenen expresados alganos
ca*sos.
Quedo informado desto y no caaiendo la enmienda en lo que va ha
pasado sera bien que òs sirua de adbertengia para velar sobre esos Mi-
nistros atendiendo en la forma en qne proceden. y tambien los qae
sirueii en vuestra Secretaria.
Punto .0." Que en la eiitrada de frutos para sustentar à Megina han
tenido interuengion sin ningun castigo los Ministros que gouernauan a
Melazo. la Escaleta y otras partes.
Siendo està materia de tanta grauedad conuiene que se aa-^rigae y
castigue seueramentesin ninguna e.xcopgion. y asi lo e,:ecutareis d mdome
quanta de lo que se obrare en elio.
Punto •il." Que hauiendo.se pudido pasar al castigo de los culpados
«n la conjuragion del Principe de Baldina quando haui i Armada y exercito
150 MISCELLANEA
en Sicilia se ha dejado para quando no bay. ni uno ni otro. con el peli-
grò de que estando tantas Personas de suposigion enlazadas se passe a
la esecQQion que ha de ser pregisa porqae no se pierda lo demas del
Reyno.
En esto obrareis conforme a Josti^ia y comò lo pide mi seruigio pera
con atengion al Estado de las cosas por no ingidir en mayores inconue-
nieiites conio lo fio de vuestra prudengia.
Punto 22.» Que por dependiengias desta causa estanaii presos en Ca-
tania los sugetos que se expressan y hauiades tenido racones para Uamar
cerca de vuestra Persona al Duque de la floridia.
Dispondreis se pi'osiga en el conogimientodestas causas procediendose
en ella conforme a derecho y obrando lo que conniniere a mi seiuigio
de que me dareis quenta.
Punto 23.° Que tubisteis auisos de que el dia de los difuntos (|iierian
eo Catania degoUar a los Hespanoles. y que el del San Carlos intenta-
rian en Palermo apoderarse del GastiUo. disimulandose el hecho con el
concurso a la celebragion de mis anos.
Aprueuo Os las diligengias que interpusisteis para preseruar estos
danos. y Os encargo esteis con grande cuydado qne piden los atentaèos
de seuiejante calidad en la peligrosa constitugion de esse lleyno.
Punto 24" Que en el tiempo de essa Guerra no se ha dispuesto en esse
Reyno un solo Tergio de Sigilianos no porque no se ubiera podido for-
mar, sino por los robos que se han causado de.luntar las Miligias redi-
miendo a dinero los Capitanes de Armas y los Sargentos mayores la gente
con que la han destruydo sin ningun prouecho.
Haueriguareis lo que ha pasado. en esto procediendo seueramente ai
castigo de los culpados asi de los Ministros superiores comò iuferiores.
dandome quenta de lo que resultare, y si el tiempo lo permitiere y Os
paregiere que conuiene hareis algunas leuas voluntarias de Sigilianos.
Punto 25." Que con lo que ocupa basta ahora el Enemigo en Sigilla
no le faltan mas que Catania y Carlentin para tener libre la comunica-
Clon per tierra de la Costa de Tramontana desde Megina à Catania pu-
diendo a su saluo penetrar quarenta millas hagiendo que le contribuyar>
los lagares de todo el distrito.
Con las asistencias que tengo determinadas y se Òèi hiran encami-
nando con toda aplicazion espero que no solo recuperareis estos puestos :
pero qne enteramente hechareis a los franoeses de Italia
Punto 26." Que lo que franceses tienen y lo que esperauan l)reuemente
te pnedon pr^suponer su egergito de 12 à 14000 hoinbres. con que hal-
landose duerìos de la Mar se moueran con todo su xrueso sin cuydado
de naettras operagiones por la faciltdad con que sienipre puoden socor<-
MISCELLANEA
151
rer sus pnestos : hagiendose preciso egergito competente de nuestra parte
para gaarnecer las Plazas y oponerse a sas tentatiuos.
Quedan expresadas las disposigiones qae se han pensado para imbiar
gente a Sicilia en el mayor numero qae se pueda : bien que tengo pre-
gente lo que me escriuisteis quanto a que con exer^ito de 10000 hombres po-
driades seguir essa Guerra con buenos efectos.
Punto 27." Que no bay esperanzas de intelligengias en Medina por el
descaeQimiento de nuestras fuerzas y la opresion en que franceses tienen
a aquellos Naturales.
Reconocese que estos dos motiuos diflcultaran la introdugion de las
confldengias : pero no por esso dejareis de procurar introdugirlas valiendo
08 de las disposigiones que puede produgir en aquellos animos el verse
òprimidos.
Punto 28. Que por las racones que se me proponian os allasteis obli-
gado a declarar que yo hauia hecho merito del grado de General de la
Artilleria al Coronel Don Luis de salcedo aqnien encargasteis el Gouierno
de la Plaza de Melazo.
Por' el empeno que haueis hecho en esto adelautando os a la declara-
gion referida. y por considerarse que conuiene manteneros en autoridad.
he uenido en que passe por està vez. y assi podra recurrir la parte por
el Despacho que le toca : pero òs repreendo el hauerlo egecntado advir-
tiendo Os escuseis el entrar en estas cosas porque de ningnna manera
se Òs pasai-an en adelante.
Punto 29.® Que combendra hager merced al Principe de Banchina, a
Don Julio Pinateli. y al Duque «le Camastra. Vicario» Generales en Catania
Trapana y Siracusa.
Ya Os tengo ordenado signitìqueis al Principe de Banchina, y a Don
Julio Pinateli. la gralitud con que he entendido la tìneza de sus proce-
dimientos y que los tendre presentes en las ocasiones de lauorecerlos y
honrrarlos :
Mantendreis los en està confianza pasando el mismo oflyio con el de
Camastra y al de Banchina declarareis que he buelto a mandar al Con-
sejo de Italia me proponga uno de sus hijos para acomodarle en alguna
Abbadia.
Punto 30.» Que para heuitar disputas con los offlgiales d-*! egergito
combendria que yo concediese grados de Generales de Artilleria a los
que se hallan siruiendo de Vicarios Generales de las Plazas que son sa-
getos de la Primera nobleza, y tambieii al Conde de San Marcos Pretor
de Palermo, no por el puesto , sino por sus meritos y la conueniengia
de tenerle gratificado.
Por la representagion que hageis de que concurren uastantes motiuos
152 XISCKLLANEA
para que sea conuenieute conceder estas gradua(;iones : beugo en que se
haga corno lo proponeis ; paptigipareis lo a los interesados para que se
acuda de su parte por los Despachos en conforinidad de mi resoluciou.
Punto 31." Que aunque Os haueis aplicado por todos medios a gran»
gear a la Nobleza y ia Pleue, reconoceis que tiada pued > ser vastaiite a
vencer tan e!nbege(;idos luales. y me pedis que eu el casso de que no
«e Os arista con todos los 14000 hombres para el egergito de tierra. y
con Armada competente a contener a los Enemigos. Òs conceda licen(;ia
para hir a seruir a otia pai-te con vna Pica.
Hasta allora he resuelto en vuestra asistenzia los niedios que quedan
«zspresados. y assi con ei aliento de la esperanza de que Òs hirm ne-
gando consiguientemente Os ópondreis a contener los mouimentos del
Enemigo aplicandolos a tener adelant tdo todo lo que pudiere hazer mas
vtiles los reluerzos que se Os agregaren , y creereis que me hallo con
«aiisfacion y confiauza de Vuestra Persona, y de que vsareis de los me-
dios conuenieiites a los buenos Efectos de Essa Guerra, asistida de ics
qae se van disponiendo y se dispondran basta feaecerla (pla^iendo a
Dios) Telizmente.
Punto 32.'' Y que la experienvia ha mauifestado la grande importangia
de que pasen auu tiempo de 5 a 6000 iiombres a Sicilia, porque diuidien-
dosH .son ynutiìes los unos quando llegan los otros conque no se hira
operacion pringip »1. y si Essos Naturales no vón Junto este socorro en-
trando en esperanza de que le seguiran mayores esfuerzos llegaran al
vltimo desaliento y se pondran en manos de Kranceses.
He ordeiiado que por todos medios se procure que en està primera
ocasion vaya el mayor golpe de Gente que sea posibleen que se queda ea-
tendiendo. y en que el Regimiento de la Guarda passe lo mas numeroso
que se pueda sin que se le aparten los reformados que bay en el.
Hanse dado los ordenes para execugion destas disposigiones preuiniendo
la puntualidad y consequencia que conuiene tengan entre si : velarase
incesa n temente en su Cumplimiento y se Os partigipara el Estado que
fueren tommdo, y Vos por todas vias me hireis dando quenta del que
tabieren las cosas de Esse Reyno; De Buen Retiro à 5 de Febrero de 1(577.
MlnCELLAXKA 1 '>4
LUI.
(R. S. - B. 1684).
L'Arciprete e i Giurati di Francavilla con lettera, ivi data il
9 febbraro 1677 , mandano al Viceré alcune notizie militari e gli
chiedono soccorsi.
Eccelleatissiiro Signore,
La uigilanza, che dobbiamo applicare per la conseruazione di questa
Terra nella fedeltà , che ha testificato col sangue , e morte de' suoi, e
testitìca contìnuamente con Tarmi in mano, e nel pieno sernigio di Sua
Catolica Maestà (che Dio guardi) ne costringe a render consapeuole V. E
che nuouameate siamo stati certilìcati da perione degne di fede, che il
nemico il quale oggi ó nella Terra della !-,imina, la domenica antepassata,
dì ultimo di Gennaro, si eompario per uie molto coperte, nella Terra
della Motta, già abrugiata, et destrutta, co' '1 numero di 70 Mottigiani
rubelli per osseruare il sito di detta Terra. 11 che auendo fatto deliberò
di uoler portare in essa Terra il numero di sei Miane e tutta quella
maggior, quantità di soldati, che li sarà possibile per potersi fan; strada,
con r occupazione di questa Terra di Francauilla , Castiglione , et Lin-
guagrossa, per la Città di Catania. Al che 'la noi riguardandosi, sicome
ancora dalla attenzione di Don Pietro Paolini Gonernatore dell' armi di
questa frontiera, il quale ancora rende di ciò inf irmita V. E. habbiamo
unitamente deliberato fortificarci al maggior segno contro questa or no-
uamente designata inuasione, e fra l'altre cose habbiamo ultimato di
munire quelle due colline sui monticciuoli, che sono contigui al Conuento
dei frati Cappuccini di questa. Per lo che ci corre necessità del numero
di altri cinquanta soldati Spagnuoli , non bastandoni quelli trenta , che
al presente si trouano in questa, li quali intendiamo collocare nelle dette
due Colline, e nello istesso conuento; dalli sudetti due luoghi uiene questa
Terra facilmente difesa da ogni nemico insulto. E già si è dato principio
,a quest'opera con particolar fatica di questo fedelissimo popolo. Siche
supplichiamo la grazia di V. E. si degni restar seruit-a far l'ordine ne-
cessario , che il sudetto numero d' altri cinquanta soldati spagnuoli si
abbia inuiare in questa, senza ueruna perdita di tempo: cosi ricercando
l'estrema urgenza della necessità : polche, se al nemico si darà adito di
154 MISCELLANEA
prender posto in detta Terra della Motta, non si potrà, se non con som-
ma dilBcoltà rimuouere di nuouo da tal sito, che é di quella considera-
zione, che il sommo auaedimento di V. E. riconobbe, mentre fa in questa.
Il che mentre ci impromettiamo dal suo Viceregio zelo , humilmente ci
incliniamo a suoi piedi , con pregarle da Dio Nostro Signore lunghi , et
felicissimi anni, e quelle felici riuscite , che più sono dal suo generoso
animo desiderate. Di Francauilla li 9 Febraro 1677.
Eccellentissimo Signore
Di V. E.
Humilissimi et ubedientissimi Ministri
D. Ossolo Vitelli Arcipreti
D. Antonino Giria Giurato
Domenico (?) Pretrimoni Giurato
Giuseppe Magnerà Giurato
Pietro Paolo Pretrimone Maestro Notare.
LIV.
(R. S. — B. 1684).
Don Pietro Paolini , Governatore dì Francavilla, con lettera,.
ivi data il 10 Febbrai'o 1677, manda varie notizie di quella fron-
tiera e chiede aiuti.
Eccellentissimo Signore,
M' occorpe penare alla notitia di V. E. come In questo punto dalla parte
dell' Inimico dico Lalimina ni viene aunisato che dieci giorni adietro il
Oouernatore di quella Terra si conferi nella Terra della Molta con 50
ribelli dessa Terra d' ordine del Marexial di Viaona et hauendo quella
riconotcinto ritornò in detta Terra della Limina II quale il giorno
doppo si conferi nella Città di Messina, con risoluttione di rappresentare^
à quel Generale che si deue mantenere il posto della Motta e fortificarla
con portami sei moiani la qaal cosa sarrà di qualche pregiudicio, e per
tale effetto con il seguito di tatti questi Oentilhomini e Populo Esemplare
di questa Terra di francauiglia ho dato principio i fortificare il posto
MISCELLANEA 155
delli Capoccini che e di molta conseguenza, per la consemattione di
questa Terra ma per poterlo difendere e di bisogno che V. E. honorasse
questa Terra con ordinare che si Inaiassero In questa altre 50 soldati,
non ui tenendo Io ppiù altro che 25 Spagnuoli , senza li 50 Scalettoti e
sei banduti che di continuo scorrono la campagna dell' Inimico con re-
plicare ordine V. E. à D, Marcello Veles à finche poi prouedesse questo
posto di tutta sorte di Bastimenti e monittione necessaria à mantenere
un posto perche detto di Veles del primo ordine datogli di V. E. non
ha fatto niente et à pena m' ha resposto una uolta e di questo modo
assecurò à V. E. che 1' Inimico hauerà li suoi Trauagli quando uorrà
uenire In questa Terra di francauilla supplicando lo à V. E. come suo
schiauo far questo che antepongo che farà cosa di molto seruitio di
S. Maestà e del tutto ni resto attendendo le grazie di V, E. per consolare
ancora In questa occasione questo Populo fldelissimo , et a me darmi
occasione di potermi far honore.
Il Populo delli graniti la maggio? parte di loro s' hanno retirato le
loro donne e robbe alla parte di Castiglione, Linguagrossa, e Francauilla
e ho buttato bando che l' huomini d' Armi debbano stare alla sudetta
Terra delli Graniti , e spero faranno il debito bene perche Io li tengo
attaccati di buona forma.
Per uia della Limina sto ncgotiando di fare che reesca un seruitio al
Re nostro signore, e di quanto seguirà ni darró auuiso a V. E.
Li notitie che corrono nella parte dell' Inimico, e che aspettano gran
soccorso tra li quali dicono ui sarrà quattro niilia suizzari, il pane cor-
rere sei onze quattro grana, e quando 1' hanno e quando nò e supplico
V. E. tener memoria di un pouero schiauo di V. E. a cui Deuotamente
bagio per mille uolte à V. E. li piedi. Francauiglia li 10 febraro 1677.
Eccellentissimo Signore
Di V. E.
Vmilissimo seruo e schiauo
D. Petro Paolini.
LV.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 18 febbraro 1678, prende
atto della notizia datagli dal Viceré, con lettera del 28 dicembre
IM MiaOSLLAKEA
♦677, che il nemico si era impadronit» del forte , che si stava
costruendo al Puntale, presso Messina, e che aveva condotti vari
prigionieri in quella città.
LVI.
(R. S. — B. 1684).
D. Pietro Paolini , Governatore di Francavilla con lettera, ivi
data il 23 febbraro i677, madida notizie di quella frontiera e chie-
de soccorsi.
Eccellentisaimo Signore,
Hoggi mi capita una lettera del Protonotaro con la nomina delti
nuovi Offlciali di questa Capitania Giurati et altri, In virtù d'una lista
mandata Io a detto Protonotaro havendomi Io Informato qui dtìlli pw-
•oni habili, e fedeli et In quanto al Gapitanio di Giastitia, il quale e un
Officio che porta molta .autorità, e di molta conflilouza et lo per detto
Otficio propose a detto Protonotaro, ad Antonio Gannizzaro Agiutante ri-
formato del Terzo di fiumi di Nisi huonio di grandissima prattica ua-
loroso fidele Esperimentato nel seruigio del Re nostro Signore;
Et hoggi E. S. nella nomina che da detto Protonotaro mi uiene In-
aiata retrouo che la nomina di Gapitanio sudetto e uenuta; In persona
del Dottore in melicina Iacopo Gavatori, e mi sono Eccellentissimo Si-
gnore confuso in ueder simile elettione che un medico In questi tempi
sia eletto Capitano di Ginstitia di una parte che notte e giorno si com-
batte con rinimico oltre di più che In quest'Officio uole essere persona
ualorosa che sappia andare alli scopettati, e che sappij dormirò In Cam-
pagna, e Caminare à piedi 20 miglia il giorno si e di bisogno, e non
che sia huomo di commodità oltre di più Ecc. Sig. che Io puoco mi lido
della O.-nte del Paese Benc.hi; Io li faccia slare assai Timorosi ma con-
sidero che facilmente nelli loro intentioni regna, che se oggi loro sono
di Dio dimani sono del Demonio;
Si che Eccellenlissimo Signore V. E. si serua per sua benignità fare
che detta elettione di Gapitanio sia in persona del sudetto Agiutante An-
tonio CannJ;rzaro, ne dtìa V. E. con il parere di Signori Ministri, perche
'Inqopstu <;a90, non sono loro che coiitra.^lano con l'Inimico notte e giorno
MlMJKl.LANKA 157
à colpi di palle, fare ronde, e lortificard tutto il giorno, e stare la
Francaiiilla doue oggi solo e la Guerra e V. E. per sua grandezza ai
dene In questi casi regolare à quanto Io humilmente rappresento a V. E,
per esiger lo sopra luogo, et Informato della materia, e fin hora Io sou
quello che deup contrastare eoa delta gente, et ogn' nuno, e buono à
nenire à rappresentai e a V. E. niaterie di pace ma non di Guerra;
Per quello poi Eoe -lli-ntissimo Signore che fin hoi-a à sortito In que-
sta frontitna n'ho dato à V. E. distinto auaiso, però resto .»om ma mente
confuso won sapendo se à V. E. sono capitati le mie lante lettere, hora
con questa m' occorre dar parte à V. E. che facendo scorrere la r^ara-
pagnia dell'Inimico che giornalmente non si fa altra cosa si piglio un
rubello e di subito gli fece far la strada degli altri, e se Dio mi igiata
spero fra breue dar qualche buon auuiso à V. E. e per tale effetto ho
fatto Esponere A 40 bore e questo per un negotiato , che tengo fatto
nella parte dell'Inimico, Dio sia quello lo faccia reascire bene, per po-
ter mostiare à V. E. l effetto della mia seruitù ;
Io doppo Ecc.mo Sig.re qui non tetìiio altro che 50 scalettoti , e 25
spagnuoli, e se Dio guardante mai l'Inimico carricasse per questa parte,
perche li cosi della Guerra da un hora ad un altra mutino consideri
V. E. come mi troueria, non hauendo altra speranza che quella delli
Paesani, e per hauer Io mediocremente fortificatoli Palazzo del Visconte,
et il Conuento delli Capoccini hora non tengo con che ditenderli e con
altre mie ho supplicato à V. E. per un puoco di Infanteria, e con que-
sto nouo soccorso torno di nuouo à supplicare à V. E. honorasse que-
sta pouera Terra almeno di 100 milanesi, che sariano di molto profitto
per questo posto, come anco stando qui sono sempre pronti , e nicini
tanto per Tauormina quanto per Melazzo e Catania.
E si succedesse il caso l'Inimico Intentasse per Catania , sempre per
ogni ragione procurerà impedire II soccorso che di Melazzo potrà an-
dare con prendere à francauiglia e Castiglione, et tenendo questi posti,
e perso llandazzo il primo giorno, e l'Inimico si faria contribuire per
50 miglia à torno, che però E. S. uengo a supplicar la Grandezza di
V. E. si degni onorarmi di questo soccorso per hauer la fortuna da mo-
rir da soldato, e non di villano che e il fine con che humilmente mi
pongo alli piedi di V. E. che per mille uolte bagio francauiglia li 23 fe-
braro 1677.
Eccmo Signore
Di V. E.
Vmilissimo seruo e schiauo
D. Petro Paolini.
Ecc.mo .Sig.re.
158 MISCELLANEA
LVII.
(R. S. - B. 1684).
I Giurati di Francavilla con lettera, ivi data il sabato 27 feb-
braro 4677, avvisano il Viceré che la notte passata Don Pietro
Paoli ni era partito di là alla volta di Limina con 3000 uomini (1),
che in quel punto che era un'ora e mezza di notte giungeva loro
la notizia della presa di quella terra per parte del nominato Pao-
lini, il quale aveva fatto prigionieri 23 ribelli della Motta, e uc-
cisi altri 25 ribelli con un comandante francese, e ciò con l'intesa
di alcuni terrazzani della stessa Limina e di quattro sacerdoti,
ivi mantenuti perciò a spese della Comunità di Francavilla. Au-
gurano pertanto in pari tempo di poter successivamente progre-
dendo poter riconquistare a S. M. Savoca, Forza, Gasalvecchio e
finalmente Taormina.
LVIII.
(R. S. — B. 1684).
Don Pietro Paolini con lettera , data a Francavilla il 27 feb-
braro 1077, manda al Viceré alcune notizie di operazioni militari,
eseguite o progettate in quella frontiera.
Eccellentissimo Signore.
Per avviso di V. E. non lasso dargli parte come sono arrivato a fine
di quanto per altre mie ho significato a V. E. per la limena, ed e che
questa mattina mi son partito da francavilla con due mila homeni pae-
sani della Citta e terre della mia frontiera al numero di 2200 che per il
negotiato che io tenia fatto con questa Gente della limena con 1 inteli-
gentia del Sig. Generale della Cavalleria il quale questa mattina mando
(1) Risalta da altri documenti , ohe fosse quella forza composta di
400 spagnooli e 2000 paesani di Francavilla e delle terre vicine.
MISCELLANEA
159
in francavilla al Sargente maggiore D. Celidonie con quattrocento spa-
gnaoli, e ponendomi io in marcia con la gente del paese auanti mezzo
giorno dove accompagnato con laggiuto di questi liminoti fece preda
di 23 ribbelli tra moltigiani e messinesi e 25 si ammazzare con il Gipo
francese di questa e il tenente del marchese di Gallidoro, e perche que-
sta sera e già tardi e linfanteria spagnuola e uenuta assai tardi non si
a fatto dauantaggio perche io aueria anco soggiogato la Terra di Casal-
vecchio e Gallidoro e la Terra di moncuttì questa Terra mi a mandato
ad avvisare che uolentieri si aueria di nono rintregata alla obbidienza;
E perche io Ecc.mo Sig.re tutto questo lo mach i nato e posto in ef-
fetto a fine che per auer qualche bon successo per taormina e mola; e
sarà di qualche facilita quando si farra quanto io tengo scritto ed avvi-
sato al Sig. Mastro di Campo Generale ei e, Ecc mo Sig.re che nel me-
desimo tempo che io sono qui con tutta la sudetta Gente benché m' at-
tenda dauantaggio per aia del Sig. Coate di Asaro; il sig. Mastro di
Campo Generale disponga che la Gente del Castro Reale con li flnmidi-
sani e Gente di Pizzo di Gotto furnari e mizzara marciano sopra li colle
di mandanici e sauoca, e che la Gente di San Peri di monforti e raon-
forti Rocca ualdina uenetico Rametta e saponara marcassero sopra li
colli di dinni Ammare, e questo a line di diuertire le forze del Inimico,
e nel medesimo tempo che il Sig. Generale della Caualleria inuestisse
per taormina e io per disopra la mola sarria stato Signore assai facile
che di questa forma auesse potuto sortire qualche cosa di bono e cosi
era la risolutione del Sig. Generale della Caualleria , tanto maggior-
mente che linemigo si troua con quarche scarsezza di pane ;
E a questo punto che sono bore 4 di notte mi capita una lettra del
Sig. Generale della Caualleria in che uedo che non sta detto Signore in
risolutione di toccar Arme per taormina nemeno il Sig. mastro di
Campo Generale di far toccar arme per altra parte;
Si io Ecc.mo Sig.re per mia parte mi pare auer complito con quello
che ho promiso e per domani penso ritirarmi con il Sig. D. Celitlonio
se pero non mi uerra altro nono ordine che sempre sono prontissimo
ad eseguire con la perdita di mille ulte se potesse essere possibile, e
con questo uengo alli pie di V. E. a tìne che accetti V. E. da me questa
mia piccola hoperatione come 'piccola minima cosa di un schiavo di
V. E. a cui mi pongo a soi piedi francauilla a dì 27 febbraro 1677.
Ecc.mo Sig.re
Di V. Eccellenza
Vmilissimo e denotissimo seruo e schiauo
D. Petro Paolini
160 HTSOELLANEA
LIX.
(R. S. — B. 2449).
S. M. con dispaccio, dato a Buon Ritiro il 1" marzo 1677, an-
nunzia tra l'altro al Viceré alcune provvidenze, emanate per la
sicurezza di Palermo,
Ei Rey
Illustre Marques de Castel Rodrigo etc.
En carta de dos de octnbre del ano proximo passado, me represcntò
el Senado de esa mi (eliz Qiudad de Palermo sa desconsuelo, por el ac-
cidente de la reaelion de Medina, y falta grande que padegia de forti-
flcagiones interiores, y eiteriores, armas, manigiones, Artilleria, Caaal-
leria, y Infanteria Veterana, y medios para asistongia de las pi-egissiones
referidas, y oponerse a qualquier tentaliiio de las fuergis de frangia.
Y quanto importala, que en auseogia de mi Virrey, se encargase el go-
uierno de la Cinda 1 al Prector ostando a sn orJen los canoa, y oflciales
militares, que asistiesen a la defensa de ella, por los raotiuos , que ex-
pressó, a que mandé responderla en despaoho de Veiute y ginco de
Dixiembre corno entenderiades por la copia, que con otre de la mesma
data OS mandé remitir. Y hauiendose visto la istangia del Senado, co«-
siderados todos los puntos de su representagion , con la gircunspeccioa
que pide materia de tal granedad, resolui en quanto al punto del man-
do de lo militar en Palermo dar la prouidengia conueniente, por la
parte donde tocaua, haaiendo os ordenado embiaseis a aquella Giudad el
mayor numero de gente que pudieseis con Cauo de experiongias, y de
calidad, que e^tubiese a orden del Prector, a quien despues he conge-
dido el grado de Qeneral de la Artilleria, por ragon de su persona, y
no por el puasto. Y en lo demas que toca a los forti ficagiones , Artille-
ria, Armas, maniyiones, y dinoro para estos gastos, hien reconogera la
Cindad. quan exansta se balla mi Real hagienda de ese Reyno , y que
para el mantenimiento de el exergito he enagenado la mayor parte de
mi Real Patrimonio de Napoles , hauiendose embiado de el, y do estos
Reynos tan considerables sammas de dinero, y que perseuerando la
guerra e« pregisio se ayan de continuar los mismos, y mayores gastos,
UISCELLANEA 161
pero atendiendo al amor, y propensiori que me deben, el <;clo, Jldelidad,
y ateiigion con que se han manteiiido, y mantienen taii leales vassallos,
y que no les (alte el cousuelo, que soliyitan, y con brcnedad se consi-
ga, conuiendra que i*sa mi feliz i'.iudad, en continuai;ion de las demon-
strac'iones con que se ha senalado en todos tiempos en el socorro de las
neyessidades publicas de està Corona , se aliente aora a lo que en la
presente pueda obrar eii su resjifuardo, procurando sacar algunas canti-
dades para el reparo de sus mui-allas, gasto de manigiones , compra o
fiindigion de la Artilleria, comò se le esjriae en despacho de la data de
aste, de que os embio copia rubricada de mi InlVascrito Secretario, que
acompana el originai, qaé encaminareis en mi Real nombre al Senado,
a cuyo efecto os encargo, y mando, que si para la esecuQion de lo re-
ferido os pidiere alguna facultad, o dispensa^ion , A al Tribunal de ese
mi Real Patrimonio, se la congedais, con obligagion de que lo qua se
Bacare de ella se conuierta prefissamente en la-* preuen(;ione3 referidas,
examiiiando primero los medlus, que propussiere la Ciudad, que no se
enquentre inconueniente de grane perjuicio , (exQeptuando*todo genero
de Gauela, o graueza del Publico, porque mi animo no es, que se le
graue con nueuos pesos) de manera, que se halle asistida , y defendida
en qualquier tentatiuo de las fuergas de Frangia, y sin los re(;elos ea
que la tienen las operagiones , que han axecutado sas armas, lo qual
dispondreis se ajuste con la efìcagia que piJe cosa il? tal importangia,
infurmandome niuy iudiinduahnenle de todo lo quo se olregiere en este
particular flando de Vuestro gelo, y atengion a quanto es de mi Real
seruicio, os dedicareis al buen logro, y encaminamiento de asta materia
corno pide su inspeccion, y corresponde a lo que moasegura Vuastra gran
vigilangia, y atengion en li defensa de essa mi feliz Ciudad, y Reyno.
De tìuen Retiro a 1° de Margo de 1677.
yo el Rey.
Bìistamanle Secretario.
Etc. Etc.
LX.
(R. S. - B. 1684).
D. Pieti'o Paolini con lettera, data a Francavilia agli 8 di "tear-
zo 1677, manda al Viceré alcune notizie militari e chiede soccorsi.
Arch. Stor. Sic. N. S. unno XXIV. U
1G2 MISCELLANEA
Eccellentissimo Sijrnore,
Con roccasioiie, ctie uiene alli Piedi di V. E. il Reuerendo Arciprete
di questa, mosso dal molto amore e gran zelo che tiene al seruitio del
Re Nostro Signore non lascio replicare a V. E. con ogni disti ntione le
nuoue, che di continuo occorrono in questa Frontiera con l'orme ho sem-
pre fatto sino al primo giorno, ma non so se siano uenuti alla notitia
di V. E. per non h:iuer hauuto lo nessun riscontro, hora Ecc.mo Sig re
vengo à ponere alla notitia di V. E. et é che per li Riscontri, che tengo
dalla parte dell'Inimico si ritroua per molte ragioni essere assai debili-
tato le forze l'una per la mancanza del vitto, per la qual causa tiene
assai disgustati li popoli di quella frontiera, e fariano qualsiuoglia riso-
lutione, à fauore di S. Maestà mossi più dalla fame , che da altra cosa,
come anche l'Inimico si troua assai debilitato di Genti, por hauer.seni as-
sai fuggiti, e morti, e per quello che io posso conoscere e discorrere
con il mio Rozzo Intelletto dico a V. E. che hora é tempo di poter su-
perare qualche cosa, e con la presenza di V. E. in questi parti io m'ac-
certo, che saria per sortire una <Jloriosa giornata, e se si darà tempo
che l'Inimico gli ueriga soccorso alli Popoli di quella Frontiera , gli si
muterà poi l'intentione ; et in questo Ecc.mo Sig.re, non si deue perder
tempo, e quando V. E. uorrà disponer questo, lo m'obligo render l'ubi-
dienzu Sauoca, con allre quattro Terre, con tutto che con quella Gente
ui babbi perso il credito.
Più uolte Ecc.mo Sig.re ho suplicato V. E. a restare seruita ordinare
che se fossero jiiviate in questa cento soldati Veterani per poter man-
tenere dui posti Principali di questa, come é il Conuento delli Capuccini,
e Palazzo d«l Visconte con l'ordine del Signor Prouiditor Generale che
prouedesse li tudetti Posti di Tutte sorti di Bastimenti di Monitioni ne-
cessarie; e quello Ecc.mo Sig.re che per esser fattura di V. E. deue V. E.
considerare à tutto l'Antedetto, e non si lasci scappare V. E. questa
buona congiuntura dalli Mani, e non facci conto V. E. che sia parcMe di
Pouero Soldato, perche Ecc.mo Sig.re acertata mente conosco la buona
occasione e uorrei che la gloria fosse di V. E. e non d' altri che non
cosi facilmente la sanno abracciare,
lo Poi da che sono nenuto in questa frontiera non ho riceuuto un
Grano, ne procacciatomi di niente, e di qualche contrabando, che ó stato
pigliato della mia parte li ho aplicato al seruitio del Ré con far fare
molte fortiflcatioDi, e repari, hauendo sodisfatto solo, che li Mastri, che
hanno traoagliato di continuo, e spese disorbitanti di spie, che ho te-
nato e tengo nella parte del Nemico, per accertare maggiormente il ser-
MISCELLANEA IG'i
uitio del Ré in Inaiar corrieri tutto il giorno per questa frontiera, come
^nco in Melazzo Catania, Randazzo, per tener li superiori anisati di tutto
quanto passa a la Giornata, si che suplico la grandezza di V. E. uogli
restar seruito dar qualch' ordine mi sia liberato qualche soccorso , che
pure intendo spenderli per seruitio di S. Maestà.
Per la Parte di Messina mi uiene auuisato che per li quindici di
questo mese aspettano il soccorso di Tremila homini et 11 Visconte di
francauilla ha pigliato scudi cinquemila alli Cambij con animo di spen-
derli in seruitio del suo Rè Christianissimo in far tanti soldati per quan-
do si disponeranno marciare per Catania, ò francauilla conforme publi-
camente in detta Ciltà di Messina discorrono, benché io credo che que-
sta voce r habbino passata per dar qualche speranza à quel Popolo e
mantenerli in Parole e speranze,
Io qui Ecc.mo Sig.re non tengo altro che Cinquanta Paesani, e Ven-
ticinque Spagnuoli, e se Dio guardante succede il caso, lascio conside-
rare à V. E. come si potrà fare, benché fin bora sono stato e sto con la
speranza di uedere la fedeltà di questo Popolo, che ó l'unico mio con-
forto che é il fine col quale bagio per mille uolte à V. E. li Piedi, fran-
cauilla 8 marzo 1677.
Ecc.mo Sig.re.
Di V. E.
Vmilissimo e deuotissirao sernitore e schiavo
D. Petro Paolini
LXI.
(R. S. — B. 1684).
I Giurati di Francavilla con lettera , data ivi il 9 di mar-
zo 1677, informano il Viceré, che non avendo potuto il Generale
della Cavalleria De Bracamonte per le sue infermità marciare in-
contro da Catania per Calatabiano ed unirsi a Don Pietro Paolini,
onde proseguire insieme e cercar di riconquistare Savoca, Casal-
vecchio, Forza e Taormina, secondo si era progettato, questi con
grave dispiacere proprio e dei suoi uomini era tornato indietro
da Limina, della quale si era impossessato con perdite dei nemici;
164 MISCELLANEA
che i Francesi eran quindi ritornati ad occupar questa terra, bru-
ciando circa quaranta case; che tuttavia in quella frontiera fino
a Taormina, che difettava di viveri e di munizioni, gli animi era-
no ben disposti verso S. M. e che tutti erano pronti a tentar di
uuovo l'impresa, quando piacesse a S. E. di ordinarla, e intanto
chiedono un aumento di un centinaio di uomini di truppa spagnuoli.
LXII.
(R. S. — B. 2449J.
Don Francesco Valdina, Maestro di campo e capo di un Terzo
di Siciliani, afferma che, incaricato dal Viceré, marchese di Bajo-
na, della custodia di Milazzo, Rametta , Venetico , Valdina , Mon-
forte e Samperi, si era ivi tanto ben condotto da riceverne varie
attestazioni e lodi dai regi rappresentanti e da cadere ammalato
pella gran fatica ; supplica quindi che sia liberato da) confino e
dalle persecuzioni che pativa, perchè accusato di occultare i beni
del fratello Don Giovanni Valdina, principe di Valdina, o almeno
che sia tosto giudicato, sopratutto a pel rischio che può coìTere
la sempre fedele lealtà del supplicante in tempi di tanti pregiu-
dizi e sospetti nel Regno , che è il maggior sentimento che lo
affligge».
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 29 marzo 1677, rimette
al Viceré copia della supplica di lui ed ordina che gli sia pron-
tamente fatta giustizia.
LXIII.
(R. S. — B. 28).
Gli ufficiali delle galere della Squadra di Sicilia , in data del
3(J marzo 1677, pregano il Viceré Marchese di Castel Rodrigo di
MISCELLANEA 165
provvedere al pagamento del soldo, attrassato da due anni alle
loro ciurme, le quali, non volendo credere che gli ufficiali stessi e
gli altri ministri reali siano trattati « con la misma igualdad » si la-
mentano altamente con parole, che passano i confini del rispetto
a loro dovuto, e fan temere di peggio.
LXIV.
(R. S. — B. 1684).
Il Generale De Bracamonte con lettera , data a Catania il 30
aprile 1677 , chiede soccorsi , munizioni e il pagamento regolare
dei soldati , alcuni dei quali per mancanza di ciò passano al
nemico, il quale invece è stato rafforzato da soccorsi nuovamente
arrivati.
Excelentisima Senora,
Senora hauiendo entendido que despues de la muerte del Senor Mar-
ques que santa gloria haya ha quedado V. E. con el mando del Gonierno
politico y el Maestre de Campo General con el militar para haaerlo di-
spuesto assi sa Excelencia antes de su maerte , so paedo dexar de re-
pressentar a V. E. la suma nezessidad qae padeze està gente por estar-
seles deuiendo dos messes de diario de que na^e el eiprimentarse al-
gnnas fugas de soldados qae se passan al enemigo.
Siendo de tan graue perjui^io y mas en este tiempo suplico rendi-
damente a V. E. mande a esse Real patrimonio se remitan medios para
socorrer a està gente que tanto lo nezesita paes desaciendosse podemos
temer vna fadalidad mayormente ahora qae en este socorro que han
conduQito Fran?esses a Mezina trahen tres mil ynfantes mil y quinientos
desia nailon y otros tantos Sgaii;aros y quinientos Cauallos cuyo anisso
he tenido de perssonas fldedignas con que nezessitando por lo que pu-
diere aconteger de mayor opossicion que la que ay en està Froutera buel-
bo a supplicar con el mayor rendimiento a V. E. ordene se ynuie a ella
lo mas de la Caualleria de Milan y Napoles qae se halla en essa Qiudad
aunque sea desmontada y alguna ynfanteria por ser muy poca con la
que me hallo y en todo spero deuer a V. E. continuadas sus honrras
166 MISCELLANEA
qnedando corno deuo a los pies de V. E. con rendido absequio y resi-
gnagion no deiando de degir qne en este punto he reciuido carta del
Marqaes Palauessino Gouernador de Carlentin en que me pide ynfan-
teria valas y mecha no hauiendo en estas fronteras apenas para el gasto
ordinario, y assi V. E. sera seruida qne se assista con estas municiones,
qne hagen tan suma falta guarde Dios la excelentisima perssona de
V. E , corno puede desseo y he menester. Catania y AbriI 30 de 1677.
Excelentisima Senora
A los pies de V. E.
fr. D. Diego de Bracamonte
Excelentisima Senora la Marquesa de Castel Rodrigo.
LXV.
(R. S. — B. 1684).
Il Generale De Bracamonte con lettera, data a Catania agli 8
maggio 1677, fa vive istanze alla Marchesa di Castel Rodrigo per-
chè si provveda al mantenimento regolare dei soldati, che muoiono
di fame o tolgon via quel che loro bisogna per sfamarsi senza
pagarlo, dando tutto ciò luogo a gravi mormorazioni , a voci se-
diziose e molto pregiudizievoli all'interesse di S. M.
LXVI.
(R. S. — B. 28).
Il Maestro di Campo Generale D. Luigi De Salcedo con lettera,
data a Palermo il 18 maggio 1677, informa il Viceré delle trat-
tative aperte da qualche tempo con alcuni influenti ribelli messi-
nesi, già ìd rottura coi Francesi per varie ragioni, e chiede se
deTODO essere portate a compimento.
MISCELLANEA 1^J7
Eminentisimo Senor,
Senor, conuiniendo al real seruicio de su Magestad (que Dios guarde)
el que Ueguen a la noticia de V, Eminencia , las disposi?iones que con
orden del senor Marques de Castel Rodrigo que estó en el Qielo trataua
con MeQina , me ha pare^ido de mi obligazion el ponerlas en la de
V. Eminencia por si resoluiere se prosigan, ò juzgare V, Eminencia com-
beniente, siendo vna de las disposigiones poner en descontìanza con los
franzesses al Marques de Galidor, y Don lacome Auerna, Cauezas y mas
azerrimos reueldes de aquella (^liudad lo qual hauia empezado executar
en forma que Uegaron los Cauos franzesses a mostrarsse mal satisfecho
de ellos, haziendo juntas secretas de la resolugion que deuieran tornar
con estos sugetos, y paregiendoles ser.los primeros, y con quienes de-
uian mirar bien antes, qualquiera que deuiaran executar procuraron de
la parte del confidente por quien quiere la esecuzion desta orden se in-
formasse mejor el qual la esforzo con motiuos tan euidentes que resol-
uieron para lleuarlos a frangia, valersse del pretexto que les ofregia la
ocassion de la gente que pedian se formasse de aqnella nacion para ir
a dichas Prouingias, y a este tiempo inurio S, E, y, yo sali a CaUinea
de orden del Marques de San Martin, quedando en este stado este ne-
gozio de que di sopre parte, a dicho Maestre de Campo General mostran-
dole las respuestas de todo; Assi mismo trate de traer a nuestro Par-
tido a vn Cauo Partidario llamado chico de Pedro, que es vno de los que
mas hostilidades hazen y, han hecho en nuestro Pays, lleuando ganàdos,
tratando en algunos Pueblos inteligengias, y porque pudiera descubrir-
nos de muclias que nos pueden importar, y quitarles assi mismo vn
hombre de gran conogimicnto del terreno, teniendole yo cassi reducido,
y hauiendo tratado los partidos con que quiere passarsse à està parte,
es el primero, se le de indulto a el, y 20 de su quadrilla, conseruandole
por cauo de ella , con vn nombramento de Capitan de Campana , con
sueldo que pareciesse ra(;onable, y a sus soldados tres reales al dia,
para mantenersse, ellos y sus cauallos, ofregiendo hazer algun seruicio
de traer prissionero algun sugeto ; Assi mismo me dio orden para que
embiassen indulto a los Alemanes que se han ido a rendir, y otros que
despues de prissioneros, han tomado partido, lo qual à tenido efectto vi-
niendo mas de Qiento, y porque consideio sera nezessario V. Eminencia
lo conflrme doy quenta à V. Eminencia comò tambien que el tiempo que
168 KISCELLANBA
pedio para resolaersse dicho chico de Fedro es de 20 dias, de que di
qnenta al Marqaes de San Martin, quien no resoluio nada dejando in-
degisso esto, y estando en tiempo doy quenta à V. Eminencia con cuya
notizia resoluera lo que mas fuere seruido , quedando yo con la suma
venerazion, y rendimiento, que deuo a los pies de V. Eminencia, deseando
guarde nuestro sefior la Eminentisima Persona de V. Eminencia en su
mayor grandeza corno he menester, Palermo y Mayo 18" de 1677.
Eminentisimo Senor
beso los piés de V. Eminencia
D. Luis de salcedo
Eminentisimo Senor Cardenal Don Luis fernandez Portocarrero.
LXVII.
(R. S. — B. 28).
Gli ufficiali della Squadra Navale di Sicilia, colla data di Pa-
lermo 21 maggio i677 , reclamano il pagamento dei soldi delle
loro ciurme, avendo il Tribunale del Patrimonio risposto di aver
impiegato per altre necessità i fondi a ciò destinati ; fanno noti i
patimenti dei poveri marinari ammalati, ai quali il farmacista,
anch'esso non soddisfatto del suo credito, nega di apprestare ul-
teriormente farmaci, ed avvertono che tale stato di cose durando
può spingere alla ribellione.
LXVIII.
(R. S. — B. 28).
Don Luigi Ossorio con lettera , data a Palermo il 22 mag-
gio 1677, chiede al Viceré, il quale consente , di prendere alcun
MISCELLANEA 169
provvedimento , per evitare che gli stessi individui figurassero
isci'itti come soldati in varie compagnie , frodando così 1' erario,
ciò che succede comunemente.
LXIX.
(R. S. — B. 28).
Il Generale De Salcedo con lettera, data a Palermo il 24 mag-
gio 1677, manda al Viceré alcune notizie militari.
iCminentisimo Senor.
Senor en execu';ion de la orden que V. Eminenciu fue seraido de
darme a uocho en que propnsiese a V. Eminencia lo que alcan(;o del
estado deste Reino tooante a la disposioion de las armas dizieiido mi pa-
rezer sobre las ^ircun8tan(,nas en que nos allamos discurso ser lo qae
mas Conuiene el atender a la conseruazion de los pnestos qaeocnpamos
por aliar nos otdigados hacer ^'uerra defensiba basta tener otras fii^rras
itiayores con cuya considera^ion pongo en la notizia de V. Eminencia
qne antes que llegase este Vltimo socorro de esqniearos (qae por no
hauerme allado en la plaza de Melazo no las tengo con yndinidualidad
ni puedo dezir El numero que a traido) se conponian todas sus fuer^as
y goarnitiones de 4000 ynfantes y 600 Canallos el qual numero no es
8ufiQÌente para formar ningun sitio y guardar lo que ocupan sin Va-
lerse de los paisanos que estan sugetos a su obediencia ; y se conoce la
?ertidumbre desto En auer propuesto par;i salir a dichos paisanos les
daria dos Tarine s y el pan a lo que seescnsaron con el pretesto de estar
ocupados en la cosecha de la seda que es El Vnico arbitrio con que se
mantieneii y que despues desta ocupayion estauan prontos para bazerlo
de que se deue presumir que no esperan otra C(jsa para Intentar nlguna
operazion aunque puede sei- que estos paisanos tomen este pretesto por
no querr tornar las armas contra nosotros y qnedar espuestos a que
si nos allamos con faer^-as pierdan sus casas y hagiendas siendo la niayor
parte destos lugares sugetos a frangia solo por no poderse mantener sin
està obedien(;ia y por hauer faltado les el abrigo del Ibiso y Taormina
que cubria y mantenia estos pueLlos y sin duda no se moueran si no es
1/0 MISCELLANEA
fljo cono^imiento de algun buen sucgeso por su parte y segaridad y te-
nìendo està en tal caso se deue regelar que todos tomen las armas por
seguir la conuenienfia y vtilidad que les offreze el major partido que
es a lo que mas se inclina este genero de gente y asi para desvaneger
estos disinios soy de sentir asegurar la linea desde Catania a Melazo te-
niendo estas dos plazas y las de Carago^a Carlentin lentin y trapana
con presidio ra^onable, y de suerte que i'^l Enemigo no las pueda yntre-
prender por otro modo que el de sitio formai obligandose atacarlas y que
la demas gente que se pudiere Juntar se empiee en franca Villa con va
Cauo de loda satisfagion valiendose de los natnrales de aqnellas partes
que asta ora han obrado muy bien corno son los de la nobara Tripi,
lengua groga. Castellon, y demas lugares de su Gomarca; y otro Cauo
de no menos satisfazion manera y autoridad en Arrandago que tenga a
aquellos vassallos a la obediengia y gnstosos para mantenerlos y tenerlos
prontos para qnalquiera operazion que de otra manera con las amena-
zas frangesas ynteligengias formaran algunos malos disinios en aquellos
pueblos ;
Manteniendo la Caualleria que se alla en la Iroutera de Catalabiano
qoe conserua la liana de Mascara quedandose en Yache por estar pron-
tos y en mejor parage centra todos los disinios del Enemigo a Catala-
biano y su liana y marinas poniendo en el mejor estado que se pudiere
por ser paso que nos ymporta su conseruagion ; y asi mismo poner en
el Castro sugete de satisf^igion por serplaza de mucho pueblo y vassallos
que se an visto maltratados do los Gouernadores que han tenido y oy
lo estan al presente con que teniendo està linea guarnezida y ocupada
sin que el enemigo los pueda cortar y para que lo pueda liazer es muy
ciiflcultoso por la asperega de la Tierra y tener pocos pasos que guardar
con grandes disiladeros en los qnales es fagli sa defensa con que sera
sospender al enemigo de hazer entrada en el Reino y que saquee la
Tierra que es a lo que mas se Inclinara si no es con mayores fuergas por
valerse de los vastimentos de que cada dia se allan negesitados y ea
este genero de pianta nos allamos en mejor estado de comunicarnos
dando nos la mano y acudiendo a la parte donde fuere menester sin que
nos lo pnedan ynpedir y en caso que nos allemos con disposigion de
hager alguna operagion se alla le gente En los parajes mas negesarios
para qualquiera junta y con està disposigion se le da Zelos y se le pone
eo dada a los enemigos para no desguarnezer los puestos que ocapan y
■e valgan de aqueila gente para aumentar sus fuergas, y lo que mas
deoo Representar a V. Kminencia es lo mucho que conuiene al seruigio
de 8. M. qoe los Caaos y personas a cayo cargo estauieren estos empleos
no maltraten ni desconflen los pncblos procurando se conozca grandes
HISOSLLXNEA 171
interes agasajo y aplicazion a sa conseruazion y seguridad siendo esto
quanto puedo de^ir a V. Eminencia a cuyos pies quedo con el rendi-
miendo que deuo Deseando guarde Dios a V. Eminencia en su mayor
grandeza corno he menester Palermo a 24 de Mayo de 1677.
Eminentisimo senor
beso los piés de v. eminencia
Luis de salcedo
Eminentisimo Sefior Cardenal Don luis fernandez Puerto Carrero,
LXX.
(R. S. — B. 1684).
Il Generale deirArtiglieria Don Gaspare de Borja con lettera,
data a Milazzo il 27 maggio 1677, fa conoscere al Generale della
Cavalleria, Frate Don Diego De Bracàmoute, alcune notizie sulle
mosse del nemico e gli chiede soccorsi d'uomini.
Excelentisimo Sefior.
Por el yncluso auiso que remito a V. E. y muchos que he tenido a
boca estos dias he sauido comò el enemigo està prompto para marchar
la buelta desta Plaza y liana, y no dudo V. E. habra tenido notizia que
todas la Gaualgadnras de Garga que hauia en Augusta las hizo embarcar
trayendolas a Mezina y que los ochenta Cauallos que tenia en Taormina
los ha retirado tanbien a Mezina, y haora, aca ho de tener haniso corno
està manana se ponia en marcha, doy quenta a V. E. a quen suplico se
sirua considerar està tiobedad y hazerme merced dar orden marche luego a
està buelta toda la Caualleria que se balla en esa frontera pues la que bay
aqui vien conoze V. E. no basta a resistir la del enemigo , no dudo de
la grandeza de V. E. y zelo al seruicio de S. M; y comò tau gran sol-
dado que es me fauorezera a mi mandando benga luego la Caualleria y
dando los ordenes que iuzgare combenientes que yo de todo he dado
quenta a S. Eminencia por mar y por tierra, y de todo quanto se ofre-
5iere dare quenta a V. E. y jnzgo por muy combeniente que si V.'E,.
172 MISCELLANEA
paede asegurar por esa parte la Noara pues el enemigo yntentara qai-
tarnos este paso, y es tan gierto viene aqui que tiene en el Ibizo pro-
bision de trigo, y todo genero de vaslimentos. no dudo del zelo y flneza
de V. E. al sernicio de S. M. obrara marauillas comò lo ha hecho en
quantas ocasiones se han ofre^ido garde Dios a V. E. los muchos anos que
desseo. Melazo, y Mayo 27 de 1677.
Beso las manos de V. E.
Su menor seruidor
Don Gaspar de Borja
Eicelentisimo Sefior D. Diego de Bracanionte.
LXXI.
(R. S. — B. 1684).
Copia di lettera, data a Milazzo il 28 maggio 1677, colla quale
il Generale De Borja manda al Grenerale De Bracamonte alcune
notizie sulle mosse del nemico e lo avvisa di spedirgli perciò
soccorsi,
Excelentisìmo Senor.
Ayer despache vn correo a V. E. dandole por gierto qne el enemigo
benia a atacar està Plaza y lo ocassionaron ginco repedidos auissos que
tube dello de Mezina y fue gierto que el enemigo higo grandes demon-
8trafione<« de elio hagiendo condugir al Ibigo cantidad de munioiones de
voca y guerra y niarchar vn gruesso de gente a la dicha pla(,'a y al mi-
imo tiempo hiQo abanzar loda su Canal leria a Torre de faro y ynuio sua
galeras al mismo sitio con que todos tnbieron y tubimos por flxa està
marcha y tanto que toda està noche se trauajo con lampiones en poner
en defensa algunos puestos de està Plaga y a las dos de la manana toco
el enemigo arma falsa en Monforte y me auissa el gouernador de la
Roca pelearon cessa de media bora pero que cesso luego y una bora
antee de amanezer tube aaiaso de laponara que el enemigo marchaua
la baelta de la Soaleta a Taormina con dogemil hombres y mil Cauallos
MISCELLANEA 173
aunque yo no creo tanto f di^en que es la buelta de Catania y qoe ban
con tanta seguridad camas aiugeres y basta perros y gatos que pareze
son llamados y qne ban a messa puesta y cama hecha y por vn auisso
que he tenido de Megina a boca e> la Uamada de Randazo y que Jnrado
de aquella ^iudad ha estado en Mezina a està buena obra con que he
resnelto enuiar luego a V. E. dnyientos Cauallos con el Capitan Bicente
Locacho por el camino de la Rochela y Randazo y he ynuiado orden a
Pati para que la gente de aquella sargentia mayor que seran vnbuen nu-
mero marchen luego a Rand;iQo, que es (corno V. E. conocera) qaanto
ha podido hager mi fineza ;d seruicio tle S. Magestad y de V. E, y quedo
disponiendo vn buen diuersibo y crea V. E. que lodo quanto tocare a
su seruicio lo bare yo siempre con sumo feusto y anado a V. E, que
en este mismo punto dispacho a su Eminencia poi- mar y (ierra dan-
dole estas notigias garde Dios a V. E. muclios y feliv'es anos corno desseo.
Melazo 28 de Mayo de 1677.
LXXII.
(R. S. — B. 1684).
D. Sebastiano Puglisi, Arcipret-e di Novara Sicula, con sua let-
tera, (lata a Fi*ancavilla il 30 maggio 1077, informa il Generale
De Bracamonte delle mosse, che il nemico si dice voglia fare, e
delle intelligenze, che tiene coi ribelli in vari paesi ed anche in
Catania.
Eccellentissimo Signore,
In- csecutione delli comandi di V. E. sono andato alla colla, et bó par-
lato con Giacomo Colba, e D. Geronimo Lo Indice, et informandomi di
quel che opera il nemico mi hanno detto, che la marcia deue fare é per
Calatahiano, Francauilla, Randazzo, Traina, doue hanno intelligenza, e
pure mi dicono che in cotesta Città di Catania hanno intelligenza.
Mi hanno detto che non hanno più di 15 Vascelli, 14 Galere, 600 Ca-
ualli, e 3400 fanti, e li Caualli sono buoni , però li nostri ponno bene
contrastare, et hauere vittoria. Siche Eccellentissimo Signore mi pare di
fare sforzo d'homini, e darci un'assalto, che cosi mi hanno detto, et essi
174 MISCELLANEA
non mancheranno da canto loro operare in rauor nostro. Mi hanno detto
di più che li Vascelli che partirono da Messina sono andati in Francia,
e si imbarcò in quelli D. Giacomo Auerna con 500 huomini Messinesi
sotto pretesto di andare a rubbare nella Calabria; però 1' huomini Mes-
sinesi furono pigliati per forza. Mi hanno deito che non ui sono paesani
in questa marcia, ma solo Francesi, e Suizzeri, Tanto ho inteso, Eccel-
lentissimo Signore,
Di quel che potrò operare per l'auuenire ne darò parte à V. E. e già
di tutto questo di sopra né ho dato parte al Signor Pietro Paolini, acciò
stasse auertito sopra questa materia.
Io doppo sto aspettando 1' ordine di V. E. per li carcerati di quel
tanto deuo fare, e li raccomando quanto V ho scritto per altre mie. E
mentre dal Signore li prego longa uita e uittoria humilmente me l' in-
chino.
Francauilla 30 maggio 1677.
Di V. E.
Humilissimo seruitore
D. Sebastiano Puglisi
LXXIII.
(R. S. — B. 1684).
Copia di lettera, data a Catania il 30 maggio 1677, con la quale
il Generale De Bracamonte accusa al Generale De Borja ricezione
di due precedenti lettere di lui , gli consiglia di non far movi-
menti di truppa intempestivi, e gli espone il modo di comportarsi
per prendere in mezzo il nemico, quando questi fosse impegnato
a fondo contro l'uno o contro l'altro.
lUustrisimo Sehor,
8e&or mio por la carta qae escriai ayer a V. S. I. en respuesta de
la suya de 27 habra reconozido preuine con fondamento el Intento de
-el enemigo, y por este motibo dejo de ymbiar la Caualleria que V. S. I.
MISCELLANEA. Ili
me pedia, y porque en todo caso esa Flaza da tinnpo a que podainos
socorrerla en loda buena forma con Imfanteria, y CaualJeria Io que no
suzede por aca siendo estos parages todos haniertos (corno consta a
V. S. I.) de quien he rezeuido oy una carta de 28 en que veo la forma
con que se encamina hagia està liana , y he tenido juntamente hauiso
de que se junta todo en Taormina, y doy a V. S. I. las gracias por la
orden que ha dado para que marchen a està buelta los 200 Cauallos con
el Capitan Lucacho que es muy propio del gran zelo, y tlneza de V. S. I. al
seruicio de S. M. y de lo que me fanoreze siempre, y V. S. I. procure
tener preueuido el mayor numero de gente que fuere posible , con un
Cauo para que yncorporado con estas fuerzas si fuere menester meta-
mos al enemigo en medio a cuyo fin yre dando repetidos los hanisos a
V. S. I. para que en esa conformidad disponga lo que fuere del .Mayor
aQierto del seruicio del Rey, y V. S. I. procure en todo caso, si hubiere
en esas munigiones Armas de reserua embiarme el mayor numero que
fùere posible porque aqui no tau solamente no las bay pero tengo de-
sarmada la teryia parte de la gente, y no me queda otro recurso y aun-
que repetidamente las bauia pedido al Marqnes de San Martin uienque
me las ofregio nunca llego el caso de ymbiarmelas, y tanbicn he escrito
à S; Eminencia representandole lo mismo. y me responde se ynbiaran
quanto antes. Tanbien se ha de seruir V. S. I. remitirme valas todas
las que pudiere que no las tengo ni forma de hauerlas y siendo tan
ymportantes estas dos cosas corno V. S. I. puede considerar lìo de su
grande actiuidad, y fineza ha de socorrer està nezesidad con la mayor
brevedad enbiando lo uno y lo otro con todo resguardo garde Dius a
V. S. I. muchos anos comò desseo Catania 30 de Mayo de i677.
M, D.' Seiior mio, yo estimo a V. S. I. el socorro de la Caualleria pero co-
mò estas marchas de el enemigo, y disynios no se sanen de gierto a donde
ban a parar dudo no se dejen caer a la parte donde reconozcan se de-
uilitan nuestras fuerzas, y assi V. S. I". no se fie, ni se descuyde porque
tari promptos pueden boluer sobre esa Ciudad comò por estos parages,
y asi Senor mio un poco de flema basta uer a que parte se declara, y
estar con todas nuestras fuerzas vnidas que si el enemigo Ataca hagia
esa parte yo le doy palabra a V. S. I. que si se empena , y l'esiste esa
Plaza lo que no se puede dudar que yo le cojere en medio con fuerzas
que hagiendo V. S. I. salida los matemos a palos, y si bienen hagia està
Ciudad, y V. S. I. junta las fuerzas de ymfanteria y Caaalleria, y todos
los Natura les , y viene un Cauo que con practica , y notizia se vaya
vniendo con la gente de los lugares de la retaguardia, y azercandose al
enemigo dandome a mi pnntnales anisos tanbien hemos de lograr un
17G Ml-'CKl.LANI.A
baen dia si Dios es seruido y crea V. S. I. que este es el modo de guar-
dar naestros puestos, y poder destruir a frangeses. Dios lo haga y guar-
da a V. S. I.
LXXIV.
(R. S. — B. 168 i).
Il Generale della Cavalleria De Bracamonte con lettera, data a
Catania il 31 maggio 1677, manda al Viceré alcune notizie militari.
Eminentisìmo Signore,
Remito a V. Eminencia copias de dos cartas que he rezeuido ile el
General de Ja Artillei-ia Don Gaspar de Borja, y las respnestas de en-
trambas por donde V. Eminencia reconozera la fagilidad qne tiene en
pedir, y diflcultad que tiene la cxecuQion de sus petigiones pues sin ha-
uerse el enemigo declarado a ninguna parte, en un dia me dize le re-
mila, toda l\ Caualleria que tengo en està froiitera (lorque es yndefec-
tible qne, el enfmit^o le Ataca, ;iqueilos pues os, y Plaza y al signieiite,
sin baaerle yo rscrito ni pedidole cosa alguna me dize me ynbia 200
Cauallos porqne sabe con zertesa qne frangeses vienen con digsinios de
apoderarse de la liana de Mascari, y està Ciudad corno que no dize nada;
y porqne taobìen me ynsignna ha participado estas nfltizias con bariedad
a V. Eminencia despacho este correo a toda diiigengia para que se ase-
gnre V. Eminencia que Aunque es verdad que lian vnido algunas fuer-
zas, y qae ha passado el Duque de Bibona, a Taormina donde oy se balla,
si no les biene mas que las que tienen por lo presente ò hay algnna
Iraygion no es fayil que consigan progreso de considera(.'ion, pues el sa-
qnear, y qaemar, algnn lugar hauìerto no lo es, ni se les puede, ynpe-
dir no sieiido razon dcsanparar los puestos prin^ipales para ynpedirles
Minejante, emprossa, la qual si la executan la juzgo de nuestra combe-
Diengia siguiendose la dt hazerlos mas aborresibles en el Fais, y quizas
not hariin justigia pues es raro el Ingar de, cstosque no ten^ja merezido el
qae nosotros lo hi(,iesemo8; pero no obstante esto tengo hauanzada to-
da le Caualleria en la liana, y la Infanteria de la guaruigiun de Yache;
y algDii numero considerable de Paysanos de las ticrras gircunbeginas
que gozan el preailegio de no pagar, gauelas para que esten a la bista
MISCELLANEA 177
de lo que obrare, el enemi^'O, y desde laego enquentre diflcultades para
pasar adelante, y eii caso de quererse empenar a està operagion con las
fiierzas qae oy se balla, si executa Don Gaspar de Borja lo que le he
esci'ito y boluere a repetir quando combenga tenga por ynfalible V. Emi-
nencia que sera raro el franges que buelua a Taormina ni a Mezina;
pero persuaderne a que no seran ellos tan bobos ni nosotros tan dicho-
sos ; con que vengo a degir que mi dictamen esj que por ahora (si no
les Uega el socorro que di^en Aguardan con breuedad) se contentaran
con buscar algun poco de trigo ó ganado ; y si a caso fueren llamados
de alguna parte tomaranlo pero sin empenarse niucho, y si yo puedo
penetrarlo, ò remediarlo no me descuydare de ninguna suerte, pero ba-
sta ahora no tengo mas notigia que la que me da el Arciprete de la Noara
de cuya carta remito copia a V. Eminencia no persuadiendome a que
aunque sea verdad la Imteligengia que dize tienen en Randazo, y trayna
se ariezguen frangeses a ynultrarse la tierra a dentro pues no se hallan
con fuerzas para guarnezerla ni podersfe mantener, y en este caso es pre-
ciso Juntar todas las nuestras y hechar el resto casi con seguridad de
tener un buen dia, si los Cauos a quien diere las ordenes las executarea
en la misma forma, que en esto ay gran trauajo, y por lo que pudiere
suzeder se puede seruir V. Eminencia Mandar escriuir a Horju ù a quien
gouernare aquella frontera execute lo que yo le prebiniere porque si
estas òperaciones no bau gouernadas por un Cauo nunca se logi-arà nada,
y entre otras jnilìnitas Razones que tengo para desear el quo V. Emi-
nencia pase a està Ciudad es està una de las Mayores pue< a su Vista
se adelantaran todos, y obedezeran con mayor gusto.
El comisario General Don Gabriel de Boc llego Aver con su Compania,
y las tres de Dragones y hauiendo llegado este socorro a tan buen
tiempo doy por el repetidas gragias a V. Eminencia a quien suplico ren-
didamente sea seiuida ordenar que con la ujayor breue^lad posible se
monten las dos Compaiiias que estan , en Melazo , y las quatro que se
hallan en esa Ciudad porque es gran freno para el enemigo y en està
frontera se negesita summaminte asi por la parte de taormina, corno
por la de Augusta bay gnindcs llanuras, y todas las tierras son hauier-
tas. y sin ninguna fortiflcazion por lo que bueluo a suplicar a V, Emi-
nencia me las ymbie quanto antes,
Tanbien hago recuerdo a V. Eminencia me hallo con summa falta de
Armas, valas, y cuerda, llegando a estremo de hallarse ymposiblitados
de podernos seruir de mas de quatrogientos soldados de todas Nagiones
que estan desarmados, siendo asi que en qualquiera ocasiou que bay se
maltratan, y pierden muchas con que no solo se negesita de Armas
para estos pero sera vien tener de reserua àlguna cantidad eu estas
Arch. Star. Sic. N. S. anno XXIV. 12
178 MISCELLANEA
muniyiones y me paieze materia, ymposible que en esa Cindad o en
Melazo dexe de hauerlas, y Aunque las pedi repetidas vezes en tiempo
de el senor Marques de Castei Rodrigo no las pude consegair y asi mi-
smo alganas Pistolas, y carabinas de que negesita la Gaualleria y crea
V. Eminencia que es una de las cosas que me tiene mortiflcado por la
gran falta qne hazen, y por no cansar a V. Eminencia con la exprecgio
de otros puntos vien pringipales me remito a lo que Referita a V. Emi-
nencia Don Antonio de Azlor a quien he escrito largo sohre, ellos, gar-
de Dios la Eminentisima Persona de V. Eminencia comò puede desseo
y he menester. Catania, y Mayo 31 de 1677.
Emineatisimo Senor
Beso los pies de V. Eminencia su menor seruidor^
Fra Don Diego de Bracamoute
Eniinentìsimo Senor Cardenal Partocarrero.
LXXV.
(li. S. — B. Ì6S4).
Don Pietro Paolini, Sergente Maggiore della Frontiera di Fran-
cavilla con lettera , ivi data il 2 giugno 1677 , manda al Viceré
varie notizie militari e chiede alcuni provvedimenti.
Eminentissimo Signore,
Con due mie ho auuisato à V. Eminenza il stato di questa Frontiera,
e del nemico secondo li aanisi, che ho continuamente per mezo le spie
salariate, che mando nelle parti dell'inimico, et sin h(M'a non son stato
fiitto degno di risposta, credo non saranno capitate, al presente per com-
plire co! mio debito li dò parte, che venerdì 28 del caduto ad hore 14
fui auuisato, che Viuona con grosso di 800 caualli e quattromila fanti
«rriuó in Tauormina hauendo dormito la sera delli 27 nel Palazzo del
rubelle Marchese di Oallidoro , del che gabito diedi parte al Generale
delU Caaalleria in Catania, al Generale dell' Artiglieria in Melazzo, al
MISCELLANEA 179
Tenente Generale in Randazzo, et à tutte le Città, e Terre della mia giu-
risdizione acciò da tutte le parti mi uenisse il soccorso Generale tanto
necessario nella piazza di questa fidelissima Città di Francauilla d'onde
si può soccorrere, Melazzo, Catania, e tutti l'altre parti per doue il ne-
mico uolesse indirizzare le sue armi. Ho continuato ogni giorno Corrieri
per dare l'auuisi, che mi sono uenuti d' bora in hora delli motini et
intenzione dell'inimico, che intende toccar l'armi per questa Frontiera,
doue assiste il Viuona con detto numero, e mentre da qui si chiama il
soccorso Generale é se li £à resistenza intende far marciare per le colli
un'altro grosso esercito guidato dalli rubelli Visconte di questa, D. Gio-
uanni Auerna, D. Giouanni Pizzinga, Baron di Romeo , D. Luca Cocchi-
glia e Marchese di Gallidoro io hauendo penetrato questa loro disposi-
zione n' hauuisai al Generale della Caualleria in Catania , e che hauesse
inuiato la Caualleria, e Fanteria Spagnuola col grosso delli paesani lui
uicini nella piana di Mascali, et un buon numero di soldati nella pic-
cola Terra di Piemonte sotto la Città di Linguagrossa il che tutto fu bea
disposto. Auuisai ancora al Genei'ale dell'Artiglieria in Melazzo, che
auesse mandato qualche numero di soldati per soccorrere la Terra della
Nouara non troppo sicura al seruigio di S. M. (che Dio guardi) e che
detto soccorso con la gente di detta Terra guardasse il passo di tré fon-
tani doue s' hauerà da indrizzare il grosso dell'inimico guidato per le
colle dal detto Visconte et altri, a che la gente della Città di Castro Reale
uscisse pure per le sue colli ad unirsi con la sudetta gente della Nogara
che sono contigue, e già il Generale dell' Artiglieria mandò il sargente
maggiore Pietro Francesco Peruoca con duecento corsi nella Nogara per
guardarsi le dette colle, come credo hauerà dato gì' ordini per il Castro,
come pure di tutto ciò stimo sarà stato auuisato V. Eminenza dalli sq-
detti Generali la gente delle Terre di Tripi, Mont'albano e Casalnuouo
della mia giurisdizione ó nenuta in parte, e l'altra la sto aspettando
hoggi. La gente della giurisdizione del Tenente Generale che sta in Ran-
dazzo, la quale potrebbe ascendere al numero di diece mila con tutto
che d' horà in hora ho replicato auuisi non sono uenute più di 200 per-
sone, e mi significa, che puoche speranze ha di raccogliere per la poca
obedienza li prestano. Siche Eminentissimo Signore se non fosse la spe-
ranza, che ho in questo fidelissimo populo di Francauilla mi stimeria
perduto, giaché il nemico in detto giorno del Venerdì abbassò la Caual-
leria, e pedoni nella piana di Tauormina guidata dall' istesso Viuona,
perciò infaccia del nemico, il quale dall' hora in poi ogni giorno ha ten-
tato di prendere il Castello di Caltabiano, nel quale ui sono 150 soldati
spagnuoli li quali con li sudetti miei soldati s"* hanno defeso gagliarda-
'mente e sebene il nemico si sia accampato nella piana di Xagi io di
180 MISCELLANEA
giorno in giorno ho mandato monizione, e soldati per caldare li primi,
beri matina li sndetti miei soldati furono assaltati dall' inimico , e col
soccorso, che da qui 1' inuiai si dèfesero gagliardamente onde il nemico
con sua perdita si ritirò uerso Tauormina. di più fui auuisato che 14
Galere dell' inimico beri sbarcauano genti nella marina di Sauoca ristesse
faceano il vascelli nella marina di Tauormina onde senz' altro il numero
dell' inimico che ó vicino Galtabiano darà per questa Frontiera, e quello
die é nella marina di Sauoca darà per le colle. Auuisai sabito la Nouara,
acciò cuslodissero bone il detto passo di Tré fontani, e sollecitai al Te-
nente Generale in Randazzo che facesse tutte le diligenze per far calare
la gente, ma non mi prometto cosa di buono per esser puoco obbedito.
Stlmeria molto necessario che V. Eminenza mandasse subito persona di
magior ualore, et autorità in Randazzo altrimenti non si farà cosa di
baono, e questa tìdelissiraa Città di Francanilla non hauendo il soccorso-
Generale non si potrà difendere, e si perderà Randazzo e starà in gran-
dissimo pericolo Melazzo, e Catania si compiacerà V. Eminenza sentire
benignamente questo li dico, perche é la verità, et importa il tutto.
Di più Eminentissimo Signo're ho fatto minare il Palazzo del rubelle
Visconte acciò se il nemico entrasse in questa buona parte d' esso ha-
nesse a uolar per 1' aere.
Deuo doppo supplicare humilmente à V. Eminenza acciò per sua be-
nignità si compiaccia ordinarmi che dassi il pane di monizione ogni
giorno à tutta la gente d' Arme di questa Città il cui ualore e fedeltà
merita ogni bene oltre che han perduto tutti li loro arbitri) e stabili, e
sono impoueriti per hauere atteso dal mese di ottobre à questa parte di
giorno, e di notte sempre con 1' armi in mano con tanto ualore che é-
stato di merauiglia, e d' esempio non solo à tutta questa Frontiera ma
à tutto questo ualle; sicome ancora si compiacerà benignamente ordinare
che mentre stanno con l' arme in mano non siano coslrelli à pagare
quello doueano al rubello Visconte, perchè realmente hauendo perduto-
i loro arbitrij non ponno sodisfare. Che é il fine con che facendo le do-
nate riaerenze le bagio humilmente le piedi. Franoauilla 2 giugno 1677..
Eminentissiiso Signore,
Di V. Eminenza
Umilissimo sernitore e schiauo
D. Petro Paolini.
MISCELLANEA 181
LXXVI.
(R. S. — B. 2449).
Con due reali dispacci, dati il primo a Tarazona il 4 giugno 1677
<e il. secondo a Madrid il 20 giugno dello stesso anno, si chiede
conto dei beni fin allora confiscati ai Messinesi in Sicilia e in
Italia e si danno alcune disposizioni sui proposito.
LXXVII.
iR. S. — B. imi).
Il Senato di Catania con lettera, ivi data il 9 giugno 1677, si
mostra addoloratissimo delle voci sparse in Palermo e venute alla
■sua conoscenza , secondo le quali in quella città vi sarebbero
successi torbidi e malcontento favorevole al nemico comune; dicono
che ciò non avrebbe potuto succedere sotto l'amministrazione vi-
.^ilante di un sì gran generale come Fra Don Diego De Braca-
monte , il quale ha sempre tenuto tranquillo il paese oltre che
respinto i tentativi del nemico per accrescere i suoi acquisti verso
la città ; e pregano infine S. K il Viceré di rassicurare con let-
tera S. M. e il Signor Don Giovanni su tal proposito, come ante-
•cedentemente si era fatto.
LXXVIII.
(R. S. - B. 1684).
Don Giuseppe Donnino, Capitan d' Armi Ordinario del Val di
TJoto, con lettera , data a Piazza Armerina il 22 di giugno 1677,
avvisa il Viceré di aver mandato il proprio Tenente con vari
182 MISCELLAKEA
soldati a Modica per ricevere da quel Governatore i carcerati e
gli altri Francesi a pie libero , che ivi si ritrovano , e condurli
nella Vicaria (Grandi Prigioni) di Palermo , secondo gli ordini
viceregi, a lui comunicati con lettera della R. Segreteria degli 11
dello stesso mese.
LXXIX.
(R. S. — B. 1684).
Don Diego Beltran, Sergente Maggiore di Santa Lucia, con let-
tera, ivi data il 27 giugno 1677, si discolpa delle accuse fattegli e
fornisce al Viceré ragguagli sulla condotta di quelle Autorità e di
alcuni cittadini complici e corrispondenti dei ribelli Messinesi.
Eminentissimo Senor,
Don Diego Beltran, qne sirue el paesto de Sargento Mayor de la giu"
dad de S. lucia, dice a V. M.* corno el Capitan Juan batista brognis Turco,,
con lo3 Jurados an scrito contro del a V. M.* a causa , que nanca han
querido justicia en està ciudad siendo escala franca para ir a mesina;
Emenentisimo Senor està Ciudad se a rebelado doa veaes, y finalmente,
tiene en Mesina ocho rebeUles, y sus farailias estan aqui dentro, y cada
dia buscan modo de inbiar roba , corno de venir , y por tal causa , he
becho istancia que se tengan las guardias a los puestos principales, para
ner las caras, y tener noticias de los que van y bienen ; a esto no a
sido posible quererlos meter por algunos intereses que le dan, la noche
alti los puestos basios, y si noi a darle parte me digen que tiencn horden
de no dispertarlo. Se a seruido de nna espia la qual es vn criado de
D. Giacomo hauerna que se Dama Qosephf Scoglio alias bucucchia , el
qoal va primero en Melavo, y sirue de centra spia al dicho D. Giacomo
haaerna ; estos dias pasados Tue on Mesina y trayo a dos mugeres. la
mnger, y Madre del Mayor Rebelde, que a tenido nuestro Rey Antonio*
Crisatl el qoal yso rebelar està Ciudad , y despues se fue en Mesina.
aeiendo «tempre escorrerias en la Calabria comunicando antes que uà
•n Mettila con los parientes de los Rebeldes, y ha la nenida. Van en 9xxi
MISCELLANEA 183
casa a prosecion, y esto es de horden del gouernador, y de D. Carlo Pa-
gano su Consejero y tio de Antonio Crisafl. io he tornado preso a està
espia y està en el Castro Real, y voi asiendo las pruenas ; en al tiempo
del sitio de Melaco este mismo fae Inbiado del Sefior Marches de Villa-
franca a dar un pliego al General franche, y en lugar de darlo a fran-
che se lo trayo a Auerna, y trae los villetes en abico en Mesina. asl
mismo tome preso a Francisco y Fedro Morina padre, y Ijo por hacer
traido bueies en iMesina, y otros bastimentos , y porque no los quise
soltar haciendomelo pedido el y vn jurado D. Josephf Marnilo pariente
del Dnca de Gian Paulo, y sieron de modo con el Alferes del Castillo
que aligo que hera de mas ymportancia lo isieron echar de la ventana,
ni a queri.lo tornar informaeion ; la gente que viene sin paga a la
guardia digen que no es ragon que tengan licencia los otros, por ynteres,
y que ellos vayan cada dia a la guardia quando tuuieran tres dias de
dilacion, y porque le digo estas racones siempre me contradige y porque
veo que mi Rey y Senor es asin poco seruido , me pulro; no duermo
nunca de noohe estando por estos puestos : Eminentissimo Senor este
hombre no sabe leher ni escriuir , y vn horden la comunica con la
gente del pais, que luego se sabe lo que es. del preso que solto del Ca-
stillo se partio con el Alferes cinquenta honsas.
Tanbien rapresento a V. M.» corno hai dos Gurados Vitorino Pagano,
y D. Josephf Merula, el Vittorino fue vno de los que dio el guramento,
y canto el tedeum laudainus al franses que en aquel tiempo se allaua
gurado, el Marnila es pariente del Duca de Guan Pablo el Rebelde que
se allo Gurado en Mesina quando se rebelo, y con el comunica todo lo
que pasa ; el otro dia le hurlaron, el caballo a Merulla, y inbio a Me-
sina, a su mitatero para que se lo den, y porque io no puedo sofrir se-
megantes infamias, y voi siempre comò duende y me rauestro riguroso,
me machinan infamias contro de mi.
Isieron vn rolo estos dos infames sin pensar que se ha de morir
de los soldados de la Milicia, que van en Meiago y mitieron todos los
pobres preseruandose ellos, y de los de mas que no metiau, so buscaron
quantidad de dinero.
Les quite las moniciones porque no estaba siguro, y estan en poder
del Gouernador con sontinelas. que no estaba de bien las tubiese vn gu-
rado que abia dado Guramento de tleldad al franses,
Estos dias Pasados por medio de Don Gosephf Merulla . y de Don
Andrea Arerà, inbiaron en Mesina a D. Carlo polito de aqui ; y se lo
digo al Gouernador no se cura de nada solo de inchir la borsa.
Una noche. me digo D. Pedro basili, y sainbeni Mendolia que vieron
al auemaria entrar por la puerta de la Valle vno con cara nascondida,
184 MISCELLANEA
y vestidos, y porqae tabe Notisias que fuese beneditto Carroza Rebelde
desta Ciadad que es Capitan en Mesina, y tiene la madre aqui, fui hacer
algnnas diligencias, y no queria. este hombre heminentisimo Senor es
vn bi-'jo que no se puede uiouer, variable corno la luna.
las mngeres las acompano asta el agna de la crns seis millas legos
desta Ciudad Beneditto Carrozza, con dies soldados suios, y la spia que
tengo preso en el castro, suplico a V. M.* que inbie vn hombre de pue-
sto por delegado destas Causas, y si tengo io culpa , o falto en algo en
el seruicio de mi Rey y Senor que io sea seueramente castigado , y si
no que se quiten los que inturban el seruicio del Rey nuestro Seìior,
asi mismo suplico a V. M.» que me prouea de Gouernador que aga Gu-
sticia y quite las coinunicationes de Mesina ; esto es lo que me ofrese
representar a V. M/ corno gran Senor que prouea, y repare a semegan-
tes danos, y mientras quedo Rogando a dios Senor nuestro conceda a
V. M/ lodas las grandezas que su gran merito merege, le beso los pies.
Santa luci;i, y Gunio a 27 de 1677.
De V. M.'
Umil. de criado que le besa los PMes
D. Diego Beltran.
A. S. E.
LXXX.
(R. S. - B. 1084).
Il Duca di Gamastra, Vicario Generale a Siracusa, con lettera,
data ivi il 28 '^iuv^no 1677, prega il Viceré di metterlo pronta-
mente in corniizione di pagare 1 soldati , essendosi gli Alemanni
perfino ribellati a montar la guardia all'appressarsi della flotta
nemica, e gli manda varie notizie riguardanti la guerra.
Eccellentissimo ed Emineutissimo Signore,
Riceuo due lettere di V. Eminenza delli 18 e 22 del stante nelle quali
•sorgendo le grazie che tanto generooa mente mi comparte cosi in uuoler
mSOSLLANSA 1 85
mandare la gente, di che necessita questa piana, per guarnirla in mag-
gior accerto del scruizio di S. M; come dell'applicazione in ohe sta in
inuiare li rimedij che ui sono di bisogno, che con ogni denoto ossequio
ni dono à V, Eminenza infiniti ringratij espento dalla sua gran beni-
gnità, attriuo supplicarla della sollecitudine, per trouarmi in ogni caso
preuenito, poiché hieri Lauendo presentito l'Alemanni, che m'era rap-
portato auuiso dalle guardie, hauerse discouerto nel Golfo di Catania 11
Vasselli, e 6 Galere, benché non s' habbiano più uednto , non uoUero
entrare di guardia, e la maggior parte, prenderono la Chiesa, et Io non
puotendo far altro per la contingenza de tempi, fui costretto aggiustarli
per un mese essendoui nel Deposito da quattrocento in più onze, giorni
sono dal Percettore rimesse , che lu di sentimento grande alli Nostri
Soldati, et alle querele che mi portarono, uolli quietarli con gran fatica,
e con promessa che V. Eminenza, et il detto Pt-rcettore fra breue e' ha-
nrebbono mandati denari, e che l'Alemanni sono di nazione straniera
«he non compatiscono, e Noialtri siamo Spagnoli, che con il sangue
doniamo seniire il Re Nostro Signore.
Vi sono bensì entrati in Agosta due Vasselli con quattro Galeotte, e
Betondo ho saputo han portato Fanteria per mutare Reggimento , e la-
sciìrui più soldati, conforme m'afferma, il Capitan di Caualli D. Michele
Lauletta, Priggioniero, uenuto da Agosta in questa su la sua parola con
licetza per due mesi, il quale dimani dice uujler partire per Catania,
per ìopo trasferirsi in Cotesta à piedi di V. Eminenza per trattare il
suo cambio.
Ha giunto in questa Piazza il Sargento Maggiore D. Fernando Calcedo
al quale se le diede la possessione conforme l'ordine di V. Emin<>nza
con lesollennità consuete, è Don Giouanni Angulo s' ha già partito per
cotesta per uenir à piedi di V. Eminenza la cui Eminentissima Persona
guardi Iddio per lunghi e felici anni come desidero. Siracusa 28 giu-
gno Ì6V.
Eccellentissimo ed Eminentissimo Signore,
Di V. Eminenza
Humilissimo Seruitore
li Duca di Camastra.
] 86 MISCELLANEA
LXXXI.
(R. S. — B. 1684).
Il Marchese di Geraci con lettera, data a Termini li 30 giu-
gno 1677, avvisa il Viceré di aver fatto porre in carcere tre PP.
Cappuccini e due frati dei Minori Osservanti Riformati, per essere
stati sorpresi à confabulare con Gola Maria, già precedentemente
mandato preso ai piedi di S. E. ; gli invia nello stesso tempo una
lettera del Pad. Provinciale dei Cappuccini, e gli annunzia la pros-
sima venuta del Padre Guardiano dei Riformati di Gollesano, in-
viato dal suo Provinciale, i quali tutti chiedono di far note le
necessità della loro Religione ed ottenere da S. E. gli opportuni
provvedimenti.
LXXXII.
(R. S. — B. 2449).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 5 luglio 1677, ord'na al'
Viceré di soccorrere i Messinesi rimasti fedeli alla Corona, dan-
neggiati dal bando , che impone loro di ritirarsi dalla costa per
dodici miglia entro terra.
Don Carlos Por la Oracia de Dios Rey de Castilla, de Leon . de Ara-
gon de las dos Sicilias de Hierasalem de Nauarra j de las Indiis et coe-
tera .Muy Reiierendo en Christo Padre Cardenal Portocarrero Mi muy
ebaro y muy amado amigo , mi Virrey Lugar Theniente y Capitan Ge-
neral del Reyno de Sicilia en interim; El Virrey Marques de Castel Ro-
drigo en carta de 17 de Diciembre passado me dio quenta de hauer di-
•poetto quo las familias de Mecinesses se rctirassen de las Pla<;as y
Pnentut de la Marina dece millas tierra a dentro, con las penas conte-
nldas en Ics bandos quo hivo publicar, expresando los motiios qne vba
para elio, y el sentimientoy desconsuelo qae les causaha estaresolacion,
eon caio moUao se le dio orden en despacbo de tres de Mar?o signiente
MISCELLANEA 1 87
de la forma en que se debia governar en està materia , Y respecto de
que con ocasion del Vando refferido que mandò publicar el Marques,
gOD muchos los Mecinesses qae se han passado a Napoles y han venido
y vienen cada dia à està Corte mendigando con summa miseria por ha-
uerles sido forzoso abandonar sus haciendas ponderanilo todos ser y
haaer sido buenos Vassallo» naestros, attendiendo à lo qne conuiene
mirar à so aliuio y Consuelo : He resaelto encargaros y mandaros (corno
lo hago) que en proporcion de las racones y meridos de cada vno, vseis
a Vuestro arbitrio de los medios que sin inconueniente paedan conducir
à su Consuelo, y a que puedan mantenerse, y si algunos por la buena
salud y hedad ò, otras consideraciones, òs parecieren a proposito para
emplearse en las operaciones militares , les hagai8 sentar plaza , pues
assi podran ser utilidad en mi seruicio, y ellos conseguiran soccorrerge
en su descomodidad, que por ser cosa de equidad y commi seracion me
dare por muy seruido de lo que obrareis en benefìcio de estos Vassallos;
y sea muy Rouerendo en Cbristo Padre Cardenal Portocarrero mi muy
charo y niuj? amado amigo noestro Senor en Vuestra continua guarda.
De Madrid à ciuco de JuUio de 1677.
Yo el Rey
Buslamanle Secretario.
Etc. Etc.
LXXXIII.
(R. S. - B. 2449).
Con real dispaccio, dato a Madrid il 5 luglio 1677 , S. M. sì
duole che i suoi ordini vengano trascurati, e dispone che il Viceré
esamini tutti quelli pervenuti fin dal giorno della ribellione dì
Messina e dia ad essi pronta esecuzione, evitaudo simile disordine
pel futuro.
LXXXIV.
(R. S. - B. 2449).
Venendo a mancare 1' Università degli studi di Messina, e tor-
18S MISCELLANEA
nando Palermo ad esporre le sue valide ragioni per averne una
propri;», tra cui quella di essere « la dimora regolare della no-
biltà » S. M. stimando a pieno quelle ragioni e i meriti « che Pa-
lermo aumenta con la sua fedeltà », ma non volendo ledere i pri-
vilegi, già prima opposti da Catania, ordina una seconda volta al
Viceré, con dispaccio, dato a Madiid il 5 luglio 1677, di far discu-
tere la quistione, con l' intervento delle parti interessate, dal Sacro
Regio Consiglio, e di riferirne il parere per la sovrana decisione.
LXXXV.
(R. S. — B. 1685).
D. Pietro Paolini , con lettera , data a Francavilla il 13 luglio
1677, manda al Maestro di Campo D. Simonetto Rossi notizie del
nemico e chiede aiuto d' uomini.
Molto Illustre Signor mio, et Padrone ossequiabilissimo,
A questo punto, che sono hore 23 mi é uenuto certissimo avviso,
che l'armala del Nemico hoggi é arriuata in Tauormina, e che dimane
aerri Vinona in detta Piazza con deliberatione di dare in questa Fron-
tiera, e nella Città di Catania. Però V. S. solleciti di far uenire il soc-
corso generale, perche mi uiene pare aunisato, che il Nemico é risoluto
con qoalsiaoglia sua perdita uolere auanzare per fare acquisto di qual-
che altra piazza. V. S. col suo solito zelo, e uigilanza solleciti detto soc-
corso. Che (3 il fine col quale a V. S. bacio affettuosamente le mani. Di
Francauilla a 13 di loglio 1677.
DI V. S. Molto Illustre
Dabito grandemente per questa piazza di Elandazzo e di tutta questa
'frontiera conforme al auisi che tengo.
Aff.mo e dev.mo seruitore
D. Petro Paolini.
Al Maestro di Campo D. Simonetto Rossi.
MISCELLANEA 189
LXXXVI.
(R. S. - B. 1685).
Don Pietro Paolini con lettei'a , data a Franca villa il 14 lu-
glio 1677, manda al Maestro di Campo Generale Don Simonetto
Rossi varie notizie militari della sua Frontiera e sulle mosse del
nemico.
Molto lU.re. Sig. mio, et Padrone ossequiabilissimo,
A questo punto mi é capitata una lettera ilei Signoi" D. Gaspare Borgia
per la quale mi auuisa , che il Nemico é risoluto vendicarsi perché si
stima esser stato offeso da me per haver preso il Cognato del F. Tomaso
assaltato Tuuormina, e ferito Villadio,"et io pure per altre strade ho
inteso, che l'armata sia uenuta in Tauormina con la Gaualleria, e questa
notte arriuó in Tauormina l'istesso Viuona. Però V. S. si seruirà di far
calare tutta la gente possibile del soccorjso generale, siccome pure auuisai
all' ortlciali del Moio e Maluagna e particolarmente a quelli della Roc-
cella, della quale Terra nell'altre occasione sono nennte pochissime genti,
e senza munizione, e li più pultroni, hauendosi uoluto seruire del bra-
chio del loro Principe. Io ho scritto in tutte le sudette tre Terre, V. S.
replicheià li suoi ordini, incorandoli ad obbedire, et maggiormente strin-
gerà quelli della Roccella. Ho dato parte del tutto al Sig. Generale della
Gaualleria. e la presente con V. S. seme ancora per auermelo auuisato
il detto Signor di Borgia, come podrà ne !ere dall' acclusa copia della
sua lettera. Li soldati della Muta della Terra di Vcria vennero senz'armi,
e sono li più miseri e meschini del mondo.
Lascio operare la prudenza di V. S. che so molto ben considererà
quanto sia importante questa faconda. E con tal tìne la riuerisco di cuore
e li bacio sue mani. Di Francauilla a 14 luglio 1677.
Di V. S. Illustrissima
VmiliiJsimo e denotissimo seruitore
D. Petro Paolini.
Sono arriuati in questa li 35 soldati di mirto e tutto sia
per auuiso di V. S.
Sig. Maestro di Campo D. Simonetto Rossi.
190 MISCELLANEA
LXXXVII.
(R. S. — B. 1685).
Don Simonetto Rossi, Governatore di Randazzo, con lettera, ivi
data il 14 luglio 1677, si lamenta e chiede al Viceré gli opportuni
provvedimenti perchè, avendo dato gli ordini necessari a Bronte
per provvedere di frumento varie piazze , e specialmente Gastro-
reale e Francavilla, quei cittadini, come quelli delle altre città
della Gomarca, sempre renitenti anche in fatto di milizia , non
hanno obedito.
LXXXVIII.
(R. S. — B. 1685).
Don Pietro Paolini, scrivendo al Maestro di Gampo Don Simo-
netto Rossi, in data di Francavilla M luglio 1677, si lamenta che
il Viceré non segua i loro consigli nel provvedere alla sicurezza
di quella frontiera.
Copia de la Carta de Don Fedro Paolin Gouernador de la Plaza de
francauilla Al Senor Mastro de Campo Don Simonetto Rossi.
Molto mastre Signor mio e Padrone osseqaiabilissimo,
Con mio grandissimo sentimento, et confusione riceuo la fauorita di
V. S. con l'acclusa lettera di S. Emmenza, e da quella riconosco quunto
detto Eminentissimo Signore uiene ingannato in dar credito più alle pa-
role delti Villani, e di gente male affetta, et male intentionata al sernitio
del Re Nostro Signore, li quali con mille trampe, et sutterfugij donano
ad' intendere alli Superiori tutte quelle materie, che cercano in loro be-
neficio; che alle parole dell'Officiali, et Ministri di guerra, che di notte,
et di giorno 8i suiscerano per 1' accerto del Real seruitio, et quello, che
rappresentano, ó tutto per il maggior accerto del seruitio di S. Maestà;
UISOELLAMEl. 191
et forse non é noto a S. Eminenza quello che sanno gli Comandanti, che
sono sopra il luoco, e conoscono, et uedono il tutto con gli proprij oc-
chi ; e se S. Eminenza sapesse il terreno, et il paese , come so io , son
sicuro, che non darla tal' ordini, anzi fulminarla di uantaggio di quello,
ha fatto V. S., et che fo io ; e quando il nemico se risolue, in tempo di
quattr' hore può marciare dal suo dominio, e conferirsi in questa fron-
tiera ; e mentre che S. Eminenza dona simili ordini, et non hanno uo-
luto fin' hora inulare in queste parti soldati veterani, credo, che s'iraag-
gineranno, che quando l' Inimico uuol marciare per queste parti , mi
farà fauore auisarmelo otto giorni innanzi, affinchè poi Noi ui possiamo
prouedere, e preuenire , et aspettare il soccorso della Canaglia Villana;
Signor mio, io non so più dove sono, e dubito , per ueder le cose di
queste genti in tal forma, che ò haueró da perdere il ceruello, ò crepar
di subito per dolore, e quello, eh' ó peggio , che hora per le scarsezze
de fermenti, dove noi fln'hora hauemo tenuto assediato l' Inimico, Esso
hora assedierà noi, perche ui é più abpndanza in quella parte, che non
in questa; Il fermento naie in Messina à diece scudi per salma per chi
lo compra sopra li uascelli, et à scudi undici , e tari diece nelli ma^^'a-
zeni, et né n' è quantità, et in abondaiiza; equi le terre di questa fron-
tiera gridano misericordia per furmento ; e questa ó una materia di
tanta considerazione, che in pensarci bene fa fare li capelli bianchi; et
io con mie lettere non ho mancato , né mancherò mai di rappresentare
a S. Eminenza, alli Signori Generali, et à tutti li Tribunali, et alla Sm-
tissima Trinità, per quanto é possibile; et non mancherò mai di gridare
et rapresentare quello, che intendo esser di conuenienza per il seruigio
del Rè Nostro Signore, e dubito, che all' ultimo schiatterò cantando come
le Cicale ; V. S. per esser gran soldato, et hauer differente posto del mio,
deue cantare più chiaro, perche non so, come questi Signori, potranno
permettere, che un galant' hnomo stia cosi a rischio di perder la sua
riputatione ; Ho già licentiato la gente di Nicosia , conforme V. S. mi
auisa, et rimando a V. S. l'acclusa lettera; e per fine riuerendola di
cuore con ogni denoto affetto le bacio le mani. Di francauilla a 31 lu-
glio 1677.
Di V. S. mio Signore,
Hnmilissimo e deuotissimo seruitore
Don Petro Paolini.
192 MISCELLANEA
LXXXIX.
(R. S. - B. 1685).
Ck)pia (ìi una lettera, spedita da D. Pietro Paolini sotto la data
del 2 agosto 1677 a D. Simonetto Rossi,' Maestro di Campo Gene-
rale e Governatore della Gomarca di Randazzo , per chiedergli
alcuni provvedimenti riguardanti il vettovagliamento e dargli no-
tizie del nemico.
Copia della lettera di Paolini Inuiata al Signor Mastro di Campo Don
Simonetto Rossi.
A questo punto ho inteso che in questa Piaza non u'ó più Tormento
per farse II pane di monitione onde sono nella maggior confusione del
mondo ; E perche un mese si là annidai a S. Eminenza che qui non ut
era Tormento per detto [)ane di monitione, e si compiacque ordinare
nella Terra di Bronte che me ni fossero consignate salme duecento, però
mandai 11 monitioniero di questa per farse consigliare detto fermento II
qnalc al ritorno mi riferi che l'hanena hauuto per consignato , e 1' ha-
uena lasciato In potere di Giouan Battista aucillaturi, e Insino ad hora
di dette salme 200 ni sono uenuti à pena salme 80, et il detto monitio-
niero m' ha detto non uè n' esser più del detto tormento che sé 1' ha
preso non so chi, pertanto ho carcerato al sudetto monitioniero e mando
serio ad Alfonso Pascale sus titolo del Signor Don Marcello Veles che
bà fatto 11 partito del formento con un Capitano di Campagna , acciò
portassero qui carcerato al sudetto d' Aucillaturi, et ad altre persone che
hauessero hauuto In potere dette salme 200 di formento affine che pro-
carino far uenire V Integra somma di detto formento altramente soa
costretto lo fugirmene dà questa piazza, non solo per là necessità u'ó per
goccorrere là gente che qui si troua, ma anchora per hauermi uenuto
à notitia da persona uenula hoggi dà Messina che II nemico sta Imbar-
cando là sua gente sopra li Vascelli e che per hauere arriuato II terzo
della sua armata In breve marcerà per questa Frontiera, ò per Catania,
Il che «eruirà per auuiso di V. S. hor consideri V. S. In che labirinto
mi trouo però si degni restar seruita mandar suoi ordini all'oftlciali
della Terra di Bronte, sicome anchora Io li scrino , acciò mandassero
qui carcerati allo sudette persone per Insino che consigneranno la su-
detta Iiittgra somma di formento chi é il fine col quale bacio a V. S. le
mani francauilla 2 d' Agosto 1077. di V. S. molto Illustre Humilissimo
e deuotlssimo seruitore D. Pietro Paolini.
MISCEI.LANKA 1 9i
A questo punto che sono ore (Ine di notte dopo d" haner fatto la let-
tera mi capilo auuiso dalla parte di Sauoca , e della Liniina che uenti
galeri è molti tartani hoggi diediro fondo nella praija di Sauoca, et han-
no sbarcato molle {,a'nte, e dicono che doneranno mai'ciare per questa
frontiera, e per questi Citta di Randazzo, et è assai ci-edibile anzi lo-
tengho per assentato che marci per questa parte perchè l'haver sbarcato
la gente in detta i)raija, non può esser per altro effetto; Di più da Ta-
uormina mi uieiie avvisato che molte tartane, et otto Vascelli habbijno
fatto sbarco di genti nolli giardini di Tanormina, che però ni dono parte
a V. S. acciò stia preueniilo col suo solito zelo, e ^li quello che di nuouo
mi uerrà auuisato non lasceiò di dar parte à V. S., e di nuouo le bacio
le mani.
XC. .
(R. S. - li. 2449).
Avendo il Duca di Boui*neville, Governatoro Generale delle ar-
mi in Sicilia, scritto al Re fi-a le altre coso che per mantenere
nell'Isola un esercito siilllciente ai bisogni della guerra fossero
duopo (30000 scudi al mese, non calcolando in essi la paga dello
Stato Maggior (ìenerale, treno, macchine di guerra, munizioni ed
altro bisognevole, S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 2 settem-
bre 1077, invia al Viceré, Cardinal Portocarrero, il seguente conto
della spesa presunta necessaria, che è lo stesso mandato al Vi-
ceré Marchese di Castel Rodrigo il 10 febbraio dello stesso anno,
onde su di esso coniei'isca col Duca e si risponda in modo più
preciso lilla reale inchiesta fatta sul proposito.
Relation y tanteo del dinero quo se considera ne^-essario Cada me»
para mantener vii Kxercito en el Reyno de Siyliu para Campear y òbrar
que segun se ha discurido en el Consejo parche que serau negessarios
12000 Inl'antes (a demas del Tergio ordinario de Espanal'j's que se paga
pop ci Real Patrimonio de aquel Reyno) y 1200 Cauallos computando las
pagas enteras de los Cauos pringipales y otìciales de primera plana
mayor ; y el socorro de los demas òtìciales y soldados y gastos que se
ofreyen cn la forma que se reflrira y lo que toca à pan de Munigion
gastos de Proueedoria ; y Arlilleria se pondran en su lugar pero no se
AnJi. Slù>\ Sic. N. S. anno XXIV. 13
194 lUSCELLAXEA
pueden poner partidas flxas por no sauerse la formalidaden qae correa
los pagamento;: en aquel Reyno y el tanteo se liai^e scgun las notigias
qae se h;in adquirido y por el ostilo de los Exercitos de otras partes
no poniendose eu està Relation gasto ninguno locante à Aruiada Mari-
tinia haviendcse de hazer estas prevenciones por la parte donde loca ;
Primeva piana del Excrgilo ;
Reales de piata dobles
El Virrey y Capitaci General de Sicilia goza de sueldo cada
ano 28875 escudos de 12 tarres que so paga por el patrimonio
por cuya racon no se saca nada.
La paga de Maestro General son 5000 escados .... 5000
La paga de General de la Caualleria Idem 5000
La del Teniente General della 3000 escudos .... 3000
La de vn Comisaiio General 1500 escudos y dos ayudantes à
500 escudos a cada vno son 2500 escudos 2500
La paga de los Ministros de liazienda conio son Veedor Con-
tador l'agador y otros ofi^-iales se entiende que su pagamento en-
tra en las libranyas del Patrimonio pero comò el exercito a de
Campear y obrar se nezecitara de mayor numero de Ministros y
oticiales y el Virrey nombrara los que Jusgare sean necesarios y
so computa en caso que se balga dellos en 3000 reales. . . 3000
Las pagas de tres tenientes de Maestro de Campo general que
parere son pre^Msos por el manejo del Exercito a 1000 escudos
cada ano 3000
La paga de seis ayudantes de Teniente de Maestro de Campo
General a 400 escados cavno son 2400 2400
Iji pnga de dos Generales de Artilleria titulares y trus Mac-
stres de (^mpo qae se consideran para Gouernadorcs do pla^s
los Generales de Artilleria 3000 escudos y los Maestros de Campo
ù 1100 ymportan 9480 escudos 9480
MISCELLANEA 19-J
La paga do los entretenidos qne suele liauer cerca de la per-
sona del Capitan General se computa en 4000 escudos . . . -4000
La paga de Capellan mayor de la Caualleiia son 500 escudos
y media paga 250 2r»0
La paga del Cnartel Mastre Heneral y sus Ayudantes ympor-
tara lODO escudos y media paga 500
La paga de Pague de Gion qne goza 250 escudos el aposenta-
<lor de la Coito oti'os 250 el Capitan de Guia< 250 y su Teniente
200 ymportarau 950 escudos y media paga 475
La media paga de Auditor General y sus >!inlstros. . . 1000
La paga de pr^noste General y su Theniente y 40J placas qne
se computan paia su Cùnipaaia ynipaitara 3000
Infanteria
En el Reyno de Sicilia ay el Tercio fijo de espanoles qne de
ordinario solia cer de 3100 plagas en 2G companias y guatnecia
los Castillos Kegios y quedavan 1000 pla^as en Palermo que ser-
uian paia guarne(.f'r las Galeras quando saiian del Ueyno y el pa-
gamento de este Tercio corre por el Real Patrimonio de los efectos
de tandas pero Fegun se refleren los practicos pai-e(;o que a falta
de alguna Cantidad de e^'t:l contribu<,-iones por los trauitjos de la
Guerra y a los que lienen yatellixencia de aquel Pals les parege
se podra sustentar con el di nero que qucdara enter del diclio
Tergio con 2500 Pla^as, o, las mas que alcantare de las quales se
liabran do guarncyer los Castillos y dejando alguna guarnicion en
Palermo se podra sacar alguna i)ai-to en Campana si la necesidad
obligare y no se liallaro ynconueniente y por pagarso este Terbio
de los elVctos referidos no se saca .lo que ymporta su pagamento.
Parere que para harer la Guerra òfensiva al enemigo para pro-
curar sacarle de aquel Ileyao combendra que se forme vn Eser-
cito de 12000 ymfantes elecrtivos y para engrozarle (si no se en-
contrare con ynconuenieates graue-sj se .podra baler de algunas
. Miligias del Pais.
195 MISCELLANEA
Los 12000 ymfantes Compreendidos en ellos las primeras planas
menores corno son pagiies Abanderado y do.-? tambores (ademas
del Tergio Viejo de Espanoles) se pueden reduvir a 11 cnerpos
de 9 tercios de Espanoles y Italianos a 1000 hombres cada vno y
2 regimientos Alemanes de 1500 cada vno y se considera en 90
Campafiias de Espanoles y Italianos yncUisas las do los Maestros
de Campo y los 2 regimientos de Alemanes por gozar los Coro-
neles y oficiales de sueldos muy cregidos se pondra su socorro
en partida separa da.
La paga de 9 Maestros de Campo à 1160 escudos cada vno im-
porta 10440 escudos 1044()'
La paga de 9 Sargentos mayores a 050 escudos cadavno ym-
portan 5850 escudos 5850^
La paga de iS Ayudantes de los Tercios a 200 escudos cadavno
ymportan 3600 escudos 360O
A 9 Capellancs de diclios Terrios socorridos a 80 escudos . 720'
A 9 Capitanes de Campana a 100 escudos cadavno . . . 900''
A 9 furrielcs mayores a 80 escudos cadavno .... 720
A 9 tambores mayores a CO escudos 540*<
A 81 Capitanes qne son las Companias que quedan bajadas las
de los Maestros de Campo quo g0(;an a 400 escudos i\ media paga
importa 1C200 escudos 1G20O
A 90 Alferezes por yncluirse las de los Maestres Campo que go-
<;an 150 escudos a media jjaga importa 6750 escudos . . . 6750
A 9 Sargcnto« «hk- l'o/an a 900 escudos a media paga importa 405O
el numero de Uis UOOO Soldados sin los Alemanes se supono
Abra 2700 mojiqut'leros y a estos pareco se les puode socorrer li
15 Uealcs de piala quo lia<;en 20 taries y medio, importa 405000
efcados . . . . ' 40500
MISCELLAKEA 197
A 6300 Arcabureros y picas a 13 reales de piata a cadavno que
liacen 17 taries y medio ymporta 81900 oscudos .... 81900
Atendiendo qne en las Compaùias de espaùoles y Italianos pa-
ra el mai!ejo dellas es prc/iso que aya Cauos de esquadra los
quales tienen mucho trauajo y de ordinaria de Soldado se podra
socorrer a cadavno con vn escudo mas y conputando 4 Cavos de
Esquadra por cada Campania ymporta 3500 es.'udos . . . 3600
Siendo preciso que en el cuerpo del Exercito aya oflQiales re-
■formados para la buena diciplina del se considera los que se siguen.
Dos Maestros de Campo que gozan 800 escudos y media paga 800
Qnatro sargentos mayores que gozan 400 escudos a media
•paga
40 Capitanes que gozan 250 escudos a media paga .
A 10 Ayudantes à 70 escudos a cadavno . , . .
50 Alferez que go^an cadavno 120 escudos a media paga
60 Sargentos quo gozan à 100 escudos a media paga.
800
5000
700
3000
3000
Los dos Regimientos de Alemanos qne se supone an de lener
3000 hombres en los quales liabra 200 plaoas de Oflriales con que
vaxadas, quedan 2S00 Soldadcs y socorridos a 15 Reales de piata
• que ymportan 42000 escudos 42000
Para ci Pagamonto de los Coroneles y oflciales de los dos Re-
gimientos y Estados Coroneles no se puede poner cantidad fixa
.por la variagion de los sueldos que son muchos y grandes pero
-computandolo por otros que han seruido en los exercitos se con-
«ideran tres mil y quinientos Escudos 35000 escudos . . . 35000
Cada Regimiento podra tener 10 Compaùias comprendidas las
*de el Coronel Theniente Coro nel y Sargento mayor.
19S MISCELLANEA
Caballeria
La Canalleria del exercito que a de ser pagada por qnenta de
Su iMagestad se suponen 1200 Canallos y auriqueeste numero no
es vastar.te para poder Campear y obr:ir, o, primiendo al eneini-
go pero considerandose qne en el Reyno de Sicilia Ics varones
estan obligados de dar 1600 Cauuilos pagados y sustentados en
Campana por 3 messes Cada aùo en Tieni pò de ocasion y la mi-
licia de Canalleria que ostan obligados à dai* otros IGOO Cavallos
en la propia nianera ; y {is.<i mismo hai vna Compania de Bor-
gonones de 100 Canallos que se paga de los ofectos del Real Pa-
trimonio y està se afìade al numero de los 1200 Canallos para
Beruir continuadamenle y para que huuicsse mayor numero de
los 1200 Canallos en todo el ano se pudiesse el Virrey ajustar en
el Parlamento qne atento que los barones y la Miliria deuen dar
SUGO Canallos por trcs messes. quo en t:u lugar yciessen algun
semidio pecnnario para que con el se aumentasse ci numero do
Canalleria del Exercito escusandolos por liaora de as^is^tir con los
tres mii y dagientos Canallos por los tres messes qne estan obli-
gados y con eslo Ics seria menos penoso y se mantendria todo
el ano niayor grnesso de Canalleria e^^lo podria encaminarlo el
Virrey con mancra y subauidad para que la noblega y todos entren
con gusto ha hager el seruigio.
Los Mil y ducientos Canallos pare(;e seran en 20 Companias
ynclusas las primcras planas conpreendidas las dos del Cajjitan
General la del General de la Canalleria Tbeniento General y co-
misario General y siendo 17 Capitanes los 15 de Companias Sen-
gillas y dos de las del Capitan Genei-al go^ando de 1100 escndos
Cadàvno la media paga ynìporta U350 escudos .... 9350-
A 20 Tenicnti's (por yncluirse los de las Companias de los
Cauoi<) gozando 500 escndos cadavno la media paga importa 5000
escudos. . • 5p0O
La media paga de 20 alfcreces qne gozan 3S0 escndos ympor-
ta iMx) ssoa-
El Sccorro de 1203 Soldados ù Ilacion de 32 Rcalcs de piata
que »on A4 tarle« importa 38400 Esuudos 3840O
MISCELLANEA
199
Al furici major de la Caualleria
100
Considerase abra seis Capitanes do Cauallos roformados 10
Theriieiites y 10 Alferez y ^-ozaiido Ioh Capitanes à 800 escudos,
los Teiiientes a 200 y los Alferez a 150 la media paga imporla
4/00 (sic) escudos 4900(5/c>
Dìferenles gaaloa que sa eonsideran precisos
La asi.<ìtencia de los O.'pilales para la Curacion de los Solda-
dos pagamento del Vicario General Medicos Cirnjanos platicantes
Votica y demas personas que asisten a los Hospitales se eonsi-
deran importara ^OCOO Rcales Cada mes 2000O
Los gastos Secretos no tiene Consideragion lìxa por la Va-
riedad de scr n^as y menos seguii los Cassos que se orre(;eri y
assi para ellos conio para Correos y faliicas y otros de oste ge-
nero se entiende ay consignavion p-^r el Patrimonio de efectos
de tandas y por està Ka<,-on no se saco nada.
Los gastos para las fortiflca^-iones no se pnede liayer Juicio de
Cantidad fixa porque se liabian de fortificar muclios puestos y
el gasto sera grande por mayor se computa eu 4'X)00 escudos
por algnn Tiempo liasta que se pongan en buena forma y se po-
dra procurar que se ayude con lo que se pudiere del llrsiduo
del los Donativos que se entiende à liecho el Reyno para este efecto
y no se ha cobrado lodo y de otros meùios que aya para ellas .
4000O
Ar lineria
Por lo que toca a los Castillos Rcgios el gasto bassi de ofigia-
les mnnizionesy pertrechos de Gueri-a corre por el Patrimonio de
los efectos <le tandas y las torres de las Marinas se manlienen
por quenta del Reyno y su Diputagion con que solo habra de
proueer el dineio iiecesario para lo que toca a la Artilleria del
Exercito y para las Preuengiones de Campana.
Para el pagamento del General de la Artilleria Tenicnle Ge-
neral, Ayudanles, Veedor y sus oliciales Capellan mayordomo
200 MISCELLANEA
Auditor Gentiles hombres Capitanes de la Aililleria , de Petar-
deros de miiiadores de gastadores Condestables minadores Artil-
leros granadores olìciales de fiiegos Attificiales lierreros Carpin-
teros y losi ofìcia'.es quo s; toman a joriial para lodo genero de
obras y para las Compras de lo quo e.s necesar o do eiicaual-
ganilento aderczo de Armas y obras gasto;' ordinarios qiie se
ofregen en la Artilleria se pueden comprar en 2G000 Reales cada
mas en ellos no se ynclaie la compra de munigiones Arinas ni
Artilleria que osto so provee jKjr asieiitos de difrentes partes ni
tampoco el Carnaje Azemikis ni niulas d^; T.ro jorque estas so
abran de proueer con forme su huuiore de comprar y obrar en
<[ue no se puede hagor computo 2G000
Proueeduria
Para el pagamento del Proueedor General , su Teniente tene-
•dores de bastimoutos y oti-os ofigiales se consideran 3000 Reales
^ada mes 3000
k
Para el pan de los 12000 liifantes que son los quo se suponen
-àdemas del Tercio ordinario de Kspanoles que se mantieneu por
€l Real Patrimonio y 1200 Soldados de àcavallo y para las llaQio-
nes que se dan a los oligiales jcnte de Artilleria y extraordina-
rios corno son gastjnlores y otros que se ofregen distribuir se
pueden considerar basta 15000 Ragiones cada dia y segun se tie-
ne entendido quu à costado a difrentes prccios y en algun Tiem-
po y Vltimamcnte administrandolo la Rexia Corte a salido a qna-
tro granos cada ra^-ion poco mas, o, menos y computandolo a
•quatro granos aunque se podran liayer las diligengias posibles
para vaxar el pregio las diclias TiOOO Ragiones cada dia bagen
en vn mes 4'000 Y ymportan 90000 Taries moncda de aquel
Reyno roduciilas a "20 granos cada larie y omplata doble 63454
Kealcs Reduciendo cada Keal do a odio a 11 taries . , . 65454
Zeuada para mantener Ioa 1200 Cauallos y las ragiones que
ne han de dar a los otìciales conformo las Vocas que estaran Se-
fialada» a cada uno que cti todo se eomputan l'iOO Ragiones quo
■e lian do dar a los oHgialO't cada dia y cn vii mes son 42000 y
«egun so tiene entendido quo questa cjda Ragion vn tari con-
Mise ELLA XE\
120 1
preendida la paxa a està Racon ympoitaian 42C00 taries y en
piata 205iG 305-46
No pudienclose sauer la parte donde se liabra do Campoar
paia la dislani.ia de las Conduriones de pan y Ceuada no se pone
lo queympurtara el Caiuajo ni Vagaxe.
Por lo que toca a la Caualleria del PaL< y los Soldados de In-
fanteria de niilizias que se huuieren de llaniar pai-a que siruan
en Campana conforme la necosidad ubligare à elio no j^o pone eu
-està Relac'ion pan ni Couada.
Todas las disposigiones que locai en al buen Oovierno y a la
-Infanteria y Cavalleria del Pais y Esercito y gasto coaibendra quo
se dejen a la disposiyion del \irrey y Capitan (ieneral para quo
obio en lodo con el acierto que so espera del conocimiento que
tendra en qualquiera cossa que so oliesca,
IL'sumen General
Primera pianta del Exercito 42005
Inlanteria 'JGOOTO
Cavalleria Olórn)
Dilrentes ^jastos OOOOO
Artilleria 2GOU0
Pro veed uria 'JÌ)0O)
55Ó225
El Duque de San German.
202 MISCELLANEA
XCI.
(R. S. — B. 2.U9).
Rea! dispaccio dato a Madi-id il 20 Settembre IG77 sulT argo-
mento di cui si occupa il documento precedente, nel quale si de-
terminano più specialmente le spese che debbano esser poste a
carico del R. Patrimonio del Regno di Sicilia.
Don Carlos por la gracia de Dios Rey de las Espanas de las dos Si-
cilias de Hìerusalem etc. Muy Reuerendo en Christo Padre Cardenal
Portocarrero mi muy charo y muy amado amigo de mi Consejo de Esta-
do mi Virrey y Capitan General del Reyno de Sicilia en Ynterim. Con
motiuo de lo qne el Duqne de Bornonuile escriuio dando quenta de qne
para el diario del Kxercito liei*an nienester 00000 Escudosal mes excepto
las primeras planas Tren, p*^rtreclios y municiones ; mandò en despa-
cho de 2 del corrieute se os enviase duplicado de la pianta quo se hizo-
del Kxercito, y so remitio al Marques de Castel Rodrigo, para que la
confirieseis con el Dnque y que teniendola piescnte me informaseis de
acuerdo muy por menor (conio tambieu a el se lo encarque) lo que se-
ria necesario para el Kxercito quo oy bay, Trcn, municiones, y pcrtre-
clios, distinguiendo el empieo do los 50000 Escudos de mesada, y dicien-
do por menor lo que Caltase, y para que efectos con expression de lo
que a cada vno tocase, para que en vista de lodo resuelua lo que tubiere
por mas conveniente, encargando os tambien procureis dosdo luego re-
ducir los gastos a lo preciso escusando, todo lo superfluo y la multipli-
cida<l de las primeras planas, y oUlciales y prettriendo el socorro de los;
foldados para quo se conseruen. Y por lo que conviene que este infor-
me venga con toda indiuidnalidad a efecto de que con entero conoci-
micnto puoda yo lomar resolucion fi)a comò cs tan conveniente. Ile que-
rjdo de mas de lo quo se os preuino en el desjjacbo citado, aduertir os
en c«te que el gaslo de Ynfuntcria del Tercio Prouincial de et e Reyno
coniprendidas las primeras planas estipoudiadas y otTiciales dtd suoldo,
veslidos, Valas, Eslulias, Armas, y alquileies de casjsas y vuestro sucldo
y gastos secretos deue salir todo (sin tocar en el caudal del F2xercito) de
las Tanda» y Donaliuos do ese Reyno en que tiene su cousignacion, co-
nio tambien los gastos do Presidios, compania do Horgoùones guarda
Alemana, Heparos de Cantillos Poluora, salario» de Sargentos mayores-
de milicia, Capitancs de Arma», Preceptores do los Tres Valles y otros-
JUSCELLANEA 203
gastos que tenia sobre si antcs de la jruerra el mismo Rcyno para su
conseruacion y defensa y aquello a que no alcanzaren ios efectos de las
dichas Tandas y Donatiuos, se deuera suplir de otros iijtroitos de la mi-
sma Prouincia. para que teniendolo vos presente podais enviar a mis
manos mas ajustada, clara, y distinta relacion de lo que de resto impor-
tara el diario y gasto de ese Exercito corno lo espero de vuestra aten-
cion. Y sea Muy Reuerendo en Christo l'adie Cardenal Portocarrero mi
inuy cliaro y muy amado amigo Nuestro Sefior cn vuestra continua guar-
da. De Madrid a 20 de septiembie 1G77,
Yo El lieìj.
BarthoJome de Legasa.
XCII.
(R. S. — B. 2-449J.
Con rea! dispaccio, dato a Madrid il 27 settembre 1C77, S. M. or-
dina di sollecitare la definizione della causa a carico del Principe
di Buccheri e dei suoi complici, detenuto il primo nel Castellam-
mare di Palermo, e di Vincenzo Pellegrini, ex Governatore di No-
vara Sicula, che era passata ai Messinesi.
xeni.
(R. S. — B. 1G80).
Lettera di Martino Gulierez, data agli 11 di ottobre 1077 dalla
Favignana, dove si trovava confinato per omicidio, nella quale
informa il Viceré della proposta fattagli di Don Ferdinando Salva-
tore, detto il Monachello di Savoca, anche esso ivi confinato co-
me prigioniero di guerra, di dare in mano agli Spagnuoli la piaz-
za di Taormina, se lo avessero rilasciato in libertà.
204 MISCELLANEA
Emcnentisimo Sefior
Dia de la Consepsion de nuestra Gran Seùora Maria , era cuando
'hoiendo m''sa, se acerco a mi, uno de los tres Mesineses, presos en Le-
sta Ysl.i, llamado D. Fernando Salnador, y por botro nombro ol Mona-
quelo de sauoca, y me dijo dai ia el modo, para quo en manos de V. Emi-
nencia se diese la Ciudad de Tauromina, y bauiendo considei-ado el todo,
le aconsego diese parte al Gouernador, para que lo auisare a V. Emi-
nencia, reu^aua el accrlo sospecbando que dicbo gouernador no lo baria
animelo a hello basti qne lo bico, y dicbo Gouernador , escrupoloso de
ìiaular con el, no lo quico boìr, basta que rempunando segunda ues le
hoio, y le dijo bisiera mei, birolo bansi , tomolo el Gouernador, para
remitirlo a V. Eminencia.
Scure los tres dias, llego de nueuo a mi (en la yglesia) dicbo Mona-
qnelo, y di come tendria gran gusto, y resiuiria mucba satisfasion, escri-
uiese io a V. Eminencia soure el caso, boi de nueuo su intension, y ba-
uiendo penetrado algo soure la materia, con reconoser la l'asilidad, de
la entraprosa de la tal Ciudad, y biendo lo mucbo que importa a la Real
Corona, resolui el escriuir, conio por la presente seue, y, doi a sauer a
.V, Eminencia, que segua sus disinios, beo quo no tan solamente tiene,
en la tal Ciudad parientes que le baiudaran a fasilitar la empresa, però
es mui estimado, y qnerido, de todos los bandidos de aquellos paises:
saue la tierra, de palmo, en palmo, la maior parte de los escurridores
de campana, en boiendo el monaquelò le siguian, arresgando sus bidas
a sa lado, quo por tales ra^oncs, el Marques de Baluer, Birrei que fue
por el de Trancia en Mesina, bauiendo sauido la i'ama desto bombre, le
mando liurar, de la prision donilo le tenian , por cosas mui graues, y
fue causa de qtie se empleara, tan de ueras contra nosotros , y el tal
Hirrei, le estimaua, seguii lo que me a contado, el Duqne de Biuona,
Birrei boi en dicha Ciudad, le estimaua grandemente, y dice quo lo aga-
rajauà de miiclios modos, porque apenas deseaua saiier de nuestros di-
sinios, cuando llamaiia a este, salia luogo a campana con sus conlìden-
te«; y en brene boluia a mesina, con prisioneros, 5 maquina de ganado,
y otras cosa», por donde no dejo do considerar, que si lo que me a con-
tado es berdad, y dandolo V. Eminencia mano, bara sin duda mucba
C08» on ftiior nucstro, y soure elio, tonemos loì mncbos ogemplares de
Cataluùa, donde, ù diuersos cauos de miqueletos , los indultauan los se-
fiorcH Capitanos Gonerales, los aga(;ajauan con dadiuos, les dauan man-
■do, y Iiollos, ademas do conuocar niucboa miqueleles de nuestra parte,
y con oUo« so tijuntauan, liasian cosas dignas do memoria en nuestro
MISCELLANEA 205
fauor, y liiiltimaniente digo qiie Dios nuestro bien , espirarà por su di-
uina bontad, cn el coracon de V. Kinineri^-ia (1) (suiire la materia que
tanto importa) lo que mejor conuiMiga para fu s.nnto seruisio, y el de
nnestro Gran Senor Carlos Segundo, y io, con toda la liumiltad pusinle,
postrado a los pies de V. Eminencia supplico à que corno tan gran Se-
lìor, y amparo de Poures, por amor de Dios, sea seruido aliuiarme en
algo, la tan fatigada prision que tengo, de uajo liane, donde uà para
house aùos, que estoi, sin auer echo el caso apostado que me acomuna-
ron, el cual fue de dia, espada, à espada, en el casaro de ralermo. de
làuiùana y ocl'ubre 1 1 de 1077.
Criado de V. Eminencia
Martin Gutierrez de Ayala.
XCIV.
(R. S: — B. 2440).
Essendo stati i parenti del Conte di Pi-ades, della nobilissima
e potente casa Ventimiglia, non esclusa la consorte, in vario mo-
do perseguitati, carcerati e torturati perchè sospetti complici di
lui nella grave perdita di Taormina, che si supponeva avvenuta
per tradimento, S. M. con real dispaccio , dato a San Lorenzo il
13 ottobre 1677, fra le altre cose ordina che essi siano trattati
coi riguardi dovuti al loro grado e compatibili con la giustizia.
(1) E il cuore di S. Eminenza gli ispirò di lasciare il Monachello di
Savoca confinato alla Favignana, perché invece di consegnar Taormina,
non tornasse a far strage di Spagnuoli, fintantoché non venne liberato
per la fine della guerra ed espressamente richiesto dal Generalissimo
Francese nel cambio generale dei prigionieri.
206 MISCELLANEA
XCV.
(R. S. — B. ?449).
Conto (Iella spesa presunta necessaria per mantenere un eser-
cito in Sicilia, fatto, a richiesta di S. M., dal Duca di Bourneville,
Governatore Generale delle armi, mandato a Madrid con dispaccio
del 21 ottobre 1677.
Para responder a lo que pide Su Mageslad, de Io qne es Necessario,
para poner un Exercito en Sicilia es Io s"guienie.
1.° El diario, que es lo menos, que puede tener un solJado, y que
toca a cada imio de a pie a 15 tarines el mes, qiie hacen escUdo y quarto
de Sicilia, que biene a ser, quatro tarines Mas que un Real de a ocho
el nies, y importa por la gente de a pie, y a cavallo (a los quales toca
un Tarin al dia) qne se hallan en Sicilia con los Artilleros Mas de ses-
senta Mi 11 esoudos al mes ' 60000 reales
2.' Por la cantidad de Plazas Maritimas, que se hallan a guardar, y
otras fronteras de Messina, Ibiso, y Tauormina , que tiene el Eneniigo,
poca Infanteria se lialla en el Reyno, y seria menester Recrutas, y Re-
formas de algunas Compariias, y de tercios Muy Cortos , y tanbien es
menester uestir los Inlàntes una uez el ano, y esso se podra cortar so-
bre el sueldo bencido, y sobre los meses de diario atrassados, para po-
derles pagar siempre segun las ultimas muestras, y por el corriente —
para beslir toda la Infanteria seria menester por diez mill Inlàntes A
ocho escudos Cadauno cchenta Miil escudos al ano qne bendria a im-
portar cada mes cerca de seis Mill seicientos y sessenta y seis escu-
dos 6006 reales
3.» Harta Cavalleria bay, y se pueden Reformar algunas Companias,
y si 80 pudioi-e liaver un poco mas de Dragones fucran bnonos , entre-
tanlo las Companias do los Capitanes de Armas del Fais, quo son Com-
panias de Aicabuceros paisanos, comò la del Capitan Don Joseph Cimbron,
y la del Capitan l'apalardo, y scmcjantcs pueden servir cn algo do Dra-
Koaes, però ea menester Montar, y ucstir està Cavalleria, y para Montar
.4à» Companias bcnidas de Mìlan quo no lo cstan aun, y dar Cavallos A
JuscEr.LAXi'A 'jr 7
otras Compafiia? iiiejas, que tienen algunos soKlados a pie, 6 cavallos
May uiejos, y .Malos, se rcmediaria Muclio con 15 Mill escudos una iiez,
harian llepartidos en doco ineses, cada mes Mill dueienlos cinqiionta
escudos 1230 rsales
4.° Es meiiestor tanbien ueslir y dar uotas a la Cavalleria, y para
dos Mill Cavallos a diez escudos cadauno seria menester 20 mill escu-
dos, però Ics que han nenido los ultinios de Miian estan uestidos, y
todos no han irjenestor uestidos cntoros y assi con 12000 se ajustarian
mucho los bestidos de la cavalleria, y esto tanbien se les coriaria sobre
su sueldo, y se emplearian los meses de diario atrasados , comò se ha
dicho en la Infanteria, y bendria por mes a hacer niili escudos. 1000 reales
5.» Pistolas, y carabinas para la cavalleria, y espadas para la Infan-
teria serian menoster, havicndo falta doi'tas armas, no solo entre las
Tropas, però tanbien en los Magazenes y en lodo el Reyno con doce
mill escudos eniploados a esto en Italia, y embiadas las armas de Na-
poles aca se remediaria mucho cada ano que seria mill escudos cada
mes . . • 1000 reales
6." Los Generales, los Oflìcialcs de la piuma los Maestros de Campo,
Coroneles, y primera pian i mayor, y los OHÌciales de la Artilleria, que
no gozan diario importarian cada mes una buena suma, y podria man-
dar Su Itminencia que los Olììcios hiciesen el tanteo en està orden.
7." A los Gonerales y su primera plana cada mes . . escudos
8." A los Odìciales de la Secretarla, Veedoria y Conseruadoria y otros
semejantes cada mes escudos
9.' A los Olllciales de la Artilleria, que no gozan diario , ni forages,
y si lo gozasen se coriaria, comò tanbien a los Artilleros , a los qualos
para que pudiesen uiuir se ha cmpezado a dar pan y diario en Alelazo,
que se cortara sobre su sueldo imporla el sueldo cada mes do ki Artil-
leria escudos
10." Pareceria Justo, quo el Reyno do Sicilia dieso alomenos el pan
y el forage pero comò no le da, si no por la menor parte , se ha em-
pleado este aùo para el pan de los dineros de la Remesa de Napoles
que biene a hacer por mes . . escudos
208 MISCELLANEA
li." Para la ceuada y paxa se ha embiatlo a Catanea y otros Ingares
del dineio de las lemesas que hace cada
mes escudos
12. Por asistir los Rendidos, que bienen del Enenligo a dos escados
cada un y para enibarcarlos, y embiar en Calabria costaran por mes si
continuo n a uenir, corno estos dos nnses de Agosto y Setiembre cerca de
500 escudos el mes y es dinero uuiy bien empleado . ^00 escudos-
io." Por los gastos secreto?, espias, tratados con los enemigos, cor-
reos, y cosas semejantcs es nienester a lo menos cada mes . . . escudos-
14." Si Su Magestad quiere mudar està guerra defensiva en ofensiva
es menesler tren de Artilleria, fiindir canones y Rehacer los inutiles,
hacer cajas para campana, y para plazas , para estas prebenciones con.
doce mill escudos el ano que bendria a hacer cada mes mill se haria
algo , , . .' 1000 reales-
15.* Però por polnora, cucrda, ualas, y otras munìciones , o pertre-
chos de gueri-a es menester mayor suma, y cada ano aùadii' algo por lo
qne se gasta en los magaccnes,
16.' Para el Tren de -\rtilleria y de uiueros, y uagajes de Generales
y otros ya saue l.i corte lo quo da en Catalana, y con la tercera parte
del dinero que gasta a osto en Cataluiìa se podria meter en campana,.
aca y aber arto tren y uagajes.
17.* Y aunque todas estas cosas son necessarias y inescusables y ha-
cen una gran suma cada mes, si demas de lo poco, que pucde hacer el
Rcyno, si se apriela bien, y el Patrimonio hace lo qne deue , y se re-
forma cn el gran numero y los qne no obran con el celo, que deuen al
servicio del Rey, podria Sii Magestad aber un Exercito de tierra sufl-
cientc a resitstir a los enemigos con ciento y diez mill escudos de re-
metas cada mes bien pagados, y bien empleados sin comprehender en
està suTna los gastos socretos por la Armada de mar, qne es necessaria
a un tan gran Uey, y fin ella no es facil acauar con los do Messina,
por la protcccion quo tienen de francia, y la Armada quo tiene por ella
el fraiiccs no digo mula aca, sino que sin mayor csAierzo no beo quo
trnXo se pucdo eyperar de una Armada, que no se muebo del puerto, y
a la qual diccn «aitar aun tanto, y assi luera mas util ci Repartir las
Oalcrit de teruiclo por Esquadras en los puertos de Sicilia, y con los
MISCELLANEA 209
Navios servi rse de los pocos que son en estado , y Romper los otros,
pues sin soccorro de aliados se ne que no puede oponerse la Armada a
la de francia, aunque se gaste muciio dinero del Rey =z Slete ocho bueu
Navios, y algunos pequeùos podrian piratear , y lleuar a los franceses
la facilidad de passar los soccorros de francia a Messina , y los granos
que uan buscando en todas partes. las Galera!' Repartidas, tcndrian estas
costas seguras, y dariau gran trauajo a los euemigos, con anadir galeo-
tas a las Galeras, y permitir a los particulares de armar en los puertos,
nos haremos dneùos de la mar de Sicilia aunque tenga el frances siem-
pre una Armada en Mecina, està no puede estar siemprejunta, y estan-
do separada, no tendra uentaja sobre los nuestros y ha poco que hemos
uisto quatro pequeùos Navios, fregatas o Pataches de Olanda rodear lo-
da la Isla, y hacer buen' botin no sin causar trabojo a los franceses.
(Continua)
Ardi. Stor. S!c. N. S. anno XXIV. 14
ROSOLINO PILO
MEMORIE E DOCUMENTI
eia! 1S57 al 1860
Rosolino Pilo fu uno dei più iuU'Opicll ed instancabili uomini
d'azione, che si siano consaci'ati alla libertà ed unità d' Italia dal
1848 al 1860. Egli fu tra i primi a prendere le armi iuìUsl rivo-
luzione Palermitana del 12 Gennaio ISiS. Già in Palermo due o
tre settimane prima di questa celebro data, per il rifiuto del Bor-
bone di concedere la guardia nazionale ed altre riforme, s'erano
formate in pochi giorni e in ogni classe di persone varie società
segrete cou lo scopo d'insorgere contro l'assolutismo. La società
segreta, di cui faceva parte il Pilo, si radunava in casa di Fran-
cesco Burgio di Villaliorita posta nella Fieravecchia, dove anche si
foce un deposito d'armi e munizioni. Quando 1' 8 Genn;ìi(J'4S Giu-
seppe La Masa ritornò in Palermo , si rivolse al Pilo per essere
informato del vero stato delle cose. I due patrioti non potettero
vedersi che il giorno 10 nel palazzo Paterno, dove La Masa s'era
nascosto. E benché il Pilo non potesse dare al La Masa informa-
zioni sodisfacenti, porchò mancava un comitato centrale rivoluzio-
nario, puro lo rassicurò abbastanza sulla disposizione d'animo
della popolazione. Il Pilo si riuniva pure con un'altra diecina di
persone nella casa del capitano marittimo Pasquale Miloro a pre-
parare carluccie, armi, coccarde, sciarpe ed una bandiera tri-
colore, la quale all'alba del 12 gennaio andarono a porre tra le
braccia della statua di Palermo nella piazza della Fieravecchia.
I^ moglie di l*asqualo Miloro, Santa Diliberto (che aveva avuto
MISCELLANEA -Il
per primo mai-ilo un Astorino e perciò è chiamata dal La Farina
nella sua Storia della involuzione Siciliana Santa Asturina) faceva
parte della comitiva o si rese celebre quella mattina col distribuire
coccarde e nastri tricolori e coll'eccitaro i popolani ad insorgere.
La sera del i2, essendosi i soldati borbonici dopo poche scara-
rauccie ritirati nelle caserme e fortezze, si costituì a dirigere la
rivoluzione un comitato provvisorio, del quale il giorno appresso
fece parte anche il Pilo. Non essendo nostro proposito d'intratte-
nerci sulla rivoluzione del '48-'40, diciamo che dopo la caduta di
essa, il Pilo andato in esilio non ebbe fede nel governo Piemon-
tese, eh" egli credeva riiiinicipale, cioè avente in animo il vantag-
gio della regione e non la liberazione nazionale. Perciò a suo pa-
rere non rimaneva altra via al risorgere d'Italia che quella delle
sollevazioni popolari, che, se prima erano andate a malo, dove-
vano r una volta o l'altra riuscire vittoriose; e in questo consen-
tiva pienamente con Mazzini. Messosi dunque in relaziono col grande
apostolo dell'unità Italiana, divenne un ardente //«tono unitario,
com'egli chiama il suo partito, in opposizione a quello municipale
costituzionale , eli' erano a suo avviso il governo Piemontese e 1
partiti liberali delle altro parli d' Italia.
Dopo i falli di Milano del 0 Febbraio 1S53, l'Italia superiore
non era più un campo favorevole allo insurrezioni ed ai tentativi
Mazziniani. Perciò Mazzini nella sua infaligabililà volse le mire al
mezzogiorno d'Italia. Fu ordita la spedizione di Pisa.ane, che do-
veva partire il 10 Giugno 1S57 da Genova. Ma, come dice Mazzini
nei suoi Ricordi su Ca>'lo Pisacane , * un incidente di quelli che
niuno può prevedere o combattere attraversò e distrus.se tutto il
nostro lavoro lo stesso giorno che doveva tradursi in atto ». Questo
incidente è appunto la prima partenza di Rosolino Pilo, che qui
l)ubblichiamo, tratta «la un manoscritto tuttodì pugno del Pilo
stesso. Su quest' incidente non s' è conosciuto sinora che le brevi
note di un taccuino del Pilo pubblicate dall'illustre Prof. Alfonso
Sansone neW Esposizione di Palermo 1801-02 (Trevos Editore), e
dall' Avv. Emanuele Di Marco nell'opera: Rosolino Pilo precur-
sore dei Mille in Sicilia, Catania, 1S02.
Riportiamo queste noto a piò di pagina (1).
(1) Queste note erano state scritte a lapis dal Pilo nelle pagine di un
212 ìtlSCELLANEA
Ora ecco la relazione del Pilo :
« Pi-ima partenza. Nella sera del 0 Giugno in un giardino pros-
taccuino. Vi fa chi col passarvi sopra l' inchiostro lo rese quasi illeggi-
bili e di più saltò qnalche parola, ch'io riporto in corsivo, e interpolò
certe altre, che ho chiuse tra parentesi. Disogna premettere che Giorgio-
Pallavicino aveva dato ad un comitato costituitosi in Torino quando esi-
steva in Sicilia il movimento Dentivegna, 300 fucili e carabine. Scioltosi
il comitato, i fucili rimasero a disposizione di La Farina e di La Masa.
Avendo La Farina, com'egli stesso dichiarava, spedito a Palermo 50
carabine, restavano 200 fucili e 5) carabine , i quali poi non so come
vennero in potere dei Mazziniani.
Kcco le note del taccuino: «Il 6 Giugno 1S57 alle ore 8 e tre quarti
p. m. lasciai con V amico risani Genova con grandissimo dolore. Ab-
bracciai prima i fratelli Orlando, Mustica, Errante, Tera^ona, Kirkiner^
Bertolami, indi Cianciolo, che trovai presso il caffé della lega Italiana e
Pisacane con la sua signora Enrichetta. Alle 9 ore con Giacomo Profumo-
in carrozza ci portammo a Rivarolo.
Verso le iO p. m. entrammo in una villa, dove entrarono una ven-
tina d'operai, Angelo Mangini, Conti ed altro Genovese; ed alle 12 e 20'
minuti imbarcammo 2,'.0 fucili e carabine con munizione corrispondente
(quelle che s'erano avute dal Deputato Giorgio Pallavicino, s'imbarca-
rono 250 daghe e muniziono r.iolta e vari utensili, corno zappo, pali, casse-
con mina e corda miccia). Angelo Mangini mi donò per sua memoria
un pugnale con manico bianco; altro me lo donò Cianciolo prima di la-
sciarmi in casa sua. Angelo Mangini e Profumo vennero in barca fino-
al bordo, lo schooner (?) lo ti'ovammo alle due oro dopo la mezzanotte-
allo aggiornare del 7.
La mattina del giorno 8 s'ebbe calmerie.
Notanicnto degli emigrati imbarcati per la spedizione verso Ponza:;
1. Ilario Stefanelli marchigiano di lesi.
2. Ro.?aliiio Pilo Palermitano.
3. Kf»rico Giuseppe Pisani Messinese.
4. (ìiovanni Sala di Milano.
5. Vincenzo della Santa di Padova.
6. Michele Harono di P^vunna.
7. Giuwppe Olino di Asti.
8. Lucchi Ktloro di Cesena, studiMito in mediinna a Pisa.
0. Pietro Uaituonl di Monza.
iO. r>cniclrio Inglesi Perugino.
11. Doinizio Stamposio di Feri ara.
MISCELLAXKA C13
Simo alla spiajrgia di Illvarolo di Ponente fecesi rimbarcamento
<li 2^0 fucili, 20 mila cai'tuccie, 250 daghe, ed una cassa di polvere
xia fucile sfusa; e ciò fu fatto con l'assistenza ed aiuto materiale
•di 50 e più operai e borghesi di Genova e con la cooperazione
..attivissima degli egregi patrioti Angelo Mangini, Profumo, Casa-
reto etc. Alla mezza dopo la mezzanotte fu eseguilo in un baleno
l'imbarcamento delle munizioni, armi ed uomini, parte dei quali
-erano giunti da Torino alle 8 p. m. e parte da Genova ; con molta
arte si giunse ad eludere la vigilanza delle guardie di Dogana, lo
•quali da congiurati Genovesi s'erano fatte allontanare dal luogo
destinato all'imbarcazione. Questa per primo fecesi sopra una
tarca da pesca a remi: poscia alle 2 ore si fece in alto maro il
trasbordo del materiale e dei 30 individui, che dovevano viaggiare
alla volta di Ponza. Il trasbordo fecesi sopra una tartana capita-
nata da un vecchio contrabbandiere ed afildata ad altri cinque ma-
rinai compreso il nostromo, che erano alla conoscenza del viaggio
• da farsi e del (ine dell' imbarcamento del materiale; lo che igno-
ravasi dal vecchio capitano, che sulle prime credeva trattarsi di
■contrabbando di mercanzie. Fatto il trasbordo, Mangini e Profumo
scambiati cordiali abbracci con R. P. (Rosolino Pilo) ed E. P. (En-
rico Pisani) otc. tornarono in Rivarolo per ragguagliare il Pisa-
cane in (icnova che la prima pratica della spedizione era già ben
riuscita. Il vecchio capitano avvedutosi che non si trattava di
•contrabbando di mercanzie protestò di voler ritornare e tentò di
12. Ortolano Coi'tese di Ferrara.
13. Giovanni Parente.
14. Enrico Rossi di Milano.
15. Daniele HlaffarJo di Lione.
16. Giobbe Mancluni Perugino.
17. Luigi Stefanini di Ancona.
18. Natalo Gasparetti di Ancona.
li d'i H caiaierie, il d'i 9 tempesta sotto la Spezia, .-^llo 3 p. m., dopo
aver voluto li marinari (e capitano del bastimento) ad ogni costo buttare
in mare i 250 fucili (stati dati da Giorgio Pallavicino), altrettante daglie
-e '.iìj mila cartuecio, si tornò nel porto di Genova con tre palmi d'acqua
nella stiva, si discese nel porto in ventuno. Nel battello del capitano alle
"7 p. ni. parti per Napoli Pisacane ».
214 litlSCELLAXEA
mettersi al limone per vivai* di borilo , ma il nosii'omo detto il
Sordo e il primo marinaro Paganetto si misero al possesso del
timone; e cosi tolto il comando al vecchio capitano, si spiegarono
10 vele. Posta la prora al vento, principiossi la navigazione diriz-
zando il bastimento a Levante per tener la rotta verso la Corsica
e risola di Sardegna, poiché doveva la barca il dì 10 Giugno tro-
varsi all'isola di Montecristo, dove il Pisacane con Falcone, Gio-
vanni Nicotera , il capitano Genovese Giuseppe Daneri ( partendo^
da Genova il iO Giugno col vapore il Cac/lia)'i e impossessando-
sene con un colpo di mano mercè 1' aiuto di altri 25 marinai ed
uomini d'armi) dovevano portarsi; e di là prendendo nei loro-
bordo il materiale di guerra e gli uomini, che stavano imbarcati
sulla tarlana, navigare verso l'isola di Ponza.
Tutto al primo giorno sembrava andare favorevolmente; ma-
dopo 24 ore di navigazione si conobbe che pochissime leghe si.
erano fatte a causa del poco vento e del poco cammino del legno»
11 pericolo d'essere sempre vicini a Genova e quindi dt subire fa-
cilmente una visita a bordo faceva piangere il vecchio capitano,,
il quale scongiurava li suoi compagni a tornare; ma durando il
tempo calmo, il nostromo e i suoi marinari stettero fermi e non^
diedero retta di sorta alle lamentazioni vive del capitano, che
chiamavasi tradito dal Paganetto e dal Sordo, che non gli avevano-
dichiarato prima quel che dovevasi praticare e gli avevano tolto iL
comando. Il dì 8 Giugno sfavasi la barca quasi ferma sotto la
Spezia e proprio presso terra alla distanza d'un toi'zo di miglio;
per lo che agi' imbarcali bisognò di stare tutta la giornata in un
piccolo spazio sotto coperta e precisamente nella stiva, dove v'era
in serbo la muniziono e i fucili. K ai 30 individui componenti la.
spedizione bisognò di stare tutta la giornata postati sopra la ghiada
che per sagorra portava il piccolo bastimento. Verso la sera \v~
marinari vedendo che non v'era possibilità d'allontanarsi dalla
spiaggia, pensarono di mettersi in sulla lancia od a forza di remi
portare la lartana alquanto in fuori, per poterò col vento della.
sera slargarsi dalla spiagjiia del golfo di Spezia, dove stavasi in,
pericolo d'essere scoperti. Si riuscì dopo più ore di lavoro a sco-
star»! alquanto e fatto buio li 30 individui poterono portarsi sulla^
coperta a respirai'o un po' d'aria. Si sperava d'aver nel corso--
della notte un pochino di vento per far del cammino ed essere-
WIKCKr.LANFA 2\'.
almeno in rotta, onde il dì 11, non poteuilo ti-ovar-si all'isola di
Monlecristo, trovarsi almeno presso quella località: non s'erano
fatte che da cii'ca CO leghe in tre giorni e dovevasene far altre
iOO circa per ti-ovarsi al luogo di convegno. Pure si sperava nei
due giorni, che rimanevano, di molto acquistare di via. La notte
il vento ci si)inse al lai-go dalla terra, ma sempre in vista del
golfo della Spezia. Il giorno 0 il tempo sin dall'alba mostrò segni
di pioggia; ciò faceva sperare bene, dappoiché ci auguravamo del
vento favorevole per far cammino. Ma il destino doveva mostra r-
cisi nemico e tale ci si manifestò dopo poche ore che s' ej*a fatto
giorno. Un uragano in pochi momenti scatenossi: il mare divenne
più che burrascoso: un vento tulf allatto contrario cominciò a
soflìare: il battello ruppesi nella carena e l'ondale del mare pe-
netravano dentro, di modo che in pochi minuti si giunse ad avere
4 palmi d'acqua. Per maggior mala sorte il bastimento trovavasi
con la pompa inservibile, s'era sen/.a carta di navigazione, con
attrezzi e cordaggi vecchi, che rouìpevansi ad ogni infunar di
vento. Li marinari per la folta nebbia non sapevano più dove
slava la terra e quindi perdevansi d'animo. Si raccolsero tutti a
consiglio con il vecchio capitano, il quale corrivo del toltogli co-
mando e dell'operato imbarco d'uomini e d'armi, a suo dire, a
modo d'inganno, sulle prime si rifiutava di prender parte al con-
siglio; ma poscia vedendo che, se si fosse tenuto oltre il mare, il
naufragio era certo, piangendo consigliava di cacciar in mare
tutto quanto v'era di compromettente sul bordo, di metter le vele
e dirigere il timone verso Genova, essendo il vento in poppa per
quel porlo. A questo punto fu chiamato R. Pilo e gli si fece la
relazione della dura posizione. 11 Pilo consigliava di far ogni sforzo
per tenersi in quel punto e ili attendere che la tempesta si fosse
alquanto calmala. Ma vane riuscirono le sue istanze, daj)poichè
capitano e marinari protestavano dicendo che mantenendosi in
quel sito non si sarebbe più avuto tempo di salvarsi dal naufragio,
che la tempesta non sarebbe presto cessata nò il bastimento era
più in condizione di poter resistere all' urto delle onde. Lo che fu
dimostrato dal fatto pochi momenti dopo, essendosi rotto in carena.
Ed allora facendo conoscere il pilota il Sordo e il primo marinaro
Paganelto che non era più possibile di trovarsi al punto convenuto
col Pisacane verso la rotta dell'isola di Montecristo, quand'anche
216 MISCELLANEA
il bastimento fop.se in istato (ii mantenersi in mare; per evitare
il naufragio, che il capitano e i suoi ritenevano certo, si mise il
bastimento alla direzione di Genova dove il vento furiosamente lo
spingeva. E così in tre ore circa si rifoce il cammino che s'era
fatto in tre giorni e si giunse alle 3 ore p. m, del giorno 9 Giugno
nel porto di Genova, avendo il pilota e gli altri marinari cacciato
in mare li 250 fucili, le munizioni tutte, le 250 daghe, la cassa di
polvere, le vanghe, pali, zappe, giberne ed una delle due imbar-
■cazioni. E ciò contro il volere di II. Pilo , il quale aveva proget-
tato che almeno si fossero salvati li 250 fucili col porli sotto la
sagorra ; operazione che erasi già cominciata ad eseguire, ma po-
scia fu presto interrotta per le proteste del capitano- e delli ma-
rinari, che temevano della visita della Dogana al giungere in
porto. Come si arrivò al porto di Genova , quelli della dogana e
della sanità tardarono pel tempo agitato a portarsi in sul battello.
E così di pieno giorno ed alla vista di tutti gli equipaggi dei ba-
stimenti e vapori, che stavano presso la Darsena dove il bastimento
die fondo, li passeggieri gettaronsi in sul battello con il capitano,
che dovevasi portare all' utlìcio di sanità ; e quindi inosservati
-entrarono dalle varie porte nella piazza di Caricamento e si po-
terono salvare dall'essere arrestati ».
A questo racconto seguono nel manoscritto del Pilo altre no-
tizie, che però non giungono sino alla seconda partenza di lui, che
fu il 24 dello stesso mese. Il Pilo rientrato in Genova si recò imman-
tinente dal Pisacane e lo trovò in compagnia di Angelo Mangini,
ch'era stato avvertito dal marinaro Paganetto di tutto l'accaduto.
Il loro primo pensiero fu quello di scrivere al Fanelli, ch'era il
•capo partito residente in Napoli, per avvisarlo che la spedizione
non avrebbe più luogo il 10 Giugno. La lettera fa scritta e indi-
rizzata a un Hozigher usciere del consolato Inglese di Napoli, che
poi doveva curarne il ricapito. Siccome non v' era tempo da per-
dere perchè il vapore postale francese partiva lo stesso giorno
(9 Giugno) alla volta di Napoli, fu commesso al Pilo di recare la
lettera al consolato Inglese di Genova , che la doveva spedire a
quello di Napoli. Mentre il Pilo andava al consolato Inglese, Pisa-
cane e Mangini si avviarono da Mazzini per informarlo del con-
trattempo; ma in questo mentre la signora Enrichotta Di Lorenzo,
amica e compagna di Pisacane, lo consigliò di andare egli stesso
MISCELLANEA 217
a Napoli poi' vedere coi propri occhi Io stato della città e i mezzi
del partito d' azione. La signora Earichetta era contraria a questa
spedizione; non aveva lo speranze del partito mazziniano ne cre-
deva che un paese disposto alla rivoluzione avesse bisogno d'aii^i
esterni e del sacrificio di pochi individui per iniziarla. Essa spe-
rava che Pisacane col viaggio di Napoli avrebbe mutato jiensiero.
Carlo Pisacane d' accordo con Mazzini accettò il consiglio della
sua signora; ne informò il Pilo, che trovato chiuso il consolato
Inglese era tornato senza aver potuto consegnare la lettera; fece
in fretta una valigia con poca biancheria e parti sul vapore po-
stale francese col passaporto di Fi'ancesco Daneri. Questo passa-
porto era già pronto e vistato , perchè con esso il giorno dopo
(10 Giugno) doveva partire Enrico Cosenz per capitanare la rivo-
luzione che sarebbe scoppiata in Napoli in appoggio dello sbarco
di Pisacane. Ma il Cosenz avendo la mattina dello stesso 9 Giugno
parlato con Mazzini e saputo che con lui sarebbe andato a Napoli
Maurizio Quadrio, non volle più partire, sì perchè in fondo poco
gli piaceva la spedizione e si perchè la presenza del Quadrio in
Napoli dava uno spiccato colore mazziniano all'impresa.
Qui finisce tutta la narrazione del Pilo. Ma non sarà discaro
ch'io m'intrattenga un altro poco intorno alla spedizione di Pi-
sacane
"Aurelio Safil nel proemio agli scritti di Mazzini, voi. IX, p. 138,
dice che il Pisacano « andò in Napoli , vi si trattenne due o Ire
giorni e tornò esultante d' entusiasmo, convinto che colà tutto era
-pronto, lo spirito pubblico unanime, l'esito certo». Il Saflt qui ca-
rica molto le tinte, come mostra la seguente lettera del Pisacane
al Pilo:
« Napoli 13 Giu^'no 57.
Carissimo cnnico,
Lunedì avrai già ricevuto la mia lettera per posta. Ora non
sposso scrivere che due righe , giacche bisogna subito consegnare
la lettera. Dirai all'amico (Mazzini) che non vi è nulla di concreto
pel momento, vi sono elementi disgregati nò possano concretarsi
in pochi giorni : contavano tutti sul fatto nostro. Io non ho del
lutto perdute le speranze, ma le speranze sono debolissime : nella
218 MISCELLANEA
giornata di domani e dopo mi assiciu'erò meglio del tutto e non
potendo sperai' nulla, come credo , veri'ò col primo vapore che
parte. Dunque all'arrivo del primo vapore fa in modo che 22. 8.
63. 82. 85. 44. (Danerl) venga egli medesimo al bordo.
•
Cario Pisacane ».
Questa lettera, a mio parere, parla solo della possibilità
d'iniziare la rivolu;none in Napoli. I capi popolani e borghesi, che
si riunirono col Pisacane nei giorni 13 e 14 in questa città, si
vanlarono che se l' iniziativa partiva dalla provincia, essi vi avreb-
bero dato in Napoli un seguito immediato. «Carlo promise, dice
il Pilo in una lettera da Malta del 5 Dicembre '57 , che avrebbe
latto di tutto per promuovere un movimento in provincia ed al
capopartito residente in Napoli (Fanelli) ed al Pateras fece cono-
scere che tornando in Genova avrebbe procurato di portar a ter-
mine la spedizione; che pai-tita la spedizione, con segno telegra-
fioo ne sarebbero stati avvisati perchè secondassero l'impresa».
Ma sullo vicende della precedente spedizione del Pisacane non
dispiacerà di leggere i ragguagli contenuti nella seguente lettera del
Pilo, il quale mentre nella narrazione si limita alla nuila esposizione
dei fatti, nella lettera dà libero sfogo ai suoi sentimenti. Kssa per-
ciò farà conoscere il modo di sentire e di giudicare del Pilo, che,
sebbene ardente ed eccessivo nei giudizi, è pure abbastanza -im-
parziale ; e menti'e rimprovera ai costituzionali di Napoli la loro
riluttanza ad insorgere, biasima anche l'inerzia dei mazziniani di
quella città. La lettera è indirizzata alla signora Knrichelta in
Genova :
« Malta, li 3 ottobre '57.
Gentilissima amica,
Quanto lo vostro righe mi abbiano lacerato l'animo, non trovo
termino come significarvolo. Pur troi»po, egregia amica, avete ben
ragione di piangere a di reputarvi sgraziatissima per l'incommen-
surabiln porditj, che voi, la sventurata Silvia e la nosli'a coniuna
patria 1* Italia hanno sofrorlo con la morte gloriosa sul campo di
batlaglia del vostro amico e mio confratello Carlo. Sgraziato oroel
Sit e«80 peri, a quanto ne ho potuto sapere, la mattina del 2 Lu-
MISCELLANEA 219
glio mentre con li compagni s'accingeva a combattere: lui ed i
suoi erano sfiniti per le fatiche durate dalle 6 p. m, del i'8, mo-
mento di disbarco in Sapri o principio di marcia e di combatti-
menti. Falcono pei*i al suo fianco, Nicolera ferito in più punti e
gravemente sopravvive. Egli vide massacrare quegli croi sotto i
propri occhi. Ahi sventura! ben si può dire: i fratelli hanno uc-
ciso i fratelli 1 1 Sventurata amica, da quanto ho constatato dalle
corrispondenze, che Fanelli possiedo, li capi della Basilicata sono
li più colpevoli. Essi si scusano col dire di non essei'e stati avvi-
sati dall'imminenza del disbarco; che tutto era pronto per la pri-
ma voKa, cioè pel 13 Giugno; che non effettuatosi il disbarco per
quel di, non s'aspettava pel 28. Aggiungono d'aver appreso la no-
tizia del fatto dell'eroico Carlo dopo la disfatta; che furono im-
possibilitali e non più in tempo di correre in aiuto degli sbar-
cali con gli uomini molti in armi, che avevano dichiarato d'aver
pronto ai loro cenni per insorgere. Dichiarazioni ed assicurazioni,
che Fanelli possiede in originali documenti. Ora io condanno lì capi
della Basilicata : primo, perchè ritengo per fermo che l'annunzio
del glorioso fatto compiuto il 28 in Sapri giunse in Basilicata
prima del 2 Luglio, giorno in cui Carlo e i suoi furono dalla
forza numerica maggiore dopo quattro giorni di marcie e combat-
timenti massacrati ; secondo, perchè non si sollevarono anche dopo
il giorno 2 contro il governo Borbonico, che massacrava 400 eroi.
Essi capi della Basilicata al Fanelli avevano scritto d'aver centi-
naia d'uomini armati di tutto punto e pronti a battersi e ad ap-
poggiare un nucleo d'uomini arditi, che si fossero presentali in
quei dintorni di loro provincia. Ora Carlo si basò su (luesl'appog-
gio e con li suoi si mise in marcia per quella provincia. Li si-
gnori capi della Basilicata, che sin da maggio dal Fanelli erano
stati avvisati che sarebbe avvenuto un movimento in provincia e
che doveasi da loro assistere ed appoggiare con quelle forze ar-
mate, che avevano dichiarato d'avere, se non ei-ano vigliacchi e
tristi avrebbero dovuto correre in aiuto di Carlo, anche se fosse
vero che tardi fosse loro giunta la notizia dello sbarco dei 40O •
eroi. Ma io ritengo per fermo che essi vigliaccamente s'aspetta-
vano che Carlo solo con gli sbarcali si fosse aperta la strada fino
alle loro case. Eh I si, questi signori che dichiarato avevano che
se si fosse fatto uno sbarco l'avrebbero sostenuto con li loro ar-
220 MISCELLANEA
mali, non avendo latto nulla nulla, por mo sono de<^ni d'essere
ritenuti non solamente vigliacchi, ma essendo infliienlissimi e (li-
sponendo di più centinaia d' uomini complelamente armati , dei
quali 2C0 con cavalli, a mio m.odo di vedere possono comlannarsi
per traditori; perchè per me si tradisce la patria, quando non
s'aiuta un movimento d'un numero d'eroi non insignilicante, co-
m'era quello guidato da Carlo.
Per il nessun movimento in Napoli, tutta la colpa, per quanto il
Fanelli ha dichiarato e dimostrato con documenti, ricade sugl'in-
fami dottrinari e moderati, i quali dissuasero tutti li capi popo-
"lani della Capitale e dei dintorni a gittarsi in piazza; e ciò dopo
di essei'si convenuto e promesso al Fanelli il 29 Giugno e il oO
detto mese e dopo riunioni con rintervonto del Fanelli, che si fa-
rebbe una solenne ed imponente dimostrazione in sostegno degli
eroi, che con l'Italiano vessillo sin dal 28 la sera battevansi con
■le truppe borboniche. Ma nel giorno che tutto stava pronto nella
capitale per fare lutti li partili d'accordo la dimostrazione, per
mezzo della quale l'anelli e i suoi pochi compagni pensavano di
promuovere la rivoluzione, li moderati e dottrinari sottomano con-
tromandarono, spedendo corrieri nei dintorni, ogni agglomora-
zione d'uomini d'azione e fecero conoscere ai capi popolani della
capitale che s'era stabilito di non far nulla per non far succedere
•un nuovo quindici maggio... Li moderati, che tanto male produs-
sero in quest'ultima eroica impresa, meritano la forca, perchè
comporlaronsi infamemente... Fanelli ed i suoi pochi amici man-
•carono, por non aver saputo cogliere il primo momento d'effer-
vescenza popolare all'annunzio e divulgamento della notizia dello
sbarco avvenuto
Amica sventurata, voi scuserete se quanto vi ho scritto sta
vergato confusamente, ma ho dovuto scrivervi con precipitanza.
R. Pilo »
II.
Prima d'ondar oltre debbo avvertire che gli scritti sopra ri-
portati si conservano presso la Società Sicitinna di Storia Patria,
alla ijualo il leltoro sarù grato, so li troverà degni di nota. Debho
MISCELLANEA 221
pili rin^M'aziaro il Dolt. Giuseppe Lodi, segretario di essa società,
cobi largo dei sussidi della sua estesa erudizione e della sua pre-
ziosa libi-ei-ia a quanti studiano gli annali del Risorgimento Ita-
liano, e il Cav. Crispo-Moncada, che mi fu sommamente cortese
in tutte queste ricerche. In seguito dovrò citare non pochi docu-
menti dell'Archivio di Stalo di Palermo, pei quali sin d'ora rendo
le maggiori grazie che so al dotto bibliotecario di quell'archivio,
Dott. Giuseppe La Mantia.
Ora i)er tornare al proposito, Carlo Pisacane, come lutti san-
no, parli da Genova per Sapri il 25 Giugno 1857. Il giorno avanti
in una barca da pesca Rosolino era partito la seconda volta in-
sieme con altre 24 persone per attendere in alto mare a 20 mi-
glia da Sestri di Levante il vapoi-e Cagliari, che doveva tenere
a bordo Pisacane , Nicotera , Falcone, Daneri e i loro compagni.
Ma sia stata nebbia o errore di rotta, il vapore passò senza es-
sere visto; quelli della barca errarono qua e là circa tre giorni,
finché il 20 la sera furono accertati che Pisacane era partito al-
l'ora prefissa e che omai era indubitato che avesse proseguito il
cammino. I^erciò il 27, dopo aver discusso se mancato l'incontro
col CdijUcn-i convenisse dirigersi a Livoi'no dove pure si prepa-
rava un moto rivoluzionario, deliberarono di ritornare a Genova.
Nella quale città, secondo il disegno prestabilito, i Mazziniani ap-
pena conosciuto lo sbai'co di Sapri dovevano occupare per sor-
presa i forti e l'arsenale, impadronìi-si di una fregata ad elice,
ch'era nel porto, caricarvi i cannoni e le altre munizioni di guer-
ra; quindi imbarcarsi tulli pel regno di Napoli in soccorso di Pi-
sacane. Questo disegno, che Garibaldi giudicò insensato , non si
potette efiettuare perchè il governo ne aveva avuto sentore poco
prima (ifll'esecuzione ne era più possibile la sorpresa. Lo stesso
Mazzini vide all'ultimo momento la necessità di desistere: ma il
contrordine non arrivò a tempo per tutti, perchè quelli designati
a impadronirsi del forte Diamante, approfittando di qualche di-
mestichezza che avevano colle guardie, vi ei-ano già penetrati
dentro, avevano chiuso i soldati in una camera e ucciso il ser-
gente Pastrone, che opponeva maggiore resistBuza (notte dal 29
al oO Giugno): ma poi la mattina seguente non vedendo muta-
zione nella città abbandonarono il forte. Questi fatti diedero ori-
gine ad un processo, nel quale fu coinvolto Rosolino, come colui
MISCKLLAXCA
che doveva partecipare all'assalto del forte dello Sperone. Fu spic-
cato contro di lui un mandato di cattura, benché assai poco si
conoscesse della sua parte nella congiura ; ma si sapeva eh' era
partito e poi tornato, ch'egli era come il capo degli esuli Siciliani
seguaci di Mazzini e che nel tentativo la sua parte non poteva
essere secondaria. Il Pilo visse latitante alcuni giorni, finche poco
prima della metà di Luglio trovò modo di fuggirsene a Malta.
Frattanto si foce una perquisizione giudiziaria nel suo domicilio
in Genova ; ma non essendovisi trovato che uno stocco o spada
montata in bastone, fu rinviato al tribunale correzionale per ri-
tenzione d'armi insidiose e condannato nel Gennaio del '38 a tre
mesi di carcere.
Questo vicende e la stessa catastrofe del Pisacane non valsero
a sbigottire l'animo del Pilo. Ecco come egli scrive da Malta il
5 Novembre '57 al suo amico Matteo Cheusol in Genova :
« Amico gentilissimo,
.... Non vi parlo di me dopo lo sventure e la perdita solTerta
del mio migliore fratello, il grande eroe Carlo Pisacane. L'animo
mio è molto contristato; ma non por questo lio smesso di lavo-
rare per la nostra diletta patria. Oh! no; io oggi più che mai
sento desiderio di farla finita coi nostri oppressori».
Nello stesso senso aveva scritto quattro anni prima ad Anto-
nino Pracanica, uno dei capi dell'insurrezione Messinese del 1" Set-
tembre '47 e poi nel '48 comandante generale della stessa città :
« 2'3 Febbraio 1853.
«Saprai certamente a quest'ora l'infelice esito del movimento
rivoluzionario accaduto il 6 febbraio in Milano. Per Dio I è stata
una grande sventura : ma speriamo che la faccenda non s'arresti
al primo tentativo. Mi cado in mento che in Settembre '47 il mo-
vinn'nto di Messina falli e dopo 4 mesi l'uragano riscoppiò in tutta
ia Sicilia. Io mi auguro che fra poco l' insurrezione scoppierà in
tutta Italia: sulla Francia non conto». (Archivio di Stato di Pa-
b'rrnfi, I-'asc. 04 n<'lla n.-fchera della Sala 1').
M]hC'KLLA.Nt:A
In aUi-a lettera del 22 Gennaio 1853 al fratello primogenito
Ignazio, che contrariamente agli altri della famiglia era reazio-
nario hoibonico, Rosolino parlando d'un'aggressione che aveva pa-
tito in Genova da due Siciliani di bassa condizione dice: «Con
grande piacere t'aiuterei, fi-atello mio, nell'amministrazione e go-
verno degli affari di tua famiglia; ma nel momento vedo eh' e
impossibile il mio ritorno in patria, perchè un ostacolo potentis-
simo vi ha, il quale non può sormontarsi tanto facilmente per la
mia maniera di pensare, dalla (jualo non posso recedere. Ne sono
dolente, perchè pur troppo vedo che debbiammo esser divisi: ma
come opporsi all'avverso destino? Pazienza dunque; e speriamo
nell'avvenire, che mi augui-o sia un giorno a tutti propizio ». (Ar-
chivio citato. Filza US:-,, n. 57).
Vivevano in Malta Ruggiero Settimo, ornai estraneo alla poli-
tica, Giorgio 'ramaio con Cesare Napolitani ed altri esuli di Si-
cilia, e soprattutto Nicola Fabrizi, che vi si era stabilito dal 1837,
persuaso che il moto liberatore della penisola sarebbe cominciato
dal sud. Vi era un'attiva corrispondenza coi comitati liberali di
Palermo, Messina, Catania. Malgrado ciò l'anno che il Pilo passò
in Malta fu assai triste per lui, perchè l'aria non gli era propi-
zia, oltre che «il non vedere, dicevano 1 suoi amici, esaudite le
brame patriottiche lo rendeva triste e di cattivo umore ». Accre-
sceva il suo dolore Tessero lontano da una signora di Genova,
ch'egli amava ardentemente e ch'era figlia di un notaio maritala
a un negoziante o separata dal marito. Agitato da tante passioni,
il Pilo, ch'era stato sempre di debole salute, ebbe un attacco di
congestione al cervello e fu assalito da fi-equenti dolori allo sto-
maco. Il che aggravato dalla malinconia di vivere su quello « sco-
glio » lo indusse appena si riebbe alquanto a partire da Malta per
Londra, donde poi intendeva dì passare nella Svizzera. In Londra,
dove giunse nel Luglio 1858, ebbe un altro attacco al cervello
« per la troppa applicazione » dicono i suoi amici, cioè pel troppo
ardore che metteva in tutte lo sue opere; ma per fortuna l'attac-
co fu leggiero. Colà egli prese parte attiva alle operazioni del
comitato Mazziniano. Un agente Borbonico scrive da Londra l'il
Settembre 58: «E qui giunto un certo Rosolino Pilo-Gioeni, come
incaricato per gli affari di Sicilia, il quale unitamente ad un certo
Fanelli sono in continua occupazione per le cose del Regno (co-
MISCELLANEA
m'es.si dicono) e presiedono ogni settimana nel comitato col Maz-
zini » (Arch. di Pai.).
Frattanto si maturavano gli eventi, che dovevano condurre
alla guerra del 1851). Nel Luglio 1858 avvennero gli accordi di
Plombiéres tra Cavour e Napoleone III, i quali accordi trapelati
nel pubblico vi destarono il più vivo lerinento e le più grandi
speranze. Si presentiva che si appressavano i giorni dell' azione-
contro lo straniero; la maggior parte dei rivoluzionari , che sta-
vano nel Piemonte o nelle altre regioni d'Italia, subendo l'influsso
dell'opinione pubblica smettevano in tutto o in parte le loro pre-
dilezioni personali per le forme di governo o per i modi della
lotta e si disponevano a cooperare col Piemonte all'impresa nazio-
nale. Il Pilo ricevette molte lettere dei suoi antichi compagni del
'57, senza che no rimanesse scossa la sua diffidenza ed ostilità
verso il governo Piemontese. Egli non voleva am.meltere che
l'egemonia Piemontese, ch'era il perno delia politica di Ca-
vour, offriva un mezzo assai più sicuro e valido per raggiungere
l'unità che non le insurrezioni popolari, che avrebbero dovuto
dare d' un getto l'unità e la vittoria. « Scacciare anzitutto l'Au-
striaco dall'Italia, perchè diventasse possibile ogni altro pro-
gresso della penisola: l'egemonia piemontese mezzo e guarentigia
all'Europa: questi i chiari proposili di Cavour. L'èra degli ideali
assoluti doveva essere chiusa. Ma chi di quegl' ideali vagheggiati
avesse saputo mettere ad effetto la maggior parte, per questo solo
li avrebbe oltrepassati tutti ». (Vittorio Graziadei. La jiaite di
Cavour, p. 22. Torino, ISSO). Non sarà privo d'interesse il riportare
qui alcuno lettere tra il Pilo e i suoi amici di Genova, dalle quali
apparirà meglio un fatto ancora poco conosciuto, cioè per quali
considerazioni l'antico pai-tito rivoluzionario di Genova abbandonò
Mazzini e si disposo ad operare al cenno di Cavour. Il Pilo era
informato minutamente di tutte le operazioni e trattative su que-
sto riguardo. Il suo amico Giorgio (un Sardo, di cui non m' è riu-
scito di accertai-e il cognome) che gli mandava lettere quasi ogni
8elliiJi;ii:;i, cosi gli scriveva sul finire del '58:
« Genova 23 Dicombre '58.
* Pochi giorni sono Garibaldi fu chiamato a Torino e dal La
Farina fu presentato a Cavour, il quale gli disse: Noi desideria-
MISCELLAXKA 225
mo la corona d'Italia {cioè dell'alta Italia). Le circostanze si pre-
sentano a noi favorevoli e vogliamo ad ogni costo approfittarne.
È nostra intenzione per creare l'occasione di servirci dell'elementa
popolare. Incarichiamo quindi voi di organizzare un corpo di ber-
saglieri, che farebbe parte della guardia nazionale mobile e che
potreste comporre di tutto il corpo rivoluzionario. Intenderemmo
di avere nel momento della lotta la dittatura militare ; e per que-
sta organizzazione avrete armi , denari , munizioni e vestiario. —
A questa proposizione Garibaldi rispose di essere pronto ad ac-
cettare l'incarico, qualora fosse sicuro di nessun intervento fran-
cese. — Gli fu risposto di essere decisi ad agire ad ogni costo e
che so il paese risponde volentieroso ed energico non si avrebbe
sicui'amente nessun intervento; ma non si eviterebbe questo, se
l'appello non corrispondesse. — Dopo tale dichiarazione Garibaldi
si decise di mettersi all'opera e di cominciare le disposizioni: ebbe
pure l'acconsentimento di parlare liberamente. Venne quindi qui,
incaricò Nino Bixio dell'arruolamento per tutta la città e la pro-
vincia ; fece chiamare òa 34 (Carrara ?) e da 121 (Milano) indivi-
dui, che accorsero immediatamente e coi quali si misero d'accordo
e stabilirono che farebbero accorrere alla chiamata ogni elemento
e preparerebbero l'animo al gran colpo. Siccome poi dal Governo
gli fu comunicato che la cosa dovrebbe cominciarsi non prima di
Marzo e non dopo di Maggio , così si emanarono ordini di pru-
denza per non precipitare. Avendo dovuto Garibaldi pei suoi in-
teressi di famiglia recarsi provvisoriamente in Sardegna , lasciò
ampia procura di agire in suo nome a Medici, il quale quanto
prima recherassi a Torino, onde, verificato se esiste a disposizione
il denaro, potersi mettere immediatamente all'opera. Entro la set-
timana ventura si sarà fatta questa verificazione e l'opera sarà
alacremente condotta. Bixio incaricato di questo arruolamento fece
appello a noi tutti : ci riunimmo per decidere il da farsi in pre-
senza di questa eventualità. La maggioranza pi'opende per accet-
tare l'azione e di star attenti per qualunque caso avvenire. Non
voglio dilungarmi sulla maggiore o minore utilità di questa cosa
perchè Angelo te ne scrive in proposito svolgendo i suoi pensieri
come meglio crede. Ti prego solo d' essermi sollecito nel rispon-
dere su quest'argomento, dilungandoti per quanto ti è possibile
nello svolgimento di qualunque idea. »
Ai-ch. Star. Sic. N. b. anno XXIV. 15
22G MISCELLANEA
Il Pilo dovette affrettarsi a riconfermare la sfiducia sua e di
Mazzini verso la politica Piemontese. E Giorgio poco dopo gli ri-
spondeva :
« Genova 5 Gennaio '59.
Carissimo amico,
L'idea di 202 (Mazzini) di far opposizione a quanto
pare sia disposto di fare il governo piemontese mi sembra assai
intempestiva. Per quanto dubbia debba essere la nostra fede in
questo governo, non possiamo scordare ch'esso gode da lungo
tempo le simpatie di tutta l'Italia e che in questo momento le
simpatie rinvigoriscono, giacché prosentano quanto da noi fu sem-
pre desiderato, l'azione e la guerra contro lo straniero. Tu dici
che non credi a questo : io invece sono d' opinione contraria, ad
onta delle poche disposizioni prese finora da questo governo
per mettersi in campo. Non dissimulo che non è di buon augurio
l'alleanza Franco-Russa ; ma siccome le eventualità d'una guerra
sono imprevedibili, dal momento che essi promettono a noi armi
e munizioni, sarebbe un grave torto se le rifiutassimo. Il fare poi
quanto dice 202 sarebbe un perdere assolutamente in faccia alla
opinione pubblica qualunque prestigio. D'altra parte esiste già in
faccia a noi un fatto compiuto, la congiunzione cioè dei nostri di
121 (Milano) con quelli di Torino; e questo non si potrebbe di-
struggere , giacché fu stretto dietro le vario nostre dichiarazioni
più volte ripetute di accettare il loro concorso , ogni volta che
fossero per l'azione. Non ti celo che tanto qui che altrove l'opi-
nione pubblica è propensa a sostenere il governo piemontese e ad
avversare qualunque moto fosso fatto in contrai-io. Buccinano già
che 202 sia strumento deiringhilterra, la quale vedendosi tagliata
fuori di questa combinazione cerca ogni mezzo per distruggere i
piani concertati. Io e gli amici tutti, che conosciamo 202 e lo ve-
neriamo per la sua costanza e la sua virtù, non possiamo sentire
queste voci cho con rammarico, ma tanto i maligni quanto i de-
boli non mancano, gli uni di fomentare, gli altri di essere abbin-
dolati ; ed infine chi ci perderà sempre saremo noi e il nosti'o po-
vero paese da tanto tempo in questa situazione a causa delle con-
MISCELLANEA 227
tiiiue dissensioni e discordie. Gli altri amici scrissero e scriveranno
su questo proposito a 202, Voglio sperare che si persuaderà che
non gli convenga di fare l'opposizione che disse; gli converrebbe
piuttosto prepararsi, stare a vedere la condotta di Cavour ed ap-
poggiare se fanno da senno e se l'opinione pubblica è con loro o
fare altrimenti in caso contrario. Solo in questo caso verrebbe
appoggiato ; altrimenti oltre di perdere in faccia all'Italia il suo
prestigio, arrischierebbe di vedersi solo o ben poco appoggiato. »
Quest'esortazioni non ebbero effetto : Mazzini non voile rasse-
gnarsi all'alleanza coU'uomo della spedizione di Roma e del 2 Di-
cembre ; onde mandò fuori il 28 Febbraio 1851> una sua dichiara-
zione sottoscritta anche dal Pilo e da circa 150 altri Italiani. Ri-
portiamo alcuni punti di questa dichiarazione:
« Nella supposizione più che probabile che una guerra s'appa-
recchi in Italia fra l'Austria da un lato, la monarchia Piemontese
e la Francia imperiale dall'altro ;
1 sottoscritti convinti
Che senza unità non v'è patria :
Cbe senza sovranità nazionale non v'è nazione :
Che senza libertà , libertà vera e per tutti , non v' è indipen-
denza :
Che un popolo non può levarsi in armi con un programma di-
mezzato :
Convinti da ultimo
Che un'alleanza della monarchia piemontese con Luigi Napo-
leone Bonaparte produrrebbe inevitabilmente una coalizione Eu-
ropea contro la causa patrocinata e che la sola probabilità d' al-
leanza siffatta ha già rapito all'Italia gran parte del favore, che
l'Europa intera le dava:
Che il levarsi a insurrezione e guerra per una sola frazione
<ì' Italia, lasciando l'altre frazioni alla tirannide al malgoverno
228 MISCELLANEA
allo smembramento , sarebbe un tradire onore patria giuramenti-
ed avvenire ad un tempo :
Dichiarano
Che se la guerra Italiana s'iniziasse diretta e padroneggiata da»
L. Bonaparte od alleata con lui, essi s'asterrebbero deplorando dal-
parteciparvi :
Che serbandosi diritto di voto e di apostolato, essi pronti oggi
come sempre furono a sacrificare il trionfo immediato della loro
fede individuale al bene ed all'opinione dei più seguirebbero sul-
l'arena la monarchia piemontese e promuoverebbero con tutti i
loro sforzi il buon esito della guerra, purché tendente in 7ì%odO'
esplicito all'unità nazionale Italiana. »
Gli amici di Genova, come poteva prevedersi, non fecero buon
viso a questa dichiarazione ; ed Angelo (un Lombardo, di cui nem-
meno m'è riuscito di accertare il cognome) ne dà le ragioni nella.
seguente lettera :
« Genova 12 Marzo '59.
Carissimo Rosolino,
Le conclusioni della dichiarazione (del»28 Febbraio) con-
tenuta nel n. 13 del Pensiero ed Azione mi pare che si riducano
propriamente a dire : non partecipiamo alla guerra , se e' entra
Bonaparte ; non ci associamo alla monarchia Sabauda , se questa
Don si fa rivoluzionaria e da domani non possiamo avere il di-
ritto di pronunziarne la decadenza. — Non vorrei commettere uno
sbaglio d'interpretazione per non arrischiare di fraintenderci. Ma
mi pare che la sostanza della dichiarazione sia quella che ho
esposta.
Ma ecco che cosa oppongo a queste due conclusioni : rinnegare
un amico nuovo , anche pericoloso, per farsene un nemico acca-
nito pericolosissimo è una politica che non mi va a sangue. E:
bada che uso la parola amico per chiarezza soltanto e in un senso
profano del lutto , poiché io credo che Napoleone III ami la li^
MISCELLANEA 229
.berta d'Italia quanto io il palo del Gran Turco ; e perciò io credo
•che si debba approfittare del suo antagonismo con l'Austria , ac-
.cettandolo come un fatto, che ci può di riverbero riuscir favore-
vole, non come pruova della sua tenerezza verso di noi. E questo
per la prima. Quanto alla seconda, il non voler tener conto de-
gl'incagli che un governo costituito, per ciò solo eh' è costituito,
deve trovarsi innanzi anche quando è deliberato alle risoluzioni
più ardite, la non mi sembra proprio giustizia; come non mi
sembra giustizia il pretendere che un governo l'indomani d'una
vittoria lasci discutere la propria esistenza.
I principi! li venero e li adoro più di qualunque altro o al-
meno quanto qualunque altro. Ma di fronte ai principii voi non
vedete che menzogne: io vedo anche dei fatti. E di qui soltanto
comincia la nostra divergenza. '
Sia improvvido traviamento, sia mal calcolata fiducia, le masse
(intendo anche le masse colte) non possono, non sanno, non vo-
gliono crear la nazione con uno di quegli slanci immortali, di
cui dovrebbe pur essere capace un paese che si chiama Italia.
Bensì avendo udito rumoreggiare novelle ambizioni di primato
monarchico e nuove velleità di vittorie napoleoniche, hanno cre-
duto giunto il momento di profittare delle une e delle altre per
conseguire, se non l'unità nazionale, tanto almeno che basti per
dire d'aver fatto un gran passo verso la medesima, un passo che
sia foriero d'altri più facili e pronti. Se questo è delitto, i rei sono
tanti da non poterli punire od anche soltanto contrastare.
« Senza unità non v' è patria. » Ma per chi si combatte e si
muore da tanti anni in Italia se non per la patria? Non siamo
costituiti in nazione, è vero; ma una patria, una sacra adorabile
patria, l'abbiamo per Dio I — « Senza sovranità nazionale non v'è
^nazione. » Ma la Spagna non è nazione ? La Francia non è na-
zione ? La stessa Inghilterra, ove è ancora un lontano benché fre-
mente desiderio il suffragio universale (altro degli elementi della
sovranità nazionale), non è nazione? — «Senza libertà non v'è
indipendenza. » Ma o io non so che voglia dire indipendenza o
sono indipendenti , benché senza libertà vera e per tutti , le sud-
•dette nazioni ed altre che sarebbe agevole nominare. »
Frattanto in Italia gli avvenimenti precipitavano. L'Austria di-
230 MISCELLANEA
chiaro guerra al Piemonte : il 29 Aprile Vittorio Emanuele rivolse
agl'Italiani un proclama, col quale dichiarava di non avere altra
ambizione che di essere il primo soldato dell'indipendenza Italia-
na. Poco dopo Napoleone III pubblicava anch'egli un suo procla-
ma. Paolo Orlando scrive al Pilo:
Genova 7 Maggio 1859..
« Non puoi farli un'idea esatta delle cose di qui: non vi sono
più parliti: è un volere universale: il proclama di Vittorio Ema-
nuele e quello di Napoleone III hanno messo il suggello, il colmo
direi, all'idea generale. Gli applausi si spingono fino al fanatismo:
da tutti si è sicuri che questa volta l'Italia sarà indipendente. Le
donne incoraggiano gli uomini : è una vergogna per un giovine
passeggiare per le strade. Pei condannali del 29 (Giugno 1857)-
Vittorio Emanuele ha dato la piena amnistia. Vedremo il povero
Savi: e tu che pensi di fare? »
Ed Angelo :
Genova 13 Maggio 1859.
Amico calassimo,
« Da ben tre mesi io son rimasto senza tue lettere. La mia
previsione — ch'io ti sìa spiaciuto — si è dunque avverata. Ma si
è avverata pure l'altra — che sareste rimasti pochi ed isolati. Vor-
reste ostinarvi a languire sopra una via disertata oramai da tutti
gl'Italiani? Vi si vorrebbe ostinare Giuseppe Mazzini, questo no-
stro venerando apostolo, il quale ispirandosi ai sentimenti che gli
hanno dettata la famosa lettera a Carlo Albei-to potrebbe scegliersi
una via degna di lui? In Toscana non vi sono Francesi: in To-
scana l'ordinamento politico h riservato a guerra finita. Non ò-
nemmono quello il vostro paese ? — Sperate forse in Napoli, nella
Siciliu? Tanto meglio, tanto meglio davvero. Ma badate che il grido
# viva l'Italia una » non vi riesca grido separatista. — L'Italia del
V6QÒ Bublime di concordia, di abnegazione. Il numero, il contegno"
MISCELLANEA 231
e la diversa provenienza dei volontari fu argomento di spettacolo
nuovissimo ed oltre ogni dire solenne.
E per quanto possa spiacerne ad un repubblicano assoluto, la
sincerità di re Vittorio Emanuele, l'eminente capacità del Conte
Cavour e la sopraffina politica di Napoleone III furon tanto che
tasta per trascinare le turbe. Possibile che non vi abbiano per-
suaso a secondare le universali tendenze quelle tante relazioni,
che dovete aver ricevuto sul vero stato attuale della pubblica
opinione? — Più d'uno trovai diflidente all'estremo, ma che par-
tiva pel campo. — E perchè? domandai. — Perchè si combatte
l'Austriaco. — P]cco la risposta che vince qualunque discussione. *
Rosolino rispose :
Londra li :50 Alaggio 1859.
Carissimo Aiigclo,
« Ho avuto 15 buoni giorni di forte malattia ed ho sof-
ferto molto fisicamente e moralmente : ora sto meglio e da 3 giorni
ho lasciato interamente il letto: spero di riavermi del tulto e di
acquistare quello forze che mi occorrono per agire.
Mio caro, ti lagni del mio lungo silenzio. Mi duole che hai cre-
duto che la tua lettera di 3 mesi fa mi fosse spiaciuta. Ohi no^
Io nello scrivere settimanalmente al nostro Federico intendevo di
scrivere anche a te: ero certo che le mie lettere da Federico ti
erano comunicate, avendonelo più volte pregato di farlo. — Alla
tua lettera di tre mesi sono non risposi punto per punto, perchè
avendo fatto proponimento di non più contrariare e sindacare le
viste presenti dei miei antichi amici politici , credei non conve-
niente di combattere quanto mi vergasti in quel tuo foglio; molto
più che ero e sono persuaso che li fatti dimostreranno chi di noi
si sarà ingannato.
Amico mio, io ritengo per fermo che l'Italia non avrà la sua
indipendenza, mei'cè l'attuale invasione del soprafllno politico Luigi
Napoleone, oggi vostro grande e magnanimo imperatore; ritengo
per fermo che molto meno l'Italia conseguirà la Unità Nazionale;
232 MISCELLANExV
e spero che se non vorrete negare la luce del gioi'no , avrete il
buon senso di convenire in questo, che l'attuale guerra governata
da Napoleone il sopraflìno non darà all'Italia V Unità tanto sospi-
rata da noi tutti e per la quale tanti martiri sono caduti in que-
sti ultimi dieci anni. La guerra attuale, a mio avviso, non ci frut-
terà che nuovi proconsoli francesi e sofTocamento di libertà co-
stituzionali in Piemonte. Un bene voi Lombardi forse conseguirete,
quello cioè di riunirvi al Piemonte; ma ciò non importa indipen-
denza d'Italia, dappoiché noi avremo altre provincie d'Italia invase
dallo straniero, cioè un Plonplon in Toscana e nelle Romagne, il
Papa sostenuto in Roma dai Francesi etc. Se l'indipendenza , che
desiderate, è questa, oh! si, che l'avrete facilmente.
Mi dici che ti sei imbattuto in più d'uno diffidente all'estremo
ma che ciò non ostante partiva pel campo, perchè si combatteva
l'Austriaco. Io ammiro costoro, ma non so imitarne completamente
l'esempio ; molto più che ho fiducia che vi sarà terreno di com-
battere l'Austriaco senza bisogno di mettersi sotto gli ordini del
tristo despota, Napoleone III. Io p. e. tosto che avrò ricuperato le
forze fisiche e avrò li mezzi pecuniari, non me ne starò con le
mani alla cintola, come sin dal 1847 non ci sono stato un solo
giorno ; ma sarò conseguente a me stesso , non mancherò al giu-
ramento fatto alla mia patria di combattere per Y Unità d' Italia
e contro lo straniero sia Austriaco sia Francese od altro , che si
abbia il piede nella nostra sventurata Italia. Questo credo ch'era
il dovere di tutti gl'Italiani e precisamente di quelli che sino a
pochi mesi fa professavano questi principia Non scrivo ciò per
muover loro rimprovero, dappoiché ritengo che un malinteso dovere
verso la patria li ha spinti sotto bandiera non nostra.
Amico mio, mi parli di terreno per me e i miei amici politici
in Toscana, dove non vi sono Francesi e vi è riservato l'ordina-
mento politico a guerra finita. Ora il fatto posteriore alla data
della tua lettera del 13 ha distrutto tutto quanto mi scrivesti.
Plonplon con numerose truppe Francesi trovasi già in Toscana:
di più quel governo si è sottomesso al protettorato Sabaudo-Na-
poleonico ed il risultato di questo protettorato è stato l'annulla-
mento dulia libertà della stampa e della libertà individuale. Kd ò
bene che tu sappia che anche prima di stabilirsi questo stato di
cose avevo giù pruove dell'intolleranza del partito Sabaudo. Sappi
MISCELLAXKA 233
che io il 7 Maggio scrissi ad un mio antico amico politico, ami-
cissimo di Malenchini, domandandogli se io, Mosto (Antonio), Li-
bertini (Giuseppe), D' Antoglietti ed altri saremmo potuti andare
in Toscana senza pericolo di venir vessati ; molto più che dichia-
ravamo di non andar colà per cospirare contro lo slato politico
impiantatosi, ma per stare in Italia pronti a correre in qualunque
punto della penisola , dove non vi fossero Francesi. Il 12 Maggio
ebbi la risposta, la più triste che mai si potesse dare da Italiani
e fu eh' era slato dato ordine agli Agenti consolari di non per-
ìnettere V andata in Toscana a tutti i compromessi in fatti di
politica contraria a quella seguita oggi dai buoni ed onesti
Ilaliani, che sarebbero quelli che plaudiscono all'invasione Fran-
cese e Napoleonica del momento. »
Bisogna confessare che in questa lettera non mancano le qua-
lità, che gli amici tutti riconoscevano in Rosolino e che lo ren-
devano loro tanto caro, schiettezza , franchezza e chiarezza nello
esprimersi.
Cominciata la guerra, gli Austriaci furono sconfitti a Paleslro,
Magenta, Solferino e S. Martino. L'entusiasmo cresceva con le
"vittorie e da tutti si riteneva certa e prossima la liberazione d'I-
talia, quando si seppe che la sera del 6 Luglio Napoleone aveva
mandato a proporre all'Imperatore d'Austria un armistizio, che
era stato accettato la mattina del 7. Fu un colpo durissimo. La
guerra finiva col lasciare la Venezia sotto l'Austria e col permet-
tere che in Toscana , nei Ducati e nelle Romagne fossero rista-
bilite le antiche signorie. Tutti sanno che Cavour a quella notizia
corse sul Mincio e in vivo diverbio con Vittorio Emanuele voleva
indurlo a non accettare l'armistizio. Il 10 Luglio « il Re chiamato
a se il Generale Della Rocca lo intrattenne del colloquio ch'era
.avvenuto poco prima tra lui e Cavour. Sa lei che vorrebbe Ca-
vour? disse il Re. Vorrebbe ch'io da solo continuassi la guerra.
Detesto anch'io questa pace infame, ma io non perdo la ragione,
non mi lascio accecare dalla passione. » A nessuno verrà in mente
che Cavour desse quel consiglio per difetto di acume prattico e di
giusta considerazione, ma piuttosto ch'egli era mosso da quella
sovreccitazione d'animo che creò gli eroi del Risorgimento. Non
farà perciò meraviglia che anche il Pilo volesse la continuazione
234 MISCELLAXE\
della guerra ; se non che in questa dava il primo posto ai volontari
e il secondo all'esercito Piemontese. Egli scrive ad Angelo:
€ Londra 18 Luglio 1859.
Mio carissimo amico,
Oggi quello che costà si dovrebbe fare si è di non far
disciogliere i corpi dei volontari ; si dovrebbe farli dichiarare non
sodisfatti della pace compiutasi , ma risoluti a combattere finche
l'Austria non sarà fuori d'Italia e finché l'Italia libera dallo stra-
niero non si sarà costituita o in uno stato monarchico, se Vit-
torio Emanuele riverrà in campo con l' esercito per ottenere
l'unità della penisola; o sotto forma repubblicana, se Vittorio
Emanuele verrà meno al suo programma di voler far l' Italia li-
bera e indipendente. Dal canto nostro si sta facendo di tutto per
convincere gì' Italiani di accettare il pensiero ora manifestato e
di metterlo tosto in esecuzione, dappoiché per riuscire non biso-
gna dar tempo agli Austriaci di riordinarsi e di riparare le loro
perdite ne a Napoleone di soffocare l'indignazione sviluppatasi
in tutti gli animi di sano sentire. — La Sicilia sembra dispostis-
sima a muoversi, giusta le lettere che abbiamo ricevuto; e già un
nostro amico vi è andato per stabilire gli accordi. Oggi Salvatore
(Calvino) e Vincenzo (Cianciolo) dovrebbero subito recarsi in Sicilia
e mettersi alla testa del movimento. Io compirò il mio dovere ed
altri pure. Ciò vi serva d'avviso. Nelle Romagna è d'uopo che si
vada e si faccia ingrossare il corpo dei volontari colà esistenti:
insomma ordinare un esercito rivoluzionario Italiano e riprendere
roslilità, anche a costo di rimanere schiacciati. È mestieri che si
operi, che si faccia scoppiare la rivoluzione ovunque; onde la
storia, nel caso che la foi'tuna ci fosse nemica, possa dire: gl'Ita-
iiani fecero il loro dovere, ma una forza maggiore di stranieri
«offocò il volere degl'Italiani, quello cioè di conquistarsi la libertà,
l'indipendenza e l'unità. Io spero e mi lusingo che tu e quanti
hanno sangue Italiano nelle vene si mellorantio all'opera e giure-
ranno alla Patria ed a loro stessi di spargere l'ultima stilla di san-
gue por ottenere il santo scopo di sopra manifestato. »
MISCELLANEA 23^
Ma sul proposito del Pilo di recarsi in Sicilia bisogna rifarci
alquanto indietro.
III.
Nel Novembre I808 il Pilo ricevette da Malta una lettera di
Giovanni Corrao, altro esule Siciliano , che lo invitava ad unirsi
a lui per un tentativo in Sicilia. Per circa due mesi si scrissero -
ripetutamente senza potere bene intendersi o per la irregolarità
del ricapito o per la difficoltà di tutto determinare in iscritto. la-
fine il Pilo mandò al Corrao questa lettera:
«Londra li 17 Gennaro ';9.
Cùì^o amico,
Varie lettere v'ho dirette in seguito dell'ultima vostra d'or soa
più mesi ed ignoro se vi siano pervenute. L'affare che mi propo-
nete è stato accettato e non manca per definirlo che la vostra
venuta. Se vi mancano i mezzi per ricongiungervi a me, prendete
ad imprestito il denaro, che sarà pagato alla scadenza senza fallo:
contate per questo sulla mia parola. Io vi sarò compagno nell'im-
presa : però bisogna far presto. Aspetto un vostro riscontro a rigor
di posta per sapermi regolare. Addio : non vi scrivo altro perchè
conto di riabbracciarvi presto.
Vostro aff.mo fratello
Rosalino. »
Ma prima di ricevere questa il Corrao gli avea spedito un'altra
lettera, che come tutte quelle di lui è scritta in un gergo tra lingua
e dialetto, ma che pure il lettore vorrà tenere in pregio, perchè
questa corrispondenza è il primo anello d'una catena, di cui l'ul-
timo è lo sbarco di Marsala. Riproduco la lettera quasi com'è
originalmente, salvo nell'ortografia e nella punteggiatura. Corraa-
dunque scrive a Rosolino:
2oG MISCELLANEA
• Malta IS Gennaio '39.
Inipareggiahile amico.
Ieri ebbi il piacere di ricevere una vostra a me tanto cara
per mano di Grassetti (Tamaio). Se non mi avesse ingannato il
Civello, avrebbe mesi quattro che sarebbe (sarei) entrato all'Ospe-
dale e forse avrebbe guarito il povero ammalato: era una buona
occasione che mi si presentava, ma Civello mi è stato la causa.
Allora ho lasciato Alessandria e mi sono portato in Malta; ed ap-
pena arrivato il G Novembre subito ho scritto in Palermo onde
vendermi un fondo di mia proprietà. Ma voi sapete il tempo che
prendono le vendite e per questo sarebbe meglio che voi mi mu-
niate dei mezzi necessari, onde sull'istante mettermi all'opera.
Avrei amato fare tutto a speso mie, ma il tempo incalza o bisogna
presto guarire 1' ammalato , per cui resta a voi di accelerare il
passo e lasciate a me la cura di guarire questo povero infelice
padre di tanti figli. Ed io sono del vostro parere, che riusciremo
-a farlo alzare di letto in prima cura. Ciò vi basti; all'opera e siamo
■degni dei nostri avi e facciamo conoscere che abbiamo vita, onore
e cuore. Voi mi dite se persisto nel mio proponimento. Mi fate
un torto : sallo Iddio come ho sofferto e soffro a non avere potuto
andare presto all'ospedale e quante occasioni ho rifiutato per es-
sere fermo nel mio proponimento. Forse non è dovere di dare
•tutto per una madre afHitta e calpestata ? K cosa è un uomo, che
non ha patria e libertà? bisogna farci a riacquistare la patria e
libertà col proprio sangue e la propria vita. Credetemi degno
della vostra stima e credetemi che anelo il momento di guarire
rinfermo a spese della mia salute : e così i figli suoi acquisteranno
il padre. Sarò io fortunato e felice quando avrò dato la salute
-all'ammalato, anche con la certezza che dopo un minuto si veri-
ficasse la mia morte. Ciò vi basti: attendo l'esito con premura e
-contato che forse quest'ammalato sarà guarito da un Siculo. Non
vi è bisogno di raccomandarvi il silenzio. Salutatemi il nostro
JPtppo (Mazzini). Salutatemi Mangini. Voi ricevete un abbraccio del
vostro per sempre
Giovanni Corrao. »
MISCELLANEA 237
Ricevuta questa lettera, Rosolino il 28 Gennaio gli rimise Li-
re .'00, il Gav. Palermo dimorante in Malta gli diede il suo passa-
porto; ed il Corrao il 20 Febbraio partì per l' Inghilterra sotto il
nome del Palermo. Verso la metà di Marzo era a Marsiglia : in
Londra forse non giunse che alla fine d'Aprile. Nel Maggio il Pilo-
cadde ammalato : nel Giugno forse si attese di conoscere la piega
delle cose della guerra. Dopo l'armistizio di Villafranca si credette
giunto il momento d' agire. La persona andata in Sicilia a stabi-
lire gli accordi, come dice Pilo, era il Crispi , amico di Rosolino
sin dal Novembre 1847, quando avevano insieme partecipato alle
dimostrazioni fatte in Napoli sotto gli archi di S. Francesco di
Paola per invitare il Borbone a concedere delle riforme. Riuscite
vane queste speranze, il Crispi il 0 Gennaio 1848 tornò da Napoli
a Palermo, dove già sul finire del Novembre era tornato il Pilo ed
assicurò questo e gli altri che i liberali di Napoli e delle provincia
non avrebbero lasciato soli i Siciliani, se insorgevano; ad ogni
modo promise loro, se la rivoluzione scoppiava il 12 , di tornare
in Palermo col vapore del 14. Infatti il 14 verso le 4 pom. si
presentò al Palazzo Municipale, eh' era la sode del Comitato ge-
nerale formatosi quello stesso giorno, e fu dal Pilo presentato al
Principe di Pantelleria, che presiedeva il Comitato di guerra e di
pubblica sicurezza e che da quella sera scelse il Crispi per suo
segretario.
Il Ci'ispi sbarcato a Messina percorse incognito gran parte del-
l' isola, fermandosi più a lungo nelle tre città principali. Vi ti'ovò
i Borboni profondamente avversati come alla vigilia del 12 Gen-
naio '48, un'ammirazione immensa per quanto s'era fatto nell'Italia
superiore, una forte volontà di mutamento politico, ma con mira
ben diversa da quella del 1848. Il partito d'azione era unitario:
non più si proponeva 1' autonomia dell' isola e la lega cogli altri
Stati Italiani, ma la fusione con la monarchia di Vittorio Ema-
nuele. La guerra combattuta nel Maggio e Giugno e le rivoluzioni
della Toscana e dell' Emilia avevano prodotto sugli animi dei Sici-
liani un effetto profondo e dato un nuovo corso alle loro aspira-
zioni. Già nel Maggio '59 molti in Palermo, Messina e Catania si
erano dichiarati pronti a un movimento rivoluzionario , coma
quello della Toscana nell'Aprile precedente, ma a condizione che
il Piemonte prestasse degli aiuti o i Napoletani insorgessero ancha
238 MISCELLANEA
essi, in modo che il governo non potesse mandare altre forze in
Sicilia; le quali condizioni non s'erano potute per allora soddisfare.
Non mancavano nell'isola i fautori dell'indipendenza già dichia-
rata nel 184S, ma erano più disposti a lamentare l'andamento
delle cose che ad agire. L' ostacolo principale era la forza militare
Borbonica : 30 mila uomini, la metà dei quali nella sola città e
provincia di Palermo: una polizia vigile, sospettosa, energicamente
diretta; in Palermo le caserme fortificate e la sera frequenti pat-
tuglie di 6 soldati con un agente di polizia : cannoni nelle fortezze
e nella piazza del Palazzo Reale. Contro queste forze non basta-
vano i 700 fucili depositati in Malta e qualche altro migliaio che
non era impossibile di aggiungervi. Erano necessari gli aiuti esterni,
come s' è detto ; qualche sollevazione negli Abruzzi o nelle Cala-
brie, che paralizzasse le forze della Corte Napoletana e soprattutto
r invasione di un uomo temuto dai Borbonici sin dui 1840, di
Garibaldi allora comandante dell' esercito Toscano e vice-capo
dell'esercito della lega formatasi nell'Agosto '50 tra la Toscana,
i Ducati e le Romagne. Ma questi soccorsi, ritenuti indispensabili
dai più arditi Siciliani, non si potevano ottenere che inalberando
li vessillo dell'unità; altra ragione per smettere le aspirazioni
d' uno stato separato. Con tali propositi dunque si stabilì nell' A-
gosto '50 tra il Grispi e il Comitato segreto di Palermo d'insor-
gere il 4 ottobre, onomastico del Re. Ma il disegno non ebbe ef-
letto, non per dissuasione di moderati, che Rosolino nella lettera
seguente chiama « addormentatori e faccendieri monarchici pie-
montesi », ma perchè la polizia dai primi di Settemb.^e aveva
avuto sentore della congiura, i capi della quale o furono impri-
gionati o dovettero nascondersi. Fu imprigionato Salvatore Cap-
pello, patriota attivissimo e godente somma popolarità. Rosario
D'Ondes, Vito La Russa ed altri; si dovettero nascondere i fratelli
Salvatore, Pasquale e Raffaele Di Benedetto, dei quali i due primi
morirono poi in Palermo il 20 maggio '(50 colpiti di mitraglia nel
difondere le barricate del Càssaro (corso Vittorio Emanuele) contro
i borbonici accampati a Piazza Vittoria e 1' ultimo nel 1807 a
Monto San Giovanni combattendo gli zuavi Pontifici. A causa degli
arresti la sommossa fu pi'otratta dal 4 al mattino del giorno 9.
Ma frattanto alcuni divennero perplessi e sfiduciati: il dissenso
impedì il movimento. Pochi più arditi tentarono il giorno dopo (10
MISCELLANEA 239
ottobfe) una sollevazione nei dintorni di Palermo, ma non furono
secondati.
Frattanto, poco dopo del Gi'ispi , anche il Pilo era partito da
Londra, forse sul finire di Luglio e si era recato in Toscana. Di
là verso la metà d' Agosto andò nelle Romagne, non per far con-
tinuare dai volontari la guerra contro l'Austria, come aveva
pensato prima, ma piuttosto per spingerli ad assalire dal nord il
regno di Napoli e fare una diversione a favore della sollevazione
Siciliana. Ma appena giunto colà per ordine del Governatore fu
imprigionato con altri mazziniani. Neil' albergo della Fenice di
Firenze, dove Pilo aveva proso alloggio, fu sequestrato per richiesta
della polizia di Bologna un baule lasciatovi da lui, nej quale oltre
gli oggetti di vestiario e di viaggio si contenevano «due ritratti
di Mazzini ed alcuno piccole scatola con sostanze venefiche {credo
medicinali)». (Arch. di St. di Bologna. Per gentile comunicazione
del Barone Starrabba, Soprintendente dell' Arch. di St. di Pai.).
Furono pure sequestrate presso il locandiere e all' ufficio postale
di P'irenze otto lettere dirette al Pilo, alcune dello quali « conte-
nevano espressioni, che confermavano i progetti di Mazzini .d. (Di-
spacci 21 e 24 Agosto della prefettura di Firenze alla direzione di
polizia di Bologna). Questi progetti, com'è noto, tendevano a far
invaderete Provincie rimaste al Papa per portare poi la rivoluzione
nel Napoletano. Ma ai primi di Settembre il Pilo fu liberato dallo
carceri di Bologna ed espulso dal territorio delle Romagne. Egli
si rifugiò a Lugano. Riporto una sua lettera dirotta a Rosario
Bagnasco, autore col fratello Francesco della celebre sfKla del 12
Gennaio 1848 e allora vivente in Marsiglia. Il Pilo in termini com-
merciali parla della congiura Palermitana e del suo ritorno in
famiglia, cioè in Sicilia:
« Lugano li ottobre 1859.
Mio carissimo amico,
Ieri ricevei la vostra del G corrente e mi riuscì graditissima.
Pur troppo l'arresto e la privazione per 40 buoni giorni di libertà
personale mi hanno dissestato: mi troverei in tutt' altro paese e
forse gli addormentatori e li faccendieri monarchici piemontesi
non sarebbero riusciti a dissuadere li buoni dal farla finita Dico
Jion sarebbero riusciti perchè il silenzio che regna in commercio
240 MISCELLANEA
mi signilìca che la cambiale che Ciccio aveva promesso e che
anche Giorgio (Tamaio) avvisavami che sarebbe stata il 4 pagata,
non fa certo alla scadenza pagata. Spero che li debitori non tar-
deranno ad eseguire il promesso pagamento ; io , se potrò avere
li necessari mezzi che dopo le peripezie sofferte mi sono venuti
meno, andrò in seno alla mia famiglia. Intanto voi continuate a
scrivermi e se avrete notizie d'importanza telegrafate dicendomi:
vostro fratello è ftcori pericolo di fare Mncarotla , fate giro dC
cambiale. Questo telegramma mi significherà che tutto è riuscito
e che posso con amici andare o che gli amici possono andare, se
io sarò partito prima.
» Il telegramma speditelo al sig. F. Robiolo in Lugano siìV vfjlcio
posta. — Addio, mio caro; vogliatemi bene, salutatemi gli amici
che mi ricordano e tante cose fate gradire ai componenti la vo-
stra famiglia.
Addio, gradite una fraterna stretta di mano.
(Arch. di St. di Pai. Stanza 1% n. 7)
Il Pilo si trattenne circa 3 mesi in Lugano , pur facendo fre-
quenti viaggi neir Italia superiore. In questo tempo e più parti-
colarmente sul finire di Novembre le grandi potenze avevano ac-
cettata la proposta di Napoleone III, di riunire dopo la firma del
trattato di pace, che discutevasi in Zurigo, un congresso per risol-
vere gli affari d' Italia. Questo congresso secondo la volontà di
Napoleone e dell'Inghilterra doveva aprirsi sulla base del non inter-
vento , cioè sul rispetto dei voti popolari degl' Italiani. Ma nel
Gennaio '60 il congresso fu rinviato a tempo indeterminato, e
non se ne parlò più. Prima però si poteva sempre temere che si
riunisse e malgrado le apparenze riuscisse contrario alle aspirazioni
nazionali. Per impedire o diminuire questo danno Rosolino partì
nel Dicembre da Lugano per Genova. Il giorno stesso della sua
partenza il Direttore di polizia del Canlohe Ticino mandava il
aeguento rapporto al Console Napoletano di Trieste:
Bellinzona 13 Dicembre 1859.
« Il sig. Uosolino Pilo appartenente ad una distinta famiglia di
Sicilia, emigrato dal i849, già più volte apparentemente (?) espulsa
MISCELLANEA 241
dal governo Sardo ed ultimaiiiente imprigionato in Bologna, indi
da colà esiliato per essergli state trovate addosso parecchie lettere
di Mazzini, di cui è ora il capo dello Stato Maggiore, questa sera
parte da Lugano alla volta di (*enova. Scopo di questa gita è di
intendersi con alcuni tra i principali cospiratoi-i di Palermo, Ca-
tania e Messina venuti espressamente per prendfti'e dei concerti
per una nuova e meglio organizzata insurrezione in quelle Pro-
vincie, Vuoisi con questo prevenire gli effetti del prossimo Con-
gresso, onde far valere sul tappeto la teoria dei fatti compiuti.
Credo che questa volfa si tratti di cosa troppo seria nel caso che
abbia principio, perchè il Rosolino è uomo positivo nò facile a
sobbarcarsi ad imprese poco maturate e senza elementi efiicaci e
sicuri. Negli ultimi moti di Sicilia egli ricusò (?) di prender parte
benché istruito di tutto, sapendo non aver ben preparato il ter-
reno e non ancora disposti gli elementi, di cui dovevasi far capi-
tale; e paro certo che il contrordine partisse da lui (!), ma che
non giungesse a tempo e non potesse quindi impedire che qualcuno
dei cospiratori non insorgesse intempestivamente. — Nello acco-
miatarsi stamane da alcuni suoi amici diceva che forse non lo
avrebbero più riveduto; che però se a Genova non avesse trovato
tutti gli elementi disposti e sicui'i , fra quindici giorni sarebbe
ritornato a Lugano » (Arch. di Pai.).
Si riferiva pure che a Bellinzona il Pilo avesse comprato per
200 lire un passaporto portante i suoi connotati e la condizione
di calzolaio. Ma il ministro Napoletano crede che a Genova avrebbe
preso un altro passaporto, perchè « le sue maniere , il volto , il
portamento tradirebbero il contegno di un calzolaio ». Da Ancona
parimente si telegrafava il 21 Dicembre al ministro Napoletana
degli affari esteri che il Pilo era andato a Genova per far insor-
gere la Sicilia prima del congresso di Parigi e che Genova segui-
rebbe tali mosse.
Certo a quei Siciliani che s'abboccarono con lui a Genova
Rosolino consegnò la lettera del 23 Dicembre 1859, che si legge
nella Vita di Garibakli della signora White-Mario. Il Pilo dice
agli amici di Sicilia : « Vi scrissi che la Sicilia insorgendo
ora 0 meglio prima che il Congresso sacrifichi la nostra Italia
come nel 1815, può salvar se stessa e 23 milioni di fratelli
Animo, decidetevi e fate che la Sicilia , la quale è stata sempre
Arch. Slot: Sic. N. S. anno XXIV. 16
24.1 511SCELLAXEA
la terra delle generose e grandi iniziative, non venga meno a se
stessa ed all'Italia Si, la Sicilia dev'essere la formidabile
cittadella d'Italia; è la bandiera tricoloi'e pura di stemmi muni-
cipali che dovreste inalberare insorgendo , la quale rapidamente
vedrebbesi sventolare su tutte le città della penisola ». La ban-
diera tricolore pura di stemmi miùnicipaU era certamente quella
senza il segno della Trinacria, ma anche senza la Croce di Savoia.
Lo spirito pubblico Siciliano non era discordante dalle esorta-
zioni del Pilo, salvo sul punto della bandiera. Il pensiero di abbat-
tere il governo Borbonico era comune alla borghesia ed all' ari-
stocrazia. Al posto della congiura abortita nell' ottobre sorsero
in Palermo numerose società segrete, delle quali 1' una non cono-
sceva l'altra, ma che pure erano in buon numero conosciute da
certuni che appartenevano a più società nello stesso tempo e che
a un dato momento potevano ricollegarne le fila e dirigerne le
forzo. V era poi una corrispondenza attivissima con Fabrizi e Ta-
maio in Malta, con i fratelli Orlando, Pilo e Crispi in Genova.
Uno dei più operosi nel ricapitare la corrispondenza clandestina
era Marco Davi, comandante di un battello postale a vapore, che
deludendo con grandissima cura l'occhio penetrante della polizia
consegnava le lettere in Genova agli esuli Siciliani e in Palermo ai
fratelli Di Benedetto, a Casimiro Pisani o ad altri. I congiurati
si diportavano con quella profonda abnegazione e irremovibile in-
trepidezza, che solo una grande idea può ispirare; e la grande idea
era la formazione d' un grande Stato Italiano sotto lo scettro di
Vittorio Emanuele.
In quel momento la sollevazione Siciliana sembrava necessaria
alla salute d'Italia. Si riteneva da non pochi certa una nuova
guerra coli' Austria nella prossima pi-imavera e dopo la profonda
disillusione dei preliminari di ViUafranca si sentiva di doverla fare
con le sole forze nazionali ; ma a ciò occorreva la conquista pre-
cedente del regno di Napoli e Sicilia, e l' incorporazione dell'eser-
cito Napoletano in quello dell' Alta Italia. Bisognava inoltre eman-
cipare il governo Piemontese dalla dipendenza di Napoleone III e
solo l'Italia unita sarebbe valsa a ciò. Tutto dunque dipendeva da
quello che farebbe l'Italia mei'idionale e specialmente la Sicilia,
nella quale, come abbiamo visto, non v'ora scarsezza di forze né
4i buona volontà. Ma il Pilo pensava che molle volte una teu»
MISCELLANEA 243
(Jenza sociale non può esplicarsi per mancanza d' un uomo che
;se ne faccia come il rappresentante e 1' autore o la sostenga con
ardimento pari alle circostanze. L' essere andata a vuoto la con-
giura dell'ottobre gli fece forse credere che mancava l'uomo che
desse il primo urto e come il segnale del movimento universale.
Egli sentiva in sé di poter essere queir uomo, ma non si riteneva
un gran capitano ne un gran politico ; nel campo dell' azione mi-
litare egli pensava giustamente che Garibaldi era 1' uomo prede-*
stinato. Il Pilo avrebbe rimossi i tanti ostacoli, che la gran massa
degl'irresoluti e dei timidi pone sempre nel passare dai progetti
ai fatti ; ma a dirigere il movimento e a farlo trionfare era ne-
cessario il braccio di Garibaldi. Ed era necessario per un altro
motivo. Rosolino era convinto che oramai per compiere 1' unità
d' Italia ci volevano, più che i diplomatici , gli uomini d' azione ;
ma s' andava avvedendo che il programma, che solo potesse riu-
nirli e perciò solo avesse probabilità di riuscita , era quello di
Garibaldi: Italia e Vittorio Emanuele. Quest'era pure il nuovo
programma della rivoluzione Siciliana. Lo stesso Mazzini dovette
cedere su questo punto e perciò scrisse il 2 Marzo '00 «agli amici
di Palermo e di Messina » :
«Se l'Italia vuol essere monarchica sotto la casa di Savoia,
sia pure. Se dopo tutto vuole acclamare liberatori e non so che
altro il re e Cavour, sia pure. Ciò che tutti ora vogliamo è che
l'Italia si faccia ».
Questa lettera, malgrado la sua punta d'ironia, ebbe un elfetto
grandissimo. Quei congiurati, ch'erano soliti d'ispirarsi alla pa-
rola di Mazzini ma che capivano che il suo programma non avreb-
be trovato seguito, si attennero al consenso esplicito , dato dal-
l'instancabile apostolo dell' unità , di proclamare Vittorio Ema-
nuele : da quel momento sparvero gli ultimi dissidi e tutti di qua-
lunque partito si posero alacremente all' opera. Francesco Riso,
agiato fontaniere , fu giudicato capace per l' ardire e la sagacia
di condurre gli armati alla lotta e dal comitato segreto di Paler- •
mo fu posto a capo di tutto il movimento per preparare i me2^i
necessari all'azione.
Le notizie dei preparativi di una prossima sollevazione perve-
nute al Pilo lo determinarono a recarsi ad ogni costo in Sicilia.
Ma i suoi mezzi erano troppo scarsi , ond' egli il 24 Febbraio '60
244 MISCELLANEA
scrisse a Garibaldi da Genova chiedendogli rivoltelle e una som-
ma di denaro per acquistare armi e noleggiare un bastimento.
Queste armi e questo denaro Garibaldi poteva prenderli dai fondi
del comitato del Milione di Fucili, che s' era costituito nell'autunno
del '59 con residenza in Milano, ed aveva Giuseppe Pinzi a depo-
sitario. « Approntato questo — scrive il Pilo a Garibaldi — io ed'
altri amici miei e con Medici e con Bixio , se vorranno unirsi a
me, andremo al punto già designatoci per iniziare con quelli del
mio paese nativo un fatto serio nel Mezzogiorno, dove voi a nostro-
avviso telegrafico dovreste farci la grazia di recarvi per capita"-
narci e salvare così la causa Italiana, pur troppo in pericolo in
questo momento. — Dateci, vi prego, quanto sopra vi ho richiesto
in nome dei buoni di Sicilia e siate certo che riusciremo a met-
tere in fiamme tutto il mezzogiorno d'Italia al griùo dell' imita e
libertà. Voi, Generale, capitanerete militarmente il paese e cosi'
avrete garenzia che non sì potrà straripare dal convenuto pro-
gramma, che solo jncò riunire tutti pli eleìnenti d" azione e così,
solamente l'Italia sarà».
Questa è la prima volta che il Pilo fa adesione al programma
di Garibaldi, benché non ne ripeta esplicitamente la formola. Ma
Gai'ibaldi credette necessario di ricordargliela e in data del 15
Marzo 'RO gli risponde da Caprera :
«r Carissimo Rosolino,
Con questa mia intendetevi con Bertani e con la Dii'ezione di Mila-
no per avere tutte le armi ed i mezzi possibili. In caso d'azione sov-
venitevi che il programma è: Italia e Vittorio Emanuele. — Io<
non mi arretro da qualunque impresa per arrischiata che sia,
ove si tratti di combattere i nemici del nostro paese. Però nel"
tempo presente non credo utile un moto rivoluzionario in nessuna
parte d' Italia, a mono che non avvenga con non poca probabilità
di succe.sso. Oggi la causa del paese è nelle mani dei faccendieri
politici : bisogna asi)ettare che il popolo Italiano conosca l' inutilità-
delie mene di questi dottrinari. Allora verrà il momento d'agire.
Og;^i saremmo biasimati dalla gran maggioranza».
Ricevuta qm-sta lederà, il Pilo niente sc()sso dalle dissuasioni
di Garibaldi preso accordi con Hertani per avere lo anni o il de-
naro ; ma il fatto sia che non ebbe nulla, certo per causo indi-
pendenli dalla volontà di IJertani, di Finzi o di Garibaldi.
MISCELLANEA. 245
Nello stesso 15 Marzo i fratelli Di Benedetto e il Pisani scris-
sero da Palermo ai corrispondenti Messinesi di essere quasi
pronti. « Siamo oramai in posizione tale, che prestissimo daremo
mano all'opera; anzi da un giorno all'altro può sopravvenire
qualche fatto che ci obblighi ad affrettarla. Gli eventi in Italia ora
•devono incalzarsi ».
I Messinesi in data del 18 ne informarono i fratelli Orlando, il
'Pilo e il Crispi, i quali di riscontro avvisarono i Messinesi che
dal 3 all' 8 del prossimo Aprile di notte in un punto presso il
•castello delle Grotte sarebbero sbarcati due individui per capita-
nare colà la rivoluzione. La lettera sottoscritta dal Crispi diceva:
Genova (22?) Marzo 1860.
« La vostra del 5 cadente giunse con moltissimo ritardo : non
■cosi quella del 18. Vogliate, vi prego, risponderci sempre coi mezzi
•di cui noi ci serviamo per farvi giungere le nostre lettere.
« La presente vi sarà data dalla persona che ho più cara dopo
la Patria. Immediatamente dopo il suo arrivo preparatevi, perchè
dal 3 Aprilo in poi per cinque sere continue un individuo si trovi
dopo le 10 pom. sotto al vecchio forte della Grotta. Egli dovrà
avere una cravatta bianca al collo , tale da farsi distinguere di
notte dall'individuo, che si presenterà; dovrà rispondere giusta
la parola d'ordine, che vi fu scritta da Robiolo {pseudonimo di
Rosolino Pilo) ; a poca distanza dovrà tenere una vettura , nella
•quale possano andare tre persone. Preparate per lo stesso giorno
un asilo a coloro che arriveranno. — La vostra del 18 , che fa
sperare un prossimo avvenimento, ci ha fatto immenso piacere. —
Dopo la vostra del 9 del mese nulla mi resta più a dire ai fra-
telli Palermitani : nel continente tutto è a noi propizio pel mo-
mento. Su via, facciamo il nostro dovere perchè i Borboni vadano
via e il nostro paese divenga parte del grande Stato Italiano. —
Distruggete la presente dopo averne prese le indicazioni >>.
I Messinesi trasmisero agli amici di Palermo queste notizie,
•accompagnandole con la seguente lettera :
Messina (27 ?) Marzo '60.
■«Ricevemmo altre due vostre del 19 e 21 corr. Con quest'ul-
246 MISCELLÀNEA
tima vi parlecipiamo 1' avviso avuto dal n. 5 che sarebbero venute
alcune persone ; e se mai al giungere di esse non sarà scoppiata
la rivoluzione, che si prepari loro un locale per stare nascosti
e al sicuro *.
I fratelli Di Benedetto, il Barone Pisani e gli altri del comitato
segreto di Palermo considerando a questa notizia che i lavori
erano molto avanzati, che lo sbarco a Messina pei primi d' Aprile
di due 0 più emigrati assicurava la cooperazione di quella città;
pressati inoltre da Francesco Riso , e dal fatto che la congiura
correva imminente pericolo d' essere scoperta , in una riunione
del 31 Marzo stabilirono pel 4 Aprile lo scoppio dell'insurrezione.
n momento appariva propizio : 1' annessione della Toscana e
dell' Emilia al Piemonte compiutasi in quei giorni sembrava ga-
rantire un esito simile a rivoluzioni dello stesso genere.
Frattanto a Messina l'uomo dalla grossa cravatta bianca aspettò
per 5 notti consecutive (dal 3 all'S Aprile) presso il vecchio ponte-
dei castello delle Grotte la persona misteriosa che gli si doveva
avvicinare con la parola d' ordine di Robiolo, ma nessuno si pre-
sentò. E quando alle 2 del mattino del 10 Aprile due uomini sbar-
cati da una paranza andarono a quel punto , non vi trovarono
nessuno. Erano il Pilo e il Corrao , che arrivavano troppo tardi,
ma non per loro colpa. Essi in Genova, malgrado che non aves-
sero avuto nulla dal Gomitato di Milano, avevano acquistato rivol-
telle, qualche bomba all' Orsini e forme per fabbricare bombe,
polvere, palle, cariche di rivoltelle e capsule di fucile. Non s' e-
rano procurati molti fucili, perchè dovevano venire da Malta man-
dati dal Fabrizi. Con queste armi ed attrezzi , che tutt' insieme
empivano quattro cesti, e con poco denaro essi partirono nel po-
mei'iggio del 26 Marzo da Genova per la Sicilia. Ma prima di par-
lare del loro viaggio debbo dare alcune notizie di Corrao, che di-
venta da questo momento l' inseparabile compagno di Pilo.
Giovanni Corrao era un calafato del porto di Palermo, che per
altro nobilitava il suo mestiere chiamandosi costruttore di marina.
Nerissimo di barba e capelli, rozzissimo e quasi truce d' aspetto,.
sfornito d'( gni cultura, era però dotato d' ingegno vivace, d'animo
imperterrito e d' un coraggio a tutta prova. Nel Gennaio '-'«S s'era
séghalato neira.^dalto del Cnstollammare di Palermo. Destinato.
MISCELLANEA 247
dipoi al servizio dell'artiglieria in Messina si trovò unito all'altro
Palermitano Antonio Lanzetta; e tutti e due diedero tali pruove
d'eroismo noi cinque giorni che durò la difesa di quella città (3-7
Settembre) che la Camera Siciliana dei Comuni il 23 Settembre
'48 su proposta del Ministro della Guerra approvò all'unanimità
il seguente decreto:
«Giovanni Corrao ed Antonio Lanzetta avranno gli onori e il
soldo di capitani d'artiglieria. Il potere esecutivo gì' impiegherà
in quei modi, che crederà convenevoli ».
Non li dichiarò benemeriti della patria, come il Ministro pro-
poneva, per non sembrare d'escludere gli altri non nominati.
Caduta la rivoluzione, il Corrao si rifugiò in Malta, donde alla
fine del Giugno '49 ritornò a Palermo nella speranza d' una im-
minente sollevazione. Ma fu arrestato poco dopo e per disposizione
della polizia relegato in Ustica. Nel Maggio del '52, approfittando
d'una barchetta lasciata sul lido da alcuni giovinetti del paese,
vi s' imbarcò con altri relegati e tentò di fuggire, ma fu raggiunto
e ricondotto nell'isola. Sottoposto per questo fatto a procedimento
criminale non ne riportò condanna; malgrado ciò la polizia lo
mandò nella cittadella di Messina, in cui stette dall'Agosto 'ò2 al
Maggio del '55. (Arch. di Pai. Filza 123G n. 15S) Ricondotto allora
in Palermo e chiuso nelle grandi prigioni, venne liberato col patto
di recarsi all'estero e di non tornare nel regno. Egli parti il 5
Settembre '55 alla volta di Marsiglia; di là nel '56 passò in Genova,
ma ne fu espulso nel Settembre '57 come agente Mazziniano. Andò
in Alessandria d' Egitto e di là a Malta, come fu narrato, finché
nella primavera del '50 sì ricongiunse col Pilo in Londra.
Tale era 1' uomo che insieme col Pilo si recava in Sicilia per
iniziare o capitanare la rivoluzione. Essi sapevano l'insufiicienza
dei loro mezzi, ma credevano che loro basterebbe di dare il segnale
perchè il popolo si facesse loro cooperatore. Perciò vanno senza
nessun altro compagno, con poche rivoltelle e bombe tascabili;
vanno, malgrado che ne fossero dissuasi da Garibaldi e non ve-
dessero da tutte le parti che terribili nemici o increduli amici.
Vanno insieme il gentile cavaliere e il rozzo calafato: 1' uno che
potea vantare la nobiltà dogli antenati catalani e normanni (per-
chè sì diceva che i Pilo discendessero da un conto di Barcellona,
catturato dai Genovesi verso la metà del secolo XTI , gli eredi
248 MIsCELLAXi:\
del quale fondarono una potente famiglia in Genova , donde alla
metà del secolo XVI per necessità politiche si trasferii-ono parte
in Sardegna, parte in Sicilia ; e nei Gioeni, ascendenti materni di
Pilo , scorreva non 1' aborrito sangue d' Angiò , ma quello d' un
Normanno, la cui discendenza grandeggiò nel!' isola al tempo della
dinastia Aragonese); l'altro non avente altra nobiltà che nel
braccio forte e nel cuore indomito. Vanno i due, che quasi sim-
boleggiano r affratellamento della nobiltà e del popolo per la sa-
lute d'Italia; vanno incuranti di tutto, fuorché di sollevare la
madre afflitta e calpestata. Andate, uomini audaci ; voi impedite
che negli eventi della risurrezione d' Italia vi sia soluzione di
continuità. Siete due; e che possono due soltanto? Possono mol-
tissimo, se sono veramente devoti alla patria e se incarnano il
momento storico.
IV.
I due partirono da Genova in una vecchia paranza comandata
da Silvestro Palmerini ed avente a pilota RafTaele Motto, che poi
lasciò una relazione di questo viaggio, pubblicata nel 1877. Oltre
di questa farò uso d'ora in poi delle memorie inedite di Corrao,
dettate da lui nel 1861 all'Ing. Salvatore Mattei, che nel '48 e nel '60
aveva militato come ufliciale sotto di lui. Debbo all' Avv. Giuseppe
D' Accardi, della cui amicizia mi onoro, la conoscenza del signor
Giovanni Corrao, nipote dell' eroe, che mi donò una copia di queste
memorie. Parliti dunque i due da Genova alle 3 pomeridiane del
26 Marzo, approdarono dopo tre giorni di navigazione (26-28) a
Postiglione nergolfo di Follonica ed ivi per fornirsi di quanto
■era loro necessario stettero tre giorni (20-31 Marzo). Da Postiglione
giunsero dopo altri tre giorni di navigazione al grado 40" di latitu-
dine Nord quasi nel centro del Mare Tirreno. Il mare e 1' atmo-
sfera orano calmi, ma dal sud venivano ondate grandissimo. Dopo
poche ore si scatenò un vento violentissimo di sud-ovest : per due
giorni (4-5 Aprile) la tempesta fu florissima : la paranza anrlava alla
deriva nella direzione di Levante. Nella sera del 6 al vento furioso
«l aggiunse acqua e grandine: la notte fu orribile. La mattina del 7
per non dare nello secche del Volturno, verso cui erano spinti dal
MISCELLANEA 249
vento, dovettero poggiare per le bocche di Napoli e cercare di rifu-
giarsi nel canale tra Procida e Capo Miseno con pericolo di cadere
nelleinanidellapoliziaborbonica.il Pilo, a cui necessariamente si
ifece questa proposta, tutto bagnato d'acqua sporca di zavorra, disse:
«Fate come credete; una volta che il pericolo ci minaccia, tanto
sarà finire allesso come arrosto. Quando non e' ò altra via di
scampo, fuggiamo il pericolo presente; e sarà quel che sarà».
Ad otto miglia da Capri scoprii'ono un bastimento, che riconob-
bero siciliano , col quale dopo un' ora tli bordeggio si trovarono
non più distanti di un tiro di pistola. Domandarono al capitano
-donde venisse e quegli rispose che il vento del sud li aveva stac-
cati dalla costa siciliana e che andavano a prender terra a Ca-
stellammare di Stabia. I due esuli, malgrado i travagli del mare
e il pericolo della costa napoletana, all'accento della terra nativa,
che non udivano da tanti anni, trasalirono di gioia. E già si ve-
devano le nubi prendere un'altra direzione, onde si attese bor-
deggiando ad un cambiamento di tempo. Infatti quando si era a
*tre miglia da Capri, si formò una controburrasca di tramontana
con vento fresco dello stesso punto. Era quel che si voleva : si
fece rotta rapidi e contenti pei* Messina. Alle 10 di sera del giorno
9 Aprile si imboccò lo stretto: a cagione della corrente contraria
ci vollero tre ore per arrivare al castello delle Grotte: alle due
del mattino del 10 si sbarcò al posto designato. Ma, come s'è
detto, non trovarono il rappresentante del comitato Messinese.
Già attraversando lo stretto avevano notato che la cittadella di
Messina bombardava la città. Ora avviatisi verso di questa incon-
'trarono gru])pi di uomini e donne, che guardavano attoniti il can-
noneggiamento. Ne domandarono la causa ed alcuni risposero che
il popolo minacciava d' insorgere e perciò la cittadella tirava
cannonate. Pilo li arringò ed esortò ad andare in aiuto del popolo
e a brandire le armi contro il comune nemico. Ma la gente non
si mosse e rispose che prima di giorno non si poteva conoscere
il da fare. Allora Pilo e Corrao con le armi in pugno si diressero
verso la città, ma trovate le porte ben custodite dalla truppa, si
ritirarono su una collina al disotto dei Cappuccini per attendere
il giorno. La mattina Corrao i-iconobbe un certo Giovanni Stra-
pazzo, al quale promise un compenso se recava nella città una
ietterà a Giacomo Agresta, proprietario di Messina che faceva
2r.O MISCELLANEA
pure r interprete e uno dei capi del comitato. Quepjìi acconsenti
volentieri, ma non volle compensi. Dopo un'ora invece di Giacomo
Agresta, ch'era in carcere, venne il cugino Giuseppe Agresta,
quello stesso che per cinque notti aveva fatto la guardia al ponte
delle Grotte e che dopo aver provveduto i due arrivati di quanto
loro bisognava, li condusse verso le 2 pom. sopra un legno mer-
cantile austriaco, dove s' era rifugiata una parte del comitato se-
greto di Messina.
In tempi di agitazioni e di rivolte corrono mille voci disparate,
che sono facilmente credute dai troppo timidi o dai troppo arditi.
Così accadde ai due emigrati dopo lo sbarco. Sentirono dire che
Palermo era già in mano del popolo, che 30 mila uomini vi com-
battevano contro le forze borboniche, le quali dopo grave disfatta
sarebbero state respinte in mare: che Milazzo e Barcellona erano
insorte e che tutti i paesi dei dintorni avevano inalberato il puro
vessillo tricolore. Il Pilo era forse troppo corrivo a credere a
queste voci, assai lontane dal vero. Il fatto era che Milazzo e Patti
non si erano mosse affatto; in Barcellona s'era fatta una dimo-
strazione ma senz' armi, cioè s' erano agitati dappertutto dei faz-
zoletti tricolori e gridato : Viva Vittorio Emanuele ; ma senza an-
dare più in là. Nei loro distretti poi la tranquillità era stata
quasi perfetta. Quanto a Messina i fatti stavano così: Giunta il
giorno 8 la notizia certa dell'insurrezione Palermitana del 4 Aprile,
della quale si farà parola in appresso, Messina si agitò potente-
mente. Si formarono crocchi e masse di persone, che presero a
insultare Vi forti pattuglie, che percorrevano le strade: una mano
d'insorti o.sò di attaccare una pattuglia, la quale però li respinse
gagliardamente: altri operarono contro il distaccamento militare
del carcere, ma invano. In seguito a questi fatti fu proclamato
lo stato d'assedio: la città divenne quasi deserta e la maggior
parte dello famiglie si rifugiò in campagna. La sera del 10 gl'in-
sorti si raccolsero nei colli che circondano Messina o cercarono
di penetrarli in città, ma dopo un conllitto di 0 ore furono re-
spinti dalle truppe che ebbero un soldato moi'to e un udtc.iMle fe-
rito. Il giorno appresso (11) il comandante della Piazza pubblicò-
un proclama minaccioso, il quale spaventò tutti : gli slessi consoli
stranieri si misero in salvo con lo loro famiglie sullo navi di lor
nazione, che stavano nel porto. Ma poi si recarono insieme dai
MISCELLAKKA 251
Comandante della provincia per protestare contro i feroci propositi
del Comandante della piazza ; onde questi mise fuori un altro pro-
clama, nel quale spiegava che i mezzi estremi si sarebbero usati
soltanto contro gli aggressori e non contro l'intera città. I consoli
tornarono alle loro abitazioni , ma le promesse non furono man-
tenute, perchè malgrado che da parte della città non si fosse at-
tentato aHa sicurezza delle truppe, queste con vivo fuoco d' arti-
glieria e moschetteria tirarono quasi continuamente dalla cittadella
sulla città di giorno e di notte. I consoli esteri, meno quelli di
Russia e d' Austria, di nuovo protestnrono, o il Commdante risposo
essere ciò accaduto per equivoco. Perciò in nome dei Consoli il
ministro Inglese e l'incaricato d' aflfari di Prussia se ne richia-
marono presso il ministero in Napoli, pretendendo inoltre inden-
nità e soddisfazioni. (Dispaccio 20 Aprile '60. Filza 1230 n. 10). Lo
•stesso Intendente di Messina, Antonio Cortada, riconobbe « che non
v' era alcuna ragione di venire a questi estremi di terrorismo che
avevano ridotto il paese in condizioni da stringere il cuore e fa-
cevano presentire tristissime conseguenze » (Filza 1230, foglio 64).
Il movimento di Messina era abortito e non vi era piìi nulla da
sperare.
In Catania, dove le notizie di Palermo giunsero come a Messina
il giorno 8 e vi produssero vivissimo fermento, non si venne a
nessun fatto notevole per mancanz;i d' un capo risoluto. Per cinque
giorni la rivolta stette per iscoppiare, ma infine svani senza ma-
nifestarsi. Se in quei giorni vi fossero stati il Pilo e il Corrao,
Catania avrebbe fortemente combattuto i borbonici. Neanche da
questo lato il Pilo giunto troppo tardi poteva sperare qualche cosa.
Non rimaneva che muovere verso Palermo, dove si credeva che
la rivoluzione avesse una base maggiore.
Ora si può valutare nella giusta misura la seguente lettera,
che Rosolino mandò ai fratelli Orlando in Genova e che si legge
nella Vila di Garibaldi della signora White-Mario :
Messina 12 Aprile '60.
M>ei carissimi amici e fratelli,
«Eccomi finalmente a terra: i primi pericoli mi è riuscito di.
252 MISCELLANEA
superarli. Quindici giorni di navigazione non mi fecero giungere
in tempo all' inizio della rivoluzione di Palermo , avvenuta il 3
corrente. Se fossi giunto in tempo qui o in Catania, sarebbero
■ queste due città pure in mano del popolo Ho proposto oggi di
radunare una buona parte di gioventù e marciare verso Catania
e Palermo Oggi stesso partirò a cavallo per raggiungere i 30
mila che combattono in Palermo contro le truppe regie. Il grido
dei nostri è unità e libertà d' Italia. Ieri sera giunse notizia che
le truppe borboniche toccarono una grande disfatta, che una grande
^arte fu respinta in mare.... Piìi paesi della provincia di Messina
già sono in insurrezione: Milazzo è insorta; Barcellona è insorta
e vi ha il marchese Mauro con 400 già in armi e tutti i paesi
del vicinato di Barcellona e di Patti hanno inalberato il pwro ves-
sillo tricolOì'e. Io ritengo che la vittoria sarà per noi e che 1' ora
è vicina della distruzione del dispotismo; però fa d'uopo che si*
pensi ad aiutarci, a spingere col mezzo della stampa codesto go-
verno. È venuto il tempo di essere audaci Io sarò felice di poter
dare tutto il mio sangue all'Italia nostra. Voglia il cielo esserci
propizio una volta Addio. Corrao vi abbraccia ».
La marcia su Catania era stata caldeggiata da Pilo, quando i
due emigrati, lasciato la sera del 10 il bastimento austriaco (cioè
'Con bandiera austriaca, ma di terra italiana ancor soggetta al-
l'Austria) ed entrati in città, ricevettero nella casa di Giuseppe
Agresta, dove alloggiarono, la visita di Pasquale Lo Surdo, presi-
•dente del comitato Messinese, e di altri. Il Lo Surdo credeva di
poter raccogliere 800 uomini , coi quali avrebbero marciato su
Catania. Corrao era contrario e diceva doversi andare a Palermo,
-•dalla quale dipendeva la somma delle cose; ma infine cedette alle
istanze del compagno. Fu stabilita la notte successiva pel movi-
mento. .\lle 9 pomeridiane del giorno li Pilo, Corrao ed Agresta
con i cesti delle munizioni traversarono la città fino al porto, dove
salirono su un bastimento mercantile americano posto in comu-
nicazione con la terra per mezzo d' un lungo tavolone e furono
ricevuti cordialmente dal capitano. Caricarono in una lancia le
munizioni e si avvicinarono ad un legno francese per pi'endere
il sig. Santi Marciano, che vi si era rifugiato coli' intenzione di
•emigrare e che ora saputo V arrivo dei due emissari aveva mutato
MISCELLANEA 253
pensiero. Ricevuto il Marciano, la lancia manovrata da marinai
americani usci dal porto e si diresse verso il luogo detto « il Pa^
radiso » a tre chilometri al nord di Messina. Le sentinelle lungo
la spiaggia gridavano: alto! chi va là ? e volevano che la barca-
si fermasse. Ma Pilo e Gorrao esortarono i marinai a proseguire
e a non temere le palle. Infine giunsero al punto stabilito. Ivi
dovevano trovare un rappresentante del comitato con i mezzi di
trasporto dello persone e delle munizioni per potersi poi riunire
agli altri e muovere tutti insieme verso Catania. Invece non tro-
varono nessuno. Corrao si sdegnò fortemente: Agresta e Marciano
si scoraggiarono: Pilo rimase impassibile e disse: Vedremo come
finirà. Poi seppero che sino a mezz'ora innanzi erano state colà
appiattate due compagnie di soldati, che evidentemente davano la-
caccia a qualcuno. Dopo qualche incertezza, trasportarono a terra
coir aiuto dei marinai americani le munizioni , le posero nella
casetta d' un contadino indicata dall' Agresta ed aspettarono il
giorno. Essendo poco dopo 1' Agresta tornato a Messina o per sa-
pei'e dal comitato la causa del convegno mancato o per spedire
a (teneva alcune lettere di Pilo per mezzo di qualcheduno del
battello postale, che da Malta doveva passare il 13 ,per Messina,
gli altri tre decisero di mu')vere alla volta di Palermo senza dare
più ascolto al comitato Messinese. La sera del 1*3 partirono per il
Faro, lasciando sotto severe minaccio il contadino della casetta
custode degli oggetti depositati e di più dandogli una borsa di 100
onze (L. 1275) da consegnarsi all' Agresta quando fosse tornato.
Dopo tre ore di cammino giunsero alla costa settentrionale della
Sicilia dirimpetto a Milazzo. Riposatisi un poco noleggiarono delle
cavalcature e pi'oseguirono per la via di Spadafora; il Marciano
per ristoro della fìtta pioggia , eh' era venuta loro addosso , con-
dusse gli altri due ad una Casina presso il mare, dove furono cor-
dialmente ospitati dal proprietario avv. F»*ancesco Guardavaglia.
Parliti di là, giunsero a Santa Lucia la mattina del 14: ricevettero
la visita di molti liberali, ai quali diedero incoraggiamenti e pro-
misero prossimi aiuti ; e ad un reazionario, che mandò loro a dire
che andassero via per fuggire un incontro con i militi della guar-
dia urbana, risposero che essi li attendevano per farli scomparire
tutti con una bomba all'Orsini. La notte si posero in viaggio per
Barcellona, dove giunsero a punta di giorno e quasi insieme con
254 MISCELLANEA
loro arrivò pure rAgre:>ta che veniva da Messina e che disse es-
sere state le armi collocate in luogo sicuro ed aver egli ricevuto
dal contadino le 100 onze. Allora mandarono a chiamare un an-
tico liberale per mettersi d'accordo sul da fare in Barcellona e
Milazzo; ma l'antico liberale non andò e invece mandò un suo
nipote a pregare i due emissari di tornare a Messina per imbar-
carsi e mettersi in salvo, perchè in Palermo tutto era finito; se
no, sarebbero caduti con certezza in mano al carnefice. Pilo a
questa risposta forse temette che il suo compagno si scoraggiasse
e lo guardò fiso negli occhi per sapere che cosa volesse rispon-
dere. Gorrao con tutta calma e freddezza disse: « Io e il mio ami-
co signor Pilo non siam venuti in Sicilia per ritornare all'estero
ne facciamo parte della famiglia dei vili; piuttosto i nostri capi
in mano al carnefice che tornare indietro ed emigrare di nuovo.
Dite a vostro zio che la causa nostra non verrà meno, perchè l'e-
roe Europeo, il novello Washington, sta per mettere piede da un
momento all'altro nel suolo Siciliano. Noi non vogliamo altro che
cavalli e carrozza per recarci nelle vicinanze di Palermo. Paghe-
remo tutto con la nostra borsa, ma che vostro zio faccia presto;
altrimenti comincieremo la rivoluzione in Barcellona, dove siamo
ben conosciuti ». Pilo durante la risposta di Gorrao mostrò viva
gioia e alla fine gli gettò le braccia al collo e se lo strinse for-
temente al petto. In meno d'un'ora l'antico liberale fece allestire
una carrozza. Marciano ed Agresta rimasero in Barcellona per
ricevere le istruzioni che i due manderebbero dalle vicinanze di
Palermo e quindi mettere in moto tutta la provincia di Messina;
Pilo e Gorrao partirono alla volta di Patti, dove si fermarono po-
chi minuti e proseguirono per la Gioiosa, in cui ebbero calde ac-
coglienze e si trattennero duo ore. Passarono la notte del 15 in
un albergo presso il capo Orlando ; la gente di campagna accor-
reva a vedere i due induci, che esortavano tutti di tenersi pronti
a prendere le armi al segnale che darebbero. La mattina prose-
guirono per Sant'Agata, dove giunsero poco prima di mezzogiorno
In mezzo a una moltitùdine di popolo. Andati all'albergo ricevet-
tero la visita di molti giovani, in gran parto studenti venuti dalle
terre vicine, che chiesero notizie dei soccorsi che si avrebbero e
dello speranze che si potevano nutrire. Pilo arringò quei giovani
•esortandoli a prendere le armi e a finirla cogli oppressori. L'avv.
MISCELLANKA
Galvagno sopi'aggiunto in questo mentre domandò: «È vero che
verrà il gran Generale Garibaldi ?» I due risposero : « È tanto
vero, quanto è vero che noi siamo qui». I giovani entusiasmati
trassero dalle tasche dei nastri tricolori e promisero che appena
tornati nei loro paesi vi avrebbero preparato la rivoluzione. Da
Sant' Agata il Pilo scrisse lettere ardentissime e pressantissime
ai fratelli Orlando, a Garibaldi, a Bertani, a Fabrizi, che doveva-
no essere spedite per me;^zo dell' Agresta rimasto in Barcellona;
e forse queste lettere furon tra quelle che giunsero in Genova il
29 Aprile a notte tarda e furono comunicate a Garibaldi la mat-
tina del 30, come accenneremo in appresso.
Su questa parte del viaggio dei due emissari molle notizie si
trovano nel proemio del Saffi al voi. XI degli scritti di Mazzini
e nelle Cosinrazioni e ritolte di R. Villari.
Ora avvicinandosi i due alla provincia di Palermo, è necessa-
sario di conoscere gli avvenimenti di essa.
V.
L'insurrezione del 4 Aprile, che rese immortale il nome di
Francesco Riso, doveva principiare nel convento della Gancia ed
essere sostenuta dagli altri quartieri della città e da numerose
«quadre dei paesi vicini, che la mattina stessa appena cominciata
la lotta sarebbero corse a Palermo. Pietro Tondìi doveva condurre
una squadra da Carini, Pietro Piediscalzi da Piana dei Greci, Do-
menico Gorteggiani da Misilmeri, Luigi Puglisi da Bagheria; Giam-
battista Marinuzzi doveva capitanare i contadini della campagna
di Palermo riuniti ai Porrazzi presso le porte della città. Fran-
cesco Riso per essere pronto all'alba a dare il segnale s'era rin-
chiuso nella notte del 3 al 4 Aprile con altre 20 persone in un
magazzino del convento della Gancia, ch'egli aveva preso in af-
fitto e nel quale deponeva la polvere, le bombe all'Orsini e le al-
tre armi della sollevazione, senza che i frati ne sapessero niente
o partecipassero affatto alla congiura. Ma il Direttore di Polizia,
che sapeva della congiura senza riuscire a scoprirla, da qualche
indizio avuto casualmente sospettò che Piazza Marina e i luoghi
vicini dovessero essere teatro di qualche grave avvenimento; on-
MISCELLANEA
de vi mandò nella notte dal 3 al 4 un battaglione di fanteria, uno
squadrone di cavalleria , alcune compagnie di cacciatori e due
cannoni. Francesco Riso per nulla sbigottito dalla vicinanza di
tante forze dà aile T) del mattino il segnale della insurrezione.
Squilla la campana della Gancia e sul campanile sventola la
bandiera tricolore. Quindi egli e i suoi escono armati dal con-^
vento gridando: viva l'Italia, viva Vittorio Emanuele ; e chiamano
i cittadini alle armi. Le loro file s'ingrossano, ma le forze borbo-
niche si avanzano: si impegna una lotta feroce: gl'insorti sono
costretti a rientrare nel convento, dove proseguono a combattere
con estremo furore, finché ferito mortalmente con tre palle nel-
r addome ed una al ginocchio Francesco Riso , la vittoria resta
ai borbonici.
Nello stesso tempo le squadre esterne trovarono compagnie di
soldati appostate nei dintorni della città e non potettero entrare.
Pietro Tondù, che aveva marciato tutta la notte da Carini , im-
battutosi all'alba del 4 Aprile nelle truppe appostate a Passo di
Rigano' all'ovest di Palermo ingaggiò il combattimento , ma non
potette aprirsi il varco. Egli si ritirò nei Colli occidentali della
città, donde nei giorni successivi (5-7) unitosi con Giuseppe Bru-
no assali i borbonici a S. Lorenzo e a Balda.
Pietro Piediscalzi, instaurato il di 4 un nuovo governo, mosse
il 5 da Piana dei Greci con 180 Chianióti armati di fucilo e molti
altri di falci e bastoni. Ma come si appressarono a Palermo sep-
pero dei fatti della Gancia e retrocessero. Non potevano ritirarsi
alla Piana senza cadere di li a poco in potere dei borbonici; on-
de mossero verso Monreale col disegno di disarmare con un colpo
di mano il presidio di quella città aiutati dalle squadre dei fra-
telli Sant'Anna di Alcamo. Tre volte assalirono quelle truppe e
le l'espinsero dentro l'abitato. Il giorno dopo (6 Aprile) rinnova-
rono la pugna sino a mezzogiorno , ma per la mancanza delle
munizioni si dovettero ritii'are. Tornarono alla Piana accolti come
vincitori o nella Chiesa si cantò il Tedeum. Il dì 9 uniti a una squa-
dra di Gorleone comandata dal marchese Salvatore Firmaturi e
ad altro di Misilmeri e di Villabate andarono a Gibilrossa , ma
vi furono accerchiati da due colonne di soldati borbonici prove-
nienti l'una da Palermo e l'altra da Mezzagno. Dopo vivo combat-
timenlo molti delle squadre riuscirono a rompere il cordone mi-
MISCELLANEA
litai-e e a salvarsi. Ritornarono il 10 alla Piana alquanto scorati;
di nuovo però ripresero animo vedendo il giorno dopo arrivare
le squadre di Corleone, di Giminna, di Termini e di Contessa. Ma
all'alba del giorno 15 giunge alla Piana il generale Cataldo a ca-
po di 3,000 uomini; le squadre, che non contavano più di 700 ar-
mati, si ritrassero nelle campagne. II generale Cataldo ristabili il
governo borbonico e proclamò l'amnistia per tutti quelli che si
presentassero con le armi dentro 24 ore; quindi prese a inseguire
le squadre. Le quali ridotte a circa 400 nomini si trovavano presso
Carini all' ovest di Palermo; e comprendendo che ornai non ave-
vano altra via di salute che l'audacia deliberavano di tentare un
colpo su Palermo per ravvivarvi la rivoluzione. Ma il giorno 18
vi sono assaliti da tre colonne borboniche di circa 1000 uomini
ciascuna, l'una da S. Giuseppe dei Mortilli, l'altra da Monreale e
la terza da Capaci ; un battello a vapore li bersagliava dalla ma-
rina. Benché troppo inferiori di forze e privati per vari accidenti
dei principali comandanti, gì' insorti arditamente accettarono la
battaglia : per 6 ore si sostennero nel disuguale combattimento :
infine Carini fu presa d'assalto e in gran parte bruciata. Ornai la
rivoluzione era domata , le squadre disperse e non più in grado
di affrontare il nemico. Piediscalzi il 19 ritornò alla Piana e non
vi trovò che silenzio e squallore : ognuno credeva la rivoluzione
già morta nel nascere. Ma il giorno 20 a rianimare la rivo-
luzione arrivano a Piana dei Greci Rosolino Pilo e Giovanni
Gorrao.
Vedemmo come i due fossero giunti a Sant'Agata. Per il resto
di questa storia farò uso di alcune carte dell'Archivio di Stato di
Palermo ; delle memorie già citate di Corrao , che vanno dal 26
Marzo ai primi di Giugno del 1800; di una lettera di Giovanni
Pittaluga pubblicata nel Giornale di Sicilia (Maggio 1894) e di
una bellissima opera manoscritta di Carmelo Piola , intitolata :
Siciliani illustri morti per la catisa nazionale. L' ing. Gaspare
Finazzi di Monreale mi fece conoscere D. Giacomo Cusumano, che
fu allato del Pilo nel combattimento della Neviera e mi diede
molte notizie, che trovai concordanti coi documenti. Ebbi poi cu-
ra di visitare i luoghi, la cui conoscenza sembrava necessaria a
comprendere certi fatti; e in una delle mie gite ebbi a compagni
l'egregio mio amico Ing. Finazzi e il prof. Alfonso Sansone che
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 17
258 MISCELLANEA
ha un culto per tutte le memorie del patrio risorgimento e nel
registro dei visitatori del monastero di S. Martino, del quale par-
leremo in appresso, scrisse alcune parole in ricordo di Rosoli-
no Pilo.
Riporto primieramente un dispaccio del Luogotenente generale
di Sicilia al ministro per gli affari Siciliani in Napoli :
« Palermo 26 Aprile 1860.
Il 16 corrente furor, visti nei boschi di Caronia due stranieri,
Italiani all'accento, ben vestiti , i quali si avvicinarono a S. Ste-
fano di Gamastra e domandarono di qualcuno. Passava in quel
momento un tal Falla, corriere postale che da Palermo si recava
a Messina con la valigia. Fu fatto fermare dai due stranieri e in-
terrogato sullo stato dell' insurrezione di Palermo e se la lotta
continuava ancora fra le truppe e il popolo. Il corriere rispose
che aveva lasciata la città tranquilla ed ogni lotta finita.
I due stranieri si mostrarono contrariati a quelle notizie; uno
di essi fattosi indietro si sbottonò l'abito e mostrò una fascia tri-
colore, che portava a tracollo, due revolver ed alcune granate
fulminanti sospese alla cintura. Minacciò di assassinare il corriere,
ma si ristè da qualunque offesa per consiglio dell' altro. I due
stranieri cavalcavano due muli. Dai boschi di Caronia passarono
oltre e furon visti nelle vicinanze di Cefalù, di Termini e di Vil-
lafrati, promettendo dovunque pronti soccorsi da Malta.
Uno 'è il notissimo Rosolino Pilo, che sapevasi doversi ritro-
vare clandestinamente in Sicilia; l'altro è ignoto. Si è messa la
forza pubblica sulle loro traccio e si è promesso un premio a chi
in qualunque modo li metterà nello mani della giustizia. — Si
hanno degl'indizi, che sono nelle vicinanz»; di Piana dei Greci*.
(Filza 1238, n. 82).
E l'ispettore di polizia di Termini scrive a Maniscalco diret-
tore di polizia in Palermo :
«Termini 2S .\prile '60.
II arlopno che sortimmo dal Castello si avviarono verso le ore
MISCELLANEA 259
23 a questa volta con vetturali di Pettineo due individui, che per
esteri si annunziavano; l'uno con barba bionda e lunga e l'altro
con lunga barba nera e capelli alla nazzarena. Avendo conosciuto
che le truppe avevano rioccupata la città si fermarono un istante
fuori r abitato e quindi si avviarono a piedi per la via di Gacca-
mo, ove raggiunti da due vetturali di Termini, Antonino Agnello
e Nicolò Scalambra, si condussero a Villafrati e di là si crede che
si siano diretti a Mari*ieo. Mi si assicura essere costoro gli emi-
grati Rosolino Pilo e certo Gorrao da Palermo ; anzi si dice che
abbia il Pilo nel fondaco fuori l'abitato scritto in un pezzo di carta
il suo nome. Indagando qual via avessero di poi tenuta , oggi ho
sentito che il Pilo trovasi in Capaci o nei paesi vicini e che giorni
sono furono in cotesta città raccolte dai liberali delle somme, che
allo stesso spedirono; dovendosi quest'ultima notizia ritenere co-
me certezza assoluta». (Filza 1671).
E Maniscalco annota di suo pugno sul dispaccio dell'ispettore :
« si risponda che troppo tardi ha conosciuto questo fatto ».
Con queste indicazioni non è difficile di rifare tutto l'itinera-
rio di Pilo e Corrao da Sant'Agata in poi. Essi traversarono i se-
guenti territori: S. Stefano di Gamastra (16 Aprile), Gefalù (17), Ter-
mini (18), Villafrati, xMarineo (19), Piana dei Greci (20-27), Colli
di Palermo (:iO). Insomma essi traversarono l'intera provincia di
Palermo descrivendo un larghissimo cerchio intorno a questa
città.
Frattanto tutta la Sicilia si riempiva della voce che non due
soltanto, com'era veramente, ma 700, anzi migliaia d'emigrati erano
sbarcati con armi e denaro. La presenza di Pilo e Gorrao , che
annunciavano il prossimo arrivo di numerose forze, provava agli
occhi di molti la verità di quelle voci ; tanto più che i due si
mostravano pubblicamente nei vari paesi che attraversavano, esor-
tando i liberali a riordinarsi, a rifare le squadre, a tenersi pronti
per l'azione. Dappertutto si spargeva la fama dei due emissari ve-
nuti dall'Italia continentale, vestiti di velluto nero con sciarpe tri-
colori e che seminavano dappertutto monete d' oro. Il popolo in-
•«clinato al meraviglioso se li dipingeva come due cavalieri erranti,
dei quali spessissimo leggeva le avventure o le vedeva rappresen-
tate in infimi teatri; li credeva venuti dal continente per sostenere
260 MtSCKLLAITEA
la rivoluzione finché non giungessero gli aiuti di Malta o d'altre
parti e prestava fede a quanto di più esagerato si narrasse sul
loro conto. E siccome si è potenti non solo per le forze che si
ha, ma anche per quelle che ci si attribuisce, la leggenda non
meno che la presenza di Pilo e di Gorrao diedero nuova vita alla
rivoluzione. Al loro passaggio le autorità sparivano o si scusa-
vano e schiere d'animosi si offrivano al loro comando. Dove non
c'era una colonna di soldati, che per altro Pilo e Corrao evita-
vano, si può dire che il governo borbonico non esistesse più.
I compagni d'armi e le guardie urbane non ardivano d'affrontare
i due emissari. Passando questi dopo l'incontro del corriere Falla
dietro il monte di Cefalù si trovarono con grande sorpresa a po-
chi passi da molti compagni d'armi. Impugnarono le armi e con
viso impassibile s'inoltrarono in mezzo a loro, anzi entrarono nello
stesso albergo, dove quelli erano alloggiati. Le guardie andavano
e venivano, ma nessuno ardì di montare le scale. Finito il pran-
zo e pagato il conto, i due colle armi pronte uscirono dall'alber-
go a dieci passi di distanza l'uno dall'altro. Il Pilo impaziente di
scambiare qualche parola con quei compagni d'armi prende la ma-
no d'uno di essi e gli dice : « bastardo Siciliano, questo è il momento
di ravvederti ». La guardia cogli occhi bassi non ebbe la forza di
rispondere.
A duecento passi da Cefalù si avvicinarono a loro otto uomini
a cavallo. Pilo e Corrao li guardarono bene in viso e non vi scor-
sero ostilità, ma benevolenza. Per più di mezz' ora camminarono
tutti in silenzio , finche uno degli otto rivoltosi a Pilo gli disse:
« Lei è il signor La Masa? noi ci off'riamo ai suoi comandi, la
nostra vita è a sua disposizione». «E voi chi siete ? rispose Pilo;
e donde venite ? » Disse : « Siamo della Roccella ; e avendo saputo
che in Cefalù sono sbarcati degli emigrati , siamo venuti ad of-
frire il nostro braccio ». Pilo li lodò del loro patriottismo e si fece
da loro accompagnare fino a Termini. — A Gratteri furono ac-
colti entusiasticamente da tutti, perfino dagl' impiegati borbonici.
II giorno dopo giunsero a Termini e si fermarono all'albergo detto
Sant',\ngelo pochi passi prima d'entrare nella città occupala dalla
truppa. Di là rimandarono la guida in Barcellona da Santi Mar-
ciano, perchè facesse venire da Messina le pirogranate o bombe
all'Orsini, le formo per la fabbrica di nuove bombe, la polvere e i
MISCELLANEA .261
fucili. Pilo prima di partire da Termini scrisse nel magazzino di un
certo Arangio in un pezzo di carta da un iatd il suo nome e cogno-
me e dall'altro la sola parola « parto » ; e diede il foglio con una
sterlina d'oro a un garzone del magazzino perchè lo consegnasse
al fratello Giuseppe Pilo, che allora dimorava in Termini vigilato
dalla polizia. Quindi ripresero il cammino per Villafrati. Lungo
la strada correvano gli abitanti delle case di campagna a vedere
i due e tra loro dicevano : « ecco gli emigrati, ecco i nostri libe-
ratori: questa volta abbiamo vinto». — Pernottarono a Villafrati,
dove si abboccarono coi liberali del paese. La mattina del 19 si
posero in viaggio per Piana dei Greci ; ma la nuova guida o mal
pratica dei luoghi o infida li condusse al bosco della Ficuzza, va-
stissima tenuta Reale tra Marineo e Gorleone, nella quale improv-
visamente si trovarono a fronte di alcune guardie appostate. Il
Pilo domandò ad una di loro se quella era la strada che condu-
ceva a Piana dei Greci. Quegli rispose: « chi siete voi altri ?» e
insieme chiamò all'armi. I due viaggiatori si trovarono circondati
da più di dieci guardaboschi , che li volevano costringere a pas-
sare per una strada , che stava sotto la loro posizione. Gorrao
gridò a Pilo : « sii, andiamo via per la strada che facciamo : avan-
ti». E tutti e due con le pistole nella destra e le bombe all'Or-
sini nella sinistra, minacciando distruzione se i guardaboschi ar-
dissero di tirare un colpo, spronarono i muli. Ma quelli insegui-
vano formando un semicerchio per arrestarli, ed uno dei più gio-
vani incalzava troppo Gorrao, che gli gridò : « miserabile, non ti
è cara la vita ? Qui nella mia mano è la vostra distruzione. An-
elate 0 vi faccio sparire tutti dalla faccia della terra ». I guarda-
ioschi si fermarono, contenti d' arrestare i due vetturali e la
guida.
Quindi i due proseguirono per Marineo e Misilmeri, nei quali pae-
si ebbero liete accoglienze e promesse di numerosi armati : nell'ul-
timo furono ospitati da Antonio Guzzetta Guarmusci, sotto la cui
guida la sera del 20 Aprile giunsero alla Piana dei Greci.
Ivi intesero la sconfitta di Garini di due giorni prima e la dis-
soluzione di quasi tutte le squadre. Pilo non si perdette d'ani-
mo : arringò i Chianioti assicurandoli dei pronti soccorsi dei fra-
telli del continente per la via di Malta o per altra via; mandò
-corrieri ai signori La Porta e Firmaturi in Gorieone, al Barone di
262 • HISCBLLAKEA
Sant'Anna in Alcamo perchè raccogliessero le disperse squadre e
alla marina di Girgenti per sapere se era avvenuto lo sbarco delle
armi e degli emigrati di Malta. Gli abitanti di Piana dei Greci si ralle-
grarono molto di queste promesse. Pietro Piediscalzi, che in quei
giorni si nascondeva aspettando l' occasione di emigrare , riorga-
nizzò subito la sua squadra. Un capitano di compagni d'armi, che-
andò alla Piana il 24 Aprile per ritirare i 121 fucile che s'erano
raccolti per le presentazioni volontarie, notò con meraviglia « che-
ivi erasi novellamente manifestato lo spirito turbolento e che 1
tristi imperversavano». (Filza 12.^8, n. 8-'i). Dalln Piana fu subito-
spedito a Palermo il calzolaio Ferdinando Schirò per avvisare il
comitato segreto della presenza di Pilo e Gorrao e degl'imminenti
aiuti. Quest'avviso risollevò gli animi : il comitato raddoppiò di
zelo per raccogliere uomini e denari e mandò a Pilo quella som-
ma, di cui parla come assoluta certezza l' ispettore di Termini e
che fu di mille onze (L. 12,750). Il 24 Aprile si trovarono affissi'
in vari punti di Palermo sette cartelli « sediziosi » nei quali tra
l'altre cose si diceva : « La Sicilia è una sola patria con l' Italia
libera. I prodi emigrati sono fra noi. Viva Vittorio Emanuele !"
Viva la libertà ! Viva l'unità Italiana ! All'armi ! » (Filza 1238, n. 76)..
Il luogotenente generale di Sicilia scrive al ministero di Napoli
in data del 26 Aprile : « I tristi che eransi ritirati dopo gli scon-
tri infelici con le Reali Truppe, ripigliano coraggio e si presen-
tano ad una nuova riscossa ». (Arch. di Pai.). Molti da Palermo
si recarono nelle montagne a ingrossare le guerriglie. Il Firma-
turi corse subito alla chiamata di Pilo e giunse forse il 22: circa-
due giorni dopo si unì loro Pietro Lo Squiglio, uno degl' insorti-
dei 4 Aprile e dei superstiti di Carini, che dopo la disfatta erasii
rifugiato nelle montagne. Pietro Lo Squiglio, che nel '48 era stato-
dei 100 Crociati Siciliani andati sotto La Masa a combattere nel
Veueto gli Austriaci, era una vecchia conoscenza di Pilo e Gorrao;.
e mori poco dopo all'alba del 27 Maggio, all'assalto del ponte del-
l'Ammiraglio.
La polizia che, come abbiamo visto, non ignorava la presenza
di Pilo in Piana dei Greci, fece nel colmo della notte tra il 25 e-
il 26 circondare dallo truppe il paese e procedere a un nuovo di-
sarmo «0 all'arresto dei più facinorosi». (Arch. di Pai.). Ma Pilo^
Corrao, Lo Squiglio, Firmaturi e Piediscalzi sospettando qualche-
MISCELLANEA 2G3
tranello la notte erano andati a dormire a un casino distante un
mezzo miglio dal paese. L'indomani seppero che la Piana era cir-
condata dai soldati, onde si ritirarono più in là sulle colline dello
Sbanduto. Il paese fu sottoposto a minutissima perquisizione : il
disarmo fu rigorosissimo : vennero tolte le spade perfino alle sta-
tue di S. Giorgio e di S. Demetrio.
Il Firmatari ripartì forse il 27 alla volta di Corleone per in-
tendei'si con Luigi La Porta, che il 2 Maggio ricomparve a capo
di 80 nomini nei boschi di Ciminna (Arch. di Pai.): Piediscalzi
restò nei monti della Piana con la sua squadra non disciolla e
mantenuta in gran parie a sue spese : Pilo con Corrao e Lo Squi-
glio partirono per la* valle di S. Martino per avvicinarsi al co-
mitato centrale di Palermo. Giunsero forse la mattina del 29 al
monastero di S. Martino appartenente all' ordine di S. Benedetto.
L' abate Luigi Castelli promise di somministrare quanto era ne-
cessario alle loro persone, ma li esortò ad allontanarsi da quei
luoghi. I tre si sdegnarono d'una accoglienza così fredda, dove
avevano sperato valido appoggio ; onde attraversato Monte Cuccio
giunsero alla regione detta Insorra nella parte occidentale dei
colli di Palermo e pernottarono in una casuccia. Quindi si stabi-
lirono nella casa detta del Monaco, che forse allora era disabitata
e vi si trattennero una quindicina di giorni.
L'Inserra è un altipiano della catena dei monti, che va da
Monte Cuccio al mare. Alto circa 250 metri e posto in una inse-
natura ad angolo tra la catena principale e una sua diramazione,
domina la vasta vallata che col nome di Piana dei Colli si stende
al nord di Palermo tra la catena della (juale parliamo e il monte
Pellegrino. Dail'Inserra .salendo per circa un chilometro si giun-
ge alla casa del Monaco posta tra vaste piantagioni di fichi d'In-
dia all'altezza di circa 400 metri e chiamata cosi perchè era pro-
prietà d'un convento, che vi faceva ordinariamente dimorare un
suo monaco. Varie irazzè)'e o strade mulattiere passano in vici-
nanza della casa del Monaco, dietro la quale la montagna sorge
ripida e nuda, tutta greppi e massi e appena con qualche pianti-
cella nei ci'epacci. Di questa casa ì tre fecero il centro delle loro
operazioni, perchè mentre da essa si guardava la vallata di Pa-
lermo e si poteva scoprire qualunque movimento nelle sue stra-
de, si aveva poi facile comunicazione coi monti di Torretta, Mon^
264 MISCELLANEA
telepre e Carini. Per stare al sicuro d' una sorpresa tenevano 6
esploratori, pagati ciascuno con 6 tari (L. 2,50) al giorno, oltre il
mangiare; e cambiavano spesso dimora, specialmente la notte che
passavano ora in una grotta , ora in un pagliaio , non mai due
volte nello stesso punto. Da questa casa spedirono subito un cor-
riere in Palermo ai fratelli Di Benedetto, che risposero essere la
citià ben disposta, ma bisognare un aiuto dal di fuori : indicarono
pure i capi della sollevazione precedente, che speravasi si riuni-
rebbero tutti sotto la guida di Pilo e di Corrao. Questi allora
mandarono corrieri dappertutto e presero a riorganizzare le for-
ze insurrezionali da Palermo a Castellammave del Golfo.
Mentre cosi Pilo attendeva a rianimare la rivoluzione, il suo no-
me e il suo ardire non erano senza influsso presso gli amici di Geno-
va. Garibaldi appena conosciuta l'insurrezione di Palermo ordinò
che si facessero venire le armi e i denari da Milano e si allestisse un
vapore. Ma Cavour e Farini cercano, benché indirettamente, di disto-
glierlo dall'impresa : le notizie della Sicilia giungono poco incorag-
gianti. Garibaldi era perplesso. Ed ecco che il 24 Aprile ritorna in Ge-
nova e si presenta al Generale il Motto pilota della paranza, con
la quale i due emigrati erano andati a Messina. Garibaldi lesse
commosso la lettera mandatagli dal Pilo e rivolto al Motto disse:
« Ma se stamane ho letto in un giornale che il movimento di Si-
cilia è stato represso — Generale, rispose il pilota, manco da po-
chi giorni dalla Sicilia e mi pare impossibile che il Borbone abbia
avuto tempo di frenare una rivolta , che ogni giorno prendeva
più vaste proporzioni. Rosolino e Corrao sono partiti da Messina
per portare la rivoluzione in Palermo, seminandola lungo la via.
Messina e le vicinanze erano insorto la sera stessa che entrammo
nello stretto. Kd ora, Generale, ci vuole il vostro braccio , altri-
menti saranno tutti sacrificati*. Garibaldi risolve di partire il più
presto possibile. Ma il 27 giunge un telegramma di Fabrizi da
Malta: «Completo insuccesso nelle provincie e nella città di Pa-
lermo. .Molli profughi raccolti dalle navi Inglesi giunti in Malta ».
Garibaldi dolente dichiarò la spedizione impossibile. Ma la notte
del 20 giunge un altro telegramma di Fabrizi che la manina del
30 tì portato a Garibaldi: « L'insurrezione vinta nella cittù di Pa-
lermo si sostiene nella pravincia. Notizie raccolte dai profughi
giunti in Malia su navi Inglesi ». Nello stesso tempo gli si porta-
MISCELLANEA 261
rono altre lettere e dispacci « dai quali appariva che V insurre-
zione nell'isola andava rapidamente pigliando piede. Si annunziava
in ispecie che Marsala fosse già in potere degl'insorti e si aggiun-
geva che Rosolino Pilo era a capo poco meno d' un esercito ».
{Diario di G. Bandi presso Ghiaia. Lettere di Cavour , voi. IV,
p. GLIII). Queste voci sul Pilo m' hanno indotto a credere che
fossero allora arrivate le lettere scritte, certo con molte esagera-
zioni, da Sant'Agata il i6 Aprile. Ad ogni modo solo allora Ga-
ribaldi si decise definitivamente ed esclamò pieno di gioia: Par-
tiamo e sia pure domani.
Quanto al telegramma di Fabrizi spedito.il 20 e giunto il 27,
molti dopo il successo di Garibaldi dichiararono ch'esso mandato
in cifra era stato malamente interpretato. Ma se il telegramma
era scoraggiante, era anche verissii'no ; né Fabrizi era capace di
mandare false notizie per causare forse una catastrofe. Il secondo
telegramma poi non contradice al primo: .^olo chiarisce che l'in-
surrezione si .sosteneva nella provincia di Palermo. E se questa
notizia, anch' essa vera, contribuì a decidere Garibaldi, se ne deve
cercare la causa nell'azione di Pilo e di Corrao.
E mentre i Mille si raccoglievano in Genova e salpavano da
Quarto, Pilo e Corrao ignari di tutto ciò lavoravano col massimo
ardore a ri-sollevare la Sicilia. Siccome alle loro richieste di da-
naro per pagare le squadre il comitato centrale di Palermo ave-
va risposto di non avere, dopo l'emigrazione di molti contribuenti,
che 450 onze, alle quali non avrebbe posto mano che solo due
giorni avanti l'azione, il Pilo firmò una cambiale di L. 0,000 da
scontarsi in Malta da Nicola Fabrizi e la mandò ai Di Benedetto
perchè la negoziassero. Quindi con alcuni capi della sollevazione
precedente tenne convegno nella Ferriera, eh' è una tenuta con-
tigua airinserra. Ivi sedettero sotto un carrubbo Pilo , Corrao ,
Salvatore Macaluso, Francesco Ferrante, Carmelo Ischia, Mariano
Mineo. Pilo mostrò la necessità di riorganizzare le squadre , per-
chè era tempo di tentare un colpo. Quelli si dichiaravano pronti,
eccetto Carmelo Ischia, che diceva di non potersi far nulla per-
chè mancava il denaro, mancavano le munizioni e soggiungeva:
« Maledetto il momento, che mi sono mescolato in faccende poli-
tiche •>. Ma infine anche l'Ischia cedette alla pertinacia di Pilo e
Corrao specialmente per l'assicurazione di prossimi soccorsi, e di
266 MISCELLANEA
là i quattro convocati scesero nella Piana o si addentrarono nei
monti per ricominciare il lavoi'O, Qualche giorno appresso l'opera
era già molto avanzata : l'Ischia aveva arruolati 400 uomini della
Piana dei Colli e consegnato un'onza a ciascuno e aveva mandato
al deposito di Carini 2 quintali di salnitro e non poca quantità di
piombo. Dairinserra Pilo, Corrao e Lo Squìglio andarono a Ca-
rini, forse il G Maggio, dove convennero anche Tondù, Bruno^
Marinuzzi. Pilo arringò la popolazione « dimostrando che non era
più il tempo di transigere con la tirannide, il cui trionfo avrebbe
soffocato per sempre le aspirazioni di tanti secoli; la lieve scon-
fitta sofferta essere dovuta all'infinito numero dei nemici prov-
veduti d'ogni militare apparecchio a fronte di pochi generosi sfor-
niti di tutto. Esortava il popolo ad organizzarsi ed osteggiare ancora
il nemico, fino a quando fosse giunto il soccorso dei valorosi fra-
telli del continente». (Manoscritto citato di Carmelo Piola). In Ca-
rini si presero gli ultimi accordi per la prossima sollevazione.
Pilo fu riconosciuto capo supremo; Corrao ebbe il comando di
tutte le forze, Tondù la soprintendenza delle munizioni da guerra
e da bocca, Bruno l'ispezione dei corrieri , delle vetture e delie-
guide. Si raccolsero dalle casse pubbliche e da contribuzioni pri-
vate più di 600 onze (L. 7650), e si versarono al Marinuzzi , che-
funzionava da ufficiale pagatore. Si convertirono le macine di
sommacco in macine di polvere, si aprì un laboratorio per la fab-
brica delle cartuccie e la fusione del piombo. Si destinò un ospe-
dale dei feriti a Carini ed un medico curante; si nominarono due
cappellani, Padre Misseri e Padre Calderone. Gli animi si rinfiam-
mavano dappertutto. Da Torretta andò in Carini una squadra di
44 uomini con 100 onze, da Montelepre un'altra squadra con al-
tre 100 onze, dai Colli di Palermo e da Capaci una squadra di
400 uomini, dalla Favarella 150 uomini con la musica alla testa,.
da Tommaso Natale e da Sferracavallo 50 uomini e così da altre
parti; sicché già si formava una colonna di più 1000 uomini, che
si raccoglieva sul monte detto Serra dell'Occhio per muovere dì
là all'assalto di Palermo. Cori'ao li disciplinava militarmente di-
stribuendoli in squadre di 10 uomini ciascuna con un caporale e
preponendo ad ogni 10 squadre un capo o un sottocapo. Si aspet-
tavano tra bi-eve quelli di Pai-tinico, di Piana dei Greci, di Cor-
leone, di Misilmeri o <li altri paesi. L'isola era già pronta a di-
MISCELLANEA 267
vampare di nuovo : lo sbarco di Garibaldi fu il colpo di fulmine
che incendia la polveriera. E già apparivano i segni precursori
della nuova rivoluzione. L'8 Maggio il comitato segreto di Paler-
mo in una stampa clandestina diceva: « I nostri fratelli, che nei
lunghi anni d'esiglio hanno sospirato il momento di venire nella
loro terra natale a dividere i pericoli della lotta contro il Bor-
bone, sono già in armi e con noi ». E terminava col grido : « Viva
Vittorio Emanuele, Viva l'Italia ». (Filza 123S, n. 2).
Il giorno dopo verso le 6 pom. molta gente passeggiava per
via Macqueda con sembiante concitato. I giovani presero a scher--
nire i soldati; una mano d'audaci voleva disarmare una pattuglia,
che prima cercò di respingerli e infine fece fuoco. Le altre pat-
tuglie accorse nello stesso luogo caricarono la folla con la baio-
netta. La folla gridava: «Viva l'Italia, viva Vittorio Emanuele».
Vi fu un morto ed otto feriti. Si vedeva che Palermo si prepa-
rava ad una seconda riscossa. Il luogotenente generale scrive a
Napoli il 10 Maggio: « Gol durar delle speranze di vicini soccorsi,
che il partito rivoluzionario si aspetta dal Piemonte, dura e si
accresce l'ostinazione dello spirito fazioso, che informa una parte
degli abitanti di questa città, i quali in preda ad un delirio anar*
chico fan di tutto per sovvertire l'ordine ».
L' 11 Maggio sulla falsa notizia dello sbarco degli emigrati di
Malta a Punta Bianca nella marina di Girgenti, un buon nume-
ro di squadriglieri convenuti da Piana dei Greci, da Partinico, da
Montelepre si raccolgono a Malvello sotto la guida di Pietro Pie-
discalzi. La squadra il giorno appresso circondò il paese di Roc-
camena e intimò il disarmo a tutti coloro che non volessero se-
guire la bandiera nazionale. Si raccolsero 80 fucili, pochissimi de-
nari e munizioni, ma nessuno del paese volle arrolarsi. « Ciò fatto
andarono nell' ex-feudo Gallardo, ove mentre stavano facendo co-
lazione arriva il marchese Firmaturi con due dei suoi e più tardi
un uomo a cavallo, il quale dà l'annunzio che Garibaldi era sbar-
cato a Marsala con 1200 Italiani. A questa nuova scaricarono i.
fucili per la gioia e quel giorno fu per loro una festa incante-
vole». (G. Petta, Piana dei Greci nella rivoluzione del '60, Pa-
lermo 1861). Possiamo anche imaginarci la gioia, che dovette pro-
vare a quella notizia Rosolino, che aveva promesso tante volte
gli aiuti dei fratelli del continente. Egli spedì subito un pedone-
268 MISCELLANEA
alla volta di Garibaldi per mettersi ai suoi ordini e cooperare con
lui. Gran parte delle squadre, che dovevano riunirsi a Pilo, s' in-
dirizzarono pure a quella volta.
VI.
Garibaldi, vinta il 13 Maggio la battaglia di Galatafimi , occu-
pò il giorno appresso il paese di questo nome e di là scrisse al
Pilo :
f Calatafimi i6 Maggio 1860.
Caro Rosolino,
Ieri abbiamo combattuto e vinto — i nemici fuggono verso Pa-
lermo— le popolazioni sono animatissime e si riuniscono a me in
folla. Domani marcerò per Alcamo. Dite ai Siciliani eh' è ora di
finirla — e che la finiremo presto: qualunque arma è buona per
un valoroso, fucile falce mannaia un chiodo alla punta d' un
bastone.
Riunitevi a me od ostilizzate il nemico in cotesti dintorni, se
più vi conviene. Fate accendere dei fuochi in tutte le alture, che
contornano il nemico — tirar quante fucilate si può di notte alle
sentinelle e posti avanzati — intercettare comunicazioni — incomo-
darlo infine in ogni modo. Spero ci rivedremo presto.
Vostro
Q-. Garibaldi ».
La mattina del 17 giunse in Alcamo , donde la sera prosegui
la marcia in avanti e la mattina del 18 occupò Partinico. In que-
sto giorno o nel preredente Rosolino ayendo intercettate delle
corrispondenze nemiche le aveva spedite a Garibaldi, o chiestogli
nello stesso tempo armi e munizioni. Garibaldi cosi gli rispose
quella stessa mattina :
MISCELLANEA 269
cPai'tinico 18 Maggio 1860.
Caro Rosolino,
È tempo di marciare verso Palermo, di approfittare dello en-
tusiasmo del popolo e dello sconforto dei regi. Fate quanto vi ho
scritto nell'antecedente e più se potete.
Io marcio verso Monreale e sarò vicino a quel posto verso
sera.
Avvicinatevi per le munizioni e vi farò parte di quella che
abbiamo. Assicurate però i nostri prodi che col ferro faremo as-
sai più che col fuoco contro i nostri nemici. Con affetto.
Vostro
G. Garibaldi ».
E poco appresso verso mezzogiorno mandò quest'altro biglietto:
« Partinico 18 Maggio.
Caro Rosolino,
Bisogna dire ai nostri prodi di Carini che si preparino a coadiu-
vare r opera nostra di domani. Io marcerò alle 3 pom. verso
Monreale. Frattanto si accendano falò questa notte su tutte le al-
ture che avvicinano Palermo e si molestino i regi con fucilate
di notte in tutte le posizioni che occupano e di giorno in ogni
modo possibile.
Dite ai bravi Siciliani che un ferro qualunque nelle loro ma-
ni — vale un fucile. Addio.
Vostro
G. Garibaldi ».
Pilo fece accendere centinaia di fiaccole e fuochi sui monti ; e
270 MISCELLANEA
i Palermitani, come cantò Giuseppe Romano nel 1862 in un car-
me a Rosolino Pilo,
confortavan l'ore
Delle squallide sere i circostanti
AirOretea città colli guardando
Di molte faci risplendenti e lieti.
Ma la preoccupazione delle armi da fuoco era insistente nel
Pilo, che cercava di procurarsene per tutte le vie, come mostra
.il seguente biglietto mancante di soprascritta e conservato dal
Dott. Giuseppe Lodi :
« Carini 18 Maggio '60.
Signore,
Dall'ottimo Giovanni Ferranti mi si scrive che siete possessore
di numero dieci fucili e che siete disposto a darli dietro mia ga-
ranzia. Ciò posto, mi permetto di farvi queste linee, che vi var-
ranno per la garanzia che ricercate.
Gradite li miei ringraziamenti e credetemi
Obb.mo
Rosalino Pilo — Capaci ».
Pochi giorni prima aveva anche tentato d'avere munizioni dal
Comandante del Govèrnolo, nave da guerra Piemontese che dal
23 Aprile stazionava nel porto di Palermo e che contava tra gli
ufficiali il Siciliano Giuseppe Denti, nipote di Pilo. Il Denti rima-
sto orfano aveva emigrato con Pilo nei primi del Maggio '49 per
Marsiglia e di là poco dopo per Genova. Il Pilo gli aveva fatto
da padre, ed ottenuto con gran difficoltà un posto nell'Accademia
navale di Genova, donde lo vide uscire ufficiale della Marina Sar-
da. Il Denti (che poi mori contrammiraglio) così gli scrive :
MISCELLANEA 271
€ 15 Maggio *G0.
Mio amatissimo Rosolino,
Quanto caro mi sia riuscito il tuo biglietto puoi facilmente fi-
gurartelo — tu che sai quanto t' amo. Mi avessi chiesto la vita,
non avrei esitato un istante a dartela — nessuno ne ha più diritto
di te. Ma quanto mi chiedi è cosa assai difficile. Il comandante
non è a bordo, ma quand'anche vi fosse son certo che risponde-
rebbe negativamente. Pure appena tornerà, gliene parlerò ; e ove
la persona, che mi ha portato oggi.il tuo biglietto, torni, le darò
più positiva risposta. Ama il tuo Peppino ».
« Palermo 18 Maggio.
Amato mio Rosolino,
. . . Mi affligge più che pena mortale il non poter farti avere
quelle munizioni che desideri. Se Iddio esaudisse tutti gli ardenti
desideri, sta certo che avresti quanta polvere e palle sono sul
Govèrnolo. Ma Iddio, pare, non corona sempre i santi e forti pro-
positi. Ma credo in Cristo che, se non è il Dio dei vili, coronerà
i vostri sforzi... Ama chi t'adora. Tuo figlio Peppino».
Il Pilo la mattina del 18 lesse nella piazza di Carini tra l'en-
tusiasmo generale la lettera di Garibaldi del 16, della quale man-
dò copia al comitato di Palermo e a molti altri Comuni; poi verso
mezzogiorno si recò nei monti di S. Martino, dove fu raggiunto
da Salvatore Calvino, capitano dello Stato Maggiore di Garibaldi,
con una squadra di Siciliani e non di carabinieri Genovesi, come
scrissero alcuni. Di questa e d'altre cose e' informa la seguente
lettera di Rosolino a Pietro Tondù rimasto in Carini per procu-
rare oltre del vettovagliamento le munizioni, cioè polvere , palle
e anche lancie per chi non avesse fucile:
272 MISCELLANEA
» (Monti di S. Martino 18 Maggio).
Caro Pietro,
Le vettovaglie arrivarono qui alle ore 17, non so per quale
causa; né mi volli occupare a penetrarla. Se la squadra dei 100
individui, che tu mi dici avere bene organizzata , si trova tutta
armata con fucili, mandala domani presto qui stesso, ove pernot-
teremo stanotte ad aria scoverta, perchè per ordine del generale
Garibaldi non dobbiamo abbandonare questa posizione, anzi dob-
biamo in diversi modi e in diversi punti incomodare il nemico.
Si è venuto ad unire a noi il nostro confratello Salvatore Calvino
capitano dello Stato Maggiore di Garibaldi , portando seco una
squadra dei nostri senza denaro. Egli ci coadiuverà nelle opera-
zioni da fare e ci darà dilucidazioni — Sento con piacere i voli
che si son fatti per la munizione. Domani mandala tutta e fa con-
tinuare con maggiore alacrità il lavoro. Dal modo come scrive il
generale Garibaldi è da credere che tra stanotte e dimani seguirà
l'attacco sopra Monreale. Tieni questa notizia come riserbata par-
te solo e pel comune e buon amico Padre Luigi (Domingo?) —
Don Giovanni (Gorrao) ti saluta. Egli è disceso in S. Martino se-
guito da molti dei nostri per far delle scoverte o per attaccare.
Torno alla squadra. La condizione se non importa che non:
devi mandare tutti quelli che hanno fucili. Anzi te lo raccomando
perchè ci sarebbero di giovamento.
Salutami tutti i galantuomini del paese , che ebbi il piacere
d'avvicinare. Rispettami il Gomitato. Abbraccia il tuo fratello
Rosalino ».
(Arch. di Pai. 1.' stanza, n. 59).
Garibaldi, come dice nel suo secondo dispaccio del 18 al Pilo,
si avanzò verso le tre pom. per la via di Monreale e si accampò
nell'altipiano di Renda. La mattina del 19 si spinse sino alle
primo case di Pioppo a 5 Chilometri da Monreale e di là scris-
MISCELLANEA
273
se al Pilo, evidentemente rispondendo a richieste ed osservazioni
di lui :
• Misero-Cannone 19 Maggio '6u,
Caro Rosolino,
Ho risposto alla vostra lettera annessa ai dispacci sequestrati :
non posso per ora mandarvi munizioni e cannoni.
Penso di marciare verso Monreale nelle ore tarde della gior-
nata. Con la vostra gente coadiuvate il possibile alle nostre ope-
razioni, incomodando il nemico in ogni modo.
Dite ai vostri compagni che in Lombardia e in Sicilia noi ab-
biamo sempre vinto il nemico che aveva cannoni e noi no : che
i Siciliani sanno perfettamente combattere a ferro freddo e che
in ogni modo vinceremo.
Osservate i nostri movimenti con messi svelti e sicuri e rego-
latevi in conseguenza.
Si stanno confezionando munizioni e subito che ne avrò delle
pronte, ve ne farò parte.
Salutatemi i vostri bravi compagni.
Vostro
G. Garibaldi ».
Rosolino dovette riscrivergli chiedendogli istruzioni e se Cal-
vino, che dal giorno avanti si trovava con lui, dovesse anche
dipendere da lui. Garibaldi rispose con una lettera che per lace-
razione del foglio manca del principio e della fine:
« Renda 19 Maggio '60.
Tenersi sopra il nemico ed ostilizzarlo per quanto sia possibile,
senza esporsi seriamente :
Tenermi informato di qualunque cosa e coadiuvare alle no-
stre operazioni. Calvino sarà ai nostri ordini , quando debba di-
pendere da noi.
Arch. Star. òVc. N. S. anno XXIV. 18
274 MISCELLANEA
Quando noi potremo attaccare francamente il nemico — attac-
carlo pure risolutamente da parte vostra».
Il giorno dopo il Pilo ricevette questo dispaccio dal capo di
Stato Maggiore di Garibaldi:
« Dal campo presso Renda sulla via di Monreale
ore 2 poni, del 20 Maggio 1860.
(Pressantissimo). D'ordine del Generale : Ella marcerà solleci-
tamente con le forze delle quali dispone sopra S. Martino, affine
di cooperare col Generale che opera sopra Monreale. Gol messo
stesso che reca quest'ordine e con altri messi sicuri, tosto che ri-
ceverà questa lettera, renda avvisato il Generale del quando può
giungere con le sue forze a S. Martino , con quali forze vi può
giungere e a quale ora può cooperare sopra Monreale e in qual
modo.
Faccia seguire i primi avvisi a misura che avanzano le sue
forze e principalmente dopo l'arrivo a S. Martino.
Sirtori » .
Al signor Rosolino Pilo a Carini
0 dovunque trovasi (il messo recherà la risposta)
S. P. M.
Il Pilo, appena ricevuto questo dispaccio, ordina a Pietro Ton-
dù in Carini che venga con tutte le forze o le mandi sotto qual-
che capo fidatissimo :
e Monti di S. Martino li 20 Maggio.
(Riserbatissimo) Carissimo Pietro,
In vista bisogna che le masse facciano mossa pel monastero di
S. Martino. Il generale Garibaldi 1' ha ordinato e bisogna ubbi-
MISCELLANEA 275
(Jirlo subito subito. Disponi quindi che le squadre di costì vengano
subito portando le munizioni e procura tu di far aumentare le
braccia per continuare la fabbricazione.
Se tu credi che per riuscirvi e per badare ancora alla fabbri-
cazione delle lancie sia necessaria la tua presenza, restati, pur-
ché la marcia venga affidata a persone energiche e bene inten-
zionate.
Io affido a te questa interessantissima incombenza , essendo
troppo necessario che essa venga senza la menoma remora adempita.
Bosaiino Pilo >
In questa lettera sono di pugno del Pilo la sola firma e le
parole subito subito aggiunte lateralmente al testo. Il Tondù ri-
cevuta la lettera si pose subito in marcia e giunse al monastero
di S. Martino circa le 9 pom. Ma poco dopo la mezzanotte riparti
alla volta del campo di Renda.
Dopo il suo arrivo Rosolino spedi questo dispaccio :
« S. Martino 20 Maggio oro iO pom.
Arrivato qui con 250 uominL
Domattina richiamerò Gorrao coi 150 uomini dal monte della
Neviera.
Le altre spero che arriveranno tra stanotte e domani di
buon' ora.
Al monastero di Valverde nd'la jslrada di Monreale ad un mi-
glio da Palermo 4 grossi cannoni mascherati.
Al Generale GarihaldL
Rosalino Pilo ».
Nella lettei'a al Tondù «i maaifesta l'impeto, che Rosolino met-
teva in tutte le sue cose e in questo dispaccio fatto cosi concisa-
mente e nel quale è pure di Rosolino la sola firma , si rivela
oltre la stanchezza forse anche l'ansia di chi si approssima ad
•una pruova decisiva. La *i^nora White-Mario nella Vita di Ga-
276 MISCELLANEA
ribaldi dice che Rosolino in quel giorno scrisse alla donna, che
amava : « Questa sera mi congiungo con Garibaldi, se le palle mi
rispettano» Egli comprendeva la difficoltà della pugna imminente,
ma con Garibaldi era sicuro della vittoria ; e forse già pregustava
l'ebbrezza del trionfo e pensava con orgoglio alla donna amata..
Ma il fato si apprestava a colpirlo.
Il monastero di S. Martino, che si dice uno dei sei conventi
fondati in Sicilia dal Papa Gregorio I nel secolo VI, è uno splendido
edificio, che sorge a 12 Chilometri all'ovest di Palermo, sulle pen-
dici occidentali d'una vasta vallata interrotta da numerosi monti
e valli minori e cinta di alte montagne per tutti i lati, salvo al-
l'est dalla parte di Palermo, dove ha più largo orizzonte. La val-
lata è limitata al nord dal monte Cuccio e dalle sue diramazioni
occidentali, all'ovest dalla Serra dell'Occhio, al sud dal Castel-
laccio e dal monte Meta, il cui punto più alto si chiama Pizzo di
Giardinello (m. 870). Quest'ultima catena divide la valle di S. Mar-
tino dalla città di Monreale; la Meta col Pizzo di Giardinello do-
mina dal lato sud la strada che da Monreale va a Pioppo e al-
l'altipiano di Renda e dal lato ovest la così detta Vallecorta, che
divide la Meta dal monte Boarra e dal Monte di Mezzo, che può
dirsi una diramazione del Boarra fìancheggiante la Vallecorta.
Dal Pizzo di Giardinello si dirama verso il monastero di S. Mar-
tino, nelle cui vicinanze finisce, un altro monte di altezza poco
minore, che si chiama monte della Neviera, Ad esso, come an-
cora alla Serra dell' Occhio e alle altre elevazioni vicine al mo-
nastero, si dà il nome generico di Monti di S. Martino.
La mattina del 21 Maggio, mentre l'accampamento dei Mille
era ancora nell'altipiano di Renda, gli avamposti Garibaldini si
stendevano sino alle falde del Boarra sull' ingresso meridionale
della Vallecorta in un luogo chiamato Lenzitti, a due chilometri
da Monreale. Le falde del Boarra erano occupate dalla squadra
di -Piana dei Greci comandata da Pietro Piediscalzi. Questa squa-
dra dopo la notizia ricevuta il giorno 12, come narrammo, nell'ex-
feudo Oallardo, s'era incamminata per Corleone, dove il giorno 13
fu ricevuta ti'ionfalmente. « Le grida di viva l'Italia, viva Gari-
baldi si ripetevano per ogni strada, per ogni vicolo. Fra quel tur-
bine di ovazioni udivasi pure il nome di Pietro Piediscalzi, il
quale alz;t''> ^nllo braccia fu condotto in trionfo da un immenso
MISCELLANEA 277
popolo frenetico di gioia , che lo precedeva, lo fiancheggiava, lo
seguiva chiamandolo il vero propugnatore della libertà». (G. Petta,
Piana dei Greci nella rivoluzione del '60). Il giorno 17 torna-
rono alla Piana e vi combattettero una colonna nemica che ve-
niva da Parco. La mattina del 18 la squadra si presentò a Gari-
baldi in Partinico, fu passata a rassegna dal colonnello Giacinto
Carini e col nome di Cacciatori dell'Etna destinata agli avampo-
sti di Lenzitti. Ma mentre si pensava di assalire il nemico, si fu
all'improvviso da esso assaliti.
Il giorno 20 i comandanti borbonici deliberano di prendere
l'offensiva, e la mattina del 21 si fanno avanti. Bisognava assalire
l'avanguardia garibaldina e per essere sicuri alle spalle disper-
dere le squadre dei monti di S. Martino. I Borbonici procedono
in tre colonne, partite due da Monreale (centro ed ala sinistra)
ed una da Palermo (ala destra); quella del centro si avanza di
buon mattino ad occupare le cime del monte Meta e il Giardi-
nello ed oltrepassando la Vallecorta occupa anche il monte di
Mezzo e in pai'te la cresta del Boarra. Questa colonna dal Giar-
dinello apre il fuoco con colpi rari e riparata da un muro, che
ivi sorgeva per divisione di proprietà, è quasi invisibile. G'insorti,
-che rispondono arditamente e s'avanzano cautamente verso il Giar-
dinello, potettero credere d'aver vinto o respinto il nemico. Gl'in-
sorti si stendevano dal lato della valle di S. Martino sui fianchi
della Meta dalla Neviera sino al Montecristo , eh' è un poggio
dominante la Portella di S. Martino cioè il passo che conduce da
Moni*eale a questa valle e pel quale si credeva che s' avanzereb-
bero i nemici. Ma questi invece avevano occupato le cime dei
monti e soprastavano alle squadre. Il Pilo all'alba del 21 aveva
richiamato Coi'rao al monastero di S. Martino ; ma appena scam-
biati i primi saluti, corse la voce che il nemico si avanzava, onde
Corrao ritornò di corsa al suo posto sul Montecristo e poco dopo
Pilo e Calvino salirono la Neviera con tutte le loro forze. Frat-
:tanto s'avanzano le colonne laterali nemiche, l'una verso S. Mar-
itino minacciante di girare la Neviera, l'altro dal lato di Monreale
per assalire le squadre sulle falde del Boarra e tagliar loro
sia ritirata verso Renda. Allora suona nelle file borboniche la
tromba ordinante il fuoco : la truppa accumulata sul Giardinello
•e sulla Meta esce dai suoi rioari e comincia un terribile fuoco
à78 MISCELLANEA
di fila : una pioggia di piombo cade sulla cresta della Neviera e
del Montecristo, mentre dall'alto del Castellaccio a distanza tuona
il cannone. Pilo certo non s'aspettava d' essere assalito da forze
così imponenti. Le sue squadre erano nell'impossibilità di resistere
a un fuoco così nutrito e a tanti nemici che sempre più s' avvi-
cinavano di fronte e alle spalle, cioè dalle vette della Meta e del
Giardinello e dalla valle di S. Martino. Il Pilo vestito da borghe-
se, salvo che portava una sciarpa tricolore ed un berretto con
striscia che lo indicavano comandante, gridava ai suoi : « corag-
gio, fratelli, eora.k'Lrio contro i satolliti della tirnrini.le. Dobbiamo
liberare la patria. Viva l'Italia una ». Le squadre non potevano
retrocedere a S. Martino, verso cui s' avanzavano i Cacciatori
borbonici; non potevano scendere nella Vallecorta. senza esporsi
come bersaglio al fuoco; non potevano difendere a lungro le loro
posizioni, anzi nemmeno dispiegare le loro forze, perchè dominate
da nemici più in alto e più numerosi. Il pericolo non poteva
superarsi senza un soccorso. Rosolino risolve di scrivere a Ga-
ribaldi e frattanto resistere disperatamente. Egli sul Pizzo cioè
sul punto più alto della Neviera, seduto sul terreno in pendio,
riparato da due roccie disposte quasi ad angolo e da un rialzo
intermedio di terra scriveva in un foglio sul. ginocchio rial-
zato, quando una palla rimbalzando da una delle due roccie lo
colpì nella testa e penetrò nella cavità del cranio. Si piegò
su se stesso, quindi cadde rovesciato a terra dando in forti con-
vulsioni. Accorsero i suoi per assisterlo e poco dopo presolo
per le gambe e per le spalle lo portarono giù dal Pizzo con l'iri-
tenzione di trasportarlo al monastero. Ma in meno di duo ore
spirò. Non aveva ancora quarant'anni, essendo nato in Palermo
la notte del 12 Luglio 1820. All'appressarsi sempre più incalcante
del nemico, gli squadriglieri accortisi che il comandante era spi-
rato non pensarono che a salvarsi e deposero il cadavere lateral-
mente a una casetta, che chiude l'ingresso d'un magazzino di neve.
Potevano essere le 9 antimeridiane. —All'alba dello stesso giorno
un'avanguardia borbonica aveva assalito alle falde del Boarra le
squadre di Piana dei Greci. Sulle prime fu respinta, ma poi tor*
nata con forzo maggiori sopraffece le squadre , che spei-arono di
salvarsi per la Vallecorta, forse non credendola occupata dai ne-
mici ; ma mentre Pietro Piediscalzì tentava questa via, infondendo-
MISCELLANEA
279
col suo esempio fermezza e coraggio ai seguaci, colpito da una
palla al petto rimase all'istante cadavere.
La leggenda, che accompagnò il Pilo nella sua traversata della
Sicilia, continuò anche intorno la sua morte. Si disse ch'egli por-
tava una cintura piena di monete d'oro, che avrebbero eccitata
la cupidigia di qualcuno delle squadre, il quale o per questo mo-
tivo 0 per essere stato duramente riproso dal Pilo di qualche sua
rapina o d'altro avrebbe concepito odio feroce ed effettuato nella
confusione del combattimento il proposito omicida. Un mio amico
di vasta cultura e d'ingegno arguto mi disse ch'egli aveva girato
gran parte dei giardini Palermitani, dove lavoravano molti delle
squadre del '60, per appurare il vero della morte del Pilo e che
le loro relazioni erano quasi concordi che la morte fosse dovuta
al tradimento di qualcuno dei tanti mafìusi , che facevano parte
delle squadre. .Ma questi racconti per quanto diffusi debbono asso-
lutamente rigettarsi ; essi mostrano solo che la scomparsa improv-
visa d'un uomo eminente nel punto, in cui sembrava elevarsi a
maggiori destini, impressiona il popolo, che spiega la catastrofe
col delitto. Le voci poi di tradimento da parte del Corrao, l'indi-
visibile compagno di Pilo, fanno parte della nefanda gazzarra, con
cui l'ignobiltà umana tentò di gettare il fango sulle più alte fi-
gure del risorgimento nazionale.
Fu Rosolino di statura media, di complessione piuttosto smilza,
con capelli biondo-chiari ch'egli usava di portare lunghi e a zaz-
zera, e con barba rada e tendente al rossiccio. La sua salute ave-
va sempre degli alti e dei bassi. Soffriva attacchi nervosi , colpi
al cervello ed era minacciato spessissimo di dolori allo stomaco.
Con tutto questo sembrava incapace di riposo e di scoi'aggiamento.
Instancabile nell'eccitare ed oi-ganizzare moti favorevoli alla causa
nazionale, pronto sempre ad esporsi a tutti i rischi era della
scuola di quelli che credono doversi tirare contro il nemico sin
l'ultimo colpo: forse ò quello che l'ucciderà. Irremovibile nei suoi
propositi, imperturbabile nei maggiori pericoli, devoto alla gran-
dezza della patria, egli testimonia onorevolmente d' una genera-
zione la quale ebbe quello che e prima e dopo sembrò mancare
agl'Italiani, il carattere.
Morirono con Rosolino Pilo sulla Neviera Salvatoi-e Pellitteri
di Boccadifalco e Cristoforo Caruso di Terrasini, che feriti grave-
280 MISCELLANEA
mente non potettero fuggire e furono finiti dai nemici soprag-
giunti. Con Piediscalzi poi nella Vallecorta moi'ì Giuseppe Taglia-
via Palermitano. I borbonici alla loro volta ebbero due soldati
morti e sei feriti.
Il 22 Maggio il Luogotenente generale scrive a Napoli : « Una
persona spedita come esploratore fra le bande che osteggiavano
ieri le Reali Truppe sui monti di Monreale, di ritorno ha riferito
che i filibustieri di Garibaldi accampati a 6 miglia da quella città
non pigliarono parte al combattimento e che meglio di 2,000 era-
no gl'insorti che furono attaccati dalle Reali Truppe. Li capita-
nava il notissimo Rosolino Pilo Gioeni, che fu ucciso nel combat-
timento 0 spogliato delle sue vestimenta dagli stessi faziosi e la-
sciato nudo sulle roccie. Gl'insorti ebbero sette uccisi e parecchi
feriti e dei prigionieri >•. (Filza 1238, n. 54).
Di c*inque degli uccisi abbiamo riferito i nomi. Ma dobbiamo
ancora intrattenerci della morte del Pilo.
VII.
Chi dal monastero di S. Mai'tino sale il monte della Neviera
dopo una mezz'ora giunge ad un'amena valletta, dove vi sono due
poveri fabbricati, l'uno per custodia dell' ingresso del magazzino
di neve, che dà il nome ;il monte, e l'altro per deposito degli at-
trezzi da lavoi'o. Salendo da questa valletta nella direzione del
Pizzo di Giardinello si giunge al Pizzo della Neviera, cioè al punto
più alto di essa. In questo Pizzo fra due roccio calcaree sporgenti
e un rialzo di terra vi è un riparo che sembra sicurissimo, per-
chè chiuso da tutti i lati, salvo da quello del monastero e del ma-
gazzino. In (juel riparo Rosolino scriveva a Garibaldi, quando una
palla partita dal Pizzo di Giardinello colpi la roccia e rimbalzan-
do colpì Rosolino alla testa. La posizione e 1' esame dei luoghi
esclude assolutamente che Rosolino sia stato colpito da altra [)alla
che da una di quelle partito dal Giardinello o per soprappiù di
rimbalzo. La voce assai diffusa ch'egli sia stato ferito alla nuca sem-
bra una pruova del tradimento a chi non conosce i luoghi; ma
precisamonle alla nuca poteva essere ferito ye la palla era bor-
bonica, perchè il Pilo nel descritto riparo volgeva le spalle al
MISCELLANEA 281
Gìardinello, donde sparavano i nemici. Io però credo che fu col-
pito poco sopra la tempia sinistra, come assicura chi A'ide il ca-
davere; il che coincide pienamente con le circostanze sopra de-
scritte. Uno dei suoi non gli poteva tirare se non facendosi aper-
tamente vedere da tutti, il che nessuno afferma che sia avvenuto.
Solo si dice che qualcuno delle squadre fingendo di sbagliare tirò
nella direzione del comandante. Ma questo non è possibile, perchè
dovendo gli squndriglieri sparare nella direzione del Giardinello,
nemmeno vedevano il comandante nel ripai'o descritto: chi di
loro voleva colpirlo doveva collocarsi in tale posto e maniera
da non lasciare nessun dubbio sulle sue intenzioni. Ora, come ho
detto, nessuno afferma qjesto. In quello spazio fra le due roccie
Palermo dovrebbe innalzare una stela o porre una lapide al suo
eroico figlio, anzi sulla roccia stessa , che fu veicolo di morte,
scolpire la gloria dall'instancabile campione della libertà ed unità
d'Italia.
Caduto il comandante, accorsero i suoi, come dicemmo, e poco
dopo presero a trasportarlo giù dalla cima del monte. Ma giunti
presso la casipola della neviera, vedendo il comandante già morto
e 1 nemici vicini abbandonarono il cadavere a lato del muro della
casipola fra le alte ortiche, ai raggi del sole cocente; e prosegui-
rono la discesa per salvarsi. Giovanni Corrao e Salvatore Calvino,
che durante il combattimento avevano in tutti i modi coadiuvato
il Pilo, gli tolsero la sciarpa tricolore, l'orologio e il portafoglio
per consegnarli alla famiglia , lasciandolo cogli altri panni che
aveva indosso. Sopraggiunti i nemici, spogliarono il cadavere
e sfondata la porta della neviera gettarono su di esso quel tritu-
me di paglia e di neve che vi era e gli fecero altri sfregi. Fi'at-
tanto gli squadriglieri in ritirata giunti al fondo della stretta valle
cominciarono a salire il monte opposto eh' è la Serra dell' Oc-
chio : e i soldati dall'alto delle loro posizioni avrebbero potuto
farne strage, se per pietà o per stanchezza non avessero tirato in
aria o a sola polvere. Verso le 11 ogni combattimento era finito.
Poche ore dopo l'abate del monastero. Luigi Castelli , mandò sul
monte tre suoi inservienti per prendere e seppellire i morti ; e
Kjuelli trovatoli cadavere di Rosolino lo riposero dentro una cassa,
che avevano recato con se e lo portarono all'abazia, dove fu de-
posto la sera stessa del 21 nella tomba di mezzo detta di San
-Gregorio.
282 MISCELLANEA
Sopraggiunta la notte, le squadre si dispersero e Corrao si ri-
fugiò a Montelepre, che dista circa due ore di cammino.
Garibaldi avendo visto quella mattina il nemico spingersi avanti
per la cresta del Boarra sino a Pioppo, capì ch'esso non intendeva
più di tenersi sulla difensiva. E credendo ancora il Pilo in vita,
gli scrisse questa lettera, di cui la sola firma è autografa, mentre
le altre già riportate sono interamente di mano di Garibaldi :
« Misero Cannone 21 Maggio '60.
Caro Rosolino,
Ciò che fece il nemico questa mattina non è che una rico-
gnizione.
Da parte vostra continuate ad ostilizzare ed allarmare il ne-
mico quanto è possibile.
Dite poi ai nostri picciotti che se vogliono andare a Palermo
e liberare il loro paese, si conformino a far la guerra provvisti
di tutto qualche volta e mancanti di tutto qualche altra.
Vostro
G. Garibaldi ».
Quando poi seppe la morte di Rosolino ne fu molto addolorato.
Ma subito considerò che dopo la ricognizione di quel giorno il
nemico (ramai assicurato alle spalle, forte di numero e ben ar-
mato sarebbe forse venuto il giorno appresso ad assalirlo nel sua
stesso accampamento di Renda occupando prima i monti che lo
dominano. Perciò fedele alla sua massima di assalire francamente
a tempo opportuno e di non esporsi seriamenU: in condizioni
sfavorevoli ; persuaso che la sua superiorità consisteva princi-
palmente in una mobilità occulta , che sconcertava tutti i dise-
gni del nemico, al quale appariva di sorpresa; ordina nelle
ore pomeridiane la levata del campo , procede nel colmo della
notte per istrnde disastrose sino a Parco, dove giunge la mattina
seguente f di là scrive a La Masa , che ordinava il cami)o di
Oibil rossa :
MISCELLAKKA
'283
« Parco 22 Maggio 1860.
Abbiam marciato tutta la notte con un tempo d'inferno e stra-
da consimile. — Siam qui, mi piace la posizione e procureremo di
sostenerla fino a prendere 1' ofTensiva. — Inquieteremo il nemico
più che potremo — farete lo stesso da parte vostra e mi darete
vostre nuove. Addio, caro amico.
G. Garibaldi ».
Al Tondù, che aveva raggiunto 1' accampamento Garibaldino,
il Dittatore rilascia queste istruzioni, scritte tutte di sua mano :
^ Parco 22 Maggio 1860.
Il Comandante Pietro Tondù è autorizzato a riunir gente ar-
mata -- per ostilizzare i nemici in qualunque modo possibile.
Egli deve requisire dalle Autorità locali tutto quanto abbiso-
gna per mantenere e vestire la sua genie — documentando le
stesse con regolarità.
Egli deve mantenersi possibilmente in continua relazione col
mio quai'tiere generale — avvertendomi di qualunque cosa che
possa importare.
Egli deve tenere contfnuamente dei piccoli distaccamenti sul
nemico per incomodarlo — particolarmente di notte — tagliando le
sue comunicazioni, convoglio etc.
Procurerà poi soprattutto di dare la maggiore regolarità e di-
sciplina possibile alla gente che comanda — reprimendo qualunque
furto, violenza, etc.
G. Garibaldi ».
(Arch. di Pai. l'' Stanza, n. 50).
Non mi resta che di dare una notizia di Corrao. Rifugiatosi a
Montelepre dopo il combattimento della Neviera, in duo giorni
rifece le squadre che s'erano sbandate e tornò a stabilirsi alla
casa del Monaco nell'Inserra, dove era stato un quindici giorni cori'
Pilo. Occupò Montecuccio e i colli vicini ed ogni sei*a vi faceva.
284 MISCELLANEA
accendere un centinaio di fiaccole. Il '27 Maggio alle tre pomeri-
diane arrivò a lui una staffetta del Dittatore, il quale la mattina
era entrato a Palermo da Porta Termini. La staffetta consegnò a
Corrao un dispaccio, col quale gli si ordinava di scendere per le
B antimeridiane del giorno appresso alle porte di Palermo , ma
senza farne accorti i nemici e gli stessi suoi. Corrao nel colmo
della notte scende in silenzio verso Palermo, ancora per tre quarti
in potere dei borbonici, finche nello stradone dei Lolli incontrò
il nemico. S'impegna un vivo fuoco : cadono il portabandiei'a ed
altri militi del Corrao ; ma egli fa occupare le case dirimpetto la
caserma di S. Francesco di Paola, vi apre delle feritoie, fa tirare
all'improvviso sulla truppa accampata nelle vicinanze della ca-
serma. Il nemico è volto in fuga, la caserma è presa d'assalto e
il passo per entrare nella città rimane libero. Corrao vi manda
metà della sua gente, ma prevede che il nemico tornerebbe alla
riscossa; onde fece barricare una parte del Corso Olivuzza, occu-
pare le case all'intorno ed egli si stabilì nel palazzo Butera (Flo-
rio). Infatti non molto dopo per lo stradone dei Lolli si avanzano
gridando forti colonne borboniche, che ingannate dalla scarsa luce e
dal silenzio giungono assai dappresso alla squadra appostata. Ma
-colpite da scariche di moschetteria si danno alla fuga: subito do-
po però ritornano due altre volte all'assalto. La quarta volta ven-
nero con l'artiglieria, le cui granate scoppiavano dentro le abita-
zioni; ma infine dopo un'ora si ritrassero definitivamente. Allora
Corrao ferito d'una scheggia nella fronte entrò vittorioso in Pa-
lermo da Porta Macqueda la mattina del 28 Maggio, quasi dal
-lato opposto per cui era enti-ato Garibaldi.
G. Paolucci.
DI UN CODICE DELLE CONSUETUDINI E DEI PRIVILEGI
DELLA CITTÀ DI MESSINA
Il signor Giacomo Rosenthal libraio in Monaco di Baviera, nel-
l'or trascorso marzo, offerse alla biblioteca dell'Archivio di Stato
in Palermo, un codice in velino (cosi egli) del secolo XIII, ricca-
meìite miniato, con rilegatura del tempo , contenente le consue-
tudini e i privilegi della città di Messina, domandandone il prezzo
di L. 3000.
La Direzione dell'Archivio, non essendo in grado di far tanta
spesa, ne suggerì 1' acquisto alla Deputazione della nostra Biblio-
teca comunale, la quale, adusata a non lasciarsi mai sfuggire oc-
casione di comprar manoscritti e stampati antichi che abbiano
attenenza con la Sicilia, e con la sua storia, chiese in esame il
codice succennato, bene intendendo, che pur fatta qualsivoglia tara
alle notizie fornite dal venditore, doveva esso codice sempre avere
un pregio incontestabile. Imperocché per quanto il testo delle Con-
suetudini messinesi sia ben noto per le numerose stampe fattesene
perfino dagli ultimi anni del secolo XV, egli è pur vero che i
manoscritti che se ne conoscono , non vanno più indietro del se-
colo XVI. Dei privilegi originali si sa, che Messina ne fu spogliata
dal viceré Conte di Santostefano, e che un sol codice del sec. XV
nel quale trovansi tutti raccolti, si possiede dall'Accademia di Sto-
ria di Madrid (Carini , Gli Archivi e le Biblioteche di Spagna,
I, i 18-120; II, 258-265). Non mancano trascrizioni di tempi poste-
riori, come non mancano stampe dei delti documenti alla spiccio-
lata ; ma un codice che tutti quei documenti insieme riunisse, e
che rimontasse, siccome asserivasi, al secolo XIII, e magari al se-
colo XIV, sarebbe veramente prezioso.
286 MISCELLANEA
Il codice, gentilmente trasmesso dal signor Rosenthal, fu preso
in esame; e fu rilevato anzitutto non trattarsi veramente di co-
tlice in velino, ma in semplice pergamena. Fu rilevato altresì che
il documento di data più recente in esso contenuto, è del 30 lu-
glio Mf7, e che mancano al testo delle Consuetudini 1 due ultimi
capitoli che nelle stampe portano la data del 15 aprile 1519. Fu
finalmente riconosciuto, che la rilegatura non è 1' originale , ma
soprapposta, il che vien dimostrato dal fatto che i margini del
codice, appunto per tal soprapposizione, furono leggermente ri-
tagliati.
Siffatti rilievi furono comunicati al libraio offerente, al quale
fu dichiarato che non s'intendeva pagare un prezzo superiore
alle L. 1500, cifra che fu finalmente concordata in L. 2000. Chi ha
conoscenza dei prezzi, per dir cosi, favolosi, che pagansi per acqui-
stare dei codici membranacei miniati , non troverà poi eccessivo
quello di già convenuto, trattandosi eziandio, nella specie, di un
codice che off're, per avventura, il più antico testo delle celebrate
Consuetudini messinesi, e dei non meno famosi privilegi di quella
nobile città. E perchè meglio se ne intenda l' importanza, noi ne
indicheremo qui appresso minutamente il contenuto.
Gli amministratori della Biblioteca si rivolsero all'Ili. mo signor
Sindaco, che è bensì Presidente della Deputazione della medesima,
sollecitandolo a provocare dall'onorevole Giunta Municipale l'as-
segnamento in favore della Biblioteca di una somma eguale al
prezzo convenuto. A corroborare la loro istanza essi han fatto
osservare, che la Biblioteca ha dovuto recentemente sottostare a
apese considerevoli per la riproduzione dei tetti dei due grandi
saloni superiori, in parte crollali ed in parte minaccianti rovina;
non che per altre opere accessorie. D'altro canto egli è noto come
gli assegni stanziati nel bilancio della città per pagare gli stipendi
agl'impiegati della Biblioteca, e per l'acquisto di nuovi libri, sono
stati da qualche anno ridotti, causa le iatture , antiche e recenti
soflferte dalla comunale azienda; e la Deputazione pur facendo
presente il danno da tali riduzioni derivato, si è suo malgrado,
rassegnata a subirle.
Ma nel ca.so presente e-ssa è tornata, né cesserà dallo insistere,
nell'intento di ottenere, se non altro, la somma occorrente all'ac-
quisto di quel bellissimo codice. L'occasione di acquistare un sì pre-
MISCELLANEA 287
zioso cimelio, non si presenta due volte ; e la maggiore delle bi-
blioteche siciliane, la quale, l'abbiam già detto, ha avuto sempre,
ed ha per programma non lasciarsi mai sfuggire codici e libri di
qualunque maniera, che abbiano diretta relazione con quest'Isola
gloriosa, non permetterà che vada esso in mano aliena !
Negherà questa somma il Consiglio comunale di Palermo ? Per
l'onore della nostra città , pel vantaggio della nostra biblioteca
comunale, giova sperare che no ! Ma se avvenisse il contrario, io
credo che la Deputazione si rassegnerebbe a pagarla sul proprio stre-
mato bilancio, restringendo d'altro canto l'acquisto dei libri nuovi,
fino a quando sarà ripianato l'eccesso di spesa sul relativo capi-
tolo del bilancio, eccesso che è per altro abbondantemente giu-
stificato dalla causa evidentemente straordinaria ed imprevedibile.
R. Starrabba.
-^>|=^3c^»
288 MISCELLANEA
I.
Il codice é un in-folio, che misura M. 0. 22 X M- Oi 31, di foglfc
86, scritti a due colonne da f. 1 a f. 54, a; a pagina stesa da f. 55, a
fino a f. 68, a ; e di nuovo a due colonne da f. 69, a fino alla fine. Sona
distribuiti in 10 disuguali quinterni, cioè :
1" fogli 1-10 numerati, dei quali il n. 2 porta la doppia numera-
zione : Ve; il n. 5: Vg ; il n. 6 : V^; il n. 7: 'l-,\ il n.9: %; il 10: 'Vj,.
In pie' di guest' ultimo, al verso , il richiamo rum , che attacca col se-
guente;
2» fogli 11-20, dei quali il solo 11 ha la doppia numerazione "/i^.
In pie' del f. 20 verso, il richiamo flumen, che attacca col seguente;
3° fogli 21-30. In pie' del f. 30 ve7-so il richiamo l'ibtis erbariirn, che
attacca col seguente ;
4° fogli 31-38. In pie' di quest'ultimo, al verso, il richiamo cione,
ritagliato per metà. Lo scritto finisce: coher-; nel seguente, per -una
svista non insolita, segue : cohercione ;
5° fogli 39-46. In pie' del f. 46 veiso il richiamo ritagliato in modo
da tornare illegibile. Ma la concatenazione é sicura, leggendosi in fine :
officia - e nel susseguente : liuìn ;
6° fogli 47-54. Quind'innanzi mancano i richiami.
7" fogli 55-62.
8" fogli 63-08.
9° fogli 69-76 (il f. 74 verso, ed i fogli 75, 76 bianchi).
10» fogli 77-86 (il f. 86 veì'so bianco).
L:i scrittura, in bel semigotico, sembra di due mani ; la seconda, a
dir vero, inferiore alla prima, appare a f. 55, a, e segue fino alla fine.
Non faccio specrale menzione di qualche insignifjcante postilla margi-
n:ile, di carattere del sec. XVI.
In capo al f. 1 a sta scritto, in rosso, Incipiunt consuetudines et sla-
tu I ta nobili» aivilatis mesmne. \ De bonis uiri et uxoris na \ tis fìliis
comunicandis et per \ terciam dividendis. Rubrica \ . Capolettera aggre-
gata alla ricca inquadratura a fogliami e fiori, in oro, rosso, turchino,
verde : La detta capolettera ó ornata di una squisitissima miniatura,
rappresentante i due sposi, ed allusiva alla parte principale delle Con-
suetudini, conlenonto le massime cotj cui veniva regolato il contratto di
matrimonio. In piede lo «temma della città di Messina, sormontato da
MISOELLANEA 289
tre testine ; ma è lavoro di mano posteriore , e non eseguito con pari
perizia. Fa pena il vedere alquanto sciupata la detta inqnadi-atura, spe-
cialmente nel margine esterno; ed è maggior danno che sia stata ri-
toccata forse dalla stessa mano che vi aggiunse lo stemma di cui s'è
parlato.
Le Consuetudini occupano i fogli la — 6 a. — Confrontando con gli
stampati, s'incontrano delle varianti di qualche rilievo. Cosi nel cap. I
mancano le parole: Saepius enitn scriptum est. et in loto regno con-
suevit, quùd ex quacurnque causa viro vel uxori aliqua bona provenj-
rint^ nalis filiis communia sunt inler cos ; parole che sembrano in ve-
rità una postilla marginale, indebitamento intercalata nel testo da im-
perito amanuense. 11 cap. XXII de exheredacione liberorum et spuriis
corre così : Filius vel filia a paternis vel maternis bonis ex hitn caiisis
a palre vel a matre exhercdari polest ex quibusper leges exheredanlur.
Manca poi quel che isi ha nelle stampo: Maler vero eos exheredi ire non
(licilur. Il cap. XXVII Qunulo tnulier obìigari non polest et quando po-
lest è rodutto in forma abbastanza diversa : Uxor cum marito susccptis
filiis siinililer obligari po.'esl si prò comuni utililate vel necessitiUe obli-
fjaiio contrada fuerit. Mulier vero virum non habens se et sua obligare
2)olest. 11 cap. XV: Ex quacurnque causa viro et uxori aliqua bona pro-
venerint, nalis filiis comunia sunt inler eos corre anche esso assai più
spiccio dello stampato. — La parola prolomisis o prolhomisis , ovvia in
tutti i corpi di Consuetudini nostre, é qui, forse unicamente, scritta,
come si deve, prolimisis, o prolhimisis. — Molte differenze s'incontrano
nella redazione dei capitoli LV e LVI. E generalmente ó a notare che
l'ordine con cui tutti i capitoli si seguono nel nostro codice, é assai di-
verino dallo stampato. Abbiam notato di già che il cap. LXI, recante le
date del 15 aprilo 1519 e del 15 febbraio 1517, manca affatto al me-
desimo.
1 Io;4li G, ò- 13« contengono le Conslilutiones Illuslris domini \ re-
gis friderici lerci} excellenlissimi \ regis scicilie edile in felici corona-
cione sua, che rispondono ai Capitoli di re Federico, stampati in tutte le
collezioni dei Ctipilala Regni Sicilie, a cominciare da quella di (ìio. Pie-
tio. Appulo. (Mi limito a cilar quella del Tksta, 1, ió-64). Coni. Inter
celerà que maieslati regnanlis. Fregio marginale. Capolettera con mi-
niatura rappresentante un re coronato, che tiene con la destra una spada
alzata, e con la sinistra un libro. Simili capolettere, ma senza ligure, a
f. 8, 6 e a f. 11, (!; dove cominciano i libri secondo e terzo delle Consti-
tulioncs.
1 fogli 13,6— 24 i/ contengono le Consliluciones Immunitatum \ edi-
tarum per Illustrcm dominum Re \ gem lacobum in felici corona \ ciò-
Arch. Star. Sic. N. S. anno XXIV. 19
290 MISCELLANEA
ne sua. Et incipiunt primo ut infra videìicet. Queste Conslituciones,
non occorre dirlo, avrebbero dovuto andare innanzi alle precedenti. Ri-
spondono ai Capitoli di re Giacomo (Testa, I, 5-38). Com. Tunc status
Principis. Capolettera. Mi limito a notare che nella rubrica del capi-
tolo XXVIII, Quod forestarii noti moleslent aìiquos in cultura terrarum
suarum seu in percepcione fructuuni impediant occasione ipsius fore-
ste et de amovendis forestis de novo faclts tempore Caroli il nostro cod.
ha una lacuna al posto della voce occasione, e che nel testo del detto
capitolo s'incontra un'altra lacuna là, dove lo stesso Testa legge: vf^l
iniuriam irrogari. Di maggiore rilievo é la variante offerta dal nostro
cod. nella rubrica del cap. XXXTX, dove é stato letto da tutti gli editori
ndjumenta, mentre il nostro ha, esattamente, aduamenta. Dopo il cap.
XLVII gli stampati (v. per tutti il cit. Testa , I, 28) hanno la chiusa
del privilegio regale con la data Panìiomii Anno Domini millesimo,
ducentesÌ77ìo octuagesimo quinto. Mense Februarii quinto eiusdem quar-
tedecime indictionis Regni nostri anno primo, che torna al 1286; e quindi
il CAKinni {Cap. R. S. f. 11, &): Constitutioncs immunitalian edite per II-
lustrem Bominum lacobum Dei grafia Regetn Sicilie Ducatus Apulie et
Principatus Cajnie in festo sacre coronationis sue et publicate in gene-
rali colloquio Panor mi noviter celebrato: de pena contentorum Regiorum
Castrorum (Testa : contemptorum mandatorum regiorum). Nel nostro
cod. invece vi ha qui uno spazio bianco di quattro linee e mezza, de-
stinate ad una rubrica, che poi non fu scritta. Il Testa aveva opportu-
namente arguito dal testo del susseguente preambolo, che com. : Inter
celerà que nostrani mentem, esser manifesto errore riferire le costitu-
zioni di cui é parola, al giorno della coronazione di Giacomo; e conget-
turò (p. 39) che fossero state pubblicate verso il 1288 (1).
f. 24, b. Privilegium Imperatoris henrici continens multas gracias et
immunitates concessas messanensibus. Capolettera con miniatura rappre-
sentante un Imperatore, tenente con la destra lo scettro, e con la sini
stra il globo. Com. Imperatorie celsitudinis benivolenciam. Fin. Huius
rei lesles sunt henricus uuorm. epe. Gualterius troyanus epe. ludotoicus
Dux bauatie. Curadus Lux spoleli. Marquardus Imperialis dapifer,
heinricus Marscdlcus, heinricus pincerna et alii quamplures. — Signum
(l) Lo Constitutioncs di re Giacomo leggonsi nel codice Filingeri dal quale ri-
Htampollfì 11 complnnlo Cav. Antonino Flandina nel voi. XIV della serie Diplo-
maXica del Docum. p. serv. alla St. di Sic. (pp. 65-82). Ma in quel testo, siccome
aTTerti lo stesso editerò, mancano appunto i capp. 48 a G'i, che sono quelli dei
qtuli qui sopra si é tenuta ragione.
MISCELLANEA 291
Domini henrici sexli Romanorum Invictissimi Imperatoria — Ada sunt
lieo Anno Dominice Incarnacionis Millesimo : e. xcHij." Indici. a;iy" (sic).
Regnante domino henrico sexto Romanorum Imperatore invictissimo.
Anno Regni eius xxiiij". Imperii vero iiij°. Data apud Messanam, v."
hai. Novembris per manum Alberti Iniperialis aule Prothonotarii.
f. 20, a. Hec{9,\c) est exemplar Priviiegii Domini Imperatoria que (sic)
dedit fidelibus suis civibus Messane Rubrica : Privilegium confirma-
tionis proximi privilegii imperaloris henrici confirmalum per Impera-
Iricem Constanciam ut infra. Capolettera miniata : Fin. : Data in Ci-
vilale Messane. Anno dominice Incarnacionis Millesimo. Centesimo No-
nagesimo celavo Mense lanuarii prime indicionis Regnante domina no-
stra Conslancia dei grada gloriosissima romanorum Imperatrice sem-
per augusta et Regina Sicilie excellentissima utia cum frederico rotna-
norum et Sicilie rege carissimo filio eius. Anno iij." /'(fliciler. Am^n.
f. 26, b. Privilegium concessionis r'andacii factum messanensibus per
regem fridericum fdium imperatoria (sic). Fin. Ad huius autem con-
cessionis nostre memoriam et inviolabile firmamentum presans Privile-
gium per manus mutìiei de Salerno notarii et fidelia nostri scribi et
Maiestatis nostre Sigillo jussimua communiri. Anno, mense, et Indie.
subscriplis. Dalum in urbe felici Panarmi per manus Gualterii vener.
Troyani episcopi el Regni Cancellarii Anno dominice Incarnacionis
Millesimo Centesimo nonogesimo nono mense decembris lercie Ind. Re~
gni vero domini nostri Frederici dei grada Serenissimi Regis Sicilie.
Ducatus Apulie et principatus Capue Anno secundo feliciter. Amen.
f. 26, b. Privilegium regis haroli de non intrundo vinum messanam
ab extra dislriclum et de galea rubra messanensibus concessum. Fin.
Datum Capue per manna gauffridi de bedomonle Regni Sicilie Cancel-
larii. Anno domini Millesimo ducentesimo Scptuagesimo mense februa-
rii die vlgesìmo quarto eiusdem xiiij Ind. Regnante doìnino kurolo
domino nostro Inrictissimo rege Sicilie Regni cius Anno Sexto Feliciter.
Amen.
f. 27, a. Privilegium Regis haroli messanensibus scilicet de rotula
utendo per eos. Capolettera miniata. Fin. Datum Neapoli per magislrum
symonemde parisius regni Sicilie cancellarium. Anno domini M'cclxxij"
xvj" lumi. XV' Indicionis R('g)ii nostri Anno septimo.
f. 27, b. Privilegium regis haroli coìUinens mullas ordinaciones et
multa staluta ad ulilitatem Messanensium. Capolettera miniata. Fin.
Datum Neapoli per Magislrum Simonem de parisius Regni Sicilie Can-
cellarium, Anno domini Millesimo ccHxxij". xvj" lunii xv" Indicionis.
Regni nostri Anno septimo.
t 28, b. Privilegium. regis haroli messanensibus indultum de mata-
^92 MISCELLANEA
raciis non ministrandis per ludeos. Capolettera miniata. Fin. Dalum
Viterbii per Magislrum Guillelmum de fartimviUa prepositum Sancii
Amati duacen. Regni Sicilie vicecancellariain Anno domini M"cc"lxxvj".
lulii ultimo eiusdem iiij Ind. Regni nostri anfio duodecimo.
f. 28, 6. Privilegiuìn regis peiri inessanensibus factum de non impo-
nendis collectis et Juribus marinarle. Capolettera miniata. Fin. Datum
fessane per manus Pericotii de bonastro Scriploris familiaris et fidelis
nostri Anno domini Millesimo ducenteyimo Octuagesimo secundo mense
feb7'uarii Quinlodecimo eiusdem undecime Indicionis. Regyiorum nostro-
ru)n Aragonuìn anno seplimo. Sicilie vero primo.
f. 29, b. Privilegiuìn regis petri de malis stalulis imposilis messanen-
sibus removendis et relractandis per eum eis dalum. Capolettera mi-
niata. Fin. Dalum Messane per manus Periconi de bonastro scriptoris
faìniliaris et fidelis nostri. Anno domini Millesimo ducentesimo octua-
gesimo Tercio Mense Aprilis Vicesimo eiusdem undecime Indicionis Re-
gnorum noslroì'um Aragonum anno seplimo. Sicilie vero primo.
ibid. Privilegium messanensibus dalum per Infantem lacoburìi quod
Messanenses possini creare extra regnum inter eos unum consulem.
Capolettera miniata. Com. lacobus Infans Illustris Regis Aragonum et
Sicilie filius suus in Regno Sicilie fulurus successor et heres ac eius in
eodem regno generaliter locum (encns. Fin. Dalum Calhanie. Aìino do-
mini Millesimo, ce." octuagesimo tercio mense deccmbris qicintodecimo
eiusdem duodecime Indicionis.
f, :W, a. Privilegium regis lacobi de prohibita ingressione vini per
officiales qicoscumque vel per aliquam aliam personam fiendam par-
tem, (V) de contenlis in co. Capolettera miniata. Fin. Datum Sarchinone
Tercio kalendas augusti. Anno domini Millesimo Ducentesimo ìionnge-
simo quarto.
f. 30, b. Privilegium regis (sic) friderici de lingendis pannis serico
cuculio et aliis de coloribus erbarum et de aliis. Com. Fridericus Infans
Illustris Regis Aragonum et Sicilie Domini fralris sui in regno Sicilie
generaliter locumlenens. Fin. Dalum heraclie xcciiij°. Januarii Quinte
Indicionis, (in margino, di altra mano, d29I'.
f. 31, b. Privilegiuìn messanensibus tributum per regem fridericum
tercium de prohibita inposicione colicele et exactionis. Capolettera mi-
niata. Com. Fridericus tercius dei grada Rex Sicilie. Ducalus Apulie
et Prtncipatus Capue. Fin. Dalum Leontini per nobilem Vinchiguerram
de palicio mililem regni Sicilie Cancellarium anno dominice Incarna-
cionin millesimo Trecentesimo secundo mense octubris primo eiusdem
prime Indicionis. Regni nosli'i anno seplimo.
f. 32, a. Privilegium lurisdiccionis terre tauromenii et vallis Melacii
lilSOELLANEÀ ^9d
viessanensibus concessum. Capolettera miniata. Fin. Dalum leontini
per nobilem Yinchiguerram de palicio militem Regni Sivilie Cancel-
larium Anno óominice Incarnacionis Millesimo Trecentesimo Secando
mense oclubris primo eiusdem prime Indicionis Regni nostri Anno
septimo.
f. 32, b. Privilegium de prohibita capcione animalium fienda per
aliquem nisi per luralos civilatis Messane. Capolettera miniata Gom.
Petrus secundus dei grada Rex Sicilie. Fin. Dalum Cathanie Anno do-
minice Incarnacionis Millesimo ccCxxxvij". viiy" decembris vj" Indi-
cionis.
f, 33, a. Privilegium continens multa membra et capiLula et primo
de non cogendo aliquem civem et districtualem messane nisi prò crimi-
nibus infrascriplis. Capolettera miniata, con figurina. Com. : Lodovicus
et lohanna dei Grutia Rex et Regina lerusulem et Sicilie Ducatus Apulie
et Principalus Capue, provincie et Forcaiquerii ac pedemonlis comiles.
Fin. Dalum in predicla nobili Civitate messane per nobilem Sergium
domini ursonis de neapolis Mililem luris civilis pro/'essorem magne no-
stre curie tnagistrum racionalem Viceprothonotarium Regni Sicilie.
Anno Domini Millesimo Trecentesimo Quinquagesimo septimo. die quarto
februarii decime Indicionis Regnorum nostri Regis anno nono, nostri
vero Regine Anno quintodecimo. Feliciter. Amen.
f. 35, a. Privilegium de manutenendo in demanio regio Civitatem mes"
sane cum suo integro districtu terram de plana Melalii et insolam li-
pari. Capolettera miniala. Com. : lohanna dei grada regina etc. Fin. :
Data uulem (l)per virum Magniflcum Neapolionem de filiis ursi Comitem
Manuppelli logolhetam et prolhonotarium Regni Sicilie dilectum Colla-
teralem Consiliariwn et fideleìn nostrum. Anno domini Millesimo Tre-
centesimo sexagesimo lercio die Quintodecimo Octobris Secunde Ind.
Regnorum nostrorum Anno vicesimo primo.
f. 36, a. Privilegium habens multa capitula et primo quod cives mes-
sane sint liberi et exempti a iure fundicagii et alterius dirictus in qui-
buslibet regni partibus. Capolettera miniata. Com. : loìtanna dei grada
Regina lerusalem. Fin.: Data neapoli per Magniflcum virum Nea-
polionum de filiis ursi Manuppelli Comitem etc. Anno domini mil-
lesimo ccc°lxiij die xviij" Magi prime Ind. Regnorum nostrorum An-
no xxj".
f. 37, a. Privilegium annullans irritans et in perpetuum rescindens
(1) A questo autem, che qui in verità nou ha luogo, dee sostituirsi averse, co-
me ha il cod. dell'accademia di Storia di Madrid (Girini, II, 260).
^94 MiSCÉLLANÈA
creationes nonnullorum rectorum factas hactenus in civitoie messane
per Reges Sicilie. Capolettera miniata. Com. Fridericus dei Grada Rex
Sicilie ac Athenarum et neopalrie duce. Etsi ad noslram Reynpublicam
etc. Fin. Dalum Messane per Nobilem henricum rubeum de Messana
Comitem Aydoni dicli regni nostri Cancellarium consiliarium familia-
rem et fidelem nostrum Dileclum. Anno dominice Tncarnacionis Mille-
simo Trecentesimo Sexagesimo septimo, vicesimo sexto octobris, Secete
Indicionis.
t. 3^, a. Privilegium Quod Cives mossane sint Uberi et immunes a
iure doliane et alio quociitnque diriclu in insulis Gerbarum et kerke-
narum. Capolettera miniata. Com. : Fridericus dey gratia Rex Sicilie,
Capilaneis Insularum Gerbarum et kerkenarum etc. Fin. Datimi vice-
simo septimo marcii Prime Indicionis. Segue : Unde ad fulurain me-
moriam cerlitudinem et caulhelam diete università tis et singulorum ci-
vium messane, factum est exinde publicum transumplum tnanu vas-
salli de lanuto publìci messanen. notarti suis subscriplionibus robo-
ratu7n.
f. 38, b. In alto, nella prima colonna, leggesi : De poleslate iurato-
rum. Segue uno spazio di sei linee bianche, verisimilmente destinato a
scrivervi la rubrica, che poi non fu scritta. Capolettera miniata Com.
In primis quod omnia mandata seu oinnes litere directe universitati.
Civitatis predicte per predictum dominum regem etc. In fine (f. 40, a) :
Datum Messane xij" lulii xv" Ind.
f. 40, a. Privilegium regine marie confìrmacionis cuiusdam prori-
sionis facte per universitatem messane de animalibus vineas intrantibus.
Capolettera miniata. Com.: Maria dei grada regina Sicilie ac athena-
rum. et neopatrie ducissa. La provisione sarebbe dello : undecimo octo-
bris Ind. eiusdem currente anno domini Incarnacionis Millesimo Tre-
centesimo sexagesimo oc lavo ; la lettera reale di approvazione reca: Da-
ium Cathanie Anno dominice Incarnacionis MHxxxij (sic. Aggiunto in
margine: c.'O) die xviij" lulii quinte Ind. per nobilem Jaymum de ala-
gona consanguineum consiliarium familiarem et fidelem nostrmn ac
Regni Sicilie Cancellarium.
f. 40, b. Privilegium confirmacionis ordinacionum factarum per lu-
ralos messane de vestibus mulierum, et de sponsis et de aliis multis. Ca-
pok-ltera miniata. Com.: Maria etc. Si boni principis est Invesligacione
solerli comoda subicclorum inquirere. Le ordinazioni sono intestate: Or-
dinitciones facle per luralos Nobilis Civilalis Messane anni presentis sep-
lime Indicionis de Consilio mulloruìn civium. La data in lino della let-
tera reale : Datum Cathanie Anno dominice Incarnacionis M^cccHxxxiij'
(che tornerebbe al 1384) die xiH^" Frebuarii vi)* indicionis.
mSOELLANBA 295
f. 41, rt. Privilegium faciens m perpetuum lerram et casirum de
monte far ti de demanio et caria regia ac que (1. alque) dislrictu eivi-
lalis messane. Capolettera miniata. Com. Nos Marlinus et Maria dey
grafia Rex et Regina Sicilie ac duculus Athenarurn et Neopalrie. Lux
et ducissa Et Inp.ns martinus Illustrissitni domini petri bone memorie
regis Aragonum filius, et eadein gratia. Dax monlisaìbi. Gubernator ge-
neral is prò seretiissimo domino lolumne rege aragomiin fratre et domino
nostìo carissimo in omnibus suis regnis et terris, coadiutorque diete regi-
ne in regimine regni et ducatuum predictorum ac pater eladminislrator
legiliìnus dicti regis. Fin. Balani Calhanie. undecima die Septembris,
ij" Ind. Anno doir.inice Incarnacionis, Millesimo. Trecentesimo, nona-
gesiiiio Tercio. Regnique nostri dicti Regis Secundo et diete regine xvij"
Yidit petrus promotor. Loduch.
f. 42, a. Privilegium confirmacionis allerius privilegii regis friderici
de Iia-isdic Itone tauromine que est de offieio stratigocie. Capolettera mi-
niata. Com.: Martinus et Maria etc. Fin. Datum Calhanie per nobilem
petrum de fenolleto ìnilitem vicecomitem Insole et de canato Regnique
Sicilie Cancellarium consiliarium familiarem et dilectum nostrum oc-
lava die aprilis quarte Ind. anno dominice incarnacionis Millesimo tre-
centesimo nonagesimo sex'.o regni nostri dicti regis quinto et diete re-
gine decimonono.
f. 43, b. Privilegium continens multa capitula et primo confirmacio-
nem privilegiorum et continens etiam straticotum debere esse foren-
sem. Capolettera miniata. Com. Martinus dei grada rex aragonurn etc.
Fin. Ad huius autem nostre capitulorum confirmacionis et de novo con-
cessionis fuluram memoriam et roboris perpetui firmitalem presens pri-
vilegium inde fieri fecimus nostrique sigilli magni pendentis munimine
roborari prefale universitati et singularibus ipsius quociens opus fuerit
cunctis temporibus valiturum. petrus cancellarius primogeniti aragonum.
Rex Marlinus. Registratum in Cancellaria. (Il principio dei capitoli é :
La piiiciuni la quali fa la universitati di missina ali sereìiissimi nostri
signuri di li cosi Infrascripti. Le clecreta/,ioni sono in latino. Manca la
data.
f. 45, a. Privilegium messanensibus traditum quod pcssint et valeant
omnes et singulos mercatores quarumcumque nationum guidare et as-
securare quibusdam exceplis. Capolettera miniata. Com. : Martinus dei
gratia etc. Fin.: Datum Calhanie die vicesima secunda Octobris sexte
indicionis Anno dominice Incarnacionis M^CCO'xc'' septimo petrus can-
cellarius primogeniti aragonuìn. Rex Martinus. Registratum in cancel-
laria. Registratum in xv prothonotarii. Palentes. Registrata in Can-
cellaria. Registrata penes prolhonolarium.
296 HISCELLÀNEA
f. 46, a. Privilegium continens multa capilula confirmata messanen-
sibus et primo de lurisdictione lauromenii, et quod capitanei plani Me-
ìacii sinl Messunenses et de muìtis aliis. Capolettera miniata. Coni.: Mar-
tinus etc. Fin. : Dalum Calhanìo par nobilem barlholomeuìn de iuvenio
militem Regni Sicilie Cancellaritim consiliarium familiarem, et fidelein
nostrum Anno dominice hìcornacionis Millesimo treceìilesimo nonage-
simo nono die secundo augusti septime Indicionis regnique nostri dicli
regis aragonum anno quarto dicti regis Sicilie octavo et diete regine
vicesimo secundo {dominus rex mandavil michi friderico piccinga of-
ficii prothonotarii magislro notario et locuìntenen li presente loto Consilio
Regislratìim penes prolhonotarium. Registratum in cancellaria.
f. 47, a. Privilegium de non immiclendo vinum in civitate messane
aliunde quam de leì'ritorio eiusdem et prò usu hospitii regis et sue con-
sortis. Capolettera miniata. Com. : Martinus dei gratia etc. Fin. Datum
Messane per nobilem Bartholomeum de Iuvenio mililem regni Sicilie
Cancellarium consiliarium familiarem et fidelcm nostrum dilectum An-
no dominice Incarnacionis Millesimo quatricentesimoquarlo die vicesi-
moquinlo lulii duodecime Ind. Regnique nostri dicli regis Aì'agonum
anno octavo et dicti regis Sicilie terciodecimo. Registratum penes pro-
lhonotarium. Registratum in Cancellaria.
f. 48, a. Privilegium acceplans et approbans certa capilula super so-
lucionibus et iuribus curialium civitatis Messane et aliorum offìcialium
curiarum eiusdem. Capolettera miniata. Com. Martinus etc. Fin. : Datum
Cathanie per nobilem barthclomcum de Iuvenio Mililem Regni Sicilie
cancellarium familiarem et fidelem nostrum dilectum Anno dominice
Incarnacionis Millesimo quatricentesimo sexto, die vicesimo primo la-
nuarii quintedecime Indicionis. Regnique nostri dicli Regis aragonum
anno undecima et dicti regis Sicilie anno quintodecimo. Registratum in
Cancellaria. Registratum penes Prolhonotarium.
f. 50, b. Privilegium quod lurati non venianl cantra del ibe ratio nem
faclam per eos et stralicotum super delictis enorrnibus. Capolettera mi-
niata. Com. Rex Sicilie etc. Consiliarii nostri, ì^ovamenti havimu inlisu
ecc. Fin. Dalum Cathanie die vicesimo quinto augusti viij Ind, Regi-
strala, luratis nobilis civitatis Messane consiliariis et fidelibus nostris.
t. 51, a. Privilegium quod Terre dislrictus messane inferius anno-
tate in criminalibus stringanlur stnngantur (sic) sub gubcrnalione slra-
licotif messane etc. Capoletlera miniata. Com. Rea; Sicilie etc. Fin. Da-
lum Cathanifi xvj" Madii vij" Ind. P.»* cane, primogenilus (sic) Arago-
num. Re.v Martinus.
{. 51,6. Privilegium confirtnacionis generalis omnium privilegiorum
graliarum franquitalum immunitatum libertatum rituum consuetudi-
MISCELLANBi. 297
num e/c. civilatis messane. Capolettera miniata. Com. Nos Ferrandus
dei gì-(ìcia rex Aragonum Sicilie Valencia Maioricarum Sardinie et Cor-
sice. Comes Barchirione. Dux Athenarum et neopatrie ac edam Comes
Rossilionis et Cerilanie. Supplicanlibus nobis humiliter dilectis et fide-
libus noslris Nicolao Castagna militi Regni Sicilie Mogistro racionali
et nicoldo moletis legum doctore magna Regie curie ludico, Sindicis
sice aiìibaxiatoribus cicilatis mesmìie etc. Datum barchinone Tercia die
lanuarii Anno a noclivitate domini Millesimo ecce" Terciodecimo regni-
quc nostri secundo. In fine: (onfirmacio general alos de missina de
todos iiviviU'f/ios et Ubertades prottl ei.-: ìhk imus usi fueì'unt (sic). Regi-
strala.
ì'. 52, b. I rivilegiu/P. quod EUctio o/Jicialium luratorum fini in civi-
tate messane eo modo et forma quitjuspt-r Reges Sicilie fuil solttum obser-
vari hactenus. Capoletteia miniata. Com. Nos Ferdinandus etc. Fin. Da-
ium ba) citinone Terciadccitna die lanuarii anno a nativitate domini
millesimo quadringcnlesimo terciodecimo regnique nostri secundo. Rex
Ferra hdus : Registi-ala.
f. 53, a. '<v\v/.-A rubrica. Conlerma dei privilegi di Messina, fatta dai vi-
ceré. C;i])olett('ia miniata. Com. : Al/lnsus dei gracia Rex Aragor.um et Si-
cilie etc. Vicereges in dicto Regno Sicilie. Si regenlum auclorilas etc. Ad
istanza di Nicolao de Balsamo, Nicolao l'orco e Geronimo de Agocto, amba-
sciatoi'i di Messina, son confermati omnia et singula privilegia gracias
frauqu'laics immunitates liberlales ritus consuetudines stalula et bonos
usu.Kdii:lei:ivHalis, etc. Fin. Datum Catìianieper nobilem sallimbeni de mar-
quisio ile nies.\'ana militem legumque doctorem regni Sicilie prothonota-
riuin ti lufjoiht'.am Consiliariu7n familìarem et fidclem regium, anno
dominire Incarnacionis Millcsiìiio qualricentesimo sextodecimo die ulti-
mo octiibris decime Indiclionis Regnique eiusdem domini Regis anno
primo viicanle officij cancellarli ob mórtem cancpilarii. Registrala penes
jn-ol/ionolit) iiim. Registratum in Cancellaria.
{'. 53, b. Privilegium de continuationc exercitii iurisdictionis terre
mcUitii slruticoto messane. Ca|.olet*era miniata. Com. Infuns Johannes.
Serenissimi domini regis Ferdinandi berne tnemorie filtus et dei gratia
Dux de f.enyaficl et montis albi ac prò Illustrissimo domino alfonso
rege aragonum et sici'ie fratre nostro carissimo in dicto regno Sicilie
Vìccrcx. Al/bili Ricìiardo filingerio ìniiiti Straticoto nobilis civilatis mes-
sane eie. Fin. Dalum Calhanie sub nostro sigillo secreto Die iij" lulii
none Indiclionis M".t:ccc''.xcj''. Nos el Infante. Nobili Straticoto luratis
et Iudi':i/jus.
ibid. Privilegium super lurisdicione terre melacii. Capolettera mi-
niata, Giova (jui riportarlo testualmente : Jnfans Johannes vicerex.
298 MISOKLLANXA.
Oonsiliarii regii nobisque dilecti. Essanduni stala facla reìMioni di la
continencia di li privilegii hi quissa nobili chitati ha circa la lurisdi-
doni di li ter ri et loki di la plana di milaczu et ecciam di li opposi-
cioni super hiis facti per la universitali di milaczu, per lu dilectu no-
stru consigleri misser anioni de lurribus legum doclor (sic) Ad cui la
revisioni di li vostri privilegii predicli ac audiencia di ipsi opposicioni
commisimu Tandem havimu deliberocione matura provistu hi vuy Stra-
iico et ludichi poczati et digiali usari et exerciri la lurisdicioni di vo-
stru officiu in la dieta terra di milaczu luxla la forma et continencia
di lu privilegiu super lurisdictione ipsa concessu et factu a quissa uni-
versitali per lu serenissitnu Re martinu Iunior (sic) Re di quistu regnu
noslru consobrinu felicis recordii pero vi comandamu ki digiali exequiri
et obediri la presenti nostra provisioni et non tenlari lu contrariu. Et
cussi per altri nostri licleri scrivimu ali officiali et universitali di mi-
laczu hi digianu exequiri et obediri. Datum Calhanie sub noslru sigillo
secreto die ocij" mensis augusti none Indicionis. Nos el Infante. Regi-
strata. Vidit antonius de turribits. Nobili Slralicolo ludicibus et luratis
nobilis civitatis mes^,ane Regiis consiliariis fidelibus nobisque dilectis.
f. 54, a. Privilegium quod per missionem armigerorum quam fece-
runt messanenses conlra alchamum non preiudicelur eorum privilegiis.
Capolettera miniata. Riporto testualmente anche questo, che é il docu-
mento di data più recente compreso nel codice : Alfonsus Rex Arago-
num. et Sicilie et celerà. — Yicereges in diclo regno Sicilie, regii consi-
liarii dilecti. Abenki per vostri notabili servicii conslumati comu prin-
chipali chitati di lu regnu la quali sempriet continue non risguardandu
periculi et expensi havi animo ferventi ut apparet operis per effectum
sirvutu allamenti la sacra casa di araguna et maxime ahi presenti
cantra la terra et caslellu di alcamu more solilo intinditi serviri di
ki multu plachiriti et servirili lu comuni serenissimu signuri Re et
ad nui, tamen ne per avinlura generassi alcun preiudiciu lu mandar i
di la genti ki farriti ali vostri privilegii el inmunitali vi declaramu et
cussi per li presenti vi ceriifìcamu ki lu mandari di la genti prefala
nullo futuro tempore gcniri el digia generari alcun preiudiciu ymo si
comu su stati per li tempi passali sianu in fuluru, et czo havemu factu
j)er vostra claricza el cerliludini. Dal. Nicosie penultimo lulii decime
Indicionis sub anno domini Millesimo cccc'xvij", sub Regio sigillo secreto.
Ilerdensls. Anthoniue de Cardona. Registrala. Nobilibus luratis no-
bili» civitatis messane regiis consiliariis dtleclis.
f. M, b, bianco.
f. 55, a. Pare scritto di mano diversa , ma contemporanea. Incipit
Caàellarium continem omnes cabellas et slaluta cabellarupi et aliarum^
JilSbÈLLÀlTIA * 299
institucionum Nobilis civitatis messane. Et primo de cabella casei Sal-
suminis et aliorum membrorum ipsius cabelle. Vtdelicet. Capolettera mi-
niata. Gom. : Pro quolibet cantarlo casei inmiclendi per mare etc.
f. 55, b. Sequilur de cabella salis.
f. 56, a. De m^mbris sepi.
f. 56, b. De membris cannapis.
i Carnium sallilarum.
f. 57, a. In membro } Sagiminis.
f Assungie et Lardi.
t. 57, b. Sequitur de membro biscocti.
ibid., De tnembris Oley.
i. 58, a. De membris Tonnine et sardium (sic) sallilarum,
f. 59, a. De membro minuti salsuminis et campi. Adiuncti sunt. E
forse vuol dire: che vanno in aumento delle tariffe principali (f. 55,
57, 58). Dagli atti che susseguono, con la data del 7 febbraio K^98, (1399
m. e.) é a dedurre che tale rimaneggiamento di tariffe si riporta a quel
tempo.
f. 60, b. Incipit cabella carnium. In dialetto siciliano.
f. 63, a. lura et proventus Cabelle campi Nobilis civitatis Messane
debenl eocerceri per hunc modum. Yidelicel. Capolettera miniata. Com.
Pro qualìbel salma frumenti et farine etc.
f. 63, b. Assise Nobilis Civitatis Messane facte per Universilaiem eius-
dem super Rebus victui hominum necessariis ostense illustri Regi fride-
rico et acceptale per eum : cioè le mele per la vendita dei generi anno-
nari!, a cominciare dal frumento e dalla semola, cui seguono in speciali
rubriche : De Uria (paste alimentari) de fornariis, super molendinariis,
super Carnibus, de Piscibus, super Tonnina^ super caseo, super Oleo. Segue
un capitolo de ferranis, e cioè per la ferratura dei quadrupedi , e poi
torna super Oleribus, tra' quali si comprende la legna da ardere. Quindi
le celamide (laterizi), le ferramenta agricole, le candele di cera, la cubaita
(noto dolciume) ecc. Fan seguito la tariffa dei dritti spettanti ai giudici,
ai notai ed allo Stratigò per la confezione degli .strumenti di vendita, ta-
luni atti provvisionali dei giurati sulla vendita del vino a minuto, sul
bollo dei metalli preziosi (in siciliano) sul travaso delle mercanzie, ecc.
Quindi, dopo uno spazio di sedici linee, nel quale doveva essere verisi-
milmente scritta la consueta rubrica, i capitoli concernenti 1* esercizio
della pesca e del salato delle sardelle (fino '/s del f. 68 a). Il resto, com-
preso il f. 68, &, bianco.
(Da f. 66, a in poi mancano le capolettere).
f. 69, a. Spazio bianco per la rubrica e per la capolettera, che man-
cano. Comincia : [\)acobus dei grada Rex Sicilie etc. Per presens . . .
300 uisoellaìtba
privilegium notum fieri volumiis . . . quod Index nicolosus saporitus.
Index Rogerius de geremia et bernardus coppula . . . nuncii aiì'baxia-
tores et sindici universilatis hominum civilatis messane . . . nostro cuì-
inini Immiliter supplicaverunt ut infrascriptas libertates immunilates et
gracias de subscriptis causis et negociis prò reformacione et reparacione
et melioracione status fidelium nosiror'um civitatis eiusdeni . . . conce-
dere, ncc non et subscripla privilegia eisdem . . . indulla tam per quon-
dam . . . Imperato7'em Enricum triavum nostrum . . . quam jJer . . .
Pelrum Regem Aragonum et Sicilie dominum patrevi nostrum dare
memorie, et nos aniequam assumeremus regni nostri Sicilie dyadema
confirìiiare . . , . , dignaremur. Nos autem infrascriptas liber-
tates immunitates et gracias de novo concedimus et subscripla privi-
legia . . . confirmamus prout inferius distincte et par tieni ar iter con-
tinetur. Videlicet :
. . . quod ludices . . . eligendi de mandato nostro anno quolibet . . .
esse debeanl . . . tres legisle et duo ydiote Ita tamen quod ydiole ipsi
legere eL scribere sciant . . .
. . . ludicem unum civem messane in eadem civitate messane . . .
qui 2)ro parte . . . curie nostre . . . audiat recipial et discutiat et de-
bito fine decidat primam appellacionetn . . . quolibet anno x>er nostrani
magnitudinem volumus ordinari . . .
. . . quod in tunisio civis civilatis messane Comul ìiominum regni
nostri Sicilie venientium ad eamdem terram tunisii . . . per nostrum
magnificenciam eligatur et slatuatur ....
. . . quod . . ^ de omnibus rebus et mercihus quas . . . per mare et
per terram per quoscumque exleros in eadem civitate immicti et parlari
conligerit et abinde extrahi. essi paghino soltanto quel che spetta aiga-
belloti 0 credenzieri, et ad solvendum maiorem vel aliam quanlitalem
pecuntj . . minime compellantur ....
. . . quod cives civitatis eiusdem qui naves et alia vassella exlcrorum
prò portandis mercibus et rebus suis ad partes alias . . . conduxerint
prò naulo per eos . . . convento solvendo in terra vel in loco ubi merces
vel res ipse exonerari et vendi deijebunt, lus dohane maris ad ralionem
de tarenis auri tribus per centenarium tarenorum curie solvere co-
gebantiir, sulla considerazione che il nolo è un profitto del padrone del
bastimento, sono essi esentati dal pagare quel dritto, il quale vien posto
a carico del dotto padrone.
. . . quod . . . prò exoneracione . . . rerum et fnercium de rase in
vose medietas diriclus dohane . . . ab ipsarum patronis , . . exiqatur.
. . . quod si aliqua vassella onerala mercibus . . . venirent ad por-
lum civitatis messane et ex . . . insta evidenti et probabili causa . . .
MISCELLANEA 301
merces ipsas salubriter . . . teneri non possent, ita quod prò salvacione
ipsarum . . , opoì'teret eas facere exonerari de vassellis ipsis in terra,
prò ipsa sola exoneracione . . . si nichil exinde vendilum fueì'il ....
nichil nostre curie vel dohaneriis Iribuatur . . . Sarà pagato bensì il
diritto di dogana limitatamente a quella parte di mercanzia che por av-
ventura andasse venduta. Qualora poi se ne operasse, in tutto o in parte,
il travaso, sarà pagata la metà del diritto corrispondente.
Uxeria quoque necessaria in predicla doìtana porlus prò Iransdu-
cendis et portandis equis mulis et aliis animalibus de Calhona in Mes-
sanam e viceversa, construi et fieri mandamus instanter. Se codesti
« uscieri » si trovassero pronti al bisogno, sarà pagato alla dogana il
dritto debito e consueto. Qualora mancassero, ed il trasporto dovesse
operarsi col mezzo di bastimenti di altro taglio, e non con gli « uscieri »
della curia, non sarà pagato alcun dritto.
Sono rilasciate le exacliones balislrarum (?) quas de oneribus vassel-
lorum navigantiurn ad partes uUramarinas patroni ipsorum onerum
solvere . . . lenebantur.
Si concede quod vinum . . . extra tenimenta civitatis messane . . .
nuìlatenus deferulur extra vino necessario prò usu hospicii domine ma-
tris nostre et nostri et usu faìniliarium et curialium noslrorum.
Vien confermato il privilegio di re Pietro, concernente la composi-
zione del Consolato del mare in Messina.
Si concede che i banchieri {campsores) non siano ad altro tenuti che
al pagamento di oncie sessanta annuali, prò antiqua assisa de iure tan-
lummodo canibii, e della pigione delle botteghe della Curia, nelle quali
esercitano il loro mestiere.
Si rilasciano i nuovi statuti, cioè i dazi sul ferro, sul sale, sulla pece,
e sulla seta, sul cuculio e sulla Rena (sabbia da zavorra?) che erano
stati aboliti da re Pietro nel parlamento di Messina.
11 deteli uto che non pernottasse in un regio castello non pagherà
verun diritto al castellano. In caso diverso , a mente delle costituzioni
fredericiane, pagherà solo grana dieci.
Si confermano :
il privilegio dell'imp. Federigo (1° maggio XI indiz. 1197) per cui si
concede ai cittadini messinesi la libertà d'immissione e di estrazione da
quel porto ;
il privilegio di re Pietro (20 aprile 1283, XI indiz.) per cui furono
aboliti mala nova statuta, cioè, le nuove imposte dei tempi svevi ed
angioini.
il privilegio di esso Giacomo (15 dicembre XII ind. 1283) per cui fu
vietato che alcun cittadino messinese tosse convenuto dinanzi altri ma-
gistrati che non fossero lo Stratigò di Messina ed i giudici della di costui
corte;
802 uisOELLANEA
il privilegio di pari data, per cui fa • confermato » quod Messanen-
ses ubi eos a iribus ultra pxlra predictam civilalem messane ubicumque
contingerit inveniri, possint unum ex eis . . . in consulem eorum eli-
gere et statueì'e, per quem questiones et cause . . . discutiantur et fina-
liter decidantur.
Qui presumibilmente dovrebbe trovarsi la chiusa, non che la data del
privilegio, complessivo, di cui ci siamo finora occupati. Invece dopo un
brevissimo spazio bianco, seguono:
un privilegio dell'infante Federigo , per cui si concede ai cittadini
messinesi la libertà di tingere i drappi, senza sottostare alla gabella della
tintoria, fatta eccezione per la tintura con l'indaco ; si consente che siano
essi equiparati ai Genovesi per le franchigie a costoro concesse da re
Giacomo ; e si ribadisce il privilegio di essere sottoposti alla giurisdi-
zione della curia stratigoziale solamente. (Mancano la chiusa e la data);
un privilegio di re Federigo, del 14 maggio IX indiz. 1296, con cui
confermasi il precedente dell'Imperator Federigo (di dicembre III indiz.
1199) il quale porta: Concedimus igitur vobis et heredibus vestris in per-
petuum ut per totum regnum nostrum in mari et terra liceat vobis
mercimonia et quaslibet res vestras libere ponere et exlrahere et cum
eisdem intrare libere pariter et exìre. 11 testo di questo privilegio im-
periale é bensì ripetuto immediatamente dopo, non senza qualche va-
riante.
f. 74, 6 — f. 76, b, bianchi.
f. 77, a. Capitula extracta a libro Cnpitulorum Curie maris nobilis
Civilatis messane ad peticionem philippi de bonfilio et perigoni de Joffo
ipsius curie consulum. 11 resto di q. f., compreso il verso , rimane in
bianco.
f. 78, a. Quaskidunu annu in li festi di natali di nostru signuri
ihesu christu tucti li sei consuli li quali sideru in lu offlciu per lannu
passatu si divinu congregari et iungiri in la curii ordinala undi lu of"
flciu di lu consulalu di lu mari si reyi et illocu avendu deu et la bona
iusticia innanti lochi et divinu ysligiri sei gintili homini experti in larti
di lu mari patruni di navi oy mircadanti la quali eleciuni si divi
fari per schorti et per scarfi. et non per malicia oy priyerij di au-
trui etc.
In qaesto foglio ricompaiono le lettere capitali in rosso, ma senza
ornati. Da f. 79 a. ricompaiono eziandio le rubriche, che sono le se-
gnanti :
di lu siyillu di la curii - quantu lempu divi lu consulu vacari —
per kitta maynera divinu li consuli prochediri in iusticia — ki si divi
fari in la quìatiuni, facta la conclusioni — di la appellutiuni — di kissa
MISCELLANEA 303
midemmi — quandu sarra facla querela per hi conslrictu di la curii
(cioè, in caso di sollevata eccezione d'incompetenza per ragione di estra-
terrilorialità , come oggi si direbbe in gergo curialesco) — comu si prò-
chedi a quisliuni facla summarie zoe senza scriptura — li cunsuli di-
vinu abreviari li termini di la quisliuni — spisi di quisliuni appellala —
hi iudiciu p>o fari lunu consulte sulu et hi non senza lu cumpagnu —
la poteslati di li cunsuli — comu mandirannu li cunsuli lor sentencia
in execuciuììi et primu in li beni mobili — comu exiquirannu in beni
stabili — di iudiciu supra adimanda di noia — di adimanda di nolu et
paga di marinari — di sacramentu simjAikimenti dimandatu per la
parli — la forma comu si prochedi ala execucioni sicundu lu novu
ritu. (f. 82, a).
f. 83, a. Com. Rogerius divina favente clemenlia primus rex Sicilie du-
catus apulie et principatus capue. oplime statuii provida moderalione
vetuslas ut sui recipiant premia laborantes precipue qui publicis utili-
tatibus obsecundant. Fin. ab universis effectualiler observari. Segue spa-
zio bianco di undici linee; quindi: Datum est hoc exemplar originale
de nostro mandato pelro de camugla loysio de trano. militibus. Io. de
columpna luriste et philippo bursa filosofo syndicis diete civilalis per
iacobum de maniscalco militem de messana in lingua greca et latina
perilum nostrarum scripturarum correptorem in civitate panarmi et
sollemnitale nostre coronalionis die xv. madii sub anno Incarnationis
verbi M. centesimo vicesimonono. aslantibus reverendis dominis rogerio
beneventano Io Salernitano et philippo capuatw presulibus ricardo gaye-
iano duce salerni anselmo piperio de sancto flore, pelro de sancto severo
domino mercurani quampluribus aliis (f. 85, a). Confrontato con la le-
zione datane da Lììnig (Cod. II. dipi., voi. 11, col. 2515-2518) questo testo
presenta numerose varianti.
f. 85, a. Segue (in nero) Quisti su (in rosso) li capituli facti et ordi-
nati per li nobili lurati di la nobili chilati di missina cum consiglu di
li chiladini per bencficiu universali li quali o/ferissime preformanu (sic)
ali magnifici et polenti signuri viceregenti et suplicanu hi sia loru
merci acccplarili et confirmarili per lu beneficia antedictu. Videlicet.
Riguardano il consolalo del mare. Le de^^retazioni, in latino, sono con-
trofirmate dal solo protonotaro Salimbene de Marchisio.
f. 86, a Tre linee bianche. Indi, in rosso: Per li consuli sichiliani
in qualunquala parli di la mundu,
\\ f. 86, b bianco,
304 HISOELLANEA
IT.
Egli è noto, che l'Accademia di Storia di Madrid possiede un bel co-
dice portante l'epigrafe: Coleccion de Documentosy Reales Cedulas per-
tenecienles à Messina. Del contenuto del medesimo fummo ragguagliati
dal D/ Otto Hartwig, che ne comunicò l'elenco ad Isidoro La Lumia; que-
sti ebbe cura di stamparlo ncWAì'ch. Storico Siciliano (N. S. an. I, 314-322).
In susseguito, il Carini tornò ad esaminarlo, e ne die' conto più ammi-
nicolato nella relazione sugli Archivi e le biblioteche di Spagna^ ecc.
(II, 208-265). Adesso pare a me opportuno, dopo aver descritto il codice
che si trova oggi in potere della Biblioteca Comunale di Palermo, isti-
tuire un confronto tra questo, e il codice madrileno, per la parte concer-
nente i soli privilegi. E il confronto mi presenta i seguenti risultati.
Anzitutto è da osservare che il codice madrileno, aprendo la serie coi
notissimi diplomi dei Consoli romani Appio Claudio e Quinto Fabio,
Servio Fulvio Fiacco e P. Calpurnio Pisone , va giù fino al 1479,
cioè fino all'avvenimento al trono di Ferdinando il Cattolico; anzi fino
al 1405, includendovi le lettere reali di Ferdinando 11 di Napoli di-
rette ai giurati di Messina, che sono eziandio nel medesimo comprese,
tuttoché a rigore non costituiscano dei privilegi accordati alla suddetta
città dai propri Sovrani. Ma postoché qui non mi occupo del valore
intrinseco dei documenti , si dell'età del codice che li raccoglie, ri-
levo che esso é di molto posteriore al codice palermitano, avvegnaché,
.siccome fu sin da principio notato, questo non é anteriore al 1417, né
posteriore al 1519; però non contenendo un sol privilegio direttamente
emanato da re Alfonso C14!6-1459), non si dee riferire ad età di molto
posteriore al periodo testé accennato. Dunque è assodato, per me, che il
codice palermitano precede almeno di un mezzo secolo il madrileno.
Il codice palermitano, siccome si è di già rilevato, incomincia col le-
sto delle consneliidini della città di Messina, testo che si presenta non
guari difforme, nella sostanza, da quello offertoci dalle stampe lipetuta-
mente fattesene; ma é per certo notevole, attesa la redazione in più
luoghi differente. Ho notato questo fatto, senza fermarmi a ricercarne le
cagioni, allesochó il presente non è per nulla uno studio critico, ma sì
una para e sem])lice descrizione bibliografica , che per avventura non
sarà detta lunga, attesa l'importanza, e, direi,' la novità dell'argomento.
Avendo per altro trascrit o l' intero codice con intendimento di stam-
parlo in forma diplomatica, sarà allora il caso di discutere h\ questioni
che potoMero elevarsi al proposito.
MISCELI.ANKA
305
Si é rilevato altresì che seguono in esso codice, con ordine invergo,
le costituzioni dei re Giacomo e Federigo di Aragona; e ohe le costitu-
zioni di Giacomo s'incontrano eziandio nel codice Filingeri, contenente
i privilegi della città di Palermo, destinato forse allo stesso uso, cui ser-
vir dovette quello di cui si è tenuto qui discorso. Ora il codice madri-
leno non accoglie né le consuetudini di Messina , né le anzidette regie
costituzioni, né il Cabellarhim (f. òS, ';-f. fiS, 6) né i capitoli della curia
del mare (f. 77, a • f. 85, a) né finalmente i capitoli cont'ernenti le ope-
razioni in accomraandita (f. 85, a - X. 86, a). Per contrario ha moltissimi
documenti, che vanno dall'anno 1421 al l-WÒ, non che una specie di ap-
pendice, nel quale comprendonsi anche carte e documenti che rientrano
nel periodo dal 1392 al 1416.
Restringendomi al periodo iniziale fino al 1417, presento qui un qua-
dro companitivo del contenuto dei due codici :
Fo.
'lio
DATA
Indicazione sommaria
dell'oggetto
"m
"1
i
i
t
Privilegio dei consoli Ap-
pio Claudio e Q. Fabi..
» » S. Fulvio Fiacco
e P. Calpuiiiio Piso-
ne (1).
Capitoli della cronaca
H'iihxeon Inn \(isileon.
1(2)
Palermo 1129. 15 maggio . . .
Privilegio di re Ruggiero I.
83, a
22
Palermo 1160, 12 magg.. ind. IX.
» Guglielmo I . .
29
Messina UGO, 20 agosto, i!id. IX.
» > ...
—
31
Palermo 1182. 4 magg., XV ind.
» Gu;rlieimo 11. .
—
33
1197
» Arrijio VI. . .
_
37
(1) Cari.ni, II, 258.
(2) A. S. S., I, 317.
Arch. Sior. Sic. N. S. anno XXIV.
20
306
MISCELLANEA
Lcazione sommaria
dell'oggetto
Fo^
^lio
DATA ^^^^
"3
o
ce
s
Messina 1194, ind. XIIl , V kal.
novembre Priv
ilegio di Arrigo VI
24,6
39
Messina 1198, gen. ind, 1 (1). . «
Costanza . . .
26, a
43
Palermo 1199, die. ind. III. . . >
Federigo (2) . .
26,6
44
Palermo 1188, 3 die. ind. III. . ■
» ,
—
45
Nola 1275, 4 luglio
Manfredi . . .
—
47
Capua 1273, 3 maggio .... >
* » ...
—
49
Gaeta 1275, 4 agosto
» » ...
—
51
Capua 1272 (3) 24 febb. XIV ind.
► Carlo ....
26,6
53
Napoli 1272, 16 giug. ind. XV .
» » ....
27, a
55
Napoli 1272, 16 giug. ind. XV .
► » ....
27,6
56
Viterbo 1276, 31 luglio ind. TV.
> » ....
28,6
59
Messina 1282, 15 febb. ind. XI .
• Pietro ....
28, 6
60
CatoDia 1283, 12 die. ind. XII .
Giacomo luogo-
tenente . . .
69, «
63
Messina 1283, 20 apr. Ind. XI .
Pietro . . . ,
29, h
65
Catania 1283, 15 die. Ind. XII .1
Giacomo luogo-
tenente . . .
—
66
Barcellona 1294, /// kal. auj. .
Giacomo Re . .
29,6
67
• » . .
—
69
Messina 1296, 14 mag., ind. IX . i
Federico luogo-
tenente . . .
30,6
78
(1) m. e. 1199.
(2) Il Privilegio porterebbe la concessione di Randazzo ai Messinesi.
(8) .Si corregga: 24 febbraio XIV indiz. 1270 (71).
MISCELLANEA
807
loazione sommaria
dell'oggetto
Foglio
DATA ^^^
t
i
o
Lentini 1302, 1 ott. 1 ind. . . . Priv
ilegio Federico III (sic)
Re
31,6
85
Lentini 1302, 1 ott. I ind. ...
» » . , »
32,6
—
Catania 1337, 9 die. Ind. VI . .
Pietro II . . .
32,6
87
Messina 1357, 4 febb. X ind.. .
• Lodovico (i) . .
33, a
88
Aversa 1362, 15 ott. li ind. . .
. Giovanna (1). .
35, a
95
Napoli 1363, 18 mag. I ind. . . i
> » ...
36. a
97
Messina 1367, 26 ott. VI ind. . i
> Federico III . .
37, a
101
(?) 27 marzo Ind. I, Mes-
sina 12 lug. ind. XV .... 1
• i , ,
—
105
Messina 1366 ind. II
• > . .
—
109
Catania 1382, 16 lug. V ind. . .
> Maria ....
40, a
114
Ciatania 1383, 14 febb. VII ind. .
• » ....
40,6
116
Catania 1392, 8 die. ind. !.. ■
Martino e Maria
—
118
Catania 1393, 11 sett, II ind. . i
> > »
41, a
122
Catania 1396, 8 apr. IV ind. . . ■
» >
42, a
129
Catania 1396, 15 genn. Ind. V . t
Martino . . .
—
125
-Catania 1397, 22 ott. VI ind. .
Martino e Maria.
45,6
134
Catania 23 febb. Ind. V . . . .
► Martino . . .
43, 6
136
Catania 1399, 2 ag, VII ind. . . i
> Martino e Maria.
46, a
137
Messina 1404, 25 lug. XII ind. .
> Martino. . . .
47, a
140
Catania 1406, 21 gen. XV ind. .
• • ...
48, a
143
Catania (?) 25 ag. Ind. Vili . .
1 » ...
—
149
(1) S'intenda Lodovico e Giovanna d'Angiò.
30S
MISCELLANEA
Indicazione sommaria
dell'oggetto
Foglio
DATA
Pi
s
i
1
Catania (ì) \6 mag. ind. VII . .
Privilegio di Re Martino.
—
isa
Catania 1392, 13 sett. I ind. . .
» » ...
—
153
Catania (?) 8 ott. ind. X . . .
• » ...
—
155
1413, 3 genn . . . .
» Ferdinando . .
50,6
156
1413, 13 genn
» » . .
52, b
158
Catania 1416, 31 ott. X ind. . .
II Vescovo di I.erida ed
Antonio Cardona , vi-
ceré
53, «
—
Catania 1416, 7 luglio IX ind. .
L' Infante Giovanni duca
ili Penafiel, viceré . .
53,6
—
Catania 12 agosto IX ind. . .
lo stesso
ib.
—
Nicosia un, 30 luglio . . . .
Il vescovo di Lerida ed
Antonio Cardona , vi-
ceré ■.
54, a
—
Prescindendo dall'insistere sni fatto della mancanza, nel codice paler-
mitano, di non pochi docomenti che si vedono accolti nel codice madrile-
no, non posso dispensarmi dal rilevare, in qu(?llo, il diletto dei due documen-
ti di Guglielmo I, e di quello di Guglielmo LI, il quule conterrebbe niente-
meno che la conferma dei privilegi consolari già ricordati; — come non
posso fare a meno di notare i tre diplomi attribuiti allo sventurato Man-
fjredi, morto e sepolto, oom'ognnn sa, in co' del colla soLlo a Benevento,
nel 1266. I diplomi suddetti sarebbero datati del 1273 e del 1275, vai quanto
dire sei od otto anni dopo di quell'anno fatale! Questi, che sono a(!Colti
nel codice madrileno, al cercherebbero invano nel codice palermitano;
come vi si oeicherebbero eziandio inutilmente due diplomi della Regina
Maria con le date di Catania IG luglio 13^)2 e Catania 14 febbraio 1383,
cioó quando la d(Mta regina gi:\ trafugata, era condotta prima in Sarde-
gna, e poscia in Catalogna.
Farmi eziandio def^no di nota il fatto che il privilegio di re Ruggiero
con la data del 15 maggio li2Qv nel codice palermitano non ò accolto-
MISCELLANEA 309
nella serie dei privilegi, ma fa seguito ai capitoli della curia del mare,
e viene ad esser compreso in quella che potrebbe dirsi la seconda parte
del medesimo. E degno di nota è altresì come il privilegio di Giacomo luo-
gotenente, con data di Catania 15 dicembre 1283, privilegio che sarebbe
(come parve anche al Carini) di capitale importanza, è sfuggito alla se-
rie suddetta, e messo in calce al Cabellarium. Si può dir di ripicco, é
vero, che ciò sia avvenuto per ragione di affinità di materia ; ma re-
sterebbe a spiegare perchè codesto criterio di affinità di materia sia
stato cosi saltuariamente adottato.
Potrei andar oltre con le mie osservazioni, ma giudico meglio racco-
glierle tutte insieme nella pubblicazione dianzi promessa. Per altro quanto
ho detto qui basta e soverchia al mio intento attuale, che ó stato quello
di richiamare l'attenzione degli studiosi sul codice pregevolissimo dalla
Biblioteca nostra fortunatamente acquistato.
it4«'?=».<£y®.<s**45*
IATO E lATINA
RICERCHE DI TOPOGRAFIA STORICA
I.
Tra i frammenti che di Filisto, storico siracusano del IV sec.
a. C, ci ha conservato Stefano Bizantino, ci son questi due :
'léxai • (fjpoupcov StxsXto»;, GrjXuxwi; • O^Xiatoi; Sxtiq •
xò èOvtxòv 'lexofog xal 'lexat'a.
'lotxfa, TcóXti; ScxeXfa? • OtXtoxoi; SixeXixwv Seuxlptp •
xò èOvcxòv ['lamvoi;] (1).
È qui che appare la prima volta il nome di Iato nella geo-
grafia della Sicilia greca, e non si sa che di Iato ce ne sia stato
più d'uno nella storia; è per ciò che quest'altro nome, 'laixt'a,
ha fatto sorgere il dubbio se si debba ammettere l' identità di
'léxat e 'latxfa. Filisto, si dice, non può aver usato due forme
diverse : esse potrebbero derivare da diversità di grafia intro-
dotta nei codici di cui si serviva il lessicografo.
Le osservazioni , abbastanza opportune, sarebbero, io credo,
valide se i due frammenti ci dessero soltanto i nomi, senz'altra
iodicazione; ma Filisto non può aver usato due forme identiche:
(1) Strph. Byz. ad v. Cfr. l'edizione critica dei framm. futta da G. M.
GoLUMBA in Arch. Stor. Sic. N. S. anno XII, 1892, fase. III.
MISCELLANEA
311
'létat cppouptov e 'lacxfx uóXt?, e in due libri diversi, attestano il
nessun valore del dubbio. Onde è evidente che 'léxac castello,
rocca, va ben distinto da *IacT{a città.
Or di Méxat, lete, Iato, posto a sud-ovest di Palermo (1),
sappiamo; ma 'latxfa ? Avremmo dunque accresciuto di uno i
nomi delie città che, simili ad astri omai spenti , si aggirano
muti e rigidi, avvolti nel gravo sudario della morte, nell'im-
menso spazio della storia?
II.
Ruj'giero conte di Sicilia, chiuso con Malta il periodo del
conquisto (1091), si diede tutto, posate le armi, al riordinamento
del nuovo e promiscuo popolo; e per prima cosa pensò alle
Chiese.
Nei diplomi per cui vennero assegnate le diocesi ai vescovi
di Girgenti e di Mazzara — sono del 1093 — il confine, risalendo
il corso del Bt^Iice, giunto fin verso il nord di Corleone va per
divisionem lutinae et Cephalue (Cefalà), e tra le città o i villaggi
appartenenti secondo tale delimitazione al vescovado di Mazzara
è compreso anche Iato (2). Maggior lume si ricava dal diploma
arabo-latino del 1182, volgarmente detto Rollo, per cui il mu-
n.fico Guglielmo li assegnava alla sua prediletta Chiesa di Mon-
reale l'esteso territorio compreso tra quelli di Palermo, Cefalà,
Frizzi, Sciacc», Alcamo e Partinico, modificando così, in favore
di Monreale, anche la giurisdizione vescovile del 1093. Tra le
divise , 0 feudi come si sarebbe detto in seguito , che costitui-
vano quella di Iato, chiamata per ciò magna divina Iati, ce n'era
una, la divisa latini, che aveva con le altre di Benbark e Desisa
comune il fiume Felu, nel quale si versava il fiume discendente
(1) Gfr. G. I. G., BeroJini MDCCCCIII, voi. Ili, pag. 60=), dove il Frana
trasporta erroneamente letae « in oppido Alcarai ».
(2) R. Pirro, Sicilia sacra, Palermo 1733, pagg. fe95 842-3.
312 MISCELLANEA
da latina, e giungeva a settentrione fino aUa via che da Mertu
— oggi Mirtu, presso Partinico — andava a Palermo, e fino al
monte Marsus — Marzuddu, a sud-est di Partinico — ; mentre ad
oriente di essa s'avea l'altra divisa detta Gar, che, così com'è
designata nel diploma (s'appoggiava ad austro alla Kala Iati, rocca
di Iato), tlovette comprendersi nel bucino superiore dell'Iato. Or
se si considera che i nomi delle divise che si trovavano sul con-
fine occidentale di quella parte di territorio assegnata alla Chiesa
di Monieale — Beubark e Desisa — vivono tuttora sotto le forme
di la Varca e Disisa; e che dall'altra parte le divise poste, sul
confine orientale di quella magna di Iato — Elcumeit, Rande,
Rahalygt'us — corrispondono ai luoghi la Cumeta, Renna, Uagx-
licèufii, si dovrà convenire che la divisa latini o, come anche si
disse, la'inae fu, coritrariamente a quel che altri ha potuto pen-
sare, il territorio stesso attorno a Iato (1).
Ma le divise erano, dove più dove nìeuo, sparse di casali, di
luoghi abitati dai quali prendevan nome; la popolazione rurale
non aveva ancora disertato le campagne per addensarsi nelle
città : il diploma avanti citato fa menzione di circa cento tra
casali, borghi e castelli allora esistenti nel territorio della (Chiesa
di Monreale. E la divisa latina ebl)e anch' essa la sua popola-
zione, riunita in un villaggio detto appunto latina.
CI) Mi par tanto ovvia la cosa, che non insisto nella illustrazione di
questo passo del diploma; che del resto non rai mancherà, spero, majjfgior op-
portunità di furio. Intanto è bene notare che per « tlumcn rjuoit descendit
a Yatina » intendo quello che scorre a nord di S. Giuseppe Jato, ed il Felu,
dove versa le suo acque, è quello iletto Disisa, che poi procedendo nel suo
corso col nome di Gianquadara, va a sboccare nel mar di Balestrate. V.
8. Cuba, Diplomi greci ed arabi di Sicilia, Palermo 1868, pagy;. 187, 190,
IflfJ m^W art. Hentìurk, Oesisa e Gar. Quanta parte di rajjione abbia avuto
l'Amari (Biòl. I 190) nel cercar Ialina nel territorio dell'odierna Piana dei
Greci, e quanta il Di Giovanni (Arch. ut sic. 1892, pa^g. 485,493), nell'a-
verla voluto riconoscere nel nome di una contrada lazarini corruzione,
ei pen«ò, di Ialini, ne' pre8«i di Belmonlc Mezzngno, si vedila njcglio in
si'guilo.
MISOELLAKEA 31-
Del qual villaggio si ha conno in un altro diploma di Gu-
glielmo del 1183 (OusA, pag. 249) — {laXoXXèx, borgo, Tì^axtvs, —
e ne parla il geografo arabo laqùt, vissuto in quel iempo, il
quale notava nel suo dizionario che "' vi si coltiva principalmente
il cotone ed il canape „ e che fu patria del dotto musulmano
Ali-ibn-abd-Ailah. Del resto, nient'altro. Si direbbe che una poco
benigna stella abbia segnato la sorto del nome di questo villag-
gio : comparso sulla fine del sec. XI, scompare definitivamente
sui primi del XIII senza lasciare alcuna traccia di sé.
bi vogliano considerare i tatti eh' io veri ò dispoi;endo crono-
logicamente e che mi paion degni della più grande attenzione.
Dal diploma del 1093, il primo della serie, si sa, vedemmo,
di un territorio di latina, e si sa ancora che nell'allor diocesi
di Mazzara esisteva un Iato; per un altro del 1095, pare, (Cusa,
paj.'. 1) Ruggiero dona alla Chiesa di S. Maria di Palermo alcuni
servi in territorio di Iato, ma nessuna notìzia di latina; in uno
ancora del 1133 si parla di Iato, e non si dice di latina (Cusa,
pag. 515); nel 1119 e 1154, (Cusa, 28-34) re Huggiero assegna
su i beni demaniali del distretto di Iato certi terreni, e la de-
limitazione è fatta dallo stratego di Iato coH'assistenza di fede-
degni e di vari seniori musulmani e cristiani di Iato, niente di
latina; Edrisi, che scrisse la sua geografia di .Sicilia nella 1*
metà del sec. XII, non tralascia di dire di Iato, torte ctistello,
di vasti confini, con prigioni sotterranee, ma nessun accenno ad
un villaggio latina; nel diploma del 1182 si torna a parlare del
territorio di latina compreso nella magna divisa Iati, ma non
c'è una divisa Iati; da quello del 1183, che è la platea o ruolo
dei villani della Chiesa di Monreale, risulta esistere il villaggio
latina, ma nessuna notizia di Iato; Yaqùt (1178? — 1229) pren-
de nota di latina, passa sotto silenzio Iato. Ma siamo già nel sec.
XIII ed ulteriori ricerche non aggiungerebbero alcun che di nuo-
vo: latina non esiste piìi ; possiamo bene fermarci a questo
punto.
Or chi attentamente consideri le note che abbiamo rilevato,
non potrà non rimaner colpito da questo fatto: tutte le volte
314 MISCELLANEA
che si fa il nome di latina, si tace quello di Iato, e viceversa;
sembrerebbe che essi si sfuggisseio a vicenda.
Eppure i due paesi furono coesistenti : tutto lo dice ; entram-
bi ebbero importanza: Ed risi e Yaqùt ne fanno fede. Iato è latina.
Ed è di tale evidenza la deduzione, che non sarebbe neanche
necessario aggiungere che la traduzione latina di un documenta
greco — quello cit. del 1133 — ha latina, dove il greco ha
Giato (1).
III.
Torniamo a Filisto. È lecito identificare 'léxac con 'laixfa come
s'è fatto per Iato e latina ?
Qui ci sovvengono due passi di Diodoro (XXII, 10, 4; XXIII
18, 5): in uno è detto che Pirro chiamato in Sicilia contro i
Cartaginesi, dopo aver preso Girgenti, Eraclea ed altre città,
espugnata Erice, àTifjpe upòg x^v 'laixtvwv TtóXtv òXupóxYjxt Stapepou-
oav xal xaxà toO Ilavópfioo xoXw^ xei}i£v7)v, e come i leti ni di buo-
na grazia s'accordarono, egli si volse contro Panormo; nell'altro^
i 'loixTvo:, cacciatoci presidio cartaginese, si danno ai Romani.
Se gli abitanti son Matxìvoc, la 'locxcvwv TióXt; è la 'latxwc di Fi-
listo, " insigne per la sua fortezza e situata in bel sito, presso
Panormo „, come s' esprime lo storico argiriense ; le leggende
numismatiche poi che danno lAlTINQN (2), non lasciano dubbio al-
cuno. Ma questa città ci è nota più col nome classico di Iato ;
(1) Pirro, op. cit., 778. In questo diploma , tradotto abbastanza fedel-
mente, si segtiuiio i confini del casale MArtù o Mertù — oggi Mirtu, presso
Partinico— e si ha che furono verifieuti dallo stratego ia/mac e da altri
ufficiali fra i quali un caid de latino ed un magister castelli Jatinensis^
ma nel testo greco è detto sempre di Giato — xoò Tidzo». Gfr. Amari, che
tenne presente solo la Innhizione Intitm del Pirro, Bibl. I, 190.
(2) V. In Thb UuiTibii MuBEUM, Catalogne of Qreek Coins, Sicily, 85..
I/inlon, 1876.
MISCELLANEA 315
qual meraviglia se, ai tempi recenti collegando gli antichi, si fa
corrispondere 'léxat a Iato e 'lottxfoc a latina ? 0 per dir tutto,
la TióXti; 'laiT^a non è quella che in seguito si disse |iaXaXXèt
T^ax^ve, villaggio Giatina o latina ? e il cppoupiov 'léxoc non fu in
appresso il kalat Iati, castellum Iati, o xaaxIXXtov xoO Ftàxou ? E
si avverta che non si stenterebbe molto a farne una 'latxfva della
'Iatx{a, come Diodoro, che di Filisto è conferma autorevole, ben
c'insegna (1).
La distinzione per tanto di cui dicevamo , e* è, sicuro, tra r
due frammenti, ma va intesa in questo senso : 'loixfa è il nome
della città, 'léxat è quello dell'acropoli, la parte più forte ed in-
superabile ; e Filisto tutte e due le volte non può che aver in-
dicato il medesimo sito, notevole per popolazione e per la sua
forte rocca.
'léxai dunque è 'lacxfa. Le forme latine però , letenses di Pli-
nio (2) e letas di Silio Italico (3), se da una parte sembra che
continuino la distinzione tra rocca e città , par che escludano
dall'altra l'antico nome di questa, alla quale viene esteso quello
della rocca: così letas da 'léxat, non da 'latxt'a, e letensis piut-
tosto da 'laixlvoi;, anziché da 'lexafo?. Forse qui Silio volle figu-
ratamente usare il celsus letas per laetia o laetina quale avreb-
be naturalmente dovuto essere , ma mancandoci in tutta la la-
tinità gli elementi di controprova, dobbiamo contentarci di espri-
merne il sospetto. E sospetto non infondato; perchè se alla distan-
za di quindici secoli, qual è tra Filisto e le prime notizie di la-
tina, ritroviamo l'antico nome della città, ragion vuole si am-
metta che esso non scomparve mai dall'uso.
(1) In Diodoro, XIV 9, 9 e, passim si ha "EvxeXXa ed 'EvTeXXivot; in
un fr. del lib. XXIII: 8, 2, si legge invece TtóXt;... 'EvxeXXlva. Entellina es-
sendo lo stesso che Entella , la lezione 'lanCa di Filisto si può diritta-
mente portare a latxlva.
(2) Nat. Bist,, III 8. » .
(3) Punic. XIV, V. 271.
516
MlaCKLLANEA
Possiamo qiiiiiili istituire il segupnte prospetto morfologico :
/ 'Ilxxc 'lacTt'a 'Isxaìog loticvoi; Filisto
Per
lodo greco
'latttvo;
Periodo tornano
Periodo arabo-
( lotns
' Giatìn
Gialli
Giatiiiah
TCaxtvs
normanno
rtàxfiv
latina
latum latinuui
VONETE
DlODORO
SiLio Italico
Ictensis Plinio
Yaqùt
Edrisi
Diploma del
1182
Diploma del
1183
Carte 'ìreche
latinensìs Carte latine
Tatensis G. Malater-
RA (1)
Non sarà fnoi- di Iuog(i chind* re con qualche breve ossor-
■vazione.
Si noti anzitutto, per la fonetica, come il gruppo inizialo (ìì
suoni '.e od lot greco, le latino, si sia in seguito cambiato in in,
che 8Ì pronunziavai c/ìu ( = T^a) , come nei documenti arabi e
greci troviamo scritto.
Il 'léxoi elle St< f.ino Bizantino avverte espressamente ossor
(1) 7)« reùus gesth Roberti et Royerii, lib. Ili, cap. XX-XXI. In Thes.
antiq. ital. voi. IV. Sicil. Il («^slo ha suorreltjiincidc lacenses per la-
■tenses.
MI8CKLLAITKA 317
femminile, diventa maschile nel hitino, letas; il Cluverio {Sic.
ant., 1. II, e. XII) aiise avanti il <lubbio che forse Silio volle in
tìn diverso una sillaba lunga — perche poi questo, non si capi-
sce abbastanza (non sappiamo dove mai il Fazello (De reb. sic,
d. I, 1. X, e. Ili) - e non potè esser altri che lui a render così
esigente il Cluverio — abbia letto che i'Iinio usò letiim); sap-
piamo bensì, e lo seppe anche il Fazello, che Plinio scrisse, ed
una sola volta, letenaes ; ma questo nome può derivare tanto dal
noto maschile, quanto da un supposto neutro. Vero è però che
l'aggettivo avrebbe dovuto essere letaeus da *IsxaTo(; , ma forse
per evitare quo! gruppo vocalico, è prevalso letensin, che sem-
bra abbastanza vicino a 'latTlvog.
Il qual 'latxTvos par che visse* solo presso i Greci; i Latini
probabilmente, non ebbero altro che ie^ews/s ; solo durante il pe-
riodo arabo-normanno si trova un latinensis che è ancor una
prova della vitalità di latina accanto a latitm; e a chi chiedesse
perchè fu più comune latensis o letensis, si potrebbe rispondere:
perchè più breve di latinensis o Ittinensis. A proposito di lati-
na, s'usò — vedi anomalie di lingua ! — anche il neutro, latinum.
L' osservazione del Cluverio sul genere di letas avendoci
svegliato degli scrupoli, dobbiamo confessare d'avere scritto, sì,
FtàTov, sul latum, ma non c'è capitato di trovarlo che sempre al
genitivo, xoO Ftàxou; chi pertanto volesse crederlo maschile, po-
trebbe non ingannarsi. Tanto, si può ben dirlo , Iato s' è visto
di tutti i generi !
Importa per ultimo avvertire — ciò che del resto ognuno
avrà notato — che nell' esporre i risultati delle nostre ricerche
abbiamo tenuto conto soltanto di quelle forme di nomi dall'u-
niversale consenso accettate (1). E nessuno per certo vorrà, di tale
(1) È necessario che noi aggiungiamo qualche cosa su due luoghi, di
Tucidide e di Cicerone, per giustificare la nostra opinione.
Narrando lo Storico della grande spedizione ateniese in Sicilia, dice
(lib. VII, 2) che Gilippo, mandato da Sparta in soccorso ai Siracusani, ap-
318 MISCELLANEA
restrizione, farcene un carico; perchè in siffatto genero di studi,
ove mai un dubbio sorga e la critica non sia concorde nel por-
tare il suo giudizio , prudenza vuole che si vada molto cauti
nell'accogliere un'opinione fondata non sui fatti, ma sul crite-
rio individuale.
IV.
La storia di Iato, o latina che dir si voglia, ha una parte mode-
sta nella vita dei Greci di Sicilia, per quanto ad essa strettamente
si connetta. È un tenue filo quello che ci guida. Probabilmente
.prodato ad Imera, si diresse, raccogliendo aiuti dalle città amiche ed alleate,
per l'interno dell'isola, verso Siracusa; e presa durante la marcia una certa
fortezza dei Siculi e messo in ordine di battaglia l'esercito, giunse sulle al-
ture dell'Epipoli. La parola che contiene il nome proprio della fortezza è
stata variamente letta e tormentata, perchè come 1 codici, cesi i critici non
■sono d'accordo ; se ne può avere un' idea leggendo . ad es., 1' edizione di
A. FiRMiN-DiDOT (Paris, 1833, voi. IV, pag. 342), o quella di I. Bekker
(Berolini MDCCGLXIII, pag. 444, in nota) od i commentari di E. F. Poppo
(Lipsiae MDGGGXXXVIII, voi. IV, pag. 365). Giova però avvertire che,
comunque quel nome si legga, i codd. non consentono l'identità col 'léxai
di Filisto, perchè la lezione più accreditata sarebbe ysta o ystag, alla quale
il GòUer volle sostituire 'léxa^, vedendo per tal modo in Filisto due luoghi
diversi (cfr. E. Pais, Storia della Sicilia e della Magna Grecia, Clausen
Torino-Palermo 1894, voi. I, pag. 93, n, 2). Onde noi , in seguito alle in-
dagini esposte , dobbiamo concludere che i due framm. di Filisto nulla
hanno a che fare con Tucidide, e ripetere coli' Holm che nella parola di
Tucidide ♦ è contenuto il nome di un castello di posizione sconosciuta »
{Storia della Sicilia nell'antichità di A. Holm, Torino Clausen 1896, vo-
lume II, pug. 96 nota).
Più semplice ancora è la disamina del luogo di Cicerone — in Verrem
Uh. II, III, 103 — in cui si vuol leggere letini. Noi non avremmo trovato
diflBcoltù ad accettare questa lezione ; ma i ms. danno concordemente /e^mi,
ohe non ci sarebbe ragione di cambiare perchè in Tolomeo ora si legge
A1)xov invece del Afjyov d' una volta. V. Holm, op. oit., voi. I , pag. 138
■nota; e ofr. Pam, u. s.
MISCELLANEA 319
una delle città più importanti dei Sicani (Holm, loc. cit.), in grazia
della sua inespugnabile posizione potè sottrarsi per lungo tempo
all'influenza straniera ; che i Fenici, corsari prima che commer-
cianti, pensarono solo a fondare, come nelle sicule così nelle al-
tre regioni mediterranee, più che vere colonie, delle stazioni na-
vali per ragioni di commercio; ed i Cartaginesi, eredi naturali
dei Fenici, dapprima non vi possedettero stabilmente che Lilibeo,
Mozie, Panormo, Solus ed Imera.
La notizia più antica dì Iato è quella, dicemmo, di Filisto :
rimonta dunque al IV sec. a. C, quando Greci e Cartaginesi,
procedendo nell'esplicazione della loro attività , doveano fatal-
mente incontrarsi nella classica terra , campo aperto alle lotte
delle antiche civiltà. E s'incontrarono e s'urtarono per primo ad
Imera : Siracusa affermò la sua preponderanza nell'isola.
Nel lungo dibattersi tra le armi greche e cartaginesi le vi-
cende di Iato non si sanno, s'indovinano. Posta sulla via che
per terra univa fra loro le principali città marittime dell'occi-
dente dell'isola, dovette acconciarsi di buona grazia ad accettare
l'alleanza o la signoria di Cartagine. G'indigeni, poiché Ducezio
non era riuscito nell'impresa di far una Sicilia senza Greci, si
erano rassegnati a pigliar l'armi non più per se stessi ; quindi
s' uniscono in parecchie migliaia ai Cartaginesi quando questi,
chiamati dagli Egestani, con manifesta slealtà vengono a distrug-
gere Selinunte, che pure, sola, li aveva aiutato contro Gelone, ed
a pigliar vendetta contro Imera, teatro della loro antica scon-
fitta (406 a. C). Ma Dionigi risolleva le sorti della guerra; rac-
cogliendo aiuti dalle greche città ed eccitando lungo la strada
alle armi, muove, come ad impresa nazionale, alla volta di Mo-
zie, e l'assedia; tutti i Sicani sono con lui, solo restano devote
ai Cartaginesi Halicia, Solus, Egesta, Panormo ed Entella (397
a. C, Diod. XIV 47). Iato per conseguenza stette con Dionigi ;
per breve durata, perchè colla venuta d'Imilcone Dionigi dovette
ritirarsi dinanzi al nemico.
E così per tutto il lungo alternarsi di vittorie e sconfitte
greche, si dovettero alternare le sollevazioni e le calme di Iato.
320 UISCELLANBA
E quando il grande Timoleonte , presa Entella , battè col suo
piccolo esercito quello ingente di Amilcare sulle sponde del Cri-
miso (340 a. C), Iato ne risentì certo gli effetti ; non durevoli,
perchè la pace concessa da Timoleonte lasciava ai Cartaginesi
tutta la Sicilia occidentale di là dall' Halicus; ne Agatoole che
col portar la guerra in Africa primo diede l'esempio ai Romani
di attaccare il nemico alla testa, fu più fortunato di Dionigi.
Ma il giogo di Cartagine non fu mai accetto ai latensi:
quando Pirro, già provato alle armi romane , viene in Sicilia a
combattere i Cartìiginesi, essi gli aprono lo porte della città
(276 a. C).
Nuove spade brillano al sole di Sicilia : essa che prima non
avea potuto esser tutta greca o tutta cartaginese, diventa una
provincia romana; Iato, ricaduta dopo la fugace apparizione di
Pirro nelle mani di Cartagine , fu tra le prime che con Panor-
mo ed altre città cacciato il presidio cartaginese, si diedero ai
Romani (254 a. C). Il che però non c'impedisce di supporre che
in seguito Verre lo abbia fatto sentire il peso della sua pre-
tura; che se ad alcuni portò via tutto, ai latensi non dovette
lasciare di che esser lieti.
Già, a dire il vero, la dominazione romana in Sicilia si può
ben definire una continua pretura di Verre. Cicerone scrisse un'ope-
ra — in Verrem — e mirò a colpire un uomo , Strabene scrisse
un capitolo — lib. VI della Geog, — e colpì un popolo. Delle fio-
renti e popolose città marittime d'una volta, poche al tempo di Stra-
bene sussistevano; nell'interno la forte Enna, e la sacra Erice;
del resto, qualche villaggio di pastori ; i Romani per popolazione
vi tenevano armenti di buoi, di cavalli, di pecore e sopratutto e
dapertutto di schiavi; meno quel po' ohe poteva bastare al con-
•umo dell'isola, tutti gli altri prodotti andavano a Roma. La
Sicilia era allora il granaio di Roma.
Al tempo di Plinio (a. 23-79), quando Augusto, dando un
nuovo indirizzo allo Stato, mandò colonie, restaurò città, e prov-
vide ad una savia amministrazione , i latensi erano annoverati
MISCELLANEA 321
fra Ifì quRrantaseite TpopoÌP.ziom stipeììd/'firie (ì) : forpo la qualità
privilegiata di soci o federati che poterono o=^sersi acquistata
colla spontanea dedizione ai Romani al loro primo giungere in
Sicilia, la perdettero quando passarono un'altra volta ai Carta-
ginesi, durante la seconda guerra punica (2), o certo la perdettero
durante le guerre servili: Tato insofferente del giogo cartasinese,
sperimentato quello di Roma, si dovette levare anch'ossa al £rrido
della rivolta.
Tale periodo di riparazione iniziato da Augusto e conh'nnato
dei successori, fece alquanto diment'care alla Sicilia i gravi torti
di Roma : ma già il decadimento del^'imp-'^ro cominciava, veniva
meno la forza coesiva, lo sgreganxento nori si fece attendere a lungo:
la Sicilia, come dfstinata a non avere mai lunen quiete e verace
ristoro, passò dai Romani ai Barbari, da questi ai Bizantini, ai
Musulmani, fin<hè i Normanni , attratti dalla facile conquista,
non passarono, colla croce e la spada, lo stretto.
Colla presa di Messina (1061) s'apre per la Sicilia la nuova
èra. T Musulmani, quasi sorpresi di tanto ardimento, resistono;
ma son disuniti : la mnggioranza della popolazione, di fede av-
versa : cedono, contrastando, ad .una ad una le fortezze e ridu-
cendosi nella regione occidentale. Caduta Palermo (1072), fa
guerra si può dir vinta, se non finita.
Quei di Iato, in massima parte musulmani , a Ruggiero che
li richiedo del censo e <lel servizio , rispondoro ricusando. Si
mosse il Conto nel 1079 con un esercito per ridurre a piìi miti
consigli i ribelli, ma i latensi, fidando nel nunieio, — erari tre-
dici mila famiglie, iperbolizza il Malateria — raccolgono gli ar-
ii) GoloTiie romnne ernno in Tauromenio, Catana, Siracusa, Therme
e Tyndaris; ni;i Stnilione, loc. cit., aggiunge anche Panormo che Plinio
dà corno oppidum ; solo i Centnripini , i Nelini ed i Segostani fnno di
condizione latina.
(2) Sidoiiios Aihcli ferox, et celsus Ictus
luvere
SiLio Italico, loc. oli.
Ardi. Stor. Sic. N. S. sinno XXIV. 21
322 MISCELLANEA
menti e le coso loro nella valida rocca, là, sulla spazio?a mon-
tagna, vi si rafforzano munendola di mura e di ridotti nei punti
accessibili, ed attendono animosi che il nemico si stanchi nel-
l'attesa della dedizione. Ruggiero, lasciati quei di Sicilia a strin-
gere Iato, va con gli altri di Calabria .ad assediare Cinisi che
s'era mossa all'esempio; e corre dall'un campo all'altro dirigen-
do gli assedi, esortando, incitando, minacciando , che disperava
quasi di riuscire, finche si decide a ricorrere ad un mezzo effi-
cace : s'era di giugno, le messi biondeggiavano invitando in tanto
strepito d*armi l'assiduo colono: Ruggiero le fa ardere (l): Iato
s'arrende. Egli nulla impose più di quel che aveva chiesto avanti
l'assedio, rispettata la religione e gli averi dei vinti: metodo
questo di sano accorgimento politico che rese, almeno in appa-
renza, meno stridente il convivere di elementi così eterogenei,
quali furono i popoli della Sicilia sotto i primi Normanni.
Il conte Ruggiero avuta intera la signoria dell' isola, pensò
all'ordinamento della conquista, " la grande lotteria feudale „, de-
finì l'Amari; alla croce e alla spada colle quali s'era fatta ra-
gione diede la loro, e non piccola, parte ; riservò a se la diretta
amministrazione di alcune città e terre. Fino al 1182, anno in
cui passò alla Chiesa di Monreale, Iato appartenne al demanio, e
fu tenuta di tale impcrtarza che ebbe il suo governatore regio,
stratego, e un d' essi fu Giorgio d' Antiochia , il grande ammi-
raglio. Noi incontrianjo spesso nelle carte dell'epoca i magistrati
e lo notabilità di Iato: sono i giurati — sceikh, xaXol òcvGpwTcot — ,
il comandante delia fortezza — (lafaxwp xo'j xaat£AX''ou , magister
(1) Mcnsis prat sextus Sextilom denotai oostus :
Ilic studct ut lacdat, studet alter ut ilio rocedat.
Laedunt, lacduntur: sic nltcrnando premuntur.
Sic parihus vutis non deficit hoslibus hostis.
T«mpu8 crai messia: armis macerai ila fessis.
Urunlur messe»: turbai rea ista lacenses (latenses).
Malaterra, 1. e.
UISCELLANEA 323
•castelli — lo stratego, i notabili del luogo — caids -— che segnano
la delimitazione di certi poderi.
Continuò l'opera di consolidamento dello Stato il secondo Rug-
giero, il dotto e savio principe coronatosi re in Palermo il 25
dicembre 1130; ma troppe cose impedivano il quieto vivere
ai vinti Musulmani, che tuttavia egli ebbe soldati fedeli e va-
lorosi nelle sue imprese : i maneggi di corte, la diversità di raz-
za, l'odio malcelato di religione; non assimilazione quindi, ma
eliminazione. E il primo segno di una persecuzione religiosa fu
la condanna al rogo di Filippo di Mehdia, successore di Giorgio
d'Antiochia nell'ammiragliato, accusato di simulata fede (1153):
il partito musulmano era potente a corte, contro di esso si ri-
volgean tutte le armi dell' altezzoso ed irrefrenato baronaggio
-<5oadiuvato dall'insofferente clero. Mancata la mano ferma di Rug-
giero (27 febb. 1154), i baroni in Sicilia ed in terraferma die-
dero fiero travaglio a Guglielmo; una congiura dei nobili armò
la mano di Matteo Bonello contro Maione Ammirato (1160), un
nuovo cecidio di Musulmani avvenne iu Palermo (1161).
L' odio di religione, sopito per due o tre generazioni , ride-
stato dalle guerre civili, scoppiava or qua or là vivo e furibon-
do, ed i principi duravan fatica a reprimerlo.
Al Malo succeduto Guglielmo il Buono (1166), i Musulmani
non ebbero gravi ed aperte persecuzioni: il re era tollerante,
amico anzi, e lor protettore; ma alla sua morte (1190) scoppiò
nel Val di Mazzara, dove s'eran ridotti ad abitare i Musulmani,
una rivolta che fu calmata dalla fiducia nel nuovo re Tancredi,
fiducia che, pare, non venne meno sotto Arrigo VI (1194-1197)
che, pure, tanto crudamente governò.
Ma la loro condizione diveniva sempre più insopportabile:
non sicurezza di persona e di beni; nelle terre passate dal de-
manio alle Chiese ed ai feudatari, il servizio più duro ; le spese
per la crociata mandata a bandire in Sicilia da Innocenzo III
(1198), gravanti sui vassalli, la più parte musulmani; il grido
d'intolleranza religiosa, già partito da Roma. I coloni del terri-
torio della Chiesa di Monreale sentivano ancor più il giogo dei
nuovi signori (Amari, Stor. d. Mus. Ili, 574, n. 1).
324 MISCELLANEA
Dei Musulmani capitanati da Marcualdo, gran siniscalco, av-
verso al partito papale, fu fatta strage nei pressi di Palermo
(1200). Questo avveniva durante la minorità di Federigo. E
poiché essi non aveano ancora combattuto Tautorità regia, non
forono dichiarati ribelli, che anzi Innocenzo, facendo buon viso
a cattiva fortuna , scrisse benignamente ai Saraceni di Iato e-
di tutta l'isola di conservarsi fedeli al re di Sicilia (Amari, op.
cit. Ili, 585).
Perchè Iato fu una delle rocche piìi importanti dei Musul-
mani; ma Federigo, per ragioni facili a comprendersi, preferì sa-
crificare gli ultimi avanzi dell'islamismo alla sicurezza dello Stato.
Cosi nel 1222 (17 lug. -18 ag.) lo troviamo all'assedio di Iato —
capitanava allora l'insurrezione un Mirabetto che, preso, fu im-
piccato in Palermo (1) — ; per quell'anno però e per parecchi
appresso si distolse dall' impresa : i Musulmani avean creduto-
miglior partito sottomettersi profittando dello buone disposizioni
di Federigo, il quale, accettati gli ostaggi e data loro sicurtà^
si rimise in viaggio, incalzato dalla scomunica di Gregorio IX,.
per Terra Santa (1228).
Ma la loro sorte era già segnata; oppressi da gravi debiti
che minacciavano di privarli degli averi e della persona, dispe-
rati, maltrattati, aizzati dall'odio, perseguitati come fiere, si ri-
dussero tutti sui monti di Iato e di Entella e per tre anni (1243-46)
tennero duro alle minacce di Federigo^ finche, stretti dalla fame,
si arresero; lo città furono distrutte, ed es»?i mandati u raggiun-
gere i loro fratelli delle parti di Girgenti, da tredici anni depor-
tati a Lucerà. Questa fu la fine degli ultimi Musulmani di Si-
cilia e l'ultima pagina della storia di Iato o latina.
li Fuzello, che scriveva nella metà del secolo XVI, notava
che di luto " admirandae extant et tota urbe acervatini cal-
cantor ruinae ,. Oggi più nulla resta. S'erge il monte, scosceso,
(1) C'ò tn territorio di Mezzoiuso, n 3 km. Hud-uvest, iton molto lungi.
dii lutO| un monltf detto Maràbilu, fonte du Mirabetto o Morabil.
HISCELLAMEA 325
accessìbile sul da una patte, quasi solitaria vedetta, staccato, ad
ovest della lunga, montuosa catena che chiude a mezzodì la
Oonca d'oro^ l'operoso colono salirà ancora su quel monte, col-
tivando il suolo, — vedrà ancora, mirando, di là le sottoposte
fertili pianure , ma il nome Iato che dà alla montagna non gli
dirà che lassìi fu una forte città, che quelle pianure furon ba-
gnate dal sudore e dal pianto di lunghe file di schiavi incate-
nati, e dai sangue di migliaia di combattenti.
»^s»lH^f-^^e6»
326 UISCELLANEA
APPENDICE
Scriveva Yaqùt nel suo Dizionario: "latina è villaggio di
quei che appartengono a .ìlàs nell'isola di Sicilia „; e il Wiisten-
feld, come rilerisce l'Amari {BilL II 190, 221), seguendo il
compendio di quel dizionario, dove lesse " Mìlàs „ , volle latina
presso Milazzo. Al che l'Amari osservò che la lezione Mìlàs do-
veva essere falsa, e lasciando insoluta la questione, finiva dicen-
do , e con un certo senso di rincrescimento ^ che dobbiamo ab-
bandonare l'idea di trovare il capoluogo del distretto di latina.
Ma poiché noi siara riusciti a dimostrare che latina è lo stesso
che Iato, non dobbiamo ricercare un capoluogo di distretto, la-
tina essendo stata essa stessa capoluogo (1); ed è ben lo sto-'
rico insigne stesso dei Musulmani in Sicilia che ci addita il mez-
zo di uscire da questa che — non essendoci la benché vaga
notizia di un Mìlàs nel territorio di Iato — parrebbe una via^^
senz'uscita.
Esponendo egli (Storia d. Mus., voi. III, lib. V, cap, IX), con
maggior rigore di critica ed esattezza storica che non avea fatta
il Gregorio nelle sue Considerazioni (lib. Il, cup. VII), qual fu
]a condizione dei vinti alla venuta dei Norjuanni in Sicilia, si
ferma a lungo, di proposito y su quella dei vassalli , fin allora
poco ben definita nel diritto pubblico siciliano; e dopo aver fatto
rilevare come la schiavitù durava tuttavia in quel tempo, viene
a parlare dei villani o rustici — i Tràpocxoi delle carte greche di
(1) Lo dicono eaprenamcnte le parole del cit. dipi, del 1183: la descri-
zione del confini del casale Mirto, donalo alla Chiesa di Lipnri era stata
fatta da Gior^^io Ammirato 6tt xal n^v npot8p(av loù Fuìtou òisItzs xal ndar]^
t1)c Sia^tpoóoY)c aòtffi x*^P>< lotpaxi^Y*^ CUSA, Dipi, ecc., pag. 516.
HISCELLANEA 327
Sicilia , gli ahl-el-geràid delle arabiche — distinguendoli in due
maniere: P villani obbligati per ragion della persona — adscrip-
titii, Ivarcóypacpoc, perchè iscritti nelle platee , come si dicevano
allora i ruoli — e sono i veri servi della gleba; 2° villani ob-
bligati per ragion della roba — uomini di maks, è^wYpa?pot, per-
chè non iscritti nelle ^/a/é^é» propriamente dette — : gli uni e gli
altri costituenti una classe di persone che stava tra gli schiavi
e gli ahl-el-Mehallét , " gente dei villaggi „ — i poupYtatot, bur-
genses dei diplorai greci e latini — (1).
Quest'appellativo maks si trova soltanto in pochi diplomi
arabici e greco-arabici di Sicilia, l'ultimo dei quali, quello del
1183, basta a determinare la condizione giuridica di questi in-
dividui posti suir ultimo gradino della scala del vassallaggio.
Per il qual diploma — che si direbbe un complemento dell' altro
dell'anno avanti, comunemente detto Rollo, nel quale san de-
scritte le vaste possessioni assegnate al favorito monastero di
Monreale — Guglielmo II, modificando l'ordine precedente che
accordava alle Chiese ed ai baroni dell' isola di ritenere gli
(1) I villani o rustici avevano personalità legale, potevano testimoniare
contro i borgcsi, non contro i nobili, e liberamente possedere e disporre di
beni allodiali fuor delie terre del loro signore; a questi dovevano il servi-
zio personale in un dato numero di giornate di lavoro, o r.n tributo in de-
naro o derrate all'anno, o, per abuso, l'uno e l'altro.
Gli uomini di maks— che vorrebbe dii'e passibili di balzelli — erano
commendati, affidati, ospiti : uomini liberi, insomma, o supposti tali perchè
riusciti a sottrarsi alle persecuzioni del loro signore e che, nella speranza
di star meglio, andavano a chieder ospitalità presso altro signore, ed al
quale dovevano, per aver tetto e pane , o giornate di lavoro o tributo, —
come i villani.
Gli uomini di me// a/feY, villaggio, cioè i burgenses — e sotto questo no-
me s'intendevano anche gli abitanti della città — erano al lutto liberi, po-
tevano testimoniare anche contro i conti, e far parte dell'amministrazione mu-
nicipale ; eran soggetti a pagar le gabelle, cioè tasse di produzione e di con-
sumo, di pedaggio, portuali, di giustizia e collette feudali, ed a prestare il
servizio e l'alloggio militare, e, nello pubbliche costruzioni, l'opera.
528 jnsGELLANKA
uomini di mehalLa , viiiaggio, e quei di maks rifugiatisi nelle
loro terre, restringe questa concessione alla sola Chiesa di
Monreale (1).
Or la voce maks è un'induzione felice e storicamente e giu-
ridicamente provata invece dell'altra w./.s che si legge in questo,
come negli altri diplomi; voce alla quale il Gregorio (De suppu-
tandis ap. arabes-siculos temp., pag. 36, n. a.) ed altri , o l'A-
mari stesso dapprima (Archivio st. it. eit. e Storia ecc. Ili, 243,
D. 1-2;, aveano dato diversa interpretazione leggendo inils o mels,
cioè dubbi o mistit designazione applicabile agi' iscritti esteri, e
traducendo ascrittizt. Nessun motivo c'impedisce, se ben vedia-
mo, di riconoscere opportuna la stessa lezione in luogo di .ilàs o
Milàs di Yaqùt (2); onde avremmo : " latina, villaggio di quei che
apparterìgono al maks... „.
. E nel citato diploma del 1183, tra i casali e i borghi che
tengono il pi imo posto per il numero dei villani ivi stanziatisi,
c'è latina — TJ^an've — dove su 54, 30 sono coloni, uomini del
maks, e 24 borgesi. Al che è da aggiungere il fatto seguente:
dali'e|oca della concessione di Guglielmo (1183) a quella in cui
Yaqùt publdicò il suo dizionario (1228) , gravi sconvolgimenti
avvennero nella regione popolata dai Musulmani in Sicilia: la
lotta tra il cristianesimo e l'islaniismc volgeva al suo termine:
Iato, città musulmana, fu uno dei focolari delia ribellione. Gli
(1) GusA, Diplomi cil. pug. 245. La traduzione che ne fece l'Amari è
in Archivio stor. Hai. i847, app. 16 al t. IV , pagg. 49 e 87. Essendo in
tale concessione couiprosi anche gli uomini di mehalla, burgenses, l'Amari
ne ha inTcrilo che si deve inlcndcre di quelli obbligali ad una data quan-
tità di servizio personale per la coltura dei campi.
(2) Perchè ognuno veda lo stato dello cose , ecco il raflfronlo delle
lezioni :
Yaqùt nel Md'gain (dizionario): j^^^ = .ilàs.
• ii";l .Vlur&^iil (compendio): ;^^^ = mllàs.
Diploma d«-l 1183: s*^^ = ni.l.s , clu; il greco tnidaoe
MISCELLANEA 329
è certo che i Musulmani di Iato, come quei di Entella e di al-
tri luoghi, quando il loro fatale destino li costringeva a posare
le armi della rivolta, pur non essendo fatti schiavi, non pote-
vano consetvare quella condizione di paiziale o di completa li-
bertà che prima jLiodevano ; non schiavi dunque, non rustici, non
borgesi ; uomini di niaks, tributali.
Cosi invoce di un Milazzo o «ilti'o nonìc di città fantastica
esistente nel sec. XII nel territorio della (Chiesa di Monreale,
avremmo trovato la designazione di una classe di villani, non
nuova nella storia dtl diritto pubblico siciliaiiO.
Giorgio La Corte
o<j<5s(5v<5^l|^éy?,-éy?io
RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE
DJ Giuseppe La Mantia, Dei reali Archivi di Sicilia. Memoria
inedita del Can. Rosario Gregorio (pubblicata a cura del), Pa-
lermo, Alberto Reber, 1899.
Il La Mantia (che onorevolmente disimpegna l'ufficio della dire-
zione della sala di studio nell'Archivio di Stato di Palermo, renden-
dosi molto utile agli studiosi coll'agevolarne le ricerche), seguen-
do le belle tradizioni della famiglia sua, ha reso un buon servigio
agli studi archivistici.
EgH ha pubblicato l'importante memoria inedita del valoroso
storico del diritto pubblico Siculo, Rosario Gregorio, sui Reali Ar-
chivi , facendola precedere da una breve ed erudita prefazione,
nella quale dà in nota una bibliografia minuta ed esatta di tutti
i lavori antichi e moderni , che trattano degli Archivi regi di
Sicilia.
Il Gregorio fu il primo in Sicilia, ed è rimasto il solo fìn'oggi,
che sull'argomento abbia dato una trattazione per quanto breve
altrettanto sistematica e cronologica dal tempo Normanno al Ga-
stigliano. Questa memoria, rimasta inedita, fu prima saccheggiata
dal Can. Cesare Pasca, il quale, interpolandola qua e là e aggiun-
gendo qualche scarsa notizia per l'epoca più recente, s'attribuì il
merito di aver compilato una Storia degli Archivi diplomatici di
Sicilia (sebbene questa pubblicazione fatta nel 1854-55 nel Gior-
nale r Armonia sia rimasta pressoché ignota); poi servi di aiuto
al Silvestri , che iniziò, ma non condusse a termine, un Saggio
sullo stalo e sulla 7'iforma della Legislazione dei pubblici Architi
in Italia.
BASSEONE BIBLIOQRAFICHB 331
Il can. Rossi catalogando i mss. della Biblioteca Comunale, lo
disse di carattere alieno ; il Silvestri nel 1859 e più tardi nel '70.
lo riconobbe del Gregorio; ma, vedi fallacia degli umani giudizi,
egli, che pur servendosene lo giudicò un abbozzo di trattazione ,
non seppe far meglio che raccogliere e non terminare una massa
indigesta di ottime notizie.
Molte opinioni e parecchi giudizi e dati di questa memoria si
trovano sparse o nel testo o nelle note della grande opera , le
Considerazioni dello stesso Gregorio e non rispondono interamente
alla critica storica, perchè le ricerche fatte dopo il tempo di lui
hanno modificato e chiarito molti punti ; ma non è a negarglisi
l'alto merito d'essere rimasto il più sistematico espositore dei Reali.
Archivi di Sicilia.
La pubblicazione del La Mantia è quindi molto utile, giacchà
servirà di spinta ai cultori dell'archivistica siciliana, onde ripiglino
gli studi sulla storia degli Archivi nostri ; la quale brevemente
trattata pel tempo normanno-svevo anche dal Bresslau {Handbuch
d. Urhund. pp. d35-138), essendo tanta parte della vita amministra-
tiva si ricollega a questo gravissimo problema, su cui oramai si.
hanno molti discordanti pareri. -
C. A. Garufi.
Sac. Dottor Vincenzo StrazzuUa. Indagini archeologiche sulle
rappresentanze del « Signum Christi », Palermo, 1890, Alberto
Reber.
Il tema preso a trattare dal valoroso giovane archeologo sici-
liano, che in poco tempo ha dato molte prove del suo eletto in-
gegno, è di capitale importanza e conta già una letteratura ab-
bastanza ricca e pregevole, che dal lavoro di lustus Lipsius (1575)
vien giù a quelli dello Strzjgowscki, del Caspari, del Carini , del
De Waal e di altri.
Tutti questi lavori permetterebbero lo studio del tema geniale
nel suo complesso, cioè dal triplice punto di vista : archeologico,
S82 RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE
paleo{rrafico ed artistico. Uno studio siffatto constaterebbe le varie
forme del Siffmim. CJiristi e ne accompagnerebbe passo per passo
lo sviluppo e lo svolgimento artistico in tutte le manifestazioni
delle arti rappresentative, cioè nell'epigrafi murali, nei cimiteri,
nelle medaglie, monete, amboni, plutei, capitelli di colonne, pezzi
musivi, codici, documenti diplomatici, pitture e miniature; e col-
legherebbe alla nozione sistematica del progressivo sviluppo di
quei segni, i quali, determinandosi nelle loro linee generali, di-
vennero i termini della tradizione, la nozione sistematica del pro-
gressivo sviluppo del sentimento artistico.
L'A. comprese che la nuda esposizione cronologica di una se-
rie di dati e di ricerche avrebbe resa pesante la lettura di un si-
mile lavoro, ed avvalendosi del fatto che sovente l'esposizione
cronologica applica, anche indirettamente, la legge dei principi
evolutivi, dichiara fin dal proemio: «che terrà di mira certi fatti
e circostanze che più da vicino possono riflettere la trasmissione
e la transazione dell'arte classica alla cristiana, il simbolismo della
croce nei primi secoli della fede, taluni singolari paralleli dell'an-
tico e del nuovo spirito artistico, i principali monumenti che ne
confortano il passaggio alla èxxXscìa twv àesXcpcbv xptaxiavwv ». Senza
dubbio il fine propostosi dall'A. è buono; ma il libro avrebbe gua-
dagnato molto di più, se egli, pur fermandosi all'alto medio evo,
avesse fatto una capatina nei monumenti paleografici, come a dire
nella Bibbia greca vaticana (sulla cui origine si sono tanto dibat-
'tuti il Vercellone, il De Rossi, il Geriani e il Vestcott) e negli al-
tri mss. biblici latini e codici ecclesiastici, tanto più che poteva
molto utilmente avvalersi della pregevole monografia del Carini,
pubblicata in due edizioni, e ch'egli, eruditissimo nella letteratura
straniera sull'argomento, neppure cita.
Ma lo Strazzulla ha voluto fermarsi alla sola parte archeolo-
gica 0 non è lecito muovergliene appunto, giacché egli non ha
preteso offrire un lavoro completo, sibbene una serie d'indagini ;
qualcuno però, forse con maggior fondamento, potrebbe fargli no-
tare che nella parte relativa alla Letteratura potevano altresì ri-
cordarsi, oltre il notissimo e recente lavoro del Carini (Il edizio-
ne, 1890), quelli del Menchen 1734, Jacuzio 1733, Giorgi 1737, Ga-
spari (Quellen zur Ooschìchte des Taufsymbols) ecc.
La tela schematica del lavoro, divisa in 7 capitoli, ò l'esplica-
zione del concetto manifestato nel proemio.
RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE 833
I. Schizzo sull'uso della croce nelTetà classica ; II. Ulisse nel-
l'arte cristiana e l'allegoria della croce; III. Le prime allusioni al
«Signum Christi »; IV. Il Cristo derisorio e le calunnie; V. Per
la storia della croce e del cristianesimo ; VI. I monumenti più in-
signi della croce cristiana; VII. Altri monumenti e di alcuni car-
mi encomiastici della croce. Segue un capitolo dedicato alla Let-
teratura.
Dico subito, pria di venire all'esame di ciascun capitolo, per-
chè non si generino dubbiezze, che come indagini archeologiche
il libro dello Strazzulla si presenta bene ed è utilissimo, e che
l'insieme di una serie di notizie sparse in molte monografie fuse
con ricerche nuove gli danno un sapore d'originalità.
Il primo capitolo tratta le classiche tradizioni relative alla
croce : le favole di Eros legato alla croce, di Prometeo e di Sinis,
di cui le prime due dalla Grecia passarono in Roma e vennero in
pieno cristianesimo cantate da Ausonio.
Accanto alle leggende la storia.
In Palestina, dopo la morte di Re Saul furono crocifissi sette
consanguinei di lui ; un gran numero di testimonianze elleniche
dal sesto al V sec. a. C, accertano tale uso nella regione della Per-
side , che posteriormente fu anche seguito in Roma e nella Per-
sia. Descrive il modo come s'elevava la croce e s'imponeva il sup-
plizio; con un passo d'Isidoro di Siviglia confronta brevemente,
ma in modo chiaro, le frasi greche colle corrispondenti latine e
colle testimonianze di Giustino e di Cicerone enumera le varie
specie di crocifissione ed i vari reati che davan luogo a quella
condanna.
Il più antico documento, secondo l'A., che ne attesti l'uso per
Roma si troverebbe nelle commedie di Plauto, poi nelle Verrine
e nel prò RabirLo di Cicerone, in Orazio , in S. Paolo e più giù
ancora in Valerio Massimo, Seneca e nell' epitomatore di Trogo
Pompeo. T. Livio narra che i congiurati a danno della repubblica
subirono la pena della croce; Tacito afferma che Nerone la inflisse
ai fedeli cristiani.
Dalle leggende e dalle crocifissioni, storicamente vere, a poco
a poco nasce e si sviluppa il simbolo. « La tradizione criminale e
rappresentativa insieme intrecciandosi col simbolismo cimiteriale
e privato dei cristiani, giungeva fino al secolo di Ausonio. La ero-
334 RASSEGNE BIBLIOaBAFICHE
ce adottata prima di Cristo come simbolo religioso (secondo il
Kraus) fu l'antica croce ansata egiziana , da quei fedeli poscia
ampliata per esprimere il monogramma di Cristo. Ed i\ pentalpha,
pentagrarama, pentacipulum, Salus Pyiliagorae, di frequente con-
suetudine presso il popolo Ebreo , quando si vuol nascondere ai
pagani il segno della salute, è inciso o dipinto o impresso su gem-
me, anelli, arcosolì di catacombe e simili. Così il pentalpha entra
nel numero dei segni arcani e di duplice significato simbolico, che
nei primi tre secoli del Cristianesimo decoravano specialmente il
cimitero di Pretestato, forse per le relazioni di civiltà e di com-
mercio esercitate dalla setta ebraica in molti paesi di domina-
zione latina, ed anche a Roma (p. 14) ».
Relativamente all'altezza della croce l'A. inclina a credere che
nell'età imperiale l'altezza o la bassezza non sia ad intendere come
sistema legale, variando a seconda delle disposizioni proconsolari
(p. 17).
Sull'introduzione del simbolo della croce, che destava tanto
disprezzo prima, egli condivide l'opinione di Raoul-Rochette , per
cui il T, ch'era simbolo di vita, di felicità e salute presso i gen-
tili, fu accolto dai nuovi fedeli cristiani perchè rappresentava
anche alla loro fantasia il simbolo di colui che s' era sacrificato
pel bene dell'umanità.
<r II II capitolo rintraccia il mezzo adoperato dai primi apolo-
gisti del Cristianesimo per l'esposizione delle verità dommatiche
riferentisi al soggetto della passione ». Gli studi dei De Waal, Gar-
rucci, Kraus, confortati da molti passi relativi al simbolo che Ulisse
rappresentò nella fantasia dei popoli classici e confrontati coU'al-
legoria della croce nei primi secoli del cristianesimo rendono que-
sta trattazione piena d'interesse ed attraente.
Da questi confronti l'A. trae una conclusione, certo immagino-
sa ma probabile (cap. III). Rapporta « il misterioso monogramma
(Tyranio) con l'albero (croce) della nax'e (chiesa) di Ulisse (Sal-
vatore), che navigando presso l'isola delle Sirene (piaceri della
terra) ne supera e vince le attrattive e riesce a glorioso porto
(salvezza, paradiso) per rivedere la miranda coniux (la vera glo«
ria ». Questa conclusione è confortata dal fatto che nei primi se-
coli del cristianesimo i fedeli debbono nascondere agli occhi so-
spettosi dei pagani (Schultze) il simbolo della redenzione e così la
BA8SEGNE UIBLIOGBAFICHE S'I^*
T si pose in mezzo al nome del defunto, la croce si dissimulò in
aspetto di àncora. « Onde se per un canto Ulisse legato all'albero
della nave era simbolo usato nei primi tempi del segreto per ri-
cordarsi la croce e il crocifìsso; l'ancora e le altre svariate for-
me di croce dissimulata esprimevano compendiosamente quella
che nelle istruzioni morali e nell'esposizione delle divine scritture
trovava più fecondo commentario nella storia della redenzione »
(p. 29).
In quei primi secoli le continue persecuzioni dovevano neces-
sariamente spingere da una parte i non credenti a deridere e ca-
lunniare non solo i fedeli, ma anche l'oggetto della loro credenza,
e dall'altra spingere i fedeli a cantare le bellezze della fede e la
gloria di Gesù ; lo Strazzulla tratta questo argomento in due ca-
pitoli separati : il IV ed il VI. La calunnia e l'irrisione sono, direi
quasi, compendiate nel celebre graffito, trovato nel 1856 nel quar-
tiere assegnato alla guardia pretoriana, rappresentante una figura
in croce con corpo di uomo e testa d'asino e vicino ad essa un'al-
tra figura colla testa e la mano alzate verso la prima, colla scritta
in greco « Alexamenos adora (il suo) Dio *. Di questa irrisione
l'autore dovette essere un giudeo per testimonianza di Tertulliano
e di Minucio Felice (Gfr. Gieseler, Kirchengesch, voi. I, p. 172 e
seg.). La lode e l'encomio sono invece compendiate negli epigram-
mi di papa Damaso e nei canti di Prudenzio.
Per la storia della croce sono importanti gli accenni alle di-
verse memorie epigrafiche ed iconografiche priscilliane, ai simbo-
lici segni della croce sia decussata, o croce di S. Andrea (X), sia
immissa (f) più comune nelle arti e nel culto delle basiliche pri-
mordiali e degli ipogei. Il più celebre monogramma, come dimo-
strò il De Rossi, trovasi nella camera degli Acilii al cimitero di
Priscilla fin dal II secolo. Il Nazareno poi , divenuto ScoxVjp della
passione e resurrezione, fu allusivamente considerato nel pesce,
'ixiWc, che s'incontra congiunto coll'àncora, nella croce gammata
incisa, dipinta o grafflta, anche negli anelli portati dai ricchi cri-
stiani 'Ixu£ infatti va'e : 'iTjaùc XpioS-ò? 5-éou Mloq, otoTT^p.
Dopo Costantino i Cristiani escono a poco a poco dall'ombra
e dal mistero e i monumenti della croce cristiana si moltiplica-
no (cap. VI). Il cimelio trovato in Selinunte dall'illustre Prof. Sa-
linas e ricordato dall'A., mi richiama alla mente la lastra mar-
336 EASSEGNE BIBLIOGRAFICHE
morea incastrata nel muro della facciata di fianco del magnifico
protiro del tempio di Monza, forse dei tempi di Teodolinda. Il mo-
nogramma di Cristo racchiuso in un cerchio è fiancheggiato da
due croci, da ciascuna delle quali pendono attaccati a catenelle
l'alfa e l'omega, rappresentazione che, secondo Mons. Barbier di
De Montault (1), raffigura la Trinità.
La parte relativa ai monumenti più insigni della croce cristia-
na è condotta bene e con sobrietà, opperò vai meglio rinviare al
libro che spigolare in un campo si vasto.
In conclusione lo Strazzulla non ha esaurito il tema geniale,
ma dal punto di vista archeologico ha dato un buon contributo
alla storia della Croce. Alcune eliotipiche dimostrative sarebbero
state molto a proposito.
C. A. Garufi.
Giustino Fortunato. Santa Maina di Ferino. Trani, V. Vecchi,.
tipografo-Editore, 1899, pp. 94.
In brevissimo tempo il Fortunato ha dato fuori sulla Basilicata
una serie di lavori che, malgrado siano forniti di molti documenti
inediti, pure accusano la fretta nella preparazione e nel concepi-
mento, come dimostra la lunga nota colla quale in questo to-
raetto corregge l'errore in cui era incorso nel lavoro precedente
relativo al luogo dove sorse la chiesa votiva di S. Maria di Vital-
ba. Questo io dico perchè la nota cambia alcune precedenti conclu-
sioni, e se va data lode all'A. di avere corretto sé stesso, si può
anche osservare che la correzione in cosa importantissima per
una breve monografia venga a ti'oppo breve intervallo. Valeva
meglio pazientare un pochino per darci uno risultato più sicuro.
Oggi l'A. ci offre due altri lavori : uno su S. Maria di Perno
e l'altro su Rionero Medioevale, di cui m'occuperò separatamente.
Quello relativo a S. Maria di Perno è inteso a rammentare la
(I) lnvenlaire$ de la basilique royaìe dì Monza.
RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE 837
storia di quella Chiesa, che si collega con le vicende della valle
di Vitalba. Precede uno studio breve ed accui*ato sulle due iscri-
zioni latine scolpite al sommo della porta di quella Chiesa e tut-
t'ora esistenti ; però non so resistere alla tentazione di porre in
rilievo una cosa che mi ha colpito. Certo egli scrive per i dotti
e per i cultori degli studi storici, come ne fan fede i 12 documenti
latini tratti dall'Archivio di Stato di Napoli e pubblicati nel testo
originale; e allora perchè non risparmiare a sé il disturbo di
trascrivere o al lettore la noia di leggere per tre volte di sèguito
la medesima iscrizione, prima coi segni paleografici, poi scioglien-
do i nessi e distinguendoli in versi e infine tradotti in italiano ?
In tal caso sarebbe stato molto piìi utile dare dello due iscrizioni
i fac-simili in eliotipia, la trascrizione in versi nel testo e in op-
portune note le varianti, che per errore di lettura trovansi cosi
nei rari manoscritti coinè nelle più rare allegazioni, che tuttora
avanzano delle controversie giurisdizionali del sec. XVIJI.
Ritorno all'argomento.
Il I. paragrafo tratta la geneologia dei Salvano a proposito
di Gilberto, che l'A. ritiene il II di tal nome e che fu il fondatore
della chiesa di S. Maria di Perno. Il IL s'occupa brevemente della
maestranza di operai della città di Muro, di cui pare fosse stato
il capo il Sàrolo, o Sarlo, al quale si debbono parecchie costru-
zioni nella provincia di Basilicata. Dei rimanenti paragrafi: ii III. di-
scorre con sufficiente larghezza e cura dei vari possedimenti di
quel monastero che nei sec. XIII e XIV furono nel Goleto nella
valle di Vitalba; il IV. AéìVaedes di Gilberto II di Balvano, presso
il monte di Perno, e propriamente nelle pertinenze di Armaterra
e presso S. Fole; il V. delle lunghe controversie che dal 1513,
al 1811 s'agitarono fra l'abate dei Verginiani e i governatori della
Santa Casa.
L'A. opina che ove ancor oggi è il sito di .\rmaterra me-
dievale ivi dovette essere un vicus dell' età romana , sia per il
nome di Civita che tuttavia conserva, sia per i numerosi fram-
menti epigrafici venuti alla luce nei vari scavi che si son fattL
Il villaggio, nell'epoca normanna sede di un giudice, nella parte
bassa avea la parrocchia di S. Maria della Gronda. L' A. qui
s'appoggia alla bolla di Eugenio III del 1152 (e fa bene) da lui
pubblicata nella precedente monografia su S. Maria di Vitalba.
Ardi. Star. Sic. N. S. anno XXIV. 22
338 liASSEGNE BIBL100UAFICHB
Ho voluto rilevare questo fatto per inferirne che l'autenticità della
bolla, non messa in dubbio dall'A., scuote le conclusioni di lui sul-
r origine di Atella e rafferma il dubbio ch'io sollevai tempo ad-
dietro. {Arch. St. Sic. voi. XXIII).
Nel chiudere questa breve rassegna, convinto che l'A. non mi
vorrà male per la sincerità mia, mi permetto fargli notare alcune
mende che ho riscontrato nelle note. Parlando di Guglielmo I e II
di Sicilia li distingue ancora cogli epiteti di Guglielmo il malo, di
Guglielmo il buono, quando gli studi odierni (cito per brevità
quello solo dell' Hartwig pubblicato nel 1885 neìYArch. SL Nap.)
hanno sfatato la leggenda della somma malvagità dell' uno e la
conseguente opposta bontà dell'altro.
Per la Cronaca del Falcando si serve della vecchia edizione
del De Re, quando esiste ora quella splendida pubblicata dall'Isti-
tuto Storico Italiano di Roma e curata dal Prof. Siragusa per in-
carico ricevutone dalla Società Siciliana per la Storia Patria.
A proposito dei giustizierati nell' epoca normanna , certo non
così definiti come nel tempo svevo, potevano anche citarsi: la
cronaca di Romualdo Salernitano, in S. R. I. voi. VII, p. 191,
Giannone, Pecchia, Gregorio e (a tacere di altri) gli studi del
Winkelmann e del Ficker sul GrosshofjitsUtiar.
G. A. G.
Giustino Fortunato. Rionero medievale , con 26 documenti ine-
diti, Trani, V. Vecchi, tipografo-editore, 1899 (pp. 130).
Il casale di S. Maria de Rivonigro, t'ivus nifjer, la prima volta
apparirebbe come feudo vescovile di Rapolla, nella bolla di papa
Eugenio III del 1152, il quale si richiama a precedenti sanzioni e
conferme di ponlofici da Alessandro HI ingiù. E l'A. discorre con
suflìciente larghezza delle probabili origini del vescovato di Ra-
polla, di cui non resta accertato che un fatto solo come il ^ììi
antico, cioè che nel 1079 papa Gregorio VII, trasferiva il vescovo
Or.so dalla sede di Rapolla a Bari. Dopo Orso i primi due vescovi
sicuri (messo in dubbio Giovanni Rapollano) sarebbero Ruggiero
doli' anno 1141 e Uberto 1183 ch'ebbe parte neU* edificazione di
RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE 339
S. Maria di Perno. Goll'aiuto delle due iscrizioni (ch'egli dice non
bene trascritte dallo Schultz e dal Bertaux) accerta che Riccardo
vi fu vescovo nel 1209 e a lui seguirono Giovanni, Bartolomeo,
ecc., come si desume dalle notizie date dall'Ughelli e da alcune al-
tre iscrizioni.
A proposito dei diritti del vescovo di Rapolla constata che la
provincia figura nei conti compilati dai Maestri Razionali della
Magna Curia per oncie 102 d'oro; parla delle mura di quella
chiesa e del castello e ne segue le vicende nel basso medio evo, forse
perchè la storia di Rapolla gitta qualche sprazzo di luce sulle
scarse notizie che si hanno su Rionero medievale.
A p. 33 l'A. apre una larga parentesi sui capitula sive dado
del 1303, non tanto per la notizia dello stato economico della re-
gione di cui egli s'occupa, quanto per la storia dell'antico diritto
municipale delle provincie napoletane. Si potrebbe osservare che
sarebbe stato meglio occuparsene più per le notizie relative alla
provincia di Rapolla, giacche della seconda parte il Racioppi ed
altri si sono occupati con speciale cura. Checche sia l'A. ha cre-
duto darci una traduzione integra di quei capitoli (pp. 33-381, una
breve trattazione dei sistemi tributari (pp. 37-44) e noi glie ne
siamo grati, se non altro per la deduzione che Rapolla nel 1303
contava 2500 abitanti. Rionero 300, e che per tassa « di sussidio
generale j> la prima pagava 102 oncie e l'altra 12; cioè alla base
di 4 once per ogni 100 abitanti.
Nel III cap. l'A. ritorna a trattare di Rionero, che nel 1281 era
un povero villaggio di poche centinaia di abitanti. Claquin di Bru-
ges nel 1284 era custode delle foreste di Vitalba; a lui succedettero
Gerardo d'Ivort e sedici anni dopo « la sozza figura del Maiella ».
I rioneresi ed anche i barilesi (p. 47) godevano l'esercizio degli
« usi civici » sul Gualdo, sul Monte e su la Valle di Vitalba, però
erano soggetti al pagamento della «fida». Ma l'Ivort, o chi per
lui, pretese il doppio della fida ; la prima inchiesta fatta su ri-
corso dei Rioneresi fu a loro favorevole ; la seconda promossa
dalla vedova d'Ivort non si discostò dalla prima; quattro anni
dopo Carlo II li esonerò da ogni pagamento di fida e ordinò il
rimborso dell'esatto ; ma nel 1314 il figlio primogenito di re Ro-
berto rinnovò a Pietro l'antico privilegio. La lotta fra i feudatari
. e i vassalli (storia abbastanza comune) si fa accanita e fiera ; i
840 RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE
preti, aiutati dal monarca, ottengono il trionfo di vessare i rione-
resi, e questi nella prima metà del XIV sec. abbandonano il paese.-
« Più di cinquanta altri paesi di Basilicata venivano intorno a
quel tempo abbandonati e fatti deserti per sempre » (p. 63).
Deserto rimase l'antico villaggio fino al 1533, tempo cui risale
l'origine del nuovo Rionero ripopolato dagli emigrati dell'Epiro,,
a cui si unirono più tardi carbonieri e maestri bottai dell'Ape
pennino , i quali fondendosi cogli albanesi finirono per impor-
re al villaggio r unità dell' idioma italiano (pag. C9). Proprio al
contrario delle nostre colonie albanesi dì Piana dei Greci, Con-
tessa, Mezzoiuso, ecc. che tuttavia sono bilingui. Il nucleo dei pri-
mi abitanti venne a poco a poco crescendo : da 500 sul cadere del
sec. XVII saliva a 3000 nel 1735 e a 9000 nel 1752. Verso la fine
del sec. XVIII ottenne che la sua colleggiata fosse provvista dellai
dote di 600 ducati annui. Il decreto del Murat del 4 maggio 1811
l'elevò a comune autonomo « ed oggi,, fórse meno dei primi del.
secolo, è sempre un gran borgo »..
Illustrano l'argomento 26 documenti inediti tratti dall'Archivio»
di Stato di Napoli, i quali dal 14 Settembre 1203 vanno al Gennaio'
del 1335.
In generale, forse perchè la materia abbonda, la trattazione di
questo lavoro è meglio condotta degli altri, e se l'A. avesse avuto-
il coraggio di compendiare le pagine relative ai Capitula, ed alia
storia economica delle provinole napoletane oso dire che sarebbe
riescilo molto meglio. Ad ogni modo il Fortunato s' è reso bene-
mei'ito delle provincie della Basilicata e giova sperare che contir
nui le sue ricerche che son sempre utili.
G. A. G..
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
4 K-t-
Sac. Vincenzo Raciti-Romeo. Aci
nel secolo XVI, notizie storiche
e documenti. Estratto dal volu-
me Vili e IX degli Atti e Ren-
diconti dell'Accademia di Scienze
Lettere e Arti degli Zelanti di
Acireale. — Acireale , Tipografia
dell'Etna, i899. In-8% pp. II, 369.
II sac. Raciti-Romeo con varie
monografìe condotte con amore am-
mirabile , va ricostruendo di sana
pianta la storia della sua Aci. E pen-
satamente dico di sana pianta, per-
ché quanto innanzi a lui erasi scritto,
•era in gran parte erroneo o non
esatto. II nostro A. , attingendo ai
documenti autentici , passando al
vaglio della critica quanto dagli
altri era stato asserito, e giovandosi
de' suoi studj indefessi di storia, ci
(ha dato lavori che rivelano la verità
vera e si possono con coscienza e
fiducia consultare e citare. È vero
che si ferma spesso e sproporziona-
tamente su minuzie e particolari,
che non sempre hanno reale e ge-
nerale importanza; ma si tenga pre-
sente che la sua e storia d'una città,
e che pertanto all'interesse di questa
giovano appunto le minuzie ed 1
particolari.
Con la guida costante de' nume-
rosi documenti dell' Archivio comu-
nale di Aci e con le opportune ricer-
che critiche ne' libri e ne' mano-
scritti, il Raciti-Romeo ci mette in-
nanzi tutta Ia%ita di Aci nel cinque-
cento, economica, giuridica, politica,
agricola, ecclesiastica, militare, mo-
rale, civile, artistica , descrivendo-
cene le vicende con abbondanza di
dettagli e non perdendo mai di vista
le vicende generali dell' Isola alle
342
BULLETTINO BIBLIOGKATICO
quali le acesi vanno necessariamente
ed intimamente legate.
E toccando le imprese e gli avve-
nimenti che nel cinquecento fecero
in Sicilia più rumore ed ebbero sin-
golare importanza,cnra di registrare
scrupolosamente la parte che Aci vi
ebbe, come città e per via de' suoi
figli 0 degli uomini che allora la
governavano.
La copia delle notizie e delle os-
servazioni é completata da 105 do-
cumenti inediti, che fanno corredo
al libro e sono quasi tutti di molto
valore civile e militare ed economico,
che ci fanno rivivere la vita reale
agitatissima del cinquecento.
Compia presto l'Autore per tutt'i
secoli la s'oria della sua Aci , e da
questa e da quanti hanno il culto
delle patrie memorie gliene verranno
gratitudine e lodi.
S. S.-M.
Noie storiche messinesi dei secoli
XV e XVI. Documenti inedili
raccolti ed illustrali da Q-iuseppe
Arenaprimo di Montechiaro. —
Messina, Tipogr. D'Amico, i899.
In-8«, pp. 70.
Distratto disgraziitamente quasi
del tutto Tantico Archivio Comunale
di Messina, é fortuna singolare che
qua e là si posM scovare e salvare
qualche documento relativo alla no-
bile cittA ed nlle suo vicende ed alle
virtù de' saoi Agli. Pertanto ci ral-
legriamo sinceramente di questa pub-
blicazione dell'Arenaprimo, la quale
accoglie dodici documenti di non
poco interesse, illustrati con oppor-
tune osservazioni e note, e che van-
no dal 1494 al 1543.
Le Istruzioni date agli Ambascia-
tori messinesi per il Parlamento
generale siciliano (1494), la Lettera
de' Giurati di Messina a Ferdinando
il Caltol;co (li'JTj, 1" alLi'a di questo-
Re ai Giurati per la Zecca (1515),
l'altra del Viceré Moncada allo Stra-
tigò (1515), mostrano quanto inte-
resse, quanta premurosa cura met-
tesse la città per la questione del
primato sull'Isola e dell'esercizio
di capitale e per la conservazione
e rispetto de' suoi Privilegi. I prov-
vedimenti per accogliere degnamente
Carlo V, reduce vittorioso da Tunisi
(1535), la lettera al Viceré Gonzaga-
(1538), l'altra all'Abbadessa del Mo-
nastero di S.Gregorio fatto abbattere
per eostruire i nuovi bastioni (1539),
il Ceremoniale per lo arrivo dello
Stratigò Marchesa di Licodia (1542)
e il Civelo de' Centimoli (1543), mo-
strano la città sempre intenta a far
magnifica figura, a far rispettare i
proprj diritti, a provvedere a tutt'i
possibili bisogni della cittadinanza.
Speciale importanza ha poi il testa-
mento del celebre Costantino Lasca-
ris, che qui si restituisce al genuino-
testo (1501).
6 S.-M.
BOLLETTINO BIBLIOORAFICO
343
Suir assedio di Lilibeo nella prima
guerra punica ; studio storico di
Andrea Di Girolamo. Trapani,
Tipografia Fratelli Messina e C.
successori Modica-Romano, 1898.
In-S», pp, 78, con una carta idro-
grafica in cromolitografìa.
L' assedio famoso di I>ilibeo per
parte de' Romani (avidi di predare
per intero la Sicilia ed affermarvi
il loro assoluto dominio), la eroica
resistenza de' cittadini lilibetani, gli
sforzi dei Cartaginesi per soccorrere
i loro e mantenere la supremazia
sai mare e sull'Isola, le varie fazioni
guerresche fino alla disfatta della
flotta punica alle Egadi ed al trattato
di pace che assicurò la dominazione
romana in Sicilia e segnò la deca-
denza finale di Lilibeo, sono narrali
in quest'opuscolo con diligenza, stu-
diati con critica, illustrati con eru-
dizione e con la scorta de' ruderi
antichi, i quali sono in via di scom-
parire dei tutto, ma possono ancora
testificare della estensione e dello
stato della vetusta illustre città e del
suo magni tìco sicuro porto. Una
bella carta idrografica, che segna io
stato attuale del mare lilibetano ed
i limiti dell'antico porto di Lilibeo
e dell'altro di Mozia , completa il
notevole opuscolo del sig. Di Giro-
lamo.
S. S.-M.
Giovanni Siciliano. // Marchese di
Torre Arsa e la Rivoluzione sici-
liana deHS48.-1899, Remo San-
dron-Editore, Milano - Palermo.
In-16", pp. 189.
Questa pubblicazione ha tre spe-
ciali intenti , che risultano chiari
dalla intera lettura: a) Far conoscere
ai molti il libro del compianto Torre
Arsa: Ricordi su la Rivoluzione s/ci"
liana dagli anni 1S48 e i849 , che
essendo stato tirato in un numero
non copioso di esemplari e non
messo in commercio, é conosciuto
da pochi e non può che solo da
questi apprezzarsene la molta im-
portanza ; — b) Richiamare ai pre-
senti la nobilissima figura dell'illu-
stre Uomo, tanto alto d' ingegno e
di sapere e di bontà e d' illibat-zza,
quanto modesto e gentile sempre ©
scMupre uguale fino all' ultimo suo
dì ; — e) Far vedere e toccare con
mano, su la guida della storia della
rivoluzione siciliana del 1848, come
e quanto le istituzioni parlamentari
difettino in molte parti , anche se
governate da uomini retti, convinti
liberali, pieni di entusiasmo e di fede.
La molta materia del grosso volu-
me del Torre Arsa é qui bene rias-
sunta, ed accompagnata da osserva-
zioni e rilievi opportuni e spesso
arguti. Ce ne rallegriamo siiiceia-
mente con l'A., anche pel piacere
procuratoci di farci rivivere un pò*
con l'indimenticabile e venerato Mar-
chese, della cui cotidiana inapprez-
zabile compagnia go lemmo per quasi
tre lustri.
S. S.-M.
:J44
BULLICTIltNO BIBLlUOKAKlCO
Doli. Valentino Labate. Per la
storia della rivoluzione siciliana
del 1820. Termini- Imerese, Tipo-
grafia Fratelli Amore, d899. In-8"
pp. 38.
L'A. fa più ampiamente conoscere
la cronaca inedita di Baldassare Ro-
mano : .Notizie di ciò che accadde
nella cillà di Termini nel 1820 e
1821 durante la rivoluzione sici-
liana, cronaca che si conserva ine-
dita tra' ms. della Comunale di Pa-
lermo (4Qq. D. 79), ed alla quale par
il Sansone attinse,citandola anonima,
nel 800 bnon lavoro sa La Rivolu-
zione del 1820 in Sicilia. Il Labate
riassame le Notizie del Romano, ne
dimostra la importanza, ne riferisce
larghi tratti, opportunamente illn-
BtraniJoli.
S. S.-M.
di Melfi ; — che poteva invocarsi an-
che a nome dell'Arcivescovo e, può
supporsi , a nome del Signore del
luogo ; — che la violazione di essa
era punita in Messina con la confisca
dei beni; —che la Costituzione I, 18,
mitigò in generale il rigore della
pena, e le Cos'it. I, 16, 17, 19, ne
regolarono 1' uso e la competenza.
È questo un nuovo e notevole
contributo alla qoistione Ciulliana.
S. S.-M.
Guida dei monumenti di Monreale
compilata dal canonico Parroco
D. Q-aetano Millunzi. Palermo,
Tip. Boccone del Poi^ero , 1899.
In-IG" , pp. 61 , con cinque foto-
tipie, una delle quali nella pagina
ultima della coverta.
O. A. Garufl. La De/ensa ex parte
domini Imperatoris iti un docu-
mento privalo del 1227-28. To-
rino, Roma-Mil'ino-Firenze, Fra-
V'ili Bocca Editori. 1890. In-8%
pp. 7.
Stabilita con precisione la data
dell'importantissimo documento (che
è dato per intero in un tran-^unto
del !• giugno 12')5) e fatte acute e
dotte osservazioni, 1' A. prova (con-
fermando gli argomenti in proposito
del Di Giovanni e dello Schupfen
che la Defensa nomine Imperatoris
esisteva in Mcs^iina prima delle Leggi
È un libretto ben compilato, che
con brevità e chiarezza ed esattezza
dà la descrizione del Duomo nor-
manno (co' suoi mosaici, regie tom-
be, cappelle di S. Castrense e del
Crocifisso, e sagrestia), del mirabile
Chiostro, de' quadri del Novelli, del
Velasqnez, del Paladini edelloStom,
del gruppo in plastica di Antonello
Gagini, e di quadri e statue di ar-
tisti di minor grido, esistenti in altre
chiose monrealesi. Chiude l'elegante
libretto una notizia riguardante il
Parco reale di re Ruggiero ed i
sotterranei di Monreale scoperti
nel 1877.
A render completa la Guida oc-
BULLETTINO BIBLIOORAFIOO
345
correrebbe la illustrazione del Semi- sina (segnato in Catalogo col N. 180)
nario e delle due librerie, che con- dell' epoca stessa.
«ervano tanti pregevoli libri e ma- S. S.-M.
noscritti. Ci angariamo che in una
nuova edizione il valoroso can. Mil- —
lunzi vorrà esaudire il nostro desi-
•derio. Saro Cucinofla. Lettura di Fran-
S. S.-M. casco Quardione. i899. Paler-
mo. Alberto Reòer. la-ÌQ", pp. 30.
Vincenzìna Inguauiato. Real co-
ronazione di Vittorio Amedeo II
di Savoia. Oìnferenza letta alle
alunne della R. Scuola normale
femminile « Regina Margherita »
il giorno H Novembre i897. Pa-
lermi. Tip. F. Barravecchia e
Figlio 1898. In-S" picc, pagg. 32.
Dalle memorie e da speciali pub-
ilicazioni coeve, la egregia scrittri^ie
riassume con l'orma conveniente ed
■esattezza storica le feste e le cere-
monie che si fecero in Palermo per
la coronazione a Re di Vittorio Ame-
deo li, facendo opportuni richiami
Alle storiche vicende ult^^riori della
Casa di Savqja in rapporto alla Sicilia
ed alP unità italiana.
E poiché (la una nota di pag. 5
apprendiamo chi-; la Scrittrice si ac-
cinge ad illustrarci un manoscritto
del 1720, contenente le Memorie slo-
riche di Gaetano Giardina, più com-
pleto e corretto che non sia quello
stampato dal Di Marzo sul noto ms.
della Comunale di Palermo, ci piace
indicare per i debiti riscontri un
Altro ms. della Universitaria di Mes-
Saro Cncinotta. messinese (1831-
1870), artista nell' anima , rinoma-
tissimo incisore e tra' più valorosi
e più cari discepoli di Aloysio..Ia-
vara , patriota sincero che per la
libertà e la indipendenza della patria
die il braccio ed il sangue più volte
(18^8, 1860, 18'5f3), che barbaramente
fu ucciso in Parigi ne' giorni della
Comune, maritava che fosse ricor-
dato ai suoi concittadini , i quali
hanno tr iscurato abbastanza la gloria
di lui. E pertanto bene ha fatto il
Guardione a rinfrescarla con la pre-
sente lettura, tenuta a Messina il 1°
aprile, delineando per sommi tratti
la figura del sommo artista , ricor-
dandone le insigni opere, le bene-
merenze, e chiedendo per lui un ri-
cordo, che la patria non potrà non
accordargli.
S. S.-M.
Doli. Nicolò Pizzillo. Io strapazzo
intellettuale nelle scuole prima-
rie. Lettura alla Società Siciliana
d' Igiene nella tornata del 31 lu-
glio 1898. (Dal Bollettino della
Società. Anno I. Nuova Serie,
34G
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
Fase. 3°). Palermo, Tipografia
Fratelli Marsala, via Parlamen-
to. 56. i898. In-8% pp. 23.
L'egregio A. con diligenza e com-
petenza svolge l'argomento, facen-
done prima conoscere la storia (per
quanto recente), e indicandone poi
particolarmente i danni immediati
e con!«ecntivi, si in i-apporto alla
vita fisica , come in rapporto alla
vita intellettuale e psichica. II tutto
dimostra e corrobora con osserva-
zioni didattiche e mediche e stati-
stiche, opportunamente invocate, e
citazioni de' più reputati igienisti
ed educatori
Il grido d'allarme del Dr. Pizzillo
non dovrebbe restar senza eco, se
vuoisi rimuovere una delle cause
del lamentato decadimento intellet-
tuale odierno.
S. 3.-M.
pone riuscirebbe di danno economico
all' azienda comunale e non vantag-
gerebbe molto i cittadini per la parte
igienica e per il diletto. Pertanto,
propone che il F'ellegrino venga
trasformato in luogo di villeggiatura
ed in fonte di salate per la città,
costruendovi un comodo accesso ro-
tabile, impiantandovi un esteso bo-
sco comunale ne' luoghi più idonei
(che indica) e lasciando il rimanente
ad uso di pascolo come oggi é. Si
potrebbero solo censire due zone di
terreno fianche^'gianti la via di ac-
cesso, per uso di casine di villeg-
giatura.
Le proposte del De Stefani sono-
degne di considerazione e dal lato-
pratico e dal lato economico e dal
lato igienico.
S. S.-M.
Ing. Oarlo De-Stefani. Osserva-
zioni alla proposta di quotizza-
zione ed imboschimento del Monte
Peller/rino. Palermo. Tipografia
. Lo S'atulo .. J899. In-8°, pp. 25.
Esaminando la proposta , non
nuova ma rimessa a nuovo ora, della
quotizzazione del maestoso Monte
Pellegrino, il più singolare e impor-
tante tra' monti che fan corona a
Palermo, il r)e-Slefani,dopo tracciata
la storia de' varj progetti in propo-
sito, dimostra che 1» quotizzazione
ed imboschimento così come si pro-
A. De Lorenzo. Un terzo manipolo
di Monografie e Memorie reggine
e calabresi. Siena , Tip. editrice
S. Bernardino y i899. in -16»,
pp. X, 412.
L' illustre Mr. De Lorenzo non
dimentica gli studj pi'edi letti di sto-
ria della natia regione, ed eccolo ^
noi con un terzo manipolo ch'é non-
meno ineressante de' due antece-
denti.
Precede, in sette capitoli, la storia
del Seminario .Arcivescovile di Reg-
gio, dal 1504, anno in cui fu insti-
tuito dall'Arcivescovo Mr. ' aspare
RicciuIIi Del Fo«80, fino al 18(50; la-
BULLEXTIKO BIBLIOGRAFICO
347
voro ricco di particolarità e condotto
con scrupolosa esattezza su' docu-
menti e le memorie coeve, e che ci
fa conoscere eminenti Prelati, uomini
insigni, educatori benemeriti, metodi
di insegnamento ecc.
Soggetto affine, che illustra per
altro lato la pubblica istruzione di
Reggio ne' secoli scorsi, è la memo-
ria che vien dopo, su il Collegio
teologico di Nostra pignora del Ro-
sario, che fu istituito nel Convento
dei PP. Domenicani al 1660 , e fu
sciolto al 1784. È qui ben delineata
l'opera di questa istituzione e si rac-
colgono le notizie de' Rettori e de'
Laureati.
I Tratti storici e Pagine sparse
accolgono illustrazioni di due bulle
plumbee di un Cristoforo, incognito
Vescovo reggino ; della famiglia di
Ludovico Abenavoli (il noto combat-
tente alia Disfida di Barletta ) che
ebbe la cittadinanza reggina; e della
trasformazione delle Parrocchie di
Reggio negli ultimi quattro secoli.
Quesf ultimo studio ò molto utile
alla topografia ed alla storia della
città, la quale , come è noto , andò
quasi tutta in mina nel tremuoto
del 1793, e risorse in gran parte mo-
dificata e trasformata.
Seguono altri studioli, che danno
notizie di importanza più o men ge-
nerale e talora semplicemente aned-
dotica, sul Monastero delle Domeni-
cane dì S. Nicolò di Strozzi, sa tre
Arcivescovi (di Rodi, Malta, Messina)
consacrati dagli Arcivescovi di Reg-
gio nel sec. X Vili, su Mr. Gio. Andrea
Serrao, sur una soperchieria eser-
citata dagli Ufficiali del Reggimeoto
Bari al i7o6, sul Cardinale Antonio
Ruffo che mori e fu sepolto in Ba-
gnara (1753), sur una curiosa stampa
di Programma per disputa scolasticit'
(circa 1760) , e su altre curiosità,
che r A. riunisce sotto il titolo:
Spighe e granelli.
I lavori del Di Lorenzo recano
sempre un atilecontributo alla storia
della sua Reggio e della Calabria,
essend' egli de' pochi che lavorano
con discernimento e soda dottrina.
S. S.-M.
Catnpagne del Principe Eugenio di
Savoia. Opera pubblicata dalla
Divisione slorica militare dell' I.
e R. Archivio di Guerra in base
a documenti officiali e ad altre
fonti autentiche. Voi. XI {II del-
la serie II) con cinque carie.
Vienna 1880. Edizione dell'I, e
R. Slato Maggiore Generale. To-
rino Ì80T. rn-8°, pp. XXIV, 312,
298.
Non intendiamo discorrere qui
di quest'opera monumentale e già.
meritamente famosa, nella quale la
storia delle Campagne del Principe
Eugenio di Savoia sono narrate in
modo e con ta le ricchezza di autentici -
documenti che più altro non si può
desiderare. Vogliamo solamente far
notare lìa speciale impoitanza di*
questo undicesimo volume, che ri-
guarda la guerra per la successione-
348
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
di Spagna , e precisamente la cam-
pagna del 1709, in Pianterà, sul Reno,
su le alpi occidentali d'iialia, nella
Italia meridionale , nella penisola
nerica, ed in Ungheria.
I mutamenti ulteriori della no-
stra Sicilia dipesero, come si sa, da
questa guerra, che modificò prolon-
damente lo stato politico d' Europa.
II volume è completato da un'ap-
pendice di documenti , con cinque
tavole (allegati grafici della campa-
gna), e dalla Corrispondenza militare
del Principe Eugenio dal 2 geunajo
1709 a tutto il decembre. Qui, come
negli antecedenti volumi, rifulge di
tutta la sua luce la gran mente del
Principe, stratega di prim' ordine e
capitano valorosissimo.
S. S.-M.
Hivista marittima. Estratto dai fa-
scicoli di ìnarzo- aprile 1898.
F. Pometti. Per In storia della
Marina italiana. Roma, Forzani
e C. tipografi del Senato, i898.
In-8», pp. 122.
L* A., svolgendo an sao concetto
Bu la storia della marina italiana,
la quale, non come storia generale
d'Italia, ma come storia dei singoli
Stati italiani si potrebbe scrivere,
porta il parere che la storia delle
Repubbliche marittime italiane pre-
lenta due periodi ben distinti, cioè:
'il primo, dal sorgere delle Repab-
^liche alla caduta di Coita ntinopoli;
il secondo, dal 1453 alla presa di
Belgrado (1716); ai quali seguireb-
bero altri brevi periodi e divisioni,
fino al 1860, epoca in cui veramente
la storia della marina italiana co-
mincia. Il primo periodo è eminen-
temente commerciale, il secondo di
difesa delle colonie orientali e del
bacino dell' Adriatico.
Fatta brevemente la esposizione
critica de' lavori sin qui venuti
fuori su la marina d' Italia, e dimo-
strato qual grande utile si può e
deve cavare dai singoli Arcliivj ita-
liani, e specialmente dall'Archivio
segreto Vaticano , il Pometti con
studio veramente diligente e minuto
raccoglie dai libri e specialmente
dagli Atti e dai Giornali delle Società
storiche, tutte le notizie che si rife-
riscono al primo periodo storico
suddetto , e poscia del secondo che
chiama : « periodo della seconda cro-
ciata ♦ .
11 Pometti scende in campo ben
agguerrito , con larga e buona pre-
parazione, con erudizione estesa, con
criterj esatti, con critica che sa donde
muove ed ove mira : ci dia 1' opera
alla quale s' è accinto, che farà cosa
proficua alla Nazione ed agli studj,
come dimostra col presente saggio,
nel quale é pure ben molto di ricer-
che proprie e di documenti nuovi.
S. S.-M.
Alfonso Professione. // Ministero
in Spagna e il Processo del Car-
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
349
dmale Giulio Alberoni. Studio conoscenza de' fatti e degli uomini
storico documentalo. Torino, Car- che vi pigliano parte.
lo Clausen. d898 (1897). In -8%
pp. XVI, 297. S. S.-M.
Dietro langlie ricerche e nuovi
e minuziosi studj su documenti ine-
diti e specialmente dell' Archivio
Farnesiano , dell' Archivio segreto
Vaticano e di molti altri Archivj e
Biblioteche d' Italia e dell' Estero,
[' A. ci presenta in questo libro la
figura del celebre Giulio Alberoni
nel tempo della sua maggiore po-
tenza come Ministro di Spagna e poi
nella caduta e nelle lotte del pro-
cesso a suo carico, terminato con la
piena sua vittoria. La luce è fatta
piena, o quasi, su quest'uomo por-
tentoso piccolo di corpo, ma gigante
per ambizione, per flessibilità ed
audacia, ma non si fina volpe e pre-
viggente da parare in tempo e scan-
sare i colpi dei potenti avversar).
La Spaj^na sorse per lui a nuova
vita economica e politica e diede a
pensare alle potenze d' Europa; ma
fu quella una galvanizzazione di ca-
davere, che presto finiva.
11 Professione ci fa assistere agli
intritjhi, alle abili mosse, ai retro-
scena, agli studiati accorgimenti del
futuro Cardinale, dal punto in cui
fu nominato rappresentante del Duca
Francesco Farnese fino a quando
ottiene in Roma il cappello cardina-
lizio con la cancellazione del suo
strepitoso processo. Il lavoro è con-
dotto con cura e ricchezza di parti-
colari sin qui ignorati , con piena
Benedetto Croce. Pulcinella e il
Personaggio del Napoletano in
commedia. Ricerche ed osserva-
zioni. Roma, Ermanno Loescher
e C, i899. In-8°, pp. IV, 107.
11 personaggio del Pulcinella, che
è passato e passa come il tipo del
volgo napoletano, non é ben definito,
non é ugualmente delineato nella
sua essenza e ne' suoi attributi. Il
Croce , in questa sua monografia,
ricca di ricerche erudite e di acute
osservazioni critiche, stabilisce pri-
ma il tipo di Pulcinella , facendo
nettamente conoscere quel che fu al
primo apparire (negl'inizj del seco-
lo XVII, per opera di Silvio Fiorillo),
donde proveniva, come vestiva ecc.,
e quel che poscia divenne a via di.
modificazioni e adattamenti fino ai
dì nostri. (Noto qui, tra parentesi,
elle iu Sicilia il Pulcinella non com-
parisce e non è noto e popolare che
dal secolo XVIII in poi, e propria-
mente dopo la celebrità che gli venoe-
da Vincenzo Cammarano detto Gian-
cola , sì che esso stesso è soventi
volte indicato col nome di Giancóla;
e che assunse le funzioni che prima»
avevano tra noi le maschere de'"
Pantaloni e de' Travaglini).
Lo studio su Pulcinella come tipo
del Napoletano chiama naturalmente
550
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
il Croce a studiare anche il Perso- ha notizia che fosse capitato in Si-
naggio del Napoletano in commedia, cilia.
ne' secoli XVI e seguenti; e questa S. S.-M.
seconda parte del libro non é meno
interessante della prima né meno —
infiorata di curiose e dotte notizie
■sul teatro italiano. P. Villari. Girolamo Savonarola e
S. S.-M. l'ora presente. Roma, Società edi-
trice Dante Alighieri, 1898. In-8°,
— pp. 23.
L'opera del Moretto. Tipografia Edi-
trice. Brescia 1898. In-k", pp. 144.
Questo minuto e, per quant'era
possibile , completo Catalogo delle
stupende opere del geniale e fecondo
artista bresciano serve di comple-
mento allo studio magistrale che sul
Moretto ha scritto Pompeo Molmenti
nella occasione della commemora-
zione centenaria e della erezione del
monumento che la città di Brescia
ha fatto. Il Catalogo, con diligente
cura condotto , é diviso in cinque
parti, riguardanti: 1° I quadri esi-
stenti in Brescia; 2" quelli che esi-
stono nella provincia; S* quelli che
sono sparsi in varie città e paesi
d' Italia ; 4" quelli che si trovano al-
l'estero, in pubbliche o private rac-
colte; 5", in fine, i disegni ed i
■quadri di dubbia attribuzione, oltre
- a an elenco di opere da tempo ignote
o perdute. Delle principali opere (se
non di tutte) è data la descrizione
e se ne notano i pregi e le critiche
che ne fnron mosse e gli scrittori
• «he ne discorrono.
Di nessun dipinto dal Moretto si
È questo lo splendido discorso
denso di idee e di fatti, che fu pro-
nunziato in Firenze in occasione del
centenario del Savonarola. L' A., pi-
gliando occasione dalla vita del Frate
e dagli ideali che lo condussero al
martirio, e dalla disputa sin oggi
non finita se ei fosse un santo od
un eretico, scende da storico sereno
a ragionare di due questioni impor-
tanti che oggi interessano tanto l'I-
talia e di cui si occupò anche il
Savonarola: la questione economico-
sociale e la questione morale. E con
ragionamento elevato e logica strin-
gente e poggiandosi su la esperienza
della storia, viene alla conclusione
che bisogna ricostituire la base mo-
rale della società odierna come fon-
damento d'ogni vivere libero e ci-
vile.
S. S.-M.
Doli. Michele Pinna. L' Archivio
Comunale di Iglesias. Cagliari-
Sassari, premiato slab. tipogra-
fico 0. Dessi, 1898. In-4», pp. IV,
234, con una tavola in cromoli-
tografia.
BULLBTTINO BIBLIOORAFICO
851
Aaguriamo a tatti i comuni d'I-
talia che de' proprj Archivj abbiano
un ordinamento ed una illustrazione
come questi che ha Igle-<ias. Il Pinna,
narrata la origine e le vicende del-
l' Archivio ed i lavori fatti per clas-
giflcarli ed ordinarli , passa a farci
l'inventario dello stesso, col numero
progressivo ed il titolo e la data di
ogni volume (Parte I e li). Poi, se-
paratamente, dà l'indice cronologico
analitico de' documenti antichi, che
vanno dal 1355 al 1767, e 1' Indice
degli editti, patenti, pregoni, circo-
lari e manifesti, che vanno dal 1653
al 1840 (Parte III).
In Appendice poi (Parte IV) sono
integralmente riprodotti XXIV do-
cumenti antichi, interessanti per la
storia particolare della Città e per
la generale della Sardegna, i quali,
rinvenuti appunto dal Pinna, resta-
vano inediti, essendoché gli altri li
avea già dati fuori il Conte Bandi
di Vesme nel suo Codex Diploma-
ticus Ecclesiensis.
S. S.-M.
Mariano Buscemi. Scarparu anarf-
fabeta. Accussi la penzu iu. Ot-
tavi in dialettu nuticianu. Aci-
reale, Tip. edit. Vincenzo Micale,
1899. In-ie^^, pp. i6.
Oiavarini. Il cinquantesimo anni-
versario dello Statuto, Conferen-
za. Ancona, A. Gustavo Morelli,
editore, 1898. In-i6, pp. 26.
Memorie storiche degli Israeliti in
Ancona raccolte da O. Oiavarini.
Seconda edizione. Ancona, A Gu-
stavo Morelli, Tipografo-Editore,
1398. In-IG", pp. Vili, 52.
Per un monumento a Mario Rapi-
sardi. Discorso pronunziato il 22
Gennaio 1899 alla Villa Bellini
di Catania dall' Avv. Virgrilio
La Scola. Palermo, Giuseppe Pe-
done Lauriel, 1899. In-8°.pp. ii.
Favole sieiliaie ed italiane del Sac.
Mariano Leonardi Oaltabiano
d. 0. Seconda edizione con ag-
giunta di altre Favole, Acireale,
Tip. ed. Saro Donzuso, 1899. In-S",
pp. 452.
( Volentieri vorremmo chia-
mare su questo volume 1' atten-
zione de' lettori nostri , ma noi
consente l'indole del periodico).
Barone Salvatore Pennisi di Fio-
ristella. L'arte nella numismatica
greco-sicula. Discorso letto all'Ac-
cademia degli Zelanti e PP. dello
Studio di Acireale nella tornata
pubblica del 19 febbraro 1899.
Acireale , Tipografia dell' Etna,
1899. In-S", pp. 34.
Per la inaugurazione di un monu-
mento al Professore Mariano Pan-
taleo Presidente della R. Accade-
mia delle Scienze Mediche. Ricor-
do letto nella R. Università di
Palermo il 12 Dicembre 1898 dal
Dott. Giuseppe Pitrè Segretario
Perpetuo di essa Accademia. Pa-
352
BULLETTIKO BIBLIOGRAFICO
lermo, Tipografia del Giornale di
Sicilia, 1899. In-8'',pp. i5.con un
ritratto in fototipia.
Id. Montalbano di S. Lisi e S. Rac-
cuglia. Ragusa , Tip. G. Deste-
fano, 1899. In-32°, pp. 3i.
Storia delle città di Sicilia, diretta
dal Prof. Salvatore Raccuglia.
Novara di G. lisrabo Rosselli e
S. Raccuglia. Ragusa, Tip. G. De-
stefano, 1898. In-32% pp. 32.
Id. Tripi di Or. Paratore e S. Rac-
cuglia. Ragusa, Tip. G. Deste-
fano. In-32'', pp. 31 [1898].
Id. Giardini di Or. Di Leo e S. Rac-
cuglia. Ragusa, Tip. G. Destefa-
no, 1898. In-32% pp. 29.
Id. Taormina di A. Zangla e S. Rac-
cuglia. Ragusa, Tip. G. Destefa-
no, 1899. In-32''. pp. 3i.
Sui Collegi di Maria di Palermo.
Relazione dell' Assessore per la
Pubblica Istruzione Prof. A. Sa-
linas alla Giunta Comunale. Pa-
lermo , Stabilimento tipografico
Virz'i, 1898. In-S", pp. 69.
Selinunte. Nuovi scavi presso i tem-
pli dell'acropoli ed alla Gaggera.
A. Salinas. (Estratto dalle No-
tizie degli Scavi del mese di giu-
gno 1898). In-4% pp. 3.
-^^b^^:^
ATTI DELLA SOCIETÀ
-:•*•.-
SEDUTA DEL DI 8 GENNAIO 1899.
Presidenza del Grande Uff. Prof. Andrea Giuiì^neri,
Senatore del Regno, Presidente.
La Società si riunisce nella propria sedo con l'intervento di
27 soci.
Letto ed approvato il verbale della seduta precedente, il Se-
gretario Generale partecipa l' adesione a soci dei signori Mar-
raffa, Gurgone e Barone Boscogrande; annunzia poi con rincre-
scimento la morte del socio Ingegnere N. Renzi , proponendo un
voto di condoglianza, eh' è votato ad unanimità, e presenta in fine
alquanti libri dati in dono dal benemerito socio sig. Pasquale Di
Gregorio.
Presenta di poi una lettera del Principe di Fitalia nella quale
dice che si dimette da Vice-Presidente, non potendo adempirne i
doveri. 11 Presidente, Senatore Guarneri, propone di nominare
una Commissione, che si rechi dal detto sig. Principe, e lo preghi
di ritirare la data dimissione. La Società approva.
Il Vice-Segretario, Avv. Giuseppe Falcone, presenta il Bilancio
presuntivo del 1899, e dà ragione di alcune modifiche in esso fatte
in rapporto ai Bilanci precedenti. Queste modifiche riguardano
principalmente la forma relativa all'allogazione delle cifre.
Fa pure egli rilevare come nel progetto, già approvato dal
Consiglio Direttivo, siasi tenuto conto : 1° delle rate di L. 3000 da
corrispondersi all' appaltatore Rutelli , in conto dei lavori in
corso; restando a saldo di essi L. 14000, che vengono dilazionate
a rate di L. 3500 ciascuna nel quadriennio 1899-1902 (art. 31 pas-
sività); 2° delle spese di arredamento dei locali tutti, allogando
(art. 35 id.) la somma di L. 2500, che si prevede essere suflJìciente
Ardì. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 23
354 ATTI DELLA SOCIETÀ
a quanto è strettamente necessario ; 3" delle spese che sono indi-
spensabilmente occorrenti al VII Congresso storico Italiano, che
dovrà riunirsi prossimamente in Palermo , e per cui si iscrive
come fondo a calcolo la somma di L. 3000 (art. 35 id.) ; ma è bene
tenere presente che altre L. 1000 all' incirca potranno ricavarsi
dagli articoli 33 e 38, ove si è largheggiato nelle previsioni, in
considerazione appunto di tale fatto straordinario. Il Consiglio poi
ha voluto allogare all'art. 37 un fondo in corrispondenza alle pos-
sibili depennazioni di residui attivi, che sono circa milleottocento
lire (art. 13 attività), riservandosi di adottare gli opportuni prov-
vedimenti a rimuovere tale inconveniente. Il progetto di bilancio
ammonta a L. 20887, e le due partite di spese ordinarie e straor-
dinarie pareggiano con le due partite di entrate ordinarie e straor-
dinarie, essendo di L. 11287 la prima, e di L. 9600 la seconda.
Finita questa esposizione sommaria, il socio, Cav. Serio, racco-
manda che sia accresciuto l'assegno stabilito pel Ragioniere, e la
Società lo aumenta a L. 200 prelevando le L. 40 di aumento dal-
l'art. 33 (spese casuali imprevedute, etc.) che resta quindi ridotto
a L. 587.
Il Vice-Segretario , Cav. Falcone, riprendendo la parola dà let-
tura del Bilancio eh' è del tenore seguente :
SOCIETÀ SICILIANA PER LA STORIA PATRIA
BILANCIO PRESUNTIVO
1899
356
ATTI DELLA SOCIETÀ
Numero
^ ,2
o "o
I ^
DESCRIZIONE DEGLI ARTICOLI
PARTE PRIMA — ATTIVITÀ
TITOLO I.
Rendita ordinaria
Contribuzioni sociali.
Socii — Per N. 1000 azioni alla ragione di L. 5 per ogni
azione . . L.
Ministeri — Ministero della Pubblica Istruzione per N, 400
azioni ,
Provincie — Provincia di Palermo per N. 20 azioni L. 100, —
, Catania , , 20 , , 100, -
N. 40
L. 200, —
JJfunicip»— Municipio di Palermo per N. 100 azioni L. 500,
Messina
»
II
10
, Castrogio-
vanni
per
,
4
, Marsala
»
11
4
Monte S. Gi
u-
liano
*
»
4
. Noto
9
11
4
, Siracusa
»
•
4
50, —
20, —
20, —
20, —
20, -
20,-
A riportarsi N. 130 azioni L. 650, —
A Riportarsi L.
per articolo
per Ci
5,000
2,000
200
7,200
ATTI DELLA SOCICTX
357
DIFFERENZE
1899
per capitolo
w~
in più
in meno
RAGIONI DELLE DIFFERENZE
ATTI DELLA SOCIETÀ
Stani
Numero
o
'E.
e
n
DESCRIZIONE DEGLI ARTICOLI
-
Ri
Riporto
N.
130 azioni L.
Municipi -
-Municipio di Termini
Im erese
..
4
» »
, Girgenti
r
\
n "
, Parco
n
4
» ■
, Nicosia
71
4
» •
, Acireale
»
4
» »
, Alcamo
«
2
» »
, Salaparuta
»
1
» »
1898
per articolo
per capilo
N. 153
Biblioteche ed altri Enti - Direzione dell' Archi-
vio di Slato (li Venezia perN. 4 azioni
Biblioteca Fardelliana di Tra-
pani. . . ' i>
Comunale di Vicenza ,
Nazionale di Napoli ,
\ di Brera di Milano. ,
Universitaria di Mes-
sina ..'•!>
Comunale di Verona ,
Gabinetto di Lettura di Mes-
sina » "
Direzione Generale per la con-
servazione dei monumenti
della Sicilia . . • * ' " _^
N. 34
4
4
4
4
4
2
Riporto L.
650, —
20, —
20, —
20, -
20, -
20, —
10,-
5, —
L. 765,
L. 20. —
. 20,-
, 20, -
. 20,-
. 20.-
„ 20,-
. 10.-
, 20,-
20,
L. 170, -
Totale Capitolo I L.
Rendita sui fondi pubbUol.
Direzione Generale del Debito Pubblico del Regno d'Italia per
la RendlU acquistata sugli avanzi di cassa, giuste il Certi-
ficato al Utore di N. 154,883 ^•
A Riportarsi L.
7,200 -
765
170
8,135
8,135
100
100
8,235
ATTI DELLA SOCIETÀ
359
nto
1899
3r articolo
7,200
per capitolo
765
170
^,135
]00 —
8,i35
100
8,235
DIFFERENZE
in più
in meno
RAGIONI DELLE DIFFERENZE
360
ATTI DELLA SOCIETÀ
Numero
ed
III
IV
DESCRIZIONE DEGLI ARTICOLI
9
10
11
Riporto L
Associazioni al Periodico ed ai Docuraentì.
Ministero dell'Interno
, della Guerra
degli Affari Esteri
Camera dei Deputati.
Biblioteca Palatina di Parma
Archivio di Stato di Palermo
.5 o-£
§li
rt t- o
e: o o
S\ aj **
L.
30,
30,
30,
30,
30,
30,
Biblioteca Labronica di Livorno
;, Comunale di Caltanissetta
„ , „ Castel vctra no
Archivio di Stato di Strasburgo
, „ , Firenze .
„ , ,, Napoli .
L.
180.
—
. \.2 o L.
12,
la.o
12.
—
1 ^
12,
—
( ~ ^
12,
—
1 — —
1?
__
• 1 (D © «
12,
L.
72.
—
Totale Capitolo III L.
Introiti eventuali.
Vendita eventuale del Periodico V Archivio Sioriro Siciliano
e dei Docunern L.
Interei^si sullo gouiiuc di conto della Società depositate nella
Ca8!>a di Risparmio ,
Contribuzioni e largizioni eventuali ,
Totale Capitolo IV L.
Totale Rendita Ordinaria L.
Stì
1898
pei' articolo
per capii
8,235
?80
252
000
100
1500
2,500
252
2.500
10,987
ATTI DELLA. SOCIETÀ
361
BlUo
1899
7er articolo
per capitolo
180
72
1
252
—
1200
100
1500
—
2,800 -
8,235
252
2,800
11,287
DIFFERENZE
in più
300
m meno
RAGIONI DELLE DIFFERENZE
300
La variazione in più per l'ottenuto incre-
mento delle pubblicazioni della Società, e che
sono con maggiore frequenza ricliieste.
362
ATTI DELLA SOCIETX
Numero
O ! <
12
14
15
DESCRIZIONE DEGLI ARTICOLI
TITOLO IL
Rendita straordinaria.
Pondo di Cassa e Residui attivi degli Esercizi prece-
denti.
Fondo di Cassa a 31 Dicembre 1898 circa . . . L.
Residui attivi per contribuzioni ordinarie a 31 Dicembre 1898
circa
Municipio di Palermo per resto di prezzo di carta forni-
tagli
Municipio di Palermo per sussidio estraordinario . ,
Totale Capitolo V L.
1898
per articolo
13,825
992
14,818
93
00
Totale Rendita Straordinaria L.
RIUNIONE
Rendita Ordinaria
. Straordinaria
Totale Attività L.
14,818
14,818
10,987
14,818
25,80!i
ATTI DELLA SOCIETÀ
863
h
nento
DIFFERENZE
1899
RAGIONI DELLE DIFFERENZE
— — -
per articolo
per capitolo
in più
in meno
5,800
1,754
1,046
1,000
9,600
—
9,600
761
1,046
1,000
-
40
8,025
93
»
La variazione in meno dipende dall'essere
state parte dello stosse erogate per i lavori di
adattamento della grande aula e dei locali ac-
ccssorii.
La variazione in più é dovuta all'accrescersi
delle partite per mancato pagamento di con-
tributo , ed intorno alle quali dovrà essere
adottato opportuno provvedimento.
^
9.600
—
2,807
40
8,025
93
1 1 ,287
9,600
—
300
2,807
40
40
8,025
93
20,887
—
3,107
8,025
93
•
364
ATTI DELLA SOCIETÀ
Numero
VI
VII
VITI
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
DESCRIZIONE DEGLI ARTICOLI
PARTE SECONDA — PASSIVITÀ
TITOLO I.
Spesa Ordinaria.
Monumenti e Pubblicazioni.
Fondo per la provvista di carta da impiegarsi per la pub-
blicazione del Periodico l' Archivio Storico Siciliano , dei
Documenti ed altro L.
Fondo per la stampa del suddetto Periodico e Documenti „
Fondo per le spese d'incisioni ed altro, spettanti a lavori
di monumenti artistici „
Fondo per acquisto e rilegatura di libri per uso della Biblio-
teca della Società ,
Totale Capitolo VI . . L.
Imposte e ritenute.
Tassa di Ricchezza mobile sulla Rendita del Debito Pubblico
(art. G Attività)
Tassa di Ricchezza mobile sulle L. 2,000 di assegno del
Ministero della Pubblica Istruzione (art. 2 Attività) „
Totale Capitolo VII
Speae d'Amministrazione.
L.
T>
Ragioniere
ASiistente alla Soj/rotnri-i ,
Barandierc
Eaattore — Indnniiità d'r^sa/.iiMio al »J •"„ dovuta sulle con-
tribuzioni che si riscuotono in Palermo . . . ,
A riportarsi L.
1898
per articolo
1,200
2,000
600
200
4.000
20
335
355
100
160
200
300
8?0
ATTI DELLA SOCIETÀ
365
iOtO
1899
3r articolo
per capitolo
1,500
; 2,000
600
200
i,300
20
1
-
335
—
! a55
—
1 200
' 160
—
200
—
300
—
' 860
—
DIFFERENZE
4,300
35-
— 4,655
in pm
300
in meno
RAGIONI DELLE DIFFERENZE
La variazione in più per rifornire il ma-
gazzino, stante le vendite fatte al Municipio.
40
340
366
ATTI DELLA SOCIETÀ
Numero
o
'5,
-3
o
2
<
-a
26
27
28
2rf
IX
30
31
32
z
33
DESCRIZIONE DEGLI ARTICOLI
Riporto L.
Distributore — Indennità fissa per la distribuzione del Perio-
dico agli Associati in Palermo e per la spedizione . ,
Fondo per marche da bollo e carta bollata . . . ,
Fondo per generi di scrittoio e stampe per uso dell'Ammi-
nistrazione ^
Fondo per spese postali di corrispondenza e spedizione ,
Totale Capitolo Vili L.
Fabbriche e Manutenzione.
Gabella e curazia di penna una d'acqua che fluisce nei locali
della Società ... L.
Appaltatore signor Nicolò Rutelli per la prima rata delle Li-
re 14,0'JO, per resto di prezzo dei lavori di adattamento
della Grande Aula per uso di Biblioteca della Società, e degli
altri locali, dilazionate pagarsi in quattro anni dal 1899
al 1902
Manutenzione dei locali della Società
Totale Capitolo IX
Imprevedute.
Fondo per tutte le spese casuali, imprevedute ed altro, nell'in-
teresse della Società
1898
per articolo
per capit
820
—
4,355
50
—
750
—
1.620
—
1,620
85
—
4,800
—
4,885
—
4,885
127
127
ordinari
a. L.
10,987
ATTI DELLA SOCIETÀ
367
ì'
ìnto
1899
3r articolo
per capit
860
—
4,655
50
100
—
400
250
—
1,660
1,660
—
1 85
1
—
i
3,500
' ano
4,385
4,385
, 587
—
587
11,287
DIFFERENZE
in più
340
800
460
1,600
in meno
1,300
1,300
RAGIONI DELLE DIFFERENZE
ÌJi variazione in meno in relazione ai pa-
gamenti già fatti al di contro appaltatore.
La variazione in più perchè il di contro
stanziamento, nel precedente Bilancio Preven-
tivo 1b98, figurava in unico articolo insieme
ai lavori di adattamento della Grande aula e
dei locali accessorii.
delle
La variazione m più in previsione dei;
spese casuali pel VII Congresso Storico Ital
}68
ATTI DELLA SOCIETÀ
Numero
DESCRIZIONE DEGLI ARTICOLI
Stai
o
■1
6
o
1
<
1898
per articolo
per capit(
XT
XII
XIII
>
34
35
36
37
38
>
TITOLO II.
Spesa straordinaria.
13,000
218
53
13,218
1,600
Fabbriche ed arredamento.
Appaltatore signor Nicolò Rutelli per le opere di adattamento
della Grande Aula e dei locali accessorii, giusta deliberazione
del Consiglio Direttivo nella tornata del 9 Novembre 1898 L.
Fondo per arredamento dei locali della Società compresa la
Grande aula ,
Totale Capitolo XT . L.
VII Congresso Storico Italiano :
Fondo per le spese occasionali al VII Congresso Storico Ital. ,
Imprevedute :
Fondo in corrispondenza alle possibili depennazioni di resi-
dui attivi „
Fondo di riserva t.
Totale Capitolo XIII . L.
Monumenti e pubblicazioni.
Fondo per far fronte alle pubblicazioni della Società in sussidio
degli Articoli della Parte ordinaria . . . . ,
Totale Spesa straordinaria L.
RIUNIONE
Spesa Ordinaria „
, straordinaria ;,
Totale Passività L.
Il 1 1 a II c i o
Totale Attività L.
PaMlvità
13,218
53
—
—
—
—
—
1,600
—
14,818
10,087
14,818
25,805
25,805
25,805
Paregfi
ATTr DELLA SOCIETX
369
■nto
1899
r articolo
per capitolo
3,000
>,500
■),500
'8,000
500
600
,100
5,500
3,000
1,100
9,600
11,287
9,600
20,887
20,887
20,887
Pareg-gio
DIFFERENZE
in pm
2,281
3,000
500
"600
6.381
1,600
6,381
7,981
47
47
47
47
in meno
10,000
1,600
11,600
1,300
11,600
12,900
RAGIONI DELLE DIFFERENZE
La variazione in meno per essersi ritenuto
sufficiente il fondo stanziato all' art. 17 della
Parte Ordinaria.
// Relatore
Giuseppe Falcone, Vice Segretmo.
Il Ragioniere
Salvatore Sanfllippo
Ardi. Stor. Sic. N. S. anno XXIV.
24
370 ATTI DELLA SOOIEtX
Il Bilancio viene approvato all'unanimità, e quindi si passa alla
elezione dei Direttori e dei Segretari delle tre classi.
Si riuniscono i componenti della 1' classe che ascendono al
Num. di tredici.
Direttore : Votanti N. 13, astenuto il can. Beccaria.
Beccaria voti Num. 12, eletto.
Segr. : Votanti N. 13 astenuto il socio Garufi.
Carlo Alberto Garufi voti 10.
Pietro Lanza di Scalea N. 2 — eletto Garufi.
Si riuniscono i componenti della 2" classe.
Direttore : Votanti N. 12 astenuto il socio B.ne Starrabba.
Starrabba voti 11, eletto.
Segr. : Votanti N. 12 astenuto il socio Travali.
Tra^?ali voti 11, eletto.
Si riuniscono infine i componenti della 3' classe.
Direttore: Votanti N. 4.
Salinas voti 3— Patricolo voto 1, eletto Salinas.
Segr.: Votanti N. 4.
Mangano Giuseppe voti 3. Portai 1, eletto Mangano Giuseppe.
Finita la votazione il Presidente scioglie la seduta.
Il Segretario Generale
D.' Giuseppe Lodi.
SEDUTA DEL DI 12 FEBBRAIO 1899.
Presidenza del Or. Uff. Prof. Andrea Ouarneri,
Senatore del Regno, Presidente.
La Società si riunisce nella sua sede, con intervento di 25 soci,
e letto ed approvato il verbale della tornata precedente , il Pre
Bidente riferisce che il si^,'. Pi'incipe di Fitalia, in seguito alle pra-
tiche della Commi.ssione che lo ha pregato in nome della Società
di restaro al posto di Vice-Presidente, ha ritirato le date di-
missioni.
Indi il Segretario Generale presenta alcuni libri pervenuti alla
ATTI bELLA SOCIETÀ 371
Società, alcuni dei quali donati dal Presidente Guarneri ; il Prof.
Romano offre in nome del socio Prof Nicolò Rodolico una recente
di lui pubblicazione, intitolata : Il popolo minuto (Nota di Storia
fiorentina, 1343-1378); ed il Prof Salinas presenta^ una Pianta di
Selinunte, fatta in seguito agli scavi recentemente eseguiti.
Il Segretario Generale partecipa la morte del socio, Generale
Zanelli, e propone di mandare alla famiglia un voto di condoglianza.
La Società aderisce.
Si passa alla votazione dei candidati a soci, E sono eletti ad
unanimità, la Principessa di Trabia , il Duca di Serradifalco, il
Sac. Antonino Pandolfi, il D."" Salvatore Bonflglio e l'Avv. Virgilio
La Scola.
Il Prof. Antonino Salinas, Direttore della Glasse terza, presenta
a nome della Commissione, nominata a norma dell'art. II dello
Statuto sociale , e composta da Mons. Vincenzo Di Giovanni , da
Mons. Di Marzo e dal Prof. Salinas, la seguente Relazione :
Avuto dalla Presidenza ronorevole mandato di riferire in-
torno alla proposta fatta, di conferire al sig. Dott. Giuseppe
Fiihrer il titolo di nostro socio corrispondente, siamo lieti di
poter rispondere, che, a giudizio nostro , il candidato può a
buon diritto considerarsi come una di quelle persone, che,
avendo ben meritato degli studj storici sulla Sicilia, ha diritto,
secondo il nostro Statuto, a quella onorificenza.
Il Fiihrer, ora professore straordinario di storia e filologia
al Liceo di Dillingen, in Baviera, da molti anni , si è rivolto
con successo allo studio delle antichità cristiane , e ottenuti
speciali sussidj dal Governo germanico prima, e poi dal mi-
nistero bavarese, ha per due volte fatto lunga dinàora in Si-
cilia, esplorando con zelo singolare le catacombe Siracusane
in ispecie. Frutto delle esplorazioni di lui è il bel volume che
l'Accademia delle scienze di Monaco ha pubblicato nelle sue
dissertazioni, col titolo Forschungen ziir Sicilia Sotterranea
(Miìnchen, 1897) accompagnandolo da numerose piante rilevate
dall'autore stesso, e da fototipie de' particolari delle tombe
e degli oggetti rinvenuti. In esso sono esaminate accurata-
3t2
ATTI DELLA SOCIETÀ
mente le principali catacombe siracusane e i risultati son ri-
feriti coi particolari tecnici e coi riscontri letterarj in modo
da formare una esposizione completa, per quanto è possibile,
di quelle maestose catacombe. Pertanto, l'autore, ci è grato
ripeterlo, ha ben meritato dalla Sicilia, cosi per la pubblica-
zione del suo libro, come per le sue esplorazioni (che in com-
pagnia spesso dell'Orsi ha esteso ad altri 70 ipogei della Si-
cilia orientale), esplorazioni compiute col sagriflzio della pro-
pria salute, la quale risenti gravi danni da una lunga di-
mora in luoghi umidi e malarici.
Palermo, 12 febbraio 1899.
M.' Vincenzo Di Giovanni
G. Di Marzo
A. Salinas, relatore
Il Presidente mette ai voti a scrutinio secreto la proposta della
Commissione, di nominare Socio Onorario il D."" Giuseppe Fiihrer,
e l'assemblea ad unanimità lo nomina.
Il Presidente propone un voto di lode e di ringraziamento al
socio, Prof. Giuseppe Patricolo, il quale con tanto zelo ed intelli-
genza e con sì felice risultato ha diretto le opere di adattamento
della nuova grande aula dell'edifizio sociale. La Società plaudisce
alla proposta del Presidente, ed incarica il Consiglio Direttivo di
partecipare questo voto al benemerito socio Prof. Patricolo nel
modo che crederà più conveniente.
Il Prof. Mons. Vincenzo Di Giovanni legge un suo lavoro re-
lativo a taluni punti della Topografìa di I alermo, e finita questa
lettura , il Presidente scioglie la seduta.
Jl Segretario Generale
D.' Giuseppe Lodi.
ATTI DELLA SOCIETÀ 373
SEDUTA DEL DI 12 MARZO 1899.
Presidenza del senatore A. Guarneri, Presidente
Si apre la seduta, essendo presenti 22 soci, con la lettura del
verbale della precedente riunione, il quale resta approvato.
Indi il Segretario Generale presenta i libri che son pervenuti
in dono, tra i quali alcuni dal Presidente, ed annunzia che
ha fatto adesione alla nomina di socio il signor avv. Viigilio La
Scola.
Dopo di che si passa alla elezione di socio in persona del can-
didato Cav. Salvatore Butera da Vicari, proposto da' soci Can. Di
Bartolo e Prof. Luigi Sampolo, e ad unanimità viene eletto.
Poscia il Presidente notifica che il Sindaco di Noto ha trasmesso
un vaglia di L. 500, come concorso di quel Municipio al monu-
mento da erigersi nella chiesa di S. Domenico alla memoria di
Rocco Pirro. Il qual monumento il Consiglio Direttivo crede op-
portuno d'inaugurare in occasione del Congresso storico. Co-
me schiarimento il Presidente soggiunge che per 1' erezione di
siffatto monumento esisteva da anni un Comitato speciale, però
procedendo le cose con lentezza tale da far credere che di tale
monumento si fosse dimesso il pensiero, il nostro Segretario Gene-
rale, seguendo le traccio del compianto P. Luigi Di Maggio, ha vo-
luto di sua iniziativa ripigliare questo affare, e per mezzo di sue
pratiche, dui-ate otto mesi, è riuscito ad ottenere la indicata som-
ma di L. 500, necessaria a poter condurre a termine il predetto
monumento; ciò che ha ottenuto la piena adesione, s'intende, dello
antico Comitato.
Il Prof Romano domanda la parola, ed ottenutala, propone un
voto di ringraziamento al Sindaco di Noto per aver dato final-
mente esecuzione ad una antica deliberazione di quel Consiglio
Comunale, ed un voto di ringraziamento altresì al nostro socio
Prof. Mattia di Martino per lo zelo e la cura che ha adoperato
onde far pago il desiderio del Segretario Generale e della Società.
La Società di buon grado aderisce a tali proposte. Poscia il
374 ATTI DELLA SOCIEtI
Presidente invita il socio Dott. Garufì a leggere l'annunziato lavoro
dal titolo : « Sull'ordinamento amministrativo Normanno » Scacca-
riuìYi o Dimani?
Terminata la quale lettura, il Presidente scioglie l'adunanza.
Il Segretario Generale
D/ Giuseppe Lodi.
SEDUTA DEL DÌ 14 MAGGIO 1899.
Presidenza del Senatore A. Gttarneri, Presidente.
Riconosciuto legale il numero de' soci, il Presidente apre la
seduta e invita il Segretario Generale a leggere il verbale della
precedente, che resta approvato.
Dallo stesso Segretario Generale vengono presentati taluni libri
pervenuti in dono alla Società, tra i quali tre opere importantis-
sime generosamente donate da M/ Ab. Crisafulli e talune carte e
qualche disegno artistico dal socio Pietro Spataro; il quale ha vo-
luto così iniziare la ('ol lezione di carte, stampe e disegai relativi
a cose di Sicilia, da lui tempo addietro proposta e caldeggiata.
Indi chiede ed ottiene la parola il Dott. Pitrè per proporre alla
Società un voto di applauso e di sentito ringraziamento al Presi-
dente Guarneri, il quale con liberalità veramente ammirevole ha
voluto provvedere di un tavolo di noce la grande aula. Desso è
lungo metri 3 e 50 rd è di artistica fattura. La Società grata a
tanta liberalità ha per acclamazione accolta sifTatta proposta.
Il Segretario Generale annunzia che la Principessa di Trabia,
il Duca di Sorradifalco e il Cav. Salvatore Butera di Vicari hanno
fatto la loro adesione a soci. .
Si passa alla elezione de' seguenti candidati a soci : signori
Cav. Gasparo Manzone o Vito Beltrani ; sig.ra Tina Wkitaker,
sig.ra Erminia Bordiga ; Avv. Gius. Riservato e Prof. Gius. Rizza
Scala.
Pope di che il Presidente invita M.' Di Marzo a leggero le no-
ATTI DELLA SOCIETÀ. 375
tÌ7Àe da lui raccolte su Riccardo Qum^lararo e Vincenzo di Pavia
insigni pittori palermitani del risorgimento.
Terminata tale lettura, il Presidente scioglie la seduta.
Il Segretario Generale
D/ Giuseppe Lodi.
SEDUTA DEL DI 11 GIUGNO 1899.
Presidenza del Principe di Fitalia, Vic£-Presidente.
Aperta la seduta e data lettura del verbale della precedente,
che resta approvalo, il Segretario Generale dà conoscenza di al-
quanti libri pervenuti in dono alla Società, la maggior parte de'
quali donati dal Presidente Guarneri.
Indi legge i nomi de' candidati a soci presentati dal Consiglio
Direttivo, essi sono: G. Luigi Conforti proposto da Beccaria e Tra-
vali, Giovanni Scavo proposto da N. Siciliano e Grispo Moncada.
Fatta la votazione risultano eletti alla unanimità.
Riferisce in seguito il Segretario Generale che il Presidente,
Senatore Guarneri, per lettera diretta al Consiglio Direttivo, ha
dato la dimissione della sua carica adducendo per ragione di tale
suo atto l'avanzata età ed i molti suoi affari; aggiunge che il Con-
siglio Direttivo \ non slimando sufficiente tali ragioni perchè il
Senatore Guarneri s'induca a pi-esenlare la sua rinunzia, giusto
nel tempo in cui la Società deve prepararsi al Congresso stori-
co, delibera che una Commissiono, composta dai signori Prin-
cipe di Fitalia, Barone Starrabba , Prof. Salinas e Prof. Pitrò si
rechi da Lui per invitarlo a desistere dalla presa risoluzione; che
la Commissione adempì subito airincarico avuto, ma con esito ne-
gativo, e che quindi il Consiglio Direttivo crede suo debito di dar
comunicazione di tale rinunzia alla Società per quelle delibera-
zioni, ch'essa stimerà opportune di prendere.
Il socio, cav. Carlo Albanese, ha la parola per esprimere la sua
sorpresa e insieme il suo dispiacere per quel che ha appreso.
Egli opina che in questi momenti così gravi il Presidente non può
376 ATTI DELLA SOCIBXl
né deve ritirarsi, poiché ci va di mezzo l'onore della Società, il
decoro del paese, e perciò formula un ordine del giorno ne' sensi
di sopra espressi , che poi modifica alquanto nella forma. Nel
frattempo il socio Barrila presenta anch'egli un altro ordine del
giorno, il quale viene approvato dalla Società , dopo che il cav.
Albanese ha ritirato il suo. Intanto dovendosi formare una Com-
missione per presentarsi al Senatore Guarneri, son designati dal
Presidente per comporre la stessa: il Principe di Scalea, il Prof.
Sen. Paterno, il Cav. Carlo Albanese, il Comm. Francesco Varvaro,
il socio Barrila e il socio Chiaramonte.
Per l'ora già tarda si rimanda ad altra seduta la lettura che
far dovea il Can. Beccaria,
Il Segretario Generale
D."" Giuseppe Lodi.
-oe:<OB«
^^^^^^*«-
ATTI DELLA SOOllTÀ ÉITt
PRIMA CLASSE
SEDUTA DEL DÌ 26 FEBBRAIO 1899.
Presidenza del Cav. Can. Giuseppe Beccaria, Dii^ettore.
La classe alle ore 14 si riunisce nel locale della Società in S.Do-
menico, con l'intervento dei soci :
Beccaria, Garufi, Lodi, Pollaci Nuccio, Di Marzo, Gozzucli, De
Ciccio, Grispo Moncada, Siciliano, Romano.
Il Dottor Garufi comunica un documento del 1227-28 apparte-
nente al Tabularlo di S. Maria di Malfìnò, che ha una vera im-
portanza nella storia della Befensa, perchè dimostra :
1." che la defensa nomine impet^atorU esisteva in Messina
prima delle leggi di Melfi;
2.° che essa poteva anche invocarsi a nome dell'arcivescovo,
e, può supporsi, a nome del signore del luogo ;
3.° che la violazione della defensa era punita in Messina colla
confisca dei beni ;
4." che la cost. I. 18 mitigò in generale il rigore della pena,
e le cost. I. 16, 17, 19 ne regolarono l'uso e la competenza.
Il Can. Beccaria legge alcune noterelle biografiche su docu-
menti inediti riguardanti Vincenzo Colocasio umanista siciliano
del sec. XVI. Con questi documenti vengono a chiarirsi molti
punti oscuri della vita di quell'umanista e vendono a lumeggiarsi
3?8 ATTI DBLLÀ SDCIEtI
alcune parti del famoso, e solo conosciuto, suo poema De qicarto
bello punico.
Alle ore 15 '/« la seduta è tolta.
Il Segretario
G. A. Garupi
MEMORIE ORIGINALI
APPENDICE
ALLA
TOPOGRAFIA ANTICA DI PALERMO DAL SEC. X AL XY
DA UN VOLUME DI
ANTICHISSIIVII DOCUMENTI ESEMPLATI DALLI PERGAMENI
{Lettura falla nella seduta sociale del i2 febbrojo 1899)
Fra alcune copie di antichi strumenti, vendizioni, enfiteusi^
donazioni, testamenti, del secolo XIII, ho avuta la fortuna di
trovare indicazioni di località, di contrade, di confini, di nonai
riguardanti la topografia antica di Palermo, e ho creduto con-
veniente raccoglierle, e aggiungerle alle tante indicazioni to-
pografiche notate in tabularli e strumenti notarili riferiti nel
voi. II della mia Topografia antica di Palermo dal secolo X
al XV, sopra i quali documenti potei ricostruire la Palermo
medievale, in cui convivevano insieme le tre razze greca, latina,
saracenica, tanto da far dire trilingue la nostra città retta
all'uopo da tre legislazioni, da consuetudini diverse, da tre
religioni, compresa la giudaica, co' loro riti differenti. Paler-
mo aveva contrade o quartieri abitati da greci, da latini, e
da saraceni, senza dire della popolazione ebrea quasi tutta
chiusa nel quartiere detto de' Giudei, o nella Judaica Inori la
Porta anticamente detta del Ferro, con le sue canee, le sue
piazze, i suoi bagni, e la sua Sinagoga confusa con le Mo-
schee de' Musulmani sparse per la città, ma ben distinte dalle
Chiese o dai monasteri bizantini , che indi dopo i Normanni
a poco a poco divennero di rito latino mutando lingua e ce-
rimonie di culto. Molto restava fino al secolo XIII di bizan-
tino e di saracenico; e difatti molte piazze e strado si nomi-
Arch. Stor. Sic. N. S. unno XXIV. 25
382 DA UN VOLUME DI ANTICHISSIMI DOCUMENTI
Davano ancora con nome arabo, raramente con nome latino,
né era perduto il nome bizantino di taluni edifizii e di alcune
località.
Riferendomi pertanto al mio lavoro predetto sulla Topo-
grafia della città dal sec. X al XV, aggiungo ora le indica-
zioni topografiche che ho potuto raccogliere , e servono o di
conferma o di illustrazione alle cose dette , e sono sempre,
anche se poche le cose nuovamente trovate, un contributo
importante agli studi topografici e storici di questa Città, che
fu tanto potente sotto i Normanni e fece di congiunzione tra
l'Oriente e l'Occidente, la storia di due mondi, e di due civiltà,
e di tre razze famose nella etnografia medievale.
Una indicazione topografica un po' dubbia della campagna di
Palermo si riteneva il nome di Susa, creduta equivalente a Sisa,
ad Assisa, sì che io non potei giungere se non a stabilire che il
nome citato rispondeva alla « contrada Cassnrorum » che si
stendeva dalla località del Castello della Zisa a quello di Ma-
redolce, edifizii tutti e due intesi col nome saracenico di Casr,
comune ad altri edifizii non solo di Palermo , ma sparsi in
tutta risola, e restato alla famosa platea Marmorea, che ancor
og^i posta nel centro dell'antico 6'a.<?r, o Castello, o Città Vec-
chia di Palermo, si nomina ancora nel popolo col nome di
Cassaro. Ma una nuova indicazione e precisa vien ora fuori
da uno strumento del 1255, nel quale si ÌQ'^gQ di una pezza
di terreno « in contrata et plano Fabarie vel Suse », e Faba-
ria 0 Susa è appunto indicato il Castello della Favara, oggi
di Mare dolce; come pur si legge in uno strumento del 1270,
nel quale la Favara e Susa è « in contrata Cassarorum » cioè
dei Casr che facevano come una collana , dice Ibn Giobair,
attorno il collo di giovinetta, ed è indicato pure il muro e la
via delle Terme circondante esso muro; si che non resta dif-
ficoltà alcuna circa il Castello della Favara, ben disegnato
dalle Terme che erano nel suo piano, e presso la via pub-
blica del Lido del mare che va verso Palermo e verso le
Terme. In altro strumento del 1279 è indicata una vigna esi-
ESEMPLATI DALLI PERGAHENI 383
Stente nel territorio di Palermo. « in centrata Suse seu Faba-
riae Panormi » : si che i nomi di Susa e Favara sono usati
come equivalenti, e non lasciano più dubbio alcuno sulla lo-
calità che vogliono indicare : il che è un bel' acquisto per la
itopografla della Campagna di Palermo, e per la illustrazione
del nome della Porta Termarura, oggi Porta di Termine, don-
de si usciva verso le Terme esistenti nel piano della Favara,
e potute ritrarre in disegno sulla fine del secolo passato, poi-
ché le rovine esistettero sin dopo il 1850, e si trovano de-
scritte e delineate dall' Ajola insieme col castello di Mare dolce
della Favara.
Dagli strumenti novamente conosciuti sono indicate Rughe
e darbi, e sucac, o piazzette, prima sconosciute; come il luogo
addetto nel 1253 ad uso delle tintorie, ed era nel Seralcadio
e probabilmente presso il Monte di Pietà di oggi, che fu la
grande fabbrica di panni che ha conservata fino ad oggi il
nome di Panneria. Nel 1554 è nominata una casa « in capite
vici qui dicitur Sucac il Kes » oggi via del Celso, e un'altra
casa confinante di una Clementia « de Posta o Porta Kebiri »
ancora ignorata. È importante poi l' indicazione del nome
del vico « Curiae Veteris » del 1284 e 1290, e nello strumento
del 1262 il darbo qui dicitur « Darb il Keus», e una casa nel
Serabuali « intus Gassarum Panormi » da mezzo giorno della
quale casa il Sera aveva una delle sue entrate ed uscite, si
che se sino a Santa Chiara c'era il Shera detto di Santa Chia-
ra che seguiva a quello di San Costantino, due Shera ancora
riconoscibili: e il Sherabuali doveva cominciare presso la casa
poi detta nel secolo XV degli Speciali, continuando sulla vec-
cliia muraglia della Città nel luogo dove sorse il Palazzo del
Marchese Ugo, e avvicinandosi verso la Porta Sant'Elia o
Porta Giudaica, lasciò dentro l'ediflzio dell'Università e sull'an-
tica muraglia il piccolo giardino che fa parte del Serabuali
•tanto famoso. Non so quale sia stata la centrata Matrahi-
norum, « Matrahinorum, extra Gassarum » del 1286 e 1287
-oggi forse detta dei Matarassai^ ma si vede poi chiara-
384 DA UN VOLUME DI ANTICHISSIMI DOCUMENTI
mente nelle ripetute indicazioni ciie la Ruga kes , il Darbil
Kes, il Sucac elkes , sono una stessa cosa corrispondente
alla Via Celso d'oggi, e già via, cortile, e piazzetta della Cal-
ce dei tempi arabi, così detta per le fornaci di calce che vi
esistevano presso la via Coperta o sul margine del Papireto.
La quale Rugakes , o Sucackes era vicina al Zucac Buhabe
nello stesso Cassaro, o Città vecchia, nominata in un doc.
dei 1196. Si rileva dallo strumento del 1290 che da arabi era
possesso nel territorio di Palermo quel tenimento o masseria
detto de Marausa presso il vallone « vocatum de flcaraciis»
e nel quale si trovavano il Lapis magims e il Lajns Bedera,
e vicino le terre del tenimento Curema, il gurgo salilo, e la
porta, 0 in siciliano « purtella ChusH. Nel 12P6 è nominata nel-
TAlbergaria la ruga « Ecclesie Sante Marise de Carmelo », e
nel Cassaro presso la ruga « Sanctae Marise de Admirato » era
la « stabulura Saladini Sciavi » e il darbo attiguo. Si ripete
in questi strumenti l'esistenza della « ruga Pissottuli » la stessa
che la ruga pissotli della Galga, che era la via della Sala
verde, detta grecamente Pissohis e Pissottulits siccome altro-
ve abbiamo dimostrato. Non abbiamo invece trovato la con-
trada fuori Città nominata nel 1291 « Sancti Joannis de Sa-
bero, 0 de Libero » se pure a quanto pare non sia « Sancti Joan-
nis de Leprosis ». Esisteva bella e buona nel 1246 «extra Cassa-
rum in Alcia (la Kalsa) » la « Ecclesia Sancti Francisci », come
esisteva nella Galea il darhum, e quindi la Chiesa « Sancti Bar-
barse » dentro cui si stipolava un pubblico strumento notarile
« Actum in Ecclesia Sancte Barbare» nel 1249. Nel 1250 si
vendevano due darbi di acqua del fiume detto «Gued Itthulth
in territorio Panormi in con Irata Garbeli » ora Gabriele. Si
credeva posteriore la Chiesa di San Paolo del quartiere di
San Giacomo, ma esisteva nel 1255 se in uno strumento è
nominato un giardinetto presso la Chiesa « Sancti Pauli de
Galga Panormi ». Nel 1309 il Palazzo dell' Arcivescovo ha in
una notificazione della Curia questa data: «data Panormi in
Palatio nostro Portse Sanctee Agatse in Cassaro » cioè dove
ESEMPLATI DALLI PERGAMENI 385
sorse poi il monastero della Badia Nuova e il Palazzo del
Marchese Artale fin presso la Piazzetta di Sant' Agata la
Guilla.
Sappiamo ancora da questi strumenti in quale parte della
città esistevano le case de' Calvelli, degli Abate, de' Mastran-
gelo, di Borello, e di altre famiglie storiche di Palermo, oltre il
palazzo di Adelicia di Golisano e di Goffredo de Marturano,
convertito in Monastero (1194), che prima erano case, della
R. Curia, cioè edifizio pubblico.
Ci è dato a conoscere per questi strumenti che nel 1310
la via che da Palermo conduceva a Monreale, diversa da
quella che pur da Palermo, andava « ad Gerbelem » cioè al
Gabriele, si chiamava « Carrubba, qua itur a Panormo versus
Montani Regalem ». È nominata nel Cassaro nel 1317 la con-
trada « Porte Travuketi » quella stessa che altrove abbiamo
dimostrata essere la Porta dove stavano i cambiamonete sotto
i Musulmani, presso la piazzetta de' Santi Quaranta Martiri al
Casalotto, in faccia al quartiere della Moschita; ed era nel
quarterie dell'Albergaria la contrata del fondaco « Quartano-
rum» forse Quaricu'ar-iorum come è nominato nel 138511 Cereo
della Corporazione fra i Cerei felicis Urbis Panormi; la quale
contrata « Quartanorum » era su' confini della Piazzetta, nel
luogo che più anticamente si nominava « Phachaar » indicato
negli strumenti dell'Abbazia Basiliana di S. Maria della Grotta
di Palermo nel 1094, e la contrada poi detta dello Stazzone.
Cosi nel 1329 è indicato che il fiume Cannizzaro (in contrada
Sabucie) scendeva innanzi le mura di porta di Mazzara « per
ante Portam Mazariae, moenium ejusdem urbis ». È importante
eziandio veder confermata nel 1332 la esistenza di una Porta
Nuova ultimamente da me scoverta, nelle mura del Seralca-^
dio «in contrada Sanctse Caterinae prope Portam IMovara»,
oggi contrada dcll'Olivella dove erano quattro casette che si
vendevano. È confermata pure la esistenza della Ruga nova
da Ballalo, diversa dalla via del flumetlo poi via di Porta di
Castro e che era molto popolosa: ed importante dovette essere
386 DA UN VOLUME DI ANTICHISSIMI DOCUMENTI
sin dal secolo XIII la Ruga « Capitii et Centorbii » così detta
dall' alloggio che vi ebbero gli abitanti di queste due città
raccolti in Palermo sotto Federigo Imperatore. Nella stessa
contrada Albergariae era lo Spedale di « Santa Marie de rac-
comandata » (presso Casaprofessa) e il terreno proprio di S. Nic-
colò de' Greci, forse San Nicolò de Chufra diverso dal San
Nicolò latinorum, oggi Parrocchia dell'Albergarla. Santa Ma^-
ria de Grupta riteneva ancora questo nome nel 1385 , e lo
ritenne sino a Carlo Y : vi era abbate uno di nome greco, e
Tatto è sottoscritto dalle firme di due testimouii in carattere
greci. Era poi nel 1407 nella vanella per la quale dalla con-
trata della Curia pretoria si andava « ad lattarinas, ex oppo—
sito tenimenti Sanctae Catarinae, l'Hospitium Magnum nobilis
Guarnerii de Vigintimilio de Alcamo, vicino a case dirute-
di Enrico de Bononia miles », e queste case Ventimiglia fu-
rono forse quelle che si confusero nella fabbrica del Palazzo-
Pretorio del secolo XV, ovvero il tenimento di case site nella?
contrada di Santa Maria della Miraglia e appartenenti nel
1431 ad Antonio de Vigintimilio, « secus viam publicam » e^
che fecero sul lato della via Maqueda d'oggi la parte turrita
della Casa Pretoria e il luogo delle pubbliche Carceri sul lato
occidentale di essa Curia Pretoria.
In un documento del 1408 si nomina il Darbo di Salo-
mone de Carastono , che dovette essere presso la Porta Bu-
suemi, sulla quale si alzavano le case de' Crastoni sino al se-
colo XV con le « «des Sanctae Mariae de Porta in Cassaro »^
ma è dubbia la topicità di questa chiesa, se forse non è quella
che nel 1490 si trovava «per oppositum hospitii Petri de Spe-
tiali » e apparteneva in ultimo alla Congregazione dei Maggior-
domi, 0 del Volto di Cristo ed ebbe nome di S. Marina. Nel
quaderno de* tonni dovuti alle Chiese nel 1399 si nomina una
Santa Maria de porta o de partu o de portu; ma era nel Se-
ralcadio, dove ancora esiste.
Si sa per uno strumento del 1269 che nel Cassaro di Pa-
lermo era una ruga arabicamente detta Zucac Macrissim, e-
ESEMPLATI DALLI PERGAMENI 387
altra ruga nello stesso Cassare pur arabicamente detta Zucac
Kalfuni, probabilmente nella via della Porta Busuldeni o Bo-
suè, oggi de' Biscottari; e ci è fatto conoscere che la Doana
di mare fu di nuovo costruita di legname nel 1269, succe-
dendo all'antica forse de' tempi arabi, ed esistente nella ma-
ritima di Palermo, dove ancora esiste. Si rileva pure che la
ruga « Centorbii et Capricii» era «infra moenia exteriora»
del Cassaro della Città, e doveva essere nell' antico quartiere
della Moschea della Città araba, per la posizione di questa via
oggi via della Parrocchia de' Tartari. È nominata trovarsi nel
Cassaro nel 1270 una Chiesa di S. Tomaso de' latini Panormi,
la stessa forse ora nella via del Protonotaro, da distinguere
da quella di S. Tomaso de' Greci; e probabilmente verso Sa»
Demetrio doveva essere la Cappella di San Bartolomeo , sita
« intus Cassarum Panormi in ruga Sancti D. ». In uno stru-
mento del 1271 è indicata una casa sita « intus Cassarum Pa-
normi » in contrata Porta? Serabuali », la quale Porta non si
conosce né nelle indicazioni de' tempi arabi, nò in quelle de'
Normanni, fra le Porte della Città; e mi persuado che questa
Porta Serabuali deve essere stato un nome dell'entrata e del-
l'uscita di questo principale Shera o boulevard, e volesse dire
0 la Porta Busuldeni per cui si entrava nel Sera, o la Porta
Judaica per la quale si usciva presso l'Università di oggi. Se
pure per facilitare il passeggio lungo il Serabuali questa Porta
non fu dove ora è l'entrata del Palazzo Ugo, o la porta se-
condaria dell'Università sul lato settentrionale in via Giusep-
pe Alessi, a cui corrisponde un avanzo del detto Shera, chiuso
ora dentro la Università predetta, dove anche restò chiusa,
vicina alla Porta Giudaica, che era sita nella piazzetta dell'U-
niversità, la porta Vetere così detta nel 1207.
Facciamo pertanto alle indicazioni riferite nella Topogra-
fìa antica di Palermo questa giunta, e crediamo aver gio-
vato al nostro lavoro, a cui altre giunte potranno esser fatte;
come ad es. questa che non voglio tacere, cioè che nella vi-
sita fatta il 25 agosto 1892 da me con la Commissione Munì-
388 DA UN VOLUMK DI ANTICHISSIMI DOCUMENTI
cipale per la enumerazione e descrizione de' monunnienti e delle
antichità della Città, trovai con molto piacere dentro il Mo*
nastero delle Vergini, che dal lato dove fu l'antica Chiesa di
Sant'Andrea sulla muraglia della Città Vecchia tra la Porta
Oscura e la Porta Patitelli, esistono ancora in un piccolo atrio
alcune colonne, tuttora al loro posto, di un portico che potè
essere il portico della Moschea esistita presso la Fonte della
salute, che diede nome alla Bah assàta (corrottamente Porta
oscura), la quale fonte fu poi la Peschiera durata sino a tem-
po non lontano (1890) dentro il predetto Monastero, vicinis-
sima, ma più bassa, del portico veduto, e nel suolo della quale,
allora che fu del tutto seccato e colmato di terriccio sotto gli
occhi nostri, si trovarono rottami di colonne e un capitello
corinzio romano che io potetti, acquistare. Due delle colonne
che mancano al portico nel centro sono collocate nel Coro
delle monache, ed hanno fregi arabi con segni di caratteri
cufici in alto e in basso, ed altre due colonnette, conosciute,
con iscrizione araba sono quelle due collocate nella Chiesa a
muro, sotto il coro, a sinistra di chi entra. Non credo potersi
dubitare che sono avanzi della Moschea della Fonte della sa-
lute, nella quale un pio musulmano dormendo sognò che la-
vandosi in quella Fonte avrebbe ricuperata la sanità, donde il
nome a quellacqua della portentosa guarigione. Restano nella
stessa (Chiesa delle Vergini , che prese il luogo di quella di
S. Teodoro, altre due colonne a faccia ottagonale, e moìto an-
tiche, e chi sa quali altri avanzi potrebbero scovrirsi dell'an-
tica chiesa che fu edificata sulla muraglia della Città vecchia,
di cui sono visibili i grandi massi e i resti di f;ibbrica bizan-
tina o per lo meno normanna.
Ma cominciamo le indicazioni topografiche e citazioni co-
me si riferiscono dal secolo XIII al XV.
ll'.>4. 12* Imi., Af^osto (trans, noi 1278). GofTi'edo de Marturano
ed Ad«licia de Oulisano costruiscono nella casa loro la chiesa di
Santa .Maria la Nova, » quam tu et uxor tua (iiielis nostra divim
ESEMPLATI DALLI i'KHaAÌIENl 389
obtuta construxistis Panormi infra domum que fuit olim Adelicie
de Gulisano quam eidem Adelicie celsitudo nostra concesserat »
come dice re Guglielmo nel detto ti'ansunto del 1278. Confini, da
oriente e mezzogiorno le mura del (Massaro di Palermo , da occi-
dente il lenimento della Chiesa di S. Maria l'Aramiraglio e il Barbo
in cui era la Porta d'ingresso, e da tramontana la via pubblica
dove la detta casa teneva la Porta ed altri confini.
1236. 9» Ind., lulii. Vendizione di un casaline a septentrione
« in ruga Pissottuli unde habet liberum introitum et esitum
suum ».
1241. 14=* Ind., Februarii. Vendiziono che la l' Abatessa della
Chiesa di Santa Maria de Marturana di due pezze di terre « sitas
in centrata Sancii Ioannis de Sobero Fines vero praedicto-
runi duaruni peciarum lerrarum sic distinguntur : « ab oriente
terra Ecclesiae Sancii Ioannis Hospitalis via pubblica me-
diante unde habent liberum introitum et exituum suum».
1246. 4' Ind., lulii. Vendita di una casa «sitam in civitate Pa-
normi extra Cassarum in Alcia iuxta Ecclesiam Sancii Fran-
cisci »,
1249, 8' Ind., 22 Ottob. Vendizione di una casa , casalino e di
terra vacua « iuxta eam posilam in civitate Panormi in Galea; con-
flnes a meridie est Darbum Sanclae Barbai'ae Actum
in Ecclesia Sanctae Barbarae».
1250. 8" Ind., 23 May. Vendizione di due darbi « de aqua tiumi*
nis quod dicitur Gued Itthulth, siti in territorio Panormi in con-
trata Garbeli ».
1252. 10" Ind., 11 Oli. Vendizione e consegna di un giardino «in
territorio Mentis Regalis, confìnes a meridie est iardinum
Belvider ».
1252. 17* Ind., 2 Agosto. Vendizione e consegna di una casa
« sitam in civitate Panormi inlus Gaicam iuxta domum Leonis Greci,
iuxta darbum Sanctae Barbarae de Galea et iuxta alias domos
meas ».
1253. 12* Ind., 22 Ott. Concessione e assegnazione «prò parte
regie Curie » ad Adamo de Petralia di certi casalini diruti della
Curia siti « in loco Seralcadii Panormi » per costruirli e beueflcarli
« considerantes et videntes quod eranl necessaria nimis et oppor-
tuna prò suo statu et ad opus lingiturarum suarum ». Confini:
390 DA CK VULLMK DI ANTICHISSIMI DOCUMENTI
* Ab oriente tenimentum dominum Domini Nicolai de Giracio. Ab
occidente est Darbus. A meridie est Domus Domini Accagini, et a
semptemtrione est Domus Presbiteri Petri de Petralio, et alii con-
fines ».
1254. 12' Ind. , 10 Martii. Vendita di una casa in Palermo » si-
tamin capite vici qui dicitur Sucac il kes .... confìnes : ab orien-
tes domus Clementiae de Posta kebiri ».
1253. 11' Ind., ultimo Februarii. Vendita di una apoteca « sitara
extra Cassarum dictae civitatis Panormi in ruga Centorbii et
Capicii ».
1253-1254. 12' Ind. Vendita al « Magistro Martino Aulae Sacrae
Regiae advocato » di due apoteche « in simul contiguas sitas intus
Cassarum Panormi in maiore ruga Marmorea ».
1255. 13' Ind. Maii. Vendizione di una casa terrana « ruinosam
cum casaline post terram esistentem versus septentrionem, quae
domus est in vico Curie Veteris iuxta domum domini Archiepi-
scopi Messanensis ».
1255. 14' Ind., 10 Dicembre. Vendita di una pezza di terra ca-
pace circa di una salma e mezza di frumento seminata in longo
aut in longitudine, sita in contrata et plano Favarie vel Suso. '. . . .
« quae pecia terrarum est gerba et inculta et piena Zomariis et
fruticetis et cannizolis Dieta pecia terrarum sita est in contrata
et plano Favarie, ab oriente cuius est quedam pecia una terrarum
que tendit usque ad viam pubblicam littoris Maris que vadit ver-
sus Panormum et apud Thermas et alias ».
1255. Enfiteusi di casa e di giardinetto presso la Chiesa « Sancti
Pauli de Galea Panormi ».
1256. 14' Ind., primo lulii. Concessione ad annuo censo fatta
dall'Abate del Monastero di S. Giovanni degli Eremiti di una casa
presso il casalino del Signor Matteo de Calvellis , la casa di Gu-
glielmo Buchirodi, e da mezzogiorno il giardino della chiesa so-
pradetta, e da settentrione il fiume et si qui alii contìnes.
i257. 15' Ind., 20 lanuarii. Concessione dell' Abate di S. Gio-
vanni degli Eremiti di una casa dello stesso Monastero sita « in
civitate Panormi in contrata Kemonie cui ex parto orientis adia-
c€t Casalinum domini Mattei de Calvello, ex parto meridie il giar-
dino del detto Monastero, e dalla parte di Septentrione flmnen
eiusdem urbis».
ESEMPLATI DALLI PERGAMENI 391
1257. 15* Ind,, 22 Junii. Vendizione di una apoteca « sitam in
civitate Panormi in ruga Gentorbii et Gapitii contiguam apotece
lacobi de Mistretta».
1262. 15» Ind., 15 lulii. Vendizione di una casa grande sita « in-
tus Gassarum Panormi in Sherabuali in contrata domus quedam
Secreti Raimundi propre darbum qui dicitur Darhilku a me^
ridie domus Shera unum habet introitum et exitum ».
1284. Vendizione di una casa terrana cun casalino « in vico Gu-
rie veteris sìtam, Gonfines a meridie est vicus predictus, a sempten-
trione Murum civitatis predictae».
1286. Donazione di un'apoteca sita in civitate Panormi in con-
trata Matrahinorum extra Gassarum.
1281. 15' Ind., 1° Aprilis. Gasa posseduta dal Monastero della
Martorana « in Givitate Panormi extra Gassarum in contrata sancti
lacobi de Maritima in contrata Matrahinorum *.
1287. 17 Novembris. Vendita e assegnazione che fa il nobile
uomo milite Rogerio de Mustaccio de Messana di due apoteche
solerate site « in quarterio Syralcadij », di una casa nel luogo
detto Sucac il ches, di altro stabile in contrada Malvolli.
'1289. 2» Ind., 30 Junio. Locazione di una ipoteca piccola sita
«in quarterio Seralchadii Panormi A septentrione est magna
ruga Seralchadij unde habet introitum et exitum «.
1290. 4* Ind., 16 Februari. Assegnazione e consegna di un ca-
salino sito « in ruga Gurie Veteris ».
1290. 3" Ind., 29 Julji. Designazione del lenimento di terre Cu-
remi et Merausi usurpate da « Dominus Rogerius de Magistro An-
gelo Miles Regius Justitiarius civitatis Panormi ...» Per confine
nel detto tenimento Marausi è un grande vallone « vocatum defl-
caraciis » una mandra di un certo Gharboni saraceno olim pro-
curator Gurie, una pietra chiamata Lapis Niger, e il fiume «quod
descendit de Marasa ». Questo Lapis magnus è nel detto tenimento
e Masseria di Maraausi, e andando per cristam cristam si giunge
« ad lapidem Bedera , et sic concluduntur fines ». Le terre usur-
pate appartenevano al tenimento e pertinenze nominato Guremi ,
e cominciano da porta Ghasi al gurgo salito e al vallone de Gane-
ris 0 Ganerorum, donde si scende al vallone Marausi, e si sale
alla Pietra bedere ....
1296. 11» Ind., 13 Agusti. Goncessione di un giardino. . . « in ci--
392 DA UN' VOLUME DI ANTICHISSIMI DOCUMENTI
Titate Panormi in Albergarla in ruga Ecclesise Sanctse Mariae de
Carmelo . . . secus viam publicam unde terra ipsa habet introitum
et esitum ...»
1303. 2» Ind., 1" Sept. Concessione di due parti di casa « in ci-
vitate Panormi in Ruga Ecclesiìe Sancte Marie de Admirato. As-
signaverunt ipsi venditores eidem Emptori omnia scripta ebraica
annotata quse habebant. Fines vero predictae Domus sunt hii.
Ab una parte est stabulum Saladini Sciavi et darbum , ab alia
parte est predicta ruga Ecclesie Sancte Marie de Ammirato et
alia ».
1309. 8» Ind., 25 Oct. Testamento con molti legati di case, mo-
bili e stabili, fra cui si fa donazione di una casa sita nel quarte-
rio Albergariae Panormi in darbo di Donna Romana de Magistro
Petro de Curtisio secus viridarium Monasterii Monialium
Sancte Marie de Marturana Panormi....» (si trova in questo
strumento una firma di testimonio in carattere greco).
1310. 20 Junii. Vendizione di una pezza di terra, la quale ha
da una parte la via pubblica « qua itur ad Garbilem, et ex altera
parte est alia via pubblica Carrube qua itur a Panormi versus
Montem Regalem ».
1317. 15» Ind., 22 Aprii. Lascito di una casa chiamata « Chugi-
ram, silam in quarterio Panormi Gassari in contrata Port?e Tra-
vuketti , e ""di un lenimento di case in quodam Cortile» sitam in
quarterio Albergariae Panormi in contrada Monasterii Sancii loan-
nis Heremifarum Panormi junta Jardinum predicti Monasterii.
Item è lasciata « tabernam unam sitam in quarterio Seralcadii
Panormi in contrata Ecclesie Santse Anne justa domuin heredum
quondam Burrelli et secus viam publicam ...» ad altri oggetti
lasciati in l<'ij-at(>. Fra i testimoni ò un «Judex Ptolomeus de
Capua » .
1322. 8* Ind., -ì Januar. Donazione fatta dall'Abbadessa e dalie
suore del Monastero di Santa Maria de Marturano alla Moniale
8Uor Dyonisia , di apoteche e di camere site « estra Portam Ma-
rilime dici» urbis . . . » .
1322. C)* Ind,, 12 9mbris. Concessione ad enfiteusi di un casa-
lino scoverto appartenente al .Monistero di S. Maria de Mai tura-
no, sito nel quarterio dell'Albergarla « in contrata fundaci Quar-
'4anorum • appartenente ad esso monastero . . .
ESEMPLATI DA/,I,I PERGAMEM 393
1320. 12* Ind., 17 Maii, Donazione della Priora e delle suore
del Monastero di S. Maria de Marturano di una vicenda di acqua
del fiume Gannizzaro sito « in contrada Sabugiae de territorio
dictse urbis descendentis per ipsam Sabugiam inferius per dire-
ctum et transeuntis per ante Portatn Mazaria? ma?muni urbis
eiusdem » con espressione delle condizioni della irrigazione con-
ceduta.
1331. 14' Ind., 10 Junii. Vendizione di una casa solerata sita
* in Cassaro dictae Urbis in contrata Curiae Pretoriae juxta do-
mum Ioannes de Cavallanti et secus duas vias publicas».
1332. 15' Ind., 10 Apr. Dichiarazione di possesso di quat-
tro casette contigue site in Seralcadio in contrata « Sancte Ca-
terine prope Portam novam » e. concessione di esse casette con
censo.
1334. 3" Ind., 31 Die. Vendizione di un casalino e di una ipo-
teca sita in contrata Ruge nove de Ballare. In questo strumento
fra le firme de' testimoni!, si legge una in volgare « Ego Mastru
Francisco de Junta testis sum ».
1341. 9' Ind., 3 Febb. Vendita di due pezze di terra, in opposto
al giardino appartenente al Monastero della Martorana , site « in
quarterio Albergariae Panormi insta Stallam et Domos quondam
Domini Nicolai Abbatis Militis ».
1341, 9" Ind., 6 Julii. Enfiteusi di una apotega solerata... -< se-
cus vanellam quse dicitur de Virgilio et secus dictam Plateam (la
via Marmorea).
1343. 11* Ind., 29 Mai. Dotazione per ingresso nel Monastero
Sancta^ Maria) de Marturana, di una casa « sitam et positam in Cas-
saro dictse Urbis in ruga quondam circumspecti ludicis Riccardi
de Leontino ».
1344. 12' Ind., 10 Februar. Concessione di una parte di un pezzo
di teria « sitae et positae in contrata Azize de territorio Panormi»
confinante a terre a vigna.
1348. 2* Ind., 1" Oct. Indicazioni di possessi, di case, e di servi,
« in contrata Faxumeri territorii Panormi, di una taberna in platea
publica quarterii Albergarise » con lascito di legati per benevolezza,
e devozione.
1349. 2* Ind., 28 Aprii. Enfiteusi di tre case terrane col-
laterali ipsi Monasterio de Marturano « secus domos quse fue-
394 DA UN VOLUME DI ANTICHISSIMI DOCUMENTI
runt Dopno Ioannis de Aragonia et secus fundacum Guirreni
de Ang. »
1350. 3' Ind., 15 Februar. In questo strumento di concessione
di una apoteca è nominato per confine l'orto o il viridario « Eccle-
siae Sancti Michaelis de elebanina ...»
1366. 5' Ind., 21 Januar. Enfiteusi di un cortile con due case
terrane una coverta ed altra scoverta con pergola, albero di fico,
e canne esistenti nel detto cortile « in quarterio Seralcadii in ca-
pite superiori . . . secus demos monasterii Sanctae Mariae de Gan-
cellario ...»
1306. 5* Ind., 7 Octob. Enfiteusi di una apoteca solerata sita e
posta « in urbe Panormi in quarterio Porte Patitellorum seu Ma-
ris . . . et secus Tarsinatum, viam publicam et plateam publicam
et confi nes ...»
1367. 6» Ind., 26 Maii. Enfiteusi di due case terrane site e po-
ste « in Gassare Panormi in centrata Sancti Demetrii secus cortile
Dorane Musectae de Algerie ».
1369. 7* Ind., 5 Martii. Enfiteusi di una apoteca solerata « cum
Cortile secus quamdam domum et cortile Sanctse Caterinse de
Cassare et secus viridarium conventus Sancti Francisci Pa-
normi ».
1371. 10 Ind., 31 Januar. Concessione ad enfiteusi di un casa-
lino diruto sito e posto « in contrada Terracbine, quarterii Porte
Patitellorum dictse Urbis secus Gassarum>.
1376. 14' Ind., 20 Maii. Concessione di un tenimento di terre
«cum arboribus olivarum, amindolarum, lìcuum, carrubarum, et
prunorum, situm et positura in territorio Panorrai ... de febaro
seu Sclaraiuni . . . secus terram Sancti Ioannis de Guida».
1377. 2' Ind., 24 Nov. Descrizione di beni di minore siti nel
Cassare, e una taverna sita in Ballare suis finibus limitata. (In
questo strumento si legge fra i testimoni : Ego Andrea di Giovanni
ut supra judice testor).
1378. 1' Ind., 22 Maii. Gompiraento di un'apoteca sita e posta
ciò dieta Urbe scilicet in Maritima in contrata Portse Maris cum
cortili et cobina sibi conjuncto et collaterare ».
1385. 9' Ind., 24 Martii. Concessione in perpetuo di due case
terrane < unam intus aliam cura quodam Cortili, sitas et positas in
quarterio Albergarise in Ruga di lu Carmino secus domum Isoldoe
ESEMPLATI DALLI PERO AMENI 395
Mulieris de Mazaria (in questo strumento si trovano fra i testi-
moni due sottoscrizioni in caratteri greci; e firmate « testis frater
Philardus Abbas Sancta3 Marise de Grupta ».
1386. 9* Ind., 1° Febr. Locazione di persona e di servizii con
molte condizioni, e di servire nella spezieria, e in tutto la perso-
na locante ; per la durata di quattro anni e con multa di dieci
^oncie d'oro.
1387. 11' Ind., 2 Jan. Concessione in perpetuo di tre casalini
« in quarterie Albergarla^ secus Domum Hospitalis Sanctae Marie
de Racumandatis ... et secus terras sancti Nicolai Graecorum ex
parte altera viam publicam et alios confines .... »
1388. 9* Ind., 5 Febr. Riconcessione ad enfiteusi di un terreno
da piantare a vigna sito nella contrada « Faximeri territorii dictae
Urbis ......
1393, 2' Ind., 10 9mbris. Compra di tre case terrane congiunte
insieme e collaterali site nel quartiere dell'Albergaria ... « secus
viridarium heredum quondam Guirreri de Atterio...».
1407. 18" Ind., 20 Agusti. Concessione di un tenimento di cin-
que case solerate e coperte di ceramidi e di terrazza con cortile
site e poste «in Cassare dictae Urbis in centrala del Monastero e
della Chiesa di S. Maria de Admirato » in opposito dictae Eccle-
siae .... secus Hospitium Magnum quod fuit nobilis Guarnerii de
Vigintimilio de Alcamo et secus domos dirufas quas nunc possi-
det, ut dicitur, dominus Henrigus de Bononia Miles, quae dicuntur
pertinere ad Sanctam Annam nunc vanellam pubblicam per quam
itur de centrata Guriae Praetoris ad Lattarinas ex apposito teni-
menti Sanctae Catharinae».
1407. l' Ind., 5 Novem. Concessione enfiteutica di case poste '< in
Cassare dictae urbis intus Darbum Salomonis de Carastono
secus Ecclesiara Sanctae Mariae de Partu ex parte posteriore.
1408. 1* Ind., 30 lulii. Concessione enfiteutica di casa solerata
posta « in Cassare dictae urbis secus domum Monasterii Sancti Sal-
vatoris de Cassare ».
1430. 9» Ind., 24 Novembre. Concessione di un trappolo del
Monastero di S. Maria la Martorana, posto in quarterie Alberga-
riae « in centrata conventus Monasterii Sanctae Mariae de Monte
Carmelo secus cortile domorum censuale Hospitalis Ecclesiae
Sanctae Mariae de Raccomandatisi».
o96 DA UN VOLUME DI ANTICHISSIMI DOCUMENTI
1431. 1' Ind., 3 Settembre. Rendita di censo sopra un teni-
mento di case « in centrata vocata Sancta Maria de la Miraglia
iuxta domos domini Antonii de Vigintimilio, et secus viain pub-
blicam ».
Spero che altre indicazioni accrescano sempre le noti-
zie topografiche delle rughe e delle contrade della nostra
Città, descritti nella Tojiografia citata, pubblicata nel 1889-1890
in Palermo, alla quale mi riferisco.
M.*" Vincenzo Di Giovanni.
••K^f^*'
STORIA ED ARCHEOLOGIA DI TROTILON, XIPHONIA
ED ALTRI SITI
PRESSO AUGUSTA DI SICILIA (*).
(Lavoro approvato dal Consiglio direttivo nella seduta del 12 aprile 1899)
I. Preliminarl
Quasi a partire dal 1870 la Storia di Sicilia nell'antichità
ebbe molti insigni cilltori che si adoperarono a rintracciarne
le memorie più importanti e recondite, spesso confuse ed er-
roneamente note. A tali indagini si procedette con quel fine
senso storico ed archeologico che , mano mano eliminando
qualche falsa interpretazione filologica e con prove più moderne
allargando i limiti dei rapporti monumentali, ha presentato poi
sotto un aspetto direi interamente nuovo l'evoluzione civile,
militare e artistica della singolarissima isola. Così trasformaronsi
ormai tante vecchie opinioni suggerite o dalla boria paesana o
da inesatte cognizioni, ed oggi furono corrette pel sussidio di
materiali archeologici, la cui scoperta è, con le notizie clas-
siche sommesse alla critica , la più sicura testimonianza per
trattare in maniera più certa e scientifica di antichità siciliane.
Non è, per questo, mio intendimento di voler porre tutte in dis-
credilo le passate storie municipali e regionali della nostra
['> Cfr. la mia Summa libelli de Trolilo Xiphoniaque alque aliis locis
proxime edendi in 'Rivista di Storia Antica e Scienze affini', a. IV,
fase. 3" (1899), pp. 209-212.
Ardi. .S!o}\ Sic. K. S. anno XXIV. 26
398 PRELIMINARI
classica terra, tanto più che alcune di esse, come Amico p.
es. e Fazello, il Pausania della Sicilia, son sempre ai di nostri
attendibilissime fonti per molti riguardi. Ma certamente , con
l'uso diligente di testi greci e latini che delle memorie sici-
liane riferiscono preziose, benché talora vaghe ed imperfette
notizie, nonché, adottando le varie edizioni critiche degli storici
e geografi che le rapportano, e col sussidio monumentale cre-
sciuto oggimai per quantità ed importanza, attingiamo a fonti
più chiare e ci è consentito di fare più precisi raffronti in or-
dine a quanto riguarda questa nobilissima terra, oggi in ispecie
che la scienza storica ha potuto favorevolmente prendere un in-
dirizzo più sicuro con un metodo di identificazione archeologico-
ietteraria. Ninno infatti, a non dir d'altro, vorrà negare i lumi
pòrti dalla ' Storia della Sicilia nell'antichità' [I] (trad. Torino,
Clausen, 1896) e dalla ' Geografia antica della Sicilia ' (Palermo,
1871) del prof. Adolfo Holm; ai quali preziosi lavori son poi se-
guiti, segnalati oltre ogni dire, quello del Freemann, ' History
of Sicily' (Oxford, I-IV [1894]), ed infine il dotto ed ingegnoso
volume di Ettore Pais , ' Storia della Sicilia e della Magna
Grecia' (Torino-Palermo, 1894).
Se molto controverse furono e son tuttora le vicende e tal-
volta r ubicazione di qualche oscura città greco-siceliota del
versante orientale, riescono pertanto di sommo vantaggio e di
notevole interesse e risultato gli studi specialmente dell'Holm
e del Pais, dell'Orsi, del Cavallari e del Columba, per quel che
vi concerne, singolarmente, le ricerche storiche e monumentali
dell'elemento ellenico primitivo approdato a queste coste.
Di non ultima importanza è senza dubbio la conoscenza di
Trotilon e di Xiphonia, la cui archeologia ha meritato qualche
attenzione da parte dei dotti moderni con notevoli contributi
che districano un po' le tenebre. Gli ò in questi prossimi anni,
nei quali la storia dell'elemento calcidico in Occidente, mas-
sime per le vicende studiate in diverso monografie e con ot-
timo metodo dal Columba, ha fatto un passo in avanti. Quanto
poi ai sili in parola, non pretendo colmare siffatta lacuna nel
PKELIMINAUI 399
campo storico ed archeologico di Trotilon e Xiphonia, poiché
Ja maturità delle indagini e delle esplorazioni attraverso i mi-
seri avanzi sarebbero i precipui requisiti per raggiungerne
V ideale. E poi c'è la condizione poco propizia che Trotilon e
Xiphonia, a quanto sembra, non solo offrono appena indizi per
importanti ricerche da fare e per osservarle, ma anche per-
chè, a mio avviso, poco materiale oggettivo potrebbero offrire
in caso che si procedesse a scavarne il devastato terreno. Se
non che, valendomi delle poche notizie, specie di Tucidide,
Polieno, Diodoro, Strabone, Livio, Plutarco, Vergilio e Stefano
Bizantino, e segnatamente degli ultimi riflessi e delle conclu-
sioni più 0 meno opportune a cui si è oggi pervenuto , por-
gerò , con qualche proprio" criterio , uno schizzo delle due o-
scure città , e taluna breve menzione farò di alcuni altri siti
•confinanti o vicini che nell'antichità furono il centro di qual-
X5he operazione strategica o motivo d'ispirazione poetica a Ver-
gilio e a Silio.
Da Trotilon , la cui fondazione fu, forse sincrona a quella
di Xiphonia, passerò a quest'ultima, tratteggiando anche quelle
poche osservazioni che i poveri resti , non anco soggetti a
studi topografici ed a scavi , mi poterono suggerire nelle di-
verse escusioni da me fattevi Testate dello scorso anno (1898).
Benché in proposito pochi fatti registrino nelle loro opere Tuci-
dide, Polieno, Diodoro, Strabone e Livio, i principali a cui pos-
siamo far capo, e sempre per relazioni con la storia di Sira-
cusa che è la storia dell' antica Sicilia : è nondimeno a tener
fede in una considerazione che , quand' anche intrecciati tra
loro Trotilon e Xiphonia con Thapsos e Megara-Hyblaea e con
.Leontinoi e Syracusai, massime alTepoca delle origini, di Dio-
nigi 1 e di Gerone II ; gli esordi di Trotilon si presentano ,
parmi, quasi contemporanei a Xiphonia, anch'essa calcidica. Tu-
vcidide e Polieno sono le più ragguardevoli fonti che ne rive-
.lino le origini con quella serietà per cui nulla è a dubitare
-del fondo storico, poco di qualche equivoco. Conforme la cro-
nologia che nella storia della Sicilia antica vien determinando
400 PREUMINARI
i successivi stahdlimelnti coloniali, giacché dopo le greco-italiote
Kyme (1053-?) e Rhegion (812), vennero fondate nell'isola, in
sovrapposizione ai Siculi che vi precedettero, Naxos nel 735,
Syracusai nel 734, Catane e Leontinoi nel 729, e Megara nel
728 : non siamo certo lontani dal vero, seguendo le tracce di
Polieno (Y, 5, 1 sq.), quando narra che i Megarei, cacciati da
Theokles di Leontinoi, appena che vi si erano stabiliti i Cal-
cidei loro compagni di viaggio, poterono per un solo inverno-
fermarsi ad abitare Trotilon. Da ciò deriva la conseguenza per
cui Trotilon si sarebbe fondata insieme con Leontinoi, o me-
glio nell'intervallo 729-728 av. C. in cui vi furono i Megarei;
è questi, andati subito aThapsos, e di là ancora espulsi o dai
Siracusani o dai Leontinoi o dai Calcidei di Xiphonia , o da
tutti insieme, finirono per esser nello stesso anno 728 (15 mesi
dopo la fermata a Leontinoi) stanziati a Megara-Hyblaea coi
soccorsi del re siculo Hyblon, come diremo nel capitolo : ' Note
su M. H. ' — Giacché, se Strabone dice (VI, 2, 2; p. 267) . . .
XT^CTac . . xohc, 5è àtàodccQ "Mi^ccgoc, t?]v "Y^Xav TrpÓTspov xaXou[jilvT]V,
è evidente come essi dovettero andar lieti , dopo tante pere-
grinazioni ed espulsioni, di venire accolti da Hyblon che, per
esser siculo e quindi avversario dell' usurpatore Theokles in
Leontinoi già sicula, aveva da trarre vantaggi, in caso di scop-
pio, neir ammettere ad Hybla l' elemento dorico-megarese. Se
■però i Megarei non si fermarono al promontorio di Xiphonia
od alle falde del Tauro, propizii per la singolare sporgenza ad
Est, per due porti laterali, per la fertilità dei campi sovrastanti, .
tutti bei luoghi ed opportuni per le operazioni militari e mer-
cantili, gli è perchè essi non avevano realmente proprie navi, .
essendo stati, con la scorta di Theokles, condotti dalla Grecia in
Sicilia su navi calcidesi, ed anche pel piiY importante motivo che,.
se fossero stati nella possibilità di crescere per numero e
forzo, si sarebbero resi esiziali e pericolosi alla potenza della
corintia Siracusa od alle altre colonie (calcidiche) Leontinoi e
Xiphonia. Sicché i Megarei avrebbero traversato quella zona
rettilinea che mena d&l raonticello Trotilon e dall'alto Panta-
PHELIMINABI 401
iyas alla larga distesa che va Ano al fiume Mylas (Marcellino)
e non avrebbero quindi preso il sentiero di N-W verso S-E
che conduce al TaQpo; àxpov, perchè già la vicina Xiphonia,
che sarebbe di fresco bella e impiantata da Calcidei, si sarebbe
mossa contro di essi. - Ma, giusta tal ragionamento, Xiphonia
potrebbe apparire preesistente a Trotilon e a Leontinoi, le
quali abbiamo cronologicamente piantate al 729-728, quasi in
pari tempo. Nulla sul riguardo ci si rivela dalle classiche tra-
dizioni, ma sembra probabilissimo che, essendo il promontorio
Tauros ed il porto Xiphonicus molto convenienti per la fon-
dazione di una fattoria sul dorso o ai piedi del monte Tauros,
•o meglio dov'è oggi Augusta, i Calcidei di Theokles, che sap-
piamo venuti a Katane con le loro navi insieme ai Doriesi d^
Megara, si fossero divisi in due sub-colonie , Leontinoi e Xi-
phonia, scegliendo a preferenza Leontinoi di grande opportu-
nità per i possibili maneggi strategici con le trincee che si
elevano rimpetto all'Ionio, e Xiphonia per le operazioni ma-
rittime coi suoi vasti porti ai fianchi del chersonesos e pel
Tajpoc; àxpov di Tolomeo che le fti lieta corona ad Est, favo-
revolissimo per maneggi in caso di guerra.
Sovrattutto, quindi, venne abitata la penisoletta dov'è oggi
Augusta, per essere in mezzo al porto Megarese e allo Xi-
phonico : essa , con una ottima e ridente posizione , aveva
tutti i privilegi che, conforme alla tattica militare, potes-
sero mettervi la colonia in grado di resistere alle vicinanze
(ii guerra. Sarebbe stata non già come Thapsos , eh' è una
prigione e poco atta a difendersi ; ma , in circostanze di as-
sedio , poteva divenire poco più che una Ortygia , con a tra-
montana molti luoghi di scampo. Però , secondo una più
probabile congettura, par che essa debba aver avuto dappoi una
-stazione mercantile, e che forse le difendeva (V-IV sec), alle
falde del monte Tauros, ovvero poi avrebbe avuto rapporti con
le rive orientali e occidentali che rispettivamente fronteggiano
la città. La presenza di sepolcri che di quando in quando si ven-
nero scoprendo nel circuito della odierna Augusta, valgono ad
402 PRELIMINABt
attestar molto dell'essere un tempo colonia greca. Se cosi non
si ammette , neppure dovremmo tener conto dei resti che si
osservano alle falde del monte Tauros. Benché non sempre si-
cure e determinate le condizioni classiche degli avvenimenti
che si rapportano a Xiphonia e alla piccola Tauromenion , è
tuttavia certo che il porto di Augusta (ad Ovest) valse per gif-
affari commerciali e guerreschi ai Megaresi, ('he se anche Ver-
gilio , dopo varii secoli, chiamava col medesimo nome quello
di Est [Megaros sinus), da ciò devesi conchiudere che Xiphonia
dovette perderò man mano d'iiupurtaiiza e sparire affatto , io-
epoca che non possiamo determinare, per dar più campo alla
crescente grandezza della ormai siracusana Megara che avrebbe
forse dominato pure Tantico Xi|i^v Sc^wvero? dello pseudo-Scilace.
E quando il cons. Marcello nel 212 av. C. distrusse Megara,
fra i suoi abitanti, in quello sconvolgimento, molta parte det
superstiti dal disastro, con molta probabilità dovettero popo-
lare Xiphonia, cioè la penisola dov'è oggi Augusta. Nel capi-
tolo che tratterà dei martyres supra Megara in avrò occasione
di avvertire, sulla fede di qualche buona testimonianza, che-
anche l'antica Megara, pure dopo la presa di Marcello, e certo
fino ai primi secoli del Cristianesimo, ebbe esistenza, per quanto
con fama assai minore della precedente. La trattazione della
materia nei seguenti capitoli curerà di mostrar più chiara-
mente molti argomenti accennati in questa sintesi generale ,
con un apparato riguardante la letteratura bibliografica del-
l'assunto. Né, dopo lo schizzo su Trotilon e Xiphonia, riusciran-
no fuor di luogo taluni appunti sui fiumicelli Pnntakyas, Damy-
rias, Mylas, Selinus, Alabon, la cui ricordanza nelle classiche fonti
è spesso in stretta relazione con la storia delle vicine città
elleniche. Una controversia su quel che dice Stefano Bizantino-
intorno a Megara-Hyblaea ed altre notizie rispettivamente in-
teressanti saranno oggetto della mia attenzione. Trarrò a com-
pimento il nucleo di queste ricerche con un episodio di mar-
tirologio cristiano avvenuto presso il medio Pantakyas e re-
lativo a Megara, stantechè negli Ada vengono ricordati mar-
TKOTILON E TKOGILOS 4ll3
tiri supi-a Megaram^ e annoderò tale supplizio, eseguilo nel
238 , con un' iscrizione di fanciullina defuncLa Ilyblae nel III
secolo o quasi. All'argomento martirologico si connette ancora
la descrizione della grotta che trovasi un po' a N-W della
borgata Brucoli, degna di maggiore attenzione da parte degli
archeologi cristiani per alcuni dipinti dei primi secoli, non
certamente tutti del 249-251, come rapporta la tradizione, cioè
poco dopo il martirio mentovato e durante la persecuzione di
Decio, ma di età bizantina, per alcuna parte. E fino ad oggi
ben conservata la pittura della Vergine col Bambino, e oscuri
indizi di una scena battesimale e dei tre fratelli Alfio , Fila-
delflo e Cirino martiri di Leontinoi, rappresentati nella parete
dell'antro, accanto alla così detta * Mater Adonai', col quale
cenno chiuderò le mie indagini. E il lavoro fu da me fatto «pen-
sando che tra tanti uomini più capaci di me, italiani e stra-
nieri, niuno potea avere insieme lo zelo e le cognizioni locali
d'un siciliano » (1). So non che, bisogna pure avvertire il let-
tore che si è dovuto tante volte toccare un po' analiticamente
certi fatti e circostanze, a fine di agevolare nel tempo istesso,
e per quanto mi fu possibile, le persone di media cultura che
amano saper qualche notizia di storia patria.
II. Trotilon e Trogilos.
1. A circa nove km. da Augusta verso N-W, percorrendo
la via provinciale che mena a Villasmundo, fino alla contrada
Torre, detta volgarmente trazzera grande, e quindi passando
per la strada del feudo Arcile al piano inclinato del predio
Occhiali , si giunge alla valle di Marcauto , continuazione del
(1) Co! dire di M. Amaiu, Storta dei Musulmani in Siciliay I, Firenze
185 i, p. XXI.
404 TROTILON E TKOGtLOS
fiumicello Pantakyas, il quale, dopo aver percorso alcune terre
di proprietà del signor principe di Cerami, si getta a parecchi
kni. di distanza nel lato occidentale della borgata Brucoli. Di
questi ed altri notevoli siti si parlerà innanzi , specie in ri-
guardo alla toponomastica o per quanto vi si può osservare
di memorie archeologiche. Per il momento occorre fermarsi a
Trotiiou, e nella seconda parte di questo capitolo anche al con-
simile omonimo Trogilos, confusi da taluno: epperò Trotilon e
Trogilos sono i limiti del territorio odierno , o quasi , di Au-
gusta, e dentro di essi versano queste indagini.
Fabbricata presso alla riva destra del tiozoc^iòc, Ilavxaxuas
tucidideo, sopra una collina presso che circolare, che si eleva
all'estremo confine della ricordata valle di Marcauto, ove assai
basso è il corso del fiume, al presente stato la rocca di Tro-
tilon, che fu prima dei Leontinoi e nel V secolo incirca dei
Siracusani , rimane abbandonata e solitaria con molte rovine
di case e di parecchie basi edilizie che dovevano essere gran-
dioso fortezze e tempii. Conforme a quello che può oggi offrire
il desolante spettacolo a cui fu ridotta per mano nemica e per
posteriori saccheggi , suppongo che la sua popolazione , nei
tempi della maggiore prosperità , potè giungere , a non dir
molto, a quattro o cinque mila abitanti, accanto a quella della
prossima madre patria Leontinoi , che, nei secoli VI-V, rag-
giuFjgeva i trentamila (1). Operai conoscitori del sito parlano
pure di molti grossi macigni ad intaglio, che vennero fino a
ieri continuamente escavati da Trotilon e adoperati per Ibn-
damentali casine campestri costruite in vicinanza. Anche oggi,
per poco che se ne vogliano esporimentare i resti , si ravvi-
sano fortissime basi rettangolari di maestosi fabbricati, e spe-
cialmente nel lato settentrionale della distrutta cittadella parmi
Ci) Cfr. Bkloch, La pop. ani. di Sic. [in ' Arch. Stor. Sic. ' 1889] jipd
0. M, 0>LU.MHA , CoHlributu alla Storia dell' clemenlo calcidico d' Occi-
dunld — Arclieului/ia di LeorUini [Estr. dall'A. S. .S'., N. S. , a. XVI , Pa-
lermo i8Ul], pag. 15.
TROTILON E TllOOlLOS ! ' ' "•
ravvisare vestigi d'ingresso ad un tempio (ufjóvaoi;, npòòpo\io(; ?),
anche per il fatto che esso guarda verso Oriente. Vi è la conti-
nuazione, a volte interrotta, d'ambo i lati del suolo (stereobate)
che à; per la sua volta, un livello alquanto distante dal ter-
rapieno di sotto , in modo da trovarvisi avanzi di gradini ,
(àva^a6[jio''), mentre poi in direzione E-W seguirebbe bilateral-
mente il recinto (Tiep-'^oXo?) del tempio. Non è ora il caso di
potervi rintracciare, con la semplice osservazione, quanto di
archeologico si asconda in quel campo , nuovo agli studiosi;
qualcosa è certamente a vedere e imparare in quel diruto aspetto
per scorgervi un tempio od altro di simile. Ma , esplorando
pure il recinto della cittadella, moltissimi frammenti vascolari
greci nella più comune policromia armonica ed elegante, pezzi
di anfore e tegoloni vi sono sparsi, oltre al vasto sperpero di
intagli a varia grandezza che coprono il monticello Trotilon
per un circuito considerevole da potervi subito scorgere una
civile abitazione. Pure nel 1850 gli eremiti del santuario di
Maria Adonai, facendo sul luogo degli scavi fino alla profon-
dità di quattro metri, vi trovarono delle suppellettili che non
ho visto e non saprei se andassero poi interamente disperse (1).
Nella letteratura archeologica è Trotilon un campo intera-
mente vergine , e sarebbe ormai tempo che venisse soggetta
a qualche esplorazione, massime per sapere della sua necro-
poli, a rinvenir la quale non è supponibile che si giunga con
la semplice escursione di poche giornate, tanto più che poche
testimonianze, e di carattere anzitutto topografico e storico, pos-
sono addursi ora per una monografia del soggetto. Noto per-
tanto che a settentrione di Trotifon , presso al giardino e ai
mulini che sono giù alla valle, a distanza di più che un km.
si scopersero vario tombe da operai che vi facevano , pochi
(I) S. Salomone, Augusta Jlluslrala , Catania 1876, pag. 134: cfr.
Neofìlo — ossia cenno delle Grolle dal Greco alle fal'le del Monte Assia
in Sicilia, comi)ilalo da un Eremita, Augusta 1872, che è, nell'insieme,
•un opuscolo d'indole piuttosto ascetica.
40G TKOTILON E TKOGtLOS
anni addietro, il canalicolo per la noria che giunge al feudo
Cerami. Dopo la cacciata dei Megarei , i Leontinoi , fortifl-
cando Trotilon in riva al fiume, ne avrebbero fatto un uópyo?,
un serravalle di qualche importanza strategica, cambiato po-
scia in un comune a poco a poco ampliato.
* *
2. La più antica testimonianza che ricordi la fondazione-
di Trotilon è pregevolissima, massimamente se si consideri'
che Tucidide suol segnare a grandi linee generali le coste
orientali della Sicilia , ove menziona le ktiseis elleniche del
secolo ottavo. Dopo cinque anni dalla fondazione di Archias
in Siracusa e sei da quella di Naxos (1), Teokles e i Calcidei,
partendo da quest'ultima, fondarono Leontinoi , vinti i Siculi,
e quindi Katane (2). La narrazione dello storico Ateniese pro-
ci) Vd. G. M. CoLUMBA, o. e, p. 12 sgg.; E. Pais, Storia della Sicilia;
e della Magna Grecia, voi. I, Torino-Palermo, Clausen, 1894, p. 178; per
Thucyd. (VI, 4, 1) mi son valso dell'edizione Teubneriana {ilerum recoyn.
el praef. est. God. Boehme) , Lps. 1888 ; clV. A. Holm , Storia di Sicilia
ncW antichità, trad. Dal Lago-Graziadei, 1, Torino 1896, p. 243 ss. L'espo-
sizione di qnesti latti é accennata nel dotto lavoro MEGARA HYBLAEA
Storia topofirafia necropoli e analhemata per F. S. Cavallari e P. OrsI'
(Estratto dai 'Monumenti Ant. ' voi. I, punt. 4*, Roma 1892; vedi Ohsi,
Thapsos necropoli Sicula, Roma 1895 (Estr. d. ' Mon. Ant. ', voi. VI).
(2) È la sintesi di ciò che narra Tucidide, e che metto in relazione
con la cronologia, di cai nei ' Preliminari '. Egli narra [VI, 3, 1] ; ' EX-
Xr^voov Bà 7;p«òT0v XaXxiSfJc è? €ùpota5 TtXeùoavcsc \itxa. ©cuxXéou; oìxioxoD
Xdgov (pxtaav (a. 73-5 a. C). Indi parla dell'approdo corintio a Siracusa'
(VI, 3, 2) : Zupaxousa^ ti toù èxo|iévou «T0U5 (734) 'Apxtac "^^"^ 'HpaxX6i.8(bv
ex KoplvGou «pxtot, 2tx«XoÙ5 igiXdoac «pòiTov àx x-fj^ vt,ood (cioè da Ortygia).
Per la xxioi; di Leontinoi (a. 729) vd. tra ^\i altri, ps. Skymn., Ilepii^y.
p. 12 jitTà taOitt 8'4«è Ndgoo Atovxfvoi, cioè elio Theokles fondò Leontinoi
dapoiché ebbe lasciati nn buon numero di Calcidei per abitare Naxos.
Costoro erano in parte venuti pure con altri dell' isol.i di Naxos nelle
CyoUdes,, come riferisce Ellanico, forse spiegando cosi il nome dell»
TROTJLON E TROGILOS 407
cede chiaramente : « Verso lo stesso tempo (cioè in cui venne
edificata Katane da Euarchos) , Lamis , conducendo coloni da
Megara , giunse in Sicilia e si stabili in un luogo detto Tro-
tilon sulle sponde del fiume Pantakyas, e in seguito (partitosi)
di li, per un po' di tempo fece parte della stessa cittadinanza
con i Calcidei di Leontinoi ; però , cacciato poi da costoro ,
fondò Thapsos , ove morì. Ma gli altri (i suoi compagni Me-
garei), espulsi da Thapsos, e avendo loro dato il terreno il re
siculo Hyblon che fece pure ad essi da guida, fondarono la
città di Megara soprannominata Hyblaea *.
Le notizie fornite da Tucidide vengono a dichiararsi ancor
meglio « da due aneddoti, come dice il Pais, derivati da fonti
alquanto antiche e conservati nell'opera di Polieno ». E questa
fonte ancora, in parte, e a maggiore conoscenza dei fatti, ver-
rebbe supplita da Strabone, benché alquanto erroneo. L'Ama-
siota infatti, sulle orme di Eforo, racconta i primordi dell'ele-
mento calcidico nella Sicilia Orientale con la circostanza che
« Theokles Ateniese, portato nell'isola dalla forza dei venti, vi
avrebbe scorto la rozzezza degli indigeni (i Siculi) e la bontà'
del suolo, e che poi , tornato in patria , non potendo indurre
gli Ateniesi (a fondarvi loro colonie), scelto un gran numero
di Calcidei dell'Euboea ed alcuni Joni, oltre a Doriesi, la mag-
ktisis siceliota [cf. Erasmi Vindigii Ellen in J. lìRONOvir, Themurus-
antiq. (jraecar., XI, p. 545]. Per il complesso di queste ktiseis riferisca
il tratto dello ps. Skymnos, IIspti^Y- vv. 270-77, conforme al noto strabo-
niano
63X6 "óXs'.f, (05 '^aotv, arò xcbv Tpto'.xiw
8exGÌTiQ Ys'^sqi iisii xaùxa, SeoxXéo'jj otóJ.ov
Tzapx XzXy.iSécov Xa^óvio?. xtjv Vohxo^ '(iwii
èv. Tà)V ^AGy,vfi)v, xxi auvf;/.0ov, (bg Xóyos,
"lotìvef, 6ixa Atopisij cixY,tGpeg.
OTCcosctìc 5'èv aùxotc -(&\o\ii'vy}i;„ ci XaÀy.t5e!j
xtJoo'Jot Nccgov, ci M£Y*psic 2è ttjv "Y^/.av.
408 TKOTILOJJ E TBOGILOS
gior parte Megarei, avrebbe intrapreso la via del mare; cosi
i Calcidei sarebbero stati fondatori di Naxos e i Doriesi di
Megara, detta prima Hybla ».
Nessuna meraviglia deve arrecare, nel processo di questa
tradizione, il fatto dell'andata e del ritorno di Theokles dalla
Grecia verso la Sicilia, specialmente che l'Jonio, come TEgeo
ed il Tirreno, erano, dopo le audaci escursioni fenicie e car-
taginesi, si frequentemente traversati da navi elleniche, giac-
ché i Greci, audaci sul mare e alle coste mediterranee, anche
prima delle colonie nostre (1), avevano stabilito lor sede a
Cume {?•). Ma questo argomento viene escluso dalle nostre ri-
cerche. Quel che più importa è il tragitto operato da Theokles
per la via di Naxos a Katane; giacché, mentre nel racconto
dell'Amasiota si espongono i motivi dell'emigrazione verso la
(1) Thucyd. vi , 4 , 1: xaxà Se tòv aòiòv xpóvov y.xì sx Msyapwv à7:oix£av
àytov è; S'.xeXiav àcpJv.sxo, xai •.zip Jlavxaxóou zs 7zoxa.\ioò Tpió-iXóv xi
òvojia x**P'^^ oixiaag xal Soxepov aùxoOsv xoig Xa?»xt8e5oi sj Asovxivou; òXSyov
Xpóvov gujinoXtxsóoac, xat òtzo aùxcov dx:iecà)v xal Soctjjov oìxioas aùiòg [.lèv &ko-
evTjoxe'., 0'. 8'àÀXoi ex xf^; Bd'^oi) àvaoxavxsj 'YpXwvog paotXéo); ZtxsXoO izpo-
8ÓVX0S xYjv xwpxv xaì xa6r^Yr,aa}i£vou MsYapéag cpx'.cav xoùg '^YpXaifcuc xXtj-
6évxas.
Strabox. vi, 2, '^ [p. ".^(^7 C] : 6soxXéa 8"A9Y]vacov TiapsvsxOévxa àvéjiotj
«Ì€ xTjv S'.xeXtav, xaxavor^oa'. xt^v xe oùSévetav xòiv àv^pwTicov, xal xì^v àpexrjv
"^i y^i ' èrtaveXGóvxa 8è 'A9Y]va{cug |ièv jiirj Tteioxt, XaXxt8éag 8è xoù? èv €ù3o(qs
ew>xvo'J5 zapaXa^óvxa , xai •ctb'v 'Iwvwv xivas , ext 8è Awpiécov oi nXetou; ■^aav
Mt^apets, r.Xtùoac • toO; (ièv oùv XxXxiJéa; xxioa'. Ndgov, xoù^ 8è Awpiéac Mé-
Yoepa, tijv 'YpXav «pótspov xaXounévyjv.
(2) Cf. Stra». V, 4, 4 Cp. 243) : xaOxaic (uóXsoO S'ècpegflc èaxi Kunrj ,
XaXxi8i(i>v xal Ku(ia{a)v naXatóxaxov xxla|ia , 7iaoù>v ydp soxt Tipso^uxaxv) xòiv
•M Iix<Xix(&v xal xi&v 'IxaXi(oxl8a>v. Le città elleniche, che più delle altre
ebbero importanza storica mandando colonie in Sicilia, furono Calcide
(t3 o 14) e Focea (12); ma da quello colonizzazioni non si ebbero che
piccole fattorie, so si toglie un piccolo numero di sedi meglio popolate:
l'elemento calcidico in Sicilia era considi-rato come un yévoc x*^»' 'i***^^»
o solamente tò x«Xxi8ixóv, e rappreuenta la razza ionica accanto alla do-
rica (CoLUMBA, 0. e, pg. 3-4, n. 2).
TROTILON E TKOQILOS 409
Sicilia, coi nomi delle stirpi elleniche che vi approdarono, pei*
ragione della fertilità e di una probabile supremazia sull'inetto
popolo siculo, Stefano Bizantino, pur attingendo alla fonte stra-^
boniana, aggiunge una nuova particolarità, col sussidio della
quale si può giungere a determinare meglio la ktisis di Tro-
tilon : — a v. Kaxàvy; . . . xaié^Tj Tipo? xòv 'A|jeXiavòv iroxafiòv ^
OeoxXéou? ToO Xxk'AiUtjìq vaO<;. Se sull'autorità di Stefano, Tbeo-
kles veleggiò fino all'Ameliano o Amenano (ora ludicelló), quel
fiume che scorreva per Katane ora ingrossando ed ora riti-
rando le sue acque, siccome avvisano Ovidio e Strabone, ciò
è segno che 1' Amasiota ha appreso dalla tradizione la cono-
sciuta navigabilità di un piccolo fiume al pari del Terias e
del Pantakyas nell'agro leontino, notizie che interessano pet*
la storia delle relazioni commerciali calcidiche. Con Strabone
e col lessicografo bizantino abbiamo cosi un nuovo sostegno
per dichiarare vie meglio che da Naxos fino a Megara , il
gruppo complessivo delle colonie di Theokles, distribuendosi,
fece delle altre fermate intermedie nella pianura del fiume
Symaithos (Katane , Leontinoi , Euboia colonia posteriore di
Leontinoi), donde poi, col sussidio tucidideo siamo condotti alla
stazione di Trotilon (1).
Segue inoltre, per più ampii e diretti particolari, Polieno,
secondo il quale Theokles occupò Leontinoi, patteggiando coi
Siculi che non li avrebbe rimossi (2). 1 Megarei intanto e i
(1) Vd. CoLuMBA, p. 4; ci", p. 6, ove avverte che da Naxos muovono i
fondatori di Katane, Leontinoi e Kallipolis. Il passo di Strabone, ove trovasi
menzionato l'Amenano, é [VI, 3, 13]: xaGànep Tispt toO 'A|ievdvou oufipaiveiv
tpaot, T&'j 5ià KaxavTrjj ^iazo^ • sxXednei yip èr.ì ■JioXÀà ìttj, xal ndXtv ^st: cf.
Pind. Pylh. I, 57 'Ap.iivac; Ovid. Metam. XV, 279-280 [vd. (Jluver, Sicilia
Antiqua, I, 9; Holm, Stor. di Sic. I, p. TI] :
' Nec non Sicanas volvens Amenanus arenas
Nunc fluit, iiiterdum suppressis lontibus aret '.
* (2) PoLYAEN. V, 5, 1-2; cf. Pais, 0. e, p. 179, 595; Holm, o. c, p. 271,
alla n. 18, TpmiXov.
tlO TROTILON E TEOGII.OS
Beoti di Platea desiderano congiungersi con lui che, non po-
tendo violare i patti siculo-calcidici, con uno stratagemma fé'
entrare a Leontinoi i Megarei i quali avrebbero cacciati i Si-
culi per prendere il loro posto. Ma di poi, col pretesto di una
sacra processione in onore xoìc, SwSexa %-s,olc, (1), stante la presa
della città , Theokles fé' prima compiere il sacro sito ai Me-
garei. Prese quindi da loro le armi i Calcidei per eseguire
ristesso rito, Theokles per mezzo del banditore ordinò ai Me-
garei inermi lo sgombro da Leontinoi prima che tramontasse
il sole. Dopo ciò, appena fu loro concesso dai Calcidei di abi-
tare a Trotilou per un solo inverno.
È sopratutto a osservare come non vada interamente al-
l'unisono Tucidide con Strabone , che pure ebbe molto a va-
lersi di lui. Secondo il sommo storico Ateniese Thukles (p.
Theokles) e i Calcidei di Naxos (fondata già nel 735) partendo
verso sud sei anni appresso (729) per fermarsi a Leontinoi, dopo
avere spinto i Siculi a guerra, popolano anche, vicino agli
•stessi , Katane (2). Sicché Leontinoi e Katane furon contem-
poranee del 729. Dallo stesso Tucidide è poi manifesto rilevare
come xaxà Zh lòv autòv Xf^ivov , Lamis (3) condusse coloni da
Megara in Trotilon, e che poi partecipò insieme con essi della
cittadinanza leontina , dove già erano stabiliti i Calcidei , per
esserne indi a poco cacciato. Così Trotilon sarebbe stata abi-
tata poco dopo Leontinoi, e forse nello stesso anno 721).
(1) PoLYABN. V, 5, 2; cons. Golumba, p, 16 e n. 5.
(2) Thuctd. vi, 3, 3 : OouxXfjc 9è xal ol XaXxiSfjg àx Nolgou ópiiYjGévxeg
*it«i néjmxq) fi«tà Zupaxoóoag (a. 734) otxioeévxac AeovxJvoug te T:oXé|i(p xoò;
.ZixcXoùc àgtXdoavxcc, oMt^ooai xal (lex* aòxoù; Kaxdv¥]v.
(3) Dal che si vede quanto sia esatto Tucidide per aver distintamente
menzionato I^mis oichista di Trotilon e poi di Thapsos, ed Euarchos di
Kataiuj (VI, 3, 3J : oìxioxtjv Si aùxol Kaxavalot ènoii^oocvxo EOapxov , al con-
trario di Strabone che non sempre individualizza le diverse ktisois della
Sicilia orientale. Per la Zankle (calcidica), tbndatrico, alla sua volta, di
■RbcKion, Mylao, Himera, Metauros, e pel dominio dei Calcidei in Sicilfa
■ul porthmoB, cfr. Columba, p. 6.
TROTILON E TROGILOS 411
Secondo Slraboiie, che non fa menzione di Lamis, il mag-
gior nunjoro della spedizione di Theokles sarebbe stata di Gal-
cidei e di alcuni Ioni, con molti Doriesi di Megara. Dove dunque
l'arrivo di Theokles in Sicilia precedette di sei anni quello di
Xamis , per Strabone fu tutta una spedizione complessiva di
Calcidei, Ioni e Doriesi di Megara. Dando maggior preponde-
ranza a Tucidide, il quale, nella sua concisione, lascia giungere
-a miglior segno, sarei d'avviso che realmente più grande e
numerosa fu la spedizione calcidica di Theokles, di quanto non
sia stata poi la rnegarica di Lamis. E potè essere anteriore
r arrivo di Theokles in Sicilia anche pel fatto che egli , non
ancora sbarazzatosi dei Siculi [ZixsXoi] antichi indigeni, avrebbe
ricorso allo stratagemma narrato da Polieuo per provvedere
al sicuro e indipendente stabilimento della propria colonia, che,
per essere rimasta con a capo il principale condottiero del
nucleo calcidico , doveva essere senza dubbio più forte e nu-
merosa di quelle fermate a Naxos e a Katane lasciate indietro.
Lamis allora , coi Megarei del tutto nuovi nell' isola , non a-
vrebbe trovato in Leontinoi, già sicura conquista dei Calcidei,
un terreno molto propizio allo stanziamento e alla concilia-
zione. Si sarebbe quindi messo in condizioni dubbie, e ciò gli
produsse un piccolo ritardo per ottenere una propria sede.
Infine, non vale il dire con Strabone che Theokles era Ate-
niese, giacche Calcidese lo chiama Tucidide, Polieno e Stefano,
e forse, se pure non errò davvero l'Amasiota , nei codici an-
drebbe letto XaXxiSea dove nei lesti leggesi 'ASrjvarov (1). Ma,
(1) Se pure non è cosi, certo la tradizione di Etbro, accolta da Stra-
bene, vien ritenuta come erronea: v. Golumba, p. 4, n. le p. 10. — Cfr.
il Thapsos di F. S. Cavallari (Pai. 1877), e Holm , Storia di Sicilia, I,
p, 271 , n. 18. Per la letteratura archeologica non sono a dimenticare :
Kekulè, Die Terracollen von Sicilien, Berlin 1884, p. 7 ss.; Cavallaki,
Le terrecoUe figurate di Megara (in ' Boll. d. Comm. di ant. e b. a. di
Sicilia ', 1873, n. 6); id. Su alcuni vasi orientali con figure umane rin-
venuti in Siracusa e Megara Ibi., Palermo 1887; Orsi, Notizie Scavi, 1889,
p. 41 ss. ed altri contributi notevolissimi che si riferiscono alla paletno-
logia e specialmente all'arte greca vascolare delle regioni in discorso.
41.2 TROTILON E TROGILOS
d'altro canto, Theokles e i Calcidei che, dopo aver sostenuto
una guerra {TzoXé\iM xoù? StxeXcb? i^eXàaavxe;, Thuc. 1. e), avevano
finalmente presi accordi coi Siculi per abitare a Leontinoi in-
sieme con essi già anteriormente stanziativi , si servì dell' a-
stuzia per disfarsi di loro, avvalendosi della inconsapevolezza
dei Megarei e di questi ancora un'altra volta, dopo che essi,
arrivati in Sicilia per mutar fortuna e attratti dalla delizia
della regione, come i Calcidei (1), potevano essere di ostacolo
al loro ampliamento coloniale nella metropoli e nei dintorni
leontinoi.
Una discordanza è tra Tucidide e Polieno , avvertita dal
Pais (2). Il primo fa giungere i Megarei a Trotilon, indi a Leon-
tinoi , poi a Thapsos , e finalmente ad Plybla ; Polieno invece
narra che essi siano andati a Trotilon per un solo inverno,
|jiiXpt évo; x^i[i.(b\o<; , dopo la stratagemma di Theokles per cui
vennero espulsi da Leontinoi. Ma, per un criterio adottato dallo
Schubring e dal Pais (3), e che l'Holm giudica poco probabile,
il testo di Polieno è corrotto, e allora in luogo di TpwxcXov si
dovrebbe leggere Si^lioy. Giova intanto riferire il passo di Po-
lieno, che, attingendo forse a Timeo, dice, oltre all'aneddoto
di Theokles, (V, 5, 2) : xr,(; Aeovxfvwv èxTteaóvtes (cioè ol Msya-
pels) T p w T i À 0 V xaBtóxYjaav ^éxpt évo? X£t[A(T)vo? • [léXp^ yàp touxou
ouveX'ijpi^aav oi XaXy.ibeZq. Ma pare più attendibile l'opinione del
Columba, secondo il quale i Megarei sarebbero andati a Tro-
tilon e poi a Thapsos, per la circostanza che, ove Polieno ac-
cenna fino a qual tratto estendevasi la sovranità ed il terri-
torio leontino-calcidico (ouveXwprjaav) , è evidente che non si
devono passare i limiti di Trotilon, atteso quanto prima di lui
aveva detto saggiamente Tucidide.
(1) Pel Leontinoi Calcidei v. anche Thucyd. Vi, 76, 2 xal AsovcCvtov [lèv
XoiXxt8é(Dv òvxtov, e VI, 79, 1 XaXxtMa^ òvtac Aeovxivouc; ci*. VI, 4, 1 citato.
(2) Fai8, Hicilia e M. G., o. e, pg. ITD-IHU; clr. Holm , Storia di Si-
cilia^ p. 2^(0, ove mette la ronUazione di Tiotilou al 728 a. C.
(3) Vd. Holm e Schubking apd Pais, o. c, p. 595, e Columua, p. 41.
TROTILON E TROGILOS 413
Non comprendo però come il eh. prof. Columba nel suo
eccellente lavoro 'Sull'elemento calcidlco in Occidente' (1),
conformemente a quanto si vede nella piccola Geografìa del-
rHolm, abbia collocato Trotilon nelle collinette del villaj^gio Bru-
coli 0 Bruca, con la sua breve rada dal lato di Est. Quel che
rimane per decifrare la topograiìa di Trotilon è il breve passo
di Tucidide e i tratti diruti nel sito descritto. Lo stesso Tuci-
dide narra che Lamis si fermò uTisp IlavTaxjcu -rs uoxxijloj Tp.ó-
TtXov {l. <?. VI, 4, 1), e non vi trovo molivi sicuri per rico-
noscere Trotilon sulla penisoletta di Bruca (fra il Pantakyas
ad Occidente e la sua rada ad Est). Ma, dicendo ÓTièp IlavTa-
xóou, Tucidide ha voluto signiflcare al di sopra del fiume, cioè
(1) Vd. p. 12, 18 , 51 e tav. topogr. I la Leontine, tav. II Trotilon e
dintorni ; cfr. Holm , D. Geogr. antica di Sicilia , nella relativa Carta
comparativa. Con ciò non si esclude che 1' agro leontino dovesse esten-
dersi a mezzodì Ano al Pantakyas, opportuno ai carichi di grano, e al-
l'odierna rada di Brucoli che fu, anche in tempi posteriori, un impor-
tante caricatore di frumenti : cfr. Columba, p. 3ó, 41. È notevole, presso
al promontorio, un castello inalzato da Giovanna, moglie di re Giovanni
di Navarra e Sicilia dopo il 1466, e donato a Giovanni Bastida con Bru-
coli, il caricatore e la rada. Delle tre iscrizioni che vi erano affisse, due sono
scomparse con buona parte dell'ediflzio. Quella che resta è stata meglio
ripubblicata dal Columba, p. 52, nota: — Regina. Siculis. diva, regnante.
Ioanna — Aedita (sic), suìn. Bruculae. frugum. custodia, turris — et
Bastida. vocor. quoniam. Bastida. Ioannes. — Me. fieiH. fedi, sumpsi.
quoque, nomen. ab ilio. — Gli storici antichi della Sicilia riferiscono altri
due distici epigrafici cumulativamente, ma, essendovi un contenuto di-
verso, essi mi sembrano da doversi riferire separati :
[1] : ' Bellipotens Bruculam Rex Caesar Reginae Joannae (sic)
Donavit, portu, iuribus, arce, situ '.
[Il] : * Sunt tercenta minus cum iam tot lustra fluebant,
Et Romae Paulus Papa Secundus erat '.
Cons. tra gli altri. Di Blasi, Storia di Sicilia, li, 7; P. Pinto, Invito
alla camjjagna di Megara, Augusta 1867, p. 12, n. 1; S. Salomone, Aug.
lllustì-., p. 132: — [Paolo II Barbo pontificò 1464-1471].
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 27
414 TROTILON E TROGILOS
sul monticello che fiancheggia il suo corso medio (cava di Mar-
cauto), di quella raaniera, per esempio, con cui Erodoto, [VI,
105, ed. H. Kallenberg, voi. II, Lps. 1885] avverte che Tispl xò
IlapSév'.ov 5po; ih òizkp Tayér^b ^ Hàv TztpmiTz-zti. E, per altro, che
sarebbero state nell'antichità ellenica quelle fabbriche dirute e le
innumerevoli tracce di frammenti vascolari greci sul monticello
a destra del f. Pantakyas? Quest'ultima è la massima testimo-
nianza per dar buona ragione a Tucidide, il quale pone Trotiloa
nell'altura che vien gradatamente inalzandosi, tra rupi e val-
loncelli, fino al sito in discorso, cioè uTcèp Eavxaxuou no-
xafioO. Dell'essere poi Trotilon un edifizio turrito presso il fiume
si hanno esempi anche in Oriente per opera di Dario contro
i nomadi del deserto : òxtÒ) xec'Xea ixdXtt [leyàXa laov àu'àXXi^Xwv
àKéXovxa [Herod. IV, 124 apd Sittl , in Rlv. di Storia Antica
e Scienze afflili, 1897, fase. 3", p. 68]; e ciò, per Trotilon, era
a vantaggio dei Leontinoi che stavano un po' più dentro
terra (1).
*
* *
3. Gli esposti avvenimenti procedettero molto probabilmente
nel 729 a. C, la data più comunemente accettata, vale a dire
cinque anni dopo, come fu osservato, da che il corintio Archias
ebbe fondata Siracusa. Strabone [VI, 2, 4; p. 269] : xà^ 5à Su-
paxouoo^ 'ApX^a? |ièv Sxicasv ex KopfvGou 7iXeuaa<; uepl Tobi; aùxoù^
Xfivou;, oli J)xto0rjaav xal fj Nà^o; v,a\ lòc Méyapa. Delle rapide
generalità con cui 1' Amasiota racconta lo svolgimento delle
ktiseis greco-siceliote fu detto prima; ora si scorge che Sira-
cusa, agguerrita fin da' primordi della sua esistenza, si av-
viava mirabilmente per essere pericolosa alle vicine città. Tu-
cidide, nel passo allegato [VI, 4, 1], è molto prezioso per le no-
(1) Il Pais, Alahta (Pisa, 1891), p. 57, inettn Trotilon più vicina a
Laootini; cfr. Omi , Mepara, p. 5, che dice : « il quale luogo (Trotilon)
retta ancora controverso ».
TBOTII/ON E TROaiLOS 415
stre indagini anche per esser vissuto nel V secolo a. C. Dili-
gente nelle sue affermazioni, e ciò a poca distanza dalla colo-
nizzazione greca nella Sicilia orientale, presenta Lamis fonda-
tore di Thapsos, ove mori (àuoBvf^(Jx.tt) dopo l'espulsione sof-
ferta dai Calcidei-Leontinoi : xal òkò aòxwv (XaXxiSswvj èxTieawv
Cosi a TrotiJon, che sarebbe stata di qualche anno o poco
più anteriore alla ktisis raegarica di Thapsos e Megara Hy-
blaea, successe una serie di peregrinazioni che non hanno su-
bito termine. La gelosia dei vicini Siracusani, che, per essere
di stirpe dorica, non dovevano guardare di buon viso i pro-
gressi dei Megarei nella costa che padroneggia il ridente e
vasto porto di Augusta, e Finimicizia rivaleggiante e superiore
dei Leontinoi scacciò anche da Thapsos i Megarei , e allora
Megara resta dal 728 la sede definitiva degli espulsi coloni,
quando il re siculo H-yblon viene in loro soccorso (1). Basti
ricordare come in altro luogo Tucidide (VI, 94, 1-2), riser-
bandosi di riferirne il contrasto come un portato della tra-
dizione , accenna altri fatti posteriori della lotta tra i Doriesi
di Siracusa e i Megarei di Hybla, ou; ini réXwvòc toO xupàvvoo,
waKsp xal Tipéxepóv |jloi eTprjxai, àvaaxT^aavxes Supaxóaioc aòxol SXo^o^
xr]v Y^^v: segno questo che, per essere arrivata Siracusa nei pri-
mordi del V secolo ad impadronirsi di Megara, le mire della
espansione siracusana poterono realizzarsi solo quando i Me-
garei di Hybla, resi presto imbelli, forse per la deficienza degli
aiuti siculi, dovettero soggiacere alla prospera metropoli di
Sicilia che aveva da trarne vantaggi economici, mercantili e stra-
tegici al nord della frontiera dell'Epipolai. Oltre a ciò, i forti
di Trogilos, Kalauria e Leon, che furon poscia rizzati nel de-
clivio della collinetta che fiancheggia l'Epipolai, il castello Lab-
el) L'Orsi prova (Megai-a, p. 6-7, nota) con le scoperte archeologiche
-che i Dori abitarono Ja loro Megara del piano, e i Siculi la Hybla del
^monte, d'onda poi si uuitìcò il nome Megara-Hyblaea.
416 TBOTILON E TKOGltOS
dalon, TEuryalos, THexapylon e Akradine, nonché la penisola
di Thapsos e la rocca di Styella tra il f. Cantora {Selinus) ed il
Marcellino {Mylas) a N. di Megara, tutti no<tevoli per essere valsi
da forte difesa prima che il nemico potesse penetrare nell'acro—
poli di Siracusa, sono siti della massima importanza, dei quali'
dovevano avvalersi i Siracusani fino a che il con». Marcello nel'
212-211 non li superò audacemente. Ma di questi sarà fatta
menzione altrove. Per tornare a Trotilon , niun' altra notizia^
classica, tranne Tucidide e Polieno, ricorda le ulteriori vicende
di quel Xwpt'ov. Dall'insieme del materiale diruto però si rileva
che la cittadella continuò ad essere, fin dopo assai la cacciata
dei Megarei, una rocca di Leontinoi e poi di Siracusa, prima
0 durante la guerra del Peloponneso (414-413). V'ha memoria
in Tucidide , secondo cui gli Ateniesi da Katane xa-clTiXs'jaav/
Ito HsY^piov twv èv StxeXfa.... xal èXOóvxeg lui epunà xt xwv 2u-
paxooiwv xal oùx IXévxes (1). Ora il forte in parola che, per esser
chiamato Iputxà xc, non doveva forse aver più la importanza di
prima, « è assai probabilmente il Trotilon, che dopo la incor-
porazione del territorio leontino al siracusano apparteneva a
Siracusa ». Del resto il totale silenzio che ne fanno scrittori
greci e latini, in rapporto ai ruderi che fino ad oggi vi si os-
servano, dà a credere come indubitato che la storia di Trotilon
si sia confusa con quella di Siracusa e con le sorti di essa
alla fine del terzo secolo a. è. v. E certamente, sebbene nulla
in proposito sia detto da Livio e Plutarco, e niente si ricavi
dai frammenti diodorei del 1. XXVI intorno alle condizioni
fi) Thucyd. vi, 94; cf. Columba, Archeologia di LeotUini, o. e, p. 51
(ottima interpretazione per la continuità dell'esistenza di Trotilon). Dif-
ferente é la versione del prof. Orsi (Megara Hgòl., p. 15), che crede quel-
l*ipQ|ii TI Tfi)v 2upaxoo((i)v sia stato Megara. * Si deve certo, egli dice, a
questa retiiston/.a , l'aver scelto gli Ateniesi durante tutta la campagna
eome stazione della flotta la vicina Thapsos, perché, interposta al cherso-
neso di Ortigia ed a quello di Xiphonla, taglia>.va lo oomunioazioni di Si-
racnsa colla piccola fortezza megarese*.
TBOTILON E TE0GIL08 417
imposte dai Romani alla vinta Siracusa, dopo il trionfo di M.
Claudio Marcello nel 211; come tutte le città furon prese e
saccheggiate da quel valoroso console che fu chiamato ' la
spada di Roma ' , e tutti i forti che egli ebbe ad incontrare
ira. Leontinoi , Megara e Siracusa , cosi anche Trotilon , forse
ridotta a minore importanza demografica per una certa lon-
i;ananza da quella metropoli, dovè cadere per opera dello stesso
Marcello. Non esiterei quindi a ritenere che la rovina del Xwfc'ov
TpwTtXov sia proprio avvenuta nel 212 o 211 a. è. v., cioè al-
quanto prima di Siracusa. Difatti racconta Diodoro (1) 5xt tQv
Hupaxouatwv [itxcc tJ)v àXwaiv xf^g róXswg àTravnrjaàvxwv MapxéXX(})
|xe0'^/C£xy]pfa5, xà)v |xèv èXeuBipoìv £(fTj awjiàxwv ^etoaaOac, xà; 5à xxr,-
aets àrtxaa; ScapTràaac. Tutt'al più, dando buona fede al testo dio-
doreo, è molto probabile che Trotilon con tutti gli altri luoghi
acquistati (xxvjcen;) e non ancora distrutti, fu saccheggiata dopo
"^Siracusa, |xexà xr^v SXcDutv xf^; TcóXewg [Supaxo'jatwv]; mentre i suoi
abitanti, rimasti liberi (èXeóBspa ow^axa) ma senza la patria, or-
mai perduta, avrebbero popolate ed in parte riedificate le vi-
cine città.
*
4. Se non che giova, rettificare Terrore in cui cadde, per ef-
fetto della omonimia, un commentatore di Stefano Bizantino (2),
Tomaso De Pinedo, della fine del sec. XVII. Il lessicografo dice,
tra altre notizie estranee al nostro assunto, TpwYtXo;, Xwpa ^v
(1) DiOD., Fragni. 1. XXVI, exc. de Vìrt. et Vii., p. 569, III.
(2) Vd. Stephanus [Byz.] de Urbibus, quem primus Thom. de Pinedo
Lusilanus Latii iure dotiabat etc.y Amstelodami 1678, s. v., p. 669 Tptó-
yiXoi;. — De Pinedo , movendo falsamente sulle tracce del passo tacidideo
'da noi studiato (VI, 4, 1), annota: « perpera?n apud Thucyd. legitur Tpeó-
-xIXov prò TpwYiXoc, Sic enim idem eodem loco paulo infra vocat liunc
docum»; ma cf. Gluveuio , Sicilia^ I, 11-12 , e Holm , Storia di Sicilia
-neW antichità, I, p. 44.
418 TROTILON E TROGILOS
StxeX^.... TÒ I0VIXÒV TpwY'^co; xal TpuiyiV.a. Nella confusione in cui
versa l' editore portoghese , giudicando TpwxtXov* errore per
Tpa)Yi).cs, si osserva pure che egli, anche accennando a Livio
(XXV, 23), Cluverio , Arezzo e Fazello, che lo collocano in
luogo ben diverso dal Trotilon tucidideo, mostra dì non aver
letto o'per lo meno di non avere diligentemente studiato la
topografia di Siracusa e dei suoi siti settentrionali, per come
sono esattamente accennati dall'autore della storia peloponne-
siaca. Tanto Trotilon che Trogilos sono ciascuno per sé un Xwpfov, .
vicus, ma quello è al confine nordico e questo a sud, nel campo
delle nostre ricerche. Chi guardi, tra le altre, la ' carta topo-
grafica comparativa della Sicilia* del prof. Adolfo Holm e
quelle del Columba avverte che, se Trotilon è presso alle rive
del fiume Pantakyas , con quella postura che fu scorta, cioè
un po' a N. di Augusta (a un sei km.; ma, secondo me, a N-W,.
a circa 9 km.), Trogilos al contrario è opportunamente messa
a sud di Thapsos, tra questa e Siracusa, in fondo a quell'in-
senatura del m. Ionio che vedremo di chiamarsi con Livio
portus Trogilorum (o con altri codd. Trogiliorum). Aveva
quindi ragione Filippo Cluver di avvertire la diversità topo-
nomastica e topografica di Trotilon e Trogilos; infatti, per
questa seconda regione o rocca si ha una moderna corruzione
nella denominazione Targia, cioè Tex-feudo il quale si distende
tra il Labdalon ad Oriente e il campo dei Romani con sopra il
forte di Leon ad Occidente, dove il litorale inferiore ha preso
il nome di Stentino, corrispondente al porto dei Trogilii menzio-
nato da Tucidide e Livio (1). L'identificazione si desume con molta
evidenza dalla narrazione Tucididea in quel che concerne la
(\) É snperllao notare per la regione settentrionale di Siracusa il dotto
lavoro di Hoi-m-Cavali.ari, Topografia archeologica di Siracusa, Paler-
mo 1883, oltre l'Atlante e V Appendice. Fer la vicina Magnisi , oltre la
monografia del dott. Orsi , vaol essere menzionato : F. S. Cavallari,.
Thap$o$. ApjK'ndicc alla memoria: Ledila e le opere di escavazionc in>
Sicilia anteriori ni preci (in • Arch. St. Sie. ' del 1877).
TEOTILON E TlIOOILOS 419
spedizione ateniese in Sicilia [414-413J. «Alcuni tra gli Ate-
niesi,—è Tucidide che parla (1) così — costruiscono una trincea
air intorno verso tramontana (tra V Epipolae e Megara) , altri
accumulando pietre e legni le portano al così detto spesso Tro-
gilo, nello stosso modo con cui benissimo era ad essi avvenuto
il trinceramento dal gran porto (di Siracusa) all' altro mare
(il porto piccolo, Aàxxiog, a N-E del quale comincia Akradine »).
Indi Tucidide discorre di un muro ch-^ i Siracusani avrebbero
costruito vicino a quello degli Ateniesi, uscendo dalla loro città (2).
Per comprendere come i Siracusani si avvicinassero agli Ate-
niesi presso Trogilos, ai piedi dell' Epipolae, basti por mente
a quest'altro passo (3) di Tucidide : — « Avendo così (i Sira-
cusani) cominciato in modo da uscire dalla loro città , fecero
la fortificazione dal disotto delia cinta ateniese, conducendo
un muro trasversale , estirpando ulivi dal terreno e facendo
torri di legno (a causa della sollecitudine , come gli Ateniesi
avevan fatto la loro trincea con pietre e legni). Non ancora
le navi ateniesi (movendo) da Thapsos avevano navigato in-
torno verso il gran porto, epperò, anche i Siracusani li sovra-
stavano lungo il mare, quando gli Ateniesi fermavano l'occor-
rente sopra terra fuori Thapsos ».
(1) Thuc. vi, «9, 1: xal fg Ooiepa^? et |ièv izsiyiiZo^ Tà>v 'Ae»]va£cov iò Tcpèc
Bopéav ToO TtuxXou tsìxoc, ol tè. XiGcuc xai g-JÀa gufii^opoOvTec r^apé^aXXov è«l
Tòv TptDytXov, xaXoóiievov dcei, ^r.sp ppa^óxaiov ÈYiyvsTO aùxotc ex xoò mya^ou
Xt^iévo; èni tyjv éxépa'^ GccXaoaav -co àjlOTsixtofia,
(2) Thuc. VI, 99, 2: 5::oTeix'Ceiv 8è àjieivov èSóvtei (ai Siracusaiiij elvoct
■J èxeivoi (gli .Ateniesi) Sn«XXov agstv tò Tet^og. Il sottostante ' Porlus Tro-
gilorum' è pure indicato da Livio al XXIV. 3", 9, cioè: (con a capo Bò-
milcar)..., t classis Punica litori , quod inter urbem (Syraousanorum) et
castra Romana erat, adpulsa est... ».
(3) Thuc. VI, 99, 3-4 : §Teixi*ov o5v èSsXeòvc£g àr.ò Tf,; O'^e-cépa; nóXecof
àpgifievoi, xatcoOsv xoO xuxXou [cf. per quello aten. VI, 99, I] xojv 'Atìr^vaiwv
èYxàpoiov xetxo; àyov-s; , xdg xe éXoiag èxxómovxes xoO xs|iévou5 xaL guXtveuj
v.aOtJxavxeg . al ti vf;e; xwv 'AGTjvaCwv o'jtko ex xy,? Bacj;ou nspisTTETrXeuxEoav è{
xòv iJLÉYav Xt^iéva, àXX' exi ol iupaxóoioi èxpàxouv xàv |i6pi xt]v O'dXaooav, xaxdi;
Y*;v 8' ex xfjc Oottj'ou ol 'AOrivaiot ti ènixi^Seia siti^YO'^'co-
■420 TROTILON E TROGILOS
Dove dunque Tucidide ha che le palizzate venivano elevate
a settentrione di Siracusa per opposizione agli assalitori Ate-
niesi, si osserva nella posteriore notizia che gli Ateniesi, re-
spinti dagl'indigeni e messi in fuga dal gran porto siracusano,
si fermavano con le loro navi alla penisoletta di Thapsos. In
questo modo Trogilos (Stentino), che è tra l'Epipolae e Thap-
sos , veniva ad avere in quest'occasione la fondazione intem-
pestiva di due muri con torri, una siracusana, l'altra ateniese,
le quali poi, nell'assedio romano di Marcello, a due secoli di
intervallo, dovettero essere molto probabilmente il teatro delle
operazioni militari romane , Kalauria o Galeagra e Leon. Fu
dunque l'occasione strategica che nel 414-413 die principio a
coleste due rocche, né si può pensare ad età più remota, nes-
suno indicandone simile contingenza, ma avendone sicura no-
tizia da Tucidide che, se tace il nome, gli è perchè lui non
doveva saperlo, o perchè dovettero denominarsi a quel modo
posteriormente; e, per altro, abbiamo avvisato che non sempre
son da quello mentovati questi siti sussidiarli della sicurezza
civile. Errò dunque, pel complesso di queste considerazioni, il
De Pinedo, noli' illudersi di confondere Trotilon con Trogilos,
la cui rispettiva origine varia da tre secoli e più , e la cui
toponomastica e demografìa subì vicende al tutto particolari
e diverse. Questi fatti trovano il corrispettivo raffronto in altri
passi dello stesso Tucidide al lib. VII. Dopo aver narrato quali
aiuti vennero da Sparta e Corinto a' Siracusani, fa menzione
delle cinte murali sopra descritte. Racconta (l) che questi, a-
(I) 11 castello tucidideo d' lela non ó d.i confondersi con letae (oggi
B. Giuseppe Iato) a Sud di Panormos : cf. Diodoro , 1. XXllI (in EcL)]
Plinio, N. II. Ili, 8; Sieph. Byz. s. v. 'Isxal, cppoóp-.ov SixsX(ac (dal 1. VI
di Philist), forse confondendo quel noXCxvtov della Sicilia settentrionale
con la Tortezza dello adiacenze siracusane; Silio Ital. , Pan. , XIV , 271;
Pazello, li. Sic. I, 10; Cluvkr, .Sic. A. II, 1?. Tucidide fa vedere che il
7poóptov "létoc doveva essere tra Siracusa (forse Orfygia) e l'iìpipolae, ma
non saprei ove ravvisarlo esattamente:— cf. E. A. Fukicman, History of
Sicily. III ^Oxn.rd 1802), p. 2W, n. 4; A. Hoi.m, 6V.?c/i. 5ìc., II, p. 40, 413.
TROTILON E TROGll.OS 421
vuto sentore dell'approssimarsi di Gilippo, andavano a lui con
tutte le schiere per congiungersi. Preso qualche muro del castello
leta, schierato come per andare al combattimento, mosse verso
l'Epipolae. E salendo all'Euryalos, dove prima anche gli Ate-
niesi, s' avviò ai Siracusani verso il muro ateniese [cf. Thuc.
VI, 99, 1]. Di lì per caso andatovi per 7 od 8 stadii , giunse
presso agli Ateniesi nel gran porto (1) ecc. ..; « nel resto del
circuito presso Trogilos, verso l'altro mare (la costa orientale,
mentre il {ley. XiiiifjV è a W.), vi erano già delle pietre per lo più
aggiunte insieme, ed esistono opere semilavorate, e le complete
erano in abbandono (2) ». Sì ha poi occasione di mentovare
Trogilos in Livio, allorché accenna o meglio particolarizza la
strategica topografìa riguardante il cons. Marcello, già vinci-
tore di varie città , specie di Leontinoi e Megara, prima di
prendere Siracusa nelP a. 211 a. è. v. ; e Plutarco, sua copia
fedele, accenna al Trupyov xtvà, che Livio ha messo vicino al
porto di Trogilos.
Nella narrazione liviana (3) è primieramente descritta l'es-
pugnazione leontina , e il tutto dappoi procede cronologica-
mente e in rispetto all' ubicazione Leontinoi-Megara-Siracusa,
in modo che il console , mentre sfibrava e indeboliva lenta-
(1) èQ iiéyav Xifiéva, quello eliti Livio, narrando l'assedio di Marcello
[XXV, 26, 4] chiama pure ' magnus portus ' ad Occidente di Qrtygia, e-
gnalmente che il ' sinus megaricus ' ad Ovest di Angusta : per quei due
porti , cf. HoLM, Storia di Sicilia, I, p. 259.
(2) Thugyd. vii, 2, 3-5, dove è a notare la conclusione: x(p 8è àXXcp
[xoù xuxXou] Ttpòg -còv TpcÓYtXov ènl -cyjv èxépav GdXaooav X£9ot te napaJe^X'yj-
jiévoi TtJ) TiXéovt TJSyj -^oav xal èoxtv i xal -fniispyo,, xà òì xal ègsipyaojiéva xx-
TeXetnsxo. Per il doppio muro inalzato presso il gran porto, cf. pure Plu-
tarco, Lysander, i6, [ed.Lps., C. Sintenis]... 8ià ruXiTir.ou -où oxpaxTjyì^aavxos
TtepL SixsXtav xxé, e Tucidide ancora [VII, 2, 4] che di lui dice aver tro-
vato dei muri : è:rxà \iri rj òxxò) axaSiwv tjìyj àzexsxéXsaxo xotj 'AGYjvaio'.; sg
TÒv iiéyav Xi|iéva SikXoOv xsixog,
(3) Mi son valso dell'ediz. di G. Weissenborn— .M. Miillei", Lips. 1888,
.pars III, l. 24-30.
422 TUOTILOX E TB0GIL08
mente la grande metropoli greco-siceliota col distruggere le
sue città di settentrione o col conquistarne i forti baluardi
delle frontiere [Trotilon , Styella ? , Trogilos , Galeagra , Leon
ecc.] , trovava poi più facile la presa di Siracusa. « Marcel-
lus, — dice Livio [XXIV, 30, 1] — cum orani exercitu profe-
ctus in Leonlinos, Appio quoque adcito, ut altera parte adgre-
dcretur, tanto ardore militum est usus... ut primo impetu ur-
bem expugnarent », — Indi passa al resto [XXIV, 35, 1-2]
« Interim Marcellus cum tertia fece parte exercitus ad reci-
piendas urbes profectus, quae in motu rerum ad Carthaginienses
defecerant, llelorum atque ilerbesum dedentibus ipsis recepit,
Megara vi capta diruit ac diripuit ad reliquorum ac maxime-
Syracusanorum terrorem ». — Ho voluto addurre questi brani
liviani perchè son veramente, pure con tutto lo sfoggio di ro-
manità, molto evidenti per dinotare come lo storico padovano,,
nel vivo apparato della descrizione strategica, ove sono ricor-
dati nomi di città distrutte prima di Siracusa (ultima caduta,
Liv. XXV, 2^3-31), avrebbe certo fatto menzione di Trotilon
se, a quei tempi, fosse stato un luogo importante; ma invece
Livio lo avrà voluto comprendere tra le città che chiama igno-
biliores. Così anche avrebbe ragione Diodoro di mettere com-
plessivamente la presa ed il saccheggio delle conquiste , cioè
delle rocche, dopo l'accordo dei vinti Siracusani con Mar-
cello. Livio però ha ricordato il porlus Tr ogilorum per in-
cidenza , raccontando un episodio avvenuto poco prima la
presa di Siracusa e dopo quelle di Leontinoi e Megara (l).
(1) Cf. Pi.UTAKCH. Mnrcellus^ i3 [p. 304]: 6 8è MapxsXXog à-o8eix0el;
Onaxo; tò xp'.Tov it; 2ixeX£av SnXeuaev. Ed il motivo si è per quanto segno,
tbid. : al Y*? 'Avvi^oo n«pl xòv 7tóX«|iov tòmpaSCat KapxTjìovfou; ènfjpav aù9t{
dvTiXa^i^GcvtoOai xf^i vy^ocu, niXioia T«xapaY|iév(ov tò)v xàg Supay.oóoa; |isxà xy)v
•I«p(i)vii[iou xoù xupotvvou xtXtoxrjv. Anche Plutarco descrive le fortunato im-
prese di Marcello (18, p. 308): tlX» 8è t6 'iTt^oxpixou; upò; ^AxptXXa; oxpa-
xón«8&v, xal x«xixx«iv«v 6nip óxxxxiOXt.X{ou5 ininiowv ytji^OLV.x PaXXo|iévoi{;, à::4-
&pa|it 8è «oXXijv xr,5 Zix«X(ac xal «óXti; àrtéoxr^ot }^o.■.fTfio'^\.tli'^ xal |i!Ìx*C *'''"
TBOTILO» E TR06IL08 423
Dal contesto liviano si rileva pure che Marcello era attendato
a non molto intervallo da Trogilos. I fatti procedettero così.
Annibale, dopo le battaglie combattute coi Romani al Ticino
e alla Trebbia (218 a. è. v.) , al Trasimeno (217) e a Canne
(216) , strinse alleanza con Filippo V di Macedonia, che sol-
levò , come è noto , la provincia romana d' Illiria , accese la
ribellione nelTApulia, nel Sannio, nella Lucania, nei Brutti!,
nelle città greche nell' Italia meridionale , e specialmente a
Siracusa. Questa allora ruppe il trattato di alleanza con
Roma , che rimontava ai tempi di Cerone li (a. 263) di
cui sarà detto nella storia di Xiphonia. Durato per due anni
l'assedio di Siracusa (212-211), oltre la vittoria riportata sui
Macedoni (I guerra macedonica, 214-205) e il contrasto che
dovette sostenere contro Filippo e Annibale, il console Mar-
cello aveva preso Megara, uóXiv ev tar^ ^laXacoxàtats twv StxeXto)-
T''5tDv (Plutarch. Marc. 18) (1), e ciò avvenne durante l'assedio di
Siracusa : xf^s 5à TtcXtopxia^ [i. e. Zupaxcuatìiv] oià iJ.éaou MàpxeX-
Xo; elXe [lèv MsYapéa;. Cronologicamente e, movendo da Megara
all'Epipolae, siamo quindi a Marcello Aóiiltitióv xcva Sìrapxixxifjv
ì% Supaxouawv Xa^wv IxTcXéovxa aìXp-^cXwxov , à^coóvxcov ìtv. Xuxpocg
Ttòv Supaxouaiwv v.0\xÌ<70L'z%-o!x xòv àvSpa, TioXXàxt; òrzàp xo-jxou StaXeyó-
[Jtevoc, xal oxìvxi^i^tvoc, ti ù p y o v xt v à xaxecjxé'j^axo cpuXaxxójxevov [Jièv
xr.oe uccoag xoòc àvcixaxOfjVa: ToXiiy^oavia;: cf. Liv. XXIV, 35, e pei- AcriVae
V. Steph. B. s. V. 'AxpiXXa, TióXic StxeXJaj cu 7:óppco it>paxooaù)v. Il bruna
di Pinta reo va d'accordo con gli altri due menzionati, di Diodoro e Livio,
per assicurarci che Trotilon , come le altre città e fortezze greche e.
cartaginesi, fu espugnata da Marcello. A Roma la fama di questo illustre
noXtopxr^-ci^c fu viva fino ai tempi di Orazio, il quale ebbe tra i posteri,
più tardi, un nepote, figlio di Ottavia e genero di Augusto (m. nel 23 a.
C.) : cf. specialmente Hor. Carrn. I, 1>, 45-46 l'elogio dei Marcelli accanto
a quello della ' gens Julia ' Juliuni sidus, v. 47) : « Croscit occulto velut
arbor aevo — Fama Marcellus »...
(I) Anche Strabone (VI , 2, 2) pare di ravvisare che Megara sarel)be
stata fondata alquanto prima di Siracusa: avvertenza fatta dall' Holm,-
Storia di Sicilia, 1, p. 9.
424 TBOTILON E TKOGILOS
à{ieXw? , àv5pa? Se Suvàpievov 5é^ao0ai xp'j(pa , xoO xst'Xou; IrapaioO
Tcap' aùxòv Svxo; [Pliitarch. ibid.]. Livio chiarisce il irópYov xcvà
di Plutarco, narrando la stessa incidenza [XXV, 23, 8-14], e
dice : « medius atque utrisque opportunus locus, ad portus Tro-
gilorura propter iur/'im, qnam yocsltìX Galeagram, est visus».
Ora, giacché il campo dei Romani era indiscutibilmente tra il
forte di Leon e 1' odierna contrada Targia (alquanto a N-W
della rocca di Labdalon), sembra che la turris Galeagra, per
essere luogo opportuno al convegno delle due parti, dovette
-erigersi, a non dir altro, fra scala Greca e il campo dei Ro-
mani.
Ma, siccome prima Tucidide ha descritto a tramontana
(Tcpòs popéav) di Siracusa, o meglio dell' Epipolae, il muro co-
struito dagli Ateniesi (Thuc. VI, 99, 1) e poi aggiunge che,
di rincontro, i Siracusani costruirono un' altra cinta murale,
uscendo dalla città, vicina a quella ateniese, non lungi da
Trogilos (Thuc. VI, 99, 3-4), resterebbe che la torre Galea-
gra (1) (o Kalauria ?] sorse tra quelle muraglie. Ed era buona
per l'osservazione della campagna di guerra che si distende
a Nord dell'Epipolae, cioè tra questa fortezza e la già caduta
Megara. L'osservazione, che di li presso vi fanno i Romani
attendati nel campo, è da Livio e Plutarco rappresentata come
in luogo vicino alla rocca di Siracusa: [Liv. XXV, 23, 8-14]...
« cum saepius commearent (verso Galeagra) unus ex Romanis
-ex propinquo murum contemplans, numerando lapides aesti-
mandoque ipse secum, quid in fronte paterent singuli, altitu-
(i) Per il significato della v. Galeagra [YaXé>) ovv. '{ixk%, donnola, e
&YP*. caccia], usata metaforiramenttì nói senso di ' gabbia ' (cf. l^LUTARCir.,
PhcK. 33), soccorrii Suida, s. v., il quale per Y^^saypa intende un òpYavov
Ttji«pT(itxóv , una specie di supplizio, tutto interpunto di fibule feiTee,
• donde poi si faceva passare il condannato all'estremo momento. Come
laogo alquanto remoto dalla città, la 'turris Galeagra' potè esser desti-
nata alle condanne dei maK^ttori, forse ai tempi della tirannide; ma
iDon trovo raffronti per confermare siffatta opinione.
TROTILON E TK0GILO5 425
dinern muri, quantum proxime coniectura poterat, permensus
humilioremque aliquanto pristina opinione sua et ceterorum
omnium ratus esse et vel mediocribus scalis superabilem, ad
Marcellum rem defert ». — Al qual luogo deve aggiungersi il
brano seguente, dove si accenna che, non potendosi effettuare
il tentativo strategico di giungere al locus (t. Galeagra) con
più vigilanza custodito, si colse l'occasione « quam obtulit
transfuga, nuntians diem festum Dianae per triduum agi» in
Siracusa. E siccome Tito Livio dice di poi che Marcello,
« electis idoneis centurionibus militibusque et scalis in occulto
comparatis », ordinò che riposassero a dormire perchè « noeta
in expeditionem eundum esse», fino a quando «sub luce»
ebbe distrutte con tutte le forze l'Hexapylon e l'Euryalos; dal
contesto di questa tattica descrizione con probabilità si desume
che sarebbe passato poco tempo durante le ore mattutine per-
chè dalla * lurris Galeagra ' si potesse giungere alla frontiera
dell'acropoli siracusana. Cosi anche i due brani di Tucidide
si raffrontano a quest'altro. Oltre a ciò, il Sittl (1), tra le torri
che si andavano rizzando nell' antichità da nemici che domi-
narono per qualche tempo il mare, ricorda a proposito della
fuga di Annibale il passo di Livio [XXXIII, 48, IJ: — «ad
mare inter Acillam et Thapsum ad suam turrem pervenit »
(la quale torre è chiamata da Giustino XXXI, 1 « rus urba-
num » ) — ; e siamo sempre presso al * portus Trogilorum '.
* *
Dopo ciò null'altro si legge, se si toglie quel di Silio Ita-
lico [Pttu. XIV, 259], che del sottostante porto dice: ' perflata
(1) C. Sittl, Studi sulle costruzioni antiche dette xsixfì, i^i^pyo^ turres,
speculae in * Rivista di Storia Ant. e Scienze atBni ' a. II (1897J, fase. 3,
p. 71, (articolo citato anche addietro). — Per Trogilos e Leon vedi il
Freeman, The History of Sicily, III, p. 210 ss., 659 ss.
426 XIFHONIA E TADROMENION
Trogilos Austris'; e qui opportunamente il poeta alludeva
esattamente al porto dove molto influisce lo scirocco , cui è
esposto, da non offrire garenzia alle navi che vi ancorassero.
Nondimeno anche questa piccola rada sarà stata utilizzata
dagli antichi Siracusani, massime per il tempo in cui domi-
narono da Thapsos e Megara Ano a Trotilon e Lentinoi.
Trogilos fu quindi ben diversa da Trotilon ÓTièp xoO Ilav-
xaxóou xe Tcoxajioù , ma non per tanto l'esistenza di quest' ulti-
ma dovette durare fino a poco dopo la presa di Siracusa, per
quanto dice Diodoro sulla condizione di tutti i tenimenti sira-
cusani dopo il 211 a. C. La tortezza di Trotilon così, fino a
che dipese da Leontinoi, dovette essere amministrata, come le
colonie calcidiche siceliote, secondo ciò che si legge in Ari-
stotele (1): vo|xc9éxat 5' èy^vovxo ZàXeuxó? xe . . . xal XapwvSa? 6
Kaxavaìo^ zolq aOxoO noXixou.q xal tccXq SXXaiq xcàc, XaXxtSixali;
TióXeot xoùq Ttepl 'IxaXfav xal 2txeXt'av. Né altro può attingersi
dalle tonti classiche; indizio evidente che Trotilon dovette
confondersi prima con Leontinoi, e poi, sottomessa questa ca-
pitale, con la potente Siracusa dai tempi di Dionisio I [406-367]
fino alle vittorie di Marcello.
in. XlPHONIA E TaUROMENION.
1. Benché siano giudicate alquanto confuse le testimonianze
di Diodoro, di Strabone, dello pseudo-Scilace e di Stefano Bi-
zantino nonché dell'Arabo Edrisi circa le menzioni topografi-
che relative alla greca Xiphonia e qualche altro sito prossi-
mo al suo circuito, ebbero però buona ragione, 1' Holm e,
fino al 1894, il Pais, di asserire, come prima il Gliiver, che
non sia affatto vero ciò che da taluni moderni si volle affer-
ei; ARI8T0TBLIS PoUUca, li, 9.
XIPHONIA E TADBOMENION 427
mare sull'ubicazione dell'antica Xiphonia presso al Capo Mo-
lini nel territorio di Acireale. Agli storici ed agli archeologi
è nota la polemica Holm-Vigo, già sostenuta con tanto entu-
siasmo d'ambe le parti nel 1873, e oggetto di diverse pubbli-
cazioni (l). — L'occasione venne da queste parole dell'Holm (2):
« In prima egli (Filippo Olùver, nel 1619) si pose a determi-
nare più precisamente la linea delle coste. S' avvide che il
capo Xiphonico non era il capo Mulini presso Aci, siccome
aveva pensato il Fazello, ma quello che modernamente chia-
mavasi capo S. Croce ».
Nella disamina dell'argomento, raccogliendo le classiche
tradizioni e le moderne conclusioni, mi fermerò a raffrontare
le poche notizie classiche le quali si rapportano a Xiphonia,
e appoggerò, quindi, i miei criterii sul contributo archeologico
che ci vien foriiilo da pochi monumenti superstiti.
Sull'origine di Xiphonia abbiamo conoscenze alquanto con-
troverse; ma nondimeno, se si spogliano delle contraddizioni
a cui talvolta conducono i pochi scrittori greci che ne fanno
menzione, resta che essa fu edificata, quasi contemporanea-
mente a Leontini (a. 729 av. è. v.), nella penisola dove oggi è
sita Augusta [ isola delle palme ] , mentre ai piedi del colle
Tauros, che si stende a N-E della odierna città menzionata ,
era la fattoria di Tauromenion, sorta più tardi ancora. Il geo-
grato Strabone, che scriveva nel I sec. av. Cristo, comincia
(1) Vd. L. Vigo, Dell'origine e silo della velusia Sifonia nel giorn.
*La Falce', nn. 55-57, Palermo, R. Stamperia, 1847; Holm-Vigo, Del
vero silo della vet. Sifonia, Palermo, Lao, 1873, nella fine del quale opu-
scolo « si previene il lettore che saranno pubblicate le due ultime lettere
definitive dell'Holm e del Vigo », da me non viste. Vd. Holm, Storia della
Sicilia nelV antichità, 1, p. 43.
(2) A, Holm, D. Geogr. antica di Sicilia. Prima versione italiana dal-
l'originale tedesco di P. M. Latino, Palermo, 1871, a pg. 18. — Prima del-
l'ellenica Xiphonia, l'elemento fenicio vi sarebbe approdato, utilizzandone
il porto ; « e perchè, dice l'Holm, anche la penisola di Augusta non do-
vrebbe in tempi assai antichi aver avuto una colonia fenicia? » vedi
Storia di Sicilia I, p. 184.
428 XIPHOXIA E TAUKOMENIOX
la sua descrizione a questo modo (1) : « Le città che furono
tra Katane e Syracusai perirono, Naxos e Megara, dove con-
vengono le foci di tutti i fiumi che scaturiscono dall'Etna (?)
per terminare con foci portuose. Ivi è anche il promontorio
di Xlphoìiia. Scrive Elbro che queste antichissime città della
Sicilia furono fondate 15 generazioni dopo la guerra troiana».
Fu già osservato nel precedente capitolo l'errore di Strabone
che non visitò la Sicilia (2). Esso consiste appunto nell'aver col-
locato Naxos tra Katane e Siracusa, mentre è universalmente sa-
puto che essa precedette alla famosa Tauromenion che sorse
a Nord di Catania. Naxos infatti sarebbe stata distrutta da
Dionisio I nel 403 a. C. (3). Né dice interamente bene Strabone
quando asserisce che essa e Megara exXsXotTiaat. Se Naxos fu
presa dai Siracusani per dar luogo alla nuova Tauromenium,
(i) Strabone VI, 2, 2 [p. 267 C] : ai [TióÀeigl 5è [lexagò Katecvirjc xal.
Supaxouowv èxXeXoinaoL , Nàgog xal Méyapa, òjrou xat al xwv uoxajicbv sxpoXal
ouvsXOcùaai Jidvxov xaxappsóvxtov ex xf,? A'ixvYjg eig sùXi|Jisva axó|jiaxa. èvxaùO-a
Si xat xà zfii Si^coviag àxpoxi^ptov. lyYjoi 5è xatixac "Ecpopog Tpwxag
xxioGfjvai TTóXetg 'EXXrjvfSa^ èv ZixeXJq: TievxsxaiSexocxir) ye'^s'? nexà xà Tpcolxà.
(2) Cf. F. SoLLiMA, Le fonti di Strabone ìiella Geografia della Sicilia,
Messina 1897, passim, [v. mia recens. in 'Scuola Second. Ital. ' 1898,.
pp. 453-4].
(3) Cfr. il lavoro del dott. Gaetano Rizzo, La Tavola degli Slrategi
a TauromeniOf parte li, Catania 1893, p. 28; se non che l'A., a mio av-
viso, segne la svista topogratìca di Strabone, [VI, 3, 3] e crede che il
ni. Tauro di Diodoro [XIV, 58, 2] sia quello della più importante Tauro-
menion, sopra di Katane.— Dove Cicerone in una lettera [ad Allicum, XVI,
11, 7] scritta « in Puteolano » nel 710 V. C. diceva: • Epistolas Catinam,
Tauromenium, Syracnsas comnìodins mitiere poterò », parrebbe che vo-
lesse riferirsi alla nostra ' Tauromenium ' degli Zanklaioi d'Hybla, stando
alla saccessione topogratìca N-S, ma ó evidente che egli intendesse par-
lare della più nota a N. di Catania, giacché in ordine di tempo avrebbe
scritto lettera prima a Katane e poi a quella Tauromenium, ovvero può
anch'essere una eventuale successione di nomi. Per l'interpretazione di
tale passo ciceroniano cons. A. Levi, Del nome antico di Taormina in
' Holi. di Filol, Class.', luglio 1897, Per i superstiti di Naxos, che anda-
rono ad abitare il vicino monte Tauros [Tauponévtov, cioè, Taùpo? e |iév(o],
vd. il lavoro del prof. V. Casagrandi, Le campagne di Cerone II contro
I Mamertini duratile lo ttrategalo, Torino-Palermo 1894, p, 32 s. alla n. 70.
XIPHONIA B rADROHENION 429
Megara, benché distrutta da Marcello a circa due secoli d'in-
tervallo , restò un TiaXi'Xvtov , xo)[xt] pJjv Kaiavatcov, almeno fino
al IV sec. d. è. v. , come sarà dimostrato. Si manifesta però
la confusione dell' Amasiota , e che va quasi d' accordo con
r errore osservato , dove asserisce che vi fu xxtajAa . . . Tai>-
po|ji£vcov 5è Tiòv £v "Y^Xyj ZaYxXttóv [VI, 2, 3, p. 268].
Il Pais ne à scoperto l'equivoco, giacché se i Megarei che
Theoklesebbe cacciati da Trotilon,e che i Siracusani ed i Leontini,
da soli 0 insieme, ebbero respinti da Thapsos, non andarono alla
penisola Xiphonia, ciò fu perchè vi erano in quella ridentissima e
favorevole residenza i Calcidei, «i quali, se li ammettiamo signo-
ri di Xiphonia, poterono assai facilmente e sorvegliare i Mega-
resi a Thapsos e più facilmente ancora cacciameli ». Da que-
ste osservazioni segue che Strabone confondeva la fattoria
mercantile sul Tauros sopra il promontorio 'Croce' [Tauponl-
viov] con la più famosa omonima succeduta a Naxos verso la
fine del V sec. a. C — Tauros è il monte presso Naxos-Tau-
romenion , e Tauros anche N-E dell'odierna Augusta, cioè
di Xiphonia, il colle dov'era la fattoria di Tauroraenion, la
quale termina a sud in modo da formare un promontorio a
foggia di spada (1). Alcuni scrittori anche moderni confondono
il promontorio Xiphonicus o TaOpog dcxpov di Tolomeo, presso
cui sorse la piccola Taupofiéviov, con la punta meridionale di
(1) Per poco che si guardi cotesta penisoletta del Taùpog p. es. dal
lato settentrionale di Augusta, si scorge che essa finisce in una lunga
punta che ha tutte le particolarità per rassomigliarsi al pesce- spada,
gicpia; fcf. St.fog, spada], e, a un certo tratto, ove il piano [dal e. S. Croce
a Nord] comincia ad elevarsi per diventar collina, si nota unu certa ca-
vità naluralmente praticala nell'interno roccioso, che potrebbe assomi-
gliarsi all'occhio del pesce in parola. — Quando j^li Ateniesi (guerra del
Peloponneso) movevano da Katane verso Siracusa, « their course led them
into the doublé bay wich lies between the Xiphonian peninsula and the
norlh side of Achradina » : vd. E. A. Frkeman , The Hislory of Sicily,
III, p, 210. Tra gli antichi, il Cellario, Geogr. ani. I (Lps, 1701, p. 980):
«....in ora, Xiphonia promontorium: addunt alii oppidum nominis
eiusdem, nec non portum ».
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 28
430 XlPHONIA E TADKOMENION.
Augusta [Xiphonia] che, prolungandosi quasi parallelamente
al m. Tauro, termina, in foggia alquanto stretta, con lo sco-
glio della lanterna *Avolos' del secolo XVI (1). Quali sieno stati.
i, rapporti tra le due vicine città non sappiamo; ma si nell'uno
che nelFaltro sito sopravvanzano le testimonianze archeologia
che della loro greca esistenza. Perfino nel sec. XII il geo-
grafo Edrisi (2) scriveva come segue : « (da s. Panagia) alla
Gazìrat Mismàr (« isola chiodo », MeoijjLépT] , oggi penisola Ma-:
gnisi [Thapsos]) quattro miglia. — Indi a 'Iksitù (Etcpwvt'a, il
porto Xifonio di Augusta) quattro miglia. — A Ras 'as Salibah
(«capo della Croce», oggi detto Santa, Croce) sei miglia. —A
"Wàdì Zaydùn («fiume di Zaydùn», Brucoli?) sei miglia». Per
quanto, incompleto ed inesatto nello stabilire le distanze, Edrisi
^;ra di gran lunga nell'assegnare sei miglia dal porto Xipho-
nicus al capo Croce, ma è esatto nella successione dei luoghi.
fecondo i migliori cartografi moderni (Magnaghi, p. es.) dal
Xmtjv Ei'f(i)V£tos alla punta S. Croce bisogna notare: a) Punta.
Izzo ad E di Augusta (Xiphonia); h) Punici S. Elia (Magna-
ghi), 0 P. di Croce Lunga (Smyth), od anche e più comune-
rpente P. del Monaco (Ferraguto); e) Capo S. Croce (con faro,
vicino l'eremo di S. El^na! = xò xf]? Stcpwviai; àxpwx/.ptov [lat.
Nord 37° 14.' 31"]. Ed ora uno sguardo alle fonti storiche
Qhe parlano di Xiphonia e del suo porto.
*
2. Il procedimento di questa nuova fattoria sul Tauro an-
drebbe nel seguente modo. Quando Dionisio I, signore di Si-
racusa, si accinse a rifabbricare Messane distrutta dai Carta-
gi/iesi, quei di Rhegion ne provarono gelosia, stante la vici-
(1) Con faro: lat. N. ZV 12' 38".
(2) M. Amaiu, Dibliolecn arabo-sicula. voi. I (Torino Roma, 1880), pa-
gina l*i5. — Per .Magnisi (Thapsos) cfr. pure A.mari, Storia dei Musul-
mani, III, p. 2i3.
XirHONlA E TAUBOMENION 431
nanza, e per non esserne sopraffatti chiamarono abitanti di
Naxos e Katane e, « senza dubbio , quanti Calcidei si trova-
vano in Sicilia e li fecero stabilire a Mylai, punto strategico
di grande importanza contro Messane». Succede guerra tra
Dionisio ed Heloris, ma Rhegion vi perdette; i « neo-Messeni
vincitori marciarono su Mylai e la presero», e senza mole-
starvi i Calcidei, patteggiarono per il loro sgombro. Fu allora
elle i Calcidei si stabilirono « chi in un luogo, chi un altro » (1).
Gli Zanclei stabiliti a Tauromenion secondo Holm sarebbero
andati, forse, ad Hybla etnea di dove poi passarono alla più
famosa Tauromenion (Gesch. SiciLj II, p. 437); ma nondimeno
i monumenti idraulici e i numerosi vestigi, dei quali verrà
detto , dimostrano ài aver ragióne il Pais nelle sue recenti
indagini se pensa alla collocazione di cotesti emigranti Zan-
klaioi prima a Megara-Hyblaea sul monte Tauros dirimpetto a
Xiphonia {SLoria d. Sicilia , o. e, p. 592) (2). Sarebbe quindi
questa piccola Taupofievtov, come si esprime TAmasiota, -/.Tiafia
xtòv èv "YpXiQ ZayxJwaiwv poco dopo la guerra regino-siracusanaj,
al principio del IV secolo, dopo ch« nel secolo Vili vi sarebbe
stata una fattoria calcidica che dovette estendersi poco ap-
presso al chersoneso ove fu fondata Xiphonia (Augusta). —
Ora, del promontorio menzionato da Tolomeo [III, 4, 9] Taù-
pos àxpov e del Xt[jiT^v Et'fwveto? (3) e coste adiacenti parla ap-
(1) Cons. DiODORO, XIV, 87, 3: v. A. Holm, Geschichle Siciliens II, p. 437
8g., 123; G. M. CoLUMBA, o. e, p. 33; cf. E. Pais, Storia d. Sicilia e d.
M. Grecia, o. e, \>g. 596-597 ; J. Schlbring, Umwand. des Megarischen
Meerbusens in Sicilien (in 'Ztschrlt fiii* Ailgemeine Erdkunde'. N. F.
XVII voi., Berlin 1804), p. 453.
(2) Cfr. GoLUMBA, Archeologia di Leonlini, p. 33, il quale osserva
che, nel primo decennio del sec. IV, l'elemento caloidico in Sicilia scom-
pare ingloriosamente, e degli Zanclei stabiliti a Tauromenio (?) dice op-
portunamente che non ebbero importanza storica. — L'illustre prof. Ca-
CAGRANDi [Catnpagne di Cerone II, o. e, pag. 37 alla n. 70] ritiene una
corruzione straboniana (testo) invece di iwv èv MuXig ZaYxXadtuv, contraria-
. mente all'opinione del Pais {Atakta. VI, p. 56 ss.).
(3) Il Sinus Xiphonicus menzionato dallo ps. Skylax, § 13, ove di
432 XIPHONIA E TAUROMENION
punto in linee generali il siciliano Diodoro {XIV, 58), allor-
quando narra altre vicende di Dionisio I. Per la comunità
dei lettori ricordo l'evoluzione di tali avvenimenti con la cir-
costanza che Siracusa, la famosa colonia del corintio Archias,.
governata dapprima come la madre patria, con una moderata
aristocrazia e poi assoggettata da Gelone [485-476] e da suO'
figlio Gerone I [476-466], sin dal V secolo ebbe alternanza
di guerre e di pace coi vicini Cartaginesi, i quali miravano a
impadronirsi della Sicilia orientale e del :iop0tiós di Messane
col duplice intento di togliere il primato sull'Ionio alle città
greco-siceliote e quello sul Tirreno alle greco-italiote (1). Sic-
come pei Romani poteva riuscire favorevolissima ai proprii ne-
goziati la possibilità di un dominio in Sicilia , in queste vi-
cende dei Greci di Sicilia coi Cartaginesi si trova il germe
della grande lotta romano-punica; e ciò perchè Cartagine ve-
nisse allontanata dall'Ionio, al qual fine si studiarono di riu-
scire prima Dionigi maggiore (2), tiranno di Siracusa per beo-
39 anni [406-367], e poi Agatocle, succedutogli al potere
[317-289], dopo un breve sopravvento repubblicano [343-317]
ristabilito già dal corintio Timoleonte. — Per il presente giova
fermarsi a Dionisio I. La sua usurpazione di Siracusa avvenne
poco tempo dopo in cui le forti stazioni mercantili di Panor-
mos, Motye e Lyliboion vennero in mano dei Cartaginesi. Al-
lorché Dionisio entrava come signore in Siracusa, essi avevano-
poi la piccola Taupojiévtov doveva eseguire i suoi tralDchi marinareschi.
Giova consultare il Fbeeman, History Sicily, IV, (Oxlord 1894), pp. 504 ss.
sulla confusione di Diodoro XIV, 58 . . . Ttspi xòv Taùpov xaXoóiisvov, e sul-
l'allra di Strabone VI, 2, 3, Tauponéviov 5è xwv èv "Y^iXtq ZayxXaitov.
(1) Per quel che si legge sulla pirateria degli antichi Siculi, anteriori
alle xx(oti{ greco-siceliote, pare che solo i Fenici e i Cartaginesi loro
fratelli abbiano potuto per primi jtuperare le difficoltà degli approdi
nelle coste dell'isola. Dice Stuauonb [VI, 207 C.]: xoù -(àp npóxapov 8t-
diivat xi XijoxT^pta x(I)v Tt>ppy)v{&v, xal xì^v d)(ióxi']xa xùv xaiixjg pappdpwv , &azt .
|iT,8à xax' i|i;iop(av nXttv.
(2) Aiovuoto; 6 np«o?6x«po5 apii Plutauch.,. Tìmoleon 6,. 10; Dion, 3, 9, 11. _
XIPHONIA E TADROMENION 433
già presa e saccheggiata (1) Agrigentum [406], dopoché nel
410 avevano distrutte Selinus e Hiraera. Già voleva Cartagine
impadronirsi dell'isola; Dionisio ne frenò l'ambizione, proprio
quando Roma aveva a difendersi contro i Galli. Il suo tenta-
tivo andò a vuoto, e sebbene egli in tre guerre contro Carta-
gine abbia mantenuto il fiume Halykos come confine, nonper-^
tanto Gela e Camarina vennero anch'esse soggette al tributo
cartaginese, mentre d'altra parte Dionisio aveva da contrastare
coi Siculi che vedevano in lui un usurpatore. Fu allora che suc-
cesse quanto Diodoro narra nei termini seguenti : « I Siculi,
odiando da tempo Dionigi (2), avendo allora occasione di ri-
bellarsi, passarono tutti dalla parte dei Cartaginesi, tranne gli
Assorini. Dionigi, resi liberi i servi in Siracusa, forni di essi
sessanta navi; aff'rettò dai Lacedemoni più di mille raercena-
rii (3) e, partendo, munì di custodie la città e portò dalle vi-
cinanze i viveri. Con moltissima diligenza fortificò di mura
la città di Leontinoi, e quivi raccolse vettovaglie dalle pia-
nure. Indusse anche i Campani abitanti in Katane a passare
Boll'or chiamata Aitne (4) perchè la preda fosse sicuramente
custodita. Dopo ciò conducendo tutta la forza i60 stadii da
Siracusa, si accampò vicino a quel che chiamano Tauro)*...
(1) Xenoph. Hisloria Graeca [ree, 0. Keller, Lps., 1893], I, 5, 21 : xal
èviauTÒg sXtjYsv, àv cj) KapxvjSóvioi etg SixeXCav otpaxeuoavxsc e'ixooi xal èxaxòv
tpii^psot xal nej^fjc oxpaxiàs SóìSexa |jiuptdoiv 'Axpocyavxa Xi|i(p, v-'^'-XQ V-^'^
-^xxTfjgévxsq, :ipogxaGe^Ó!ievoi 8è énxà iif^vas: cf. ibidem, II, 2, 24; II, 3, 5,
(2) Cf. Plutakch., DioK, 3 (p. 959).. . còno) xrj^ xupavviìog lìpu|iévii]g
PePaCws, ànoaxdvxsg oi Supaxouaiot Seivà? xal Tiapavónoug ù^peig xxé . . .
(3) V. Plutauch., Pelopidas, 21 (p. 295), dove accenna all'alleanza di
Dionigi con gli Spartani ... : èv 015 xpó'^otc Aaxs5ai|ióviot Atovuo£(p x(p Sixs-
7.Ì01.- xupccvvcp oxpaxTjYoùg xal àpuooxàg ine|j.T:ov.
(4) Aitne, già Katane, avendo avuto questo nome dai tempi di 'lépwvog
xoO Supaxouaiwv xupavvou , xal TrpogaYopsóoavxog aùx7]v Aixvrjv àvxl Kaxocvyjs,
in Strab. vi, 2, 3 (p. 268): cf. DiOD., XI, 49 e le lodi di Pindaro, special-
mente nella zuBtovlxrj a' , dedicata 'lépwvt Aixvaltj) , v. 60. — Per quel che
riguarda la cacciata degli Aitnioi per opera dei Katanaioi dopo la morte
di Gerone, cons. Strab., VI, l. e, il quale assegna lo stabilimento degli
«spulsi Aitnaioi a 80 stadii fuori (Aìxvrj),
434 XIPHONIA E TAUROMENIOIT
••-;.. .. •. . ■ ;• ! / --^
Per le nostre ricerche importa quest^ultimo tratto che qui ri-
portiamo neiroriginale : [lexà 5è xa-jia àTiò twv 2upaxouawv éxaiòv
é^TjXOVxa <TzaZio\Jc, Tz^ooccyoc-^ùìy auaaav xr^v S'jva^itv, xaxeaxpaxoTOSsoas
Tcspl xòv TaOpov xaXo'jjjLsvcv. Dell'importantissimo passo diodoreo
fa pure cenno il prof. Pais [SI. d. Sicil., p. 595, n. 1 preziosa],,
il quale, tenendo conto dello stadio minore di m. 150 usato
dagli antichi, consente nel far convenire la località descritta
da Diodoro al promontorio Tauros (1). Sicché, il ch.mo storico
colloca Xiphonia «a S-W di quest'ultimo (e. Croce o Ta-jpos.
àxp&v) , la lingua di terra ove oggi è Augusta ». E allora il
vf^i Sttptovt'as axpctìXTr^ptov è lo stesso che il TaOpoi; di Diodoro, il
TaOpos àxpov di Tolomeo, presso al soprastante Taupo|jL£vtov degli
Zanklaioi di Hybla che, secondo la premessa opinione, do-
veva esser sorto in queir epoca , o poco prima. — Anzi , rac-
cogliendo i particolari delle operazioni militari di Diodoro,
come sono indicati minutamente, si desume che, nel momento
del pericolo in cui versava Siracusa per l'arrivo dei Cartagi-
nesi, Dionisio, premunita la sicurezza della propria città, si
valse dei soggetti Leontinoi, che mandò al proprio paese per
difenderlo, e la cavalleria siracusana spedi a Katane (2). Non
vi si accenna ad altro passaggio che sia stato fatto ancora
più a settentrione né in Senofonte che ne parla indirettamente,
né da Diodoro; giacché allora, dovendo approssimarsi i Car-
ili) Il m. Tauro, che si eleva snll'Ionio da punta dell'Edera (a N-E'ài
Brucoìi) tìno al e. S. Croce, dà anch'esso l'imayine di due corna che ven-
gono a terminare l'uno nella voltata N-\V (rada di Brucoli) e l'altro nel
XiiiV Si<p(óveiòs. Per simile conflgnrazione nei pressi di Taormina cons. il
dotto lavoro del V. Casagrandi , che fu" nostro venerato maestro (o. ó„
pg. 34, n. 70).
(2) Senofonte, HUlor. Gr. II, 3, 5, ' ci soccorre u spiegare e completare t
frammenti diotlorei, quando scHve: ìfàv 8è Vtp aò-cto xpóvm] |4Ò6 a. C.) -/ài
Atovóoioc 6 Ivpaxóoto; tupavvoc jiixì) ■^txyjOetj òkò KapxYjSovdtov TiXav xai Ka-
^dpivav dntóXto*. )i«t' óXCrov'&è xal Àtovutlvoi Supaxoolo'ig oùvotxoOvTe? &ni-
» . •. ; ■ I . ... ..il , , 1.,
otr^oav tli xi^v aO-ccùv róXiv ànò Aiovoiou x*l Supaxouofwv. 7tapaxp'?l|ia tè. xal.
ci Iwpaxouo'.ot tnnilc Onò Aiovùoou «t; KaTdvv)v à««atci>.r,oav.
XIPIIOXIA E TAUROMENIOX
'435
tagin'esi '(Tal 'Nord Verso "iSiracùsa, si fermò Dionigi al port'iis
Xiphónicus, cioè 160 stadii da Siracusa, e non al porfus Me-
pUrensis che sarebbe stato vicino d' assai alla frontiera dèl-
l^Epipolai, e ciò indipendentemente da ogni forzata congettuVa
"cui, malamente indirizzato , voleva pervenire il Vigo con fe
èue dissertazioni (1). Aveva quindi ragione il Cliiver, tre se-
coli fa, allorché impiantava Xiphónia Ove oggi è Augusta:
« Xiphónia, 'Jiaec urbs nulla alia esse potést quam qua'e nufic
vulgo Augusta (ùViVwr». E bene conchiude Ìl Pais, nelle ultirtie
pagine della sua storia, ove prova che la fattoria posta sul
colle Tauros, sopra il promontorio Xiphoneios, si chiamava Tau-
romenion. —È importantissinia Ja dimanda che si fa il Pais:
— « Ma come si spiega che la città che sorse dal capo Xi-
'pbonio, si chiamò Xiphónia e non Tauromenion ?» E cónchiude
rispondendo: — «Tauromenion fu il nome della fattoria calci-
dica, che ebbe, a quanto pare, breve e corta vita; la città
sorta ai suoi piedi prese il nome di Xiiihonia, che veniva sug-
gerito dalla forma della penisola » [o. e, pg. 598]. — E ap-
punto presso il promontorio Tauros e più a N-W verso all'in-
senatura del Aipiv Iccpwvetoi; dello ps, Scilace di Carianda,
dovette essère indubiafnente una stazione mercantile con una
'piccola città, di cui resta ora qualche notevole monumento.
E quello un punto dì facile approdo, ove l'elemento ellenico-
siceliota, che tanto seppe utilizzare T opportunità delle coste
'e delle rade, poteva esercitare i suoi traffichi commerciali.
* *
' 3. Per l'identità toponomastica vale T interpretazione del
(l) Vd. HoLM-ViGO, Sul vero silo della vetusta Si fonia, o. e. p. 7, i
nomi diversi di questo promontorio : tra la Cala del Salvatore a N. e
la punta Izzo a S, é il TaOpog dei Greci, chiamato poi capo S. Croce dai
Cristiani latini e bizantini forse per allusione alla pseudo-leggenda dello
sbarco di S. Elena verso N-E con la croce del Nazareno trovata in Pa-
lestina e poi pervenuta a Roma. Esiste anche oggidì l'eremo dedicato
alla santa in parola, né trovo testimonianze antiche che ne facciano men-
zione; il nome di S. Croce é tuttavia estraneo alle nostre ricerche, uscendo
esso dai limiti dell'epoca ellenica.
436 XIPHONIA S TAUBOMENION
passo diodoreo menzionato [XIV, 58, 2] , cioè della fermata
di Dionisio I che à-ò xwv Supaxouaióv éxaxòv i^i^jxovxa
oxaSicu; Trpo^ayaYÒìv aiiaaav xrjv Sóvajiiv , xaxEaxpaTOTiéSeuae uepl
Tòv TaDpov xaXo'jfievov. — Navigando da Siracusa verso Au-
gusta bisogna percorrere 16 miglia; con la misura dello sta-
dio minore equivalente a m, 150 , ci troviamo in grado di
dover rigettare la pretesa Xiphonia del Vigo presso Acireale,
giacche avremmo una distanza tra Siracusa-Augusta di km. 24
(anzi 23 sono all'interno del Xtfjirjv Etcpwvsw?) secondo il passo dio-
doreo, ed essa è quindi una sicura testimonianza per assicu-
rarci che il Taupo? di Diodoro è proprio quello presso cui si
sarebbe posato Dionigi, e che Tolomeo chiama pure il Taùpo;
àxpov (1).
Nessun'altra memoria storica si ha di tal sito, ma della
prossima Xiphonia è interessante ciò che le si riferisce per l'a.
265 a. è. v. [01. CXXVII, 3; V. C. 489], in cui, come racconta
lo stesso Diodoro (XXIII, 4), avvenne guerra tra Gerone II
(268-214) e i Romani (2). Per la opportunità dei lettori riepi-
logo i noti avvenimenti.
Dopo la morte di Agatocle (317-289) re di Siracusa, che
aveva un esercito di Mamertini, venturieri Campani di origine
Sannitica, ima forte schiera di essi, ricevuta la mercede del
servizio prestato, s'impossessarono di Messane, quando Gero-
(1) L'altra testimonianza dello ps. Skylax (G. G. M. recogn. C. Mùller,
Paris, Didot. 1882; voi. I, p. 21 [Periplus. 13J) é limitata solo alle parole...
xal TcóXtg MeYapLg xal XipiTjv E tcp cóvetog. Una breve nota dice: « Ek^o)-
v«lov cod. Strabo VI , p. 267 memorat tò xfic Sicp(ov(a{ dcxpcoTT^ptov (Capo
della S. Croce), Urbem St-.p(t)v(av novimus ex Theopompi fr. 207 et Diodori
XVIIF, 4. Portum fortasse habes in Hesj'schio: Eicptpou (Ei!f(ovCov) Xiiii^v ».
(2) Il passo ó discusso da Holm e Vigo, specialmente a pp. 5, 11 ss.,
19, 25 88,, 'M. —Il FuKKMAN, o. c. , IV, p. 505, aggiunge che Diodoro nei
e. 58 e "jQ alludo ai due Tauros diversi, e che al e. 58 intende proprio
parlare del ni. Tauros meridionale. Per la cronologia di Gerone II, che
regnò 54 anni, ho visto di G. Bkloch (trad. Casagrandi): Per la storia
di Sic. dalla guerra pirrica alla I punica, p. 3 ss. o di V. Casagkandi,
Oiterv. cronol, tuUa signoria di G. Il, p. 17 (Acireale, 189'i),
XIPHONIA E TAUUOMENJON 437
ne II si unì coi Cartaginesi (1) per porre assedio a quella
città ; ma , dopo varie vicende , soprarrivato il cons. App.
Claudio per battere Cerone e per impadronirsi di Katane, fa-
vorevole sito per recarsi a Siracusa, si venne a patti [a. 265],
conforme ai quali Cerone si liberava dal pericolo di Roma o
di Cartagine (2) per la sua Siracusa, qualora una delle due
parti fosse stata vittoi'iosa. E allora Cerone patteggiava per
l'alleanza con Roma . . . , Twixalot . , . Tcpò? Mépwva TzoXkà Tté[i.^a.i,
TÒv Supaxouoiwv fSaotXéa, cptXov 5vTa xal ou|i[iaXov [allusione fatta
da Plutarch., Marcellus, 8]. Contemporaneamente Annibale,
capitano del naviglio cartaginese, si avvicinava, inconsapevole
delle trattative, presso Siracusa. A questo svolgimento di cose,
si annoda la narrazione diodorea, che procede come appresso :
« — Partiti i consoli alla volta di Sicilia e assediata Adranon,
la presero per forza. Dopo, assediandola i Centoripini e stando
nelle porte di bronzo, in primo luogo mandarono ambascia-
tori presso gli Alesini. Indi , venuta la timidezza pure nelle
altre città, anch'esse mandarono ambasciatori per pace, e pro-
misero che avrebbero consegnato le città ai Romani. Erano
67, prese le forze delle quali, andarono in Siracusa per asse-
(1) Vd. DlODOKO, XXII [iu Ecl. XV, p. 499J. ó 8è 'lépwv xataaxpa-
xrjY^Oetc ó::ò toO <E>o£vixo;, X7)v noXiopxiav àTToyvoù;, Ì7:avf,XG£ sì; 2upaxoùaa;,
TtspipóYjxov eÙTj{i6piav Tceptrt6TcoiT]|Jiévo{, oi 8è KapxnjSóviot xai 'lépwv, dcnoneirxwxóxes
ttjc MeaofjVYjc, ouvJjXOov si; oóXXoyov, xal cu(i|i.axfav rpòg àXXy^Xouc 7iotr,aà|isva
ouvéOsvTO y.oiv^ 7ioXe|Ji^aai MeoofjVTjV.
(2) Se ne ha pure un cenno in Pausania, Descr. Graeciae, VI, 12.,..
'lépcDv 8è èxaXeiTO 'IspoXéoug. [lexà 8è ttìv ' AyoLQoydéo'ji; zoo Ttpóxspov tupavvig-
oavxog xsXeuxr^v, Supaxouo(otg aùtìi; àvaTis'^uxst xùpavvog ó 'lépwv cSxo;
*P(0|jiaitov 8s Ttspt SixsXCa; èg xòv r.pbz KapxvjSovCou; tcóXshov xaxaoxavxtov,
elxov [lèv ai Ka.pyriió'V'.oi iqi vr^ooo :iXécv ij ^niotì. 'lépcov. 5s ouvtó'.xt, fiév àpxt
èg xòv 7lóX6|iov, éXéoBa; xà, KapxTjSovicov «jceos. fiexà 8è où roXò S'jvdiiEt xe
atvat, vojit^ojv xà 'Pwiiaicov èxwpwxspa xai fspaittìxepx, à|ia sj ^iXiav fJisxs^aXsxo
d)5 xouxoug. II tratto allude al momento della conciliazione romano-sira-
■cusana, avvenuta proprio quando Annibale, con le proprie navi, stava
j)er venire in soccorso di Cerone.
438 XIPHONIA E taueomÈkion
(ilare Geroiie. Vedendo cbstiii che'i Sifà'ciisarii rtiale lo corti-
portarario, spedi anibas(*iatori ai consoli per una ratiflcaziòtìb
di pace. Volendo far guerra (i Romani) da "solo ai Cartagi-
nési, ben volentièri 'acconsentirono. E conchiusero paè'e óol" re
per 15 anni : prese da lui (da G'erone) 150 mila dramme, ebberb
consegnati i prigionieri che aveva fatti, ed egli resta a governat^e
Siracusa e le altre città' dipendenti : Akrai, Leòntinoi, Mégar^,
Ailoron , Neaiton, Taiiromeniòn » (1). — Si annoda a tale con-
vegno il resto della narrazione, ov'ò détto che, -mentre ''queste
cose avvenivano, Annibale navigò con la forza 'del navigi'i'o
verso Xiphórtia, per soccorrere a Gerone :. . . to'jxwv Trpaxxd-
|i£v(riv, xaxÉTcXeoaev Wvyiiaq, [lexà vauxtxfji; 8uvà[jLew? eie, xyjv ZC-
"(pttìv {av, ^(/tpffCiày xG) ^ao'tXet. (ia0(bv 5è xà 7t£7cpaY[i£va, àvtXói^^óev..
E, per l'esalta interpretazione del passo controverso da Leo-
nardo Vigo, Annibale, come bene avvisò il prof, llolm, « per
«portar soccorso ai Siracusani, sarebbe forse restato troppo
«lontano da' quésta città, se avesse sbarcato le sue trupp'e'àl
«Capo dei Molini » [/&., p. 5]. — Né è affatto credibile qùè'lfo
che, sulla fbde del Ferraj^uto, dice sbadatamente il Vigo delT-a
poca profondità del Xi[ir]v Etcpwvsw?, ove Annibale avrcbl^e
fatto ancorare la flotta cartaginese per soccorrere Gerone.
Vero è che presso alle coste in fondo alle quali si estendono
le odierne saline, si ha un fondo molto basso, bastevole per
potervi ancorare le barche soltanto; ma, a chi guardi attentà-
''toénte la carta' coroidrografìòa dello Smyth, apparirà, feohtr'à-
Hàmente alle facili e ardite asserzióni del Vigo (2), che il
(l)Cf. PoLiB., I, Ue'àiid tloLV, Vclusla StfòHia, 0. c.,'p. 26: —ol'bk
'P(i)|A«tct ttpcos^éSavTo , xal iiàXioxdi 8ià xà; X'^V^JY^*? GaXaxToxpatoOvciov yàp
T'I)V Kapx,r,8ov{o)v «òXa^cOvio, jiT) TcavxaxóGev àTtoxXfiiofiiwoi tòjv àvaYxaJoDV.
(2) Cf, I-. Fkuuaouto, Augusta di Sicilia iti Parlamento Italiario,
p. 9, e L. Vigo, Vero silo di Xifonìa , o. e, p. 10. Tre sono Pe-
cari'' particolari su cui lio fermate le mie indagini: a) Piano delia
Otta a l'orto di Augusta nlivato dal cap."" Sinyth dolla R. Marina \Xv\-
(annica (1823); b) Port. Augusta suivèged 'by captain V. F. Shortland,.
XIPHOKIA E TAUBOMEKION 439
porto Xiphonicus era ed è profondo abbastanza per potervi
approdare , massimamente verso l' area che si distende tra
Carrubhazzo al promontorio Tauros, altro che le triremi di
Annibale. D' altro lato , non è probabile che Annibale siasi
fermato in quello che oggi è il porto di Augusta {sinus me-
garensis), giacché di lì al sobborgo di Epipolai, punto culmi-
nante della frontiera settentrionale di Siracusa , non corre
molto intervallo; e il capitano cartaginese si sarebbe in tal
modo trovato molto vicino per recare aiuti a' Siracusani. In-
vece, egli dovette senza dubbio ancorare il proprio naviglio
nel X:|x^v Zi^wveto? che è ad Est della penisola ov'ò oggi Au-
gusta (vetusta Xiphonia). 11. che trova un sostegno nel testi-
monio stesso di Diodoro, secondo cui pare di dover inferire
che anche Xiphonia, in queirurto romano-siracusano, doveva
essere o alleata o meglio soggetta a Siracusa, come Megara,
Leontinoi ed altri centri popolali della vicinanza.
Dopo tutto, niente avvi, per quanto io abbia fatte delle in-
dagini, che si rapporti a testimoniare la posteriore esistenza
di Xiphonia, la quale non ebbe certo alcana importanza per
sé , ma dovette influire ai commerci il suo preziosissimo
sito con porto ad Est e ad. Ovest, di sommo vantaggio
per la metropoli siracusana. 11 geografo Stefano dice appena:
Et'^wvt'a, TióXcg ]StxeXia; , valendosi di Teopompo [Philipp. 39],
e assegna ai suoi abitanti il derivato di Xt^toviixat , come da
Caulonia KauXwvtàtat (1).
R. N. assisted bj- the officers of H. M. S. Ilyara il867;; e) Bnja e porlo
dì A w(/ws/a. Rilievi eseguiti sotto la direzione del cap. di vascello G. B.
Wagnaghi comandante il r. piroscavo Washington (Genova, R. Ufficio
Idrografico, 1888). Alle quali vuoisi aggiungere la carlina dell' ing. L.
Ferraguto, come appendice all'opuscolo menzionato (IS62).
(1) Rammento i testimonii moderni, da altri citati, oltre il F'ais, di
cui sópra: dopo Filippo Cluver, Sicilia Antiqua, I, ss., che la' métte
òv'é oggi Augusta, cons. P. Pixto , Invilo alia càìnpaprui di Megara,
e. 7,' n. 1 (colloca X. dove abbiamo mésso la piccola Tanroiiieniòtì)..
Interessanti sono : J. Schubiukg , Zeischrifi far alìgemeine Erdkun-
440 XlPHONIA E TAUBOMENION
*
* *
4. Nelle costruzioni delle strade in Augusta , da un ven-
tennio ad oggi, numerose furono le scoperte di tombe, mas-
sime nella parte meridionale della città, dove più probabil-
mente sarebbe stato il centro dell'abitato. Io segnalo per pri-
mo nel predio Palina, di proprietà della signora Trerae-
stieri, fuori il circuito della città e vicino al piano della
fiera , e propriamente attraverso le rive N-E del siniis Me-
garensisj una tomba praticata sopra un enorme scoglio, l'u-
nica ctie siasi discretamente conservata ; mentre altre di si-
mile formazione, che sono sparse per un centinaio di metri
lungo la riva medesima, o vennero distrutte da operai per
bisogni di pietra, ovvero per Fazione delle acque del porto fu-
rono ridotte in tale stato da conservare appena gl'indizi del
loro stato antico di sepolcri. Gli è nondimeno evidente che
quella costa, ove oggidì il mare si è venuto internando di più,
tanto da rimanere a un 7."^ qualche scoglio con tomba in
mezzo al basso fondo, fu in epoca remota una piccola necro-
poli. Del resto qualche altro sepolcro si è scoperto eventual-
mente nel predio interno, or non è molto, e quindi questo se-
polcreto può ascriversi con ogni probabilità alla greca Xipho-
nia, non avendo altre testimonianze che lo rapportino ad al-
tro ciclo prossimo di abitazione, che vorremmo invano ri-
cercare.
Abbiamo visto i pochi rapporti di Xiphonia con Tauro-
menion, alle falde dell'opposto TaOpo?. Qui appunto si scorge
qualche memoria archeologica, non per anco segnalata, e però
de, XVII, p. 447 «8.; A. HoLM , Geschichte Siciliens , 1, p. 390; E. A.
Frkbman, Ilinlory of Sicily, IV, pg. 114. « Ihe first haltlng placo ol" the
Syracusan army was made at that other Tauros which overlooks the
Ma jatt to the north or tho peninsulu of Xiphonia >, e p. 504-508 ove
discute il noto passo diodoreo XIV, 5U.
XIPHONIA K TADROMENION
441
di sommo interesse per dedurne come, oltre che all'epoca si-
cula, quella costa dovette essere centro di traffichi mercantili.
Vado un po' innanzi per fermarmi indi a poco al sito dove-
fu Tauromenion.
Nel predio di Santi Ciccarello [Pezzagrande, alle falde del
Tauros] presso alla moderna strada ferrata, in una sezione
verticale praticata or è un trentennio , oltre una prossima
enorme scavazione sotterranea, si ravvisa un sepolcro che,
per quanto potei osservare , doveva essere di un giovanetto,
del quale avanzano frammenti di cranio e le estremità. Il tu~
mulus era sub divo, e la terra sovrapposta lo aveva reso invi-
sibile prima del tempo in cui si faceva la ferrovia; era coperto-
da grande tegolone rossastro ; non ha resistito al tempo per
essere incavato in fragile tufo calcare.
Nei dintorni segnalo anche delle tombe sicule di ottima
conservazione, e più a settentrione, nel campo del signor Giu-
seppe Omodei-Ruiz, molte tombe a cielo aperto incavate nella
roccia (1). Più giù, anche nella contrada Pezzagrande (predio-
Passanisi), sembra scorgere i vestigi di un palmento o di un
piccolo trapetum, scavato sul dorso della collina. Nulla in
proposito può stabilirsi per la cattiva conservazione di questi
antichi vestigi.
Bisogna fermarsi alla così detta piccola Tauromenion per
ravvisare qualche monumento di maggior interesse e di cui
può pronunziarsi parere. Per l'esattezza delle indicazioni, rian-
nodo a quanto fu esposto le precipue determinazioni topogra-
fiche. Il colle Tauros comincia a Nord da capo Campolato,
che è di riparo alla rada dell'odierna borgata Brucoli [tra il
Pantakyas ad W. e la rada ad E.], e per un lungo tratto
quasi ad arco pronunciandosi verso la costa bagnata dall'Ionio,
finisce al capo S. Croce (TaOpos 5xpov tolomaico). Di questo
(1) Anche il Cavallari, {Megara. p. 31) segnalava tombe preelleni-
che nei bordi del porto megarese e da Leontinoi al capo S. Croce.
4à2 Xn-HOKIA K TAUROMENIOK
ultimo fé' cenno il noto Edrisi, geografo arabo del secolo XII
[v. Amari Schiaparelli, Bibl. Arabo-Sicula, Roma 1883, p. 67,
69]. Secondo Edrisi questo promontorio è a 14 miglia da Si-
racusa e a 6 (?) dal capo El Saliba (S. Croce). Per quel che
abbiamo indagato, Edrisi avrebbe confuso un po' la nomen-
clatura e inesattamente indicate le relative distanze; egli era
per ciò un improbabile sostegno pei propugnatori della Xipho-
nia ov' è oggi il Capo Molini. Se non che, a circa 2 km. dal
Ta-jpos àxpov tolomaico, costeggiando per la riviera dei Xc{jl7]v
Etcfcóvetos dello ps. Skylax,, e traversando i bassi terreni della
contrada Scat-dina, si giunge a una rupe inclinata in cui il
colle comincia a pigliar nome di iìanco. È qui appunto dove
converrà fermarsi per osservarvi di quelle costruzioni, o dirò
meglio delle escavazioni fatte per scopi pratici, rispondenti a
materiali bisogni della colonia Tauromenion, o di questa con
la vicina Xiphonia.
Sul vivo masso è praticata esteriormente una specie di in-
canalatura, opportuna e apposta fatta per il passaggio delle
acque piovane che quivi verrebbero a raccogliersi da una val-
letta discendente verso due differenti direzioni, Una di queste
tende al detto canalicolo che immetteva dentro una profonda
cisterna a Nord, servita certamente anche per usi campestri
in età non molto da noi lontana; un'altra direzione prende-
vano le acque discendenti verso un'apertura elissoidale che
comunica a Sud con due cisterne di non eguale dimensione e
profondità, ma attigue e messe in diretta comunicazione con
un finestrino nel lato sporgente della roccia. — Tutto ciò si
osserva nel predio del signor avv. Beniamino Bruno , con la
cisterna fuori dell'odierno giardinetto e le due vasche, al Sud,
in luogo non visibile ai passeggieri della campagna. — Quello
che più importa è la struttura dei due serbatoi , che offrono^
tati'? le particolarità per essere raffrontati a consimili tipi
ellenici e romani. Il serbatoio che si allarga al lato meridio-
nale à un circuito molto p|ù considerevole dellVaitro che è
scavato d'accanto ; di sopra, il canalicolo si congiungeva coq
XIPHONIA. E^TAUKQUEKiOK ^,3h
una vasca aperta che comunicava con una delle due (forse la
maggiore) cavità. Ambedue offrono una pulita ed intatta ce-
n^entazione rosseggiante con pareti liscie e con tetto da nien-
t'altro interrotto che dalla osservata apertura comunicativa.
Oltre a questi importanti serbatoi, il giardino Bruno, prolun-
gandosi alquanto inclinatamente in direzione E-W , è chiuso
d^ una forte cinta murale, le cui basi servirono per l'innalza-
mento di muraglie dovute al seicento. Tra i due serbatoi
^, la profonda cisterna fuori il giardino, trovo a una certa
Pl-ofondità frammenti svariati di tegoloni sepolcrali in argilla
rossastra, stoviglie frammentarie ed altri rottami in bella po-
licromia ellenizzante, dai quali nulla d'importante può rilevarsi
se non si scavano le basi di quell'intervallo che, fino a qual-
che metro in giù, appariscono molto solide per sostenere forti
edifìzi. L'attuale livello presenta varii intagli che dovevano
sorreggere dei buoni fabbricati ai lati dei serbatoi. Dentro
il giardino, ov' è il piano inclinato, si scorge un tale aspetto
del terrapieno, da potersi opportunamente credere come punto
in cui, per canali interposti, potessero scorrere le acque ac-
cumulate di sopra. Dopo ciò, resta a fermare la curiosità nella
vasca settentrionale, che ho indicato come più piccola. Vi si
accede con facilità per una scaletta che è con sicurezza fattura
qoutemporanea all'intaglio roccioso dell'internamento. Il pavi-
mento è del tutto piano e ben livellato ; né esiterei a giudi-
carlo atto ai bagni, ovvero all'immissione delle acque purifi-
cate nella attigua vasca. Tra di esse è, quasi in continuazione
alla parete comune, un arcosolio con due alti gradini di sotto,
^r" i quali si può penetrare nella vasca settentrienale. In
<;Qmplesso, è indiscutibile che a queste due cavità giungessero
!(?, acque dal valloncello superiore. I vecchi colopi del predio
j^^rlano anche di un quarto serbatoio di apqua ancora più
a settentrione, che ven/ie interamente cQlma,to con pietre ^,
terra.
Questo è l'estremo confine orientale della colonia Tauro-
jnenion, la quale da quella rocciosa frontiera si prolungava
444 XIPHONIA E TAUROMENION
per un tratto quadrangolare. La sua popolazione potè giungere
a poco meno di quanto fu detto probabilmente per Trotilon,
da 4 a 5 m. ab. Parrebbe che proprio nel luogo delle vasche
doveva essere la parte più forte e cospicua del t:oXiXvcov, tanto
più perchè antichi testimonii assegnano comunemente la con-
serva delle acque comuni o private o di ricchi mercanti in
luoghi esteriori all'abitato. Si può pensare, quanto a' serbatoi,,
che siano stati non tanto una xoX'jjjiSYjOfa, ^piscina, lavacrum^
come quella che fu da altri notata in vicinanza di Megara-
Hyblaea; ma meglio forse un Xàxxoc, o m\ dividiculuYrì.GW
Ateniesi ed altri Greci facevano delle fosse nascoste sotterra,
larghe e rotonde e quadrate, eùpuXwpa, dice il lessicografo
Snida s, xal atpóyYuXa xal Texpàywva, xal laùia xovcwvxec: , dvo"^-
67:£5éX&'''^o xal eXai&v eti; aOxà xal xaOxa X a x x o u <; èxàXouv [cf.
Suid. s. V. Xàxxcs; ed Aristoph. ThesvHoph. 43; per "omoge-
neità di forma Snida chiama pure Xàxxo? il sepulchrum, fossa,
mors\. — Sopperisce, per l'identificazione dei nostri serbatoi,
Plinio [N. H., XXXVI, 52 (23) ] : — « et cisternas calcis
quam vehementissime duabus (parlibus) construi convenit,
fragmentis scilicet silicis non excedentibus libras ... ; utilius
(jerninas esse, ut in priore vitia considant aquae , atque per
colum in proximam transeat maxime pura aqua ». E realmente
le due cisterne vicine della piccola altura di Tauromenion
hanno tutte le caratteristiche della tecnica pliniana, ed il co-
lum ["^.Ojiói;, •?,0dtvtov, StuXtcxìf^p] è il finestrino donde passava da
una vasca all'altra l'acqua purificata. — 0 può anche conget-
turarci che quivi sia stato un dividicidum o casiellum [v. Pe-
sto, Verh. signif. s. v.], o meglio una torre in un acquedotto
con serbatoi relativi, dai quali l' acqua era con tubi appositi
0 canali distribuita nella cittadella sottostante o per un certo nu-
mero di privati [cf. Frontin. 116]. Anche in Columella (1) si
hanno delle opportune spiegazioni , attesa la località su cut:
(1) Colum., De Re liuffica, I, 5, 2 (?8.; cf. Pallai», R. R. I, 17.
XIPHONIA E TATJROMENION 445
vennero scavate le vasche (1), ove dice: « hae (aquae) quoque
si deficient, et spes arctior aquae manantis coej/erit, vastae
cisternae hominibus . . . instruantur, colligendae aquae tandem
pluviali, quae salubritati corporis est accomoda tissima: sed ea
sic habetur eximia, si flctilibus tubis in contectam cisternara
deducatur: buie proxima fluens aqua e montibus oriunda, si
per sacra praeceps devolvitur . . . caelestis aqua maxime sa-
lubris intelligitur ... ; optime autem salubribus, ut dixi, locis
ad orientem, vel ad meridiem, gravibus ad septentrionem villa
convertitur: eademque semper mare recte conspicit, cum pul-
satur . . . , nunquam ex ripa, sed paullura submota a litore
(proprio come la posizione della piccola Tauromenion con le
vasche alquanto distanti dalla rive del sinus Xiphonicus), etc »
— Ho tutto riferito il testimonio di Columella che , tra quel
che dicono in proposito gli altri scrittori di costruzioni simili,
è il più sicuramente adatto per l' identificazione dei serbatoi
tauromenii. E siccome i Greci nei loro acquedotti seguivano
l'esempio della natura, nel nostro idraulico monumento si rav-
visa la discendenza avvallata della collina che si prestò benis-
simo per scavare la roccia sottostante all'uso indicato. Se nelle
nostre cisterne, secondo la più probabile congettura, si nota
una riserva delle acque piovane utili in caso di siccità o per
la provvisione dei possibili approdi navali nel porto Sifonico;
con esempi consimili abbiamo a ricordare quanto venne sco-
perto in Atene, Delos, Cos, Geos, Siracusa, per lo più, come
sull'antica piccola Tauromenion, « sul dorso sassoso delle col-
line che scendono verso il mare», siccome avverti Golumella
e poi i moderni archeologi. Questi monumenti appartengono in
massima al periodo della tirannide, con rete di canali che va-
li) Per simiglianti costruzioni elleniche vd. Curtius, Ueòer slddtische
Wasserbaulem d. Hellenen in ' Archaeol. Zeitung ' del 1847, p. 19 ss.;
cfr. GuHL e Kohner, trad. Giussani, o. c, I (Grecia^ pg. 99 s. e flg. 100
* Fonte Burinna ' suU'is, di Cos, scoperto dal Ross.
Arch. Sfor. Sic. N. S. anno XXIV. 29
446 XIPHONIA K TAUROMENION
lessero alla distribuzione delle acque nella città fabbricata sul
bassopiano. Anzi, per buona parte dei possibili raffronti, noto
come pure nei tre serbatoi della fattoria tauroraenia, per quanto
insegna Vitruvio (1), « il corso d'acqua disponibile d'ogni sin-
golo condotto era diviso in tre parti, 1' una destinata ad ali-
■mentare le fontane pubbliche , la seconda per le terme , la
terza, infine, per Fuso privato». Or appunto la cisterna a
nord, come più profonda e larga abbastanza , doveva o po-
teva somministrare , anche per essere in luogo alquanto più
basso delle altre, le acque alle fontane sparse nella cittadella
di Tauromenion; e la seconda, cioè Tintermedia , era giusta-
mente identificabile per vasca delle terme non tanto per la
maggiore lindura delle sue pareti e il tetto a volta, ma sin-
golarmente per la gradinata utilizzata e fattavi appositamente
perchè vi si scendesse nel piano e ben levigato pavimento.
E ognuna delle tre, come potrebbe risultare dopo una breve
campagna di scavi , deve molto probabilmente avere i suoi
canali sotterranei.
5. Se non che, a parecchi metri dalle vasche descritte, e
•sempre verso sud, lungo le falde del Tauros, sono solide fon-
damenta di ragguardevoli fabbricati, che forse non dovevano
far parte del nocciolo principale di case onde si svolse la pic-
cola Tauromenion. Quel che somministra il metodo architet-
tonico in luoghi cosi prossimi al declivio di monti, è Colu-
'mella (I, 5, 9], che rilerirò pure originalmente per la mag-
giore identificazione delle superstiti basi ora visibili: «— Qui»-
quis, egli avverte, aedificia volet in declivibus areis extruere,
semper ab inferiore parte auspicetur: quia cum ex depressiore
loco fuorint orsa fundamenta, non solum superfìciem suam fa-
ci) Apd OuHi. KoHNKK (trad. C. Giussani), o. c, II [Ruma], 1889, p. B7.
XIPHOXIA B TAUR0MEKI02T 417
cHe sustinebunt, sed et prò fultiira et substructione fungentur,
adversus ea, quae mox, si forte villani prolatare libuerit, ad
superioreni partem applicabuntur : quippe ab imo praestructa
valenter resistei! t contra ea, quae postmodum superposita ìd-
cumbent ».
Di tali sicuri fondamenti abbisognava il sito in discorso,
dove certamente era un fabbricato campestre, molto vicino
al circuito della fattoria. Della solidità architettonica danno
prova, per quanto vi scorse la nostra osservazione, i vestigi
di profonda e soda costruzione, alla quale incombeva dal lato
orientale l'immediata rupe. E, senz'altro , siccome giù da quel
sito in direzione N-W si distendeva nel bassopiano, alquanto
inclinato, la stazione di Tauroraenion; siccome pure gV indizi
superstiti della collinetta e vasche prossime nulla presentano
di straordinario e per quantità tegoloni , frammenti di vasi e
stoviglie in ceramica, opino che, tra il luogo onde si fron-
teggiano le vasche e il circuito della cittadella, doveva essere
un intervallo di più che 20". Cosi potrebbe essere stato, an-
che per la grande contenenza delle vasche, massime di quella
più profonda [cistet^na] e dell' altra la più a sud [Xàxxo^], che
esse fornissero acqua a tutta la piccola Tauromenion con tubi
fittili, dai quali probabilmente scorreva inferiormente perchè
gli abitanti potessero attingerne con comodità.
* *
Dalle vasche in giù trovo due grottini con sarcofagi larghi,
•sufficienti per potersi chiamare bisomi o trisomi. Per i vestigi
che se ne ravvisano nella parte esterna diretta a ponente,
suppongo che dovevano essere delle piccole tombe a finestra;
giacché, per quanto le intemperie e la friabilità della roccia,
oltre alle acque discendenti dalla imminente collina Tauros.
■abbiano in gran parte rovinate le tracce ad intagli, è chiara-
mente visibile una buona scanalatura quadrata, opportuna per
•poter contenere un coperchio appoggiatovi perpendicolarmente.
448 XlPHONIA E TAUBOMENION
Quella zona di campagna, molto frequentata e oggetto di false
credenze popolari che spesso indussero degli avidi coloni alla
ricerca di pretesi tesori , è ora , per il lato archeologico, in-
uno stato di deplorevolissima squallidezza , ed invano vi si
vorrebbe scorgere l'indizio di qualche notevole vestigio antico».
a meno che non si tratti di grossi intagli rettangolari che ac-
cennano a considerevoli ediflzi.
V
*
* *
Importa ora dire del vero nucleo abitato. La piccola*
Tauromenion , fabbricata in una zona quadrangolare, per
quanto è lecito a dire, si distendeva alquanto all' ingiù dai
piedi della collinetta Tauros per una superfìcie piana che,
siccome fu osservato, sensibilmente scendendo, finiva per
giungere press' a poco alle odierne saline , le quali debbono
essere un'opera non molto remota. Non è improbabile che,
neir epoca greca , sia stato utilizzato da piccole navi anche
quel tratto del Xt[jirjv Zc(^a)veio? ove oggi sono i tratti della sa-
lina Regina. Di tal guisa la piccola Tauromenion, intimamente
legata alla vicinissima Xiphonia, per quanto potè durare bre-
vemente, aveva facile la comunicazione ordinaria con l'uno e
con l'altro porto. Non è chi non vi scorga una piccola fatto-
ria che aveva tutti i vantaggi marittimi. Se non che la super-
ficie del campo tauromenio^ oggidì molto soggetto alla colti-
vazione, ha dato qualche monetucola di bronzo ora smarrita,
e qui e là vi si ravvisano, tra le moderne muraglie di con-
fine, un buon numero di pezzi ad intaglio che lurono all'età
di Tauromenion adibiti per costruzioni edilizie. Numerosi
sono i pezzi c^ei soliti tegoloni a colore rossastro con pro-
fonde incavature laterali ; frammenti di giarre e di grandi
vasi striati di linee a varii ordini; molti rottami di vasi e di
anfore, stoviglie di pulita ceramica con tinta di elegante rosso
e nero. Tali vestigi, che ricoprono flnoggi la superficie del
predio, sono veramente abbondantissimi e svariatissimi. I dati,
XIPHONIA E TAtJKOMENIOK 449
attuali possono ricevere maggior luce con una buona campa-
gna di scavi; e come a Tauromenion, ne anche al monticello
Trotilon e alle catacombe presso il fiume Damyrias [Moli-
nello, vd. nei segg. cap.] fu finoggi tentata una sistemata
•campagna di scavi. I segni evidenti per riconoscere la pic-
cola Tauromenion , quasi interamente manifesta per la qua-
drata zona di rottami ellenici ed ellenizzanti, si ravvisano nel
predio dei sigg. Francesco Lavaggi a nord e Beniamino Bruno
a sud. — Una testolina umana, grafflta sopra un frammento
di rossa ed elegante ceramica, potei raccogliere casualmente
nel corso delle mie esplorazioni. Nondimeno, in quel fianco
meridionale della collina che dista un mezzo km. dai descritti
serbatoi e in prossimità alla' riva del Xi{ir]v Zi'^wvecos, scorgo
vestigi di muri ciie procedono in senso parallelo verso la co-
sta, e accennano a un edifizio separato e di utilità marittima.
Quivi presso sono anche rottami di stoviglie e di grossa ar-
gilla rossastra, che facevan parte di qualche grande giarra o
dolium [v. Columella, R. A*., XII, 6, 1, e 4, 5;Varron., li. R.
Ili, 15, 2], a bocca larga e di grande capacità per contenere
di quel vino che , come avverte Seneca [Epist. 36] sarebbe
stato poi messo in amphorae, o\w ero per grano, olio od altro di
simile. Quella parte di collina che scende inclinatamente verso
ovest al jiorlo Si fonico è oggi chiamata Granaielli ; i vestigi
indicati sono presso alle grotte che si denominano volgarmente
Mannarazzi (dispregiativo di mandre).
Riassumendo: la piccola Tauromenion, che pare non
abbia avuta lunga vita, può essere stata abitata dagli Zanklaioi
d'Hybla; messa in rapporti con la vicina Xiphonia , sembra
abbia goduto d'una propria esistenza fin quasi al tempo di
Nerone II o poco dopo. Di importante nell'antichità fu il suo
porto; quello che Tolomeo chiama Tajpo? àxpov è la punta
estrema (a sud) della piccola fattoria, attorno alla quale si
dovette svolgere un centro di popolazione non molto nume-
rosa, attesa la vicinanza di molte altre cittadelle; solo le va-
sche meritano oggi speciale attenzione.
460^ PAWTAKYAS
IV. — Pantakyas, Damyrias, Mylas, Selinous, Alabon.
Nella breve descrizione archeologica di quel che riguarda la
topografia dei dintorni augustani, cercando pure di secondare
il desiderio di persone locali, non ho voluto trascurare qualche
notizia sui fiumi Pantakyas, Damyrias, Mylas, Selinous, Alabon,
che furono, in talune vicende classiche, teatro delle guerre spe-
cialmente sostenute da Siracusa , senza la cui storia in rap-
porto con l'evoluzione di Thapsos, Megara , Leontinoi e Ka-
tane, nessuna importanza avrebbero e come i fiumi mento-
vati, cosi gli altri siti limitrofi.
Riassumo per quest'argomento i testimonii antichi che ri-
velano l'importanza relativa di cotesti fìumicelli, movendo dai
dintorni di Trotilon presso cui scorre il Pantakyas, e di li
giungendo a mezzogiorno fino al piccolo Alabon che si getta
accanto alla megarica Hybla.
1. Il fiume Gisira o Porcari (1), donde il nome di ' Por-
caria' ad una confinante estensione campestre, ha origine
tra Carlentini e Villasmundo ; ha il suo corso medio vicino
al monticello su cui sorse il nucleo civile di Trotilon , come
fu detto a suo luogo, e si getta, qualche volta assai impetuo-
so, ad ovest della borgata di Hrucoli. Fu rilevato il passo tu-
cidideo [VI, 4, 1]; xal ònìp Ilavtaxuou te tzox<x.\ì.o~j TpwxcXov. Da
(1) Cfr. oltre Fazello, T Holm, D. Geogr. ani. d. Sicilin, p. 13; Co-
LUifBA, Archeol. di Lentinoi, o. e, pg. -41 ; A. Holm, Storia d. Sicilia, ì,.
p. 74, or'é fatta l'analisi navra-xoO, itavra-T^ac (Vibio). In alcune eilii-
zioni di Tucidide anche navTaxte;, — Nel Forcellini-Furlanetto, a. v. è
avvertito che altri lo derivano da ndiayo?» /'v/^o'", • il":i per saxa vola-
tas soDitam orgentem edit. Secaridum fabala;), olim, dum plenus ince-
derei, totam Siciliani sonito implebat; post raptum autein Proserpinae^
cun» Cereri filiain quaerenti obstreperet, tactMc iujjsns paruit numinis
volontarti » ; cfr. Sam, Bocharti, Geogr. Sacra seu Phaley el Canaan^.
Lagd. Bat. 10^2, p. r)38.
rANTAKYAS 451
Vergilio è nominato invece Pantagia [Aen. Uli, 689J e ne so»:
segnalate le opposte rive rocciose, con molte grotte naturali
utilizzate in remotissime epoche sicule. La roccia, fino alla bocca,^
mantiene un'altezza considerevole che fé' dire al poeta : « vivO)
praetervehor ostia saxo Pantagiae ». Nel commento di Servio ar
Yergilio vien fatto cenno dell' irruenza del fiume: « cum ple-^
nus flueret, implebat sonitu pene totam Siciliam, unde et Pan-
tagias dictus est, quasi ubique sonans ». \ì è tuttavia un'e-
sagerata descrizione, ma dalla quale si rileva la fama avutai
da quel ruscello che, solo non molto lungi da Brucoli, pu^
prendere il nome di fiume. Anche Tolomeo [HI, 4, 9] ne fa
menzione, ma, secondo alcuni codici, variandone alquanto 1»
nomenclatura : Uavtàxou TioxafioD iy.^oX(xi , e cosi é pure chia-
mato Panlachus nella Tavola Peutingeriana. Sicché, da Tuci-
dide fino al IV sec. dell'è. v., si è mutato il x nella gutturale
media y P^r ridurre poi questa all'aspirata X che trovasi sola-
mente nel Panlachus di qualche cod. tol. e in Peulinger. Nel caso-
comune, rischiarato dalla nota di Servio, si scorge molto di
verosimile tra il fatto dell'irruenza conosciuto dagli antichi e>
la formazione etimologica del nome Pantagia. Giacché, se
guardiamo al Ilavxaxua; tucidideo, esso si risolverebbe agevol-
mente in Tcàvxa, omnia, e xuw ^= xuéw , ingravido , dal quale
xu^a, onda, acque ondeggianti onde xò xu|jia GoXàaor]?, oltre a
xuap e xua6o;, cyathus, xuxc; = cutis, circuito, ampiezza, tutto
ciò che involge, usato per esprimere qualunque idea di cavità.
In ogni modo si trova opportunamente denominato il flumicello
Pantakyas in rapporto alle sue coste inferiori, che son forti
burroni i quali formano una lunga e relativamente larga insena-
tura incassata; nel qual senso è anche inclusa l'idea di un danno-
so ondeggiamento che si concilia con la toponomastica di Tuci-
dide e con la variazione posteriormente assegnata. Nulla dirò per-
tanto del più comune Pantagia e Pantagies, nel quale si ravvisa
come la piena di quel fiume deve tutto travolgere e trascinare quan-
to gli avvenga d'incontrare sulle alture ove si interna la sua valle,
compresa la cava di Marcauto presso cui è Trotilon [cf. ^yw].
452 PANTAKYAS
Ma, d'altra parte, il IlàviaXo^ tolomaico e peutingeriano non
addimostra che un lieve cambiamento fonetico , che sempre
conserva tuttavia il concetto già enunziato. Confrontinsi a tal
uopo gli avverbi TiavTaXf] e TravxaXTj , TiaviaX^Sev, uavxaXoT e 7:av-
xaxóas, 7:a>/TaXoO e Tia^/TaXwg, che significano complessivamente
«da per tutto, da tutte le parti». I quali, messi in raffronto
con Xu radice di X^w, Xe'jw (XéFw), verso, spando, e con X<5os
accanto a XoO? (e XóFo?), rase per versare, e X'^ot;, versamento^
dichiarano l'affinità della denominazione intesa ad esprimere
gli sbocchi impetuosi del Pantachus in tempo di piena : e
certamente, per quanto iperbolica la nota serviana, aveva
molto fondamento sulla realtà. Anche il Bochart (1. e.) a tal
proposito aggiunge: «Fallor an Poeni patlak vocarent a
verbo syro petak, id est iaculari, proicere, et cum impetu
propellere, ... ut Cluverius author est, licet cursu sit brevis-
simus, ut qui sex circiter ab Leontinis oritur passuum mini-
bus, tamen hiberno tempore Leontinorum collium torrentibus
imbribusque auctus, tanta vi devolvitur, uti magnam saxorura
copiam secum trahat».
Ovidio lo nomina in mezzo a Megara e al Symaithos
[Fasi. IV, 471-2J:
• Liqaerat Ortygien, Megareaqoe, Panlagienque
Quaqae Symaetheas acciplt ire aqaas » ;
E 'Paiitagies' lo ha pur chiamato Plinio \N. H., Ili, 14, 3
amnis P.], mentre è detto Panlagia da Vibio Sequestre , da
Silio Italico [Puh. XIV, 231] e da Claudiano [Rapi. Proserp,^
II, 58]. Nell'Archeologia di Trotilon ho preferito chiamarlo
Panlakyas, attenendomi al più antico testimonio che si abbia
in proposito, il grande Tucidide. Por la vicinanza con Tro-
tilon, fortezza di Leontinoi e poi di Siracusa, il flumicello ac-
quistò importanza nell' antichità. Fu molto frequentato quel
largo braccio di terra che si distende dalle sue rive a quelle
deiropposta rada di Brucoli. Presso il luogo ove oggi resta il
DAHYRIAS 453
castello di Giovanna, di cui si fé' cenno in nota, era la sta-
zione mercantile leontina donde si rendeva agevole il carico
dei grani prodotti nei famosi campi leontinoi. Il Pantakyas e
la rada di Brucoli, soli ricoveri marittimi dall' odierno sob-
borgo fino a Messane, erano certo utilissimi approdi pei com-
merci nell'antichità greca e romana.
*
* *
2. In direzione N-S, cioè da Trotilon verso Siracusa, s'in-
contra per primo il corso dell' altro flumicello che chiamasi
oggi Molinello, dai Saraceni Yaddeda , dai Greci con ogni
probabilità Damyrias, per come suggerisce 1' Holm. Ma non
voglio trascurare, nel non piccolo intervallo tra Pantakyas e
Damyrias, la designazione di alcune tombe che restano tut-
todì dalla valle di Marcauto alla contrada Torre. Molte grotte
che rimontano ad epoca sicula, e delle quali non mi occupo,
si trovano lungo la cava Marcauto; indi, prima di ascendere
sulla sommità della collinetta Trotilon, sopra un poggetto di
forma circolare od elissoidale, si osservano i vestigi delle fon-
damenta di un edifizio che avrebbero tutto occupato il tratto
elevalo sulla valle, vedendosene chiari resti del recinto im-
prontato sulla stessa disposizione del piccolo altipiano. A po-
nente sarebbe stato un Tipóvaoi; {?), e ne resta una muratura
quadrangolare , la cui area è misurata dalla lunghezza E-W
per 7, 80*" X larghezza N-S in 5'". Il recinto è volgarmente
appellato chiesa, conserva segni molto sensibili di una remota
fabbricazione circolare : ha lunghezza E-\V in 26, 60'" X l^ir-
ghezza media (diametro) 23, 30°* circa.
Gli scavi condurrebbero a risultati più sicuri; per oggi
basterà una notizia preliminare nel campo archeologico. E si-
milmente è a dirsi per alcuni residui antichi, non anco esplo-
rati, nella parte di campo che ha nome 'Occhiali', ove, tra
le diverse grottine apposta scavate, àvvene alcune su massi
ora separati da quella roccia che costeggia un piccolo pendìo
454 DAHYRIAS
donde si discende a Marcauto. Ne segnalo una in ottima con-
servazione, con due finestre successive nel suo ingresso ; tra-
la prima e la seconda apertura doveva stare il solito Cooper-
cnlurn, opevculum, ambulalorium , 7i(s)\ia: dentro possono stare'
comodamente tre individui.
Infine, lungo la strada che dall'ex-feudo Arcile (N-E) mena
alla contrada Torre, comunemente chiamata ' trazzert grande',,
scorgo due tombe attigue scavate sub divo con dimensioni
più vaste alla base e più strette alT orlo ; ciascuna può dirsi
un sepolcro tetrasomo o polisomo anche. Una ài"' altezza X li93
luiìgh. X 0,96 largh. del fondo X 0,60 largh. a fior di suolo;:
l'altra, che ne dista 0,90™ e le sta in direzione parallela, ha
1" alt. come la prima X 1.93 lungh. id. X 1»20 largh. di ba-
se X 0,60 all'orlo. Non mi sembra improbabile che in quei
dintorni vi siano state altre tombe di simile tecnica, ora di-
strutte per rescavazione della pietra che vi si è fatta.
*
* *
Percorrendo circa 4 km. dal Pantakyas verso mezzogiornov.
in. quella svoltata che dal promontorio Campolato mena al
vasto porto di .\ugusta, si giunge al Molinello o San Giulianov.
che « nasce a mezzodì di Carlentini » e negli Atlanti antichi
non ha ordinariamente il proprio appellativo assegnatogli nel-
l'età classica. Quanto a ciò mi sembra di aver piena ragione
r llolm (1) di identificarlo qo\ Da^nyriaa [ow, Diarnyrias], di
cui niuu altro fa ricordo eccetto Plutarco (;i) nella vita di Tir
moleonte.
(1) Cons. A. HoLM, Geofj. ani. d. Sicilia, p. 35-30, o ii. U a pg. 91»
dove é i-irerita la testimoniarza di Arnoldt, D'Orville, Fazello, che son
dall' Holni discordi ; ~ id., Sloria della Sicilia, I, p. 74 ; J. Schubring,
Vmxtmnd. d. Megnr. MeerO., p. 4fi2.
(2) Plutarch., Timol., 31, ov' è a notare npecialcnento il tratto: to3
tipoXicynoi t^ KaXaup(av axpaTtóoocvTcc, 6 'Ixìtt;; è|i^aXiì>v ai; x^v £upaKoua{tt>
DAMYBIAS 455
Nel secolo IV a. €., poiché da Siracusa era stato cacciato
il tiranno (1) Dionisio II con l'opera di Dione , per rientrarvi
nel 346, il giovane Timoleonte, mandato dalla madre patria
Corinto nella metropoli siceliota per ordinarla e liberarla dai
soprusi della tirannide e dai pericoli di continue guerre, riu^
sci pure a spegnere l'ambizione di Hiketas (2i, signore di Leon-
tinoi, e di Mamerkos, tiranno a Katane (3). Il populo siracu-
sano, narra Plutarco, era malcontento, essendo oltraggiato da
tiranni (alludendo a Dionisio I e II, padre e figlio). E poiché
Mamerkos nello scrivere poemi e tragedie (4) aveva alla stima
di sé per aver vinto i mercenari, consacrati gli scudi agli dei,
vi incise sopra una violenta epigrafe metrica: 'Questi scudi^
tinti di rosso e fregiati d'oro li abbiamo conquistati con scu-
detti di poco pregio'. — Ciò fatto, mentre Timoleonte moveva,
verso Kalauria (v. cap. VI) a capo dell'esercito, Hiketes con
assalti tolse molto bottino da Siracusa, e molto danneggiando
e trattando con orgoglio si allontanò alla volta della stessa.
Kalauria, non provando timore di Timoleonte che aveva pochi
soldati. Quegli però , lasciatolo avvantaggiare nel cammino.
Xeiav te QMjy^iy èXaps . . . èxetvoc 5è TtpoXapelv èdox; i5itoxev iTrrel; J/wv xat
«l^iXcus. aiaGó|isvog 8' ó 'Ixéxr^; i:òv Aajiupiav 5ia^s.ir;x(bj urrsoxvj Tixpd tòv
noxafióv, cój à|iuvoi>jievo{. xal yàp aùtqi Sotpooc % te xo-j Tiópou x*^«'^<ìxt;5 xal
xò xpr,iivà)5ss xTjs èxaxépwOsv òxOr^; TcapeL^e. — Altre lezioni di Plutarco ri-
portano A'.xiJLuptac, del resto £a per Sia é un fenomeno lonetico non raro;
cf. 8tà , sillaba rinforzativa come ^x.
{\) GoKN. Nepot., Timcleon, li, 1.
(2) kl. . II, 3; cons. F. P. G Kìtov alo, IKETAS si-
gnore di Leontini, Catania 1892, p. 21.
(3) CoBN. NiiPOT., Tiinoleon, II, 4.
(4) Por la letteratura cortigiana in Sicilia nel secolo IV, vd. special--
mente C. 0. Zuretti, L'attività letteraria dei due Biori'sii di Siracusa
in ' Riv. di Filol. e d'Istr. class.' an XXV fase. 4.", pp. 529-557 e ann.
XXVI, fase, l.o pp. 1-23 [1897-98], e per più larghe notizie sui tempi di.
Cerone I, cf. G. Busolt, Griech. Geschichle, Bd IH . T. I ' die Pentekoir-
taètie', Gotha 1897, p. 151 ss.
456 DAMYBIAS
gli mise in rapido movimento la cavalleria, pur avendo dei
veliti. Accortosene Hiketes , varcato il Damynas , si collocò
furtivamente presso il fiume per difendersi , e poiché aveva
egli coraggio e (quanto a Timoleonte) c'era il pericolo (o la
dilficollà) pel passo attraverso il fiume e il dirupo da tutte e
due le parti della riva elevata, si fermò dinnanzi. La soprav-
venuta contesa e l'emulazione produsse ai condottieri insieme
con Timoleonte il ritardo della battaglia ecc. » — Vi sono spic-
cale particolarità riferite da Plutarco, e si presentano esse
con molta esattezza di identificazione perchè si possa risol-
vere la questione del Damyrias - Molinello. È vero che Hike-
tes [a. 339 a. C.J aveva dove nascondersi presso al Molinello;
giacché, entrandovi lunghesso la riva , fin oltre quel tratto
alla cui riva sinistra è il piccolo altipiano roccioso con cimi-
tero cristiano dei primi secoli , in relativa uniformità sono
più innanzi molto elevate le opposte sponde. E Hiketes leon-
tino poteva opportunamente annidarsi con le sue forze uapà
Tòv TTCTajjLÓv, w? à[xuvoó[ji£vo(; ; ed é anche vero che egli vi si
trovava in condizione da potersi difendere e riparare contro
il duce Timoleonte per il fatto che rj xs uópou yjxXzTibvr\c, xal xò
xpif][iv(ì)5e? x%q IxaTÉpwGsv 5x67]; erano favorevoli condizioni pel
tiranno leontino. Per altro, « é chiaro, nota Holm, che il Da-
myrias fosse tra Siracusa e Leonlinoi, perocché Hiketes, che
carico della preda siracusana lo valica, ò in punto di riti-
rarsi naturalmente verso la sua Leontinoi ». Ora, da Siracusa
a Leontinoi vi sono i flumicelli Alahon (s. Gusmano) e Selinous
(Gantara) ai lati S. e N. di Megara-Hyblaea; indi il Mylas (Marcel-
lino) e, più a settentrione, rimpetto alle due fortezze spagnuole
Garzia e Vittoria, isolotti del porto di Augusta, scorre il Mo-
linello, costeggiante internamente con ripide elevazioni. Tutti
e quattro tali flumicelli si gettano nel gran porto augustano;
né altro ne scorre a tramontana che il Pantakyas, il quale,
come meglio noto universalmente, anche per le sue relazioni
con la storia di Leontinoi, poteva essere ricordato da Plutar-
'CO. Né si possono idontiflcare le particolarità della sua descri-
DAMVRIAS 457
zione militare con quanto offre il corso del Pantakyas, ancor
esso incassato da rupi; e poi Hiketes sarebbe stato troppo lon-
tano, né avrebbe potuto percorrere si sollecitamente tutto quel
tratto che è dall'Epipolai al Pantakyas. Infine, non dobbiamo
uscire da questi limiti per la circostanza che Timoleonte, dopo
avere spinto con un lieto presagio i soldati ad entrare nel
fiume, come narra ancora Plutarco, indusse i nemici a pie-
gare. Questo urto potevasi fare lungo il corso del Molinello (1)
che, per non essere molto largo, non doveva offrire ai Sira-
cusani tante difficoltà. — Dopo questi fatti si ricordano le ope-
razioni militari col cataneo Mamerkos presso 1' Alabon , sic-
ché non occorre pensare ad altra regione per rispetto alle
campagne di Timoleonte coi Leontinoi e coi Catanei alleati.
*
* *
Oltre a ciò, l'archeologia del Damyrias ha d'interessante le
catacombe, delle quali ho dato per il primo notizia neW Ar-
chivio Slot'. Sicil. del 1896 (2). La loro forma architettonica
é in tutto consimile a quella del cimitero di san Giovanni
(1) c:rr. E. A. Freemann, HisLory of Sicily, IV, Oxford 1894 , p. 334,
n. 4 ove il chiarissimo A. dimostra che Timoleonte attaccò l'esercito di
Hiketas « in a strong position on the further side of the Damyrias, which
hat thei-L'lore lo be forded in the lace of enemy ».
(2) V. Strazzulla, Dei recenti scavi eseguili nei cimiteri cristiani
della Sicilia, con studi e raffronti archeologici. Estr. dall'A. S. S., N. S.,
an. XXI, fase. I-ll. pgg. 83-87 ; cf. J. Fìjhrkr. Forschungen zur Sicilia
Sotterranea, Miinchen 1898, p. 8 : « Valle del Molinello, zvvischen Augu-
sta und Lumidoro . . . Eine oberflachliche Besclireibung der Hypogeen
am linken Uier des Molinello bei Lumidoro flndet sich nunmehr bei
V. Strazzulla, o. c. ». Ne diedi una breve notizia perché quelle cata-
combe, quasi sconosciute agli archeologi cristiani, meriterebbero di es-
sere esplorate, massime nella galleria che s' interna inferiormente alle
più visitate e si barbaramente saccheggiate anche ai nostri giorni.
456
presso Siracusa. Le accennò appena Francesco Vita (1) nel
seicento, quando in Sicilia non si conoscevano ancora gli studi
di archeologia cristiana promossi dal Panvinio, da Jean THeu-
Teux, dal Bosio, il Colombo della Roma sotterranea, e da
Paolo Aringhi. Andarono indi soggette a molte devastazioni
non solo nel periodo dell' invasione saracena in Sicilia, dal
secolo ottavo in poi, ma anche fino a pochi lustri addietro.
Dopo i valorosi e fortunati conati del prof. Orsi, 1' unico che
abbia cominciato a esplorare la Sicilia sotterranea nelle Pro-
vincie di Siracusa, specie in san Giovanni, e di Catania, riu-
■scirebbe oramai di sommo vantaggio per la scienza agiogra-
fica e archeologica una buona campagna di scavi negli ipogei
- cristiani che, nei secoli IV-V e forse anche nel III, formarono
le necropoli delle vicine abitazioni. Così l'archeologia del Da-
myrias avrebbe più lumi per quanto gli si riferisce nel pe-
riodo iniziale del Cristianesimo.
*
* *
3. Il Mylas o Myla (Marcellino) è ricordevole per quel che
ne somministra Livio, ove narra i fatti che si riferiscono al-
l'espugnazione di Siracusa e città vicine [XXIV, 30, 3] : «Sy-
racusanis, octo milia armatorum agmine profectis domo , ad
Mylan flumen nuntius accurrit, captam urbem esse, cetera
falsa mixta veris ferens etc. » Il qual tratto, per le operazioni
militari del console Marcello, à relazione col seguente (XXIV,
31, 14): « quae ad Mylan falso nuntiata erant ». — Non corre
dubbio che il Mylas sia ora Marcellino, come sin dal cinque-
cento aveva detto il Fazello, e con lui l'Holm (2) anche og-
(1) F. Vita, Ineslo Islorico della culla di Augusla, Veoetia MDG.LIII,
•W. 8.
(2) A. HoLM, Della Geogr. uni. d. Sicilia , o. e. , pg. 13 ; cfr. ibid.
■^««rta tsompar. di Sicilia; id. Siorùi d. Sicilia, I, p. 74, cous. I. Schuuring,
Umwand. d. Megar. Meerb., p. 457.
81SLIN06 459
gidi. Poco distante dal Mylas è Luraidoro, nome della contra-
da campestre che dava pure il nome alla stazione ferrovia-
ria (1).
4. Quello che oggi diciamo Càntara (Rigolizia) è menzionato,
per quanto io sappia, dal solo Strabone [Vili, 7, 5, p. 387 G.]:
SXkoc, oè (7ioxa[xc/g) ^ileXivoO? 6 Tcapà -col; 'YpÀaioti; Meyape'jaiv oOg
à^iQXfpoL'^ KapX'yjSóvcot. La fonte è buona; nessun moderno vi
ha posto mente. Rimane a decifrare : quando i Cartaginesi
scacciarono i Megarei dalla loro città? Strabone non ha po-
tuto errare; parlando dei diversi fiumi che si chiamarono S^-
linunte (cfr. XVII, 3, 16 il 2^ fiume accanto alla città omo-
nima fondata dai Megarei nel 628; Ptol. Ili, 4,5), ricorda
anche il nostro che scorre a nord di Megara.
E tra il Mylas ed il ruscello Gantara, quasi interamente oscuro
nell'antichità, si possono ravvisare le memorie di Styella, a nord
di Megara-Hyblaea. Stefano Bizantino descrive cotesto forte: (2)
UxueXXa , <:ppouptov xf/c èv ^txeXta MsYap^So^ (per Megaris venne
intesa la regione che circondava 1' antica Megara Hyblaea).
Parlando di Trotilon ho richiamato l'attenzione sulla conget-
tura del Columba [o. e, p. 51] che dove Tucidide VI, 94 dice
degli Ateniesi di esser partiti da Katane ed indi uapéTiXeuaav
iÌ7il Meyapwv x(I)v èv x^ i^txsXta . . . xal èXSóvxsj ini è p U|xà x t xwv
Supaxouotwv xxX. . . , può forse riconoscersi che lo storico Ate-
niese alludeva al castello di Trotilon. Queir epujia per altri è
il forte di Styella, come pensava il Gòller e l'Orsi (3). Ma di
Styella fu già scritto da altri [cf. Steph. B. a v. 'YpXat ... :
fjL^a 5è xwv 'YjjXiòv SxOsXXa xaXelxa:].
(1) Oggi staz. di Megara-Iblea.
(2) Leake, Numism. hell. Sic. (London, 1854), p. 70, ricorda due mo-
"nete d'argento di Styella nel British Mnseum ; cf. Schubring, o. c, p. 462;
HoLM, Sicilia, p. 152.
(3) Megara-Hyblaea, 1. e, p. 15.
■i60 ALABON
*
5. Tra Megara e Thapsos scorre YAlabon (san Gusmano),
od anche Alaba.% Alabis, di cui è notizia in Plutarco , come
fu detto [Timol. 34, p. 252]. Timoleonte, ^exà 5è xajxa axpa-
xeuaa? ènl Màfxepxov et; Kaxàvyjv xal Tcepl zò ^e~j[i(x, xr]v 'A [> o —
Xov (1) ex Tcapaxà^sw; U7t6axàvxa wi'/o\oac, xal xps'j'ajievoi; ÒTièp .
5toXtX''o'ji; àveìXev, tov |X£po; oùx òXiyov f^aav oì 7:e[jLcp0£vx£c utiò Téa-
xwvos è7X''xoupoi Ootvtxe;. Ricorda tal fiume Tolomeo [III, 4, 9],.
'AXàpou ;;oxa[ioù èx^oXat; e dove certamente Silio Italico allude-
a' Megaresi vicini, è appunto nel XIV, 227 :
' Nec non qai potant Hypsamque Alabimque sonoros '.
Oltre Vibio Sequestre [De Flurnin. s. v. corrotto Alachis\.
cfr. Hesychius {Leocikon, ed. J. Alberti, Lugd. Batav. 1746]::
'AXaplwi; Tzo-za\iòi, e Stefano B. che chiama 'AXa^wv città sicula
(tióXis [StxeXco;]) e fiume; ma con lui, che si esprime confu-
samente, non si saprebbe ove trovarne le traccie {ci. llolm,.
Storia di Sicilia, o. e, I, p. 165, n. 58; Schubring, p. 444).
Nelle monete di Megara vien raffigurato VAlabon « propter
fluvii imaginem ex Siculorum ingenio , qui haud dubie est
Alabus urbi vicinus » (2). È inesatto lo Schubring quando as-
serisce che il molo megarico potè essere stato in quel lungo
(1) Mi 8011 valso dell'ediz. critica curata da C. Sintenis (voi. II, Lps.
1879) che ha 'A^oXov, mentre qualche altra riport.i 'AXa^ov col Gluvkr,
Sicilia ani. I, 11; cf. Holm, Geogr. ani. d. Sicilia, o. e, pg. 13; id. Sto-
ria d. Sicilia, I, p. 75 e lo Schubring, Umic. d. Meg. Meerbusens, nelle
pgg. 444-44G.
(2) I. ECKHEL, Doctr. Numorum Veterum, I, p. 218 ; cfr. Leake, Num.
Hell. Sic. p. 00; Holm, Storia della Sicilia, I, p. 272; NJionnet, Mé-
daillea, I, p. 251, 289. Per lo vario leslimonianze cons. V. De Vit, Ono-
maslicon, I, s. v.
ALABOK 461
argine di terra che si spinge nel mare tra le bocche del Gàn-
tara e del San Gusmano. Giustamente l'Orsi avverte {MegarOy
p. 22, n. 4) che quivi « è un banco di sabbie e di scogli di
formazione geologica; nulla prova che esso possa essere una
gettata artificiale». Tanto lo Schubring, che l'Holm credono
probabile che il porto di Megara sia stato lo sbocco della Can-
tara (1) o Rigolizia, presso alla quale si videro le fondamenta
degli antichi vewoctxot ed una pietra con l'iscrizione Hc[Po}2].
D'altra parte, è noto che Megara, più che altro, era una co-
lonia agricola. — Chiudo questi appunti topografici col te-
sto di Diodoro (2) : « Dedalo , egli racconta , abitò presso
Cocalo e i Sicani per più tempo, ammirato nell'eccellenza del-
l'arte. Preparò in quest'isola quelle opere, che fino ad ora
restano. Vicino alla Megaride fece con senso artistico la co-
sidetta Kolymbethra, dalla quale un gran fiume (!?), chiamato
'AXXa^cóv si getta verso il mare vicino». Questa piscina o
lavacrum è in vicinanza dell' Alabon e quindi al lato Sud di
Megara - Hyblaea ; mentre dal lato Nord era il ^ppouptov di
Styella. — I passi relativi a quella xoXu{ji3T,epa si riscontrano
soltanto in Diodoro e Vibio a v. Alabis. L'Holm [Slot: d. Si-
cilia, p. 229, cf. p. 113 s.] aggiunge la difficoltà di poter tro-
vare anch'oggi gli avanzi del serbatoio che sarebbe stato
tratto dal f. Alabon nella Megaris, e quindi « rimane la con-
gettura che sia un'opera antichissima»; se non che egli stesso
(1) Schubring, op. cit.; Holm, Storia di Sic, pg. 272; Orsi, p. 23.
(2) DlODORO, IV, 78, 1: Aa£8aXoc 8è zapi te tw KwxctXq) xaì xolc Stxavol^
8iéxpi«J.ie TiXsto) xptivov, Gau[ia|^ó|jL£vos sv z^ xaxà ttjv léxvYjv òitsppoXTj. xaxEGxeóaoe
8' èv tf; VTjOfjj laÙT-Q xivtt xòiv èpyiDV, à |iixp^ "^^'^ "^'ùv Siapiévet. TtXrjotov [lèv yàp
xf)? Msyap{5oij cptXoxéxvwj èTroCyjoe xtjv òvoiiaJ^oiiévYjv KoXu|ipy;9pa , èg •^5 V^éfa.^
Tioxajjiòs sìg XYjv TiXyjatov GiXaxxav ègepsÓYSxat xaXoó|isvo5 'A X X a p (i) v. — Per
Dedalo che, tiratasi addosso l'ira di Minos, venne da Creta iii Sicilia, ove
fu ospitato dal re sicano Cocalo, vd. pure Plutarch,, Thes. 19: AaiSotXou tè
nXoitp cpoyóvxog sic 'AGr^vag, Mivo)? Tiapà xi Sóyiiaxa ^Jiaxpatg vaooi dicuxoDv ótcò
X8t|ii&vo5 «ìg litxeXiav àTtrjvéxOyj xdxel xaxéaxps^'s xòv ^ioy,
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 00
462 NOTE su MEGAEA
ricorda che, secondo lo Schubring, fu quella un'opera romana,
e secondo il Fazello essa devesi attribuire ai tempi di Fede-
rico II (sec. XIII) (1).
V. Note su Megara-Hyblaea.
1. Nulla dirò in proposito dell'eccellente lavoro di Cavallari
e Orsi suir archeologia di Megara [Megara-Hyhlaea , Roma
1892), ma mi fermo ad alcuni argomenti che le si riferiscono
solamente pel periodo imperiale, cioè per quanto si rapporta
ad avvenimenti cristiani dei primi secoli.
Quantunque distrutta nel 212 dal cons. Marcello [Liv. XXIV,
35, 1-2, l. e], che 'Megara vi capta diruit ac diripuit', varie
fonti greche e latine concordano tuttavia nell' ammetterne la
continuità dal I sec. a. C. al IV dell' è. v. Dei due golfi che
sono ad Est e ad Ovest di Augusta fa menzione Vergilio
[Aen., Ili, 689] :
'... Fantagiae, Megarosque sinus, Thapsuinque iacentem '.
Strabene nel l sec. di Cr. dice quanto rapporto una se-
conda volta: «I Doriesi fondarono Megara^ che prima s'era
chiamata Hybla. Quelle città (cioè Meg. H. e Naxos) sono di-
siiulle, tuttavia perdura il nome di Hybla per 1' importanza
del miele ibleo» (2).
(1) Talune mura esistenti a sud di Giannalena potrebbero attribuirsi,
Mcoodo Schubring, a quelle costruzioni; ma Fazello le crede dell' epoca
di Cesare; il Cavallari di epoca medievale (vd. Megara H., p. 29).
(2) Vd. in Stkab., VI, 2 [p. 267] singolarmente le parole al jiàv
oBv KÒX«t{ oòxé-s' •lai ; xò xfjc 'YpJlTjj òvojjia ounnatvsi 8ià X7)v i.ptxr\w xoù
*YpXaiou ji4XtT0{. — Ricordo di passaggio che il miele ibleo, così rinomato
nell'antichità, ebbe, coltura sommamente sall'opposto monte Hybla, onde
NOTB SU MEOARA 463
Ma Plutarco [50?- 130? d. C], diversamente dall' Amasiota
che mostra come Naxos e Megara IxÀeXotTiaat , alquanto più
tardi di lui, ci riconduce ad "YpXiQ TioXtXviw [itxp(ò (1), e ancora
ai tempi di Adriano (117-138) e dei due Antonini (fino all'an-
no 192) Pausania (2) aggiunge per la nostra tesi : Suo 5à Tjaav
iv StxeXt'a Tzoktiq, a[ " Y [i X a t , f^ [jiàv F e p s a t t ; èraxXYjatv , ttjv
5à woTTep ye xal ■^v, IxàXouv ^tlZ,ov(x. Vlp^oi 5è xal xax' èjiè xà
òvó|i.axa , ■f\ (jiàv ?pr][xo; èg écTiav, fj 5è xa)|Jiif] xGv Kaxava((ov , ■/) Fe-
peàxt; xal ìspóv ot^tat "Y^Xcia; Soxt GeoO uapà StxsXotv IX^v xijià^
xxé ... — Da questo brano di Pausania rilevasi che nel II sec.
é. V. in Sicilia era Hybla col soprannome di Gereatis, e di
■tale decifrazione non giova occuparmi (3); ma interessa
poi l'odierna Melilli [MeXópXa]; e Plinio dà pure notizie della confezione
con cui solevano averlo gli antichi [XI, 13, 1] : • Atticae regionis hoc,
et Siciilae, Hinietto, et Hybla (i. e. monte), ab locis:. . . est autem initio
mei, ut aqua, dilutum, et primis diebus fervei, nt musta, seque purgai:
vicesimo die crassescit, niox obducitur tenui membrana, quae fervoris
ipsins spuma concrescit. Sorbctur optimum, et minime fronde infectum,
e quercus, tiliae, arundinam foliis . . . [XI, t4, t] Summa qaidem boni-
tatis natione constai... pluribus modis : aliubi epim favi cera specta-
biles gignuntur, ut in Pelignis, Sicilia etc. » — Cfr. tra i poeti che can-
tarono la campagna. Vero., Ecl. I, 54, Hyblaeis apibus etc. , ed anche
Silio Italico, cosi esatto conoscitore dell'isola [Puh. XIV, 26] :
' Nectaie Cecropias Eyblaeo adcedere ceras ',
e XIV, 200: « Audax Hybla favis etc. . » — Il Leake, Num. Hell. Sic,
p. 60, ha monete di Megara (Hybla Megala) con testa di donna velata
avente una corona; di dietro é un'erme. Cfr. Ovid., Ex P. IV, 15; Martial.
11, 43; XXXilI, 105. Il nome ^/«/!>/i' secondo alcuni sarebbe derivato dalla
parola araba halava, presa dal siriaco, cioè YXuxàl^etv, dulcescere, e può
.aver avuto relazione con la dolcezza del miele ibleo che vi si faceva in
prossimità.
(1) Plutarch., Nicias, lo.
(2) Pausania, Descriplio Graeciae, V, 23, 6. — Il passo fu emendato da
Schubart e Schuljring ; cons. a tal proposito A. Holm, Storia della Sici-
Ma, 1, p. 152 s.
(3) Cfr. per ciò an accenno, a non dir più altro, apd Holm, Geogr.
464 NOTE su MEGARA
qui osservare come Pausania, ricordando ' Hybla maior ' che
sarebbe forse il tioX^Xviov {jlix^óv di Plutarco, della Gereatis as-
serisce d'essere ridotta ad Spyj^ioi;, mentre della jiei^wv asse-
risce che era -^ 5è xw{iir) t&v Katavaccov. Prima di tali testi-
monii, tanto Erodoto che Tucidide (1) e poi anche T. Livio,
quando anno da riferire, specie il secondo, cose che si rap-
portano ad ' Hybla FeXeàxt? ' scrivono "Y^Xr], la quale, secondo
il Munter, era a Belpasso, e secondo Cliiver, Partey e Schu-
bring a Paterno [v. Freeman, o. e, p. I, app. IX; Pais, Alcun.
osserv., p, 132], dove la * Minor ' era ' Heraia ', e la nostra
Megara ritenne la denominazione impostale dai coloni doriesi
di Megara ellenica, dopo che evasero da Leontinoi e da Tro-
tilon, non che da Thapsos, secondo la tradizione tucididea e
polienea. Cosi anche Diodoro [IV, 78] chiama Meyapóc il ter-
ritorio ove sorse Megara Hyblaea, presso cui scorre il fiume
'AXXa^«I)v, e anche appella ÌJLeyocpEìQ e non ^YfAaXoi gli
abitanti della nostra città, quando narra la guerra tra Cero-
ne II e i Romani (265 a. C.) . . . 'Axpwv, AsovTtvwv, Meyapéwv
xtI. [XXIII, 4]. — E Cicerone [in Verrem act. II, 1. V, 25]
^ Megaris , qui locus est non longe a Syracusis'; e Plinio
[N. H. Ili, 14, 3] tra Leontinoi e Y amnis Pantagies no-
mina Megaris, mentre poi [III, 14, 5] ricorda gli Hyblaei
con quest'ordine successivo : « Halesini, Hennenses, HyblenseSy
ant. di Sicilia, p. 22, e n.5a pg. 89; R. Garrucci in Civ. Catt. del 1868,
p. 216; per più recenti notizie vd. Holm, Storia d. Sic, 1. e. e pg. 272,
nota 19.
(1) HuRon. VII, 155 TzóXii 'YBXrj, riferendo fatti dei tempi di Gelone
tifrnore dei Siracusani; cons. in Tucidide, tra gli nitri passi, VI, 63, 2:
['YfiXa, con fatti di Katane], e VI, 7f), 1 fMéyapa, con circostanze riguar-
danti il Temenites, l'Epipolai e 1' Olympieion della prossima Siracusa].
Similmente, Platone, Nóiiwv I, 630 A. (ed. Lps. C. F. Hermann)
iXo^*v 6éoYviv, 7io>.(Tifjv Tfi)v Iv IixtXlcf: TAtf et pioiw; cf. S(:?iol. in Ler/cs, 1. e,
aÒTÓv [i, e. ©éoYvtvJ àx taÓTYjc fièv tlvat xf,{ M tyap Itoq,, àTteXOóvca ti sJj
Ztx«X(av, &i 11 lotopla ixct, yt'^iaBgn vó|i(p ìitynpiu ixel xtì.
NOTE SU MEQABA 46c
Herbitenses, Herbessenses etc. », abitanti di città che sono tutte
della zona prossima all'odierna Paterno, per la quale confr.
Clùver, Sicilia, II, 8 [cons. presso Eckhel monete con epi-
grafe "Y^ìXa? MeyaXa?]. Un'altra testimonianza è Silio [Pun., XIV,
273; cf. V. 227 . . . Megara . .. per la quale vedi Cliiver, I, 11;
lì, 8 e Servio ad Ed. I, 55, tutte classiche fonti per la diver-
sità dei nomi usati per H. Geleatis e Megara H. nonché pei
rispettivi abitanti.
Tucidide (1) specifica "Y|SXav FocXeàTtv, TcoAejifav oòaav , che
Nikias con l'esercito ateniese oOx el^Xov l'anno prima della sua
morte. Dappoi, parlando (2) di Katane e Kentoripa e delle
vettovaglie bruciate dagli Ateniesi agli Inessaioi ed agli Hy-
blaioi, soggiunge (3): xal à(fcxó|Jievoc iq KaxàvTjv xaxaXaii^àvo'jat
Tous tre Itz-kìolz f^xovtai; ex xwv 'AGtjvwv . . . , il che vuol dire che
bisogna pensare evidentemente ad Hyhla presso Katane (4).
Da tale ragionamento si toglie a conchiudere (il che non può
restare una povera congettura), che Hybla reÀeSit; deve essere
identificabile con Paterno, e quindi Pausania non avrebbe po-
tuto recar confusione, anche pel fatto che solo di due fa memoria,
trascurando H. Heraia. — Egli doveva però aver ragione di
sostenere che la TroX^Xvtov |iixpóv plutarchea fosse la nostra Me-
gara esistente pure ai suoi tempi per sobborgo, xu){jnr] di Ka-
tane, attesa la conferma di poche altre fonti.
Resta a dire della testimonianza di Livio. Egli mostra che
la settentrionale era chiamata Hybla, giacché, dopo aver detto
[XXIV, 35] che Marcello ' Megara diruit ac diripuit ', ad in-
tervallo di tempo, cioè allorché il console romano era partito
dalla Sicilia, Murgenlia^ Ergetium^ Hybla e Macella si ribel-
larono ai Cartaginesi sopravvenuti. E mentre prima ha presen-
(1) Thucyd., vi, r.2, 4-5.
(2) Id. VI, 94, 3.
(3) Id. VI, 94, 4; cons. Holm, Storia d. Sicilia,!, p. 152, n. 30.
(4) Infatti qui Tucidide fa cenno di città che erano nel circuito di
ICatane, tutte a tramontana dell'agro siracusano e megarese.
466 KOTE su MEGARA
tato la distruzione di Megara , ora dunque con Hyhla vuole
indicare quella presso Katane, deducendosi ciò anche per le
altre città vicine che vi sono nominate [Liv. XXVI, 21, 14].
Del resto, anche Tolomeo [III, 4, 14], per quanto gli possa di-
fettare il successivo ordine topografico, distingue "Y^Xx dalia-
nostra Méyapa i^ xal Meupa (dialettale?); e Tucidide, ogni qual
volta ha occasione di parlare della nostra città, la chiama non
Hybla, sibbene Megm^a. Egli racconta (1) difatti che, al
tempo della messe (a. 414), ot èv xf, StxsXta 'AGinvalot àpavxeg
ex xf^5 Kaxàvirjs TiapéTcXeuoav irà MeYapwv xwv èv x^j StxeXia xxé.
Or poi che per mare e per terra passarono verso il fiume
Tìf]p:a$ (s. Leonardo a N. di Leontinoi) , apportarono devasta-
zione e incendii nelle biade, uccidendo pochi Siracusani in-
contrati. È quindi probabile che, ove gli scrittori per la Si-
cilia dicono "YfiXir], deve intendersi la Geleatis, mentre il nome
Méyapa era consueto per la nostra. Nondimeno occorreva pro-
vare che quest'ultima esisteva, benché iroXt'Xvcov, xróixr], vicus;
e la fonte è Servio, commentatore di Virgilio.
Dove il poeta [Aen. Ili, 689, 1. e] ha menzionato ' Mega-
ros sinus\ Servio nel IV sec. dell' è. v. interpretava il verso
con le parole : = Megara oppidum est iuxta Syracusas =. Non-
dice erat, fuit, ma chiaramente est; e in altro luogo {ad Ed.
I, 54 Hyblaeis apibiis, cit.j annota : « Hybla vel Hyble oppi-
dum est Siciliae, quod nunc Megara dicitur » (2). In tal modo,
benché forse con qualche errore di nomenclatura e di topo-
grafìa, doveva aver buona ragione Pausania di dire Megara
esistente in forma di xw|xr) dipendente dall' amministrazione-
catanese nel II secolo. Il modo non sappiamo , mancandone
le testimonianze; ma, sulla fede di Servio, aveva ottimi fonda-
ti) Thucyd., vi, 94, 1-2 (passo citato altrove due volte); cosi quando
lo stesso Tucidide racconta che essi l'ondarono Selinunte [VI, 4], li chia-
ma M«Y«P«ic; Pomi». Mela, Descr. orbii. 111, 17; cf. liiner. Antonini (ed.
Parthey e Pinder) , p. 253 . . . ab oppido Megara, id est castello Si/ra-
cuianorum. . .
(2) Cf. I. Gronovii, Thesaurus Oraec. Antiqq., XI, p. 55fi [Jlellen Era-
imi Vindigii].
KOTE SU MEOARA 467
menti il Garrucci di riferirsi con quel passo a Megara-Hy-
blaea. Giacché, ove Pausania dichiara che "YpXa TtXtòizK; era
ridotta ad £pr][JLog nel II sec. di Cristo, era naturale che si do-
vesse attribuire l'iscrizione della t'anciuUetta lulia Fiorentina,
di cui tosto dirò, a Megara, per essere ella stata defuncta
Hyhlae tra la fine del Ili e il principio del IV secolo. Prima
di decifrare quest' altro notabilissimo titolo, occorre rettifi-
care un passo di Stefano da Bisanzio.
2. Egli, tra le sei Megara òhe enuncia, tutte nella regione
mediterranea, avverte che la sesta è in Sicilia . . . Méyapa . . .
IxTTj èv ^txeXfa , i\ upóxepov "Y^Xr; , arcò "Y^Xcovo; paocXéoo^. xal
*Y^Xatot TToXlTat. Evidentemente appare che Strabone [VI, p. 267,
1. e] sia stato la fonte diretta di Stefano (1), come molto da
Tucidide dovette attingere alla sua volta 1' Amasiota. Se non
che alla v. "YpXat è detto da Steph. B. : xpeT; tcóXeiì; StxeX^ag •
•f\ jjiet'Cwv \<; ùl TcoXìToi 'Y^Xarot. . . xrjv "YpXav, à^ò "Y^Xou [sic) to5
PaotXéwi;. . . xoùg IvoixoOvTai; Meyapéa; èxàXouv. Qui si avverte che,
per esser coerente con quanto ha detto a v. Méyapa, era da scri-
vere ÒLTzh "YpXwvo.;, anche perchè, miglior testimonio di lui, ce
lo avverte il massimo Tucidide. Ma Terrore e la confusione
è poi del commentatore, quando, dopo aVer dichiarato a v.
Méyapa che fu distrutta da Marcello , ricordato il noto verso
vergiliano e il relativo comento di Servio che ci conduce alla
(1) Per tutte le citazioni concernenti Staphanus Byz. , mi son valso
dell'ed. De Urbibus, primus Thcm. De Pimelo . . . illustrabaly con colla-
zione lac. Gronovii cum cod. Perusino , Anistelodami 1678; cf. p. 451 a
V. Méyapa, e p. 675 s. v. 'YpXai. — Se non che V Holm, Storia d. Sic. I,
p. 152, pone mente alla buona emendazione di Giulio Schubring. Umtoand.
d. Megar. Meerb.. p. 452-3 : 'YpXat xpeic TróXeig ZtxeXtag. i\ ust^wv ^c ol
TioXlxai 'YpXaloi Mevapei; , ■^ jxf/pà ■^c ot «oXlTat *YpXalot raXswxai , f) 8i
iXà-cTtóv 'Hpa£a xaXeiTat . . . 7j 8è iietl^etìv ànó 'YpXtovo; xoO paoiXéoJC xxè . . .
468 NOTE su ÌIEOARA
Megara-Hyblaea ' iuxta Syracusas', di poi a v. "YpXat pare di
contraddirsi con quello che ha prima avvertito, notando: «tres
Hyblae Siciliae urhes celebrantur, maior, parva, minor; maior
Hybla sedebat inter Aetnam montem et Symoethura aranem,
parva, sive Galeotis (?), cuius oppidani Galeotae et Megaren-
ses , posita erat inter Syracusas et Leontinos etc. » Nessun
passo, specialmente tucidideo, ci induce, parmi, a confondere
Hybla Galeatis (1) con Megara-Hyblaea, come s'è visto; men-
tre d'altra parte il De Pinedo con Stefano identifica, opportu-
namente, la Méyapa "Y^Xy) (v. p. 451) presso Siracusa, fondata
da Hyblon, con la "YpXa [lei^wv che sarebbe, al pari dell'altra,
fondata dallo stesso re Siculo. Nulla di nuovo si ricava infine
dal breve passo dello ps. Skymn. [Heptir^Y., p. 12J: xxf^ouac. . .
ol Meyapet; "rtjv "YpXav.
*
* *
3. Rimane a dire dell'iscrizione cristiana che si rapporta alla
bambina defuncta Hyblae. Riassumerò in poco le osservazioni
del dottissimo Garrucci (2) per riannodare 1' argomento con
una esecuzione di martirio avvenuta in sito a nord di Me-
gara, questa pure essendo un villaggio nel III e IV secolo
delPè. V.
(1) Anche erra Eckhel, D. iV. V., 1 (Vindobonae, 1792), p. 218: «Me-
gtra, maritima a Syracosis in septemtriones, dieta oliin Ilybla Galeotis
et parva, sed traductis eo Graecis Megarensibus dieta Megara ; ai man-
8it vctus tiomen in notando melle Hyblaeo eximii saporis»; Eckijel é
quindi anche Ini con la convinzione dell' Head, H. N. V.—Cons. per questo
ineKoal convincimento I. Ph. D'Orville, Sicula quibus Siciliae veteris
ruftern illuxlvantur, ed. P. Hurmannns (Amstel 1764), che parla di Me-
gara al e. 172; A. Holm. Della Gcoc/r. ant. di Sicilia, p 22, 89, —oltre
il Ci.UvRR, Sic. antiqua. 1. e.
(2) Con». R. Oarkucci, Civ. CUI., p. 210-221 (a. 1868); G. B. Dk Rossi,
Buìlstl. di Arcfieol. criil., 1868, p. 75; E, Lr Blant, Revue Archéol., 1869,
p. 23; V. Strazzulla, in A. S. S. 1896, Estr., p. 74-75.
NOTE SU MLGARA 469
Il testo è pubblicato, tra gli altri, da Th. Mommsen, Cor-
pus Inscriptionum Latinarum, X^ Berolini MDCCCLXXXilI,
m, 7112:
* Julia Fiorentina infan{i)i dulcissimae atqiue) in-
noceniissimae fideli factae parens conlocaoit
quae pridie Nonas Mariias ante lucem pagana
nata Zoilo (?) corr{ectore) P{romnciae) mense octavo de-
[cimo et vicesi-
5) ma secunda die completis fìdelis facta hora no-
ctis octava ultimum spiritum {a)gens supervixit
horis qualtuor ita ut conÉuela repeteret ac de-
functa Hybl(a)e hora dei prima septimum Kal{endas)
Octobres cuius occasum cunt uterq(ue) parens òm-
10) ni momento fieret per noctem maiestatis
vox extitit quae defunciam lamentari 2)rohi-
berel cuius corpus prò foribus martyro)-um cum
loculo suo per pr{e)sb{y)terum humatu{m) e{st) 1111 Non{as).
lOct{o)br{es).
Vv. 1-2. Il nome della defunta lulia Fiorentina al nominativo,
mentre i suoi epiteti tutti in dativo col verbo , pareiu conlocavit
[sottint, l'oggetto loculum; cf v. 13]; vd. mio Museum Epigraphi-
cum,, n. 2 (^il9) dell'anno 356 ' Depositus Sporus eie. . . Constantia
coniunx . . . posuit '. In ambidue i titoli si avverte una idiotica
conslructio xaxà oóvso'.v. - V. 3. Le apposizioni ad lulia sono sva-
riate : pagana nata (3), fìdelis facta (5) , agens etc. (6) e il rela-
tivo quae (3) va congiunto con supervixit (6). Aggiungonsi molte
altre particolarità: dell'ora precisa della nascita [l'aurora, ante
lucew.], del corrector Zoilus (?) nell'ablativo assoluto, del mese e
del giorno nonché dell'ora ottava della notte in cui fu battezzata
(5-G) ecc. — V. 3 sgg. La apposizione ad lulia, che molto importi, è
pagana nata; cons. Garrucci, Civ. Catt., art. cit. p, 212 sg., il quale
sostiene che lulia dovette nascere da genitori pagani. Or siccome
al v. 8 è dichiarato che essa morì in Hybla, parmi di poter conci-
liare le riferite testimonianze di Plutarco [koXìxviov {i-.xpóv] e di
470 NOTE 8U MEGARA.
Pausania [xwjnr]], e allora fermerei il mio convincimento nel senso
che, se i genitori le fornirono battesimo con tanto zelo e solleci-
dine poco prima di morire, verrebbero chiamati giustamente pa-
gani dal redattore dell'epitaffio non perchè tali quanto a credenze
religiose, ma perchè abitassero nell'allor pogus (toà(xviov, xwiiyj) di
Megara-Hyblaea (1). Questo vocabolo, nota Garrucci , conferma»
l'alta epoca dell'epigrafe. — Vv. 5-7. La malattia di lulia è qui ac-
cennata per l'incidenza che lei fu fidelis facta con il conferimento
del battesimo hora noctis octava, quando stava per rendere l'ul-
timo anelito ; ma sopravvisse quattr'ore al battesimo. — v. 9, iitet^-
que parens: da questo verso si deduce che nel parens del v. 2 si
debba pur comprendere la madre. ~vv. Ì2-Ì3 cuius corpus .. .
cum loculo suo etc. . . Così nel proprio loculo fu deposto il corpo
di lulia Fiorentina, e siccome c'è anche la particolarità che fui
sepolta per cura del presbitero (ne si sa dove,?), che è pure un
altro indizio di alta epoca, si desume oltre a ciò che il gentilizio
Florentinus spettasse a cospicua famiglia iblea , giacche di solito-
anche nei cimiteri cristiani della Sicilia, soprattutto nella provin-
cia di Siracusa, pei poveri 'stabat commune sepulcruni ' col nome
appena, o senza. In generale la grammatica e la sintassi dell'iscri-
zione di lulia è buona, tranne qualche iperbato; le circostanze cui
si allude dal redattore sono degne di considerazione specialmente
per due condizioni, la prima perchè il notevole cimelio spetta ad
Hybla presso Siracusa che sopravvisse , benché piccola , alla di-
struzione marcelliana del 2i2 a, é. v. ; l'altra, perchè il titolo ap-
partiene quasi agli ultimi anni del III secolo, poco dopo il sup-
plizio dei martyres supra Megaram (cfr. v. 12, prò foribus mar-
tyroì^m, sic), dei quali ricorderò.
*
* *
L'epigrafe, studiata dal Zaccaria, dal Gener e dal Muratori
dopo la trascrizione di Andrea Lucchesi, dal signor Ignazio Riz-
(1) Ovvero perchè fossero cristiani occulti; cf. un esempio di Roma^
in un'iscrizione dei tempi quasi di Costantino, nella quale é detto di una
donna die era inter fideles fUelis, intcr alienos pa<jana, apd 0. Mahuc-
CHi, // cimil. e la basii, di s. Valentino, p. 14.
NOTE SU MEGARA 471
zari di Catania passò al Museo parigino del Louvre (v. Garrucci,
Le). — lulia «nacque ai 6 Marzo, prima che spuntasse la luce
del giorno , visse 18 mesi e 22 giorni (ibid., p. 212) ». Delle
quattro circostanze esaminate da Raffaele Garrucci, a noi in-
teressa fermare 1' attenzione sulla seconda , cioè sulla incidenza
della nascita di lulia Zoilo corr-ectore provinciae (v. 4); e, per le
nostre ricerche, giova anche aggiungere che lei è defuncta Hy-
blae (v. 8). — Come mostrai nel 1896 sulle opportune testimonian-
ze di Gatti, De Rossi e Carini , i coirrectores provinciae Siciliae
durarono fino ai primi decennii del secolo IV (1) e non più tardi
degli ultimi anni di Costantino (m. 337). Così l'iscrizione cristiana
di Julia è la più antica tra le scoperte epigrafiche nella Sicilia
Sotterranea; poiché, delle iscrizioni cimiteriali che fino ai nostri
giorni vennero trovate, la più remota risale all'anno 356 (2) e fu
scoperta da F. S. Cavallari nel cimitero di s. Giovanni presso Si-
racusa. Or non essendo più altro che èprjtioc l'Hj'bla presso Cata-
nia al II sec. d. C, bisogna ammettere che nell'epigrafe in parola
si alluda evidentemente al 7toX£xviov di Megara-Hyblaea, né si deve
punto pensare alla meridionale Hybla Heraia che sarebbe troppo
lontana per il complesso delle circostanze. Che anzi, siccome lulia
ebbe il « suo sepolcretto posto innanzi l'ingresso che si diceva dei
martiri, prò foriMis martyrorum »> e le si rese questo pietoso tri-
buto da un sacerdote, cuius corpus . . . pe>^ presbyter'iim humatum
est, naturalmente nella custodia martyrtim o cella memoriae dei
prossimi martiri di Megara, pensiamo subito a quelli che vennero
suppliziati sul monticello dirimpetto all'altura di Trotilon, quello
che chiamasi Diavolo d'Opera e del quale non ho testimonianze
che porgano l'antica denominazione. Della controversia che si ri-
ferisce ai loro Atti dirò nel seguente capitolo. Per ora avverto
(1) Vd. V, Strazzulla, Arch. St. Sic. del 1896, Estr., p. 75, n. 1; cons.
R. Garrucci, /. e, p. 215, e più recentemente Carini in Arch. SI. S. del
1898, p. 442 e 444.
(2j V. Strazzulla, Museum Epigrnphicum seu Inscriplionutn chri-
stianarum quae iti Syracusanis calacumbis reperlae sunl Corpusculum,..
Panormi 1897, p. 221, n. 2 (419) : 'depositis Sporus . . . decessit in pace
Conslanlio Aug{usló) Vili et luliar.o Caes(are) Coss' [Th. Mommskn, ,
C. I. L.. X*, n. 7167].
472 NOTE su MEGARA
che, se lulia morì ad Hybla, essa fu certo alla piccola borgata di
Megara ; giacché di questa si hanno menzioni martirologiche, non
delle altre Ible. Non ho pertanto argomenti antichi in sostegno
per stabilire il loculus depositionis di lulia in quel recinto con
TTpóvaoc (?) che nel II cap. di questi studi ho avvisato di rimanere
tuttora presso la greca Trotilon, e che volgarmente chiamano la
Chiesa. La mia congettura è nulladimeno fondata in ciò che, di
fronte a questo sito, a circa un km. dall'opposta riva del f. Pan-
takyas (negli Ada 'Assia'), si eleva in forma conica il monti-
cello Diavolo d'Opera, identificato col luogo dei martiri di Megara.
E giacché i « sepulchra martyrum , xi^ot liapiùptov , osserva Gar-
rucci (1), erano chiese consecrate alla loro memoria e nelie quali
erano venerate le loro reliquie, e di queste fabbriche al sec. Ili
si contava per tutta la cristianità un gran numero », non essendo
di li altre località cospicue in proposito, se ne togli la grotta della
• Mater Adonai' e le più distanti catacombe del 'Molinello', nulla
vieta di collocare la deposizione di lulia presso Trotilon , cioè non
molto lungi dall'altura ' Diavolo d' Opera '. Martirizzati nell'a. 238
ed lulia defunta a Megara - Hyblaea nella fine del III od al prin-
cipio del IV secolo, cioè a poca distanza di tempo e di luogo dal-
l'esecuzione martirologica, quando ai dintorni specialmente doveva
ancor essere fresca la memoria del martirio eseguito , i genitori
di lulia Fiorentina , che tenerissimamente ne piansero la per-
dita (2) e ne affidarono la sepoltura al Tipsa^utepog della èxxXrjoìa
|iapTóp(i)v, l'avrebbero con ogni probabilità deposta nella chiesa pres-
so Trotilon, dedicata ai martiri di Megara.
È quindi notabilissima questa iscrizione per dimostrare, oltre
alla testimonianza di Plutarco, Pausania , Servio ed altri, 1' esi-
(1) Vd. /. e, p. 220 ; cf. V. Strazzulla, Museum Epigraphicum, o. e,
p. 30 ss. e le note appostevi.
(2) Ck)n8. specialmente i vv. 9-11, dove le parole *cuius occasiim cnm
aterque pareiis omiii momento fleret, per nocteni ' etc. fanno pensare
alla * tristissima noctis imago ' di Ovidio, nonché il lamento di un ve-
dovo in iscriz. del dm. di s. Valentino illustr. dal Marucchi, p. 79:
" o durut raptor mors improba " etc.
NOTE SU MEGARA
473
stenza di un borgo Megara , forse 1' unica Hybla superstite alme-
no fino al IV secolo dell' é. v. Non si hanno altre memorie che
si riferiscano a Megara dopo questa età; è però probabilissimo
che più tardi, nei bassi tempi imperiali, i Megaresi, ridotti ad abi-
tare un villaggio, e attratti da migliore e più eccellente postura,
abbiano popolata la penisoletta dell'opposta riva, insieme con gli
Xiphoniatai , per dar poi origine ad Augusta sotto Federico II
[1197-1250]. L'elemento Arabo, che nel sec. Vili saccheggiò Sira-
cusa, come narra, tra gli altri, Teodosio monaco nella 'AXoootc tfj;
Sopay.ouayjc, non risparmiò la campagna archeologica di Augusta.
Se non che, della evoluzione posteriore di questo elemento e dei
nuovi abitatori della penisola ove oggi è Augusta non tocca ag-
giungere altro in queste ricerche, limitate soltanto alla storia an-
tica e all'archeologia (i). Ho accennato a devastazioni saracene, e
appunto nella valle alta del fiume Molinello scorgo dei vestigi che
meritano particolare attenzione, prima di giungere all'agiografia
del monticene Diavolo d'Opera e alla grotta Adonai.
(1) Spetta all'anno 1086 la seguente notizia riferita du M. A.mari {Stu-
ria dei Musulmani in Sicilia, Firenze 1868, voi. Ili, p. 166): • Ruggie-
ro I (normanno) (poco prima di prendere Siracusa), mandato Giordano
coi cavalli che l'aspettasse al Capo di Santa Croce, là dove fu poscia
edificata Agosta (?!), salpò con l'armata», fece tre fermate, a Taormina,
a Lognina presso Catania, e la terza al capo di S. Croce, dove egli (Rug-
giero) trovò Giordano coi cavalli e si disponeva per prendere Siracusa.
Di poi a un paio di secoli, secondo lo stosso Amari (BiOl. Arabo-Sicula^
I, p. 244; cfr. II, p. IH), « 'Al 'Inbirùr (l'imperatore Federico II) fondò
invece di Catania (ai'sa dall'Etna) un'altra città, alla quale pose nome di
Gnstàrah (Agosta) [Edrisi, trad. dall'Amari].» Confronta pure la cronaca
dell'anonimo (Nicolò de Jamsilla) presso il Caruso [5/6/. hislor. regni
Siciliae, Pai. 1723, II, p. 678]; sicché di Augusta città si può comin-
ciare a parlare solamente col sec. XII, o poco prima. Può con frutto con-
sultarsi la Historia diplomatica Friderici li, ediz. di J. L. A. Huillard-
Bréholles , a spese del De Luynes, tom. V, parte I, p. 419 (an. 1239);
ibid., V, p. 510, 632, 633 ss., 775>, 797, 825, 869, 979, 982, 1180, dove si
parla segnatamente dello storico porto di Augusta e dei privilegi concessi,
da Federico alla città.
474 TIMPA DDIERI
*
* *
Nota. Nel secolo scorso l'Houel (1) die notizia della Timpa Ddierì,
lungo la via che da Augusta mena a Lentini, nella località Delu-
deri, la quale si estende in quel tratto di feudo che forma parte
•della stretta e tortuosa valle del Molinello. Una altissima ru-
pe da levante a ponente si erge poco men che perpendicolar-
mente, con aspetto quasi piano e levigato , e per la sua forma è
-quasi unica in Sicilia, proprio quella che, come osservarono Dal
Lago e Graziadei nella traduzione dell' Holm, può chiamarsi Ddierì,
parola del dialetto siciliano di Val Noto , non applicabile a qual-
siasi sito inaccessibile che sia pieno di grotte, nel modo che asse-
rirono Italia-Nicastro e Schubring; ma solamente « a quel com-
plesso di grotte disposte in linea orizzontale e con ordine alle
quali si accede [non molto] comodamente per una specie di ter-
razza naturale formata dallo sporgere della rupe a guisa di cor-
nicione che gira tutt' all' intorno » Se 1' uso di tali grotte fa pen-
sare ad epoca remotissima e preellenica, nulladimeno nel saccheg-
gio che l'elemento saraceno apportò nella Sicilia Orientale, la
Tbnpa Ddierì fu molto probabilmente un sito solitario e oppor-
tuno per i giacimenti di quel popolo devastatore ; ed una stanza
con muratura che era incavata nel più occidentale tratto, con-
servando vestigi di carattere Arabo, indecifrabile , fa pensare al
ricovero del capo di una di quelle nomadi corporazioni. Non
dirò altro in proposito, e non dovevo però tacere che, avendovi
ravvisato un acquedotto che occupa molto delio sventramento
interiore, nonché alcune fialette e lucerne con frammentini figu-
lini a colori, ritengo che la Timpa del Molinello meriti speciale
considerazione.
Dalle foci del Terias all' Anapos , come dal capo Xifonico al
golfo Megarese abbondano simili grotte naturali o scavate dalla
mano dell'uomo in età lontanissime. Specialmente , come avverte
(I) HouB/., Voyage piltoresque des iles de Sicile , de Malta et de Li-
pari in k voli. (Paris, Ì782-S7) : cf. IV, p. 67 sgg. ; Holm, Storia di Si-
-cilia, 1, p. 219, 222.
KALAURIA, LEON 475
r Holm, ove « corre per un miglio il tortuoso Canale della Bruca,
per il quale si versa in mare il fiume Porcari (Pantagia) , nelle
sue chiare acque si specchiano le grotte scavate nelle rupi ver-
ticali alte dai 14-17" ». E in pari modo lo Schubring pose atten-
zione alle altre grotte che accompagnano il Molinello a quattro o
cinque km. dal Porcari, anch'esse scavate nelle rocce a picco, non
dissimili da quelle che si osservano presso alle foci del san Gu-
smano e lungo le spiagge del chersoneno Thapsos. Dopo una
breve disamina di alcune torri a sud di questa penisola, parlando
del monticello Diavolo d'Opera e delle sue grotte, troveremo che
immani fatiche abbiano intrapreso e compito gli antichissimi abi-
tatori della zona campestre della odierna Augusta, a cominciare
da Thapsos (pen. di Magnisi) fine al roccioso terreno dei dintorni
del Pantakyas presso Trotilon.
VI. K ALACRI A, Leon.
1. Due notevoli passi di antichi scrittori meritano spe-
ciale considerazione, non solo perchè indicano nelle linee ge-
nerali un luogo diflicile a potersi stabilire, ma anche per una
certa differenza fonetica con cui esso viene nominato. È di
una torre che io voglio dire, alla quale si riferiscono Livio e
Plutarco. Anteriormente, discorrendo dell'assedio di Siracusa
tenuto da Marcello, abbiamo citato Livio il quale ricorda una
turris Galeagra, che Plutarco, narrando quasi conformemente
a lui, non nomina, ma vi allude col dirla T^upyov xcvà [Plu-
tarch. Marcellus, 18, p. 308]. Secondo Livio, Damippo spar-
tano, cioè degli alleati di Siracusa, mandato a re Filippo di
Macedonia, fu preso dai Romani; ma siccome Epicydes (1)
aveva premura che venisse riscattato Damippo, non lo vietò
(1) Ricordo che Siracusa fu presa dal cons. Marcello [a. 211 a. C]
•quando era sotto il dominio di Epicydes ed Hippocrates : Liv. XXIV, 32.
47t5 KALAURIA, LEON
Marcello, poiché allora i Romani ostentavano l'amicizia degli
Etoli, che erano alla loro volta alleati degli Spartani. Mandati
ambasciatori a parlare del riscatto dinanzi a Marcello, si trovò
un luogo quanto poteva esser meglio opportuno agli uni e
agli altri, per mezzo della torre che dicono Galeagra, presso
il porto dei Trogili (1). Della piccola stazione di Trogilos a
sud del chersoneso Thapsos, con un seno che fé' dire a Silio-
di essere ' perflata Auslris ', come fu notato indietro , non è
nulla a dubitare, né da aggiungere (2). E parimenti è chiara
il passo liviano ' locus , ad portus Trogilorum , propter tur-
rim, quam vocant Galeagram '. Naturalmente avrei dovuta-
parlar prima di un altro passo di Plutarco, perchè si riferisce
a fatti anteriori da più di un secolo (339 av. è. v.); ma appo-
sitamente ho preferito trascurare l'ordine cronologico, per co-
minciare da Livio che indiscutibilmente colloca il forte di Ga-
leagra presso Trogilos, per passare al brano alquanto oscuro
e difficile di Plutarco che è per ciò degno di studio compa-
rativo per l'esatta toponomastica.
Nella vita di Timoleonte (§ 31) è detto da Plutarco, sicco-
me abbiamo avvisato nell'identificare il Damyrias fì.imien col-
l'odierno Molinello, che quell'eroe Corintio fu mandato dalla
madre patria in Siracusa per salvarla dalla tirannide dei due
Dionisii; mentre Hiketes signore di Leontinoi e Mamerkos di
Katane approfittavano dell' opportunità per impadronirsene^
non seppero, per quanto uniti, tenergli fronte. Giova ora fer-
mare l'attenzione sul passo di Plutarco per andare all'ipotesi
che egli, nel nominare Kalauria intende forse parlare della me-
desima iurris Galeagra mentovata da Livio presso Trogilos.
" Mentre Timoleonte, racconta Plutarco, moveva (da Siracusa)
verso Kalauria con Tesercito, Hiketes con assalti tolse molta
preda da Siracusa, e molto danneggiando e trattando (il po-
(1) Livio, XXV, 23, 8 sgg.
(2) Cf. la * Carta Comparata della Sicilia Antica ' delPHoLM; per Leoa
e Trogilos vd. E. A. Frbkman, History of Stcili/, III, p. 65U sgg.
KALACRIA, LEON 477
polo) orgogliosamente, si allontanò alla volta della stessa Ka-
lauria, non dandosi pensiero di Timoleonte, poiché costui ave-
va poco numero di soldati. " Sin qui si scorge che, se Hiketes
era mosso da Leontinoi verso Siracusa e poi tornava a nord
alla volta di Kalauria, nulla temendo lo sparuto numero della
milizia siracusana di Timoleonte, doveva aver avuto sentore
dell'uscita di costui verso Kalauria per opporglisi; mentre il
duce timoleonte si sarebbe partito, probabilmente per la via
orientale dell'Epipolai o di Achradina, contro l'avversario, in-
consapevole dell'assalto che Hiketes andava o era andato a ope-
rare in Siracusa per altra via, la quale non doveva essere se
non ad occidente dell'Epipolae q giù di là. Ciò anche potrebbe
spiegarsi per la circostanza del non ancora avvenuto incon-
tro dei Leontinoi coi Timoleontei. Indi, fatta la preda, Hiketes,
non provando lo spauracchio di una esigua schiera qual'era
la timoleontea, si muove per incontrarsi con questa, sperando
compire l'operazione della vittoria anche con la decimazione
di quelle forze sparute. Ma il duce Corintio gli lascia pren-
dere l'avvantaggio... 5è upoXapeìv làaag, e poi, partendo
da Kalauria, dove lo ha collocato Plutarco, gl'insegne furiosa-
mente la cavalleria. . . èStwxsv Ikizzìì;, servendosi a ciò degli
stessi soldati di leggiera armatura . . . eXwv -/al ?];tXous. Dopo
il bottino, i Leontinoi, benché baldanzosi sui pochi veliti di
Timoleonte, non dovevano avere altra aspirazione che di pren-
dere la via del settentrione per tornare carichi alla loro città.
E giacché Hiketes si era mosso verso Kalauria, dappoi, per l'in-
seguimento sopravvenuto di Timoleonte contro i cavalieri av-
versarli, questi avrebbero prese una via obliqua , alquanto
verso Ovest, per trovare più facile il passaggio attraverso il
corso alto dei fiumi Alabon, Selinus e Mylas, finché si fermarono
alle rocciose coste di sinistra del Damyrias che, seguendo l'Holm,
abbiamo identificato col Molinello. Ove poi Plutarco termina
narrando la vittoria di Timoleonte, con la circostanza che Hi-
ketes credeva di trovarsi in luogo sicuro e adatto alla difesa,
è da notar come, per essersi Timoleonte gettato coi suoi nel
Aich. Star. Su: N. S. anno XXIV. 31
478 KALAUBIA, LEON
fiume Damyrias, Hiketes era certamente passato alla riva op-
posta, alla sinistra, e con tutte le sue forze aveva dovuto var-
care il fiumicello, per lo meno dal corso medio. E se Timo-
leonte sbaraglia le sue forti e baldanzose schiere , egli con
poco numero di soldati, si deve manifestamente scorgere in
tale particolarità la stanchezza della fuga nelle schiere leon-
tine perchè potessero esser sopraflfatte dai Timoleontei.
Per unificare Kalauria con Galeagra, bisogna por mente
alle parole di Plutarco, ove dice che Timoleonte, lasciando
ad Hiketes leontino il vantaggio di TcpoXaPcìv, gli mise in
fuga la cavalleria ; e di lì (Kalauria) al Damyrias, ove si na-
scose l'esercito leontino, è un tratto considerevole che giusti-
ficherebbe, da un canto, l'inseguimento timoleonteo e la fuga
di Hiketes. Cosi il forte di Kalauria parrebbe di essere stato
ai pressi settentrionali dell'acropoli siracusana. Ora, per altro
canto, giova esaminare un nuovo passo dello stesso Plutarco
[Maìcell., 18J in rapporto a Livio [XXV, 23, 8 ss.] che, co-
me osservammo nel cap. H, 4 di queste ricerche, nomina una
« turrim, quam vocant Galeagrara », dove i Romani con Mar-
cello facevano le loro tattiche ispezioni. Poiché Galeagra, il
TtupYov Tivx plutarcheo, giudicammo (cap. H) essere tra la Tar-
gia e il campo marcelliano, parmi verosimile la conseguenza
che la lu)')-is Galeagra presso i portus Trogilorum sia la
stessa che Kalauria, stante la medesima vicinanza che Plu-
tarco e Livio, nei tre passi allegati, assegnano dalla frontiera
nordica siracusana alla torre in parola. Galeagra stava, come
si desume da Livio, tra Leon e Siracusa, « alquanto discosto
dal muro » (Holm). E che presso Galeagra i Romani ebbero
agio di prender Siracusa, è detto da Cassio Dione presso Zo-
nara [IX, 5] : -^v xt xoli Supaxouotot? xoO xtiXouQ i%i\ia.y,oy , 8
FaXcàYP*^ d)v6(jux^0Vj 3 Ttplv [lèv èXàvGave xotoùxov 6v, xóte 8è èfpcD-
pii)r^. vrififlOL^ ouv xol>{ Supaxouocou; uavvuXt5a 'ApxéjjitSi 5yovxot<;
7wtv5rjju(, ixéXtvai oxpaxtwxoc; xiol xax'èxefvo xò Xwpiov ÒTCtpptjvot
xò x«rxo« (1).
(1) Cf^. r Holm, che dà più fede a Livio che a Dione , in Topografia
archeologica di Siracusa, p. 300.
KALAUEIA, LEON 479
Onde credo si possa forse identificare la turì^is Galeagra
con la Kalauria plutarchea.
Se pure Livio dice ' turrim quam vocant Galeagram \ gli è
che tale denominazione, nel tempo della supremazione romana
in Sicilia, dovette possibilmente prevalere nell' uso popolare,
dove al contrario Plutarco ha usato 1' esplicito nome classico
Kalauria. Sicché la fortezza presso o dentro Trogilos potè chia-
marsi Galeagra, variante e corrotto per Kalauria.
*
* *
2. Un'altra Tiópyo? di difesa, come Trogilos e Kalauria, di-
pendente anch'essa dalla prossima Siracusa, era Leon, pure in
prossimità del chersoneso Thapsos. La nomina Tucidide allorché
racconta che gli Ateniesi (siamo perciò al 415-413) con l'eser-
cito da Katane si movevano alla volta del forte Leon. . . . xaxà
Aéovxa xaXoufievov, che dista dail'Epipolai per sei o sette sta-
dii, e quivi sbarcata la fanteria che subito va a prendere
Euryalos, con le loro navi si fermano a Thapsos, il cui angu-
sto istmo vien palafittato (i).
Appena due secoli dopo, un'altra vicenda si riferisce alla
stessa toponomastica ed è rapportata da Livio [XXIV , 39,
12-L3], sempre sul riguardo dell' assedio posto dai Romani a
Siracusa : . . . " ipse {Vimperator romano) hibernacula quinque
milia passuum ab Hexapylo — Leonta vocant (2) locum — com-
munivit aedificavitque". E giacché la rocca di Leon si allon-
tana, conforme lo storico Ateniese, per sei o sette stadii dai-
l'Epipolai, tenendo per base del calcolo lo stadio minore, si ha
m. 150 X "7 = lOòO'",
(1) Thucyd., vi, 97, 1 : , . . ai 'AOttjvocìo'. . . . x(j) orpatsóiia-ct ex zriz Kaxi-
yriz a^óvieg xaxà xòv Aéovxa -xaXotijievov , ò^ dméxet xcòv 'StottoXwv ig ■?) éuxà
<jxa8(oo5, xal xoù{ ns^oùg à.Ko^i'^doa.vnz i '^*ÌC "^ vauoì èj xtjv BoccJ'o^ xa9op|ii-
ooc|ieva xx4...; cf. E. A. Freeman, Tke hislory of Sicily, III, app. XIII;
A. HoLM, Gesch. Sic. (Lpz. 1874), II, p. 385.
(2) Gfr. in Thdcid. Aéovxa -xaloMjisvov e la Livio L, vocant locum.
480 KA£,AmBlÀ, LEO»
e quindi poco più di un chilometro, motivo pel quale gli Ate-
niesi poterono di lì a poco impadronirsi del castello Euryalos.
Riferendoci alla testimonianza liviana [XXIV , 33 , 9] per
l'intervallo che corre da Leon alFHexapylon, se, ai tempi di
Marcello, «inde terra marique simul coeptae oppugnari Syra-
cusae, terra ab Hexapylo , mari ab Achradina , cuius murus-
fluctus adluitur», scorgesi che ai lidi ove finisce Achradina (e-
Tycha) comincia l'Hexapylon; e per esser di lì a Leon occor^
rendo 'quinque milia passuum ' e da Leon all' Epipolae circa
un km., il sito in parola non è presso ai lidi di Trogilos, ma
alquanto entro terra. Leon, altro luogo torte e utile per la
strategia siracusana, si sarebbe così trovata a formare id
punto d'intersezione di un angolo avente un lato minore N-S^
Leon-Epipolai , per un chilometro, e 1' altro di 5 miglia ro^
mane, Leon-Hexapylon , in direzione N-SE (1).
Se fu grande la metropoli greco-siceliota, cantata da Piur-
daro (2)
[leYaXouóXtei; w Supaxóaot, ^a6u7:oX£|jiou
téjievo? 'Apeos àv-
5ptov rreixtov TE aiSapoXapjiàv 5ai|jióviai xpocpot,.
(1) Cfr. la carta esattissima ' Syracuse during the Athenian Siege ' apd
Fkeeman, Hist. of. Sicily, o. e. Ili , pg. 167 ; ma vedi pure la mappa
* Syracuse under Dionysios ' ibid. IV, p. 56, dove dei due Hexapylon (?)
bisognerebbe, a quanto sembra, adattare il più orientale al passo liviano.
Per più minute ricerche cons. A. Letronne, Essai critique sur la topo-
graphie de Syracuse au commencement du cinquième siede avanl Vere
vulyaire, Paris 1812, e più recentemente A. Holm-P\S Cavallari, To-
poyrafia archeologica di Siracusa (con la collaborazione dell'ing. Cristof.
Cavallari), Palermo 188'.i, p. 75 [con Atlante , più Appendice alla Top.
arch. di Siracusa]. 11 Cavallari (1. e.) osserva: • Thapsos dista dall'ap-
prodo dei Trogili m. 5000 via di mare; quindi, senza avventiiiarsi in mi
cammino lungo per terra, t,ì arriva immediatamente sotto Tica e l'Epi-
poli •. E più giù: * l.a distanza del porto dei Trogili sino ai passaggi,
prossimi all'Eurialo ó di m. 4000 circa*.
(2) Carm. [recogn. W. Christ, Lps. 18S7J, Pylh. II, vv. 1-3.
EALAUBIA, LEON 481
già fondata da Archias, che delle quattro località (Achradina,
Neapolis, Tycha ed Epipolae oltre l'isola di Ortygia) si avviava
a formare una sola città popolosa e potente, era naturale che,
anche ai suoi sbocchi settentrionali, avesse delle torri sussi-
diarie. E come l'importanza delle sue porte era maggiore che in
ogni città di Sicilia, ed in rapporto al numero delle vie com-
merciali che vi si congiungevano; così presso ad esse, al-
l' Hexapylon ed all'Epipolae, nonché ai forti di Labdalon e di
Euryalos, queste ed altre rocche che si vennero formando, spe-
cialmente ai tempi della guerra del Peloponneso e più furon fa-
mose ai tempi di Dionisio I-, valevano maggiormente ad assicu-
rare la difesa della città, il cui nucleo potè appena soggiacere
in parte sotto Marcello nel IH "secolo av. Cristo. Fu ben detto
■che « alle porte si svilupparono le arti di fortificazione e d'as-
sedio dei Greci », e la torre ebbe origine « da quelle spor-
genze murali . . . allo scopo di opporre una più viva e dure-
vole resistenza agli assalti nemici ». Ora, l'incremento strate-
gico di Siracusa era tale, e la sua supremazia aveva si grande
potere sulle piccole città vicine che, anche più in su dal porto
di Trogilos (scala Zappuglio, scala Greca, Labdalon), si sentì
il bisogno, con l'andar dei tempi, di rassicurar meglio la si-
curezza del paese. Se tra la odierna contrada Targia ed il
forte di Leon era il campo dei Romani, siccome abbiamo vi-
sto con Livio, è chiaro che a N-W del Labdalon si dovesse
trovare la torre di Kalauria o Galeagra, in vicinanza della
quale sarebbe passato e Hiketes e Timoleonte nelle operazioni
militari di cui fu detto, e lo speculator di Marcello prima di
prendere Siracusa. Oltre a ciò, l'utilità delle torri fra Trogilos
e Siracusa era agevolata dalle rupi e dalle alture isolate che
divennero in tal guisa opportunissime per lavori di forte mu-
ratura e per riconoscervi il campo sottostante, come ad Orco-
meno e Messene, ovvero per guardia contro i pirati. Un sob-
borgo abbisogna di luogo forte ove potersi ditendere in caso
di assedio, o per far fronte a invasioni di ladri, affinché ar-
482 KALAURIA, LEON
rivi Taiuto della città stessa » (1), e poteva esso servire o per
« difesa privata », ovvero per « organizzazione comune contro
i pericoli comuni ai paesi limitrofi ». Se siffatte costruzioni le
troviamo alla frontiera di una interessante e grossa città, co-
me a settentrione di Siracusa , [dovevano essere più estese
per impedire Iti presa all'avversario; ed è perciò che, non
bastando l'Epipolai col Labdalon e V Euryalos se non per la
sola difesa di Siracusa, avendo essa sotto di sé anche Megara
e il sobborgo di Trogilos, potevano servire di preliminare di-
fesa anche le torri Galeagra e Leon, prima ancora che il ne-
mico giungesse all'acropoli. Ma queste due torri son sempre in
certa prossimità alla frontiera dell'Epipolai, conforme a quello
che dice Plinio [N. H. XXXV, 169], citato dal Sittl (o. e,
p. 70), sul proposito di Annibale: ' Spectat etiam nunc spe-
culas Annibalis in Hispania terrenasque turris iugis montium
impositas '. Il loro uso e la ripetizione scende anche ai tempi
postclassici; per esempio Giuseppe Ebreo [Ant. lud. XIII,
2,1], tra le altre cose , leggiamo il notevole passo : xaxà.
2txe)iav èv x<p XeYotiévw TetpaTiupYup xxl. , mentre il Da-
masceno {Vita Isidori , 63) sul golfo Plynos alle coste del-
PAfrica settentrionale colloca un' altra Tetrapyrgia , che non
saprei se si possa identificare con quella menzionata in una
iscrizione delle catacombe^ siracusane di san Giovanni (2) :
Oe''5(i)v [è]vTa06a xTxe àizh TeipaTiopY^^'S.
(1) Vd. C. Sittl, Sludi sulle coslrusioni antiche dette -ztlxf}' nùpfoi,
turres, speculae in ' Riv. di Stor. Ant. e Scienze afflili', a. II (1897), ùi-
BClrolo S», p. 67 88. [lav. cit.l.
(2) Cf. V, Strazzulla, Museum Epigraphicum, p. 185 [n. 348], e ' Os-
Mrvv. all'epigr. di Chrysìane' in Riim. Quurlahchrifl del 1807, I-III,
p. 24. — Siccome l'iscrizione fu dal prof. Or»i scoperta in s. Giovanni,
poó ipoteticamente ammettersi che IMicidon sia stato oriundo di qualche
grappo tetragono a nord di Siracasa ?
DIAVOLO d'opera. 488
VII. Diavolo d'Opera.
1. La biancheggiante collinetta 'Diavolo d'Opera' (vulgo
Diavolopri), che, guardata dall'opposto monticello Trotilon, par
di finire a cono, ha nel suo ventre una grotta, dovuta per molta
parte alla mano dell'uomo in età remotissima. È abbastanza
larga e più lunga , con entrate spaziose volte a nord ed a
sud, allargando la sua periferia nel centro, superiormente, o
meglio alla sua cima. Questo enorme antro offre una grande
apertura che direi òuatov (luminare), dal quale si è staccato,
per intemperie od altre cause, un grosso macigno. La natura
della grotta, e l'esser situata in luogo solitario, con l'attraente
veduta dell'Ionio ad Oriente e con Leontinoi da N-\V, rendono
questa collinetta un punto interessante , sebbene pochissimo
frequentato. Secondo ciò che leggiamo negli Ada Mcu-tijrum
supra Megaratn, il monticello Diavolo d'Opera fu poi rifugio
di martiri Leontinoi nel III secolo. Nulla vi si scorge d'impor-
tante per le ricerche archeologiche, ma si raffrontano molte
circostanze del martirologio con l'argomento topografico. Ne
feci una piccola nota nel 1896, allegando in parte ciò che
togliesi da Ottavio Gaetani. Quello che si nota negli Atti e in
posteriori studi del codice, dond'essi derivano, merita ora spe-
ciale considerazione, e per la topografia della zona augustana
del settentrione, e per le altre vicine città (1). È riconosciuta
(1) Per la letteratura deirargomento, che però non ha avuto Ano ad
oggi uno studio speciale, cons. i cenni dei seguenti : 0. Gaetani, Vitae
Sanctorum Siculorum, Panornii 1657, I, p. 43 e Animadvv. , pp. 33 s,,
72 ss., 100 e Isagoge ad hisloriam sacram Siculam, e. 376, n. 6, p. 193j
Caruso, Memorie storiche, 11, 5, p. 189; F. Aprile, Della cronologia
municipale d. Sicilia, Palermo 1725, p. 452; G. Di Giovanni, Storia Ec-
cles. di Sicilia, Palermo 1847, 1, p, 109 [un brevissimo cenno, dal quale
nulla d'interessante si rileva]; G. E. Di Blasi, S/. del regno di Sic, Paler-
mo 1844, 1, p. 62 s.; F. Mauro, Vita ed Alti dei ss. Fratelli Alfio, Filaddfo
484 DIAVOLO d'opera
oramai la poca o nessuna validità storica degli Atti e le esa-
gerazioni introdottevi, oltre alle confusioni topografiche con-
cernenti il territorio di Leontinoi e dei luoghi sottostanti a
quei monti fino alla spiaggia orientale, dall'odierna Brucoli al
al Pantakyas , al Greco e alla marina di Agnone. Il gesuita
P. Filadelfo Mauro seguì nel seicento le strane tradizioni del
codice, troppo liberamente da lui tradotto, e vale poco. Il
ch.mo prof. Columba, fondandosi sul Cod. Vat. 1591, che sa-
rebbe del 964, ha identificato alcune località leontine , delle
quali, per limitarci ai martyres supra Megara suppliziati sul
Diavolo d'Opera (1), occorre scegliere quello che nel Codice
è a f . 153, ove cominciano gli atti di Agatone vescovo Lipa-
ritano, che fuggì nella grotta *Mater Adonai', e i §§ 81-82
dei Bollandisti, ove si allude alla regione costiera presso cui
è l'antro suddetto.
Quanto può riferirsi ai martiri supra Megaram è preso
dal martirologio dei tre SS. Alfio, Filadelfo e Cirino. L'esecu-
zione del loro martirio avvenne nel 238, quand' era Armato
e Cirino e di nitri mm di Lenfini, Catania 1691 [mi son valso dell'edi-
zionp non bnona, ir.a più recente; disp. 23, p. 356 ss.]: R. Garrucci, Civ.
CaH. del 1868. cit., p. 219; D. G. Lancia di Brolo, Storia della Chiesa
in Sicilia nei primi X xecoli, I, Pai. 1880, p. 114, 116, 124-125; G. M.
Columba, Archeologia di Leontini (cit.) in 'A. S S. ' del 1891, Estr.,
p. 72 ss. [vd. specialmente ' La topografia di Leontini secondo 1' agio-
grafia': breve, ma interessantissimo capitolo]; Strazzulla, Dei recenti
Acavi in 'A. S. S. ' 1896, MI, p. 86-87 Estr.; cfr. Boia.\nd. Acta Sancto-
rum , niens. Mali, II, pg. 507 ss., 772 ss. — Ringrazio il dotto amico
mjirr Giuseppe Cozza-Lnzi che mi forni gentilmente delle comunicazioni
del cod. Vaticano n. 1591, ove sono distesi gli ntti dei martiri men-
zionati.
(1) Vd. HoLM, St. d. Sic. I, p. 222 .. . • Il vallone che si chiama Cava
Diavolo d'Opera (cava A il nomn che si dà in questa regione ai valloni
formati dalle acque correnti i per la immensa fatica che deve essere co-
italo lo «cavarvi tante grotte ». Queste grotte si vedono nel pendio W-E
del monticelio, tra rupi e burroni: por le nostre indagini basta fermarsi
all'enorme grotta, soprastante, grande sforzo della remotissima antichità.
DIAVOLO d'opera 485
prefetto di Leontini. Se non che, essendo avvenuto il supplizio
a Diavolo d' Opera , In luogo cioè dove non è , né era città
prossima, si dubita di qual paese siano essi stati, « namque,
dice il Gaetani, bisce latebris urbes tres proximae, Leontini in
Mediterraneis (?), Morgantiura et Megara litorales ». Io ritengo
che quei martiri di Diavolo d' Opera siano stati di Megara,
già ridotta a vicus. Bisogna quindi escludere Morgantia e
Leontini.
2. La questione di Morgantina in rivaall'Jonio fu oramai nega-
tivamente definita dal Columba. Tucidide la chiama (IV, 65) Mop-
YavTLvifj e, dopo lui, in varii tratti Diodoro, dal quale evidentemente
si rileva che Morgantina non era presso Agnone vicino alle
rive del TTjf'a; (s. Leonardo), ma, come ha osservato Ad. Holm:
« in direzione di libeccio da Centorbi , sulla destra del Dit-
taino, si eleva 720"", sopra il livello del mare il monte Judica,
che porta le rovine di un' antica città. . . , non molto distante
da Agyrio»; e questa con molte probabilità fu Morgantina.
Difatti dal Siculo Diodoro sappiamo che Magone, comandante
di Imilcone in Sicilia, pose il campo èv xfj xwv 'Appiva^wv Xwpa
Tiapà TÒv Xpuoav Tzoxajjióv, èyy^s xf^i; ó5oi) ti)? cpepouorj; cts Mopyav-
T^vYjv (1). In un passo di Livio [XXVI, 21, 14] non è chia-
ramente mostrata l'ubicazione ove l'abbiamo rappresentata coi
moderni: 'post profectionem ex Sicilia Marcelli Panica clas-
(1) DiOD., XIV, 95 [il l'atto si rapporta alfa. 392, ai tempi di Dioni-
sio I]; cf. DiOD., XI, 78; XIV, 78; XXVI, 4. — Vd. Holm, St. d. Sic, I,
p. 151 ; Freeman, Eist. of Sicily, IV, p. 170. — Cicerone {In C. Verrem
act. II, lib. 3, 18, 47] la pone nel numero di città che luron latte ad Ovest
dei Campi Laestrygonii, col dire « Herbitensis ager et Hennensis, Mur-
gentirius, Assorinus, Imacbarensis, Agyrinensis ita relictns erat ex maxi-
ma parte etc. »; cf. ibid. II, lib. 3, e. 43, 103 [e lì, lib. Ili, 23, 56], e siamo
perciò entro terra. — Cons. per altro Str.\b.. VI, 1, 0 Mopyaviiov, e VI,
2, 4 (p. 186); SiLio, Pun. XIV, 2')6 ' fiondosis Murgentia campis'; Pun.
iV. H. Ili, 8; 111, 14, 5 ' Murgentini '; XIV, 4. J2 ' Murgentina (vitis) e
Sicilia potissima, quam etc. ' ; ma Steph. Byz. s. v. Mópvyva, ttóX'.; Z-.xs-
-Xébv [da Philistas, lib. II], gentile Morgynaeus. l'orse al mare.
486 DIAVOLO d'opera
sìs octo milia peditum, tria Numidarum equitum exposuit, ad
eos Murgeniia et Ergentium urbes defecere' (1). Qui può
probabilmente ammettersi che gli undici mWdipedites ed equites
sbarcarono dal naviglio cartaginese per avviarsi alla volta di
Murgentia (variante) e di Ergetium (alquanto ad Est di Aidone
e Piazza) limitrofe. Appunto per questo criterio, dove Livio
soggiunge [XXIV, 27, 5]: 'ad Murganliam tum classem na-
viuni centum (Appius) Romanus habebat, quonam evaderent
motus ex caedibus tyrannorum orti Syracusis , quoque eos
ageret nova atque insolita libertas, opperiens ', il prof. Holra
avverte che dev'esservi stato un errore (2), ed anzi il Mannert
suppone che qui si voleva indicare Megara , prossima a Si-
racusa, e con porto vasto abbastanza per l'approdo di cento
navi (3).
Ma dove Steph. Byz. dice Mópyuva tióXc? SixeXca?, forse la iden-
tica con la Mergane di Polibio [I, 8, 3], e con molta probabi-
lità può ravvisarsi, secondo Cluverio, una piccola città vicino
Siracusa (4); forse, io penso, ai pressi dell'odierna stazione
(1) E anche qui siamo ben lungi dall'Agnone, tanto più che Livio poi
soggiunge: « secutae defectionem earum Hybla {Palemò) et Macella
(Afascali) etc. », per la quale ultima vd. Holm , Geogr. ant. di Sicilia.
p. 84 [CliiverJ.
(2) A. Holm, Storia d. Sicilia, I, p. l.'il, n. 29. — Così invece di ad
Murgantiam nei codici liviani andrebbe letto ad Megaram , anche per
riaacire consono il tratto alla rivoluzione siracusana; cf. Holm, Geogr.
ani. di Sicilia, p. 16 ; Fazello, Thesaur. Ant. Sic, IV, 78 D.
(3) Comunque sia, Diodoro all'a. 104 a. C. assegna la totale distru-
zione di Morganzia per opera di Salvio, ed egli, nato in Agyrium , po-
teva benissimo conoscere la vicina città dei Morganlini ; vd. Fragm. lib.
XXVI, 4, ove la nóXi; òxupa MopYavxivrj fu presa ed assediata più volte,...
xal TauxKjv jièv JtV^pnaotv, ìtcI Sa MopYavx{vT3v rjyev , xat TioXiopxelv nàXiv
èiux«ipii xV(V MopYotvtfvrjv. E più innanzi : 6 Si MopYavxtvyjv noXtopxi^oag Sa-
XoOloc^ intfipa|x(bv ttjv ^ùpav jiéxft xoù Atovxivot) :it5£ou xxè . . . Stavounsvoj.
(Tpóqpwv) Si tà TpióxaXa xaxaXapéoOat [Triocala vicino le terme Selinun-
tlnej.
(4) Vd. ìloLìi, (Jeayr. ani. di Sicilia, p. 86.
DIAVOLO d'opera 487
ferroviaria di Agnone', in quel!' angolo « formato dalla costa
siciliana» dove è un sito noto per Murgo (I). Per escludere
la posteriore esistenza di Morgantina all'interno e di Morgane
nelle rive ioniche della Sicilia, si ha in Strabone, 1. e. xal t))v
MopyàvTcov . . . uóXt? 5' fjv auxY), vOv S'oùx èaxiv. Io non di-
scuto se qui Strabone voglia parlare di Morgantina (o Mor-
gantion) città interna, come accuratamente pensa il Columba;
ma se pure si voglia riguardare ai fatti, nessun documento
assegna l'esistenza della piccola Morgyna (forse le mariiima
Leonlinl) ai tempi imperiali.
3. Bisogna quindi pensare che i martyres supra Megaram
siano stati oriundi di quella ridotta cittA che Tolomeo chia-
mava anche ^ Meópa con forma volgare, e che Pomponio Mela
[II, 7, 16], vissuto sotto Claudio, cioè poco dopo Strabone, am-
mette tra le città di Sicilia, a ditlerenza di costui che ne nega
la sopravvivenza. Il Gaetani opina (cfr. cap. V di questi Stu-
di): « equidem crediderim Megaram, tempestate Strabonis a
magnitudine sua excidisse »; sicché l'Amasiota avrà voluto si-
gnificare che non era estesa come nel!' epoca classica, giac-
ché egualmente Pausania, Plutarco , Mela , Plinio, Tolomeo e
Servio (il più vicino tra tutti: IV sec. dell'era volg.) la am-
mettono come ancora rimasta.
Infine, quanto all'origine dei nostri martiri , non opinerei
mai che siano da Leontinoi; non c'è testimonio sul fatto, e
(1) II prof. 0. M. Columba, Contributo ecc.. Archeologia di Leontini^
o. e, pp. 52, suppone diversità tra Mort^antina (o Morgantion) e Morgan-
tia. — Dopo la congettura del Mannert e dell' Holin sul passo liviano
XXIV, 27, 5, paruii di avere ottimo fondamento la versione del Colum-
ba, tanto più che lo stesso Livio nel XXVI, 21, 14 dice Murgentia, va-
riando cioè la nomenclatura e confermandosi cosi a Tucidide, Diodoro,
Cicerone, Plinio ed altri ricordati. Così ove oggi dicesi Murgo fu Mur-
gantia (Liv.), ovv, MepYivyj (Polib.) o Mópvuva (St. Byz). Cfr. V. Gasa-
ORANDi, Le campagne di G frane II, pg. 5, n. 8, che ammette la sola-
Morgantia presso il Chrj'sas (Dittainoj, come l'Holm.
488 DIAVOLO d'opera
ove è detto che essi perirono supra Megaram, parmi che im-
plicitamente si debba comprendere la loro derivazione da Me-
gara. Se Siracusa e Leontinoi ebbero altri martiri, perchè su-
bilo convertite al cristianesimo fin dai tempi apostolici, anche
la zona intermedia, ov'era la piccola Megara, ha memorie di
antico culto cristiano. Oltre l' epigrafe della battezzata Julia
Fiorentina, or innanzi esaminata, i cimiteri cristiani scavati
4n quel tratto litorale, ed una tradizione secondo cui s. Paolo
{Ad. Aposi. XXYIll, 12) si sarebbe fermato tre giorni a Si-
racusa e poi avrebbe predicato la nuova fede nelle coste (1)
orientali fino a Messina , fanno supporre che, se la persecu-
zione non risparmiò i primitivi fedeli di Leontinoi e Siracusa,
anche la Megara cristiana potè avere dei proprii martiri.
Dei quali sappiamo appena (Gaetani, o. e, I, p. 43) quanto
segue :
« — a. Chr. GGXXXVIII, d. I Novembris. Armato Siciliae
« Praef. Ecclesiam Siculam vexante, plures Chriatianorum mar-
« tyrium consumavere in Monte, qua fluvius Assia praeterfluit,
« inter veterem Megaram et Morgantium {o tneglio Morgyna,
« Morgane). In eo monte latebrae erant, in quibus christiani
« metu persequutionis occultabantur; quod ubi cognitum est
« Armato consulari, qui per eos Siciliae tractus tum versa-
« batur, comprehendi a militibus iubet, constantesque in Chri-
« sii fide, alios igne vivos combussit, alios autem variis modis
€ intertecit; coetus ille non virorum modo, sed mulierum fuit:
« nomina in vitae libro conscripta sunt — ». Il loro culto fu
rimesso in onore, dopo lunga dimenticanza, da Paolo V, che
li chiamò martyres de Monte, Il fiume Assia, anziché il Por-
cari (Pantagia), è con molta probabilità quello che sbocca nel-
l'ex-feudo s. Calogero, e proprio nel locale nomiiKito Castel-
luccio, forse per i ruderi tuttora esistenti di un antico ca-
stello.
(1) Anche a sud di Augnata (Terra vecchia) la tradizione riconosce il
pozzo del Salvatore presso una chiesa, ora sparita, dei tempi di S. Paolo.
LA GROTTA ADONAI 489
L' Holm non saprebbe dove potesse essere l'Assia; ma io
penso che negli Ada vi sia confusione toponomastica , tanto
più che mai dagli antichi fa fatta la menzione Assia per ri-
spetto al Pantakyas (Pantagia). Sicché, il redattore degli Ada
di S. Neoflto, stante la convenienza della descrizione topogra-
fica alla cava Diavolo d' Opera, ha nominato 1' Assia, invece
del Pantagia, anche perchè la uapaBaXaooca xoO Fpéxou conviene
esattamente alla prossimità di questo ultimo fiumicello. Se ne
ha la descrizione nel Codice già Criptense ed ora A'^aticano
n. 1591, f. 153, uXYjofov toO Tzoxa\LO\j xoO 'Aoaca, allorché si rac-
conta l'andata di Agatone Liparitano eì? x^v 7iapa0aXaaacav xoQ
Fpéxou (Mater Adonai) (1). La grotta del monticello Diavolo
d' Opera fu probabilmente rifugio di martiri leontini e di
Agatone nella seguente persecuzione del tiranno Tertyllus. Di
altre relazioni tra queste latehrae e il sottostante (a S-E) an-
tro di Maria Adonai, vedi il seg. capitolo.
Vili. La grotta della 'Mater Adonai '.
1. Gli Atti dei SS. Alfio, P^iladelfò e Cirino [Boll. Ad. SandL,
m. mail, II, p. 507 ss.] al § 81 dicono e:? x^v TiapaBaXaaatav
xoO rpéxou, indicazione topografica che viene più volte ripe-
tuta. Cosi vien designata la costa di mare che dalle foci del
Pantagia mena fin quasi all'insenatura di Agnone. I tre mar-
tiri leontini appariscono ad Agatone Liparitano e ad Alessan-
dro (veó^uxo;), dicendo: « Ite in Grecum^ iuxta mare, ibi vos
(1) Gens. Gaetani, Yilae SS. Siculorum, I, p. 100; Animadvv., p. 73,
n. 12 : « bis niontibus hodie nomen Diavolopri, distant Megara VI M. P.,
(invece un 8 miglia) Leon'ini Vili, Assia vero flavius fortasse est, qni
Gisirae (?) dictiis et in Panthagiam inlluit ». Questa affluenza dell'Assia
nel Gisira avverrebbe, secondo il cod., presso la Cava Marcauto, ad Est
della quale si erge Diavolopri.
490 LA GROTTA ADONAI
consistere oportet ad mortera ». Cosi Agalhon che, per fug-
gire la persecuzione di Diomede , tiranno di Pozzuoli, si era
recato nel monte Diavolopri e poi nella sottostante grotta di
Maria Adonai, alquanto prossima alla costa del Greco , am-
maestrò Alessandro nelle dottrine cristiane, per poi battezzarlo
e consacrarlo vescovo. Di questi luoghi nascosti, ove s'impar-
tivano insegnamenti evangelici al catecumenato, si hanno me-
morie, specialmente nei secoli delle persecuzioni, anche a Ro-
ma e nelle catacombe. « On trouve des cryptes sans arcosolia,
ou dont les arcosolia étaient trop élevés pour se prèter à la
célébration des saints mystères. Ces cryptes, selon une conjec-
ture très-probable de p. Marchi, étaient destinée à l'instruction
des catéchumènes; elles se composaient ordinairement de deux
salles, de fa^ns que la separation de deux sexes pùt y ètre
observée; elles avaient des chaires pour les catechistes, et des
bancs taillés dans le tuf pour les auditeurs » (1). La duplice
grotta di Maria Adonai potè essere scavata nella seconda metà
del III secolo da una colonia di fedeli, tra i quali vennero segna-
lati Agathon da Lipari e Alessandro che ebbe nome Neofìto ;
di lui dicono gli atti che, ordinato vescovo per miracolo del-
l'apostolo Andrea, assistito dai tre SS. Fratelli, governò la chiesa
leontina per anni 33 e mesi 5, morendo il 17 aprile nell'età
di 80 anni e mesi 5 [v. Ada, parte IV, e. 3, n. 124; Brolo, Sto-
ria, 0. e. I, pg. 129]. — Gli Atti fanno poi menzione di un
tempio che avrebbe costruito un certo Publio, il quale, richie-
(1) Cf. Marchi, Monumenti delle arti cristiane primitive nella me-
tropoli del Cristianesimo, Roma 1844, tav. 17; Mahtigny, Diclionnaire
des anliqq. chrétiennesy Paris 1877, pg. 150.— Potranno essero state adi-
kit» a tale scopo delle stauze scavate in vicinanza anche nella Tinipa
Ddieri; cioè, dei vani di origine probabilmente preellenica Airono forse
opportanisiimi per V istruzione dei catecumeni : vi é inlatti anche qui
la grolla della scuola, co^'i chiamata tlnora, con attorno all'abside una
«inU adatta per sedervi un buon numero di persone; per es. di cri-
stiani segreti cf. Bull. Arcfieol. Comunale di liunui, 1877, p. 241 ss.
LA GROTTA ADOKAI 491
sto di un ricovero, « latebram dedit, quam habebat in medio
monte, iuxta Assiani fluvium ». Benché inesatte le designa-
zioni del Martirologio, la latebra in medio monte non può
essere altra che quella del monticello Diavolopri. Se pure il Pan-
tagia scorre in vicinanza di ambedue le località, (Greco e
Diavolopri), non si deve pensare che a quest'ultima, giacché
questa sola è con monte, e presso di essa è il Pantakyas
che poco dopo piglia il nome di Gisira, e, del resto, il Fpéxos
è una 7rapa0aXaaota che ha le due grotte Adonai sulla pianura
alquanto lontana dal m. Diavolo d'Opera. Ove, dunque, ai piedi
di Trotilon è un recinto, già descritto, che flnoggi è nominato
la Chiesa, non è improbabile che sia stato edificato un tem-
pio, quello di cui parlano gli Ada : « porro hic Publius tem-
plum aediflcarat, valde elegans (nullumque in illis oris aliud
erat) Dominae nostrae, laudatissimae Dei genitricis ac semper
Virginis Mariae, nec dum fuerat consecratum ab episcopis;
quod Tertulli metu , nemo venire illuc auderet ». Se questo
tempio lu edificato sul monte, bisogna investigarlo soltanto ai
dintorni di Trotilon, giacché, quando gli atti soggiungono:
« templum b. Agatho ac baptisterium picturis exornavit », non
può affatto convenire questo testo con la tecnica del dipinto
di Maria Adonai, che spetta indubitatamente ad età bizantina.
Gli Atti perciò, scritti nel secolo X, avrebbero confuso l'epoca
in cui la duplice grotta venne scavata e per la prima volta
abitata nel III secolo, con una circostanza posteriore, secondo
la quale sembra verosimile che, per la santità del luogo ove
abitò Agathon e Neophytos , verso il secolo VII od Vili potè
venire una chiesa bizantina con pitture non riferibili affatto
a s. Agatone, ma a mano artista di parecchi secoli alquanto
lontani.
*
* *
2. Farò la descrizione della doppia grotta di Maria Adonai
•<^rpépo'j 7:apa0aXaao(a) per giungere poi all'esame delle sue pit-
492 LA GROTTA ADONAI
ture che sono bizantine. Queste si vedono nel vano orientale,
prolungato, verso il cinquecento o poco prima (1) , in forma
di chiesetta. La classica grotta a sud si allarga prima per
ra. '2,05, allungandosi in m. 3,40; il suo tetto, come nel resto,
non è liscio abbastanza, siccome le pareti laterali. Una entrata
intermedia con piccola absida ha un Ò7:a~ov {luminare ci-yjìLaé),.
oggi quasi interamente interrato di sopra. Misura in lunghezza
7,30"" X 5,60 largh. X 1,80 di profondità. Non trovo vestigi
di sarcofagi sulle rocce laterali. A sinistra però, vicino alla
moderna inferriata, sono due contigui sedili , alquanto inca--
vati, che non saprei se siano serviti per altri usi. Fuori di
li, in un recinto ad ovest, rimangono alcune grotte, delle quali
una specialmente artificiale ; sono in istato di cattiva conser-
vazione, e nulla può dirsi in proposito.
Gioverà fermare l'attenzione sulla parte cospicua, la chie-
setta bizantina di Maria Adonai. Nello sfondo di essa è Maria
Vergine col Bambino Gesù sul braccio destro. Essa tiene al
capo un mantello celeste cupo, ornato di lista rossastra; sulla
testa ha corona reale, terminante con globetto e piccola croce
equilatera, indizio questo per giudicare il lavoro dell' età bi-
zantina, quando gl'imperatori Orientali., come nelle monete e
nei musaici sovrattutto ravennati (2), erano ornati di diadema,,
molto similmente alle rappresentazioni di Maria e di Gesù, il
cui culto non aveva più contrasti pagani, da Giuliano l'Apo-
stata in poi. La veste del Bambino doveva esser succinta : è
(1) Il Salomone, Augusta Illustrala, p. 135, narra la tradizione, con-
forme la qaale, verso il sec. XV, an pastorello si sarebbe accorto che il
terreno di sopra sprofondava sotto i piedi di un bue, e, fatto cos'i uno
«piiaglio, si sarebbe scoperto l'antro sotterraneo.
(2) Cf. a tal uopo la consacrazione dell' imp. Giustiniano li (685-695)
sai mosaico di S. Vitale in Ravenna apd Schultze, Archaologie d.
altchrist. Kunst, Miinchon 1895, p. 371; e il Cristo diademato di s. Apol-
linare in Classe (ih. p. 343) nonché la s. Famiglia del cimitero di Priscilla
(i//id., p, 329), a non dir d'altro. Quest'ultimo dipinto, di epoca tanto
più antica, non dà ai tre personaggi alcuna caratteristica reale o divina.
LA GROTTA ADONAI 493
color rosso grigio a crespe e con lista al collo , in bianco;
tiene con la sinistra un globo rotondo a color verdastro, se-
gnato da fascia grigiognola. Nel conìplesso il Bambino è ve-
stito di bianco, e con segni che ricordano un celeste sbiadito;
posa anche lui con Maria la sinistra sulla croce, mentre la
Vergine la sorregge di sotto. La croce immissa f, coi tre
lati superiori eguali, misura in altezza per metà del corpo di
Gesù , coronato come Maria. Di sotto restano ornamenti in
nimbo. Meglio conservalo ò il Bambino; dall'omero sinistro in
giù la Vergine non si conserva sempre bene. 11 dipinto di
Maria Adonai (Madre di Dio) venne tratteggiato in un quadro
ellittico concavo, sopra la stessa parete molto ben levigata ;
la concavità vien gradatamente pronunciandosi dall' alto in
giù, e il fondo si conserva ancora biancastro. La pittura della
Vergine col Bambino, non solo per avere rispettivamente la
corona, in segno del loro dominio sulla terra, e il globo alle
mani, ma anche per l'aggiunta della croce non più simbo-
lica (1), è riferibile all'età bizantina. Fu nel concilio TruUano
0 quinisesto [a. 692] che si ordinò di dipingere storicamente,
abbandonando gli emblemi simbolici , non più compresi dal
popolo. E giacché la croce e il diadema col globo sono evidentis-
simi segni della divina autorità e i più spiccati caratteri del di-
pinto Adonai, non esiterei a giudicare il dipinto di un quattro
secoli posteriore al vescovo Agatone. Il mio dotto amico prof.
Orazio Marucchi ha pubblicato pochi anni addietro un'imagine
della Vergine, spettante ai tempi di papa Teodoro (642-649),
la quale non ha diadema, ma il capo « velato e adorno di
nimbo rotondo, indossa una ricca veste, ad imitazione del co-
stume delle imperatrici bizantine », mentre sul suo petto « si
appoggia la testa dell'infanto divino anch' essa circondata da
([) Di questo argomento mi sono occupato in altro recente lavoro:
• Indagini archeologiche sulle rappresentanze del * Signum Christi ' ». [Pa-
lermo, Reber, 1899J, passim.
Arch. Stor. Sic, N. S. anno XXIV. 32
494 LA GROTTA ADOKAI
nimbo rotondo, ma con l'aggiunta della croce nel mezzo» (1).
Ma giustamente egli considera questo dipinto del cimitero di
san Valentino come riillimo per tempo a « quel ciclo di im-
magini di Maria che ci offrono le pitture cimiteriali » ; così
l'affresco di s. Maria Adonai potrà essere stato un lavoro del
periodo di transizione dall'arte cimiteriale alla bizantina, VII-
VIII secolo, allorquando la Vergine aveva già assunto col
divino Infante quella che il Pératé chiama 'attitude hiératique'
che riprodussero in molti altri tipi le Madonne bizantine..
3. Ma se la pittura di Maria Bs,oxòxoc, può , sotto l' aspetto
tecnico, aggiudicarsi al secolo VII-VIII, non sembrami si
possa tenere eguale convinzione per le altre laterali. Si scor-
gono in quelle pareti molti vestigi di dipinti, ora quasi affatto
sbiaditi; mentre d'ambo i lati del muro di sfondo, ove abbiamo
ravvisato la Vergine, restano tuttora delle tracce evidenti di
individui ed ornamenti accanto ad essi. A sinistra son tre per-
ei) Vd. 0 Mardcchis 11 cimitero e la basilica di san Valentino e gui-
da archeologica della via FUnninia, Roma 1890, pg. 62, ove ricorda il
più antico, quello delle catacombe di Priscilla, forse del I secolo, e quello
del cimitero ostriano del IV-V secolo. Anche il Marucchi si occupa
della Vergine priscilliana nell'eccellente volume Le memorie dei ss. Apo-
stoli Pietro e Paolo nella città di Roma con alcune notizie sul cimitero
apost. di Priscilla, Roma 189''i, pp. 90-96 , ove giudica con altri che il
dipinto sia della prima metà del li secolo. Per altri studi sulla rappre-
sentazione della Vergine cons. il notissimo ed interessante di G. B.
Db Rossi, Imagines seleclae Deiparae Virginis . Romae 1863 (tipi tolti
dalla Roma sotterranea); V. Schultze, Archdol. Studien , Wien 1880,
p. 177 88.; F. X. Khal's. Roma Sott., Freiburg i. H. 1873 e ISTO*, tav 4;
id. Real Encyklopiidie, Freib. 1886, li, p. 362; A. Pératé, L'Archeologie
chrél., Paris 1892, p. 120 ss., 153 s. (la Verg. e l'infante del cim. ostr.)
e specialmente Rohault, La Sainte Vierge, ètud. archéol. et iconogr.,
2 voli., Paris 1878, il Lkhnrr, Die Marienverehrung in der ersten Jahr-
hunderten*, f^tuttgart 1886; C. Schmidt, Bcmerkungen zur angeblichen all-
hoptvichen Madonnadarstellungcn in * Rom. Qnartalschrilt ' del 1807,
H. 4, p. 407 88.; Marucchi in RQS del 1896, H. 4, p. 384, od il Garrucci
nella Star. Art. Crisi. Vd. il mio recente lavoro: Di un dittico siculo-bi-
zantino in Cefalù in 'Rem. Quartalschr. ' del 1899, tav. X, flg. 3.
tA GttOTTA AbONÀI 40f
sone, delle quali si discerne in una la faccia" e la testa, manto
celeste surrogato da un altro rosso che dalla spalla sinistra
scende giù sotto il braccio destro. Queste osservazioni si pos-
sono fare diligentemente nella figura di mezzo; e giacché gli
Atti dei tre martiri Alfio , Filadelfo e Cirino parlano di que-
sta pittura che sarebbe stata eseguita dal vescovo liparitano
Agatone, quando soggiornò in questa grotta col neofito Ales-
sandro, non panni impossibile che, tanto questo gruppo di tre
santi rappresentativi, come l' altro, raffigurante una scena di
battesimo, si ascrivano ad Agatone o a mano cristiana della fine
del III secolo. La questione viene ad essere cosi della massima
importanza per l'agiografia e l'archeologia cristiana del terri-
torio augustano, rimaste finoggi, come a Leontinoi e in Sira-
cusa , una incognita difficile , oscura perfino ai Bollandisti.
Non mi affido agli Atti, la cui validità non è da nessuno rico-
sciuta, tranne che dal Gaetani parzialmente e dal Mauro, en-
trambi agiografi del seicento , e quest' ultimo specialmente
enorme esageratore. Se non che, è incontestabile il fatto della
diversa tecnica tenuta dall' artista dei tre persor^ggi e del
battesimo. Il centro della parete, ove s'incurva in foggia di el-
lissi la pittura contenente Maria con l'Infante figlio, ha un'ap-
parenza abbastanza diversa dai dipinti laterali; quella viva e
fresca, in istato di perfetta conservazione, con tutte distinte le
particolarità della figura, tranne qualche lieve perdita nella
parte inferiore del dipinto; i tre martiri, invece, e la scena
battesimale del lato opposto si scorgono appena. Nell'insieme
la policromia, vinta da un languido rosseggia mento, non mo-
stra alcun punto di contatto con la varietà dei colori grigia-
stro, azzurro cupo, biancastro della pittura centrale. Nella quale
poi è a notare che essa è interamente conservata, quale usci,
bella e vivace, dal pennello dell'artista bizantino. E perchè, se
furono anche della stessa epoca le pitture dei Iati, non dovreb-
bero anche queste conservarsi in istato consimile ? lo quindi
ritengo che, dove gli Acta alludono, per non dire affermano,
che Publio edificò un tempio alla Vergine, potrebbesi trovarlo
496 LÀ ORO+TA AbONAi
presso Trotilon, come fu avvertito; e invece la duplice grotta
del rpéxos fu utilizzata e così nata nel III secolo colle pitture
parietali, tranne quella di Maria, che, alla sua volta, sarebbe
divenuta tale in età bizantina, anche per ragione della conti-
nuazione posteriore dello stesso luogo santo. Ed oltre alla ra-
gione della policromia, per contrassegnare la distanza del tem-
po che corse dalle esibizioni laterali a quella della Vergine,
abbiamo una nota che può ravvicinare, per simili tipi, la fi-
gura di mezzo (forse S. Alilo, il maggiore dei fratelli) ad al-
tre del periodo imperiale o del principio del medio evo. Per
esempio il s. Marco di Costantinopoli ed un pettine istoriato
del Cairo nel Museo Gizeh, or ora pubblicato dallo Strzygowski (l),
ambidue non certamente di età bizantina, mostrano i perso-
naggi con manto che dall'omero sinistro si avvolge sotto il
braccio destro, come si scorge nel dipinto della nostra grotta.
A queste particolarità devonsi pure aggiungere quelle di va-
rie tracce di fiori e festoni {l^y.cc^noi) con tinte verdastre in
ambedue le raffigurazioni, ornamenti che non scorgonsi at-
torno all^ 'Madre di Dio'. — Il dipinto a destra ò poi un qua-
dro che sta da sé, e allude con moltissima probabilità al bat-
tesimo che Agathon conferi ad Alexander il quale da quel tempo
fu chiamato Neóffu-co?. Quivi son residui di figure in rosso; una
dal lato estremo di destra distende la mano verso un indi-
viduo che pare in ginocchio. Accanto si ravvisano testoni e
verzure; ma il tutto è così oscuro e smarrito che nulla di
più positivo può asserirsi. Come in questa configurazione i
fiori e i festoni valgono a significare la gloria della patria
celeste riserbata ai fideles èv Xptcnó:», anche nel lato sinistro la
stessa decorazione alludeva alla gioia del cielo riserbata ai
tre martiri fratelli. Di questo argomento, che fu tanto trattato
e pur sempre altra3nte agli archeologi cristiani, basta qui os-
(i) Per il % Marco vd. Sghultze, Archàologie, p. 357; cf. Jos. Strzy-
gowski, Die chrisllichen Denhmdler Aegyptens la ' Rom. Quartalschrift '
1808, MI. Uv. r, flg. 2.
La grotta adonai
49?
servare che solo nell'epoca in cui era in vigore la 'disciplina
del segreto ' potè ricorrersi a simili segni simbolici. Ecco
dunque un'altra prova per assegnare le pitture in parola ad
età più remota che non sia quella della Vergine Adonai.
La grotta lateralmente fu tutta a dipinti, ma il loro stato
odierno è così deplorevole che nulla se ne può dire. Esso ha
due periodi di vita cristiana, ed è molto più notevole dell'al-
tra attigua, anche per essere stata frequentata nel medio evo,
come dimostra la pittura della Madonna Adonai. Non tu una
catacomba, né una confessio, ma una cella memoriae direi
piuttosto, dove i martiri famosi di Leontinoi avrebbero avuto
un singolare culto fin da' tempi prossimi alla loro morte.
Questa xpuTixa è in forma quasi equilatera, ed ha le dimen-
sioni :
lungh. 6, 30"» X largh. 5, 95 X alt. 3, 05 (il pavim. è mod.)
Quasi nel centro della crypta è uno spiraglio (èTcatov , lumi-
nare^ luminare cryplaé), largo cm. 48; e va sopra restrin-
gendosi È quello che la tradizione spiega nel modo accen-
nato; ma pure, se ciò siasi potuto avverare, non è d'altra parte
a dubitare che quel piccolo pozzo di aria spetti ai primordi
della crypta Adonai. Il monumentino è interessante, ed ho il
piacere di segnalarlo per primo agli archeologi. Importa che,
per la sua gelosa conservazione, vi abitano degli eremiti forse
fin dal secolo XV, in cui si scopri alla luce il famoso dipinto
di Maria, che spero di poter pubblicare nella Riirn. Quartal-
schrift.
Cefalù, 1899.
Sac. dott. V. Strazzulla.
•*i*'^,<^^®'je^-iS'
M I S C E L L A N E A
LA RIVOLUZIONE
LA GUERRA MESSINESE DEL 1674-8
APPUNTI E DOCUMENTI
(coni, e fine v. Arch. Stor. Sic, voi. XJQV, pag. 209).
XCVI.
(R. S. — B. 2449).
Risposta speciale sul conto riportato al N. XG, fatta dal Duca
di Bounieville e mandata anch'essa a S. M. con lettera del 21 ot-
tobre 1677.
Para responder al tanteo embiado de la Corte del dinero necessario
para tener un Eiereito de 12000 Infantes , y 15200 caaallos en ol Reyno
de Sicilia sin excluir (dice al Titulo del Tanteo) el lercio de Sicilia, que
86 supone de 2500 hombres, y que el sustento corre por el Real Pa-
trimonio.
Priuiero, No se hallan 12000 Infantes efectibos en Sicilia y bay cerca
de dos min Cauallos, si toda.s las Campanias fueran Montadas con lo poco
de Dragones que quedan.
2. El lercio de Sicilia es muobo menos de 25(i0 y no bastan para la
guarniviou de Falernio, y el remfuerzo de los Castillos del reyno, demas
00 se paga por el Keal Patrimonio, però recive el diario comò los otros
del dinero do las Remesas y los que estan en Palermo , so^o son uias
puutuainiunle pagados, que los donias del Exercito, y tienen los Mosque-
ieroi desto terclo algo mas que los de los otros Tercios.
MrSOELLANBA 499
3. Entre las pagas de los Generales no pone la del General de las
Arinas, no los sobresaeldos o encomiendas, qne puede hauer el, y otros
Generales.
4. Tampoco el Patrimonio no paga a log Ministros del Officio de Vee-
(lor General, y Conserbadoria, ò alomenos no a todos.
5. En el repartimento de la Infanteria del Eicrcito se suponen 12000
Infantes sin los del pais, però estos no se pueden contar para nada, sino
se forman dos Tercios de a 1000 hombres cada uno en lugar de las Mi-
lioias, ò alomenos se ponga por Companias , y Sargpntias Mayores, el
quarto de la Milicia, corno bauia empezado Castel Rodrigo.
6. Poner la Infanteria sin el Tercio' de Sicilia, en otros once Cuerpos
de Tercios, ò Regimientos no seria facil, porque quedaria jioca gente,
y corno los Alemanes son los qne mejor sirben allora entre las Nacio-
nes, y se huien mcnos, los Ittalianos, Borgonones, Mallorqnines, sardos,
corzoì? y semejantes estando lo que se huien, y passan al Enemigo, pa-
rece que seria mejor mantener los tres Regimientos Alemanes, y aiudarles
a reclutar, annque el menor puede l'ormar un buen Esqnadron de 500
hombres y los dos otros mas.
1. El Tercio de Baraona, que Aie Regimiento, es de buena calidad, y
en Companias hace un buen Esquadron de cerca 500 hombres de Serui-
cio, se le podrian anadir dos Companias de otro Tercio, corno del Tercio
uiejo de la Armada que tiene \o con las agregadas.
2. El Tercio de Napoles no està en Sicilia entero, ni tiene aca Mae-
stro de Campo pero doce Campanias uieias, y quatro agregadas en este
Reyno, y se podria reducir a doce Campanias, si quiere la Corte, aqui
no tiene sino un Sargento Mayor.
3. El Tercio uiejo de la Armada tiene 45 Companias que han najado
la mayor parte de los Nauios, y podrian ser reducidas a 20 Companias.
4. El Tercio de Sicilia tiene 28 Companias y seguii las Muestras i795
hombres poco mas ó menos se podria reducir en 20 Campanias corno el
el de la Armada.
5 El Tercio, que Uaman de bisboa tiene U Companias uiejas, y qua-
500 MISCELLANEA
tro anadidas de la nuebas, que uinieron con el Marqnes de Villaflel, se
podrian redacir, corno el de Naples a 12 Companias.
6. El Tercio de Cerdena consiste en 15 Companias se puede reducir
en 10 y mandar reclnlar otras dos nuebas en Cerdena.
7. El de Mallorca es de 10 Companias mny flacas y la gente mejor,
que el de Cerdena se podria reclutai* y poner en 12 Companias.
8. El Tercio Borgoiìon en 11 Companias se podria reducir en 6 sino
8e recluta reformando en el otro tercio Borgonon que dicen se lebanta
en Milan.
1. De los Italianos bay el de Milan del Conde francisco Ares en 8
Componias sin la de Boso agregada y en disputa por las antiguidades
contra los otros Capitanes y assi in suspense.
2. El del Marques Palauesino en 16 Campanias.
3. El de Don Blas de Aflitto en 11 Compaiiias.
4. Tercio de Don Juan Bautista de Palma en 7 Campanias. — De estos
qnalro Tercios se podrian formar dos de Ares, y Palauesin hacer uno
de 12 Companias pidiendo Palauesin de ser reformado , quedaria Ares,
que sirue con gusto. De Palma y Aflitto formar otro Tercio de 12 Com-
panias y assi quedarian dos Tercios de Milaneses.
5. Tercio de Napolitanos de Don Merino Carrafa Cauallero de ualor
y que sirve con gusto y gana de merecer maìores puestos tiene 12 Com-
panias.
fi. El Tercio de Oracio Mastro Nuncio en 9 Companias muy flacas de
cfitas, y de lo que queda quo no es agregado de las Companias del Ba-
lallon de Napoles se podria formar un Tercio de doce Companias con el
de Don Merino Carafa en so Caueza.
ì. El Regimicntu Aleman do Vlbin en 12 Companias y una nueba, que
ba benido dr Napoles Jtgregada en 11 de Octubre de 1677 se podria re-
duoir en io Campatìias.
WBOBLLAinU 501
2. El Regimiento del Goronel Don Andres Chichineli se paede reducir
a otras 10 Companias de las 17 que tiene.
3. EI Regimiento que fae del Baron de Soye y despues de Don Luj's
de Salcedo se pnede reducir a 10 Companias.
4. El Tercio de los Corzos en 7 Gompaiìias sin Maestro de Campo
que dicen està lebantando gente en Corcega las 7 Companias ?on mny
flacas, y se podrian reformar en quatro con un Sargento Mayor sin Ma-
stro de Campo.
Ahora se hallan tres Compafìias de Albaneses, que ha conducido aqui
un Caballero de la Religion de Malta Napoletano, y dice ser agregadas
a un Tercio, que lebanta en Napoleè para Cicilia , estas Campaiiias no
se paeden ajustar uien al pie Ittaliano y pretenden gozar del ile Espa-
rìol, y comò no hablan sino Albanes, ò Griego han menester un Cabo,
que los entienda, y aqui se balla el Marques lascari Hennano del Arzo-
bispo de Durazo que ha sernido bien en Gandia, y por aca gozando de
reforma se le podria hacer Cabo de estas tres Companias con Titnlo de
Sargento Mayor basta que hiciese uenir mas dellos corno ofrece, y si
fueren basta 500 ó 600 formarle un Tercio, y probar entre tanto si està
gente puede seruir de algo en estas montanas.
De los Naturales de Sicilia bay los Tercios que sigaen muy malos,
y flacos y mas Paisanos, que soldados.
El del Principe de Rocaflorida en cinco Companias , que es recinido
al sueldo corno los demas Tercios niegos muy flaco, però el menos malo
de todos y mas de seruicio y obediencia, que los demas Sicilianos.
El Tercio de flume de Nisi de Don Luy» de Moncada consiste en 6
Companias gente sin obediencia y que se deue reformar , y si es poesi-
ble sacar algunas Companias para el Tercio de Roccaflorida, y de las
otras dejar una ò dos sueltas.
El del Marques Don Carlos Valdina que en la Rocca està ya la maior
parte rompido se podria reforraar enteramente, quedando una ò dos
Companias y juntarlas al tercio de Roccaflorida.
502 nSOSLLAKEA
Lo mismo se ha de hacer del Tercio de D. francisco de Juan, y assi
de tados los Sicilianos, y se puede formar a Roccaflorida un Tercio de
10 Companias, y de los demas de fiume de Nisi, la Roca, y Monforte,
ner si se puede sacar una ò dos Companias sueltas de cada una.
Assi despues de la reforma hecha que darian en Sicilia ciuco Tercios
de Espanoles, Vno de Sardos, uno de Mallarquinos, y otro de Borgofìo-
nes, però estas tres flacos y todauia no es seruicio reformarles porque
sera perder el pie de estas Naciones y se podrian reclutar, y en la ne-
cessidad de Infanteria que tiene el Reyno no seria uien de hecharles,
però bien reducirlos ahora en menos Campaiiias.
Los Ittalianos se podrian reducir corno se ha dicho arriba en dos
Tercios Milaneses, y un Napolitano y un Siciliano que serian quatro en
todos.
#
De los Alemanes tres regimientos nombrados ariba en 30 Companias
cadanno de 10 serian doce Tercios con el de Espaiìoles uiejo de Sicilia
y tres Regimientos, en todo 12 tercios y tres Kegimientos y alj."unas
Compafiias sueltas, y no puede hauer menos, si qneremos conseruar al-
gona Infanteria uieja en el Reyno , demas qne entre los 8 tercios de
Espaùoles h:iy tìorgofion, entre el Tercio uiejo de la Armada qne pedi-
ran los Gabos de la Armada si se pusiesen a la mar , y el de Napoles,
que no tiene Maestro de Campo, sino solo Sargento Mayor aqui , que-
dando el Maestro de Campo en Napoles.
Ademas de todo bay Compaiìias de Corzos, y tres de Albaneses y al-
gnnas sueltas de Sicilia que podran quedar, y que no se pueden hcchar-
las en todo, si qneremos guardar algun pie de estas Naciones, y la In-
fanterìa es necessaria en el Reyno, y ann con esso guarnecidas las Pla-
zas en las fronteras del Enemigo y las matinas no quedaran 3000 In-
fantes para sacar en campana efectibos.
De Caualleria bay cerca de 43 Companias con tres de Dragones muy
endebles abora, y haccn en todo montadas, y desmontadas cerca de 2iG0
soldados segun las muestras, algunas Comjianias t-e podrian reformar
para aJuRtarliis mejor, y buscar de rcducirlas a 50 onuallos cadauna mon-
tados aiomenos estos uendrian a sor ''tO Companias sin los Dragones y
•erU en està forma el tener numero de 2(KX) soldados a cauallòs y 150
MISOBLLANEA 508
Dragones, no es menester hacer fundamento sobre el seruioio militar de
los uaro: es, sobre la Caualleria de la Milicia, porque el primero està a
la horden del Marques de Yrache, y no parece, o sima de nada centra
el enemigo, el otro es lo mismo y tiene obligacion de aiudar a los de
la Milicia de a pie.
Para el diario de estos doce Tercios, y tres Regimientos seran me-
nester con los Corzos, Aluaneses, y algunas Gompanias sueltas de Sici-
lianos y para las 40 Compafiias de eaballos , y tres de Dragones alome-
iios al mes 3(j000 escudos, para los Otìlciales Mayores, Maestros de Campo
y Coroneles que no reeiuen diaria 5000 escudos.
Por la primera plana de los Generales, sin el Capitan General, si el
Reyno le paga inclniendo el Gouernador de las Àrmas que tiene 1000
escudos de sneldo y 183 de enconiienda seran menester mas de 5500
escudos.
Por lo que pone de diferentes Gastos, comò espias, correos, falncas,
tratados con los enemigos y hospitales sin los gastos secretos , qne han
de ser separados y no uienen del Reyno, no puede ser raenos de 5000
escudas al mes.
Los gastos secretos a la disposicion de Su Magestad.
I^s fortiflcaciones no pueden acabarse nunca si han de uenir todos
sus Gastos del Patrimonio el qnal pretende no poder entratener los Ca-
stillos, y los de su dotacion con los Offlciales del Reyno y la Esquadra
de Galeras del, y assi para las fortiflcaciones, uien se puede meter alo-
menos cada mes 3000 escudos.
Para la Àrtilleria, comò para los pagamentos de sus Cabos Mayores
y Menores Carpinteros, herreros, y obras de fustes, caxas, y semejantes
mejoraciones, pues es engaào creer que paga todo el Patrimonio, (el
qual pretende que las rentas, y cargas ordiiiarias, que debe el Reyno con
los gastos de las Galeras de Sicilia passan de SyoOO escudos lo que sacan,
en este tiempo de las tandas, y otras rentas a probecho del Rey en este
Reyno) no puede liauer menos de 6000 escudos.
Para los Otìlciales de Veedoria General y ConserbaJoria , y Probeedo-
ria (.que es eugaùo creer que pague todo el Patrimonio) no puede bauer
menos ....
S04 MlSOELlAMtA
Por el pan de mnaicion cebada y pa.ia, que ne paga lodo el Patri-
monio y que nunca ha tenido, ni landra ai rnagacen de esto, para salir
en Campana alomenos suflciente para un Exercito no se puede poner
menod por el pan de 15000 escudos.
Par la cebada y paja en aiuda de lo que bace el Patrimonio 6000
escudos.
Ahora para formar Tren de Artilleria y poder llebar canones y para
nagajes por la Artilleria, y lleaar Ics uiueres, y por los Generales corno
en Cataluiìa ò alomenos la mitad o en todo 800 nagajes a medio escudo
cada dia haran 400 escudos, y corno no se puede estar todo el aùo en
Compana si se quenta por seis meses seran 6000 escudos al mes deui-
dido en 12 meses, por los seis de Gampaùa solos sera a 12000 cadauno
dellos y sino son 8 de Campana comò puede suceder en Sicilia sera un
lercio mas y uendra a 9000 escudos cadauno de los oeho meses.
Demas de esto con tan poco diario no se puede uestir el soldado y
para 12000 Infantes a 8 escudos cadauno el aiìo, sera cada mes 8000
escudos.
t
Para dos mill soldados de acabalio, y 150 Dragones a 10 escudos cada
uno son 1750 escudos cada mes.
La remoDta de la Caualleria cada ano y ahora que se ha de remontar,
la que ha benido desmontada de Milan no puede hauer menos de 15000
escudos al aùo que seran cada mes 1250 escudos.
Suma 101400 escndas al mes.
En està suma no entra el sucldo del Capitan General, ni de los Re-
formados que sirucn cerca de su persona y loda uia no les paga todo
el Patrimonio.
Los Gaitos secretos no entran tanpoco aqui ni se pagan por el Pa-
trimonio.
La Veedoria General, Conserbadoria, y pagadoria no entran tampoco
en està suma y no se pagan entoramento por ol Patrimonio.
MISOBLLAMEA 505
No los Almagacenes y municiones de Guerra, que todauia el Patri-
monio no puede librar, y por esso uieueu de quando en quando de Na-
poles a quanta de las remesas.
Las Armas para Gaballeria y Infanteria, que tanto faltan en el Reyno,
y que el Patrimonio no da en ninguna manera, ni nada de esto, y que
assi es forzoso pedirlo de Napoles a quenta de Us Remesas.
Asta los qnarteles y alojamientos en los Presidios no los hace el Pa-
trimonio, ni pormite que se alojen las tropas en las casas de Giudadanos,
de ma nera que a costa de las remesas se han de labricar los quarteles,
y Caballerizas para la Canalleria en la mayor parte de los Presidios.
Para los rendidos que uienen del Enemigo se dan dos eseudos a ca-
dauno y el pan, el Patrimonio por aia del Secreto uiene a pagar algo
de esto en Melazo però con trauajo, y dice que es forzoso que lo saqae
de algun otro pagamento.
Para el rescato ide nuestros prisioneros de los quales tiene muchos el
Enemigo nu se balla un grano.
Para muchas Operaciones en sitios, o campanas corno para granade-
ros y Otros semejaates gastos no bay tanpoco un Real y en esto no con-
tribuye el Patrimonio.
El diario 36000 eseudos.
Por los Maestres de Campo y Coroneles . . 5000 esc.
Para la primer plana general 5500 esc.
Par difeientes gastos 5000 esc.
Fortificaciones 3000 esc.
Paga de artilleria 6000 esc.
Pan de municion 15000 esc.
Cebada 6000 esc.
Para tren de Artilleria de biueres y uagajes . 9(X)0 esc.
Para uestir la Infanteria 8000 esc.
Para uestir la Canalleria y Dragones . . . 1750 esc.
Para remonta de la Caualleria .... 1250 esc.
Toda estas sumas sin las que son mencionadas
aqui arriba y no comprehendidas hacen
cada mes 101400 eseudos.
506 lilSOBLLANXA
XCVII.
(R. S. --B. 2449).
Real dispaccio, dato a San Lorenzo il 25 ottobre 1677, col quale
si ordina il sequestro dei 600 scudi annui, che pesano sull' Arci-
vescovado di Palermo in favore del Collegio della Compagnia di
Gesù di Messina, considerandoli beni di ribelli, come tutto ciò che
fa parte di quella città o appartiene ai cittadini di essa.
XOVIII.
(R. S. - B. 2449).
Real dispaccio, dato a Madrid il 14 novembre 1677 , nel quale
son riferite varie notizie relative alla guerra.
Se ne trascrivono due soli brani.
Don Carlos etc.
Reverendo, etc. Cardenal Portocarrero, etc.
Siete cartas vuestras de 10 de octubre en punctos concernientes a
essa Guerra se han receuido ; en vna decis . . ....
Ed otra referis que en la que escriuisteis en 26 de septiembre me
disleis quenta de hallarse el enemigo acampado en la liana de Mascari
y de las operaciones que bauia practicado basta aquel dia a qne anadis
que las nolicias que los Cauos de esse Exercito os bauian comunicado se
rcducian a que a 24 de el niismo so puso en marcba el oueniigo reti-
raudo.se del paraj^'e que ocupaua y repartio su InfiUiteria en las Plazas
de Taormina, la Escaleta, el Ibisso y Mecina, y la Caualleria en los pa-
rage» de San Placido y Sauca confrontando todos los auisos en que la
perdida de lìancesses ba side sumamente considerable bauiendo enfer-
mado gran numero de soldados y la mayor parte de los Otlleiales siendo
de calidad quo ay Rogimiento que ha quedado con muy pocos, o, nin-
ganos paHHundu el iiunuu'o do los rendidos de 450 cuyas noticias bauian
MI80BLLAXKA 507
sido bien lamentables en Mecina produciendo alguna disension entre
francesses y Mecinesses poi-'boluer dei-rotado el eneiviigo y sus armas
con tan poco credito, no hauiendo coiiseguido ninguna operacion en està
salida, ni en la que antecedentemente hizo a la vista de iMelazo sin qoe
de nuestra parte haya hauido considerable descalabro con hauer estado
nuestras tropas en la parte que insinuais; animando os tannbien ser ciarla
la nuerte de Don lacome Auerna vno de los principales reueldes de Me-
cina y qiiedar sin esperanzas de vida el Marques Galidoro que es de la
misma calidad persuadiendo os a que en el resto de està campana no
passaran fiancesses a nneuos tentatiuos.
Y haniendose visto atentamente todo lo que auisais no puede dejar
de recouozerse hauer sido effecto de la Diuina prouidencia el enfermar
el Exercito de el enemigo y su retirada y si huuiese hauido gente y di-
sposicion vastante para aconietei'le en tan bueiia occasion bien pndiera
hauerse conseguido el dejarle derrotado corno decis , y he mandado da-
ros por Estado las ordenes conuenientes a cerca de el empieo de essas
Galeras y incomodar la comunicacion de Mecina.
XCIX.
(R. S. - B. 2449).
Real dispaccio, dato a Madrid il 24 novembre 1677, col quale
fra le altre cose si dispone che il pi'estito , a cui si ora ricorso
per le estreme necessità pecuniare del momento , sia veramente
volontario (sulla qual cosa S. M. mostra qualche dubbio) e non si
adoperi nessun genere di pressione sui contribuenti, anzi ai mal-
volenterosi si assicuri bonariamente il rimborso delle somme
erogate.
Don Carlos Por la gracia de Dios Rey de Castilla, de l.eon de Aragon
de las dos Sicilias de Hiernsalem, de Nauarra y de los Indias etc. May
508 msoBLLAiniA
" " " i
Renerendo en Christo Padre Cardenal Portocarrero mi mny ebaro y muy
amado amigo de mi Consejo de Estado mi Virrey Lngar theniente y Ca-
pitan general del Reyno de Sicilia en Interim. En carta de 13 de se-
tiembre me disteis quenta de qiie hauiendo os escrito el Marqnes de
Villafiel Gouernador de la Armada determinana salir cn busca del Ene-
migo con las Esquadras df Galeras hauiles de faccion qne se hallauan
en esse muelle pidiendo os jastamente la direccion de adonde se hania
de encaminar, hizisteis vna Jnnta de los Cauos y Ministros que Expre-
sastei8 para ver la forma en que se le deuia responder y principalmente
para la de qne le siguiesen las Galeras de esse Reyno que por falta de paga»
no lo podian azer deuiendo ser las primeras, y qne parecio a todos que
en quanto a salir a busca al Enemigo se diese al Marques de Villafiel
respuesta de gracias, y en quanto a la paga de las Galeras de esse Reyno
sier.do el credito contra la Crnzada de sumas considerables y imposibli-
tado el socorro de dicba Esquadra, por este motiuo y no hallandose el
Patrimonio (corno lo asegaraua el Presidente) con vn Real para acudir
a està vrgencia, se resoluio que llamaseis a los nobles y de caudal de
es«a Ciudad y con representacion de està necessidad en que tanto se
interesauan, contribuyesen con lo que cada vno pudiesse y quisiese, y
qne se hania conseguido sin violencia y con particnlar atencion fineza
y gusto de los mismos contribuyentos poco mas a menos de 12000 reales
y esperanais conseguir mas para acudir a la frontera de Catania , con
qne de està manera se hauia facilitado el que se pùdiese esecutar con
mas proporcionadas fuerzas la delerminacion del Marques de Villafiel, y
auisasteis que todo este dinero iua entrando en Thesoreria con quenta
a parte, y la snficiente claridad para poder embiarme la noticia con el
sigoiente correo, y que por via de emprestido era en la calidad que lo
hauian pedido, aunque los mas lo hanian entregado sin està condicion ;
Sobre que mande escriuiros en despacho de 25 de Octubre respondiendo
OS en el a està y a otras cartas vueslras sobre puntos tocantes a essa
Guerra, que os aprouaua el medio de que hauiais vssado para socorrer
las Galeras de esse Reyno y acudir a lo mas preciso con la contribucion
volontaria por via de emprestido ejecutandose esto sin ningun genero
de foerza y con ci gusto qne sìgnitìcauais de los mismos contribujentes
y 08 embie algunas cartas con los nombres en bianco en manifestacion
de mi Real gratitnd y dandorac por bien seruido de la flneza y zelo que
hauian mostrado para que si os pareciese podais llenarlas y repartirlas
entr»; los que se houieren manifestado mas tìnos y merezedores de està
demonstracion. Y haniendose despnes reciuido etra carta vuestra de 10
de Octubre en que continuando darmi) quenta do lo quo so iua perci-
ai«odo de el emprestido, remitis relaciou de lo cobrado y gastado desde
MISCELLANSA 509
el correo antecedente Ha parecido deciros quedo con està noticia y con
loda satisfacion del cuidado que aplicaaais en qne se lleuase con claridad
y distincion la quenta y razon de lo que este medio va prcduciendo
Pero bien qne este effecto de el emprestido sea de la mera volantad de
los coiitribujentes (corno me haueis referido) y que en el no ha da in-
teruenir ningun genero de fuerza corno os lo he encargado , ni aprieto
alguno si no que se ha de deferir al aruitrio mero de los mismos con-
tribujentes toda via He resuelto preueniros y ordenaros qae si recono-
ciereis de alguno, o, algunos no hauer concurrido con muy franca y
antera voluntad en lo que huuieren contribuido, les procureis asegurar
de la paga de la misma cantidad por qnenta de mi Real hacienda siem-
pre que buenamente se pudiere. Y sea muy Reuerendo en Christo Pa-
dre Cardenal Portocarrero mi muy charo y muy amado amigo nuestro
Senor en vuestra continua guarda. •
De Madrid a 24 de Noviembre de 1677.
Yo el Rey
Bustamanle Secretario.
Vidit Duca di S. Germano.
Vidit Corre Referendarius.
Vidil Carrillo Referendarius.
A tergo:
Al muy Reuerendo ecc.
C.
(R. S. — B. 2449).
Real dispaccio, dato a Madrid il 7 dicembre 1677, col quale
S. M., avendo conosciuto che si occultavano nell'Isola molti beni
de' ribelli Messinesi, soggetti a confisca , ordina che si adoperi
maggiore zelo nello scovrirli e ai rivelanti volontari si conceda
indulto ed il quarto dell'importare dei beni rivelati.
Ardi. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 33
Ilo MISCELLANEA
CI.
(R. S. — B. 2449).
Real dispaccio, dato a Madrid il 20 dicembre d677, riferentesi
ad alcune pretese di D. Francesco Piatamene , principe di Roso-
lini, dal quale si rileva che i beni dei Messinesi ribelli non tro-
vavano compratori, e che per mancanza di fondi non si potevano
pagare gli assegni fatti ai Messinesi, rimasti fedeli, a titolo di buoni
vassalli.
GII.
CR. S. — B. 2449).
Parendo utile da molto tempo, anzi necessario per evitare cla-
mori, frodi e diserzioni, di ridurre la milizia siciliana, che no-
minalmente era composta di 10000 fanti e 1600 cavalieri , in un
corpo di soldati regolari di 2000 fanti e 600 o 400 cavalieri , da
pagarsi a carico dei comuni dell'Isola, S. M. con dispaccio, dato
a Madrid il 24 dicembre 1677, ordina, confidando nella gran pru-
denza del Viceré, di esaminare quel che possa farsi in proposito
* con la maggior soavità e dolcenza » tanto verso i cittadini,
quanto rispetto al servizio regio.
CHI.
(R. S. — B. 2449).
Real dispaccio, dato a Madrid il 24 dicembre del 1677, col quale
8i avvisa il Viceré Don Vincenzo Gonzaga che 1' armata d'Olanda
nei primi del prossimo marzo sarà nel Mediterraneo, e quindi gli
MISCELLANEA 511
si ordina di tener pronti i piani di guerra e quanto occorre, per-
chè dopo r arrivo di quella le forze alleate in mare e quelle di
S. M. in terra dian mano senza indugio all'esecuzione delle ope-
razioni militari, raccomandando specialmente di preparare ciò che
è necessario per incendiare la flotta francese nel porto di Messina.
CIV.
(R. S. — B. 1687).
Copia di una lettera , data a TPrancavilla il 28 dicembre 1677,
colla quale il Duca di Bourneville , Governatore Generale delle
Armi, ffi a Sua Maestà gli elogi di D. Pietro Paolini e chiede per
lui una degna ricompensa, accludendo un memoriale, dallo stesso
diretto al Re.
Senor,
•
El Theniente de Mastre de Campo General Don Fedro Paolini a cuyo
• cargo corre el gouierno de la fro«tera de francauilla la mas propinqua
al Enemigo de muchos dias y ha hecho tan partìculares y sifialados
seruicios a V. Magestad desde el principio desta guerra con tanta pun-
tualidad y zelo en todas las ocasiones que se le han encargado, anadiendo
a ellos el que oy ha hecho en la sopi^sa de la Mola, Plaza tan impor-
tante y tan diflcil de que se ubiesse jazgado sucediesse asi, por ser una
plaza tan inespugnable, y hauer subido desde lo Inferior de un precipi-
cio a las murallas por una cuerda, y no solo satisfecho desto , uiendo
los cortos medios que ay en este Reyno ha dado para poner los Viueres
y Municiones necessarias en dicha Plaza , quinientos escudos y siendo
esto digno de la noticia de V, Magestad no me ha parecido esimirme
de acompaharle el incluso memorial pues en que V, Magestad le honrre
con una merced exemplar correspondiente a este tan senalado serui^io
no solo primia V. Magestad al dicho Thiniente de Mastre de Campo Ge-
neral Paulini sino que anima a otros para que le imiten en semejantes
seruicios, este que ha hecho de la interpresa de la Mola es uno de los
.mas particulares que he visto hazer en «d dìscurso del tiempo que à que
512 mSCELLANBA
sirno y que no ay segnndo del en estos siglos, y no dudoqne en la Real
Grandeza y liberalidad de V. Magestad esperimentarà el suplicante la
recompensa merecida, quedando yo con el deuido rendimiento a los Reales
Pies de V, Magestad Cuya Catolica Persotia guarde Nuestro Senor los di-
latados aiìos qne la Monarquia ha menester. Francauilla y Diziembre 28
de 1677.
OV.
(R. S. — B. 1687).
Don Pietro de Aldar, Maestro di Campo, con lettera, data a Ga-
strorao il 1° di gennaro 1678, informa un suo zio a nome D. Pie-
tro Lagasta, per darne conto al Viceré del modo fiero e sdegnoso
col quale si era comportato il Conte Aresi, Maestro di Campo dei
Milanesi, a cagione della ronda passata degli Spagnuoli al campo
da lui occupato. Chiama questo modo di procedere capriccioso e
scandaloso; chiede che sia punito severamente , affermando, per
mettere in cattiva vista 1' Aresi , in mancanza di buone ragioni,
che questi aveva servito solo cogli Alemanni e che gli si era dato
il comando di un Terzo non vi essendo nessuno, che volesse pas-
sare d'Italia in Sicilia per quella guerra.
evi.
(R. S. — B. 1686).
Il Conte D. Gian Francesco Aresi con lettera , data a Milazzo
il 3 gennaro 1078, da informazioni sulla grave contesa da lui avuta
cogli Spagnuoli e su quel che ha risoluto di fare per tutelare la
dignità propria e dei soldati italiari.
Illustrissimo signore mio Padrone Colendissimo
Mentre stano comandando Tlnfanteria Ittalinna sotto gli ordini del
•ignor Dncu di Bornonuille per la parte di Tanormioa il di 31 del pas-
UISCELLANEA 513
sato si mutò la Piazza d'Armi dal luogo di Gacci a quello di Castro Rauo,
doue fu assegnato per quartiero mio, e di tutti li miei vfBciali e soldati
una picciola strada dissabitata, appartata in testa della quale non n'era
che una siepe, che non haueua altr' uscita, che d'un picciol sentiero, che
porgeua alla campagna. Qui dunque mi alloggiai con tutta la mia Infan-
teria, et occupai l'angustia della strada con baracche per quelli che non
capiuano nelle case, poi conforme al stilo militare misi un Corpo di
Guardia all'imboccatura del quartiere con due sentinelle sopra li due
Angoli, et altra alla sboccatura del sentiere, che con duceva alla campa-
gna in forma tale che il mio quartiere stana serrato fra le mie guardie;
quando di li a puoco la Pattrolia spagnuola uollè entrare dentro del me-
desimo; e perche le mie sentinelle compiendo al loro obligo non gli per-
misero l'ingresso, né andaron le lamento à S. Eccellenza, il quale udite
le mie raggioni si rese pago, non passò un quarto d' bora che S. Eccel-
lenza con il signor Maestro di Campo Generale uennero al mio proprio
quartiere, dove non bastarono le raggioni, e rimostranze da me addotte,
per euitare, che S. Eccellenza non mi ordinasse permettessi rondar detto
mio quartiere dalla Pattrolia spagnuola , e però feci rettirare le mie
guardie, e lasciar libero l'ingresso, per compire all' ubbedienza da me
douuta a' miei Generali, e poi considerato il pregindicio nottabile se-
guito alla mia nattione, renunciai il posto mio il medesimo giorno, ha-
uendomi obligato a seruire di semplice soldato in tutte le funcioni, che
si fossero presentate, nel servitio di S. Maestà , ma il signor Duca di
Bornonuille mi ordinò uenissi in .\resto à Melazzo, di dove né ho uo-
luto partecipare del tutto à S. Eminenza , al quale faccio la medesima
rinuncia in scritto. Supplico Vostra Signoria lUnstrissima a passar buon
Vfflcio apresso d'esso Duca, acciò m' honori di compatirmi, e mentre con-
fido nell'innata galanteria di V. S. Illustrissima mi raffermo Melazzo il
3 gennaro 1678.
Di V. S. lll.ma.
Devotissimo ed obbligatissimo Seruo
Conte Don Gio. Francesco Aresi
514 MISCELLANEA
CVII.
(R. S. — B. 1687).
Il Conte Giovan Francesco Aresi con lettera, data a Milazzo il'
4 gennaro 1678, informa il Viceré della grave quistione avuta
cogli Spagnuoli suoi commilitoni, e si dimette dal posto , che oc-
cupa nell'esercito.
Eminentissimo Signore,
Porgo a piedi di Vostra Eminenza la nottizia d'un pregiudicio notta-
bile seguito alla mia nattione Ittaliana, mentre trouandomi con il signor
Gouernatore dell'Armi ci conuenne mattare il campo dal luogo di Gaggi,
à quello di Castro Rauo doue fu assegnato per quartiere mio proprio,
di tutti li miei VflBciali, e soldati Ittaliani, che stanano à miei ordini una
piccola strada, disabitata, appartata, la quale aueua in capo d' essa una
siepe che non haueua altr' uscita, che quella d'un picciol sentiero, che
conduceua alla campagna. Quiui dunque mi alloggiai con tutti li Vffl-
ciali e soldati, e doppo riempite tutte le case occupai l' angustia della
strada con baracche, per alloggiare quelli, che non capiuano in esse. Poi
conforme al stilo militare misi un Corpo di Guardia all'imboccatura del.
quartiere con due sentinelle sopra l'angoli della strada et altra al sen-
tiere, che sboccaua per l'altra parte alla campagna, di modoche restaua
il mio quartiere serrato, e guardato. Quando di li à poco passò la Pat-
trolia spagnuola, la quale uolendo entrare dentro del detto quartiere delli
Ittaliani, le sentinelle del Corpo di guardia, che stanano all'imboccatura
non gli lo permisero. Né andarono le lamente à S. Eccellenza, e trouan-
domi presente dissi le mie raggioni, delle quali appagato ordinò non
dovesse la Pettrolia entrare. Non passarono pochi momenti che S. Ec-
cellenza con il Maestro di Campo Generale uennero al detto quartiere
mio dove noo bastarono le niue remostranze, e raggioni da me rappre-
sentate, che mi obligarono con repplicati ordini, à lasciare entrare nel
quartiere mio la Pattrolia Spagnuola , ond' io essequendo i suoi ordini
rettirai le mie guardie, e gli lasciai libero l'ingresso.
Eminentissimo Signore questo é un pregiudizio nottabile seguito alla
mia nattione, la quale so l'Eminenza Vostra si degnerà sentire apporterà
mille ettempi à suo fanore, né tal cosa si praticò già mai, dà che l'It*
HISCELLANBA
taliani hanno 1' honore, di seruire il nostro Monarca, e però non aueado
hauuto stomaco, di soffrire questo colpo renuntiai subbito il mio Posto,
hauermi obligato à scriuere da semplice soldato , hauendo assicurato il
signor Gouernatore dell'Armi, che se si fosse rappresentato qualch' oc-
casione, non haurebbe perciò patito il seruicio di S. Maestà, ma questo
non mi fu permesso, anzi fui mandato preso qui à Melazzo, e però ric-
coro à piedi di Vostra Eminenza facendogli la medesima rennncia, sup-
plicandomi ad honorarmi possi seruire con una Picca da semplice sol-
dato, per non smaccare la mia nattione della quale 1' Eminenza Vostra
n'é Padre, E per fine mi rassegno Melazzo il 4 Gennaro 1678.
Di V. Eminenza
Umilissimo Seruo
Don Gio. Francesco Aresi
CVIII.
(R. S. - B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 4 gennaro 1678, accusa
al Viceré ricezione di sei lettere* di lui con notizie militari, rias-
sumendone il contenuto.
Don Carlos por la gracia de Dios Rey de Castilla de L<on de Aragon
de las dos Sicilias de Hierusalem de Nauarra y de las Indias etc. Muy
Reuerendo en Christo Padre Cardenal Portocarrero mi muy charo y
muy amado amigo de mi Consej > de Estado mi Virrey Lugarlheniente y
Capitan General del Reyno de Sicilia en Interim; De qnatro de Nouiem-
bre se han reciuido seis cartas vnestras concernientes apuntos militares.
En vna remitìs papel de auisos que os ha ydo participando el Gouer-
nador de las Armas Duque de Bournonuile y copia de carta que le escri-
uio el Gouernador de Saponara sobre lo que se offrecia por aquella fron-
tera, enfermedades desunion y falta de viueres que padeze Mecina.
Con otra acompunais diferentes papelos y decis que hauiendo os en-
biado con expreso el General Don Bernardino Sarmiento copia de la que
Don Venito Ximenez Gouernador de Saponara escriuio al Duque de Bour-
nonuile con auiso de que partirian catorze Galeras de Mecina para Ics
516 MISCELLANEA
puestos de Pi*ouenza por si las mias pudiesen intentar salir a encontrar-
las juntas con los Nauios y qua los del enemigo que se hauian ydo ha-
uian sldo catorze lo participasteis al Marques de Vayona y os respondio
seria bueno bazt-r junta sobre elio paia ver lo que conuendria y assi la
canuocasteis el dia :-U de octubre de los Cauos de la Armada y Galeras
y del Principe de Palagonia y Don Pedro de Napoles y fueron de pa-
rezer no conuenia salir en demanda de las Galeras de el enemigo con
que el de Vayona boluio a escriuiros para sauer vuestro dictamen en la
resolucioa que se liauia de seguir, y vltimamente le lespondisteis que lo
que los Gauos de la Armada y Galeras hauian discurrido parecia no ba-
uia que mouerse por entouzes a ningun tentatiuo.
En otra dais qnenta de que quando Uego a esse M nelle el Marques
de Vayona os escriuio papel (que ya por copia embiasteis con otra carta
vuestra de 21 de octubre) refiriendo os sus andamentos desde que passo
a Melazo y preguntando os la operacion que se podria intentar, a que
le respondisteis lo importante que seria a mi seruicio fuese disponiendo
que se repartiesen las Esquadras de Galeras en Zaragoza Trapana , Me-
lazo y Palermo subre que el Marques os propuso formaseis vna junta
en que se discurriese aste puncto, corno lo ejucutasteis llamando para
ella al de Vayona, al de Grani, Conde de la Mondoua , Prior de la Ro-
chela, Principe de Palagonia, Don Manuel de Silua, y Don Pedro de Na-
poles y que hauiendo sido este vltimo 'ie parer de que se repartiesen
en las releridas Plazas para su defensa impedir los sòcorros que se in-
trodugen en Mecina y conducir congesta occasion a la Plaza de Zaregoza
alguna gente, toHos los demas pcrmanecieron constantes en su opinion
de que no conuenia desunirlas de esse Muelle reuiitiendo solamente a
la Rabia de Melazo dos, o, tres que son las que pneden estar alli como-
damenti'.
En otra escriuis que hauiendo permitido el tiempo salir de Melazo al
Marquf-'S de Villaflel signio su viage a Palermo donde dio fondo el dia
primt'io de Nouiembre.
En otra releris que a las instancias que el General de la Caualleria
Don Diego De Bracamonto us bazia para ir a Palermo os parecio no darle
licenzia aunque no se la hauias negado con que diciendo Don Diego per-
dia su Vida, y lo que necesitaua de remedios, se encamino a essa Ciudad
donde con diucrsos memoriales y fees de Medicos pidio licencia para
passar a Napol»»» a tornar las arena» de Isquia y Baiìos de Puzol y por
lo abanzado del tiempo y hauerso attirado el enemigo, ballaros en co-
nocimiento de su fatta de salud y que no lo probiuia mi Real despacho
de 15 de Junio le concidisteis permisso por dos messes y en el interim
qaedaua la frontera rcparada con aquellos Cauos basta quo pudiese ir
MISCELLANEA 517
otro, mas principal comò sacederia si pasase el Dnque de Bournonuile,
o, arriuase el Mastro de Campo General a qnien se esperaua cada dia.
En otra auissais qne haaiendo concedido licencia al Daque de Mon-
teleon Don Julio Pinateli Vicario General de la Ciadad de Trapana por
las continuas instancias que os hauia hecho expecialmente desde que he-
redo para retirarse a Palermo a effecto de curarse de los achaques que
le molestan hauias dispuesto passase a aquella Plaza de Trapana a exer-
cer este empieo el Principe de Pozo Real que estaua en la de Girgento,
y el Conde de Rocalmuto fuesse a està desde la de Noto, para cuyo go-
uierno quedauais discnrriendo el sugeto que mas dignamente pudiese
ocuparle.
Tambien se ha reciuido con el mismo ordinario carta vuestra de 4
de Nouiembre para mi Secretarlo Don Garcia de Bustamante en que
con occasion de passar en vna Galera a Napoles el Marques de Vayona
embiais duplicado de carta de 25 de'octubre poniendo os a mis pies por
el Titulo que hauiais reciuido por Estado de Theniente General de la
Mar pero que vuestra buena ley no os permitia dejar de decirme que
essos cargos necessitan mucho el dia de oy de soldado que los Gauierne.
Y visto el contenido de todas las referidas cartas papeles y copias
que las acompaùan, ha parecido deciros que quanto mas se uee de estos
auisos hallarse opurado de mantenimiento el enemigo tanto mas con-
uiene no amitir diligencia alguna que resguarde y deflenda qualquiera
prouision que de fuera se le intentare subministrar a cuyo fin He resuelto
boluer a encargaros y mandaros (comò lo hago) que en està parte se
estt con la maior atencion y vigilancia no perdonando medio humano
que mas pueda conducir al proposito; y he maiidado escriuir al Gran
Maestre de Malta fio de lo qne le mereze la justiflcazion de la caussa y
su obligacion y denocion a està Corona, atendera mucho atajar con ef-
fetto el que de aquella Isla se transporten granos ni viueres algunos de
qualquiera Calidad a los Reueldes ; y en quanto a las operaciones ma-
ritimas os tengo ya dadas las ordenes conuenientes ; y sea mny Reue-
rendo en Christo Padre Cardenal Portocarrero muy charo y muy amado
amigo nuestro Seiìor en vuestra continua guarda de Madrid a 4 de
Enero de 1678.
yo ci Rey.
Buslamanle Secretarius.
Etc. Etc.
)18 • MISCELLANEA
CIX.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 5 gennaro 1678, rice-
vute le notizie , mandategli dal Viceré con lettera del 17 no-
vembre 1677, che l'Armata di Francia si era ritirata dalla costa
di mezzogiorno a Messina , rinnova gli ordini perchè le galere-
dei Regno impediscano per quanto sia possibile, che pervengane
a quella aiuti e viveri dalla Francia.
ex.
(R. S. — B. 2450).
Avendo il Viceré con lettera del 9 gennaro 1678 scritto al Re
le difficoltà, che il Marchese di Villafiel incontrava nel fare con
la flotta qualche operazione guerresca e nel tentare di impedire
il giungere dei soccorsi di Francia a Messina , perchè le Galere
del Regno di Sicilia, di Napoli, di Spagna e di Genova mancava-
no di viveri e specialmente di biscotto, S. M. ordina di fare per
quanto riguarda quelle del Regno severe rimostranze al Tribunal
del Real Patrimonio e minaccia pene a quei ministri, che costan-
temente si mostrano riluttanti a compire in proposito il loro«
dovere.
CXI.
(R S. — B. 1687).
Copia di una lettera del Generale in capo francese, Marchese
di Vivonne, data a Messina il 9 gennaro 1678, diretta al Gover-
MISCELLANEA 519
Datore Generale delle armi, Duca di Bourneville, che tratta del
cambio dei prigionieri di guerra.
A Messine ce 9 Janvier 1678.
Monsieur
Vos deui dernieres dn premier , et du quatriesme du courant, me
furent rendues le cinquiesme en celie Ville, par le retour de mon trom-
pc'tto. Pour responce j auray 1' honneur de Vous dire, que j ay iiomó-
Monsieur de Juigny, Lieutenente Colonel du Regiment de Schombery,
pour traitter de l'Eschange General, avec Monsieur le Colonel Ulbin, ila
ont esté long teras voisins, et ayant desia de l'estime l'vn pour l'autre,
ils n'en sont que plus propres a diriger vne affaire de cette nature,
ainsy on comencera a la traitter, quand il Vous plaira.
J' ay bien de la joye d'aprendre que Vous ayez escrit pour faire ve-
nir nos prisoniers qui sont a Naples, car ce sont ceux qui doivent en-
trer les premiers dans le traitté, et sans l'eschange des quels, cette af-
faire ne peut avoir lieu. G'est pourquoi je Vous prie, de redoubler vos
lettres su ce suiect. Cependant jl y a quelques Officiers Messinois prisio-
niers a Melasse, comme pouroyent estre les Sieurs Pisani, Trapanesi
le Monaquel et autres, les quels vous pouriez renvoyer icy sur lenr pa-
role, de la mesme maniere que nous vous avons envoyè et envoyons
tous les iours, beaucoup d'autres des vostres.
Je me contente Monsieur des Officiers pris a la Mole, que vous avez
en agreable de m' envoyer, pour estre icy sur leur parole, sans desirer
les quatre vingt soldas que vous me proposez. Il me semble que leur
echange ne presse pas plus que le General, ainsy leur sort sera regie
dans le temps qu' on reglera celuy de beaucoup d'autres persones quand
J' ay receu les prisoniers que vous avez en la bonté de m' envoyer, ce
na pas esté dans la vene de les eschanger par preference aux autres
prisoniers que vous avez, Qa esté pour leur donner moyen de se mieux
faire solliciter icy, et ils y sont prisoniers sur leur parole, vous asseu-
rant que je nesonffriray point qu' ils servent en aucune maniere, jusques
a ce que le tra y té General s' esecnte, et si je vous renvoye les persones
que vous m'avez demandé, c'est aussy en vous priant de leur en faire
vser de mesme iusques au mesme tems, suivant que je leur en ay fait
donner la parole avant partir. Vous en trouverez le nombre dans le me-
moire cy joint, et je finis en vous asseurant, que les jnterests du Roy
a part, lon ne se auroit estre avec plus de passion que je le suis.
520 MISCELLANEA
le vous prie Monsieur de vous souvenir de m' envoyer icy les offi-
•cierf Messinois, dont il est parie dans cétte lettre.
M. P.
Monsienr
Monsieur Dnc de Bournonville
Votee tres humble tres obeissant Servi tear
Vivonne
CXII.
(R. S. - B. 1687).
D. Pietro Paolini, con lettera, data a Francavilla il 12 genna-
To 1678, dà al Viceré alcune notizie militari e chiede il posto di
Maestro di Campo.
Eminentissimo Signore,
Li continui trauagli, et occupazioni, non m'hanno dato campo d'esser
continuamente alli piedi di V. Eminenza potendogli assicurare, come
fedel vassallo di S. M. che non dormo, ne notte, ne giorno, et hora sa-
ranno da vantaggio, perché se ritirano tutti li nostri truppi, e resta in
tutto à mio carigo il finir di pronedert La Mola: à fortificar il Castello
di Caltabiano, à fortificare anco questo Castello di Francauilla , e^ Con-
uento delli Capnccini et io assicuro à V. Eminenza che son pronto ad
assistere à quanto e di mia obligazione, e morir trauagliando per il ser-
uigio del Ré Nostro Signore ;
Io sto trattando un' altra materia di qualche importanza al sernizio
di S. M. e se la Fortuna m'accompagna, spero far qualch' altro di buono
innanzi, che V. Eminenza si parte di questo Regno, la quale partenza io
sento sino all'animo, perché non posso hauer la fortuna di seguitare di
feruirc à V. Eminenza però non lascio di uenir humilmente à supplicar
la sua grandezza à fine, che uogli per sua clemenza honorarmi col po-
llo di Maestro di Campo, se pur conosce V. Eminenza che io lo merito,
•e 8f> la Città di Taormina non é stata pigliata, non ó stato per mia colpa,
MISCELLANEA 521
et io come oABciale inferiore, deuo soggiacere à quello, che mi uiene or-
dinato, e non lascio di ponere alla notitia di V. Eminenza come li con-
tinui cannonati della Piazza della Mola hanno buttato in terra, e roui-
nato li dui pezzi d'Artiglieria, che l'Inimico hauea posto uerso li Capuc-
cini per guardar l'acqua, et anche l' hanno buttato in Terra li dui noni
fortini, che l'Inimico hauea fatto nella parte nominato della Chiusa,
e l'altro della parte della giarlotta, fortini, che sono in mezo della Mola
e Tauormina e di questi fortini l'Inimico non ni può far nessun conto
e continuamente fuggino Francesi, e si uengono à render alla Mola. L'I-
nimico sta ponendo una batteria sotto il Castello di Taormina in una
parte nominata sopra la Madonna della Rocca , però li Cannoni della
Mola r hanno dato, li donano un grandissimo trauaglio. Io non lascio di
nuouo supplicare V. Eminenza si serua honorarmi di sue duplicate let-
tere con rappresentare à S. M. li seruigij che ho fatto in questo Regno
in tempo di V. Eminenza e particolarmente d' hauer guadagnato la Piaz-
za, e Castello della Mola, la quale presa V. E. per sua benignità non la
deue riconoscere d'altro solo, che dal suo humile schiauo D. Petro Pao-
lini, e questo lo espongo a V. Eminenza perché mi dubito, che qualche-
d' uno non uolesse entrar per terzo et io sto facendo la relazione del
felice successo di quost'impresa per inuiarne la copia à V. Eminenza à
fine, che in quello poi riconosca il trauaglio spesa, e diligenza, e stra-
tagemme, che io ho usato per lo spazio di otto mesi per portare è per-
fezzione questa grande impresa, e quello, che più mi glorio é d' hauerla
conseguita senza perder nn'huomo, e che sia stato in tempo del felice
Gouerno di V. Eminenza dal quale io ne spero ogni augmento, e grazie
e continua protezzione, che tanto ogn' uno si deue permettere dalla gran-
dezza di V. Eminenza ,
Rimetto a V. Eminenza la copia delle lettre, che m' ha fatto il Signor
Duca di Bornouille à S. M. altre tante desidero dalla gratia di V. Emi-
nenza che é il fine con il quale bacio a V, Eminenza per mille uolte li
piedi Francauilla 12 gennaro 78.
Eminentissimo Signore
Di V. Eminenza
Vostro seruidore e schiauo
D. Pelro Paolini
522 MISOBtLANEA
CXIII.
(R. S. — B. 1687).
Don Pietro Paolini, Tenente di Maestro di Campo Generale,
con lettera, data a Francavilla il 12 gennaro 1678, raccomanda
caldamente al Viceré per le meritate grazie e ricompense Andrea
Russo di Taormina, da lui posto a capo dei militi paesani , che
diedero la scalata alla piazza di La Mola, entrandovi i primi per
la Curda.
CXIV.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio , dato a Madrid il 17 gennaro 1678, torna
ad ordinare al Viceré che si acquistino e si mandino tosto a Ma-
drid tutti i volumi delle costituzioni, leggi, prammatiche e con-
suetudini municipali del Regno di Sicilia, invano fin'ora chieste e
promesse.
Don Carlos poi' la gracia de Dios Rey de Castilla, de Leon, de Aragon,
de las dos Sicilias , de Hyerusalem , de Navarra, y de las Yndias Etc.
Muy Reuerendo en Christo Padre Cardenal Portocarrero Mi Muy charo
y May Amado Amigo, de Mi Consejo de Estado , Mi Virrey Lugar The-
niente y Capitan General del Reyno de Sicilia; en Interim. En 4 de junio
del Ano proximo passado mande escriviros el Orden cuyo tenor se si-
gue = Don Carlos por la gracia de Dios Etc. Muy Reuerendo en Christo
Padre Cardenal Portocarrero Etc. Conuiniendo tener presentes aqui las
Pragmaticas de ese Reyno y hallarme en conocimiento de ellas para las
ocnrrencias que se ofrecieren reconociendo sus disposiciones se escriuio
al Marqoes de Castel Rodrigo en carta del Secretarlo Don Ysidoro de
Angulo de 21 de Henero de este Aiìo embiase por via de este mi Su-
premo Conscio de Italia las que se huuieren promulgado nuevamente y
lai qa« se promulgassen en su tiempo, y tambien todos los Volumenes
•de las passadas y que conforme se fuessen Bacando se fnesen remitiendo
MISCELLANEA 523
prompta y efectivamente. Sobre que à respondido el Marqaes en carta
de 15 de Marzo haaia dado à este efecto las ordenes à los Tribanales
por donde se promulgali, y porqae conviene tengan puntual egecucion,
ós encargo y mando las repetais y cuideis se remitan las Pragmaticas
en la forma refenda, que me servireis en elio, y sea muy Reuerendo
en Christo Padre etc. Yo el Rey. Bustamante Secretarius. con Sefiales
del Consejo = Y porque no han Uegado basta aora las referidas Prag-
maticas que se han pedido, y conviene à mi Real Servicio se egecute y
observe la orden mencionada con toda puntualidad, ós encargo y mando
que sin dilacion alguna dispongais se remitan dichas Pragmaticas corno
està ordenado por e! Despacho preinserto, y jnntamente copias de las
Constituciones, y leyes municipales de ese Reyuo que assi es mi Real
Volnntad ; y sea muy Reuerendo en Christo Padre Cardenal Portocarrero
nuestro Seiìor en vuestra continua guarda. De Madrid a 17 de Henero
de 1678.
yo el Rey.
Bustamante Secretarius
Etc. Etc.
oxv.
(R. S. — B. 1687).
Il Duca di Bourneville, Governatore Generale delle armi , con
lettera, data a Milazzo il 18 gennaro 1678, un'altra invia al Car-
dinal Portocarrero del Generalissimo Francese, data a Messina
il 0 dello stesso mese, che tratta dello scambio dei prigionieri; gli
comunica alcuni inconvenienti dovuti alle recenti riforme militari
neirorganizzazione delle milizie, e finalmente rinnova la preghiera
già fatta pervenire a S. M. di permettergli di andarsene a Roma
ad aspettar la conclusione del trattato di pace per poi ritirarsi a
casa sua, giacché, scrive egli melanconicamente, alludendo certo
al nuovo Viceré di Sicilia, Don Vincenzo Gonzaga, della Gasa Du-
cale di Mantova : « no creo que vn Virrey soldado tan viejo y de
tantas experienzias tenga menester de un Governador de las ar-
mas, ni tendra gana de tenerlo ».
521 MISCELLANEA
CXVI.
(R. S. — B. 1687).
Il Pro- Auditore D. Giuseppe Calabresi con lettera, data in Fran-
cavilla il 19 gennaro 1678, fa al Viceré grandi elogi del Tenente
di Maestro di Campo Generale D. Pietro Paolini, del quale chiede
la promozione e dà alcune notizie militari al Viceré.
•
EmìDentissimo e Reuerendissimo Signore
Il Tenente di maestro di campo Generale D. Petro Paulini a quattro
giorni clie si ritroua nella Mola con 600 homini di questa città di Casti-
glione e linguagrossa doue ha fatto molti sortiti senza alcun danno delli
suoi soldati, et il nemico s' ha ritirato in Tauormina con sua perdita,
et li cannoni della mola hanno battuto e battono continuamente il Ca-
stello di Tauormina, di dui fortini che il nemico hauea uno é fracassato
dell'intuito, l'altro é in parte : però non ui sono soldati dentro che do-
dici che uè ni erano si uennero a rendere. Il nemicò con otto galeri e
dui tartani portò in Tauormina quattro cannoni dui di bronzo che por-
tano libri 24 di palla e dui di ferro di libri t2 delli quali cannoni dui
li piccoli hanno salito in Tauormina e pretende portarli nel Castello,
però non li può riuscire la salita per il continuo battimento dalla mola
e pure in Tauormina ha portato dui mila soldati et hanno fracassato
tutta quella Città ne escono fuori perché iil cannone si scopre tutta la
gente; hanno pure posto 1500 soldati nello Castello della forza et altre
tanti jn Sauoca, e quella marina perche si dubitano di quella parte, però
Eminentissimo Signore non si perde tempo che la gente paesana del
nemico é stata assai maltrattata da quello , il che é buono per il Real
Beruigio, e facendo il nero seruigio del Re nostro Signore se 1' ha pro-
meso premij, ne si sparagnerà fatica per riducere ogni cosa al seruigio
di S. M. ehe Iddio guardi cosi dal detto Tenente Paulini, come da me e
con altro ordinario spero anuisare a V. Eminenza il negozio del modo
s'assenterà per il Real seruigio, e priego V. Eminenza per quanto posso
che si degni fare al detto D. Petro Paulini Maestro di Campo Italiano
perché son sicaro uedendosi onorato da V. Eminenza farà più del do-
nere e cose Jmaginabili per causa che non ha quiete ne giorno ne notte.
Io doppo non ho potato essere con esso D. Paulini nella Mola perche
MISCELLANEA 525
sono stato costretto a trattenermi in questa per mandar ogni giorno ba-
stimento di uitto e monitione cosi nella mola come a detto D. Paulini e
suoi soldati, e di stare continuo all'aunisi così del Duca di Buornonuille
come di D. luis salsedo Gonernatore nella Mola, e ueramente s' ha man-
dato nella mola bastimento per un anno, e non si cessa mandarci ; l'i-
stesso s' ha fatto con il castello di Caltabiano doue ho mandato molti
mastri cosi per fabrica come per liguame che si fortifica quel Castello
secondo il parere del detto Duca e di D. Carlo Girunbergh. et in questa
pure si tiene pronta farina e formento, et è arriuato il Prouiditore ge-
nerale di questa frontiera con il formento, tutto per auuiso di V. Emi-
nenza alla quale facendoli ogni douuta reuerenza li bacio mille uolte li
piedi. Francauilla li 19 Gennare 1678.
Emineutissimo Signore
Di V. Eccellenza
Hamilissimo e deuotìssimo sernitore
D. Gioseppe Calabresi Pro Auditore
Da Tauormina uengono ogni giorno francesi a randersi e sono in
quantità.
CXVII.
(R. S. — B. 2449).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 21 gennaro 1678, a pro-
posito di un certo Don Vincenzo Vonbillo, fuggito da Messina co-
me reo di delitti comuni, esorta il Viceré per politiche necessità
a non castigare ne maltrattare siffatti soggetti.
El Rey
Illustre Don Vincente Gonzaga Gentilhombre de mi Camara de mi
Consejo de Guerra mi Virrey y Capitan General en el Reyrio de Sicilia.
Hauieudose aduertido al Cardenal Portocarrero en dispacho de 17 de se-
tiembre proximo pasado que se hauia hechado menos no huuiese dado
quenta de la resolucion que auia tomado de poner presso en el Castillo
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 34
526 MISOBLLANEA
de Palermo a Don Vincente Vonbillo por Reuelde y hauer seguido las
Vanderas de francia. Respondio en despacho de 17 de nouiembre qua
luego que la Junta donde està remitida la causa, la hizo de que remitio
copia, escriuio con expresso à los generales de la Artilleria Don Gaspar
de Borga y Don Luis de Sal?edo emuiasen preso con buena coslodia a
Palermo al dicho Don Vigente donde està de que auisso tamuien en car-
tas de 5 y 16 de octubre remitieno a consulta que Don Pedro Guerrero
la higo entonijes en que le rapresento el motiuo por que este suxeto se
salio de Mecina diciendo el que si este fuera un prisionero de Guerra
Mecines huuiera seruido por mi pero que tenia diuersa iaspegion auien-
do presentadose aunque pueda decirse que fue acto inboluntario atri-
buyendolo al omicidio que cometia y temor del castigo y que asi en este
caso no se deuia atender tanto al rigor [de la justicia] quanto a la ra-
Qon de estado [para los] Megineses fugitiuos de aquella ciudad no ob-
stante bengan forgados de su propria necesidad, se les gerrase la puerta,
ò fuesen admilidos para el castigo no baliendoles el seguro de su buena
fee facilmente con este exemplo los otros mantendrian con mas desespe-
racion su reueldia, y se acreditarian sus voges de que los Espaiìoles eran
vengaliuos y que por ningun medio conseguiria la gragia en cnya aten-
gion hera de pareger que el Cardenal me diese quenta y ordenase a la
Junta que por entonges no pasase addante està causa asta otra orden y
hauiendome refendo el Cardenal que en vista de està consulta a estado
suspensa està materia asta que yo la degida y que aunque la Junta no
le bauia dicho formalmente el castigo que meregia este suxeto se reco-
nocia la grauedad de sus delitos ; He querido se os participen los mo-
tiuos que se cousideran para que teniendolos presentes y informando os
con soda distincion de la causa de este suxeto auiseis de lo que tuuie-
redeis por mas conueniente en ella aduirtiendo os que en los demas
cassos que se ofrecieren obreys segun la calidad de cada vno y sus cìr-
custangias atendiendo mucho a no dilìcultar que los Megineses se aparten
de su feruor poniendolos en desconfianza.
De Madrid a 21 de Enero i678.
yo el Rey. •
Bartholome de Legasa
Etc. Etc.
MISCELLANEA
527
CXVIII.
(R. S. - B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 21 gennaro 1678, consi-
derando i carichi, la guerra e gli altri mali, che avevano afflitto
il Regno di Sicilia, come un castigo divino pel generale perver-
timento dei pubblici costumi, ordina che si ristabilisca in ogni modo
l'impero dell'ordine e della buona morale, e, poiché pei chierici i
mali nascono specialmente dal sottrarsi facilmente alla giurisdi-
zione dei loro Ordinari per mezzo del Tribunale della Monarchia,
comanda che sia evitato tale inconveniente.
Don Carlos por la gracia de Dios Rey de Castilla de Aragon de Leon
de las dos Siciiias ùe Hierusalem, de Nauarra y de las Indias etc. May
Reaerendo en Christo Padre Cardenal Portocarrero rai muy ebaro, y
muy amado Amigo, de mi Gonsejo de Estado, mi Virrey Lngar theniente
y Capitan general del Reyno de Sicilia en Interim. He entendido que en
esse Reyno se experimentan graues relaxaciones en todos estados cuya
continoazion, y tolerancia pnede mouer a la diuina Jasticia para los ca-
stigos de esterilidal y Guerra que ha padecido y padeze esse Reyno y
deuiendose occurrir por todos medios a establezer la enmienda para con-
ciliar la soberana clemencia He resuelto preueniros de que me hallo con
estas noticias, y con el senti miento de que se desatienda lo que tanto
importa y ordenaros y mandaros (corno lo hago) que interpongais quan-
tas diligencias tuuiereis por concurrir a la reformacion de las costum-
bres y castigo de los pecados pnblicos.
Velando sobre los Ministros para que satisfaciendo ellos a su obliga-
cion en no permitir abusos, persuadan tambien con el esemplo de sus
acciones y que soleciteis con todos los Prelados de Iglesias y Religiones
esten muy atentos a la moderacion de sus sobditos para corregir los
excessos que pidieren prompto remedio sin ninguna humana contem-
placion ; y este mismo be resuelto se diga por despachos mios al Arco-
bispo de Palermo y a los demas Obispos del Reyno exprimendoles que
aunque es de su primera obligazion este cuidado satisfago yo a la mia
deflriendo a que cumpliran con la que les recreze. El hazerles yo me-
moria de ella y encargandoles que me den quenta de todo lo que les
pareciere necessita de ordenes mias para corregirse ; y por que se cree
>28 MISCELLANEA
que el principal fomento de esse dano en los Eclesiasticos ha consistido
en los faciles recursos qne hallan en el Yuez de la Monarchia para exi-
inirse de sus Snperiores he mandado se escriua tambien a este Ministro
aduirtiendole de elio y de que no admita semejantes instancias , sino
fnere en los cassos inescusables y entonzes hauiendo precedido los ter-
minos regulares del derecho sin aduocar desde luego las causas inhi-
biendo a los Juezes ordinarios; Porque mi precissa voluntad es que a
estos no se les impida la jnrisdicion para que puedan obligar a sus sub-
ditos a la deuida obseruancia, sin que se de lugar al subterfugio de que
se valgan de quel juzgado para euadir el justo castigo de sus errores;
De que he querido auisaros encaminando a Vuestras manos las referidas
cartas y ordenes mias y encargado os (come lo hago) vuestra consciencia
en que atendais con todo desnelo a lo que queda expressado y del re-
ciuo de este despacho me auisareis , y de su puntual execucion porque
quiero tenerlo entendido; y sea muy Reuerendo en Christo Padre Car-
denal Portocarrero mi muy charo y muy amado amigo nuestro Senor
en Vuestra continua guarda. De Madsid a 21 de Henero de 1678.
yo el Rey
Buslamanle Secretarius
Etc. EtC.
CXIX.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 21 gennaro 1678, ordina-
che si pongano galere a Milazzo, Lipari e Siracusa per impedire
per quanto sia possibile , che giungano soccorsi dalla Francia a
Messina.
MISCELLÀNEA 529
cxx.
(R. S. — B. 2450).
Il Duca di Bourneville, Governatore Generale delle armi nel
Regno di Sicilia, in virtù dei poteri conferitigli il 22 dicembre 1677
dal Viceré Cardinal Portocarrero, nomina suo delegato per trat-
tare lo scambio dei prigionieri di guerra il Colonnello Don Mi-
chele de Ulbin, con la data del 22 gennaro 1678.
CXXI.
(R. S. - B. 1687).
Don Bernardo Barone con lettera , data a Francavilla il 24
gennaro 1678, manda al Governatore Generale delle armi alcune
notizie militari.
Excellentisimo Seòor,
En este Punto acauo de rezinir Auisso de D. Inis de Salzedo en que
me dize Partizisse a V. E. que en taormina al romper el nombre em-
pezo abatir la Mola con quatro caùones de a treinta y seis libras y lo
dessaze las cassas y qua Monsiear de Montonaan que se balla hauer Ile-
gado à taormina y los franzesses acojer las colinascon que quita la co-
mnnicacion: Yo ymbio a recono(;er si han tornado el passo del Y gra-
niti a la Mola y desto y de lo demas qoe fuere adquiriendo de nueuo
yre avisando a V. E. cuya Vida guarde Dios muchos aùos y felizes Fran-
«auilla y beuero 24 de 1678.
Excelentisimo Setìor
Beso las manos de V. E.
Sa mas obligado seruidor
Don Bernardo Varone
Excelentisimo Senor Daqae de Bornouila.
580 KISCBLLANBA
CXXII.
(R. S. — B. 1687).
Il Duca di Bourneville con lettera, data a Milazzo il 25 genna-
ro 1678, manda al Viceré alcune notizie militari.
Eminentisimo Senor.
Por etra carta mui amplia dei quenta a V. Eminencia de la Reforma,
por està vengo auisar a V. Eminencia el mal estado en que estamos, y
quanto nos podra costar la perdida di Don Fedro Paulin , porque con
ella, se ha retardado la fortificacion de la Rochela , todos los Paisanos
que heran de su deuocion, hauiendose apartado luego , aunque sin per-
der tiempo he enbiado alla, al Mastre de Campo Baraona,para recojerla,
comò lo va haziendo, y renouaudo el trabajo , pero segun las cartas de
Sal?edo que me enbia el Mastre de Campo General se balla este Gouer-
nador mui desconsolado y disgustado de su Plaza, que tanto estimaua,
al Principio; Fide mas Gente y dinero y otras cosas , ò que le muden.
y comò me he allado malo reziuiendo estas cartas, escriui al Mastre de
Campo General que avanzase à Francauilla, y metiese en la Mola, el
Sargento maior de la Armada que pasaua de aca. con algunas Companias
para refuer^o, à Salgedo, si se qneria quedar, corno me pareze que bara
ò sino, que pusiese Baraona, en la Mola ; y se acabase la fortiflcazion de
la Rochela ;
En este punto que acabo està Lignea , me viene la ajunta carta de
Baraona, y veo, que SalQedo està ya en el embarazo , y no aun entrado
el socorro, y asi juzgne V. Eminencia en el estado en que me hallo de
no poder j untar tropas, para disputar las colinas, y el Puesto de la Ro-
chela; Suplico a V. Eminencia mandar ayudarme, y acordarse que el
Rey no tiene ningnn trigo, y mui poca gebada en està frontera , si to-
davia, queremos no perder la Mola es menester juntar tropas, y socor-
rerla teniendo el paso, y comunicazion avierta, asi vea V. Eminencia si
qoiere que se bneluan à Palermo, las tropas que ban venido con Don
Dnarte Correa, ò si quiere que se empleen aca se siruira, enbiar, dinero
para asistirlos con el Pan pnes ya Piden el diario, y no sono aconstum-
brados a guardar mucbo;
No me allo vien aun, pero todavia, no de^are, de salir, y socorrer la
UISCKLLJLNBA 531
Mola, en quanto me sera posible por el diario desta Frontera que V. Emi-
nencia a destinado, si se a de aguardar las libranzas, nombre por nora-
bre, que quieren hazer los Offlcios, vendra tarde y no sera de probecho,
en el estado que ocurre, y de poco Remedio, a nuestro mal, espero que
los canonazos no espantaran tanto a Salgedo, que arandone el Puesto de
la Rochela, con que tiniendo este no se perderà la Plaza, por romperle
las casas, pues no son de los soldados, y tambien el canon de la Mola,
à de responder a estas Baterias, y ver si pueden hazer dano, a las del
enemigo. Lo peor es que no està acauado el Furtin de la Rochela, y que
me falta todo para juntar las tropas, V. Eminencia considerara todo esto
con su alta comprension, cuia Eminentisima Persona guardo Dios mu-
chos anos corno deseo Melazo 25 de Henero 1678.
Eminentisimo Senor
A los pies de V. E.
Su mas obediente seruidor
Alex : Duque de Bournouille
CXXIII.
(R. S. — B. 2450).
Il Colonnello Ulbin con lettera , scritta a Rametta il 26 gen-
naro 1678, dà conto al Duca di Bourneville del primo abbocca-
mento avuto col Generale Joigny per lo scambio dei prigionieri
di guerra.
Senor ayer en el parage del Oliueto limite de los conflnes me juntè
con el General Coronel de .loigni y hauiendo reciprocamente mostrado
los Poderes hizo el reparo que el mio hera sostituido de V. E. y que el
suyo era inmediato constituido del Senor Duque de Vivona que reputan
en igual Puesto con el seùor Cardenal Virrey y assi que mi comision
deuia ser igual a la suya con absoluta potestad sin alguna reserua o
escepcion comò V. E. bera por la copia de su poder que me entrego di-
che de Joigni que sin embargo lo remitia a lo que resolveria el seùor
Duque de Vivona y que pasaria por elio en quanto a la excepcion de
Personas perseguidas por la Justicia en materia de estado solamente y
no comprendidas en la reuelion de Mecina Venia dicho de Joigni en que
582 MISCELLANBA
no se coniprehenderian en el Gange General pero que hauiendo cumplido
el tiempo de su condena destierro ò otro castigo puedan bolber a sus
casas y Dominio de Francia pero que los Prisioneros Mecineses de Guerra
desde que Mecina imploro la proteccion del Rey Chi-istianisimo y hantes
de hauer tornado con sus armas la proteccion deuan igualmente repu*
tarse por Vassallos desde el momento que diche Rey Christianisimo les
reciuio en su proteccion aunque no hubiesen sus armas entrado en Me^
Cina y tornado la poscsion della ; Con està primera controuersia nos apar-
tamos con resolucion de juntarnos en el mismo parage el Primero del
mes venidero de Febrero, despues de hauer dado parte y reciuido cada
qual las ordenes de sus Superiores, por lo que suplico a V, E. se sima
para esse Tiempo mandar lo que en los cassos referidos se haya de re-
sponder y efectuar en esa segunda conferoncia, el diche Seiior de Joigne
me hizo grandes instancias de parte del Sefior Duque de Viuona sup-
plicante a V. E. por la restitucion de la muger de Don Jacono de Auerne
que por haaerle prometido de hacerlo no e podido escusar de partici-
parlo a V. E. comò tambien que he eligido por mi camarada y asistente
en està* conferencias al Capitan Don Juan Alberto de Giranda que ahora
86 balla de Guarnicion en està Plaza con su Compania por ser practico
en la lengua francesa y Espanola que tambien fué empleado del Seiior
Marques de Villafranca en la asistencia de la Persona del General Ruiter
y los demas Siguientes Cauos de la Armada de Olanda espero que V. E.
lo tendra a gusto y le conflrmara en este empieo. Guarde Dios a V. E.
De Rameta 26 de Henero 1678.
Exc.mo Sefior
A los Pies de V. E.
Miguel Vlbin.
CXXIV.
(R. S. — B. 1687).
Il Duca di Boui'neville con let(era, data a Milazzo il 30 gen-
nàro 1078, manda al Viceré alcune notizie militari e manifesta il
timore che i soldati italiani, sejj^uendo l'altrui esempio, passino al
nemico.
Excelentislmo Senor
Parte ette ce 'reo para aaìsar a V. Kminencia corno Guarnicion y Ve-
xinos, cstainos aqal sin trigo, ni medios para ayadarnos ,
mSOELLANSA 533
Montauban continua, à maltratar la Mola, con su Artilleria Don Duarte
Marcba, manana con su Gente hazia Francauilla, yo, a tres del que Vie-
ne, pero sin vn grano de trigo, ni dinero, Salcedo lama, y pide dinero,
para sus fortiflcationes , Baterias, refleziones, de Brechas, y cosas , se-
mejantes. Y en verdad que nezesita de ellos , pues en vn sitio^ no se
haze nada ein di nero.
Marcelo Velez dice que no tiene nada tanpoco ; el Mastro de Campo
General scriue, que falla, balla pan, Qebada y Paja, que por esso tiene
diflcultad de recojer las tropas y juntarse con migo Qerea de la Mola.
Si no se retira Montauban, no dejare de salir y bare lo posible para,
mantener la Mola; y si me pierdo sera por mi Qelo y ardor, de qnerer
•eruir, y no por mi culpa, el no tener dinero ni Pan, y mui pocas tro-
pas està Reforma Hauiendonosquitado muchos y de losbuenos; V. Emi-
nencia disponga , comò fuere seruldo, lo que me pesa es, que los que
le consultan por alla no ban visto las cosas , y no saben el aprieto en
que estamos y lo mas malo a mi parezer es que de las Gompanias de la
Armada y Sezilia que tiene Don Duarte, se huj^en Parte al Enemigo comò
podriau bazer los Italianos, en todo me remito, a la boluntad de V. Emi-
nencia cuia eminentissima Persona guarde Dios muchos ailos comò desco
Melazo 30 de Henero 1678.
Emine ntisimo Seiior
A los pies de V. Eminencia
Su mas obediente seruidor
Alex. Duque de Bournoville
Seàor Eminentisimo aqui an Uegado lettras para el Dyario , pero
aguardan librancas y polisas nombre por nombre de palermo no se que
Inuencion an hallado pero mucho baze a suflFrir el soldado con estas
tardan(^as, y para los que an de salir con migo corno tambien a la guar-
nison de la Mola les viene muy mal de no recibir nada quando mas lo
tienen menester.
cxxv.
(R. S. — B. 1687).
Il Duca di Bourneville con lettera, data a Milazzo il 30 gen-
napo 1678, informa il Viceré di una grave quistione sorta tra il
Conte Aresi e gli Spagnuoli.
534 MISCELLANEA
Eminentisimo Senor,
El Conde Arres, Partio està maSana, de aqui, a essa ^i'idad hauieU'
dome enbiado a dezir, que en llegandoay se Pondra en arresto, yjnnta-
mente, a los Pies de V. Emiuencia, y aunque he soli^itado, por todos
moiios el disuaderle de su dictamen, no a sido posible, creo juzga que
con yr ay consignira su intento; y aun dinero, comò lo han logrado los
demas. que han pasado ay desta y otras calidades. Supleco a V. Emi-
nencia considere està materia y que si con este sujeto no se haze alguna
demostra^ion , la mala conseguenzia que se sigue ; No dudo en que
V. Eminencia lo mirara, con su solita Justifleation dejandolo yo todo co
la disposigion, a V. Eminencia cnia eminentisima Persona, guardo Dios
muchos aiìos corno deseo Melazo 30 de Henero 1678.
He permetido de boca a Ares a su peticion de mudar el aresto que
tenia in Melazzo a otro in Palermo a las ordeaes de V. Eminencia. el
Borgonon base seruicio y esto està aiustado quanto durara no se, es ca-
ualero Ares que puede servir bien si quiere, pero no creo que se aiu-
stara con el Maestre de campo General parecen poco satisfechos el vno
de otro y sin duda està manera de avituar y dejar el servicio del amo
tan facilmente no puede ser apruebada in nada.
Eminentisimo Senor
A los pies de V. Eminencia
su mas obediente seruidor
Alexandro Duque de Bournonville
CXXVI.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 3 febbraro 1^78, comunica
al Viceré di aver mandato a Roma come ambasciatore straordi-
Dario il Cardinal Portocarrero per indurre i Principi d'Italia ad
entrar nella Lega, che allora si trattava, ordinandogli di sugge-
rire allo «tesso tutto ciò che potesse tornar utile a tale scopo.
MISOELLAKEA 535
El Rey,
Illustre Don Vizente Gonzaga Gentilhombre de mi Camara, de mi Con-
sejo de Guerra, mi Virrey y Capitan General en el Reyno de Sizilia. Al
Cardenal Portocarrero he mandado pasar à Roma por mi Embaxador
estraordinario à esforzar el Tratado de la Liga , assi por lo que su8
instancias podran adelantar su efectuacion, corno por lo que està demo-
strazion podra influir para facilitar concurran à ella Ics demas Prin-
cipes de Ytalia, para quienes Ueua cartas mias. Vos os comunicareis con
el, sugeriendole todas las noticias del intento, y quanto pueda conducir
à su mejor direccion. De Madrid a 3 de febrero 1678.
yo el Reg
Bartholome de Legasa.
CXXVII.
(R. S. — B. 2450).
S. iM. conoscendo lo stato miserabile in cui si trovano le Ga-
lere di Sicilia , che i loro ufficiali da tre anni non son pagati, che
tanto più son maltrattate le ciurme , a cui mancano i medici e
perfino le caldaie per cucinare , con dispaccio, dato a Madrid il
4 febbraro 1678, emana ordini severi perchè il R. Patrimonio, il
quale si mostra così restio, tosto proveda.
CXXVIII.
(R. S. - B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 4 febbraro 1678, dà al-
cune previdenze per i viveri che il Tribunale del Patrimonio do-
536 MISCELLAKEA
veva somministrare all'esercito, e conoscendo la riluttanza di esso
nell'adempimento di questi suoi doveri, ordina che ne siano trat-
tati severamente i componenti.
CXXIX.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 4 febbraro 1678 , ordina
al Viceré di curare il cambio del prigioniero Conte di Prades, e
di altri che stavano con lui chiusi nei forti di Messina e non ave-
vano potuto ottener dai Francesi licenza sulla loro parola d'onore
per andare a vedere le famiglie , e il primo per andarsi a get-
tare ai piedi del Re di Spagna.
Fra quelli il dispaccio nomina i capitani Gian Paolo Maca, Sa-
luzzi, Sforza, Froti, milanesi ; Giuseppe Ruiz e Giuseppe Giacomo,
napoletani ; il sergente maggiore D. Carlo de Anghoa; l'aiutante
Vesera e l'alfiere Bichinini.
cxxx.
(R. S. — B. 2450).
Copia di lettera del Viceré al Duca di Bourneville, data agli
8 di febbraro 1678, riguardante il cambio dei prigionieri di guerra.
Con la carta di V. S. I. de 29 del pasado remino todoa los papeles que
en ella se citan. y tambien lo que V. S. T. me di^e y Io primero qae se
ha de obseruar se^un las oi'denes de S. M. (cuya copia tengo remitido
a V. S. I.) es que en el catige que oy se trata no se han de incluir en
ninguna manera los Prisloneros de Estado, y assi V. S. I. bara muy bien
tener zerrada la Puerta en este punto, y reducirlle a que la confcrencia
lea de lot prisioneros de Guerra hecbos entro los dos Reyes; y asegnro
a V. 8. 1. qae el Proyeto ò Cartel qne ha formado ha pare^ido muy jnsti-
MISCELLANEA 537
ficado y dispuesto corno de tan gran Soldado, con que en el no ocnrre
qne de^ir, solamente reparo en qne la pretension de Fran^'eses de que
se haya de tratar Canje con Megineses y Sigilianos reueldes que han sido
presos y condenados antes que entra^eq (as Arjnas de Frangia en Me-
dina, parere estrauiada, corno tambien la de que d^pues de pasado el
tiempo de la condena puedan boluer a Mezina, pues parei;e que con esto
se enajenaua su Magestad del derccho y titulo de Rey de Mezina, corno
lo es, y le tiene de toda Sigilla, Tambien deno degir a V. S. 1. que cam-
biar todos los presos que tubieremos desde que Megineses Uamaron »
Frangeses. se ha de entender desde que entraron las Armas del Chri-
stianisimo en aquella Ciudad pues el hauerlos Uamados se puede entender
de mucho antes : Que es todo quanto se ofrege degir a V. S. I. remi-
tiendonie a su gran Juigio y compi ension la major y mas breue dispo-
sizion de concluir este interes que tanto importa a todos. Dios etc.
CXXXI.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 18 febbraro 1678, avvisa
il Viceré di aver risolto di assolvere il Principe di Montesarchio
dei cai'ichi fattigli sul modo come si era comportato pel passato
nel condurre le cose dell'Armata Navale; di averlo reintegrato nel
posto di Generale delle Galere del Regno, dandogli le opportune
istruzioni sul modo di comportaisi pel futuro; di avergli ordinata
di aspettare a Cadice la Flotta Olandese, per imbarcarsi su quella
ed andare tosto in Sicilia.
CXXXII.
(R. S. — B. 2450).
Progetto di cartello pel cambio e pel trattamento dei prigio-
nieri di guerra , rimesso dai Viceré a S. M. Cattolica il 19 feb-
braro 1678.
538 MISCELLANEA
Proyetto de Cartel entre los dos Reyes en la Ida de Sicilia
Vn Virrey y Capitan General diez Goatra otro Virrey y Capitan
•mil escudos de Sicilia. General en cauo o diez mil escu-
dos. 10000.
' Vn Gouernador General de las Centra nn Mariscal de Francia o
Armas tres mil escudos, tres mil escudos. 3000 escudos.
Vn Mastre de Campo General de Contra un primer Theniente Ge-
Hespaiia mil y quinientos escudos. neral de los exercitos de Francia,
ò, 1500 escudos.
Vn General de la Caualleria de Contra un Theniente General de
Hespaiìa mil y duciento escudos, Francia, o, mil y ducientos escudos.
Vn General de la Artilleria que Contra un primer Mariscal de
lo es en propriedad mil escudos. Campo, o, mil escudos.
Vn General de Vatalla o General Contra un Mariscal de Campo, o,
de la Artilleria que lo es de Titulo ochocientos escudos.
y en sernicio 800 escudos.
Vn Theniente General de la Ca- Contra un Mariscal de Batalla si
ualleria si tambien es General de bay en el esercito de Francia, o,
Vatalla corno a qui arriua y si no 500 escudos.
lo es 500 escudos.
Vn Comisario General de la Ca- Contra nn Goronel de Caualleria
nalleria, o, Goronel 400 escudos. fì*ancese, o, 400 escudos.
Vn Capitan de Caualleria 100 Contra otro Capitan de Canalle-
escados. ria, o, 100 escudos.
Vn Theniente Goronel de la Ca- Centra otro Theniente Goronel de
' nalleria de Hespaùa quando le hanra Canalleria, o, 200 escudos.
200 etcndoi.
MI80ELLA^fEA .539
Vn Sargento Mayor de Caaalleria Centra otro Sargento mayor de
150 escudos. Canalleria, o, 150 escudos.
Vn Theniente de Caualleria 35 Contra otro primer Theniente de
escudos. Canalleria, o, 35 escudos.
Vn alferez de cavalleria 25 e- Contra otra Sota Theniente de
scudos. cavalleria, o, 25 escudos.
Vn Capitan Theniente comò hay Centra otro Capitan Theniente,
en los Regimientos Alemanes 50 o, 50 escudos.
escudos.
Vn Sargento de Caualleria 10 e- Contra un Mariscal de logi o
scudos. sargento de Caualleria 10 escudos.
Vn cauo de squadra 6 escudos. Contra un Caperai frances, o, 6
escudos.
Vn slmple soldado de Cauallo 4 Contra otro soldado de Caualle-
escudos. ria 4 escudos.
Vn Ayudante de Caualleria 20 Contra otro Oticial frances de
escudos. ygual Puesto, o, 20 escudos.
Vn Coro nel ò Mastre de Campo Contra otro Coronel frances de
de Infanteria 300 escudos. Infanteria, o, 300 escudos.
Vn Theniente Coronel de Alema- Contra otro Theniente Coronel o
nes 0 Sargento Mayor al pie He- Capitan y Sargento mayor Coman-
spaiiol o, Italiano 80 escudos. dante de un Regimiento frances, o,
80 escudos.
Vn Sargento mayor Aleman 40 Contra un primer Capitan de un
escudos. Regimiento Frances, o, 40 escudos.
Vn Ayudante de Infanteria de Contra otro Ayudante mayor del
540 HJSCBLLAMEA
qaalqaiei- nacion 15 escados. exercito Frances de igaal Paesto,
0, 15 escudos.
Vn Capitan de Infanteria de qual- Centra otro Capitan del exercito
quier nacion que sea 30 escudos. Frances, o, 30 escados.
Vn Theniente Aleman o Alferez Contila un priraer Theniente de
de otra Nacion 20 egcudos. una Compania, o, 20 escudos.
Vn Alfarez Aleman 12 escudos. Contra otro Sota Theniente, o,
Alferez de Francia, o, 12 escudos,
Vn Sargento de una Compania Contra un Caporal o Sargento,
4 escudos. o, 4 escudos.
Vn Cauo de squadra de Infan- Contra un Caporal frances o 3
teria tres escudos. escudos.
Vn soldado de Infanteria de qual- Contra otro soldado de Infante-
quier nacion que sea 2 escudos. ria Francesa o, 2 escudos.
Vn quartel Mastre General de Contra un Mariscal de logy y
un Exercito 100 escu-jos. General del exercito frances o lOO
escudos.
Vn Sargento mayor de Plaza 60 Contra otro Sargento mayor de
escados. Plaza, o, 60 escudos.
Vn Theniente de Mastro de Cam- Contra un Ayudante General de
pò General 100 escudos. los Exercitos de Francia, o, 100 e-
• scndos.
Vn Ayudante de Theniente de Ma- Contra un Aydes Ayde General
stro de Campo General 40 escudos. o 40 escudos.
Vn Ingeniero o su Ayudante que Contra otro Ingeniero o Ayde
no tenga paesto SQperior 25 escudo6. Ingeniero que tampoco tenga pue-
sto superior a este o 25 escudos.
MISCELLAHEA
541
Vn Ingeniero mayor que tiene Centra otro ingeniero maj'or de
algun titulo superior corno el de semejante gradaacion a proporcion
Corone! o Theniente Coronei refor- de estos o 150 escudos o 40 segun
mados pagara corno un reformado
la nnidad de Coronei Mastre» de
Campo o Theniente Coronei en pie
es a decir 150 escados o 40 segun
su pnesto.
la calidad de la graduacion.
Todos los reformados General- Centra otros reformados de lot
mente que seran asentados y en mismos Puestos o la mitad de offl-
seruicio en los exercitos se canjaran ciales corao està explicado en està
centra otros de su calidad e paga- etra parte,
ran solamente la mitad de los que *
sen offlciales en pie come decir vn
Coronei , e, Mastre de Campo 150
escudos.
El Theniente Coronei reformado
40 escudos.
Vn Capitan de Cauallos reforma-
do 50 escudos.
Vno de Infanteria 15 escudos y
asi de los demas Puestos inferiores.
Vn Theniente General de la Ar- Centra un primer Comisario o
tilleria 60 escudos. segundo Cane de la Artilleria del
exercito de Francia, o, 60 escudos.
Vn Theniente General de la Ar-
tilleria de un egercito de Francia
que es Theniente del General de la
Artilleria del Reyno ne puede ser
igualado que a un General de la Ar-
tilleria de los eserciles de Espaàa,
que e«ta a las ordenes del General
de la Artilleria proprietarie de las
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV.
35
542
MISCELLANEA
Espaiìas o a lo menos ha de pagar
corno un Mariscal de Campo 800
escudos.
Vn Gentilhombre de la Artilleria
30 escudos.
Centra un Gomisario Ordenario
o extraordinario del exercito de
Francia o 30 escudos.
Vn Condestable o Mastre Cafìo-
nero 10 escudos.
Centra un Condestable frances o
10 escudos.
Todos los Artilleros ordinarios Centra los Artilleros e siruientes
comò los soldados de Infanteria. de la Artilleria 2 escudos.
Vn Capitan de Petardos e de Centra un Cane de petardes de
Bombas y fuegos de artificio o de Bombas de minadores o fuegos de
minadores 20 escudos. artificio, e, 20 escudos.
Minadores o Ayudantes de echar
Bombas come los Artilleros 2 e-
scudos.
Centra etres iguales a estos o 2
escudos.
Trombetas Tambores Cirujanos Centra otros de la misma calidad
Escriuanos y Gente seniejante echos e remitidos come domesticos e por
Prisoneros de Guerra pagaran un un mes de Gage come los soldados
mes de Gages a lo mas y si son do- de Cauallo a los de la Caualleria y
mesticos seran tratados corno tales a los Infantes come de Infanteria,
y remitidos libres.
Los paisanos echos Prisoneros
debajo de las Armas seran tratados
corno a los soldados y librados por
el mes de Gages o por Cambio. Lor
demas presos labrando Pastando su
ganado o en la mar, o, en sus bar-
cas Pescando o haciende sus nego-
cios sin armas y sin ostilidad seran
tratados corno mugeres nirìos o
eriados.
Idem.
HISOELLANEA
543
Vn Auditor General o sobrein-
tendente de los exercitos de su Ma-
gestad Gatholica en Sicilia 500 e-
scudos.
Contra el Intendente General de
Justicia Politica y biberes del exer-
cito de Francia o quinientos escudos.
Vn Proauditor o Theniente del
Auditor General de las Fronteras o
Plazas 50 escudos.
Contra vn Auditor, o, intendente
de Plaza o de regimiento o comisa-
rio de intendente General 50 escudos.
Vn Veedor General quinientos Contra el Intendente General de
escudos. Francia por el Politico, o, 500 e-
scudos.
Los sostitutos de Veedor General
y Conseruador y todos los Comisa-
rios de Vineres segun sus gages y
Calidades los primeros a 30 escudos
cada uno y los menores a 10 escudos.
Idem.
En easso qua bengan en Sicilia
tropas de la Cassa del Rey Chri-
stianisimo y que se enquentren a
serPrisoneros seran tratados segun
su puesto y gages corno se ha ajusta-
do por todas partes a sauer los sol-
dados del Rey, de las Guardias se-
gun los demas soldados, sus Cauos
de squadra comò Sargentos empie
subsargentos corno Alferez en Pie
sub Alferez o Sota Thenientes comò
primeros Thenientes subprimeros
Thenientes comò Capitanes de Ca-
uallos.
Los Capitanes de las Guardias
corno Mastres de Campo.
Los Ayde Campos Mayores de
las Guardias comò Theniente de Ma-
stro de Campo General.
}44 Mi'sCELLAKEA
El Theniente Coronel de las Guar-
dias corno Mariscal de Campo si no
tiene otro Mayor Puesto y en tal
casso se seguirà al Puesto prin-
cipal.
El Mastre de Campo de las Guap-
dias corno un Mariscal de Francia
tenieudo ordinariamente estos dos
pnestos juntos.
Vn Capitan de Guardias del Guer-
po del Rey Christianisimo o Capitan
de su gente de Armas y Cauallos
ligeros 0 de los primeros Principes
de su Casa comò los Mariscales de
Campo si no tienen junto con este
otro Puesto Superior.
Los Tbenientes destas Compafìias
Reales comò los Mastres de Campo.
Los Segundos Tbenientes Alferes
de Caualleria ò Pedones corno Tbe-
nientes Coroneles , o , Capitanes de
Cauallos.
Si quieren podran entrar en la
misma conformidad los que entre
los Offlciales soldados y marineros
sirbiendo en mar basta que juzguen
a proposito de acer un ajuste mas
speciticado si lo quieren.
Todos los Prisoneros no se de-
tendran de una parte y otra mas
de un mes despues de bauer sido
legitimamente repetidos.
Mugeres, Ninos y Criados no sa-
uiscellànea 545
ran prisoneros de Guerra sino luego
remitidos de una parte a otra sino
que se an cogidas corno espias y
en tal casso se les bara la jasticia
que combiene.
OXXXIII.
(R. S. — B. 2450).
Minuta di una lettera senza data precisa del Duca di Bourne-
ville al Colonnello Ulbin, riguardante il cambia dei prigionieji'i di
guerra, che dovette forse esser .mandata in copia anche a S. M.
il 19 febbraro 1678.
Ya he escrito que benga aca el Capitan Don Juan Alberto de Ciranda
que por dicba nos ba embiado a Rameta y siendo Cauallero Capaz y
que entiende la lengua con el comunicare mas particularmente mis
Interiores y los esplicaran a V. S.
Por los reparos que ha echo Juni del Poder de V. S. y de la gran-
deza de su General y la suya de Jugni de ser sostituto directamente del
Mariscal de Biuona es muy leue estima se el y su amo quanto quisiere
6ste no nota nada al tratado de Cartel y si le parece ser mucho, por
tratar con V. S. que Deputa otro en su lugar si quiere , y a mi no im-
porta, ò que el Poder que tiene directamente que lo haga dar al el In-
tendente del exercito de francia y que Jugni reciua el suyo del Inten-
dente comò V. S. le ha reciuido de mi no le stimare menos por esso, y
ya estoy informado que no tendra el Intendente la menor parte en aste
Tratado.
Yo no podia dar mas poder regular que el que he dado ni atribuir
a mi vn Poder no podia tener sino por medio del Cardenal Virrey y
en esto no es menos el poder que he dado a V. S. sino mejor y mas
firme.
Bien podia yo pedir copia del poder que tiene el Duque de Birrone
de parte de su Corte para este Tratado y si el Senor Conde de Loauraist
lo abonarà pero no me meto en esso y por un Gange muy igual y justo
no son menester estas formalidades inutile».
Por los otros puntos ya sane V. S. su instruccion y su poder, no m
trate sino de Prisioneros de Guerra entre los dos Reyes Todos los que
546 MI8CILLANEA
habran tenido comisiones de francia ò abran sìdo efectiuam ente en el
seruicio y audiencia de francia no haura dlflcultad.
Si bay otros de otro genero que Prisioneros de Guerra no està en
mi poder de poder tratar y mucho menos en el de V. S. y de estos no
deue V. S. entrar en tratado ninguno.
La Intencion de Mecineses de hauer querido entrar al Partido de
Francia o là del Rey Christianisimo a hauer tenido voluntad de reci-
nirles, no deue nada al casso solo juzga de las intenciones nosotros no
podemos reconocer los Mecineses por franceses.
La recomendacion de la Muger de Aberna es muy inutil en Mon-
sieur de Jugni ni aun de su amo està no es prisionera de Guerra y
V. S. no reciua proposicion ninguna en este casso. El Senor Don Jacome
Aberna ò su Muger no ignoran otros medios de recurrir a la Pietad de
S. Magestad para la liuertad que puede pedir està Dama.
Y esto se enlienda desde el dia que francia tomo Posesion de Mecin^.
CXXXIV.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 6 marzo 1678, ordina che
si impediscano con tutti i mezzi possibili i continui soccorsi che
giungevano dalla Francia a Messina e specialmente quello, che sì
attendeva allora, di quaranta tartane ed otto vascelli.
CXXXV.
(R. S. — B. 2450).
Avendo il Viceré con lettera del 9 gennaro 1678 risposto al"
Re, che per stringere Messina per mare e per terra ed ottenere
qualche buon successo fosse necessario specialmente V aumento
della flotta, S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 6 marzo 1678^.
rinnova gli ordini emanati precedentemente sul proposito e forni-
sce notizie dei rinforzi , che giungeranno tra breve.
MISOBLLANBA 547
CXXXVI.
(R. S. — B. 27).
Don Carlo Valdina con lettera , data a Palermo li 11 marzo
1678, supplica il Viceré, tenendo presenti i servigi da lui resi alla
Corona, a non voler insistere che il proprio fratello Principe di
Valdina contribuisca pel real servigio una somma superiore as-
solutamente alle forze economiche di lui.
Domenica passata fu dal Presidente del Real Patrimonio rimessa al
Prencipe mio fratello una riueritissima lettera di V. E., nella quale gli
onlinaua che in riguardo della necessità in che al presente si troua l'Ar-
mata Reale di sortire in mare, douesse depositare nella Tauola di que-
sta Città cinquanta mila scudi per sodisfare le paghe de' marinari di
essa. Subito il sudetto mio fratello rispose che attesa la impossibilità,
nella quale si trouaua, di poter eseguire gli ordini di V. E., si degnasse
di riceuere le sue riuerenti scuse, e riconoscere in esse il desiderio par-
ticolare che ha, di segnalarsi nel seruigio di S. M. in una offerta che
ha fatto di leuantare tutta quella gente, che potessero comportare le sue
debboli forze. In questo stato hieri si portò in casa del sudetto mio fratello
Don Giouanni Rizzari con un seguito di fanteria spagnuola e non hauen-
dolo ritrouato si riportò un'altra uolta di notte col medesimo seguito,
col quale fece diligentissima inquisizione per tutta la casa, ricercandolo
per ogni parte. Questo modo cosi inaspettato non é possibile esprimere
à- V. E. quanto mi sia riuscito nuouo, non essendo proporzionato alla
occasione della quale si trattaua, e dando luogo all'otio , et alla igno-
ranza del uolgo di formare sinistri concetti e pregiudiciali alla qualità
et attenzione della mia casa, la quale si come in ogni altro tempo cosi
nel presente si é singolarmente segnalata nel seruigio del Ré nostro si-
gnore, come é palese ad ognuno conoscere. Mi sarei di subito portato à
piedi di V. E. per rappresentarle i miei giusti sentimenti, e riportare
dalla somma grandezza e benignità di V. E. V adempimento di quanto
potessi desiderare; ma continuando più che mai nello stato delle mie
pericolose indisposizioni, ho preso ardimento di ricorrere umilmente
alla magnanimità di V. E., supplicandola che in riguardo della osseguiosa
seruitù, che le ho sempre professata, e per i pochi seruigi da me pre-
stati, e da tutti gli antecessori miei si serua di riflettere à i motiui rap-
548 MI8CBLLANKA.
presentati da mio fratello, e riconoscere la impossibilità che tiene di
poter seruire à S. M. in questo particolare, essendo nel resto prontis-
simo di seruirla come deae in tutte le altre occasioni, come meglio per
la di Ini risposta V. E. hauerà inteso, alla quale rimettendomi, con certa
speranza di essere dalla grandezza dell' animo di V. E. pienamente sol-
leuato dalle presenti angustie, prego Iddio nostro signore guardi l'ec-
celleotissima sua Persona come desidera , et à V. E. riaerisco humil-
mente. Palermo li li marzo 1678.
Di V. E.
Umilissimo seruitore
D. Carlo Valdina
OXXXVII.
(R. S. — B. 2450).
S. M. piglia atto, con dispaccio dato a Madrid il 16 marzo 1678,
di quanto il Viceré scrive di aver fatto per impedire che giun*
gano a Messina continui soccorsi dalla Calabria.
CXXXVIII.
(R. S. — B. 2450.
Avendo il Viceré con lettera del 9 gennaro 1678 informato
S. M. di aver nominato Don Pietro Paolino Tenente di Maestro di
Campo Generale dell'Esercito, e date ricompense pecuniare a va-
rie altre persone per la fortunata impresa di La Mola, S. M.
con lettera, data a Madrid il 16 marzo 1678, approva l'operato
di lui.
UI8CELLAN£A
549
CXXXIX.
(R. S. — B. 1687).
Notamento degli uomini entrati per la corda, (che dettero la
scalata) alla Mola, ai quali D. Pietro Paolini , interrogato dal Vi-
ceré, propone di darsi venti onze per uno e trenta ai primi dieci
in beni stabili, fra quelli confiscati ai ribelli messinesi, oltre che
per giusta ricompensa , per servire di esempio agli altri, e per
non perdersi i buoni frutti morali di quel fatto glorioso , che già
si van perdendo.
Relazìon de la gente que fue nombrada del Sargento mayor Don Fedro
Paulino para escalar por la cuerda la piata de la mola son los qne
se siguen.
El Capitan de Campana Andrea Rus-
so naturai de taormina
Miguel Pirri de francanilla
Blas de Oli aeri Capitan de la Mola
Tomas Chrileison Caao de la ytala
Domingo faua Cauo Calabres
gnsepe botari de taormina
Francisco papa Trombata de giace
Domingo Aluisi Cauo de la Scaleta
Saluo Giandino della Scaleta
francisco donato della Scaletta
gorge Laspata della Scaleta
Giacomo Mucari della Scaleta
Cola Paumi di francauilla
Santo Coglitori di Sauoca
flippo Garutì
Vicenzo Merto di francauilla
Giacopo Caponata della Scaleta
francisco Cauallaro di francauilla
Michele Carbone di francauilla
Antonino Mineo di francauilla
Vicenzu chisari di francauilla
Aiìtoninu Ruso di francauilla
Santo Cinturino di francauilla
Vicencu Cnrcoruto di taormina
Marcu Oliueri della Motta
Matteo di Chiazza della Motta
Maestro Pietro Tripulone della Motta
franciscn Oliueri della Motta
Gabriele Zullo della Motta
Antonino Oliueri della Motta
Antonino Paumi della Mota
Antonio Oliueri della Motta
Antonio di chiazza della iDOtta
Giuseppe Sardo della Motta
Michele Mineo della Motta
Matheo Restifo della Motta
Giouani Careri della Motta
Antonio Cusentino della Motta '
Santo oliueri della Motta
Giouane Brancato della Motta
Lorenzo Gargari della Motta
550
MISCELLANEA
Antonio Oliueri della Motta
Domenico Vechio della Motta
Ginsepe Valentino della Mola
francesco Cundari Alias Carrullo
Andria Parraturi Cano :
Antonino Parlatori oondan (sic) fran-
cisco,
Giuseppe Smiroldo
Antonina Cordoni
Pascale Ricca
giusepe Ricca
francesco di Bartulo
Antonino Smiroldo
Francisco Christofalo
Placida di Sciacca
nicolau Christofalo
Antonino Grugno
Cesare Bellanca
Andrea lo monaco
Antonino lo monaco
todaro Cingari
Antonino Pagano
Giuseppe Raneri
Giandotasio C?)
Andrea la Rotta
Antonino Cundari
Antonina Pasquali
Antoninu Rao
Los Nuebe Soldados Espanoles qua faeron Nombrados para entrar
por la cuerda son los ynclusos.
El Cauo de squadra Saluador perez de la Compania del Capitan D. An-
tonio Capai.
Fedro de Moya
Nofrio nonbert
Antonio Gargia
Tomas perez
francisco perez
Mateo belgado
lorenzo carillo
luis Gargia
Don Petro Paolini.
CXL.
(R. S. - B. 27).
Denunzia fatta in Palermo il 1» aprile 1678 da flrà Maurizio-
di Palermo relativa alla fuga del Principe di Valdina , resa pos-
sibile dal Provinciale dei Minori Osservanti della Oancia.
Eccellentissimo Signore
Corre di debito por essere nassallo fedele di sna Maestà dar parte a
V. E, della fuga del Prencipe Valdina da questa Città di Palermo, Ne
MISCELLANEA 55]
fosse principale fautore il padre Ferdinando di Palermo Ministro Pro-
uinciale dell'ordine di Minore osseruanti di S. Francesco fatto per breve
sorretitio, et ingannò a Sua Santità : per la somma famuliarità e stret-
tezza, che assieme tengono. Manzianno a propria tauola di continuo del
Prencipe assieme con il padre fra Paulo da Palermo assistendo di modo,
che vengono detto da tutti detti Padri, fra Ferdinando e fra Paulo esser
le consultore il tutto del Prencipe Valdina : Deue pero V. E. sapere,
che essendo andato lo spettabile Giudice alla casa di detto Prencipe, per
tenerlo preso, fugito quello da subito si portò nel Conuento della Gangia
e da detti Padri Prouinciaii, e padre Paulo fu nascosto dentro la prima
cella della Infirmarla, che confina con il finestrone, che daua ali horto
della parte della chiesa delli Bianchi doue vi e un portello nel pauimento,
che dona nel tambuso del dormitorio , e quiui rinzerrato si trattenne
circa bore quattro, e fra questo mentre si procurano li caualli. Essendo
circa tre ore di notte lo fecero uscire della Parte del Fumo, che daua
nella Vanella delli Bianchi mettendosi accauallo, lo feci partire in com-
pagnia di altri due Canalieri facendoli fare strata e scorta per insino
alla porta delli Greci da suoi Religiosi, e detto Prouinciaii facendo que-
sto sindi anno alla casa di detto Prencipe per uscire 1 altro resto della
robba, argento, e denari, e si tratende per tutta lo notte, e ritorno in
Conuento ad bori otto di Notti. Deue di più V. E. sapere che nelli mesi
anti passati detto padre Proni nciale con detto padre Paulo repose in
Conuento Molti dinari di detto Prencipe dentro una Cella , nella quale
per guardia di detti dinari facena dormire un' oblato, e per compiaci-
mento di detto Prencipe tenendo refugito in detto Conuento della Gan-
cia du' Mesi in circa quel messinese patron di Filuca con il tìglio, che
dicesi auer portato li dispacci da Messina in Francia , del che si caua
auer parte per intelligenza detto Padre Prouinciale, e detto padre Paulo
con detto Prencipe tanto più che li parenti di detto padre Paulo di Pa-
lermo di casato di conto essere stati ribelli ; e del tutto si ni da parte
a V. E. per Magior seruitio di Sua Maestà Catolica che Dio nostro Si-
gnore conserui e a V. E. dia quella felicità desidera.
Palermo primo Aprile 167S.
Umilissimo seruitore
fra Mauritio da Palermo
552 MISCELLÀNEA
CXLI.
(R. S. — B. 2450).
In occasione della riforma generale dell'esercito stanziato nel-
l'Isola, avendo gli ufliciali tedeschi chiesto l'indennità di assento, che
loro era dovuta, S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 15 aprile 1678,
dice che secondo ha scritto l' Ispettore dell' esercito di Catalogna
a quello di Sicilia, spettano 24 scudi ai capitani, 12 ai tenenti,
10 agli Alfieri e 8 ai sergenti.
. CXLII.
(R. S. — B. 2449).
S. M. con dispaccio in cifra, dato a Madrid il 26 maggio 1678,
e del quale si trascrive una copia, che pare imperfetta , accusa
ricezione della notizia pervenutagli con dispaccio del primo di
aprile dello stesso anno di aver le regie milizie occupato Messina
ed approva i vari provvedimenti emanati pel governo di essa. In
quanto però alla promessa fatta dal Duca di Bourneville, Gover-
natore Generale delle armi , dì intercedere presso la sua Real
Persona perchè siano mantenuti i privilegi della città, quantun-
que non si tratti che di una semplice promessa d'intercessione,
pure S. M. confida nello zelo del Viceré per fare sfumare tale
speranza, e perchè Messina sia ridotta nella più ferma obbedienza
e nella maggiore quiete.
Con Despacho de primero del pasado clais quenta de vuestra Uegada
à Mecina donile mis armas haaian ocupado ya los Castillos y Raluartes
de la Ciudad, y aplicado os luego al inejor cobro de esas cossas hauiendo
ecbo la eieotion de juiados y demas Ollgiales en la forma quo referis
y buello a orlar la Diputacion de la iiegociacion frumeataria, diciendo,
«I incombenieiito que bauia produoido la oferta que hizo el Duque de
MISCELLANEA 553
Bournombile a esos Naturales el qnal qnedauan solicitando desbane^er,
y que de lo que resultasse assi en oste particniar corno en todo lo de-
mas dariais quenta. De que quedo enterado aprouando os e! cuidado qne
poneis en essas dependencias en todo lo que puede ser de mi st^ruigio
corno tambien hauer echo la electieii de .lurados y demas Oficiales en
la forma que de<;is bien que pudicrais hauer expresado los nombres de
Ics que haueis elegido hauiendo sido assi mismo aceptada la creacion
de la Diputacion formentaria Y en quanto al indulto que el Duque de
Buornombile franqueo a Mecineses, (aunque solo ofrecio ser solicitador
para que se les mantubiesen sus Priuilegios) a sido muy corno de vue-
stro agierto y celo al cuidado que poneis para dosuanecerleu estas espe-
ranzas y assi os encargo mucho este punto, y la disposicion de todo lo
que puede conducir a dejar muy asegurada à Megina en la mas tìrme
obedieucia. y en su mayor quietnd, comò lo fio de vuestra prudencia,
y destreza, y de lo que se fuere ofrecieudo me dareis quenta y respecto
de que con las primeras noticias que disteis de la forma en que se en-
trego Me^'ina y Augusta y demas Puestos que ocupaban franceses se os
ordeno en Despacho de 29 de pasado (que se os remitio por principal y
Duplicado) lo que bereis por el quedo esperando auisso vuestro de lo
que resulta de su eiecucion para poder con mayor conocimiento orde-
naros lo que tubiere por combeniente. Madrid 26 de Majo 1678.
CXLIII.
(R. S. - B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 24 giugno 1678 , avvisa
per ciò che lo può riguardare il Viceré , che ha dato ordine si
procuri in Inghilterra o in Francia qualche maestro, il quale co-
nosca il metodo di fondere cannoni di ferro secondo le nuove in-
venzioni del Principe Rupert, e di mandarlo in Spagna con buon
premio.
El Bey
Illustre Don Vizente Gonzaga Gentilhombre de mi Camara de mi Con-
sejo de Guerra mi Virrey y Capitan General en et Reyno de Sicilia. Re-
554 MISCELLANEA
conociendose de quanta vtilidad sera introdocir en la fundicioii de lie-
ryanes la Artilleria de flerro de la imbentiua del Principe Rouerto : He
mandado se buelua à escriuir al Marques de Burgomayne y al Conde
de Egmont procuren por todos los medios posibles sacar de Inglaterra
algun Maestro ò lauorante de està nuena fabrica . y que sea inteligente,
ofreciendole buenas conveniencias, aduirtiendose lo mismo à Don Manuel
de Lira para que dandose la mano con ellos obren de acuerdo en està
disposicion, y a este fin he resuelto tambien ordenar à los Virreys y
demas Ministros de Italia que por la via de Roma y Sauoya , ò la que
hallaren por mas a proposito procuren sacar de Francia (donde se tiene
entendido bay assi mismo fundicion de este genero de Artilleria) algun
Maestro y le encaminen à Espana; De que estareis aduertido para soli-
citar por vuestra parte (comò os lo encargo) la direction de este intento
con la aplicacion que fio de vuestro celo à mi seruicio. De Madrid a
24 de Junio 1678.
yo el Rey.
Bartholome de Leoasa,
CXLIV.
(R. S. — B. 2450).
R. Dispaccio, dato a Madrid il 7 luglio 1678 , riguardante le
gravissime risse sorte tra soldati italiani e spagnuoli ed il prov-
vedimento preso di por fine a tali scandali , richiamando in Spa-
gna tutti i soldati italiani, che si trovano in Sicilia.
El Rey
Illustre Don Vicente Gonzaga Gentilhombre de mi Camara, de mi Con-
sejo de gnerra, mi Virrey y Capitan General en el Reyno de Sicilia. En
carta de 20 de Mayo dais qnenta de la disputa que se monio en Angu-
sta en el punto de las rondas enlre el Sargento mayor del lercio de
Don Pbelipe Rosii y los Espaùoles, y de lo demas que paso en està in-
cidencia, de qae resultò prender a qaatro Gapitanes del Tercio y al mi-
MISCELLANEA 555
smo Mastro de Campo ; y siendo està materia grauisima por sus conse-
gaencias. hauiendose experimentado siempre que las ordenes rigurosaa
han seruido mas de aumentar que de desuanecer el perjnycio que de
ellas resulta a mi seruicio, lia pareeido deciros que quedo con noticia
de lo que me representais, y con macha conflanza de que mediante vue-
stra prudencia haureis hecho comprender a los Oflciales Italianos quan
contra toda razon, y centra sus propias obligaciones, y la flneza con que
me siruen, ha side el pretender vna cosa opuesta a mis ordenes, y a lo
que se estila en todas partes, y que tambien os facilitara el ajuste desde
punto la resolucion que he tornado de que paaen a Espana todos los Ita-
lianos que se hallan en esse Reyno. De Madrid a 7 de julio de 1678.
yo el Rey.
Barlholome de Legasa.
OXLV.
(R. S. — B. 2449).
Avendo appreso fra gli altri inconvenienti, che i ministri to-
gati patrimoniali per loro particolari fini s'incamminavano a ri-
durre le cose del governo « allo stile antico » cioè procedevano
con massima lentezza, come prima della guerra ; che le fortezze
restavano al solito sprovvedute di tutto; i pezzi dell'artiglieria
sparsi a terra smontati ; S. M. con dispaccio in cifra , dato a Ma-
drid il 9 luglio 1678, fa appello allo zelo del Viceré ed ordina che
si proceda con sollecitudine nel provvedere al real servizio.
CXLVI.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 23 luglio 1678 , rimpro-
vera il Viceré Gonzaga di non averlo informato delle gravi e pe-
5$6 MISCELLANEA
ricolose risse avvenute in Messina tra i reparti di truppa italiana
e quella spagnuote, e gli ordina di farlo compiutamente per poter
prendere le risoluzioni necessarie sul proposito.
EI Rey
Illustre Don Vicente Gonzaga Gentilhombre de mi Camara de mi Con-
sejo de Guerra mi Virrey y Capitan General en el Reyno de Sicilia ; El
Marques de Villafiel ha dado quenta en carta de 4 del passado de lo qua
ha passado en Mecina entre Espafìoles y Italianos en el punto de la Ron-
da, hauiendose llegato a tomar las Armas sobre estas disputas calando
cuerda tocando cajaB y intentando los Italianos dar la carga contra la
Ronda Espaiiola queriendola degoUar y pasando a prender al Cauo Espa-
fiol de la ronda ; y hauiendose hecbado menos no hayais participado cosa
tan particular os encargo lo executeis para que con entero conocimiento
tome yo la resolucion que mas combenga ; De Madrid a 23 de Julio 1678.
Yo el Rey
Bartholome de Legasa,
(R. S. — B. 2449).
Con real dispaccio, scritto in parte in cifra , dato a Madrid il
19 di agosto del 1<'78, S. M. avendo saputo che il Turco aveva
intenzione di invadere l'Italia, di occupare in quell'està il porto di
Augusta, della qual cosa anche il Papa aveva avvisato il Cardinal
Portocerrero, e che il mal animo dei Messinesi e dei Francesi fo-
mentava da pertutto invasioni, fa appello alla previgenza ed allo
zelo del Viceré per tener pronto quanto occorre e specialmente
per fortificare e tener d'occhio Augusta.
XISOELLAMBA 557
CXLVIII.
(R. S. -- B. 24n0ì.
Real dispaccio, dato a Madrid il 20 agosto 1678, relativo al
cambio dei prigionieri di gueri'a.
E\ Rey
mostre Don Vicente Gouzajra (ìentilhombre de mi Gamara de mi Con-
sejo de Guerra mi Virrey y Capitan General en el Reyno de Sicilia ; Por
lo que decis en Carta de 1° de Julio respondiendo al Informe qne se os
pidio sobre la tratazion del Gange General de los Prisioneros , qnodo
con noticia del estado qne tenia està materia y de la forma en que se
puede enea minar dirigiendola por el embajador de francia en Roma ;
en cuja «nposizion os encargo procureis salir luego de eato por lo que
embarazara, comunicando os sobre elio con el Marques del Carpio a
quien he mandado participarlo estando Vos aduertido de procurar que
on primer lugar se pongan en libertad los prisioneros nuestros que
andan en las Galoras de francia; De Madrid A 20 de Agosto 1678.
Yo et Rey.
Bartholcme de Legasti.
CXLIX.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 3 settembre 1078, ordina
al Viceré di accordare anche da parte sua la libertà ai soldati ed
ai marinari francesi posti al remo nelle Galere di Spagna.
Areh. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. , 36
558 MISOKLLANBÀ
OL.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 18 settembre 1678, fa noto
di aver nominato Governatore di Messina D. Diego di Portogallo.
El Rey
mastre Don Vizente Gonzaga , Gentilhombre de mi Camara de mi
Consejo de Estado, mi Virrey y Cappitan General del Reyno de Sicilia;
Caando se regibio vuestra carta de 18 de Julio en que hageis rela'jion
de los meritos y partes que concurren en Ics Maestros de Campo que
se hallan en esse Reyno para el Gobierno politico y Militar de Mecina,
tenia ya dado este Puesto a Don Diego de Portugal , de mi Consejo de
Guerra y Gouernador de Zeuta, graduandole de Maestro de C;»mpo Ge-
neral de esse Reyno, corno se os ha auisado. De Madrid a 18 de Sep-
tiembre de 1678.
yo el Rey.
Bartholome de Legasa.
OLI.
(R. S. - B. 1686).
Il messinese Fra Don Dicj^o Brunaccini scrive al (ìardiiial Por-
locarrero una lettera data dalla Certosa di Trisnlli nella Campa-
gna Romana il 2 ottobre 1678, nella quale, con lo stile enfatico
del tempo chiamandolo nuovo sole nell'Isola del sole, gli ricorda
che avendolo conosciuto a Guastalla, mentre dimorava nella sua
Coi'tosa di Mantova , nuovo Arsenio fra i Claustrali , gli aveva
sentito manifestare il desiderio di edificare una Certosa dedicata
alla Vergine Immacolata, e gli fa osservare che, avendo Dio con-
MISOELLANBA 559
cesso la sospirata pace all' afflitta Italia , questo è il tempo di
mandare ad effetto tal proposito, che sarebbe tornato in aumento
della religione ed avrebbe avuto l'approvazione e l'aiuto di molti
nobili uomini messinesi, del Re e di Don Giovanni, così devoti alla
Immacolata. Suggerisce pertanto di acquistare l'abbandonato Mo-
nastero di S. Placido, il quale era stato offerto per poco prezzo.
OLII.
(R. S. — B. 1686).
Lotterà del Generale dell'Artiglieria, data ad Augusta il 25 ot
tobre 1678, con la quale si mandano al Viceré alcune notizie sui
prigionieri e gli esiliati messinesi.
Excelentisimo Senor.
Seflor
Pongome à los Pies de V. E. con el Rendimiento que Deuo y Doy
parte a V. E. corno de los treze Messineses que hauia aqui è Reinitido
à essa Giudad à Andrea belluso y diez se han ydo à malta hauiendo que-
dado aqui solamente francisco Picholo, que se embarco en la Armada de
franzia y es yerno del Capitan de Armas Don Paulo marino que à ser-
uido muy vien à S. M., y estefano trayniti quien no salio de Messina
con la Armada de franzia y no Pareze deue ger yncluydo en la Pena
de los que lo liizieron. antes mereze ser vien visto por sei" hermano
■ 'el Patire fray Zuan Bautista Capuchino que estaua enei Ibiso en tiempo
que el enemigo Poseya aquella Plaza y de alli me daua auisos muy zier-
tos (le lo? Disigli ios del enemigo y hauiendo entrado en sospecha del
monsieur de Xiigue Gouernador de aquella Plaza le prendio en su Con-
uento y le cojio unas cartas ympresas de S. A. Directas à los jurados de
Messina que yo le hauia ynuiado Para que las hiziese esparzer en ella,
en conformedad de horden que tube Para elio del Seiior Cardenal Porto
Carrero, y le ynuio preso à esa Ciudad cuyos Jurados se empenaron en
su defensa à contemplazion de su Relijion que consiguieron fuesse Qon-
MO VISOBLLAirBA
flnado en este monesterio de Capuchinos de Agasta en cnya compania
para sn Consuelo vino estefano trayniti su hermano que es el qua oy se
balla aqui. Clama sobre esto punto tan justitìcado que pongo en la no-
ticia de V. E. a quen supplico se sima orienarme lo que Deuo executar
j porque ó escrito al mastre de Campo General sobre todo lo que se me
ofreze Pidiendole de parte à V. E. de todo escusso tediar a V. E. con
carta tan larga. Guarde Dios la Excelentisima Persona de V. E. muchos
aiÌ08 corno Deseo Augusta y Octubre 25 de 1678.
Excelentisimo Senor
Beso los pies de V. E.
Su mayor criado
Don Gaspar de Borja
Excelentisimo Sefior Prinze Don Vizente Gonzaga mi Seiìor.
OLIII.
(R. S. - B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 16 gennaro 1679, rinnova
l'ordine antecedentemente dato perchè , col consenso del Papa,
sia ritenuto come Santo Tutelare di tutti i domini spagnuoli il
Patriarca San Giuseppe.
El Rey
Illustre Condo de Santititeuati. Virrey Lugar Theniente y Capitan Gè
neral del Royno de Sicilia. Fin 18 Diciembre proximo passado mande dar.
à Don Vijente Gonzaga Voestro predegessor en esse Cargo el ordon quo
se sipuo = El Rey — Illustre Don Vijente Gonzaga. Gentil liombro do mi
Camara del Con.sejo do Estiido , mi Virrey Uigar tlienitMitc! y C;i|ipitaii
General dei Royno de Sicilia; Por la deuocion que professo al glorioso
Sani* Joseph. He resuclto que sea declarado Reciuido por Tutelar on to-
do8 mis Dominios E[8pafiolos] que lograran conlinnadas felicidades. por
la intercesion de tan gran aancto. y he escrito participandolo a su San-
iilBOSLLAKKA 5^1
tìdad para que venga en àproaar este Religioso intento de que he que-
rido auisaros. Y os encargo y mando participeis està noticia. a los Pre-
lados y Cauiidos. y a las Ciudades de esse Reyno que en semejantes casos
se acostuinbra para que se de cumplimieuto a està mi rcssolujion qne
assi es mi Voiuntad. y me auisareis del Reeiao de està órden. y de su
Execujion De Madrid, a 16 de Henero de 1679.
yo el Rey.
Buslamanle Secretarius.
Etc. Etc.
CLIV.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con real dispaccio, dato a Madrid il 30 gennaro 1679,
annunzia al Viceré la conclusione della pace col Re Cristianissi-
mo, avvenuta col trattato di Nimega, e gli ordina di pubblicarlo
nel Regno e di eseguirlo per quanto gli spetta.
El Rey
Illustre Gonde de Santisteban , mi Virrey lugar Teniente y Capitan
General del Reyno de Sicilia ; Ilauiendose concluido en el congreso de
Nimega por mis Plenipotenyiarios y los del Rey Christianissimo la Paz
cntre las Coronas de Espaùa y frangia, estipulaiidose el tratado que se
ós remite adjunto. que se publico en està Corte el dia 18 del corriente,
He resuello auisaros dello para que le hagais notorio en esse Reyno
Guardandose la forma que se hubiere acostumbrado en ocasiones se-
mejantes, y dando las ordenes neyesarias para la obserbangia de lo con-
tenido en dicho Tratado de F'az, por lo que locare à esse Reyno. segun
la disposigion de los Articulos de que se compone, y me dareis quenta
del regiuo deste despacbo y do su Cuniplimiento. De Madrid. A 30 de
Henero de 1679.
yo el Rey.
Buslamanle Seerelario.
Etc. Etc.
562 MISCELLANEA
OLV.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 30 gennaio 1679, torna
ad ordinare che gli si spediscano le copie di tutte le costituzioni,
prammatiche, leggi, privilegi e consuetudini varie del Regno e dei
singoli municipi di esso, che da due anni erano state invano do-
mandate ai Viceré.
El Rey
Illustre Conde de Santisteban Pariente Virrey Lugar Teniente y Ca-
pitan General del Reyno de Sicilia ; Al Cardenal Portocarrero Gover-
nando ese Reyno niande dar el orden cuyo tenor se signe :=: Don Carlos
Etc. Muy Reverendo Etc. Conviniendo tener presentes aqui las Pragma-
ticas de ese Reyno, y hallai-me en conocimiento de ellas para las ocur-
rencias que se ofrecieren reconociendo sus disposiciones, se escrivio al
Marqaes de Castel Rodriguo en carta del . . . (para que) Ysidoro de Au-
gusto y Velasco embiase por esle Su[premo Consejo de Ita] lia las que
se havieren promulgado nuovamente y las que se [prò] mulgassen ea
su tiempo, y tambien todos los Volumenes de las passadas , y que con-
forme se fuessen sacando se fuessen remiliendo prompta y efectivamente.
Sobre que ha respondido el Marquos en carta de 15 de Marzo, havia
dado à este efecto las ordenes à los Tribunales por donde se promulgan,
y porque conviene tengan puntnal execucion ós encargo y mando las
repitais, y cuydeis se remitan las Pragmaticas en la forma refenda que
me servireis en elio; y sea muy Reverendo Etc. De Tarazona à 4 de
janio de 1677 = Yo el Rey =. Bnstamante Secretarius = Con senales del
Conseyo r= Y porque no haii llegado hasta aera las referidas Pragmaticas
que 86 han pedido, y Conviene à mi Real Cervicio se execute , y obser-
ve la orden mencionada con loda puntualidad, ós encargo, y mando qne
sin dilacion alguna dispongais se remitan dichas Pragmaticas comò osta
ordenado por el Despacho preinserto, y juntamente copias de liis Con-
stituciones, y Leges Municipales de ese Reyno, que assi [es nuestra] Real
voluntad ; y sea muy Reverendo en Christo [Padre] Cardenal Portocar-
ntr» Mi May Charo y muy amado Amigo Nuestro Senor en Vuestra con-
tinua guarda. De Madrid a 17 de Heaero 1678. = Yo el Rey = Bustamante
MIBOELLANBA 563
Secretarius = Con senales del Consejo =z Y porque basta aora no se han
recivido las Pragmaticas, ni Leyes Municipales de ese Reyno He resuelto
que el Despacho referido se renueve para Vos, y ordenaros y inandaros
(corno lo hago) cuydeis de su puntual cnmplimiento de forma que con
la mayor brevedad lleguen a mis manos los jnstrumentos referidos por
lo que conviene à mi servicio, y me dareis quenta del Recivo de este.
De Madrid. A 30 de Menerò, de 1679.
yo el Rey.
Bustamante Secretarius.
Etc. Etc.
OLVI.
(R. S. — B. 1688j.
Don Francesco Bernardo Barona con lettera , data a Messina
il 28 febbraio 1679, informa fra l'altro il Viceré dell'attiva corri-
spondenza dei Messinesi rimasti in patria con gli esuli e special-
mente con (juelli di Roma e di Livorno, e suggerisce alcuni prov-
vedimenti per intercettare le numerosissime lettere mandate la
maggior pai'te per mezzo di commercianti e su vapori mercantili.
OLvn.
(R. S. - B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 29 marzo 1679, i-estitui-
sce al Viceré la pianta della Cittadella da costruirsi a Messina, e
fa varie altre osservazioni sulle progettate fortificazioni di quella
città.
564 MI80ELLAN£À
CLVIII.
(R. S. — B, 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Buon Ritiro il 24 aprile 1679 , ri-
solve la quistione sorta tra il Viceré e 1' Arcivescovo di Palermo
per un chierico, che, per espresso desiderio e comando del primo,
e contro l'espresso divieto del secondo, aveva nel pubblico teatro
preso parte alla recita di una commedia musicale di argomento
scandaloso, ottenendo dal Viceré in premio un posto nella Real
Cappella Palatina.
El Rey
Illustre Gonde de Santi steuan Pariente, mi Virrey Lugar Theniente
y Capitan General del Reyno de Sigilla; El Ar^obispo de Palermo en
itarta de 4 de Henero ; me ha dado quenta, de que monido de su obli-
gagion, y del desso de |)rocarar euitar Ics escandalos, y inconuenientes
que se podian temer, de que .se hiciesse vna Gomedia de Musica en el
Teatro Publico de Palermo, representando cn ella vna mnger de escan-
dalosa Vida, cuyas liuiandades tenian en actual discordia, y peligro <los
Gaualleros Hermanos, y de que vn Mussico, de aquella Iglcssia, Glerigo
de menores ordenes Uego a pedirle ligencia para representar en ella, os
habló en la materia, y le respondistei.s, que con vuestra aceliTada tor-
nada a Meglna passarla el dia seùalado para la Gomedia, y que dilatan-
dose para vuestra buelta, se podria escussar suauemente, d^andole no
solamente sin duda de quo no se violentaria al Glerigo a interuenir pero
con firmes esperangas de que imjx'diriais la representacion quo dentro
de pocos dias le embiasteis vn recado con el Gajìitan de .Justicia, soligi-
taodo que diesse ligencia al Mussico para ha^r aa papel, a que os re-
spondio la imposiuilidad que (!.sto fonia en vn Prelado, pero con rcndi-
miento a la Souerana Representagion de Mouarcha, confesando, que no
08 podria estorbar la execugion si conio tal le ordenaseis , y que por
mayor atengion fuù en persona a representarlo, no pudiondo creer de
Vuestra muclia Gliristianidad, que pudiera en olla cauer olra resolugion,
en cayo dictamen ae conflrmó con vuestra respuesta que fuó liauer pro-
Vcdido mas de importunagion del Mismo Gapitan De .lusticia, que de
ìflSOSLLAREA 5é5
gusto Vuestro el reeado, sin passar a ha?erle otra instangia ; Pero que
el dia siguiente le embiasteis vn criado a persuadirle de meno, que con-
Qediesse la liyenc^ia, hauiendo ya dado orden para que se hi^iese la Go-
media; que insinuò al Gentilhombre quan contrario era a su Ministerio
de Prelado concurrir con positiuo infiuxo a vna obra semejante instando
OS que le oyeseis, y os escusasteis por caussa de indisposi^ion ; y que
hauiendole buelto a instar por el permiso repitió la imposiuilidad moral
de concurrir a vna cosa Illecita prohiuida de los autores mas graues de
la Iglesia, y las prohiuiyiones Pontiiigias, y Sagrados Ganones , que ful-
minauan penas a las personas Eclesiasticas que representan en publico
teatro, y la expeyial prouision que hauia en aquella Diogesis, y las ra-
fones que concurrian para que lo euitascis, Pero aunque os higo està
representacion obligasteis al clerigo a que concurriesse en la represen-
tagion ; y que hauiendole visto el Argobispo el dia siguiente en la Igle-
sia, y hechole decir priuadamente , que excusase el interuenir con los
demas en los oficios con animo de progeder con madura consideragion
en la caussa, sin passar desde luego a su prision, y castigo corno pu-
diera por la positiua inobediengia demas del pringipal motiuo del de-
lieto por desear que no se diese lugar a los inconuinientes que pueden
resultar en mi deseruigio, y de la quietud publica con la oposigion de
las Jurisdigiones, no obstante està atengion suya, pasasteis ha hager Mus-
sico de Palacio al clerigo, duplicandole los gajes que gogaua, y eximien-
dole de la jurisdigion ordinaria ; y visto lo que escriue el Argobispo, Ha
parecido que està materia es por si de poco momento, aunque no el em-
perio que se ha hecho sobre ella, pues recono(;idas sus circunstangias
se balla hagia la parte del Glerigo de menores otdenes que representó
en la Gomedia no hauer incurrido tan grauemente comò significa el Ar-
gobispo para quererle quitar el aiuto clerical , y desposeerle de la en-
trada, y goge en su Iglesia, y assi he mandado escriuir al Argobispo en
la forma que vereis de la copia adjunta, aprouando su gelo del seruicio
de Dios, y que conuedià perdono al Glerigo, y le mantenga en su aiuto,
aduertiendole no buelua a representar. Pero hauiendo Vos reconogido el
celo (aunque escrupoloso) del Argobispo , y asecurandole si esto fuesse
cierlo, que no se executaria la Gomedia con el pretesto de vuestro pa-
sage a Megina, se han reparado pasaseis a hagerla representar , y asi-
stieseis a ella, y seùalaseis a este sugete otros gajes, hagiendole la gra-
gia de Mussico de la Gapilla de Palagio , comò en oposigion de lo que
hauia obrado el Argobispo. Yo os ordeno, y mando, que en casso que el
Argobispo admita a este Mussico en su gragia , y le restituya a la en-
trada, y goge de lo que tenia antes en la Iglesia, hagais le gese la por-
gion que le mandasteis sefialar en la Reai Gapilla, y os encargo mucho
566 MISCELLAlTEA
procareis en adelante correr con el Ar?obispò con toda amistad, y buo-
na correspondencia, por que no se falle con la desunion al mayor ser-
uìqìo, y agrado de Dios, y mio.
Del Buen Retiro a 24 de Abril 1679.
yo el Rey.
Busiamante Secretarius.
Etc. Etc.
OLIX.
(R. S. — B. 2440).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 10 maggio 1679, approva
le disposizioni emanate dal Viceré per fortificare Messina e per la
tranquillità di quel popolo, fra cui il disarmo, che era stato com-
piuto già in 70 casali, e la proibizione alle 86 confraternite che
esistevano nella città di riunirsi di notte, dovendolo fare di gior-
no, a porte aperte e con la presenza di uno dei 14 Assistenti Regi,
nuovamente a tal fine creati.
OLX.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 18 giugno 1679, dà gli
ordini necessari perchè, malgrado i disastri prodotti dall' ultima
guerra, si apprestino i 15000 scudi addossali alla Sicilia, sui 50000,
che si danno al Duca di Mantova per tener Gasale in fede e a
dispo-siziono della Spagna, e togliergli ogni pretesto di ceder quella
interessante piazza alla Francia , come si dubita , che ne abbia
voglia.
MIBOELLANBÀ . 56?
CLXI.
(R. S. — B. 2450).
Computo di ciò che posson rendere alcune terre del distretto
di Messina , che S. M. spedisce al Viceré con dispaccio , dato a
Madrid il 3 luglio 1679, per poterne stabilire il valore e infor-
marne la Giunta dei beni confiscati ai ribelli messinesi, per la li-
quidazione e per la vendita di esse.
La Tierra de la Porga del Gonstricto de Megina que dista 30
millas, en sitio eminente, y fùerte abundante de seda, vino, y
ageite, y tendrà quinientos fuegos, y se arbitra su valor en cin-
quenta mill Ducados 50000.
La Tierra de Rìmeta en el Gonstricto de Megina abundante de
seda, y vino harà basta quatrocientos fuegos, y se arbitra su
valor en treinta mill Ducados 30000.
La Tierra, ò Gassai de Giampelieri en el Districto de Megina
distante de ella doge millas abundante de seda , y ageite, bara
basta Dugientos fuegos, y se arbitra su valor veinte mill Ducados. 20000.
La Tierra de Pezzolo en el Districto de Mecina diez millas di-
stante de ella, abundante de seda, vino, y ageite, harà basta Du-
cientos fuegos, se arbitra su valor veinte mill Ducados . . 20000.
La Tierra de la Gastania del Districto de Megina distante de
ella ocho millas, abundante de seda, vino, ceuada, y yeruas, que
bara basta tresgientos ftiegos, se arbitra su ualor en treinta y
ginco mill Ducados 35000.
La Tierra, ò Gassai del Faro , distante de Megina ocho millas
en su districto, abundante mucho de vino , seda, y frutas, harà
cien fuegos, y se arbitra su valor veintemill escudos . . . 20000.
= 173000.
568 MISCELLANEA
CLXII.
(R. S. — B. 2450).
Real dispaccio , dato a Madrid il 3 luglio 1679 , nel quale si
riassume, perchè il Viceré dia il suo parere , un memoi'iale od
alcuni documenti in appoggio di esso, presentati dal canonico
D. Giuseppe Castelli, per poter conseguire l'effettivo possesso del
Vescovado di Patti, concessogli da S. M. pei servigi resi alla Co-
rona durante la guerra di Messina ed ora ostacolatogli presso la
Dateria della Corte Romana e presso la Segreteria dell'Ambascia-
tore di Spagna a Roma per volontà dei Viceré di Sicilia, i quali
pur ne avevano riconosciuto i meriti.
Secondo quanto da questo lungo scritto si rileva, il Castelli aveva
in tutte le occasioni provato il suo zelo pel real servizio e special-
mente nell'anno passato 1674 , quando cominciarono i torbidi di
Messina. Vedendo che la città veniva meno ai doveri dell'obbe-
dienza verso S. M. egli si ritirò a Savoca accudendo con molta
puntualità all'esecuzione degli ordini datigli dai Viceré e dai Capi
militali ed assistendoli in quella frontiera eoa 1500 soldati del
paese, mantenuti a sue spese per tre anni continuati , battendosi
ogni giorno contro il nemico in tutte le scaramucce, malgrado
le minacce dei Francesi e dei Messinesi di decapitargli i fratelli.
Nel 1676 difese la Scaletta e nell'ottobre dello stesso anno unita-
mente al Generale dell'Artiglieria procurò di soccorrere La Mola,
meritando grandi lodi dal Viceré. Quindi il giorno antecedente a
quello in cui fu sorpresa Taormina dai Franco -Messinesi il Mar-
chese di Castel Rodrigo gli ordinò di abbandonare Lentini , dove
aveva assistito con 600 uomini il Generale della Cavalleria De
Bracamonte, cho a lui dovette molti buoni successi, e di portarsi
a Catania e quindi alla Scaletta per aiutare il Governatore di
questa piazza. II giorno dopo sull'albeggiare trovandosi a Savoca
in procinto di riprender la sua marcia giunsegli la notizia della
caduta di Taormina e (juantunque vecchio e febbricitante per un
accidente sopravvenutogli, senza indugio, con tutta la sua gente,
in compagnia del capitano di cavalleria Don Manuele Monterò,
HISOELLANBA 569
di Fra Don Antonio Fior e di altri capi militari spagnuoli si portò
alla Forza ed a Capo Sant'Alessio per tagliare i passi al nemico,
ciò che non potendo fare perchè questo si era già impadronito
di Taormina, dovette litirarsi a Savoca ed ivi restò di presidio
per ordine del Marchese di Castel Rodrigo, lasciando ai Capi spa-
gnuoli nominati cinquanta uomini dei suoi al comando del nipote
Don Giovan Battista Castelli. Intanto la febbre semplice essendosi
mutata in petecchiale lo condusse quasi in fin di vita: ciò non
pertanto non tralasciò di chiedere aiuti e un capo che lo sosti-
tuisse, avvisando continuamente il Viceré e gli altri generali dei
pericoli che sovrastavano a Savoca , ma essendo stato tale soc-
corso ritardato, 1' esercito nemico sopravenne e forzò quei citta-
dini a capitolare, senza il consentimento del Castelli , il quale fu
tratto prigioniero a Messina. Quivi si dette tutto a congiurare coi
malcontenti per ridurla all'antica fedeltà al Re di Spagna, stette
in continua corrispondenza coi capi militari spagnuoli dando loro
numerose ed utili notizie fra cui di esser sempre pronto con 300
uomini ad occupare qualche posto della Città per facilitare l'en-
trata all'esercito spagnuolo. Ma essendo stato sorpreso un suo bi-
glietto al Tenente di Maestro di Campo Generale Don Pietro Pao-
lini, fu condotto ad Augusta, guardato a vista, e tenuto pronto per
essere mandato in Francia insieme a suo nipote, dove gli si sarebbe
fatto il processo. Per l'arrivo di La Feuillade ed il ritiro dei Fran-
cesi fu salva finalmente la sua testa , ma non senza aver prima
pagato 3000 scudi di riscatto per se e pel nipote.
CLXIII.
(K. S. - B. 2450).
Essendo stato Don Francesco Martinetti messo in possesso del
Vescovado di Patti, a cui aspirava per promessa avutane il ca-
nonico D. Giuseppe Castelli, questi chiede al Re in compenso dei
suoi grandi servigi gli uttici di Barone della Stadera e della Doana
di Messina e dì Maestro Giurato di Valdemone, posseduti già il
570 HISOBLLÀNSA
primo da Don Giuseppe Balsamo, Barone di Catafl e il secondo da
Don Girolamo Grosso, tutti e due celebri ribelli, esuli in Francia.
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 4 luglio 1679, chiede quanto
possano rendere tali uffici e se nulla osta a che se ne faccia la
concessione al Castelli.
OLXIV.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 4 luglio 1679 , approva
l'elemosina di 150 scudi annui accordati alla moglie, alla madre
ed alla sorella del Marchese di Gallidoro , sui beni confiscati a
questo ribelle, passato in Francia con l'Armata Francese, perchè
non muoiano di fame e a patto che si chiudano in un monastero
di Taormina.
OLXV.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 30 luglio 1679, ripetendo
quanto altre volte ha scritto fin dal 29 marzo 1077, considerando
che il miglior mezzo per constìguire la comune felicità, è quello
di ottenere i divini favori della Provvidenza con osservarne le
leggi, ordina a tutto le autorità civili, militai*i ed ecclesiastiche,
che curino i buoni costumi , evitino scandali e peccati, mandino
da pertutto predicatori, amministrino severa giustizia, specialmente
proteggendo i deboli e i miseri contro i ricchi e i prepotenti.
KISOELLANBA 571
OLXVI.
(R. S. - B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 15 agosto 1679, ordina
al Viceré ed ai Vescovi di Sicilia di far eseguire da pertutto messe
solenni e processioni pel giorno 20, nel quale egli avrebbe cele-
brati in Parigi gli sponsali con la nipote Principessa Maria Luisa
d' Orleans.
CLXVII.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con real dispaccio, dato a Madrid il 28 agosto 1679, tra-
smette al Viceré per le opportune informazioni , il sunto delle
suppliche fatte per ottenere qualche ricompensa onorifica dai fra-
telli Stefano e Domenico Montaperto di Girgenti , da cui si rile-
vano alcuni fatti successi ivi durante la guerra di Messina e la
rivoluzione del 1647.
El Rey,
Illustre Conde de Santistenan Pariente, mi Virrey Lugar Theniente
y Capitan General del Reyno de Sicilia. Por parte de Don Esteuan Mon-
teapcrto Baron de las Salinas , se ha dado el memorial qne se signe.
Seùor. Don Esteuan Monteaperto Baron de las Salinns de Plantanela de
Cantarela y Chanchana. Dice que son notorios los seruicios de sus ante-
<;essores, y vltimamente los de Don Pedro su Padre, que en los tumultos
(le Sicilia el aiio de 47 con sn solo valor, redujo a la Real obedien(;ia la
Ciudad de Girgento que ya hania declinado de ella pnes las Historias de
aqnellos tiempos estan llenas de ellos, y el suplicante a imitacion de ellos
ha procurado soiialarse en todas las occasiones que se le han ofi-ecido
del Real seruicio pues hauiendo occupado el Puesto de Senador de dicha
su Patria dispusso para V. M. vn donatine de treinta mill escudos de
S72 MISCELLANBA
Piata, corno con su Carta lo represento a V. M. el Duque de Alburquer-
que entonges Virrey de dicho Reyno loego en el tiempo de las Guerras
passadas de Megina cn que no ava ido a seruir en el exercito por ha-
uerse hallado con la custodia de dos bijos ninos, sin Madre, sin embar-
go siempre acndio con los Pretores, y Capitanes de dicha Giudad cn todo
lo que se ofregia ; y particolarmente el dia 4 de junio, quando se albo-
rotó la Piene para matar al Arcobispo fuè de los primeros que montò a
caaallo y enuistió de nianera que antes de anocheger quedó serenada
aquella tempestad que a uista de 1' Armada de frangia amenagaua la vl-
tima mina del Reyno luego echando los malos intencionados algunos
Pasquines por los qualcs amenagauan nueuos tumultos el dia 24 que es
el de san Juan el Conde Don Pedro Filingueri Capitan à la sagon de
dicha Ciudad no se valió de otro Cauallero para aquel dia que del sup-
plicante confiando en su solo valor de poder superar los inconuenientes
que podian sugeder, y andando con summa vigilangia toda la noche, y
el referido dia por todas las Galles de la Ciudad obraron de manera que
los malos intencionados no se atreuieron a mouer; y porque senor no
solo no se han remunerado dichos seruicios si no ha padecido dos anos
de injusta persecucion los estrapagos y perjuigios que son notorios, y a
todas las nagiones de Europa, en cuya opinion a quedado muy mal la
reputacion, y credito, no solo del personal, si no de toda la familia del
snplicante. Suplica a V. M. se sima de hagerle las morcedes que son
proprias de su Real muniflgiengia para que borre en la opinion del
Mundo mancha tan fea por lo qual pide vn titulo de Principe sobre su
antigua Baronia de las Salinas, con la preheminengia de tener voto en
Parlamento, comò vltimamente se concedio a Don Blasco Aliata Marques
de la Rochela, y dos hauitos de las tres ordenes Militares , vno para el
supplicante y el otro para Don Pedro su hijo que en elio reciuira mer-
ced. Despues se pusso en mis manos otro memorial en nombre del di-
cho D. Estenan Monteaperto, y de Don Domingo su hermano, instando
se tome resolugion en sus pretenssiones corno se hauia hecho con Don
Cimon Monteaperto Baron de la Carruba, hermano de los dos, represen-
tandome que por los mismos motiuos le hige merced de titulo de Du-
que ; y ha paregido degiros ((ue con insergion de el memorial proinserto,
se ha dado Despacio de la fecha de este, que se ha ontregado a la parte
pidiendo os jn forme sobre lo que representan; y suplican; Pero en oste
do officio ho resiielto auisaros que aqui solo S(3 ha tenido notigia de ha-
ner sido estas partes comprehendidas en la Caussa do vna conjura con
el Priugipe de Valdina, de que me dìo quenta el Virrey Marques de Ca-
stel Rodrigo, que fu(!roM presos, transferidos a Napoles, y reducidos de
ordon mia a Sigilia, y dospuos ahi, segun se ha entendido , dados por
MISOKLLAIfCA 578
libres , Pero no hauiendose visto los aatos no se puede hager joi^io con
el fundamento qae se reqaiere de los meritcs de ellos , ni sobre lo qne
pietendtn los suplicantes, y para recono(;er assi la forma en que han
obrado los Ministro» en està Caussa, si algnno ha procedido en ella apas-
sionadamente, ò contra reglas de derecho, corno lo que resaltare en fa-
iior ó en contra de los reos, se estiman negessarios estas noticias a cuyo
efecto OS encarpo y mando remitais a mi» manos por via de este mi
Supprcmo Consejo de Italia copia autentica de todo el Pro(;esso, pues
aunque a Don Simon de Monteaperto Baron de la Carruba sin esperar
a esto le hige merced de titulo de Dnque fné en consideraQion de scrui-
cios y meritos particulares , y de hauer padegido con espetMalidad, vn
tormento riguroso sobre està misma Caussa de la conjura, y no deue
hager conse^'uengia prerisa para hagen merced a los demas hechandose
menos las mas indiuiduales notigias de lo ({ue ha passado sobre lo mi-
smo en que fuiidan estas paites la mayor fuerga de su ragon, si la tie-
neii para estas pretenssiones, lo qual su vera aqui por el Processo, con
ciiya copia aullientica me informareis tamhien con vnestro pai-ecer de
lo que se os ofreciere en la materia, a fin de tornar la resolncion qne
pareciere conueniente. De Madrid a 28 de agosto 1679.
yo el Rey
Buslamante Secrelario.
Etc. Etc.
OLXVIII.
(R. S. - B. 2450).
S. M. con real dispaccio, dato a Madrid il 30 agosto 1679, pur
convenendo sui pericoli, gli scandali, il cattivo esempio e le im-
pertinenze, che son da attendersi dal Parlamento prima che con-
senta a votare poche migliaia di scudi di donativo , incarica
per necessità il Viceré di convocarlo e gli dà alcuni consigli per
ridurre quello a secondarlo nel real servizio.
El Rey
Illustre Cnnde de Santisteuan Pariente mi Virrey lugar Theniente y
Capitan General del Reino de Sicilia. Hasse receaido ruestra carta de 2
Arch. Stor. Sic. N. S. »nno XXIY. 37
574 MISCBLLAKBA
de junio proximo passado en que decis que en Despacho de 16 de fe-
brero de este ano os mandò ppoponer à esse Reino que con occasion de
mi Real casamiente me sii uà con 100000 escudos para lo qnal es neces-
sario juntar Parlamento, pues sin el no puede tratarsse nada con el Reino;
y que aunque para su conuocacion no se necesita de orden partieulai'
mia, y demas de la vrgengia de este negoyio iusta la ditìcnltad con que
se cobran las Tandas Regias, por no querer la mayor parte d(^ lo Ec-
clesiasticos contribuir por via de emprestido sin nueua Dispensa de Su
Santidad de que se sigue grande attrasso à la Real hazienda y por la
diferencia con que boy se hallan las Poblagiones desde la vltima nume-
racion que se hizo de las Alnias, se considera necessarissimo haceila de
nueuo, y para vno y otro es preciso el Parlamento. Pero considerando
que por lo adelante que se balla el verano se dificultaria la entrada de
los Forasteros en P^ilormo donde bay mutagiones, baueis tenido por mas
acertado esperar mi resolucion; pues yo cstare infornado de los incon-
uenientes que se bau corsiderado estos anos bagia la exorbitancia de
mercedes que las Ciudades y Nobleza pedirian en premio de los grandos
seruicios que supponen baner ecbo en la Guerra passada. y oti-as im-
pertinengias que tralien con sigo los Parlamentos Pero corno la suprema
aiuloridad de mi Real nombre podra vencerlos todos y las Cortes no
han de dejar de continuar conio solian, no dudais quo sere seruido de
resohuTlos, y que para quando se celebren dilatais el informarnie de
los seruicios y premios que por ellos merecen los que se bau serialado
en mi Real seruicio, en la Guerra passada corno os lo mandè en Despa-
cho de 29 de Marzo, pues se assegura mas su fìneza con la espei-anza,
que despues delogrado el premio, siendo cierto quo nunca sera el que
quieren dar à ontender tienen meregido; que los tres sugetos con quieti
se ba de tratar corno Cauezas de los Estamentos (aunque pudierais eligir
los que quisiereis) son el Pjiiicipe de Boterà el Arzobispo y Prelor de
Palermo, y respecto de que por ser forasteros y de pocas experiencias.
Roterà podra ser que se excuse se sigue en grado el Principe de l'iedra-
perria de quien se valera lambien Boterà en caso de coiicurrir por ser
muy sa Pariento y Aniigo, y qne este t'.auallero por sus aùos y expe-
riencias y gran parte de calidad, tiene aby el primer seguito y cum-
plira comò buon Vassallo mio; que el Duque de Camastra Pretor bara
lo mismo fsegan podeis por abora entender) que el Arzobispo claro està
que obrara ciegamente lo quo yo le mandare aunque asta abora no ba-
ueis podido sauer su dictamen ; y quo aunque no baueis declarado mi
Rpsì doterminacion de quo este dinero se applique à las fortiflcai.iones
de esse Reyno, Juzgais qoe l'agilitara la materia, y quo no se dqja de
ponderar los grande* aprietos del Reyno y lo atrassado que se balla con
MISCELLANEA 575
los accidentes de la Guerra; Pero que respecto de que mi Real Beni-
gnidad no querra lo quo no quepa en lo possible, podremos quedar to-
dos bien y visto lo que referis Ha parecido deciros que en la orden qua
se OS embio en Despacho de 16 de febrero por via de este mi Supremo
Consejo de Italia, no se os preflnio la cantidad de Cien mill dncados
que decis, y que en lo que tooa a juntar Parlamento se reconoze que
las Cortes ordinariamente dan à experimentar muchos embarajos y iu-
conuenientes y es el campo mas libre de esformar el vassallo su razon,
y una feria de prelensiones (1) y quando este ha de ser Donatino volun-
tario, y no imposicion y boy despues de un accidente tal comò el de la
Guerra de Medina, apenas esteran bien teniplados esos humores, à todas
liices puede ser de mucho tropiezo y descoiiueniencia el juntar Parla-
mento, principalmente que siendo en està occasion y con este pretexto
del Donatiuo podria bacer exemplo y consej^uengia al Reino de Napoles,
y produrir menos y maiores cuidados, y para vna cantidad tan corta
corno la de cien mill escudos vastan los niedios suaues, Uamando y ba-
blando Vos à los Personas de maior seguilo y ajictoridad que os pare-
ciere y escribiendo à las Ciudades Prelados , y Varones, y pagando los
demas offlcios con blaiidura y eii los terminos que se os preuino en la
roferida mi Real orden de 16 de febrero y que vuestra prudencia y bue-
na manera os subministrare por mas adequatos y couuenientes en cuia
conforiiiidad os encargo y mando lo executeis enea minando y disponiendo
està materia de suerte- que se logre el effecto comò lo flo de vuestra
aeertada direccion y del celo que manifestais de mi seroitio, y me acu-
sareis de lo que fuere resultando de vuestras diligenyias , porque hol-
gaie de tenerlo entendido. De Madrid à 30 de Agosto 1679.
yo el Rey.
Bustamante Secrelario,
Etc. Etc.
(1) Le parole in corsivo sono scritte in cifta nell'originale.
576 MISCXLLAKIA
CLXIX.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 24 settembre 1679, or-
dina che si sospenda dall'onorar come Santo Tutelare della Mo-
narchia il patriarca San Giuseppe, per non pregiudicare i diritti
di Santiago e dei suoi rappresentanti sulla terra.
El Rey
Illustre Conde de Santisteiian Pariante, mi Virrey Lugar Theniente,
y Capitan General del Reyno de Sicilia. Despnes de haaer su Santidad
concedido a mi instancia ol Breue de que os embie vn tra.snnto con Real
Despacho de 18 de junio de este aiìo, para que todos mis Doniinios re-
^iniessen, por Tutelar, y Patrono al Olorioso San Joseph, me representtò
la Iglesia de Santiago, Ics antiguos motiuos porqiie mi Monarchia de-
pende de la protecgion de su Sancto Apostol, siendo tantos los repetidos
prodigios con que muestro Senor la ha caliticado en todos tiempos, su-
plicandome no permita que por està novedad descaezca su Culto en mis
Reynos. Y porque atendiendo a elio. He resuelto se suspenda el Breue
mencionado, y que no se vsse de el lo tendreis entendido assi, y dareis
por lo que toca a esse Reyno las ordenes necessarias a su cumplimiento.
De Madrid a 24 de Septiembre 1679.
yo el Rey.
Buttamante Secretarius.
Sto. Etc.
OLXX.
(R. S. - B. 2460).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 24 settembre 1679, ordi-
na nuovamente la confisca dei beni dei ribelli messinesi ; che si
MISOBLLAHIA 577
cessi in tutto o in parte dal soccorrere quelli rimasti in fede, e si
cancelli o si interpetri restrittivamente l'indulto concesso per ciò
che riguarda i beni dei primi, essendo già troppo l'osservarlo per
le persone.
El Rey
Illustre Conde de Santistebaa Pariente, Virrey Lugar Teniente y Ga-
piian General del Rey no de Sicilia; En primepo de Augusto de 1678
mande dar a Don Vicente Gonzaga Vuestro Predecessor en ese Cargo el
Despacho que se signe = El Rey = Illustre Don Vicente Gonzaga Eie.
Haviendose eoiisiderado que Regia general se habra de dar assi en la
parte de la aplicacion de los Bienes que se conflscaron de Mecineses,
corno de ios focorros que basta aqui desde que empezó la Guerra se ha-
cian à algunos Naturales de aquella Giudad à titulo de haver perdido en
ella SU8 hacienda», y commodidades , pues oy buelben à gozarUs; He
resuelto sé òs cometa y à la .Tunta que tengo senalada sohre està mate-
ria de Bienes contìscadps, comò en [lo tenor] de la presente òs cometo,
y à dicha Junta que quedando en su fuerza y vigor las onlenes que vl-
timamente òs he mandado dar, despues de la recu|>eracion de Mecina,
y las oonflscaciones hechas, y à inayor abundamiento condrinandolas , y
deelarando conflscados todos los Bienes, Oflcios de qiialquier genero, y
ciilidad que sean. Feudos, fldeicommissos, Mayorazgos. Rentas, y fructos
de ellas de todos los Mecineses que se han ido de Mecina à Francia, y
à olros Dominios, proveais, y deis las ordenes que convengan, para que
se incorporen todos dichos efectos a mi Real bazienda y Fisco, y que se
administren, y cobren con advertencia de que no se passe à enagenacion
de Bienes imniuebles de Mecineses. ni à excorporacion de ellos , sin
darme quenta distinta, y tener orden mio; Yo òs encargo, y mando di-
spongais desde luego, que por la Junta nouibrada, se baga jnventario,
nota, y deseripcion assi de los Bienes, y efectos, comò de la aplicacion,
quenta, y razon distinta, y darà de todo, y sobre los que se opusieren
à estas contìscaeiones, y demas pretensiones que se ofrezcan , me deis
quelita por esto mi Supremo Cunsejo con vuestro Parecer , y con ios
votos de los de la Junta, sin excorporar, ni passar A desconfìscar nada,
antes de embiaros de aqui las resolnciones ,
Tambien ha parecido advertiros , que quanto à los que se quedaron
en Mecina, e Indulto que les disteis por sus personas, y Bienes, havien-
dose entendido por diferentes noticias, que no lue voluntaria la entrega,
si no à mas no poder, y por necesidad, y fuerza de baverlos desempa-
578 UISOSLLANBA
rado Francia, corno es notorio, y que hicieron los Mecineses vivas in-
stancias para que suspendiesse el Frances su abandono, y les continuase
en su Revelion, sin ha ver amitido diligencia para elio, no deja de con-
siderarse que por la referida circunstancia podrian tenerse por indignos
de Indulto, y haver si(Jo grande el de sus Personas solas, y bastante, y
que liaviendo hecho simplemente la gracia , aunque de Personas y Bie-
nes, parece poder darsele la interpretacion, reslringiendola à solos aquel-
los Bieues, con que se hallaban dentro de Mecina , no haviendose espe-
ciflcado mas ampiamente y que ya los demas les estaban conflscados, y
fuera de sus Dominios, y avn aplicados à otros, y à diversos efectos, y
enagenados, teniendolos perdidos antes por su Revelion fuera de Mecina
en diferentes partes del Reyno, y fuera de el.
Y en quanto à los socorros, y Rentas dadas à los Mecineses que se
mantubieron en mi Real obediencia durante la Guerra sobre Bienes de
los Rebeldes, stante, que aignnos se hayan dado por haver perdidas sus
haciendas, y commodidades en Mecina, y que oy buelben poderlas gozar
en ella, y que à otros que se han dado, tambien ay noticias , que aun-
que hayan merecido en haverse salido, y no seguido à los Rebeldes, y
avn servido centra ellos, ha sido en algunos manosamente dejando parte
de sus Familias, Hermanos, y dependientes en Mecina, y demas de las
Rentas han tenido mercedes de Oficios, Puestos , y que dichos socorros,
y concessiones han sido excessiuas, y dignas de estinguerse, o à lo me-
nos de relormarse, y mas concurriendo Urgencias publicas, y de la Mo-
narchia, y diferentes obrepciones, y subrepcioues; He resuelto ordenaros
(comò lo hago) que con la .lunta formada para estas materias , deis las
ordenes que convengan, para que por aora cessen todas las dichas con-
cessiones, y mercede», menos las vltimamente hechas por mi , despues
«le la recuperacion de Mecina con este aditamento, que aquellos que re-
conociereis con la Junta havor sido benemeritos , y las consiguieron de
antes con justos y legltimos motivos las gocen por vn ano , que se ha
de contar desde la entrega, y rendicion de Mecina, para que en este
tiempo puedan irse reparando de lo mal parados, que habran hallado sus
haciendas, y assi mismo ós ordeno que vos con la Janta examineis y
hagais reconocer lo mas exactamente, que se pueda corno os està man-
dado todas, y cada vna de qualesquiera mercede» hechas à Mecineses in-
formando Ò8 de la verdad, calidad, meritos, seruicios , posibilidad, po-
breza, y p«;r(lidas de ellas, y mandareis formar, y me hareis Relacion
distinta con vuestro voto, y de la Junta sobre todo. De Madrid a pri-
mero de Agoslo de 1678=: Yo El Rey =: Bustamante Secrctarius = Con
Senal del I)n ine de Alva, Vidit Dm Sanctj Germanj, Vidit Torre, Vidit
CarriUo Reforondarius, Vidit Orti/, Cortes Referendarius , Vidit Marchio
ItlSOKLLAKllÀ 57d
de Centellas Referendarius. Y conviniendo se observe inviolablemente
lo dispaesto en al Despacho preinseito acerca de las mercedes hechas à
Mecineses, y que les cesseti estos sueldos ; He resuelto renovarle para
Vos, y encargaros, y niandaros (corno lo hago) cuydels de sa puntual
cumplimiento que jissi procede de mi Voluntad, y me avisareis del Re-
civo, y de su lixeeucion. De Madrid a yA de septiembre de J679.
yù el Rei/.
limila manie Secretarius.
Ktc. Etc.
CLXXI.
(R. S. — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Madi'id il 20 ottobre 1670 , dà va-
rie provvidpnzfi relativamente alle foi-tificazioni di Messina e di
Augusta, ed ordina al Viceré di proporgli tutte le spese che sa-
ranno credute necessarie a tal uopo (1) malgrado le strettezze
finanziarie della Monai'chia, perchè con tali t'ortifìcazioni e spe-
cialmente con la fabbrica della (^ittadella, si assicura non solo il
l)ossesso di Messina, che '\\\ ogni guer'ra avvenire parteggerà per
il nemico, come è da supporre per i motivi già esposti dallo stesso
Viceré, ma benanco la tranquillità del regno di Sicilia e di tutta
l'Italia, che si è veduta così turbata.
(1) Secondo le spese fatte per le foitiflcazioni di Siracusa il Granem-
bergh calcolava che per la sola Cittadella , anche usando la maggiore
economia , non sarebbero bastati 200000 scudi ma che ce ne volevano
molto di più
580 ltISOKLLAN£A
OLxxn.
(R. & — B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato a Jdraque il 29 ottobre 1679, ordina
al Viceré Conte di Santo Stefano , che , accogliendo la supplica
dell'Ammiraglio Principe di Montesarchio ed avuto riguardo alle
strettezze ed ai meriti di lui, gli si paghino gli arretri del soldo
dovutogli, e non pagato ancora malgrado gli ordini precedente-
mente dati al Viceré Gonzaga.
OLxxin.
(R. S. — B. 2450).
Il Maestro di Campo Generale di Messina con lettera, data ivi
il 31 ottobre 1679, informa il Viceré di stare invigilando a che
fra gli otto giorni loro accordati consegnino le armi anche i fa-
miliari del Santo Ufficio, e delle pene inflitte a vari contraventori
al disarmo nel Distretto e Costretto di Messina.
OLXXIV.
(R. S. - B. 2450).
S. M. con dispaccio, dato al Buon Ritiro il 7 dicembre 1679,
approva che nella costruzione delia Cittadella di Messina si im-
pieghi quel che si ricaverà dall'affitto del monopolio del tabacco,
di una parte dei beni venduti appartenenti a ribelli, e fra questi
320000 reali, che importerà lo stato del ribelle Visconte di Fran-
cavilla, dedotto da tal somma quanto é necessario pel riscatto dei
beni della Crociata.
UISOELLANEA 581
CLXXV.
(R. S. — B. 2450).
S. M. avendo bisogno di aumentare i vascelli dell'Armata Na-
vale, con dispaccio, dato a Buon Ritiro il 21 dicembre 1679, ordina
'al Viceré di rendergli conto con sollecitudine del numero , che
potevano costruirsene nel regno di Sicilia e del loro costo.
CLXXVI.
(R. S. — B. 26).
S. M. con dispaccio, dato ad Aranjuez il 23 aprile 1G82, inca-
rica il Viceré di sondare se esistano intelligenze o trattative tra
il Ke di Francia e i Siciliani, a proposilo dei disegni sul Regno
attribuiti a questo Sovrano, spinto da alcuni esuli messinesi.
El Rey
Illustre Gonde de Santisteuan Pariente mi lugar theniente Virrey y
Capitan General en el Reyno de Sicilia Enteratlo de lo que contiene el
papel querremitis con carta de 5 <le feltrerò y os expresso Don Vizente
Montano bacia los disignios del Rey Ghristianissimo contra ese Ueyno a
instancia de Mezineses profugos os encargo procureis por los medios
que tubieres por mas seguros sondar si entro esos Basalios ai alguiias
inteligencias con franzeses y me deis quelita de lo que pudieren ynqiic-
rir y aberiguar bnestras apliyuciones De Aranjuez a 23 de Abril de 168i?.
yo el Rey.
D. Juan francisco de Lira.
582 MISOELLAÌTEA
CLXXVII.
(R S. — B. 26).
Avendo il Marchese del Carpio , Ambasciatore di Spagna a
Roma, confermate le notizie corse circa i disegni del Re di Fran-
cia sulla Sicilia, S. M. con dispaccio in cifra, dato a Madrid il 1° lu-
glio 1682 ordina al Viceré di tenerlo informato sopra ciò, come ha
già scritto all'Ambasciatore.
El Rey
Illustre Geode de Santisteuan, Pariente, mi Virrey, y Capitan General
en el Reyno de Sicilia. Haniendo confirmado el Marques del Carpio, las
noticias qae os participo el Capitan Don Vizente Montano, sobre inte-
ligeiicias de Mecineses profugos coutra ese Reyno, se ordena al Marques
del Carpio, esté a la mira, de las que pudieren ser fundadas acia oste
intento, n'e que he querido aduertiros. encargando os Io mismo para que
por ambas partes me deis quenta. De Madrid a 1" de Jullio de 1682.
I/o el Rey.
D. Juan francisco de lira.
CLXXVIII.
(R. S. — B. 26).
S. M. con dispaccio, dato a Madrid il 13 agosto 1682, incarica
il Viceré di trovare qualcuno che possa comporre una risposta
adatta a smentire un libi'o divulj^alo dai Francesi sui loro pretesi
diritti sopra varie parti della .Moimrchia di Spa}j;na e sul Regno
di Sicilia in special modo.
HisOellanba 583
El Rey
Illustre Conde de Santisteban Pariante mi Virrey y Capitan General
del Reyno de Sicilia. Sin enbargo de Io que e mandado de que en flan-
des se scrina respondiendo al libro espargido por franceses en Roma de
derechos que suponen tener en diferentes dominios de està Monarchia
OS encai'go y mando que por lo que mira en ese Reyno a las preten-
siones de la frangia busqueis sujeto ydoneo que satisfaga a cada punto
que tocare a ese terreno para que juntandose aqui todas las respuestas
de los hechos y de la justicia destituia los presupiiestos insussistentes
que vbiere en el que ;i salido en Roma por politica de frangeses. De
Madrid a 13 de Agosto de 1682.
yo el Rey'.
D. Juan francisco de lira.
CLXIX.
(R. S. - B. 26).
S. M. con dispaccio in cifra, dato a Madrid il 16 ottobre 1700,
manda al Viceré un lungo rappoi-to in cifra del Marchese di Ca-
stel d'Ossorio, riguardante le genita e lo macchinazioni sediziose
aventi di mira la Sicilia di un regio suddito emigrato a Parigi,
che si faceva chiamare Don Giuseppe Della Fortuna.
CLXXX.
(R. S. - B. 26).
Informazioni sul conto di due individui uno dei quali a Messi-
na l'altro a Parigi macchinavano imprese sediziose contro il do-
minio spagnuolo e a favor del francese in Sicilia (11 gennaro 1705).
584 ItlBOBLLAirBA
Eccellentissimo Signore,
Signore,
Havendomi ordinato V. E. che hauessi ricauato notitia se un Sacer-
dote Calabrese chiamato D. Gaietano Antonio Gentile, di Iraci, passato
in questa Città con pretesto di far inprimere un libro ha trattato di sou-
uerttere la gente secretamente a prender 1' armi contro la Malesia del
fu nostro Rè, che sta in Gloria; come pure per altro uiglietto mi inca-
ricò di cauare la qualità indiuiduale di una persona che con nome di
D. Giuseppe Lafortuna si ritroua in Parigi, decantando che é di questo
Regno, naturale di Brente uicino Randazzo, della famiglia di Aucillero,
e che in tempo delli tumulti di Messina comandaua cinquecento soldati
per la parte di francia, sopra il che, io con la douuta attentione diedi
conto a V. E. di quelle diligenze che hauea incominciato a pratticaro, et
delle notitie riceuute, in resposta del che mi fu imposto di seguitare le
diligenze con l'intelligenza che il nome si suppone cangiato, e che il
uero si giudicaua essere, Adriano del Pò. lo seguit:indo la traccia, dalli
informi hauuti per quanto tocca al riferito I). Gaetano Antonio Gentile,
di Iraci, resto inteso che questo é un Sacerdote di buona uita e costumi
e che qui ha più uolte uenuto per dare alle stampe una fatiga legale del
Vescouo di Iraci, unzi parmi assai inveresimile che il Vescouo di Iraci
di nazione Spagnola uoglia valersi di persona seditiosa ; et è costante
ohe il fine per il quale ha passato in ijuesta , é stato per imprimere
detto libro mandato seriamente da quello Prelato, con che deuo credere
che quanto s' ha esposto fosse opera di nemici come allo spesso accade;
Per quanto riguarda al sudetto ohe uà sotto il nome di Giuseppe La
Fortuna della famiglia Aucillero naturale di Bronte, hauendo fatto alcune
diligenze in Brontu mi dicono che da più tempo che manca Giuseppe
Aucillatore tiglio naturale del quondam Francesco il quale ha andato
uagando fuori Regno campando con l'esercizio di Saltimbanco dispensando
uasi (li controueneni et altre cose simili, anzi tre anni sono li suoi pa-
renti hebberu sue lettere da Paiesi straneri et deci anni sono, si caso in
r^labria; questo in tt-mpo della guerra di Messina fu in luogo di suo
padre soldato di piede sernendo al nostro Rè; egli era un bel giouaue,
alto, grosso, bianco et biondo, e non pare inprobabile che un Saltani-
banco si habbia dispaciato in paiesi lontani per |>ersona di qualità e che
habLla procurato di nendere seruitij in francia essendo proprio di que-
sti liistrioni maggiormente che era informato delle cose di Messina, si
pao pure giudicare essere stato A'driauu del Pò come si ceana nel vi-
MISOELLANBA 585
glietto di V. E. essendo questo {?ran ftirbo, il qualri e Napolitano, casato
in Palermo, uà girando il mondo facendo il medico et dove giunge lia
farfant(!rie e delitti ingandando a tutti onde si può ben credere che si
uanti di liauer mantenuto tante persone sotto il suo comando in seruitio
della Corona di Trancia, perche so quante buggie et iattanze seminò in
Palermo alcuni anni sono doue dimorò incognito, sotto dinerso nome e
si pablicaua per gran Caualiere uirtuoso o ricco; Signore questo é quanto
ho possuto raccogliere di notitie, lo quali ho sospeso di passarle a piedi
di V. E. per le cout^ienture occorse, le porto bora solo por mostrare
che li riueriti ordini di V. E. non si trascurano ma si eseguiscono con
la puntualità et attentione douuta. Conserui intanto Iddio longamente
l'Eccellentissima sua persona per 1' uniuersal sollieuo. Messina 11 Gen-
naro 1701. . ■
Ecc.mo Sig.re
Di V. E.
Humilissiuio Seruitore
D. Antonio Nigri.
•••■^-^So—
AVVERTKNZA
-i'-ìlfri
Il Pt'of. Scke^er-Boìchorst delV Univer^silà di Berlino {che
attende oggi alla ricompilazione dei Regesti del periodo Svevo
facendo notevoli aggiunte a quelli degli Stiimpf e Bóhmer-Ficker)
nel 1897 pubblicava nelle « Zur Geschichte des XFL und XIII.
Jahrhunderts , Diplomatische Forschungen » ww studio impor-
tante: Heinrichs VI. und Konstanzes I. Privilegien fùr die Stadt
Messina. Ixi twta competenza storico-diplom,atica dell" Autore e
il sef^eno giudizio con cui egli studia e risolve una delle più
gravi questioni intorno ai privilegi di Messina, mi hanno in-
dotto a farne una traduzione per comodo dei lettori siciliani
del nostro periodico.
Ora che le ragioni deli' ani ivo licore fra le due città sorelle,
Palermo e Messina, son venute meno perchè fuse nella gran
patria italiana, è a sperare die, mercè l'influenza benefica della
critica storico-diplomatica, giovani volenterosi e capaci sentano
il bisogno di dedicarsi a siffatti studi geniali e fecondi di risul-
tati: ama veramente la patria chi senza preoccupazione ricerca
la verità.
Alt illustre Storico, che molto gentilmente mi accorda) il per-
messo di tradurre lo studio suo, son lieto poter qui rendere i rin-
graziamenti più cordiali.
C. A. Garufi,
I PRIVILEGI DI ARIII60 VI. E COSTANZA I. PER LA CITTA DI MESSINA
Il Winkelmanii in un Codice di Privilegi delT Archivio Muni-
cipale di Messina trovò un diploma di Arrigo VI. del 28 Otto-
bre 1194 (1), che s'è creduto egli distinguesse da un altro che
portava la medesima data e che già Stumpf avea prodotto e di-
chiarato falso. Però il privilegio, del quale il Winkelinann fece
solo menzione, non destò alcun sospetto, e perciò lo Stumpf al
nr. 4887 (pel quale avea posto l'usato segno di dubbio) aggiunse
il nr. ^i886 senza alcuna osservazione. In verità il Winkelmann in
questo punto non ha arricchito il Regesto di Arrigo \'I., com' ebbi
io stesso à persuadermi in Messina: si tratta del medesimo docu-
mento; però è suo merito l'averne dato una lozione più sicura di
t|uella ch'era servita di base alla stampa (2). Il nr. 4886» può es-
sere tolto e rimanere soltanto il nr. 4887, eh' è stato ritenuto
falso.
Su (questo privilegio 0. Hartwig diede il suo giudizio (3) che
fu accettato dallo Stumpf. Dapprima egli non avrebbe anche vo-
luto considerare come autentico il diploma che Arrigo VI. diede
a Messina l'il Maggio li97, cioè il nr. 5064 (4), più tardi però
(1) Forschgen. sur dlsch. Gesch., XVIII, 479. »
Questo privilc^oo trovasi pure nel God. acquistalo testé dalla Bibl. di
Palermo, foglio 246. Cf. Starrabba, Arch. St. Sic. a. XXIV, pp. 290-291.
11 B.ne Starrabba attende alla stampa deirintero Codice. (Il Trad.)
(2) Gallo, Annali della città di Messitia, II, 72, ed. 2.*
(3) Das Stadtrecht von Messina, 30, nota 2.
(4) Per la storia di Arrigo VI. noto, che anche i privilegi attribuitigli
588 MISCELLANEA
limitava il suo giudizio al nr. 4887; ma certo era impossibile di
sostenere con qualche fondamento 1' opinione più favorevole, che
frattanto aveva acquistato sul n. 5064 (1), perchè allora i documenti
ci eran noti soltanto per scarse citazioni.
Si sarebbe voluto riferire appunto al n. 5064 una conferma, stam-
pata per intero, dell'imperatrice Gostanza (2); ma la moglie di Ar-
rigo poteva essersi riferita al ii. 4887 (3).
Onde accertare il vero contenuto del diploma dell'I 1 Mag-
gio 1197 (4) e nello stesso tempo giudicare l'indecisa questione, mi
trattenni in Messina, nell'autunno del 1895, piì^i a lungo di quello
che altri affari miei avrebbero conceduto. Confidavo sui due docu-
menti che sono conservati nelle lastre marmoree del Duomo, su'
quali avevamo idee molto superficiali ! (5). Prima d'allora n'era
stata fatta menzione ripetutamente; ma del contenuto avevamo molto
scarsa notizia. Ora fu facile stabilire che le lastre marmoree non
contengono affatto ambedue i documenti di Arrigo, come è stato
detto dai più, ma soltanto quello non stampato del 1197 (6); e ad
esso segue la conferma dell'imperatrice del 1198.
Non cosi facile, anzi addirittura impossibile, mi fu decifrare le
singole parole. L'iscrizione è collocata a discreta altezza di fianco
all'organo : inoltre le lettere sono molto piccole; insomma la mia
debole vista fu impari alla fatica. Sperai allora nell'Archivio e nella
nella forma in cui presentemente ci aon noti, sono stati falsificati. Forschun-
gen. VI, 644.
(1) Dos Stadtrecht von Messina, 1. cit.
(2) Dal libro dei Privilegi dell'Archivio Comunale di Messina ricordato
anche dal Winkblmann : Huillard-Bréholles, Hist. dipi. Frid. II,
tom. I, 5.
(3) Utrum Constantia confìrmaverit. non certum habemus. Huillard,
1. 0., n. I.
(4) Anticipando la stampa ho detto qui e prima: dell'I! Maggio; Stumf
lo ha datato: 28 Aprile (1° Maggio).
(5) Persino il Baedeker!
(6) Appunto dal Baedeker, poi anche il Hartwiq nelle sue Forschgen.
VI, 644 «, seguendo lui, il Wattknbach, SchriftwesenS' odiziono, pag. 46.
Riferendomi alla prefazione di ijuostu opera, iti cui è ripetuto lo stesso er-
rore, io posso respingere la responsabilità di lui.
MISOELLANEA 589
Biblioteca, perchè l'Archivio conserva un libro di Privilegi della
Città (come fu già indicato nelle comunicnzioni del Winkelmanii (1),
al quale debbo anche la notizia che la biblioteca (2) ne possiede
una copia), dove si trovano trascritti i nostri diplomi. Quello di
Costanza è riprodotto passabilmente bene, non cosi l'altro di Arri-
t^o VI.: in entrambi i testi mancano la menzione dei Monofj;rammi e,
eccetto poche parole, anche Vaciume il da^wm. D'altra parte però si
ha ooni fondamento per apprezznre la conservazione dei Codici di
Messina specialmente ri^ruardo al privilegio di Arrigo; essi, per
(pianto frammentariamente, ci linniio salvato il principio, mentre
nelle lastre marmoree mancano per intero le prime linee e delle
nove seguenti restano solo le ultime pcU'ole, dopo comincia un te-
sto ben hlato. Integrando le copie con l'iscrizione avrei facilmente
restituito il leslo (8;. Ma pur nondimeno mi fu assai gradevole
sentire nella Biblioteca che un impiegato, il sig. G. Mandatari, ap-
punto curava la riproduzione litografica delle lastre marmoree;
perchè 1" iscrizione è antica e buona (4) e le copie non sono né
iu^^iche né buone.
Oggi ho sott' occhio l'opera del Mandatari (5). La riprodu-
zione» pai'e eccellente: è molto encomiabile il merito del Man-
dahu-i nell'avere reso accessibile in fac-simile un'importante di-
ploma di Arrigo VI, Ma la trascrizione eh' egli ne fece non mi
soddisfa; egli non riproduce sempre correttamente la litografia, e
(1) Forschgen.y XVllI, 479. Neues Archiv., Ili. 643. Vedi anche Hiìil-
[ Aiut-BuKHOLi.Es, I. e, e E. Arena, L'Archivio Comunale di Messina, 24.
(2) Neues Archir., Ili, 644. L'antico nr. è 147, il moderno 188.
(3) (lume ho lictlo il suo coriloiiuto era allora inedito. G. Mandalari
'llsoule nel suo lavon», p. 8 e sg , una serie di menzioni che ha trovato nel
(!or^o liei tempo. Tuttavia yli è sfuggila la più antica e più imporlanto,
cioè la conferma di Re Giacomo del 1294, Gallo, Annali di Messina, II,
160, 2.* ed.
(4) Io non voglio tentare una più esatta determinazione di tempo : mi
pare audio che abbia poca importanza.
(5) Un privilegio inedilo di Enrico VI., concedente il portofranco ai
Messinesi, e la conferma di Costanza, con tre tavole litografiche, Messi-
na, 1895.
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. . 38
590 MISOBLLANBA
dove essa vien meno segue servilmente una delle copie, invece di
procedere alle correzioni indispensabili.
Più tardi ebbi un altro sussidio , che non vale le tavole del
Mandalari; coincide piuttosto, salvo alcune piccolezze, colle copie
della Raccolta di Privilegi di cui potei servirmi neirAi'chivio di
Messina; deriva anch'esso da un Coclea: Diplomaticus Urbis Mea-
sanae (1) e precisamente dal più antico conservato a Madrid. Per
mezzo del mio collega E. Hùbner ottenni che il Prof. A. H. Vil-
la con gran cortesia me ne facesse tenere una accurata colla-
zione.
La ragione per cui dò una nuova edizione di quel testo, consi-
ste non solo per eliminare gli errori della edizione del Mandalari,
ma anche perchè l'opuscolo di lui è accessibile a ben pochi tede-
schi. La conferma dell'imperatrice , riprodotta pure dal Mandalaii,
non può lasciarsi da canto.
Le mie fonti per entr.mibi i privilei^i sono: 1" le lastre luiiiniu-
ree secondo le litogratìe del Mandalari, 2" il Codice di Madrid (2).
3° le raccolte dell'Archivio e 4° della Biblioteca Universitaria, di
Messina (3j.
« Enrico VI concede ai Messinesi, in considerazione della
fedeltà e del servizi che loro specialmente gli han prestalo
nel tempo presente, la libera esportazione e importazione dal
loro porto) dispone sulla ìwmina e V amministrazione dei giu-
dici e dello stratigoto; accorda ai cittadini , sotto determinate
e speciali condizioni, il diritto di rappresaglia; li prende sotto
(1) il Codea; nel 1679, involalo dal Conte Shu Slelano e tnisportutn in
Madri I, giuiigf lino al 1495. Vedi Arch. Si. Sic. N. S. I. 317, Cauini, Oli
Archivii e le biblioteche di Spagna, I, 119.
(2) Nella Dibliulucu deirAccailemia Slorica; porla la .scgiialuia A. Kì.
(3) Sul 3" cf. p. 589 n. 1, sul 4» p. 589 n. )l.
Nel CodivM! ucquiatulo dalla lìihi. di i'alurnio il privilej.rìo dì Coslaii/a
trovati a fog. 26 a. (Il Trad.)
MISCELLANEA 591
la sua protezione pel diritto del mare ; autorizza la Curia
straiigoziale a costringere i renitenti a testimoniare ».
1197 Maggio 11, Messina.
Ili nomine suncte et individue Irinitatis. Henricus sextus divina fTivente
yi-iilia Romanorum imperator (a) seoìper augustus et rex Sicilie.
Imperialis excfUentie speclut ad gloriam, suorum fideliuni munefa di-
iigenler altondere et eorura curas et devotiones dignis beneliciis ampliare,
ut integritas fideliiim semper in melius pullulet et dominantis circumspecta
discretio (ò) singulorura utilitati dignetur lurgitlue (e) providerc (d). Con-
sidenintos igitur lìdei puritatern et devota servitia, que cives Messane, ex-
peili ildelt's nostri, semper et in presenti tempore maxime nostre studuerunt
serenitali (e) fide non lieta et imruaculata puritate (f) propensius exliibere,
eis (le solila lìenignitale concedinuif, ut liceat eis omnia merciinonia et res
ooruni (piaslil)('t (g) libere et sine aliqua dacione per portum nostrum
ipsius civitìdis nostre Messfnie tam per mare (juam (h) per terram ira-
niictere vel extrahere. Volumus etiam et statuimus, ut iudices , quos (^)
ordinabinius prò questionibus et causis examinandis et terminandis, bo-
na (j) lide eas, (juanto citius poterunt (k) , terminent et nihil a parlil)us
rccipiant; nostra enim (/) celsitudo eis de salario providcbit- Volumus-
(pic, ut (m) baiulatio ipsius civitatis (n) non sit in gabella de cetero (1),
sed sti.itigolus, a celsitudine nostra statutus (2^ iuramento (o) astrictus (p),
(i) Mandalari cosi a p. 29 traduce : che il baiulo della città da quinci
innanzi non imponga altri balzelli. Il senso rai sembra di essere invece
« che il baiulo por l'avvenire ritenga l'ufficio per suo stipendio, che tale ulìi-
cio non gli venga dato più in appallo ». In quel caso egli riversava nelle
casse imperiali il ricavo dei diritti, in questo lo riteneva per sé raedosinio,
soltanto pagando al fisco una quota prima stabilita. Questa è la differen-
za fra dare in gabeìlam e in credentiam. Gf. von Kap-herr, in JDtsch,
Ztìichr. f. Geschichtiwiss., V. 38.
(2) Come si vede, anche qui baiulus e stratigotus sono soltanto
qualilicazioni diverse del medesimo ullicio : lo stratigotus non ha pili la
sua baiulatio in affitto. Qualcuno i)uò indubitabilmente giovarsi del nostro
diplunia come d'un altro documento per la sinonimia delle parole. Cf. in
proposilo von Kap-herk, op. cit. p. 29. Dai passi ivi raccolti rilevo, per
es. , che nel 1172 Gaufridus Syracusae stratigotus dà conto de baiu-
lia sua. Alle intUcazioni del Kap-herrs se ne può aggiungere una nuova:
592 MISOELLAKSA
civitatem nostrani pacifice et iuste pertractet et non nisi rationcs (q) et inni
nostra diligenter exquirat. Si quis nntem civis Mossanensis fuerit dirroha-
tus (r) ab aliquibus (s), quioumque sint, debet (t) prius cum literis am-
mirati (m) nostri vel qui loco suo fuprit (1) illos (u) requircre (w), et si
noluerint hoc emendare (2) et conlingoril oos vel concives eorum venire
Messanara, debet nolifleari prediclo (//) ammirato et ipse (3; capici tan-
tum de rebus ipsorum, ut dirrobalus dignam recom|iensationem de rebus
amissis optineal. Si vero navis vel aliud vascellum alicuius civis Messane
fractum fuerit in ali<]iia parte regni, nnllus audeaf de rebus fracte navis
aliquit detinere, sed domino suo reslituanlnr. Si quis (z) aiileni oorum
in causa sua lestes aliquos invocaverit et lesles a<l feslificandum quod
scinnt (aa) venire noluerint, debet eos curia tacere venire et sub iuramento
cogere, ut testimoniuni perib^ant verilatis. Quc liberalilatis nostre concessio
ut imperpeluum eidcni {bb) civilali firma stabilisquf.' pornianeal et nnllus
nell'Ottobre 1225 si trova Guilelmus de Lepore conterapoi-aueamcnt»" stra-
tigotus Nuccrie e baiuhis Nuccrie, Huillard-Brkholles, oj). cit., II, 517.
Quando Mandai^ari 91, dice di Arrigo VI. : accresce il potere dello stra-
tego a discapito del bando, potrebbe supporsi ch'egli avesse frainteso il
suo lesto.
(1) Sotto l'ammiraglio slava un impiegato per i porti di ciascuna prò-
vincia; i singoli posti avevano poi alla lor volta un proprio inlejidenle. E.
WiNKELMANN, De regni Siofili administr., 39.
(2) Naturalmente si potevano costringere i cittadini del regno con faci-
lità, non già gli stranieri, che avessero rubato i Messinesi nelle loro terre
o nel mare. Contro di loro era direttala legge, e siccome i predoni o ladri
sono appunto gente di mare, perciò 1' aflfere veniva devoluto all' ammira-
glio o al suo sostituto.
(3) Nalundmente è da su[)plire: vel qui loco suo fuerit. « Clie vi fosse
un ammiraglio speciale per Messina , che la sua carica fosse nuova per
Messina » come alferma Mandalari , 23 noi. 2, e 9i n. 2, per tali affer-
mazioni avri'i bisogno di prove, lìopo Im caduta del grande Ammiraglio
Majone, il quale sicuramente comandava gli ammiragli inferiori, io trovo
sempre «ollanlo un nmmiraglii). (!,oA solto Arrigo VI., come pure sollo
Kfderico II. Se una volta c'imbattiamo nel 1216 (in un [irivilegio ad uni>
slrniii''ro) ni-lla designazione • amiraiio tic .Misin i > HuihT.AKi>-Hru':uoi,i,Ks,
I. 48.'), ewo a parer mio imn d'-signa utu) f'peoiale ammiraglio per Mcssi-
n.i, m;i deriva dal fnllo, die Wdlcltnus PorcHs nmtniratus regni, come è
chiamalo in IIuir<i,AKD-HRKH0LLK8 I, 489, discen<leva da ima cospicua fa-
miglia di Mewina.
MlSdKLtAKXÀ 5dd
ei in aliquo audeat contrahire, presens inde (ce) privilegium conseribi
et maiestatis nostre sigillo iussimus eommuiiiri, statuente» et imperiali pre-
cipientes edicto , ut nulla persona hunjilis vel alla , ecclesiastica vel se-
cularis hanc nostram concessionem inlringcre audeat {dd) vel aliquibus
calum[)nii8 perturbare presumat (ee). Quod qui tecorit ultra indignationem
nostrani, quam {ff) graviter incurret. 100. lihras auri purissimi componat,
medietatem camere nostre, reliquara passis ii.iuriarn persolvend-im.
Huius autem rei testes liii sunt : archiepiscopus (1) Ragusie {gg), Mar-
coaldus iraperialis aule senescalcus, dux Ravenne et marchia Ancone,
Gonradus dux Spoleti (A/t), Willelmus «irussus (2) comes Malte et (a)
ammiratus, comes Bartholomeus (3) de Lucy (//) , Gentilis (4) de Pala-
ris imm) comes Monoplelli (n«). Leo ccimes Caleni t't alii quam plures.
Ego Conradus Ildempsheymensis episcopus et imperialis aule (oo) can-
cellarius (pp) una cum Guallerio ((jq) episcopo ti regni Sicilie et Apulie
cancellarlo recognovimus (i-r).
Signum domini Henrici sexli divina favenle clementia (L. M.) Roma-
norum imperatoris semper augusti et regis Sicilie {ss).
Acta sunt lu'c amie dominiee incarnationis 1197, i-egtmnt*' domino Hen-
(1) Sull'arci vescovo Bernardo di Ragusa, cf. pag. 596 n. 5.
(2) Guglielmo Grasso non era, come crede Mandalari 23 not. 2, un
Pisano di origine, ma un Genovese. Regni Jerosolymit. hist. M. G. SS. voi.
XVIII, 53, vedi Ogerii Panis, Annal. ibid., 118. Nel 24 Settembre 1197 egli
è detto, come in un documento nostro : Guillelmus Crassus comes Malte,
totius regni admiratus. Evidentemente Guglielmo eia succeduto nel posto
di Margarito di Brindisi cacciato via; si chiamava anclie questo Ammiraglio
e Conte di Malta. Pirro, Sic. Sacr., 11, 980. Si pu») confrontare ancora
la sentenza di Innocenzo HI. su Guglielmo. 11 ribelle Markwald avrebbe
invocato da lui soccorso, a pirata praedo et raptor a marino non iam la-
trunculo, sed latrane. Ep. Il, 221, ci. BaUizio I, 486.
(3) B. de Luci/, Pirro, II, 934, B. de Luce. Doc. p. seì'v. alla St. di
Sicilia. I, 36, cf. 167, B. de Lucis, Pumo, 11, 1280-81. Egli era conte di
Paterno. Io non comprendo per quale motivo il Mandalari, contro la tra-
dizione dei documenti, stampi: comes de Lugu. Forse per poterlo iden-
tilicare meglio col conte di Lugo presso Ravenna? Egli ha fatto ciò in
realtà nella pag. 23 n. 3 ; intanto a me mancano le prove dell' esistenza
di un conte Lugo.
(4) Nel doc. presso Stumf , Acta 712 , X. 510 si legge : comes Ger-
traldus de Monoplello. Ma secondo una migliore copia del Kehrs ciie
ho sott'ocohio, si ha a leggere : Ge/Uilis de Monoplello.
5d4 MISOELLANKA
rico sexto Romanorum imperatore semper augusto et rege Sicilie, anno
regni cius 28, («) imperii vero (i««) 7. et regni Sicilie 3. Data Messane per
nianum Alberti imperialis aule proihunolarii, 11 die mensis Madii 15 in-
dictionis (1).
(a) inip. secandua et. 4 secondo Mandalari. [b) discretione 4. (e) largi-
flua 2. 3. largissime 4. {d) perordere 3. (e) nostris studuerunt serviliis 2. 3. 4.
if) puntuti 2. 3. ig) quequa 4, come io ho osservato, quolibet secondo Manda-
lari. (h) tam per mare quam, anche in I. (t) iiidices quos or, anche in 1.
ij) rminandis bona, anche in 1. (A) potuerint 4 (l) recipiant ; nostra enini,
anche in 1. (m) in 3. (n) nlatio ipaius civitatis, anche in 1. (o) ostra sla-
lutua iura, anche in 1. (p) astiictu, 3. (q) actet auonn'? rationes, 1 {'); et
non nisi 2. 3. 4. (r) dembalus 4. (s) ensis fueril dirrobatus ab ali, anche
in 1. (0 quicumque debel prius 2, quicumqiie doni prius 4. (u) admirari (*") 3,
admirati 4. (v) nostri vel qui loco suo fuerit il, anche in 1. (x) Con-los requi-
rere, comincia il testo monco del 1 che io seguo soltanto ; dilTeriscono 2. 3. 4. di
cui mi avvalgo in particolari casi. (y) perdiclo 1. {z) qus 1. (aa) sciunt
sub iuramento cogere 2. 3. scirent venire sub iuramento cogere 3. {bb) perpe-
tui eodem 3. {ce) in 2. 3. 4. (dd) audiat 3. audeant 4. {ee) presumanl 4.
{ff) quamquam 1. 2.3.4. {gg) Ravise 4. (hh) ux Spoledi 1. (n) manca in 1.
(U) Luce 2. 3. 4. (mm) Gentilis Opalàr 1. de Palai 3. de Palar, 2. 4. {nn) Mon-
pleli 1. Monporelli 2. 3. 4. (oo) Qui sono conformi 2. 3. e 4. lutti monchi e
veramenli! nel modo identico. (pp) Ilarius é trascritto. {qq} Gualt o, 1. ;
per Troiano, come supplisce Mandalari v'era appena spazio. {rr) aie! (ss) egis.
Si legge. (ti) 1. 27. 1. (uu) imperii vero.
i
(*) Nel fac-simile si legge non n, quindi il punto interrogativo può togliersi.
(Il Trad.).
(") In sitTattu scrittura é facile lo scambio della r per t. (Il Trad.).
« Costanza I. conferma ai Messinesi^ perché fedeli e devoti,
il 'privilegio conceduto da Arrigo VI. »
1198 Gennajo, Messina.
(li nomine «anele et individue trinitatis (a). Costancia divina lUveule
clctn«!ncia Iloiaanoruni ituporutri.\ semper augusta et regina Sicilie. Do
(1) He Giacomo dice nella sua conforma: primo Maii il inditionis,
Gallo, 1. e, j). 160. Nella sua Pridazione Gallo, 76 , dice : a 28 Aprile.
MISOELLAllBA 595
munificentia innate nobis liberalitatis accedit, ut ad preces fidelium nostro-
rum r.icilem prebeamus adsensum et eorurn muxime peticiones clemeutius
admiltanius, quorum experta fides et devotio specialis suttragatur ad me-
ritum et imperialis gralic (b) largitatem ad prosequendum aft'eclum sue
devotionis inducit. Hinc est quod nos atleiidetitea fervorem devotiouia et
fidei, quo in serviciis nostre magnifieenlie iugiter perseveraslis, preces et
supplicationes vestras, quas vos, cives Messane, tìdrles nostri, magestati
nostre attentius porrexistis, videlicet ut per (c) privilegium nostrum con-
firmareraus vobis et civitati nostre Messane ea omnia , que serenissimus
quondam dominus noster imperator reeolende memorie per suum vol)is et
prediate civitati nostre (d) Messane concessit. de inii:da solii nostri ciemen-
tia admittentes, concedimus et confìrmamus vobis et prediate civitati no-
stre Messane omnia ea, que prenotatus serenissimus dominus noster im-
perator vobis et civitati nostre Messane concessit, iuxta quod in eodem
imperiali privilegio vobis facto continei>tur; mandanles ut omnia ea, sicut
in privilegio vobis facto continentur, quod inde liabclis (e), vobis et civi-
tati nostre Messane in posterum debeanl observari. Ad huius aiUem con-
cessionis et confìrmationis nostre memoriant et inviidabile firmamentum
presens inde privilegium conscribi et sigillo nostro cereo iussimus com-
muniri, anno, mense et indictione subscriptis.
Data in civitate Messane, anno dominice incarnalionis 1198, mense
Januarii 1, indictionis, regnante domina nostra Costanlia dei gratia glorio-
sissima Romanorum imperatrice semper augusta et legina Sicilie excellen-
tissiraa, una cura Frederico Romanorum et Sicilie rege, karissimo filio eius,
anno 3, feliciter, amen (1).
(a) amen. 2. 8. 4. (b) imp. nostre larg. 1. (e) manca 1. (d) manca 1.
(e) habeatia 1.
Nel modo come Mandalari ha restabilito i testi, si dovrebbero
senz'altro condannare come falsi i due docnmenti. Egli pubblica
in uno : Henricus sextus eie, Romanorum imperator seciindus,
e nell'altro : Frederico Homanorum imperatore. Federico in quel
tempo era He romano, non imperatore , ed Arrigo VI. designato
come secondo imperatore l'è un' assurdità di cui giammai la Can-
celleria s'è resa colpevole. Ma qui Mandalari lasciossi trarre dalla
cattiva lezione che offre soltanto uno dei nostri tre Godici ed
(1) Non ho potuto confrontare la copia che si trova nel Codice delia Bib. Cora,
di Pai (n Trad.).
596 MISCELLÀNBA
egli ha completato il testo in modo assurdo. Quando si tolgono
questi suoi errori, resta nulla che possa dar sospetto.
Nel documento di Arrigo la forma della ricognizione non è cer-
tamente la consueta : Ego Conradus eie. una cum Qualterìo etc.
regyii Sicilie et Apulie cancellario recognovimus; ma questa di-
citura si trova pure anche in due documenti del 1° Maggio 1195 (1);
l'aggiunta et Apulie per lo meno torna di nuovo nel 2 luglio 1197 (2),
e pel )-ecognovimus si trova un'analogia nel 29 Aprile 1196 (3).
Qualcuno può stupirsi un istante nel leggere fra' testimoni il
nome dell'arcivescovo di Ragusa. Un arcivescovo slavo in un do-
cumento di un imperatore romano è certo un'apparizione somma-
mente singolare. Ma appunto questa circostanza esclude la falsifi-
cazione: il privilegio , che quasi si può dire sconosciuto del 2 lu-
glio 1197, che Arrigo VI. diede alla città di Galtagirone, offre
inoltre la favorevole analogia colla testimonianza del Dalmato (4);
e ciò che prima poteva destar sospetto avvalora la fiducia (5).
Gli altri testimoni ci son tutti noti : i loro nomi si trovano a più
riprese in quel tempo alla corte di Arrigo.
Le note cronologiche, per l'esattezza e per la foiuna in cui son
date, non dàn luogo ad obbiezione. Specificatamente il computo
con i giorni successivi del mese, non alla maniera romana, corri-
sponde all'usanza che si andava stabilendo in quel tempo (Ù) ; il
(1) Stumf, 4930.32.
(2) Cf. ScHEFFER-BoiCHORST, ZuT Geschìchte etc, ;ipp. al doc. di Calta-
j^irone, [>. 373 , 377 ; Paolucci , Sul preleso Parlamento di Foggia del
1240, Pai. 1897, p. 27, o Randazzini, 1 privilegi di Callaxjirone , Gallìi-
giroue 1878. (Il Tnid.)
(3) Stumf, Ada, 712, nr. 510.
(4) Cf. net. 2.
(5) Mi sembra egli sia stalo un uvvonturipre. lUNius Restius, nella
sua Chronica Ragusina raccoiila la ragione per la quale egli aveva ah-
buiitlonalo Ragusa. Man. spect. hisL Stavor. merid. , XXV, iììì. Da Ar-
rigo VI. era venuto sicuro di fare carriera al suo servizio; nel 1202 In-
nocenzo Ili. ai lagna perchè egli avea abbandonato i suoi Ragusiui , che
l'avevano giA aspettalo inulilmenlc per (|uallro anni. Ep. V. 17. Secondo
Le Neve Fasti «ce/. Angl. Ili, 280, egli avrebbe trovato posto in Inghil-
terra come vescovo di Carlisle.
(jS) FiCKKR, Beitriige xur Urkundenlehre, li, 365.
MISOELLANBA 597
più vicino dei documenti porta la data del 22 Aprile (1), secondo
l'odienm abitudine non secondo le calende di Maggio.
Sorpassando agli altri criteri di questo genere vengo al conte-
nuto. Veramente mi s' ofìrono soltanto due frasi, clie posso utiliz-
zare direttamente in favore dell'autenticità. Arrigo dà il privilegio
ai Messinesi perchè loro si soir» mostrati sempre fedeli e premu-
rosi et hi presenti tempore maxime. Mentre l'imperatore soggior-
nava nelle vicinanze di Messina, qwalcuno gli denunziò una con-
giura, che aveva di mira la sua vita. Allora egli fuggi nella città
di Messina, dove trovò specialmente il fedele Manhwald di Ra-
venna e d'Ancona (2). Questo appare anche come testimonio nel
nostro documento : la cui data, oso alfermare, precisa la cronologia
della ribellione (3) e d'altro canto s'intende perchè Arrigo abbia
ricompensato con un privilegio la fedeltà e la premura di cui Mes-
sina avea date pruove et in presenti tempore maxime.
Allo stesso modo come questa notizia risponde alla circostanza
del tempo , cosi una delle nuove concessioni di Arrigo risponde
perfettamente al progressivo sviluppo dei privilegi di Messina; essa
è, potrei dire, soltanto la naturale tappa alla faticosa via della
più completa libertà commerciale. Guglielmo li. avea conceduto nel
Maggio 1100 ai cittadini che per l'avvenire fossero tenuti pagare non
il IO ma soltanto il 8 7o come ancoraggio, e potessero entrare ed uscire
senza alcun pagamento le derrate alimentari (4). Federico II. con-
(1) Cf. iti ScuDKFKR-BoiCHORST, op. cil., p. 249, il diploma del Tabularlo
di .Mon-eale del 22 Aprii.; 1197.
(3) Mi sembra, come tratterò ampiurn'-iite in altro luogo, che Toeghe,
Heinrich, VI, p. 584, in queslo abbia complelumenle sbaglialo.
(3) AnnaL Marbac. M. G. SS. XVII, 167.
(4) Gallo, Annali di Messina, 11, 37, ed. 2.' Nel (locumeiito mi sci»
sidlali agli occhi due ordini di idee. Quantunque pubblicato nel Maggio
tl60, pure vi ra:ine;i l'iiidicazicne nltrimenti consueta dell'anno di regno
dell'ancor vi vento Ruggiero tiglio del Re^ e poi è dillo per manus Riccardi
Syracusani electi. mentre il Grandi; Ammiraglio Maione era ancora a capo
d'dl' Amministrazione; cosi anche un altro diploma del Maggio 1160 ha data
per manus Maionis magni admirati. Aprile, Cronologia universale della
Sicilia, 95. Ma nella Cancelleria siciliana del sec. XII, v'è stata frequente-
mente una rappresentanza, e noi sappiamo che Riccardo Siracusano, di mo-
raudo sempre nella corte di Guglielmo II., faceva parte dei « famiUari ».
598 misoellànba
cedette nel 1199 illimitata libertà di commercio per tutto il suo
regno (1). Fra' due privilegi comparisce ora, come anello di con-
giunzione, quello di Arrigo VI.: egli concede ai Messinesi un'en-
trata ed uscita libera dal porto, non solo per le derrate alimentari,
ma genei*almente per tutto; egli accorda quindi più di Guglielmo IL,
meno di P'ederico II.; la libertà di commercio, sebbene fosse per
tutte le merci, rimase tuttavia limitata al porto di Messina (2).
Kra ancora da acquistarsi il d-iritto più largo.
Quando Federico IL conferì il piivilegio, aveva evidentemente
davanti quello del padre suo. Entrambi chiamano i riceventi: « cwes
Messane , expe) -ti fìdeles ìwslri: poi l'uno dice: concecUmus ut
liceat omnia mercimonia et res eorimi quaslibet libere per por-
Lmn ìioslruni Messane tam per mare quam per terroni iimnit-
tere vel exlrahere, e l'alti-o: concedimus ut per totum regnum
nostrum in mari et in terra liceat vobis mercimonia et quas-
libet res vestras libere ponere et extrahere. Come si vede bene
Federico IL, o piuttosto la reggenza, va più avanti con piena con-
sapevolezza della concessione di Arrigo VI.
Non ho bisogno di dimostrare la conferma dell'imperatrice Co-
stanza: essa cade o riman salda con la concessione dei di lei sposo.
Ma in quale relazione sia il documento di Arrigo deiri 1 Maggio ri-
spetto all'altro ch'egli dovrebbe aver conceduto ai Messinesi il
28 Ottobre 1194 ? (^ò).
Se l'imperatore il '28 ottobre 1194 ordina che per l'avvenire
l'amministrazione della città sia lasciata per un anno nella stessa
mano e che l' amministratore , si chiamasse bajulus o stratigo-
(1) B'óHMUR-FiCKBK , 535; Gallo, II, 79, ed. 2'; Docum. per sere, alla
Stoi\ di Sic, I Ser. XIV , 45.
(2) Voranif ntft fili «jueslo punto poln^blio tuttavia ben (tisputarsi seMan-
ilalari, p. IH, abliia stal)ilit<) giustauKuitc il tosto: liceat eis ùìiìnia merci-
monta et res eorum quoLibet libere eie. Ma 1' altro in», dà quaslibet, «
cosi les.He aiinhe nel 1199 il Cuncellicio. (iì Fedcricu 11., il (jualc, coni' io
dico «opra nel testo, «bbc; iridubbiauioiilr; soU'occhio il diploma; la coaf'ornia
di He Giacomo del 1294 assicura puro la Ic/.ioiie: mercimonia et res quas-
libet Ubere eie. Gallo, II, 160, od. 2».
(3) Gallo, 1. e, 72.
MISOELLANBA 59^
tm (1), non possa per il termine di un anno essere soppian-
tato da un mnggior offerente : dn questo fatto io posso dedur-
re soltanto , che il baiulo o lo stratigoto , prendeva in appalto
il suo ufficio, e che lo Stato lo cedeva al maggior offerente. La
situazione non era punto gradevole a' cittadini; perchè il capo, il
quale introitava per sé tutti i diritti, si aggravava quanto (ìoteva
per riguadagnare cogl' interessi la somma di appalto (2). I citta-
dini dovevano sentire la pressione come doppia, finché l'affitto non
era fissato per un tempo precisamente determinato e finché lo Stato
(per una olferla più alta della prima, che gli fosse fatta) potesse
surrogare un altro appaltatore anche nello stesso anno. Perchè
Arrigo VI., come almeno è affermato nel documento del 28 Otto-
bre 1194, rinunziava al diritto di cambiare quando e cosi sovente
quanto gli piacesse (ciò è invero un progresso); ma il sistema op-
pres.sivo dell'appalto non veniva diminuito. A ciò apportò il privi-
legio deli' 11 Maggio 1197, utile mutamento: il sistema dell'appalto
cessò , lo Stato pagò uno stipendio e tutte le entrate gli fnroiio
devolute. Così dal 28 Ottobre 1194 all' li Maggio 1197 risulta uno
sviluppo genetico, e si può aver fiducia nel primo privilegio , che
concedeva ai Messinesi un piccolo vantaggio ; una fiducia com-
pleta, perchè il secondo, che corrispondeva pienamente al deside-
(1) V. p. 591 nota 2.
(2) ...ponere debemus in eadevi civitale Messane baiulum et iudices
annuos tres. Et ipse baiolus habeat baiulaiionem ila, quod alius euni
non possit supplantare plus offerendo nisi prius finita batulatione. Et
simul ipse baiolus et iudices sacramento nobis teneantur, iura nostra et
iustitiam populi fideliter per omnia servare iuxta bnnos usus et consue-
tudines eiusdem civiiatis Messane. Et salarium de fisco nostro reci-
piant, sicut consuetudine erat tempore regis Rogerii. Inoltre io osservo,
elle annuos tuttavia non è sollanto ila accordare con iudices; ed ho rilc-
nulo : finita, baixdatione, eoiuo durata di un anno dell' ufficio. Perchè si
doveva anclie prendere in considerazione salarium de fisco nostro re-
cipiant per i Giudici e contemporanearaente pel Baiulo. Ma plus offerendo
dinota pure la prima oflferta di un più alto affitto, e conformemente a ciò
io credo, che recipiant soltanto i iudices Perciò s'accorda anclie la con-
ferma del più recente diploma : baiulatio ipsius civitatis non sit in ga-
bella de cetero.
600 MISCELLANEA
rio dei Messinesi agognanti per intero l'abolizione del fisco, senza
dubbio è autentico.
Ma dall'altro lato troviamo un regresso! Nell'Ottobre del 1194
Arrigo VI. avrebbe conceduto ai Messinesi la fi-anchigia di porto
per tutto il Regno, nel Maggio 1197 avrebbe conceduto solo il
dazio d'importaziono ed esportazione da un porto! Ora se il pri-
vilegio più esteso, che porta una data anteriore, deve tenersi per
genuino, non ci rimane che un'ipotesi rispetto a quello più reslrit-
tivo e di data posteriore; e cioè che Arrigo VI. abbia revocato ciò
che aveva conceduo nel 1194, e per conseguenza i Messinesi aves-
sero dovuto contentarsi della concessione delle minori franchigie
fatta nel 1197. Il tentativo di salvamento in sé stesso non è arri-
schiato. Anche Federico II., come noi vedemmo, estese la fran-
chigia del porto di Messina a tutto il suo regno; ma tenne dietro
la grande revoca di Capua e Messina : verosimilmente nel sacri-
ficio era stato anche immolato il privilegio del 1199 (1). Ma le
decisioni di Capua e Messina hanno il loro archetipo nel governo
di Arrigo VI.: egli nell'Aprile del 1197 confermava una serio di
privilegi, i quali secondo l'editto generale pubblicato nella corte
solenne, gli erano stati restituiti (2). Non è probabile che egli
(1) Vedi Hartwig , Das Stadtrecht von Messina, 34. Il liiploma di
Federico II. è sialo conferniulo solo nel 1396 da Federico d'Aragona. Testa,
De Vita Federici II. regis, 251, nientr-o il predecessore di Federico tl'A-
ragona avea già riconosciulo nel 1294 il diploma di Arrigo VI.
(2} Cf. ScHEKi'ER-RoiCHtRST. 1. cit., Die Vorbilder fixr Friedridis 11.
Constituùio de resignandis privilegiis, e G. A. (Iarufi, Alon. e Conii eie.
Arch. St. Sic., aiiuo XXIII, cap. Ili, § 3 e doc. 4, 5. Quando lo Schefi-er
m'inviò gentilmente il suo volume nel Settembre 1807, la stampa del mio
lavoro era già terminata da due mesi ; son lieto clie entrambi, contempo-
raneamente esaminando i docuaìenti, siamo pervenuti alle medesime con-
clusioni pel tempo di Arrigo VI. La «litterenza sta solo in un punto: egli
ritiene che la Constitutiu de resignandis pr/v/Ye^e'/s sia slata usala da Ar-
rigo VI. soltanto nel H97, mentre a me risulla dai documenti che fu in
<luc tempi: nel 1194 e nel 1197, cioè nelle due dimore che l' impeialore
fece in Sicilia. Da questo fatto, bene aceerlalo, traggo la conseguenza che
nel 1197 l'intendimento dell'imperatore fu di rivedere i diplomi conceduti
da Coslunzu nel tempo della sua assenza, sicché risulta evidente l'anlago-
nittniO politico fra lui e la moglie. (Il Trad.).
MISCELLANEA 601
li abbia rinnovato tutti. Perchè non deve aver negato anche ai Mes-
sinesi la conferma di quello del 1194? (1),
Sventuratamente poco può animarci la relazione di Arrigo con
Messina per rispondere afìermativamente. Giacché nel Maggio del
1197, come i lettori già sanno, avendo scoperta una ribellione, s'era
come fuggitivo salvato fra' suoi fedeli Messinesi. Federico IL più
tardi ha apprezzato la loro devozione alla causa di Arrigo, quan-
do egli attribuisce loro il merito decisivo, non solo nell'acquisto,
ma anche nel recupero dei legni (2). E come poteva quindi Ar-
rigo nel Maggio del 1197 eseguire in Messina, con grave danno
della fedele città, la decisione pubblicata nel Marzo o nell'Aprile
dello stesso anno, che tutti i privilegi, i (inali non fossero stati re-
centemente riconosciuti, sarebbero stati irriti e nulli ? No, se Mes-
sina già nel 1194 avesse ottenuta la piena libertà di commercio,
sarebbe stata in tali circostanze sicuramente confermata da Arrigo
nel 1197!
A ciò s'aggiunga che la libertà di commercio per l'intero regno
siciliano ha una parte importante anche nei privilegi di Messina in-
dubitabilmente falsificati. Federico IL l'aveva infatti conceduta, ma il
trattato di Capua l'abolì. Allora si destò naturalmente il desiderio di
potere documentare tal diritto come antichissimo o più volte confer-
mato alla città. Cosi l'illimitata libertà di commercio appare in due
falsificazioni, delle quali l'una porta il nome del re Ruggiero e la
data del 15 Maggio 1129 (3), l'altra fu ascritta a Guglielmo il Buono
(1) Rispondendo affermativamente a questa domanda, 1' obbiezione sol-
levata dal Hartwig, op. e, p. 31, nota, che cioè Costanza conferrai sol-
tanto uno dei privilegi di suo marito, perderebbe ogni valore dimostrativo.
(2) B.-F. 534.
(3) Il diploma apparve Jiella Miscellanea del Baluzio, VI, 188 allegato
alla falsiticata Bist. liberationis Messanae. La riprodusse il Muratori,
SS. VI, 620, e il LiiNiG, Cod. dipi, ital., II, 845, II, 2515, IV, 401, e poi an-
che Gallo, l. e, e. 22. A dire il vero il Mandalari è assolutamente convinto
della sua autenticità. Ma la circostanza, che Ruggiero fu coronato il 25
Decembre 1130, e non il 15 Maggio lt29 (come qui si dice), che Ruggiero
prima del 1136 non s'è chiamato dvix Capue, e tale non si poteva chiamare,
ci autorizza a rigettarlo totalmente : non voglio neanche menzionare le al-
tre incongruenze. Degicjerei sapere in che rapporto sta questa grossolana
602 MISCELLANEA
ed ha la data del 20 Agosto 1160 (1). Il documento del 28 Ot-
tobre 1194 s'associa con queste falsificazioni (2).
falsificazione colla Cronica Maraldi anche apocrifa, in cui si trova, nien-
temeno corae giorno dell' incoronazione di Ruggiero, il 15 Maggio 1129.
Pirro, Sic. Sacr. I, Chronologia XIV. Rimando per tutt' altro all'as-
sennata disamina clìe il Di Meo nell' Appay-ato Cronologico agli An-
nali del regno di Napoli , 353 , 359 , fece nel 1785 sui particolari del
diploma e della Cronaca. Del resto è assodato che Ruggiero diede effet-
tivamente un Privilegio ai Messinesi ; più tardi fu loro tolto e solamente
sotto Guglielmo II. fu riconcednto alla città il 15 Novembre 1167. Hugo
Falcandus, ap. Muratori, «SS., VII, 324. [Hist. o Lib. de Reg. Sic. etc.
a cura di G. B. Siracusa, Roma, 1897, p. 131 (lì Trad.)]. Probabilmente
il documento autentico sta verso l'apocrifo nella stessa relazione in cui il
privilegio di Guglielmo I. del Maggio 1160 sta verso la falsificazione che
porta anche il suo nome colla d;ita supposta dell'Agosto 1160. Vedi nota
seguente.
(1) Anche questo documento è neh' Ilist. lib. Messanae, ap. Baluzio,
1. cit., 194, ap. Muratori, 1. e, 624, e pure in Lùnig, li, 2517 e coiranno
1164 ib. 855; finalmente in Gallo, 1. e, 37. Il falsificatore racconta che
Guglielmo I. andò in Messinii e che là gli si mostrò l' originale del di-
ploma di Ruggiero : d. d. die 15 Maii sub anno dl29 in sollemnitate co-
ronationis eiusdem; che poi- gli erano mostrati ancora Romanorum chi-
ìografa; e vengono ora i sorprendenti diritti su Gerusalemme ed Accon,
coi quali Gughelmo nulla però avea da fare; inoltre i cittadini non solo
ottenevano libertà di commercio per i viveri ma anche por tulio il re=!to,
secundum dictamen privilegii supradicti. Non si comprende pcrcliè i Mes-
sinesi .selle anni più lardi, nel Novembre del 1167, offrissero grandi doni
al Cancelliere di Guglielmo II., ut privilegium cis reddi faceret. quod olim
Rogerius rex super quibusdam civitatis immuni tatibus factum postea
poenilentia ductus eis abstulerat. Hugo^ Falcandus , 1. cil. 324 (ed. Si-
racusa, 1. e. 131). Secondo il diploma dell'Agosto del 1160 il padre di Gu-
glielmo II. avrebbe già confermato ai Messinesi e rinnovalo dictum privi-
legium in exempìari originali cnntcntum , excdlcntis domini ( Rogcrii)
palris nostri.
(2) Qui inleridu parlari'. ili;l iie;^e.iU> di'i \W Nuim unii «icl HliHUlNG
nel suoi Sizilianischen Studien . II. Anche Bi'hriiig riliula i diplomi del
Maggio 1129 e dell'Agosto 1160. Egli però lo pone p. 6, nr. 43 per il 27 Lu-
glio 1139, confondendolo nella più .strana maniera con /.-L., 8043; l'ultimo
egli lo porta dal 1100 al 11C4, p. 14 nr. 147, pag. 15 nr. 150,
MISCELLANEA 603
Si trova eziandio una testuale corrispondenza col privilegio
falso del 15 Maggio 1129. Dove Ruggiero avrebbe stabilito : nullus
civis Messane ad stolnm et armaiam quamcumque regalem nec
alias per mare seu per ierram ire cogatur invitus, praeter ad
hoc opus mimere aut stipendiis sublimata s ; Arrigo lo avrebbe
seguito nel 28 Ottobre 1194: nemo edam de Ipsa civitate Messa-
ne invitus cogatur ire in exercitum imperialem aut regalem
terra et mare, exeplis illis qui pheuda tenent. Le parole di Rug-
giero: civitates et loca, quae sunt a Ijcontino usqne ad Factas,
iurare teneanlur manutenere honorem Messanae ; Arrigo le
avrebbe cosi travolte: loca et civitates, que sunt a Leontino usque
ad Pactetwem civilatem, teneantur iuì^erando manuterti liono-
rem Messane (1). Ruggiero avrebbe stabilito: stratigotus de se
vel eius arbitrio nihil exeqiuitiw nullamque capiat mercedem
vel poenam; Arrigo vi si sarebbe conformato: stratecotus Mes-
sane non prò arbitrio suo mercedes vel poenas accipiat (2).
Anche nella concessione della libertà di commercio non manca
una corrispondenza nelle espressioni.
S'osservi poi che Ruggiero avrebbe conceduto il suo privile-
gio a Petro de Camulia, uno degli inviati di Messina; che la lista
di coloro che Arrigo avrebbe bandito secondo il privilegio del
1194, comincia: Cataldus de Caynulia. Il primo dei legati messi-
nesi, di cui si ha notizia, in una lettera del re Manfredi, indubi-
tabilmente falsificata, si chiama Gifaldus de Canmlia (3); ed i
conoscitori della storia di Messina sanno che parte abbia rappre-
sentato il signor Nicola di Camuglia, secondo la Brevis historia
liberationis Messanae, una falsificazione notoria (4).
(1) Hartwig, p. 31 n. , non ha ragione quando dice che questa frase
f si trova in tutti i documenti falsificali di Messina •; io l'ho riscontrala
solamente in quelli di Ruggiero e di Arrigo.
(2) Come nel diploma attribuito a Manfredi, in Gallo, 1. e. 97.
(3) Capasso, Ilist. dip. reg. Siciliae , 327. L' editore ha con ragione
segnato come falso il diploma, così pure due altri che [lorlano il nome iH
Manfredi. Cf. B. F., MST), 4746, 4759.
(4) Cf la.Bibliografla in L. v. Heinemann , Gesch. der Normannen
in Unteritalien und Sizilien I, 372. [Baluzio, Miscel. VI, t74 e seg. ; Mu-
ratori, jS(S. Uer. Ital. VI, 614 e segg.; Amari , St. dei Mus. di Sic. Ili,
604 MISCELLÀNEA
Per questa connessione non è più dunque permesso alcun dub-
bio sulle tendenze che hanno prodotto il documento (iel 1194.
Inoltre il falsificatore s'è servito delle Consuetudini di Messina.
Due proposizioni di queste si riscontrano nella sua composizio-
ne (1), quantunque non riprodotte testualmente.
Dall'altra parte si riscontrano delle concordanze fra il diploma
del 1194 e quello del 1197, così principalmente nelle proposizioni
che si riferiscono alla testimonianza obbligatoria, 1197: Si quis in
causa sua iestes Invocaverit et iesles ad testifìcandum quod sciunf
venire twluerint, debei eos curia cogere, ut testimonium peribeant;
e nel 1 1 94 : Quicumque in causis in testimonium vacati fuerint,
et ipsi consciverint (2) et ex eo in curia testi/icari noluerint,
de ceiero cogantiir a curia testimonium exhibere. Anche si con-
frontino le disposizioni relative ai diritti di rappresaglia, ([uantunque
nel primo 1' esecuzione sia afTidata all' Ammiraglio o al suo so-
stituto, nel secondo sia affidata al Baiulo (3).
Che il Cancelliere di Arrigo VI. si sia servito del diploma del
1194 è ad escludersi a priori. Fatta astrazione d' ogni nltra cosa,
egli avrebbe esercitato la nostra critica sulle fonti , avrebbe accu-
ratamente evitato nel suo nuovo documento tutto ciò che corrisponde
alla l'alsificazione fabbricata sotto ii nome di Ruggiero, come anche
quello che corrisponde alle consuetudini. Veramente non potrei an-
56 e seg.; Siracusa, in Arch. Si. Sic, N. S., XV, 1890; p. 1 e segg. 1 tre
famosi cittadini di Messina sono Ansaldus de Pactis, Nicolaus Camulia
e lacobinus Saccanus. (Il Tnid.)]
(1) (Ini) di essi e il § .'-{0; siili' :illro richiama l'aUenzione il Hartwig,
op. cit,, p. 31; veramente non Io troviamo noi Diritto consuetudinario di
Messina come lo possediamo o;,'{?i, anche presso Hartvvig, Afessineser Stadi-
recht 57-74; si trova percS nc^di Statuti di Trapani che derivano da quello
di Messinn, La Mantia, Consuetudvn delle città di Sicilia. 104.
(2) Così bÌ80j(na tinturnlnuMilc le^,'{?ore, itou mai corno il (tAm.o: <?on-
senserit.
(3) Gallo, I. cit., 12, ha stampato: Accipiat tantum de rebus ipsius
quantum crit predicla sub sncramxsrito. Il Manoalari, 93, n. 2 lo l-.a uv
celtRlo «enzJi dinicoUiL Mi io trovo che queste parole non hanno senso;
probabilmente «i da l-'g^fore : accipiat tantum de rebus ipsìus, quantum
erit predatum, sub sasimento.
MISCELLANEA 605
che asserire che il falsificatore si sia pure giovato del privilegio
del 1197. Può darsi che si sia qualcuno avvalso di qualche di-
ploma che Arrigo VI. concedette in Messina il 28 Ottobre 1194.
11 luogo ed il tempo s'addicono all'itinerario di Arrigo; i testimoni
si trovano più volle nel suo seguito; il Protonotaro Alberto sole-
va in quel tempo far la datazione dei documenti ; la mancanza
d'una ricognizione si deve al fatto che la carica di Cancelliere era
vacante dal 20 Giugno 1194(1); il cosidetto protocollo è in ogni
parte conforme allo stile ufficiale.
Insomma , il falsificatore ha seguito qualche privilegio genui-
no che Arrigo VI. concedette in Messina il 28 Ottobre 1194.
Perchè non potrebbe essere stato conceduto ai Messinesi ? An-
che nel documento del 1160, che dà piena franchigia di porto
per tutto il Regno , s' è imitato uno autentico dato agli stessi
Messinesi nel 1160. L'affermativa in questo fatto lasciasi pro-
nunziare con sicurezza , poiché coli' imitazione (2) è pervenuto
anche fino ai nostri giorni il medesimo archetipo (3). Per ana-
logia si aggiunga che la falsificazione che porta la data del
28 Ottobre 1194 rimane in un punto — com'è stato già det-
to— indietro al documento genuino dell' 11 Maggio 1197, di mo-
do che dall'Ottobre 1194 a quello del Maggio 1197 si presenta
uno sviluppo genetico ; prima fu conservato l'appalto del più alto
ufficio della città , ma doveva essere assegnato al maggiore offe-
rente soltanto dopo il trascorrere di un nnno ; più tardi fu intro-
dotto lo stipendio di Stato per lo stratigoto. Che così nella falsifi-
cazione si conceda in un punto meno, che nel documento autentico,
(1) (n*noia]mont(! lii slaiiipa potrebbe desiar sosiiclto in un [) unto, per-
chè la Cnnccllcriu ili Arrigo VI. non ha computato secondo i {,'iorni del
meso, come qui è accaduto, prima dell'Aprile 1195. Ma. come il Winkel-
MANN notò noi Forschungen zur dtsch. Gesch. XVIII, 479, il documento
nel Iiil)ro dei Privilegi di Messina è: 5' kal. Novembris.
(3) Cioè il falso di cui parlai soprti nella pag. 20 n. 1.
(3) A pag. 15 n. 4 richiamai l'attenzione sulle peculiarità del documento.
Il falsificatore lo ha preso con altre l'orme. Del resto egli fa menziono espres-
samente del privilegio autentico, le cui concessioni egli vuole ora esten-
dere.
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 39
606 . MISCELLANEA
mentre in pari tempo la stessa falsificazione coli' assoluta libertà
di commercio concede molto di più, non si lascia spiegar bene a
parer mio , se non ammettendo che la concessione minore sia
stata trasportata nella^ falsificazione da un privilegio autentico,
che pur troppo è perduto per noi. Allora dovrebbero spettare
al privilegio autentico anche le summenzionate disposizioni circa
la testimonianza obligatoria e il diritto di rappresaglia (1); il falsifi-
catore le avrebbe copiate e la Cancelleria imperiale ne avrebbe
tenuto conto nel 1197. Sarebbe questo il fondamento delle concor-
danze? (2)
Comunque siasi — il documento tramandatoci del 28 Ottobre 1194
è falso; non ultimo scopo della falsificazione fu l'intenzione di dar fon-
damento legale alla piena libertà di commercio; e in via accessoria
concorsero interessi genealogici (3) — Un diploma autentico dello
stesso anno e giorno, verosimilmente dato pur anche per Messina,
sarà servito di modello , e così si può trar partito della data e
dei testimoni per le indagini storiche (4), Assolutamente auten-
(1) Infatti è possibile che Arrigo VI. nel 1194 avrebbe conceduto ancora
ai Messinesi una grazia, la quale era più utile ad un momentaneo inte-
resse che nel 1197 riconosce non esser di nuovo abbisognato. Egli dice
dell'Ammiraglio Margarito : res ipsius, que capte fuerunt et expense prò
communi utilitati Messane, de estero non exigantur nec restiluantur.
Noi sappiamo da Ottoboni, Annal. Genuens. M. G. SS., XVIII, 108, che
Margarito possedeva un Castello in Messina.
(2) Costanza naturalmente non poteva riferirsi al presunto privilegio
del 1194, perchè Arrigo VI. nel 1197, ripetendo alcune particolari conces-
sioni, avrebbe dall' altra parte conceduto di più del privilegio. Io noto
questo per la mia ipotesi, pel caso in cui qualcuno voglia rimettere in
campo l'obiezione del Hartwig, op. cit., p. 31, della quale gii'i m'occupai
sopra.
(3) Non solo la menzione di Camuglia , di cui parlai sopra , è prova
di questo fatto; si deve anche in generale domandare ciò che ha da fare
l'enumenizione dei vari banditi col privilegio di una città.
(4) Altri potrà determinare il tempo del falso, che ci ha principal-
mente occupalo , e anche degli altri. Io noto soltanto : 1.° che secondo
il Qrxgorio, Considerazioni sopra la storia di Sicilia. I , Prove ed an-
notazioni 45, il privilegio t'ulsilicato di Ruggiero ò trascritto nei Regi-
MISCELLÀNKA 607
tici sono i privilegi del il97 e del Gennaio 1198. Quest'ultimo ha
ora veramente solo il v:ilore di una conferma ; ma dà una nuova
prospettiva nello studio dello sviluppo delle città marittime sici-
liane più importanti, ed offre notevoli aggiunte nella storia di Ar-
rigo VI.
Schè;ffer -Boichorst
<o$o=-
sili della Secrezia del 1428-29 fogli" 244 [Secr. Arch. di Stalo di Paler-
mo, voi. 40, f. 244. (Il Trad.)]; 2." che l'assoluta franchigia di porto, di
cui molto si parla nelle falsificazioni del Maggio 1129, dell'Agosto 1160
e dell'Ottobre 1194 (dopo il privilegio revocalo del 1199), come noi già
dicemmo, fu confermata nell'anno 1296.
Il Gomm. Vito La Mantia, 1 privilegi di Messina (1129-1816) Note
Sloriche con documenti inediti (/ privilegi dei tempi Normanni) Paler-
mo, 1897, pubblicò il * transunto inedito del 22 dicembre 1439, nel quale
é inserita la copia del privilegio di Ruggiero del 1129 » (con rota e mo-
nogramma), secondo il Regesto Poligrafo che si conserva in Trapani. Il
transunto è più antico della copia clie si conserva nella Secrezia, Sezione
diplomatica dell' Archivio di Slato. Il La Mantia (p. 3 a 12) ha il merito
di avere posto in nota tulle le varianti che si trovano fra le edizioni pre-
cedenti e quella del Notar Mallono del 1439. Nell'anno dopo, il mede-
simo La Mantia, Sugli antichi priviligi di Messina e su le ultime con-
troversie (1741-1800) per titolo di Capitale del Regno. Palermo , p. IV
e V nota 2, riportò tutte le varianti che si riscontrano fra la copia di Notar
Mallono e l'altra della Secrezia cit (Il Trad.).
RICORDI
DELLK COLONIE LOMBARDE DI SICILIA
Del 1874 nel II volume delle Opere di Lionardo Vigo il ver-
nacolo di San Fratello, mia terra natale , era onorato dei titoli
di gergo, à' ibrido, à' inintelligibile più della favella di Satanasso:—-
Diamine! dissi tra me e me: paragonabile alla lingua di Satanasso
la favella, eh' appresi col latte sulle ginocchia di mia madre ? Ve-
diamo di che si tratta : e dato di piglio alla penna , cominciai a
scrivere il Discorso intor^no al dialetto di San Fratello, che usci
fuori in Palermo del 1875. In esso, senza pretenderla a glottologo
né a fonologo, mi tornava agevole dimostrare con un po' di pra-
tica d'italiano e di latino, che il linguaggio incomprensibile più
che la favella di Satana, è un dialetto rotnanzo, come tutti i dia-
letti d'Italia, vari nella forma, identici nella sostanza.
Data mano al Discorso, ne resi consapevole lo vstesso Vigo; il
quale cosi mi rispose :
Aci 10 del 1875.
Sig. Luigi Vasi, Soddisfacendo la di lei dimanda, mi onoro farle
conoscere essere pubblicati dal Loescher in Milano i Cnnli popo-
lari lombardi. Ella mi scrive: « La lettura del secondo volume
dello opero sue. » Ciò mi sorprende. Come, dove, da chi V ha po-
tuto avere a 31 dicembre 1874?
Dovendo io pubblicare in primavera degli sludi sulla parlata
sanfratellana, se le giova e talenta potrò indirmi le di lei osse?*-
iUSOBLLAVlA 600
vazioni suU'istesso argomento, e le darò col di lei nome . . . , ch'io
non voglio penne altrui.
Div. LioNARDO Vigo.
Avendo risposto all'illustre scrittore, e dettogli, che non fidasse
in corrispondenti imperiti del dialetto sanfratellano, ricevetti que-
st'altra lettera :
Aei 21 del i875.
Riverito Sig. Luigi Vasi, Sento quanto mi dice nella sua del
16. Che fare? Pazienza; la responsabilità non è mia. A quanti
scrissi, noji risposero, a quanti pregai, fiato perduto.
Io sono stato costretto a dettare con 5 anni di preparazione
una Monografia critica delle colonie lombardo-sicule, che leggerò
alla nostra Società di Storia patria in aprile in Palermo. In essa
sono a mare largo; ivi è la IV appendice contenente il parallello
delle parlate lombardo-sicule con la veneta , lombarda , piemon-
tese, ligure ec. Sarà evulgata quest' anno. Mi dica in che discor-
diamo, e potrò correggermi, e dichiarare di averne obbliga a lei.
Per minorarle l'incomodo, le spedisco un elenco a stampa ; lo
riempia, lo annoti e lo restituisca, uscirà in di lei nome. Se vuole
potrà aggiungervi can lettera quanto stimerà convenevole.
Mi saluti l'UgduIena caramente e mi creda
P. S. Dovendo nella Monografia ristampare i Canti di San Fra-
tello, può mandarmene l'errata-corrige.
Bio. LiONAEDO Vigo.
Mandai l'elenco, non Veì^'ata, lavoro lungo e noioso , essendo
le poesie sanfratellane, impropriamente chiamate Canti, pubblicate
dal Vigo, scorrettissime di fo-rma e di significato. Mi rispose:
Aci 10 febbraio 1875.
Pregiatissimo Signore, Rispondo alla sua del 5 con 1' elenco.
Io cado dalle nuvole; mi duol« averla conosciuto troppo tardi.
610 hisoellanJbìa
Riparerò quanto potrò con la stampa della Monografia delle co-
lonie lombardo-sicule.
Il Ferrare potrà averlo dal Loescher da Firenze,
Appena ricevuto il di lei lavoro , lo farò pubblico nel modo
che mi sarà più agevole e pronto.
Ho sott'occhio le parlate: Liguri, Monferrine, Lombarde, Ve-
nete ec, e non posso ancora determinare l' origine di S. Fratello
sicuramente. Altre ne attendo per continuare il parallellismo, ma
vorrei meco lei e il Roccella di Piazza. Comunque sia, continuerò
i confronti, e forse troverò le città e i borghi originari di S. Fra-
.tello, Aidone e Piazza, comuni, ove meglio e pieno corrotto si con-
serva il subdialetto nativo.
Si conservi e mi creda
Suo servo ed amico L. Vigo.
Man mano, che il mio lavoro andava innanzi, gli errori del
Vigo mi si rendevano ogni di più manifesti. Prevedendo quindi,
che il valentuomo non lo avrebbe pubblicato da se , lo pubblicai
io per conto mio , e gliene mandai copia. Il mutamento di lin-
guaggio, eh' osservasi di leggieri nella seguente risposta, dimostra
chiaramente, ch'io mal non mi apposi:
Aci 10 di ottobre 1875.
Sacerdote Luigi Vasi, Ho ricevuto, non ietto ma divorato il di
lei opuscolo, e nell'accennarlene recezione, mi compiaccio con lei
del di lei lavoro, ringranziandola delle gentilezze di cui mi è
cortese. Sono certo n' ha mandato un esemplare all'egregio Remi-
gio Roccella a Piazza ; se non l' ha fatto, purghi la mora ; egli se
vorrà, può integrare il lavoro di lei, aggiungendovi le osserva-
zioni sul linguaggio della di lui città.
Io non sono né potrò essere giudice tra lei e ... in quanto
alla parte fonetica di cotesta parlata; perchè mi ò ignota. Se uno
0 più udendola la trascrivono comtemporaneamente in modo dif-
ferente, non si può dar torto a nessuno. É il caso di Mantegazza
fra i papuas.
Noi siamo pienamente di accordo , non ne maravigli. — Io ho
HtSOBLLANBA 611
studiato superficialmente le colonie lombarde occasionalmente ai
Ganti popolari prima e seconda edizione; ma col massimo impe-
gno per dettare la Monografia, che ho pronta alla stampa su que-
sto argomento, nel quale m'han tratto pe' capelli e villanamente
il De Gubernatis e il di lui Signore M. Amari,
Quand'olia la leggerà, troverà annunziato e documentato quanto
ha già proclamato. Io, la mercè di un larghissimo carteggio, con-
sociando filologia," storia e diplomatica, credo aver assicurato il
vero delle quattro colonizzazioni certe. E avrò il piacere di gio-
varmi dei di lei studi, rendendole il debito onore.
Ora rileggerò il di lei prezioso opuscolo pacatamente, lo an-
noterò a lapis com' è mia abitudine , forse ne darò un giudizio
critico in qualche giornale se ne avrò il tempo , e le manderò
copia.
Obbligalissimo L. Vigo.
Il giudizio critico, che il valentuomo promette col forse^ uscì
in effetto nel Precursore, giornale, che pubblicavasi allora in Pa-
lermo. In esso il Vigo dimenticò tutto quello, che mi aveva scritto
prima che uscisse alla luce il Di.scorso : dimenticò e 1' offerta di
Dubblicare le mie osservazioni, e la pazienza invocata , e la re-
sponsabilità non sua, e il desiderio di conoscere in che discorda-
vaino per corii'eggersi , e il chiestomi errata-corrige , e il cader
dalle nuvole, e il dispiacere d'avermi conosciuto troppo tardi, e
il proposito di riparare alla meglio con la stampa della Mono-
grafia.
Ma questo l'aveva scritto privatamente, e però senza pericolo
di compromettersi co' suoi avversari. Uscito fuori il Discorso ecco
il valentuomo dichiararsi incompetente, in fatto di pronunzia, a
portar giudizio tra me e i suoi corrispondenti , trovarsi meco in
perfetto accordo, tenere pronta alla stampa la Monografia, in cui
troverei annunziato e documentato quanto era uscito della mia
penna ; e se nella lettera dichiara, che gli sarei servito di giova-
mento, nel Cenno critico trova materia da censurare, non da
imitare.
Di qui una Lettera sul dialetto di San Fratello, diretta all' il-
tua 1IÌ6CBI.&AKSA
lustre prof. Giuseppe Ricca-Salerno , e pubblicata del 1876 in Fi-
renze dalla Rivista Europea. In essa con maggior copia d' argo-
menti e di prove presi a ribadire tutto che avevo affermalo nel
Discorso, confutare partitameute tutti gli errori del Vigo, ed ag-
giungervi di nuovo la provenienza di San Fratello dalla provin-
cia dell'Emilia e della Puglia.
Trascrivo la lettera, speditami dal Vigo, in risposta al mio
nuovo lavoro :
Acireale 19 dicembre 1876.
Riverito Sig. Vasi, Dopo aver ricevuto la di lei lettera dell' 8
volgente ho richiamato e letto la di lei epistola pubblicata nella
Rivista Europea e diretta al Sig. Giuseppe Ricca-Salerno sul lin-
guaggio sanfratellano. È inutile eh' io ripeta non poter essere
giudice di ciò che non conosco e non voglio conoscere. — Se quel
linguaggio non è demoniaco, sarà angelico, ma io lo ignoro e non
lo comprendo.
Attendo con impazienza gli ulteriori di lei lavori suH' argo-
mento e sempre più ammirerò la di lei sagacia ed erudizione. La
Monografia sulle colonie lombardo-sicule è compiuta da più tem-
po, ma ancora non è pubblicata : ivi toccherò la tesi suindicata,
ed ella avrà la sua copia. Ma di nuovo ? Nulla. Io credo che al
tempo di quelle emigrazioni e dopo divulgato il bando s'imbarca-
rono per Sicilia a stormi abitatori di città, villaggi e campagne,
e avidi di miglior fortuna di tanti paesi d' unica regione , e qui
tragittavano portando ciascun il proprio dialetto o subdialetto,
dalle quali miscee derivarono le presenti parlate di Nicosia, Piazza,
Aidone, San Fratello. Chi dissente da questa mia ipotesi buon prò'
gli faccia.
L'egregio Sig. Remigio Roccella ha dato al pubblico il vocabo-
lario piazzesG in un bel volume e nient' altro : se ella si piacesse
imitarlo , farebbe un bene al di lei loco nativo, a Sicilia e agli
studi linguistici.
Mi creda con ogni osservanza
Obbligatissimo L. Vigo.
MISCBLLÀiUU. Qld
Come vedesi da questa lettera, il Vigo era della scuola , che
divide l'uomo dal letterato, la parola dall'azione, la coscienza pri-
vata dalla pubblica, la politica dall'onestà. In principio peccò di
buona fede, prestando cieca credenza a corrispondenti ignoranti
il linguaggio sanfratellano; il torto di lui incomincia, allorché per
non confessare i suoi ei'rori, si volse a mezzi, eh' ogni uomo , ri-
spettoso della dignità propria, non si permette di usare.
La Monografia, tante volte pronta alla stampa, anziché del
1875 0 76, uscì fuori del 1884, dopo la morte dell'autore. Tanto
procrastinare fu per avventura effetto dei miei scritti , stampati
e da stampare ? Parrebbe di sì.
A suggerimento del Dott. Sig. Francesco Ugdutena , stampato
ii Dìscomo, ne mandai alquanti esemplari all' illustro Michele A-
mari ; da cui me n'ebbi la lettera seguente :
Firenze 11 ottobre 1875.
illustrissimo Signore, Tocca in vero a me di ringraziare 1' a-
mico Dott. Ugdulena per la cortesia eh' egli le ha suggerita come
veggo dalla pregiata lettera del tre.
E più ringrazio lei della gentilissima sua e del succoso opu-
scolo, del quale mi ha mandato le copie.
Sarà mia cura di donarne tre a persone che ne sapi'anno pro-
tittare.
Dal canto mio stretto dalle faccende della prossima partenza
per Roma, non ho potuto che percorrere il lavoro, il quale mi
sembra molto concludente.
Cerchi di estendere le sue ricerche ad altri paesi, e continui
ad approfondire la quistione, eh' è importante, e a dar buon esem-
pio ad altri in Sicilia e fuori.
Mi creda disposto a' suoi comandi e accetti i miei cordiali saluti.
Sue devotissimo M. Amari.
Incoraggiato da tale e tant' uomo , mi rivolsi a lui per tro-
614 MISCELLANEA
varmi nel continente chi volesse pubblicare la Lettera al Ricca-
Salerno. Risposemi :
Roma 24 maggio 1876.
Pregiatissimo Signore, Godo nel ritrar dalla sua lettera del 17,
eh' Ella abbia in pronto un lavoro sul dialetto di San Fratello e
che si disponga a pubblicarlo. Il Vigo dirà, come già fece per un
certo articolo del prof. De Gubernantis, eh' io vada procacciando
chi lo combatta; ma mi cale poco della sua antica collera e di
lui, e molto al contrario mi preme che progrediscano gli studi
dei dialetti dalle Alpi a Pantellaria.
Delle riviste che potrebbero stampare il suo lavoro la più ac-
concia mi sembra la Rivista Europea diretta dal Prof. De Guber-
natis dell'Istituto di Firenze. Indianista e linguista egli è del Mon-
ferrato, ed ha trattata, come ho detto , la quistione dei dialetti
lombardi di Sicilia, facendo giustizia degli spropositi di sor Leo-
nardo.
Mi dica dunque a un dipresso la mole della sua dissertazione.
Intanto ne scriverò al lodato professore, che mi è amicissimo. Ma
faccia presto la risposta, perchè De Gubernatis dee partire in lu-
glio pel Congresso degli Orientalisti a Pietroburgo ; converrebbe
ch'egli avesse il suo manoscritto prima di lasciar Firenze.
Sogliono le Riviste dare un certo numero di estratti all'autore,
e non occorre pagare di posta per le stampe. Soltanto credo sa-
rebbe bene, che dietro nuovo mio avviso. Ella mandasse il mano-
scritto a Firenze sotto fascia raccomandato, che non costa molto.
Gradisca i miei cordiali saluti.
Devotissimo M. Amari.
Vawlso promessomi mi fu dato dalla lettera seguente :
Roma 1° giugno 1870.
Pregiatissimo Signore, il Prof. De Gubernatis mi scrive per
l'appunto cho è pi'onto ad in.sei'ire il suo articolo con la neces-
saria riserva del Dirotlore d'ogni Rivista, cioò di rinviarlo, se non
MISCELLÀNEA 6l5
gli sembri opportuno — della quale riserva sono certo che non
sarà luogo a servirsi.
Ella potrà dunque inviare il Ms. al detto Profes. Angelo De
Gubernatis, Direttore della Rivista Europea, sotto fascia racco-
mandato a Firenze.
Faccia presto, perchè il De Gubernatis dal 6 in poi sarà occu-
pato al Giurì, e poi dovrà partire.
Mi creda sempre
Suo Devotissimo M. Amari.
Ad altra mia, con cui chiedevo l' esito della pratica , rispon-
deva così:
Roma 19 Luglio 1876.
Pregiatissimo Signore, Rispondo molto tardi, perchè sono an-
dato e venuto tra Roma e Firenze, e in quest'ultima non ho tro-
vato il De Gubernatis.
Avendogli dunque scritto, ei mi risponde aver già ricevuto il
suo lavoro e disporsi a pubblicarlo come prima avrà un po' di
posto nella Rivista.
Intanto mi fo un dovere di significarlo, e con perfetta stima
mi dico
Suo Devotissimo M. Amari.
Avendo del 1882 pubblicato altro mio lavoro Delle (hHgini e
vicende di San Fratello, in cui, scrivendo senza preconcetti, m'ero
trovato in qualche punto discorde dall' Amari , ne chiesi scuse
allo scrittore insigne, e ne ricevetti la lettera, che segue:
Roma 29 maggio 1882.
Pregiatissimo Signore, Ma si figuri se mi potrebbe far dispia-
cere la correzione d'un errore! Quand'anche non fosse accompa-
gnata da quella cortesia, ch'io trovo nella sua lettera e nel suo
opuscolo, o per dir meglio in qualche pagina che ne ho percorsa
tic MlSOXLtAtrBÀ
in fretta, quand'anco la correzione non fosse inzuccherata, io ne
sarei sempre soddisfatto. Che altro si può cercare se non la "ve-
rità, dico nella Storia come in ogni scienza ?
Dunque la ringrazio- del suo dono, della sua lettera e della sua
gentilezza e amorevolezza. Non le prometto con ciò di riesami-
na^e immediatamente le sue argomentazioni , perchè ho per le
mani tante faccende che premono.
Non tarderò, s'io conoscerò errore, a confessarlo, e se mi par-
ranno deboli le ragioni di Lei a palesarglielo schiettamente.
In questo mezzo mi proferisco
iSwo Devotissimo M. Amari.
Pubblicata la Monografia del Vigo, in cui agli errori antichi
se n'erano aggiunti di nuovi , tra per questo e per l'eccitamento
dell'Amari ad estendere le mie ricerche agli altri comuni lom-
bardi di Sicilia , pubblicai del 1884 le Osservazioni antiche alla
Monografia crHtica di Lionardo Vigo, e secondo il mio solito ne
mandai copia all' Amari. Delle Osservazioni basta il cenno ora
fatto, potendo, chi n' abbia voglia, leggere il lavoro uaìV Archivio
Storico Siciliano del 1884, da cui fu pubblicato. Giova invece ren-
der nota la lettera, che me ne scrisse l'Amari:
Roma 19 84.
Pregiatissimo Signore, Ho letto il suo articolo sui dialetti così
detti lombardi della Sicilia, e la ringrazio della cortesia , con la
quale me ne ha fatto dono.
In vero Ella ha fatto un esame, che dà buoni risultati, ancor-
ché il metodo non dia certezza assoluta delle relazioni di un par-
lare con l'altro di quei comuni (1).
Gradisca i miei cordiali saluti.
Suo Devotissimo M. Amari.
(1) Od io m'inganno, o la certezza assoluta non ò dell'argomento, di
cai é parola. La certezza assoluta può aversi nelle matematiche, nelle
MISCELLANEA 617
L'Amari, anima sdegnosa ed onesta , come rilevasi da queste
lettere e da tutti i suoi scritti, ignorava certa vanità muliebre,
certe arti sleali: scriveva come sentiva, e come scriveva, operava,
ed operava da gentiluomo non solo, ma, ciò che più monta, da
galantuomo. Ricco d'ingegno, di sapere, di dottrina propria ab-
borrì dai saccheggi letterari non meno disonesti che i guerreschi
e i plebei.
IL
Quando del 1875 pubblicai il Discorso, era opinione generale
dei letterati, che le colonie lombarde di Sicilia fossero tutte quante
originarie del Monferrato. Di fatto, scriveva il Vigo : « In quanto
alla loro provenienza, cioè derivare dall'antico Monferrato, non
esistea il menomo dubbio, né per me, nò per Tommaseo, né per
Costantino Nigra, ne per P. Emiliani Giudici, né per Giulio Grion,
né per Alessandro D' Ancona, né per Chatinet, né per Isidoro La
Lumia , né per lei, mio illustre amico , insomma per nessuno di
quanti parlarono di quel mio libro. »
Io pel primo, ancorché non letterato, osai nel Discorso oppor-
mi al torrente dei letterati, scrivendo : « A me sembra più con-
faconte alla natura dell'uomo, e quindi più conforme alle ragioni
storiche, vedere nei Lombardi venuti in Sicilia un'accolta d'indi-
vidui e d'intere famiglie, pertinenti a tutte le provincie lombardo
d'Italia. Siano quali si vogliano le condizioni civili ed economiche
d'un popolo, vi sono pur sempre mortali che, o diseredati dalla
fortuna, od agitati da forti e perpetue passioni , agognano a mu-
tar sede. Ed il secolo avventuriero , la voce della Religione, la
speranza di sorte migliore , e sopratutto le vittorie delle armi
fìsiche, nella storia naturale, ed anco nella storia civile qaand' é corre-
data da documenti certi e irrefutabili. In materia di dialetti affini, di pro-
venienze di origini, sia qual si voglia il metodo, non si può altro ottenere,
che la probabilità, o al [tiù la certezza morale. Io credo d' aver dimo-
strato la prevalenza dell'Emilia nel Sanfratellano, della Liguria in quello
di Nicosia. La relazione adunque tra Nicosia e San Fratello é quella
stessa che passa tra l'Emilia e la Liguria.
618 MISCELLANEA
normanne, dovettero di concerto chiamare nell'isola genti di tutte
le parti della terraferma: nell'isola, già famosa per antiche e re-
centi memorie, e capacissima, segnatamente dopo le sconfìtte e la
partita dei Musulmani, di ricevere nuovi ospiti. Ciò verrebbe mo-
strato dalla forma del dialetto, di cui è parola, nel quale ti è dato
vedere un corpo vivente di lingua , i cui elementi, nella totalità
loro sostanzialmente italiani, arieggiano tutti i dialetti affini, seb-
bene possano appartenere più a questo che a quello (1). »
E nella Lettera al Ricca-Salerno : « Circa al luogo, da cui par-
tirono (i coloni di S. Fratello), a me sembra, che il centro prin-
cipale sia stato l'Emilia : Piacenza, Modena, Reggio, co' luoghi cir-
convicini. »
« Altri vocaboli e forme di rilievo accennano ad una forte mi-
schlanza di Lombardi venuti dal mezzogiorno d' Italia , mischiati
verosimilmente a non so quanti Italiani. La Puglia segnatamente
dovette fornire ai conquistatori normanni grosso numero d'uomini
per questi novelli impianti. » Pag. 55-59.
Ribadivo queste medesime idee nelle Origini e vicende di San
Fratello : « Tutti questi nomi di luoghi, di famiglie e di persone,
offrono, se mal non mi appongo , le tracce del cammino tenuto
da quei Lombardi ed altri ItaJiani della terraferma, che vennero
a ripopolar San Fratello, e servono ad un'ora a confermare l'o-
pinione da me manifestata altrove, che di loro la maggior parte
mosse dalle provincie della Puglia e dell' Emilia. Gli è fuor di
dubbio che primi a seguire i Normanni nel conquisto della Sicilia
dovettero prestarsi coloro, che stati erano primi spettatori del va-
lore e della fortuna di quei venturieri. Ond' è naturale che parte
adescati dalle promesse, parte per sottrarsi dal furore delle fa-
zioni'o dalla tirannide bizantina, parte ancora per ragione di mi-
litari servigi, gli abitatori della Puglia e delle confinanti Provin-
cie si accompagnassero in buon numero coi conquistatori ad ogni
costoro passaggio nell'isola. E che qui poscia gran parte della
gente condotta fosse rimasta dopo il conquisto; che le amicizie,
(1) Pag. 26 del volume, in cui furono raccolti gli sparsi miei scritti,
ristampati in Palermo del 1889, sotto il titolo: Studi slorict e filolo-
gici di Luigi "Vasi.
MISCELLANEA 019
le parentele, la prosperità dell'impresa, le dovizie e gli alletta-
menti dell'isola, la forma del nuovo Stato e l'unione di questo con
altri Stati della terraferma, il vuoto lasciato da tante stragi ed
emigrazioni di Musulmani, e finalmente il sentimento e la voce
della Religione, efficacissimi a quei tempi , avessero alla spiccio-
lata e divisamente non solo, ma a famiglie compatte ed a torme
chiamate nuove genti dal continente , puossi argomentarlo cosi
dalla natura delle cose, e dalle passioni eh' agitano perpetuamente
il cuore dell'uomo, come dal numero delle colonie lombarde, che
vi si vedono stanziate dopo il conquisto. Tali furono Aidone, fiu-
terà, Gapizzi, Maniaci, Nicosia, Novara, Piazza, Randazzo, San Fra-
tello, Santa Lucia, Sperlinga, Vicari, e forse altri • luoghi.
Né scarso è da dire il numero dei loro abitanti , se un secolo
appena dacché i conquistatori ebbero posto piede nell'isola, si tro-
varono in grado d'offrire venti mila uomini atti alle armi. Né pa-
recchie di esse avrebbero potuto sino al di d' oggi conservare il
linguaggio del luogo, donde partirono , senza un grosso numero
di madri, dalle quali più che da ogni altro lo imparano 1 figli,
ed é tramandato alle generazioni avvenire. Né , supposto che i
nuovi venuti accoppiati si fossero con donne siciliane, avrebbero
queste, dimorando pur sempre nell' isola , disimparato il proprio
per apprendere idioma straniero.
Quanto ai Lombardi dell'Emilia, vuoisi riflettere essere questa
contrada, sovra ogni altra d' Italia , devastata a quei tempi dalle
inondazioni dei fiumi, che ne rendevano sterili i campi e mal sano
il soggiorno. Più infeste della natura la barbarie feudale, la fero-
cia delle fazioni , la lunga lotta ed immane tra il sacerdozio e
l'impero, spingevano i mortali a distruggersi le abitazioni e mor-
dersi a guisa di cavalli sfrenati. Di che le emigrazioni» lombarde
di quelle parti si protrassero sino ai tempi di Federico II , come
n' è pruova un diploma del 1237, onde l' Imperatore , che trova-
vasi allora nel campo presso Brescia, a moltitudine di Lombardi,
a lui accorsa, concede di recarsi in Sicilia ad abitare Scopello e
Gorleone. Ne è da tacere l'opinione, che d' Aidone e di Piazza fa
due colonie lombarde partite da Piacenza; come non vuoisi o-
mettere il nome di Furiano, onde va chiamato il principale fiume
di San Fratello, di provenienza , siccome ei pare , dal modanese
Friano. » Pag. 93-94,
620 KISOELLANEA
Finalmente nelle Osservazioni critiche: « Da questi calcoli,
esatti quanto il comporta la natura di questo lavoro, si può non
senza fondamento dedurre, che alla formazione delle cinque co-
lonie ch'ancora esistono, concorsero per metà il Genov osato e il
Piemonte col Principato di Monaco e la Contea di Nizza, per l'al-
tra metà le provincie del Mezzogiorno e l'Emilia. Quanto a pre-
valenza, per Nicosia e Sperlinga appare manifesto il predominio
assoluto delle provincie liguri e di Cuneo ; per San Fratello, poco
meno notabile, ma pur sempre chiaro, della provincia di Modena
e della Terra di Bari, per Aidone, uno leggerissimo e quasi nullo
della provincia d'Alessandria ; per Piazza, od esso non esiste, o la
natura della sua versione, troppo rimota dall'originale, non ci
permette di scorgerlo. » Pag. 147.
E riferendomi al solo San Fratello : « Or io credo d'aver dimo-
strato . . . , che gli abitanti di questo provennero per la massima
parte dall'Emilia e la Puglia. Quest'asserzione si fonda sul grosso
numero di vocaboli, frasi e costruzioni, comuni a San Fratello e
a quelle provincie, il quale rivela la stess'aria di famiglia...;
sull'i, che San Fratello quasi sempre premette dinanzi all'è, pro-
prietà quasi esclusiva delle provincie meridionali ; sul suono par-
tecipante dell' a e dell' e, frequentissimo in San Fratello, e feno-
meno linguistico dice l'Ascoli, proprio dell'Emilia; sulla mancanza
nel dialetto sanfratellano di certe forme del Piemonte e del Ge-
novesato, come stailo, faito ; sul nome Furiano imposto al fiume
di San Fratello, nome ignoto agli antichi, e similissimo al Fiorano
modenese ; sui molti nomi di luoghi e famiglie comuni a San Fra-
tello e alle provincie meridionali; sulla barbara lotta, che in San
Fratello ferve da secoli, tra Santa Maria e San Nicolò, santo molto
venerato iri Puglia; finalmente sugli aiuti continui d'uomini, che
la Puglia dovette prestare, e prestò veramente , allo armi nor-
manne nel conquisto dell'isola. » Pag. 146-47.
Dai miei scritti adunque emerge evidente di luce meridiana
ed italica :
1." Io il pi'imo, io il solo, osai dipartiiMni (ialF opinione ge-
nerale, che lo colonie lombarde di Sicilia fossero originario del
Monferrato.
2." Io il primo, io il solo, scorsi e formai dilToronze tali tra
i dialetti di esso colonie da farmi assegnar loro vari e diversi
punti di partenza nel recarsi in Sicilia.
MISCELLANEA 621
3." Io il primo, io il solo, sostenni e provai la provenienza
di San Fratello dalla Emilia e dalla Pu-rlia.
Ma ecco del 1884 venir fuori un opuscoletto di 12 pagine e
alquante righe, dal titolo: Fonetica dei dialetti gallo-italici di Si-
cilia, ed un secondo due anni dopo, di 14 pagine, col titolo: Affi-
nità del dialetto di San Fratello con quelli dell'Etnilia, in cui il
sig. Giacomo De Gregorio, autore dei due opuscoli , annunziava
queste tre scoperte :
1.° « I tie dialetti di Piazza Armerina (e Aidone), Nicosia (e
Sperlinga), San Fratello (e Novara) , appartengono alla famiglia
gallo-italica, >>
2." « Essi non hanno una patria originaria comune, nel senso,
che si colleghino con unico gruppo della famiglia.»
3." Il dialetto di San Fratello va considerato come appar-
teneiite al gruppo emiliano, dato pure che qualche scarso feno-
meno della sua fonetica possa ricondursi ad altra origine. »
« Il che tradotto in termini storici varrebbe a dire, che alla
formazione di San Fratello fossero concorsi emigrati dall'Emilia,
e da altre contrade, ma dall'Emilia principalissimamente. »
Or sorge del pari evidente di luce meridiana ed italica , che
queste tre impropriamente dette proposizioni altro non sono che
una cattiva copia de' miei scritti, in cui le scoperte novissime
del De Gregorio si trovano con barba e capelli canuti.
Nel primo de' due opuscoli l'autore dichiarasi grato fra gli al-
tri « al professore Luigi Vasi da San Fratello, il quale va lodato
pel Discorso del dialetto sanfratellano . . . , pel libro delle Origini
e vicende di San Fratello ... e per altri discorsi letti alla Società
di Storia patria in Palermo, tra cui uno del 1882 sugli Usi e co-
stumi di San Fratello. » Nel secondo non una sola parola di me
e delle cose mie.
Trovandomi allora in Palermo, ne rimostrai con lettera pri-
vata all'autore; il quale, non degnò di rispondermi. Di qui il
Cenno bibliografico, pubblicato dal lodato Archivio del 1886.
Per ragioni di cortesia, facile ad intendersi, volli unire in quello
il dolce all'amaro, e scrivere : « L' autore della Fonetica e del-
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIY. 40
622 MISCELLANEA
V Affinità, giovine di molto ingegno e di forti studi, può, senza
vestirsi delle penne altrui, acquistarsi nome nella scienza glotto-
logica.. . A tacere delle incoerenze tra le prime e le seconde di-
chiarazioni dell'autore, delle sorprese provate , della predilezione
sua del dialetto sanfratellano, dirò solo, che le postume e -solenni
scoperte, da lui annunciate, si trovano tutte quante ne' miei scritti,
9 anni prima che la Fonetica, e 10 prima che V Affinità vedesse
la luce. »
« Circa ai caratteri, sopra cui l'autore fonda la terza delle sue
proposizioni, giova di porli a confronto in colonna con quelli da
me notati nella Lettera al Ricca-Salerno. » E il ragguaglio risultò
tale da potere scrivere ; « Sicché a ben considerare , i caratteri
notati dall' autore si .rinvengono , se ne eccettui uno o due, ne'
miei scritti. »
E continuando; «Dei vocaboli della Fonetica, addotti ad esem-
pio (850 incirca) meglio che la metà sono parole sanfratellane, e
delle parole sanfratellane, più che la metà si trovano ne' miei
scritti. L'autore ora le scrive intatte , ora le modifica non bene.»
« Potrebbe darsi, scrive egli nell'Avvertenza, che le affinità coi
dialetti emiliani, che a me sembrano palpabili , non siano saltati
agli occhi di tutti tanto più che i vernacoli nostri volgarmente si
sogliono chiamare lombardi, e fra essi il sanfratellano per opinione
tutt'altro che volgare, si è già considerato come monferrino, e
vai dicendo. » Se fuvvi chi considerò il sanfratellano come mon-
ferrino, e non il sanfratellano soltanto, ma tutti indistintamente,
fuvvi ancora chi considerollo quale emiliano; e il vai dicendo e
il tutti parrebbero posti per tacere del solo , che avrebbe tolto
ogni valore alle scoperte del chiaro autore. »
Scrissi poi in nota : « L'autore cita taluni de' miei scritti, ed
uno perfino che non vide la luce : ma tace delle Osservazioni cri-
tiche e della Lettera al Ricca-Salerno , nei quali la provenienza
del sanfratellano dall'Emilia è dimostrata. Avrei attribuito il si-
lenzio ad ignoranza di questi miei scritti, so V Archivio Storico Si-
ciliano, da cui fu pubblicato il primo, non gli fosse ben noto, e
la Lettera non gli fosse stata data a leggere, allorché mi onorò
d'una sua visita in San Fratello (1). »
(1) Era presente in casa mia a quella visita l'illustre prof. Oiasoppe
Ricca-Salerno.
MISCELLANEA 623
Per rispondere all'accusa d'essersi appropriata e spacciata co-
me sua la roba altrui, al De Gregorio si porgevano ovvi due mez-
zi, ambidue onorevoli : 0 dimostrare dignitosamente la falsità di
essa accusa; o dichiarare lealmente la colpa commessa. Per con-
trario ei si appiglia ad un terzo mezzo, punto onorevole. Di fatto,
nell'ultimo suo lavoro, eh' io sappia, pubblicato nell'anno 1898 nel-
V Archivio citato, sotto il titolo : Sulla varia origine dei dialetti
Gallo-italici di Sicilia , salta a pie' pari l' accusa d' essersi apro-
priata la roba altrui, travisa la quistione , e scrive: « Quando
pubhlicammo i nostri lavori,, egli non seppe fare a meno di mo-
strarsi alquanto geloso del suo sanfratellano , e pensò di farci
qualche critica. » Cosi la pirateria,. ciò che mi mosse a scrivere
il Cenno, fu un sentimento dei più bassi e volgari, la gelosia di
mestiere. Fa di più; sentenzia cosi di me e delle cose mie:
« Sin dal 1875, il sac. Luigi Vasi di San Fratello dava fuori
dei saggi sul suo dialello, che se affastellano raffronti con dialetti
i più disparati e persino colla lingua francese, che l'autore cre-
deva entrasse in egual misura dell'italiana nel sanfratellano, ave-
vano, se non altro, il merito di mettere in rilievo la diversità tra
questo, il piazzese e il nicosiano. » Arch., p. 393.
« Dei dialetti, di cui ci occupiamo , il primo che pubblicasse
qualche saggio, fu Leonardo Vigo. Egli però non si recò a racco-
gliere sui luoghi stessi, ove si trovano , ma si fece pervenire a
Catania, città di sua dimora, delle trascrizioni di poesie vernacole.
È naturale , che Vigo rimanipolasse (1) tali trascrizioni . . . Una
buona rimanipolazione esse dovettero poi subire dal De Guher-
natis . . . Finalmente il Vasi succitato, ricorreggeva tali poesie, che
coi'redava dei numerosi e talvolta strani riscontri, che sopra ab-
biamo accennato. » Arch., p. 402.
« Alla Fonetica dei dialetti gallo-it. di Sicilia . . . facemmo se-
guii'e l'Affinità del dialetto di San Fratello con quelli dell'Emilia . . . ,
che persuase, ed anzi un pochino fece indispettire il Padre Vasi,
che ei partecipò essergli balenata quell'idea già prima ...»
(1) Così naturale, che rimanipolasse che il Vigo stesso dichiara più
volte nelle sue lettere di non conoscere il sanfratellano, e d'essere non
sua la responsabilità degli errori.
624 MISOELLANBA
« Noi conoscevamo di Vasi il Discorso sul dialetto sanfratel-
lano . . . , e Delle Origini e vicende di San Fratello . . . che affastel-
lano riscontri disparatibsimi, e senza metodo linguistico. Ma a Vasi
non si può negare conoscenza ed amoi-e pel suo dialetto natale.
Però volgendosi egli alle Osservazioni ed aggiunte che alla Fone-
tica si permetteva fare da Milano il compianto Morosi, dichiara
che <r l'errore che nella Fonetica è l'eccezione, nelle Osservazioni
è la regola » e che il Morosi « lavora sopra un fondo quasi sem-
pre traditore, onde gli sbagli fonetici son tanti nel suo lavoro,
che a correggerlo bisognerebbe rifarlo da cima a fondo. » Ay^ch.,
p. 403.
Qui dovrei trascrivere qualche strofa d' una certa ode del Pa-
nni , che farebbe molto al proposito ; ma è troppo ostica, e però
mi restringerò a dire, che la lettura del nuovo lavoro del De Gre-
gorio mi richiamò alla memoria la lettura d'una commedia, in
cui la moglie infedele scalmanasi a dissipare nello sposo tradito
i sospetti della sua infedeltà. E vengo, senz'altro all' esame parti-
colareggiato delle censure, appioppatemi dal De Gregorio.
III.
Mi passo del dispetto e della gelosia , che il crìtico mi attri-
buisce : le son cose troppo basse e volgari. L' asserzione poi d'es-
sermi balenata l'origine di San Fratello dall'Emilia, dopo d'averla
sostenuta e provata in tre lavori consecutivi, che precedettero il
primo di dieci, il secondo di quattro, il terzo di due anni l'Affi-
nità, per non usare parole più gravi, la dirò non seria.
Quanto al metodo, dal critico detto non linguistico, se egli in-
tende con ciò, che il metodo mio non è cifrato, la cosa è nota a
tutti; che non sia linguistico in modo assoluto, è improprietà di lin-
gua. Se linguistico non fosse, che sarebbe dello scoperte novissime
del critico ? E lo ste.sso dibattersi, eh' ei fa , per provare contro
questo e quell'alipo ciò che tant'anni avanti fu dai miei scritti
provato, non è una pruova palpabile della bontà del mio metodo ?
Piatto sta, che il metodo mio è linguistico , appunto perchè fon-
dasi sulle lingue. ^ positivo, porche poggia sopra dialetti non fit-
MIBOBLLANEA 625
tizi e chimerici, ma reali, vivi, parlanti. È oltre di ciò deduttivo,
perchè dall'esame minuto e coscienzioso della realità loro, deduco
delle conseguenze, che nessuno finora, compreso il critico , à po-
tuto non dico distruggere, ma né tampoco affievolire veracemente.
Ed essendo positivo e deduttivo, è per ciò stesso filosofico. Di qui
la stabilità e coerenza delle mie idee: dal Discorso alla lettera,
da questa alle Origini, dalle Origini alle Osservazioni critiche, ò
propugnato e rincalzalo sempre le stesse e medesime idee , senza
deviare un momento a destra ne a sinistra.
Può dirsi altrettanto del metodo seguito dal critico? Io non
m'intendo dei segni convenzionali, ond' egli infiora i suoi scritti,
la cui lettura, 'equivalente pei non fonologi a 40 giorni di febbre
quartana, è uno sfinimento : sarà filosofico , maneggiato da quel
potente ingegno dell'Ascoli e da altri pari suoi ; non così trattato
dal critico. In effetto, nella Fonetica il critico stima ^jm cawto l'a-
scrivere la rappresentanza del vernacolo di San Fratello al pede-
montano settentrionale.
Nell'Affinità i caratteri del dialetto di San Fratello con quelli
dei dialetti emiliani gli sembrano palpabili : li vede nella maggior
parte dei dialetti dell' Emilia, e in modo particolare nel mode-
nese; li vede nel dialetto di Fiorano tnodenese, ne\ parmigiano e
modenese; vede il fenomeno dell'afflevolimento di a tonico . . . non
solo a Piacenza, come a Parma e Bologna, ma a Reggio e Mo-
dena, essenzialmente emiliano; crede di non poter esservi riscon-
tri più evidenti , più probàbili tra San Fratello e i dialetti di
Modena.
Nell'ultimo lavoro Sulla varia origine dei dialetti gallo-italici
di Sicilia trova per contrario il sanfratellano connesso col bolo-
gnese ; vede una massa di emigrati bolognesi, che vennero a
stabilire la loro sede , ove sorse San Fratello , e la possibilità ,
che con loro si fossero mescolate alcune fam,iglie di altre con-
trade gallo italiche, come se n' hanno indizi nel dialetto : tene"
tanti, tucc' tutti, danc' denti sembrano innesti lombardi..., il
suffisso di !• pers. plur. ind. pres. uom^a , sem,bì'a innesto pie-
montese. '
Per tal modo il critico, se con Bologna salva la provenienza
emiliana, in tutto il resto dà di frego a tutti i suoi convincimenti
anteriori. Il che se da un canto non depone a favore della prò-
626 MISCELLANEA
fondita e solidità delle sue idee, dall'altro infonde il timore, che,
continuando di questo passo, sai-à per offrire immagine di quella
donna romana, che annoverava i mariti dai consolati.
Ora un metodo, che oscilla, tentenna, muta, si contradice, dee
contenere molto d'indeciso, di fantastico, di nebuloso, d'insussi-
stente; e però non è positivo, non filosofico.
Ed è necessità che ciò sia. Allo straniero, per giudicar equa-
mente un dialetto a lui ignoto, occorrono necessarie due cose:
1° che si addomestichi con quel dialetto, e ne colga le parole dalle
labbra di coloro che lo parlano bene ; 2° che le colga, e le scriva
esattamente : il che è difl3cilissimo, per non dire impossibile , con-
seguire, senza lunga, diligente e minuziosa pratica. I vocaboli po-
chi 0 molti presi dai dizionari e da scritture d' altro genere, non
ti daranno mai le genuine fattezze d'un dialetto di difllcile e mu-
tabile pronunzia. Per recarne un esempio, dal verbo dare abbia-
mo in San Fratello : daech do, dei dai, daea dà, duomo diamo,
dam date a me, daeni dà a me tu, dnggh date a lui , daeggh dà
tu' a lui, dergh dare a lui , dasgiaja dava , dasgiuoina davamo,
dasgiaju davano, docc diedi, doti diede, do.et dato, dasgìoss darei,
deì^ dare. Quale straniero saprebbe uscire incolume da questa sel-
va selvaggia ed aspra e forte, con l'aiuto soltanto del dizionario,
in cui mancano tanto mutamento di lettere, tanto accrescimento
0 diminuzione di sillabe, e quelle tante mezze tinte e sfumature,
sole atte a darti il suono genuino della parola ? E in tanta va-
rietà di lettere, di sillabe, di suoni , gli stranieri , senza la cono-
scenza del genio organico di questo dialetto, non trarrebbero cia-
scuno per conto suo quello che fa a proposito col suo sistema, e
tutti insieme poi non dedurrebbero conseguenze varie, opposte,
contradditorie ?
Altra fonte di dispute e di errori è la varietà di pronunzia
tra gli stessi parlanti il linguaggio medesimo, varietà causata ora
da difetto degli organi vocali, disadatti alla pronunzia di questa
e quella lettera, ora per difetto di mente agile e desta, e non
bene esercitata nel linguaggio nativo, ora per maggiore o minore
corruzione fonetica secondo l'età, la condizione , 11 grado , la fre-
quenza alla .scuola, il commercio coi forestieri, la vanità puerile
di ammazzare l'italiano per non darsi a divedere digiuni affatto
di lettere. Nell'opera del Papauti : / parlari italiani in Cer laido,
Miscellanea 627
sono spesse le avvertenze dei traduttori della Novella boccaccesca
intorno alla varietà di pronunzia tra popolo e plebe , tra città e
contado, tra questo e quel quartiere della città stessa. Tutto ciò
può costituire testimoni fallaci, che consultati dai fonologi, sono
causa delle conseguenze stesse, dette di sopra. E però a giudizio
del Bonghi « primario fondamento per fissare il vocabolo nella
scrittura essere la delicata osservazione del suono del vocabolo
nella bocca di chi pronunzia bene. "
A queste difficoltà, che chiamo intrinseche , voglionsi aggiun-
gere quelle estrinseche, cui gli scrittori di siffatte materie si pro-
cacciano da se medesimi. E prima i preconcetti, pei quali non il
sistema alle parole ma queste accomodano al sistema. I dialetti
affini non sarebbero tali, se molti vocaboli di forma e suono iden-
tici non avessero in comune, in mezzo a moltissimi altri di forma
e suono discordi. Ciò porge il destro della scelta, pigliando nella
farragine ingente quel tanto, che a ciascuno talenta , e sfatando
tutto il rimanente: donde un procedimento diverso e talora op-
posto :
Tu ver Gerusalemme, io verso Egitto.
Peggio poi, allorché commesso un errore s' ostinano a soste-
nerlo con altri errori, e peggio ancora, quando dalla conoscenza
di alquaiiti vocaboli traggono conseguenze generali, contro le leggi
della buona logica.
Tali difetti e lacune costituirono il fondo quasi sempre tradi-
lare, sopi'a cui lavorò il Morosi, che il nostro critico cita fuor
di luogo per farmi dire da capo, che gli errori nel De Gregorio
sono la eccezione, nel Morosi la regola. Sicuramente I Se non che
anche pel De Gregorio V eccezione sarebbe stata regola senza
il saccheggio dei miei scritti, e in regola si tramuta di fatto ogni
qualvolta non è soccorso da quelli. E pure l'uno e l'altro balbet-
tarono il sanfratellano con persone san fra tei la ne, l'uno in Genova
con certa guardia di finanza, l'altro in Palermo con un giovine
di farmacia (1), con l'esito, che pel Morosi s'è visto, pel De Gre-
gorio vedremo in ciò, che segue :
(i) 11 De Gregorio scrive in questo suo nuovo lavoro d'essersi recato
a San Fratello allo scopo di raccogliere dalla bocca dei parlanti un ma-
628
ìiisobllanSa
Errata
Corrifire
« Avana avena
« Nuyara terreno sterile
« Bdangua lingua .
« Lumaniga domenica
« Ottaur ottobre .
«r Odaur odore
« Giava giova
« Daung lungo
« Viuola viola
« SuXef»- solaio.
« Dinayeu Natale .
« Sara sera .
« Avana arena
« Maz mese
« Danc denti
« San« .
« jB/i«n .
• jezu asino
« Più
« Mew
« Tett
« Qatalu .
« Caum .
« iglara cera
Nuhiera terreno sterile e sassoso.
Daingua.
Dumainiha.
Attaur.
Adaur.
Giauva.
Daungh.
Vìjuola,
Sulier.
Dinaraeu.
Saira, sera e seta.
Araina.
Mais.
Daino.
Sauna suona.
Bltum bitume.
Hiesu.
Pieu pelo.
Mieu miele.
Taev. tale.
Accatnlu, accattatelo.
Ciaum piombo.
Zait'a.
teriale sicuro e sufficiente per fondarvi qualche concetto, che avesse ben
maggiore solidità che ìion una semplice congettura Quale e quanto ma-
teriale abbia potuto raccogliere in men di 24 ore, eh' ei stette in San
Fratello, la.scio immaginarlo al lettore. Il fatto ò, che il materiale sicuro
é infarcito di errori, il sufficiente senti l'imperioso bisogno di saccheg-
giare i miei scritti, e prendere il dirizzone verso l'Emilia, rinunziando
al Piemonte. Ma perché tacere d'aver pagato in Palermo per settimane
e forse per me.si il sopradetto giovine di Farmaoia , benedetto Tedesco,
per averlo al tlanco e consultarlo a suo bell'agio?
itISOELLANEA
629
Errata
<f Zener genero
« Zinzia .
« Zaimmu gibbum
« Ccineu .
« Cunsaul
« Cuma piuma
« Par pero
« Crara .
« Ragga .
« 'Canta .
« 'Canter.
« Ziu gelo
« Pigjai pigliate
« Stomay stomaco .
« Ddangua lingua .
Corrigre
Zenr.
Zinziha.
Zaima gobba.
Canaeu.
C'unsuol consólo verbo.
Ponna penna. Cwnm e piuma
mancano nel dialetto sanfra-
tellano.
Pair.
Così , com' è scritto , non inten-
. desi. Per grata deve scriversi
gra£ra, per capra craeva.
Reggia con Ve netto come in
reggia.
denta pianta , col suono di eie
in cielo.
Cianter piantare, col suono di eia
in ciancia.
Zieu con la z dolcissima. Ziu si-
gnifica il fratello del padre
o della madre, od altro con-
giunto, ed à la z aspra.
Pigghiai, col suono del ghia co-
me nel siciliano pagghiaifu.
Stamah. Il mutamento della e in
h, nella sillaba finale, è fre-
quentissimo in San Fratello.
L' h in tal caso prende suono
dolce ed aspirato, che muore
in gola : fuoh fuoco, giuoh
giuoco, amifi amico, lih fico,
cfiie/yih carico ecc.
Daingvu. Il raddoppiamento della
d iniziale in San Fratello non
esiste.
630 MISCELLANEA
Regole, raffronti, esempi, insulsi.
Zaìv. — Nella Fonetica il critico spiega « zaiv cibo (nocciolo). »
Corressi nel Cenno : zaiv or significa imbeccata, or ciò che si con-
tiene dentro a buccia o scorza. Ne cibo dunque ne nocciolo » —
('orre.ssi male. Zaiv non è cibo in genere , ma quello soltanto,
che gli uccelli portano nel becco per cibare la loro prole ; e non
è il contenuto della buccia o scorza, bensì il seme, che rotto il
nocciolo, vi si trova dentro. Adoperato altrimente è un traslato.
Il critico oltre ad ammettere l'errore di spiegare zaiv per cibo
in genere, nel suo nuovo lavoro, copia la mia inesattezza, sop-
primendo nocciolo, e mettendo in luogo di esso : parte interna
delle fratta.
* Le elisioni, scrive il critico , che si notano nella pronunzia
del bolognese : cvert, vii, vlam, mslir, . . . (mi come, contn can-
tano, sono pur proprie del sanfratellano. » Ma il sanfratellano
pronunzia : cuvert coperto , avlì avvilito , vilan peggiorativo di
vile, meistr maestro, cam come, chientu cantano ; e quindi il pa-
ragone non regge.
« Le parole bolognesi, che noi abbiamo inteso proferire , con-
tengono, ne più né meno Vau di San Fratello, in cui, ovviamente,
non si vorrà trovare a cosi aperto, come per esempio è nell'ita-
liano carne. » Anche questo paragone non regge. Per reggere il
critico avrebbe dovuto recare un esempio del dittongo au in ita-
liano, come in aurora. Del rimanente Va ài am-oygia orecchio,
auzieu uccello, auter altare, aurifc orefice ec , che in San P'ra-
tello si pronunzia come l'a di aurora, contradice la gratuita as-
serzione del critico.
« Nel sanfratellano abbiamo accanto ad au, genuino, anche uo
che non deve fare specie, a chi pensi alla influenza di qualche
varietà siciliana. » Dov'è la ragione per chiamare genuino l'uno
l'altro no, influenzato l'uno, l'altro no? 11 .secondo non è meno
frequente in San Fratello che il primo : con haula gola , anaur
onore, amaur amore, duttaur dottore, dauz dolce , dauv lupo,
procedono pari pas.so : zuorfar zolfo, ftiorn forno, pittoni giorno,
uors oi'so, ruolt i-otto, ruoss l'osso, suotla sotto, sluopa stoppa ecc.
MISCELLANEA 631
V asserzione adunque sarebbe gratuita, se non fosse anche falsa.
Nel menzionato Papànti è censurata la traduzione che va sotto
il nome del Salviati , perchè il traduttore scrisse uog e non og,
come porta l'uso vivente di Milano. Ma V uogg sanfratellano
prova, che il milanese moderno è storpiatura dell' antico , come
nel bolognese antico zuogh, fuogh giuoco, fuoco, e il giuoh, fuoh,
sanfratellano trovasi tale somiglianza, e sto per dire identità, che
sparisce nel bolognese moderno ziich fugh. Sarebbero il milanese
e il bolognese antichi influenzati pure dal siciliano? Il sanfratel-
lano uo è dunque genuino del pari; e l'edifizio faticosamente in-
nalzato dal critico fa pelo e corpo e fessure per ogni parte.
« g iniziale è riflesso da z : ziu gelo, zener genero, zinzia gen-
giva , zatmmu gibbum ecc. »> — Questo mutamento conservasi
sempre, come farebbe credere il critico ? : Giea già, giniraeu ge-
nerale, giami' e i suoi derivati giuvnazz giuvnott, giuvmctin, gio-
vine, giovinaccio, giovinetto, giovinottino, ginijeu geniale, gienji
genio, giuorn giorno, giuo/i giuoco, giaint gente, giurdin giardi-
no ecc. non fanno a pugni con la regola posta dal critico ?
« Nicosia ate = ei: amei, cantei, haìxii, fei, stei ... Il sanfra-
tellano poi conti'asta spiccatamente per suo a in questo solo caso
alquanto aperto : dam datemi, pigjai pigliata , catalu , u salurai
salutatelo, mentre di regola riduce a tonico in a ed anche in e.»
Nel Saggio di fonetica siciliana il critico afferma, che a San Fra-
tello e a Novara a tonico non esiste : qui la un' eccezione , atte-
nuandola con in questo solo caso, e alquanto aperto. — Fatto sta,
che in San Fratello non ate soltanto, ma eziandio eie, k Va non
alquanto aperta, bensì apertissima in tutti i verbi di 1" e 2* coniu-
gazione, vuoi regolari o irregolari, nella 2" pers. plur. del pres.
ind. e imp. : mangiai mangiate, guardai guardate, anurai onorate,
abbaiai ballate, virai vedete, sirai sedete, buvai bevete, Mttai bat-
tete, dijai leggete ecc.
Oltre di che ogni qualvolta Vo si tramuta in a semplice o nel
composto au, Va è sempre aperta : cam come , na no , ara ora,
adaura allora, apastu apostolo, amaur amore, dulaur dolore ecc.
Noterò anche di volo, che come il nicosiano il sanfratellano
possiede amei, cantei, abbaici, fei, stei, ma il 1", 2" e 3" esempio
indicano la per. 1" sing. del pass. rem. ind., il 4° e 5" la pers. 2»
sing. del pres. ind.: chi fei? che fai, cam stei? come stai.
632 msCELLAKEA
Dire dunque che Va tonico in San fratello non esiste, che esi-
ste alquanto aperta nel solo aie, dimostra due cose, e ciò è, che
il critico conosce ben poco del sanfratellano, e che sopra questo
ben poco fonda delle regole, che non son regole.
« Si ha a Piazza : cusiurer, camarer, cavaler , che a Nicosia
trova riscontro in eru. Il riflesso sanfratellano invece è connesso
con aeri del moderno bolognese » — Il sanfratellano pronunzia:
cusiuriet', camarieì^ cavalier con 1' e schietto, identico all'italiano
cameriere, cavaliere: esso dunque non ha nulla che vedere col
bolognese a^ri.
« Quanto alla speciale coloritura in o del sanfratellano , che
osserviamo in stodda , zdott, noi, si tratta di o alquanto aperto
quasi a, —Il cangiamento dell' e in o, frequentissimo in San Fra-
tello, à lo stesso suono che 1' o italiano in storia , stoppa ecc., e
però V 0 alquanto aperto quasi o di stodda stella, nott netto, pose
pesce, bancott banchetto, mossa messa, ponna penna, bidozza bel-
lezza , frosch fresco , dogni legna , guross godessi , pulos potessi
ecc., in San Fratello è sconosciuto.
« Alla stessa causa della imitazione esagerata ascriviamo inol-
tre il vocalizzamento di l tra vocali (sanfratello veu, zieu, fìu,
più, canau, tau, san, sole, sale, meu). »
« Sole a stento si potrebbe sospettare che la risoluzione ge-
nuina sia quella dell'apocope completa di lo, le finali, come mu,
cu, e nei casi olo. »
Non è l'apocope, propriamente detta , troncamento d' una let-
tera 0 d'una sillaba tinaie, ma la contrazione o fognatura, che ri-
duce le finali, le, lo. Ilo, olo in u, e fa di sole sau , sale saeu,
genei'ale giniraeu, tale taeu, apostolo apastu, figliuolo fìgghiuou,
magliuolo tnagghiuou, cappello cappieu , coltello cutieu , anello
anieu, budello burieu ecc. Da questa regola non si sottrae mu,
cu in cui il lo fognato in u si sopprime per evitare l'incontro di
due u, che renderebbero suono brutto e sgradito. Ed è regola
costante, salvo qualcht* l'arissima eccezione, che lasciasi intender»^
senza stento veruno da chi conosce il genio organico dei dialetto.
« Il riflesso di e tonico ... è appunto e pretto tanto a Piazza
V
che a Nicosia. Piazza : zep ceppo, l^tra lettei'a, pes p(!scv\ sek socco,
ttret atrelto, den degno, dukesa duchesa, . . . r>esh vescovo, sen se-
MISC£LLAKBA 638
gno, dengua lingua, venz vincere, semplici semplice. Nicosia : ze-
pii, detra, pesu, secu, danu, venzu. « In San Fratello « il riflesso
V V
normale è ai : avair, plazair piacere, arsaira, trai tre, azai aceto,
V
zara cera, maz mese, arana arena, avana avena, nair nero, sai
sete, baivr, naiv neve, por pero, dumaniga domenica, cavai ca-
pelli, rau egli ddangua, vainzr vincere, tainzr tingere. »
Noto in primo luogo, che tra venti vocaboli sette vanno scritti
diversamente. Noto in secondo, che in zara, arana, avana, par,
dumaniga, vau, ddangua, recati a pruova dal critico, manca Vai
normale, non essendovi che la semplice a senza l' i. Noto in terzo
luogo, che in ddangua, vainzr, tainzr manca l' e tonico così in
sanfratellano, come in italiano, come in latino. Questi due casi
dimostrano, che se il critico non ha idea chiara del verbo affa-
stellare, sa metterlo bene in pratica. Noto in quarto luogo , che
il critico a poter dimostrare la differenza del riflesso di e tonico
di Piazza e Nicosia dal sanfratellano, e conchiudere che quello al
Piemonte, questo s' appartiene all' Emilia , e specialmente a Bolo-
gna, sceglie alquanti vocaboli, che quadrano col suo proposito, e
dimentica i sanfratellani: pezz pezzo, zeri certo, mecc mecco,
presi presto , cet ceto , ben bene , beu bello , vecch vecchio , regn
regno, cunfess confesso, divers diverso, 'nfern inferno, manted
mantello, trenta, testa, terra, festa e cent 'altri, in cui Ve tonico
è pretto e, che distruggono senza rimedio il canone pensato dal
ciitico.
Col porre « in rilievo le più spiccate divergenze tra il sanfra-
tellano da una pai'te, e il piazzese e nicosiano dall'altra», il cri-
tico si propose « di risolvere il problema della connessione spe-
ciale di questi singoli dialetti colle lingue gallo-italiche dell'Italia
settentrionale, donde derivano. » Ahimè ! il problema avrà un bel-
l'aspettare d'essere sciolto da questi pasticci :
Non tali auiilio, nec defensoribus istis
Tempus egei.
Dei vocaboli, onde si compongono le poesie in vernacolo san-
fi'Llellano da me pubblicate , compilai un dizionarietto, conser-
634 MISCELLANEA.
vando ii numero, il genere, la persona, il modo, il tempo, e pre-
mettendo il proprio al senso figurato, o viceversa, secondo i casi.
Il De Gregorio vi attinge con ambe le mani, e conservandone la
forma, ne mutila o cangia il significato, non so se per istudio di
brevità , o per mostrarsi originale e non pedissequo. Di qui sva-
rioni da prendersi con le molle.
Svarioni.
< Cacculi poppe. »
Dizionario: Cacculi dicesi specialmente dei globi dell'occhio o
del tuorlo d'uovo; per similitudine mammelle. Giusta la monca
definizione del critico un forestiere, che l'avesse letta ed indi ve-
nuto in San Fratello, sentisse le donne del volgo imprecare: Ti
cascfiiesu li cacculi di ghiuogg (ti cadessero i globi degli occhi)
trasecolerebbe, che in San Fratello anche i maschi avessero pop-
pe, e che le poppe formassei'O parte degli occhi , caso unico e
nuovo nella storia naturale.
« Galani bel bello. »
Diz. : Galani galante, esecutore d' un lavoro senza sforzo di
sorta e quasi scherzando. — È questo secondo il significato di ga-
lani nell'ottava, in cui trovasi, sotto il titolo : Il mietitore. I due
vocaboli seguenti ne chiariranno il concetto.
« Giaruorn grosso e tondo. »
Diz. : \}iaì^orn grosso a mo' di coppo. — Deriva dal siciliano
glabra, dal sanfratellano gierra, ed è dell'ottava, cui appartiene
galani ; il quale, per la sua valentia, fa grossi i manipoli a guisa
di coppi. Secondo la definizione del ci'itico la conseguenza è que-
sta, che i manipoli in mano del mietitore non solo sono grossi,
ma bel hello diventano prodigiosamente tondi.
• Lalu pezzetto di pasta di farina, che serve di balocco ai
bambini. »
Diz.: I/ilu pezzo di pasta di farina cilindrico, grullo. - E in
nota all'ottava il mietUore.a cui appartiene anche to/t*.- pezzo di
pasta di farina di forma cilindi-ica, che per lo più sGrv(( di tra-
stullo ai bambini. Dalla somiglianza di questo vocabolo con Lulu,
MISCELLANEA 635
il sale dell'ironia. » Lulu era il soprannome del mietitore , uomo
disutillaccio e mezzo scemo. Lalu porta il medesimo significato,
d'uomo cioè disutile e grullo. Tutta l'ottava adunque del mieti-
tore, che fa grossi manipoli, senza stento e quasi scherzando, è
un'ironia, la quale rendesi manifesta negli ultimi due versi :
Ana virai lalu. 'nficcagghi 'nta u fuorn,
Daggh 'na 'nquadiera, e li mangiai.
(Dove vedete lalu, ficcateli nel forno,)
(Riscaldateli un po' e li mangiate.)
Il critico, non intendendo nulla dell'ottava, diede una defini-
zione di lalu, che contiene tre errori : tralasciò il vocabolo grullo,
eh' è il vero significato di lalu applicato all'uomo; tralasciò l'e-
piteto cilindrico , qualità specifica di lalu , e fece d'ogni pezzo di
pasta un lalu, il che è uno sproposito ; tralasciò pe?^* lo più serve
di trastullo ai fanciulli , e fece di loÀu un semplice balocco da
bimbi, il che è falso. Alloi'chè la madre sanfratellana per chetare
il figlio che piange chiedendo pane, gli dice : Staet mut, cK ara
'mpest, e ti faezz u lalu (sta zitto, ch'ora impasto, e ti fo il lalu)
il lalu non sarà fatto certo per baloccare il bimbo, ma per isfa-
marlo.
« Cabub pastrano. «
Diz. : Cabub cappotto. — Apro il dizionario del Cardinali, e alla
voce pastrano trovo : « specie di ferraiuolo colle maniche da im-
bracciarsi, e con bottoni, occhielli , bavaro e pistagna. » — Tutto
ciò à che fare col cabub sanfratellano quanto il cappello coi piedi.
Era il cabub (dico era, non essendo liù in uso) un coso di alba-
gie, lungo fin quasi al calcagno, sparato dinanzi per tutta la lun-
ghezza, con due brevi aperture ai fianchi , una per ciascun lato,
con cappuccio tondo, senza maniche, senza bavaro, senza bottoni,
senza occhielli, senza pistagna. Non sapendo trovar di meglio, lo
sinonimo con cappotto, come il più prossimo all'originale.
« Danciraur imbuto. »
Diz.: Lanciraur imbuto, allorché serve a far la salsiccia. —
Per imbuto in genere, il sanfratellano à 'mbut. Il critico , come
vodesi, prende il genere per la specie.
636 MISCET.LANEA
<f Scharamecc marmocchi (= sic. carmusci , conigli appena
nati. »
Diz. : Scaramecc conigli di fresco nati, figli. — I figli è un tra-
slato, che s'applica quando nascono o crescono scarni e sparuti.
Secondo il critico, i ragazzi — che tale suona la voce marmocchi—
anco grossi e paffuti, sono uguali al siciliano carmusci , conigli
appena nati.
« Scirbi erbacce, luoghi scoscesi. »
Diz. : Scirbi luoghi dirupati e scoscesi, ovvero erbe cattive che,
nate in mezzo al grano, vengono svelte. Viene dal verbo scirber,
in italiano scerpare ; e sta nell'ottava, in cui parlasi male delle
donne, dette tnali sciy^bi. È quindi un traslato. Il critico anche
qui prende il genere per la specie.
« 'Nziula upupa, donnaccia. »
Diz. : 'Nziula upupa, donna di statura lunga, sottile, curva, di
brutto e lugubre aspetto. — Uno dei tanti pregiudizi del volgo
sanfratellano è quello di credere annunziatore di morte il canto
notturno dell'upupa vicino alla casa, in cui giace un ammalato.
Di qui r applicazione di 'nziula alla donna , quasi fantasona , di
brutto e lugubre aspetto, descritta di sopra. Il donnaccia adunque
del critico, oltre all' esser generico , porta a ben diverso signi-
ficato.
« Pott corregge. » Diz. : Pott coregge. — É questo il solo voca-
bolo, in cui il critico corresse la forma del dizionario per com-
mettere un grossolano errore. Il vocabolo recato in pratica fu ca-
gione , che il Gellini attaccasse una fiera briga.
Marabul sornione. ~ Spiegai il vocabolo per uomo di brutto e
lugubre aspetto. L'Amari vide nei Marabuti una specie di frate-
ria musulmana, la quale, trattandosi di frateria e di Musulmani,
non dovea certo presentare aspetto bello ed allegro. San Fratello,
sede un tempo di Musulmani, conserva tuttora col vocabolo, l'i-
dea, chiamando inarabut un uomo malaticcio, cascante, brutto. Il
seì'fiione adunque del critico conviene al vocabolo quanto le scar-
pe al capo. — Ma di ciò basta.
Ripigliando il (ilo delUi censure, il criticai) trovò a/JasteUati i
raffronti con dialetti i più disparati. Noi dobbiamo crederlo, per-
MISCELLANEA 637
ch'egli il dice. Ma non basta il dirlo, fa d'uopo provarlo. Si provi
dunque il critico a dimostrare, che i vocaboli furono gittati lì
a fascio, confusamente, senz'ordine, senza coerenza. Quanto a raf-
fronti con dialetti i più disparati, egli non capì la ragione di quella
disparità. La ragione la esposi, rispondendo al Vigo nella Lettera
al Ricca: « Donde vennero a San Fratello i Lombardi? Credette
il Vigo, ch'io per rispondere a ciò, abbia scritto nel Discorso le
tavole di confronto , tra il sanfratellano e i dialetti di Milano e
del Monferrato. No, davvero . . . Voi , o letterati, chiamate gergo
l'idioma lombardo, e lo giudicate concordemente originario del
Monferrato : con esempi alla mano correggerò le vostre opinioni,
fondate sopra pochi vocaboli non umanamente scritti. Ecco lo
scopo del mio Discorso. »
« Le tavole da me prodotte, osserva il Vigo , dimostrano che
i tre linguaggi messi a confronto sono vari fra loro, e differiscono
d'identità ; che nel sanfratellano sono forame glottiche d' ignota
provenienza, ne queste lacune furono riem,pite dal Vasi. Non è
giusto cercare in un libro qualunque quello, che non ebbe in pen-
siero l'autore di darti ; e poiché a me parve d'aver dimostrato il
sanfratellano essere un neolatino come gli altri parlari della peni-
sola, e trovarsi in esso tanto di milanese quanto di monferrino, lo
scopo era conseguito e aperto l'adito a nuove ricerche.» Pag. 54.
E più esplicitamente nelle Osservazioni antiche: «Finalmente
nel sanfratellano trovasi su per giù tanto di monferrino quanto
di milanese : donde non equa la sentenza, che le colonie lòmbar-
de-sicule vuole in tutto e per tutto monferrino , e giusta invece
quella, che le affermasse derivate da tutta Italia. * Pag. 140.
Del rimanente il giudizio del critico è soggettivo. Rispondo
però al critico con altri giudizi soggettivi del pari ; e ciò è, che
i miei scritti non parvero quali a lui né all' Amari , né al Degu-
bernatis, né allo stesso Vigo, né al Pitrè, nò all' autore del dizio-
nario piazzese, Remigio Roccella , che giudicò nei miei scritti lo
svolgimento e l'ordine veramente ammirevoli, l'assunto propu-
gnato per qimnto possibile raggiunto, svolte ampiamente le dot-
trine a corredo, lavoro, in cui si rivela lo studio accurato e pa-
ziente ; nò lìnaìmente al Boselli , che afferma del contenuto del
ìnio lavoro, che reca un nu^vo ed utile contributo agli studi fi-
lologici, e in ìspecie alla costruzione storica del dialetto.
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 41
688 MISCELLANEA
Dirà il critico, che costoro non sono fonologi. Ebbene, addurrò
il giudizio d'un fonologo, per lo meno quanto lui , il Morosi ; il
quale rispondeva così al Dott. Benedetto Ricca Salerno per rin-
graziarlo d'avergli spedito alcuni miei scritti :
« Io non so come ringraziarla della gentilezza veramente squi-
sita, regalandomi gl'importanti lavori pubblicati intorno a cotesto
dialetto dall'egregio Prof. Vasi ...»
« La prego di ossequiare da parte mia il sig. Prof. Vasi e d'in-
coraggiarlo a compiere i suoi studi su codeste colonie lombarde,
e voglia dirgli che farebbe opera veramente preziosa, se dedicasse
un po' del suo tempo a compilare un Dizionario (ch'egli saprebbe
fare benissimo) delle voci sanfratellane che non s' incontrano, o
non nella stessa forma, nel siciliano comune. Chi sa che non ne
venga qualche lume alla quistione della origine di cotesta colo-
nia ? Del resto la è questa davvero (come il Sig. Prof. Vasi ha
ben veduto) una quistione assai difficile a risolversi. Anche a me
non è riuscito di formarmi una opinione chiara e netta a tale
proposito. Aspetto quindi con impazienza la pubblicazione dell'o-
pera, che il dotto (1) Prof., suo concittadino, promette. »
Al critico parve stranezza od errore massiccio 1' avere scritto
nel Discorso : « Un altro elemento , di cui parimente non torna
agevole rintracciare l'origine, si è il francese , che in copia tro-
vasi commisto nel corpo di questo dialetto. » E date molteplici
pruove di questo mio asserto, conchiudevo con dire essere « oltre-
modo manifesto non solo il concorso del sermone gallico nella
formazione di questo vernacolo, ma un numero altresì di Fran-
cesi uguale quasi ai Lombardi nella formazione di San Fratello. •>
Pag. 30-31-32.
Or che fa il critico ? Toglie il qiuzsi dal mio periodo, e vi so-
stituisce in egual misura. Arch., p. 303.
Parrebbe a primo aspetto, che il critico giovandosi del tempo
trascorso tra la stampa del mio e quella dell' ultimo suo lavoro,
a meglio dimostrare la stranezza o sproposito dell' asserto, abbia
(1) Me degno a ciò né io né altri erede.
MISCELLANEA 689
a bello studio omesso V avverbio quasi. Sono già 93 anni , che il
Discorso uscì fuori in Palermo. Quanti lessero quel Discorso ? E
tra i lettori quanti possono ricordarsi dei particolari in esso con-
tenuti ?
Giova invoce supporre, che l'abbia fatto per isbadataggine :
giacché il De Gregorio non può ignorare , che dissentire dalle
opinioni altrui si può onestamente ; falsificare gli altrui scritti non
si può senza disonore, quand'anche il falsificatore vesta panni da
gentiluomo, e scriva secondo il costume cesareo col Noi.
Rispetto alla stranezza poi, non senza orgoglio trovo d' averla
in comune con un omonimo del critico, ma infinitamente più ver-
sato di lui nelle cose nostre, e scrittore di ben altro polso. Ro-
sario Gregorio. Il quale, nelle Considerazioni sopra la Storia di
Sicilia scrive : Ma non è qui da pretermettersi un popolo nuovo,
che passò in quel tempo la prima volta in Sicilia, e che dai paesi
e dalla patria loro trasportarono con seco abbondantemente i vit-
toriosi Normanni : ognun si avvede, che io qui parlo dei Franchi.
Comechè il Malaterra siasi studiato d'ingrandire la famiglia di
Tancredi di Altavilla , padre di Roberto e del nostro Ruggieri,
nientedimeno gli stessi scrittori di quella nazione e forse i più
imparziali ci attestano, che colui non venia riputato neanche tra
i baroni di primo ordine nella Normandia. Ora dunque i suoi fi-
gliuoli salii'ono a tanta grandezza in Italia, ei naturalmente av-
venne, che eccitaronsi nel tempo stesso i lor compatrioti a cer-
carvi stanza e ventura, anzi coloro ve gl'invitarono espressamente,
e ve gli allettava ancora la Puglia, la Calabria e la Sicilia, ferti-
lissime Provincie e delicate. Egli è certo , che la Puglia fu allor
piena di baroni normanni, di Normanni grandissima copia era in
Calabria, e memorie indubitate dimostrano, che stabilitasi la loro
signoria moltissimi di quella nazione passarono ad abitare in Si-
cilia, anzi coloro che furono costituiti nei primi ordini dello stato,
erano di quelle famiglie, che appartenevano alla nazione vinci-
trice ...»
« Ora che insieme con essi passassero allora molte famiglie,
anzt colonie normanne e francesi è ancor manifesto da alcuni isti-
tuti e costumi da quel tempo innanzi presso noi introdotti, e che
eran propri di quella nazione. Primieramente il linguaggio della
real corte in Palermo sotto i Normanni non era altro che il fran-
640 MISCELLANEA
cese : aggiungasi che ove le nostre chiese furono dal conte Rug-
gieri restituite al patriai'ca di Occidente e al culto latino, fu so-
lamente introdotto quello delle chiese di Francia, e non si vide
per tutte le chiese siciliane disposto altro ordine di culto pubblico
che quello prescritto nella liturgia gallicana ...»
<( Dee ancora notarsi, che la più parte della nazione era com-
posta in quel tempo dai Saracerfi, dai Greci e da coloro che sotto
unico vocabolo diceansi volgarmente latini, e ciò erano i naturali,
i Franchi e i Lombardi. Il che oltre di essere dalle coso anzidette
manifesto, argomentasi dal sapere, che eran qui allora tre lin-
guaggi comuni e volgari, propri delle tre nazioni, e negli atti e
nei registri del governo e nei monumenti pubblici le tre lingue,
greca, latina ed ai'abica erano adoperato: anzi non di rado sotto
i Normanni osservasi uno stesso monumento in tutte le tre lingue
scritto; quindi si hanno diplomi trilingui, trilingui monete, e la-
pidi ossia iscrizioni trilingui. »
Altro complice della mia stranezza presentasi il Vigo là, dove
scrive: « Il vernacolo sanfratellano è un linguaggio veramente
speciale . . . , del quale avendo tentato indagare la genesi, dopo
avervi riconosciuto qualche voce francese e dell' Alta Italia, nul-
l'altro potei trovarvi. »
Altra pruova di complicità me la fornisce lo stesso critico nella
persona del Meyer, il quale, secondo che egli scrive, « afferma
che non si conosce esattamente l'origine della colonia di San Fra-
tello, e nota delle affinità col francese di sud-est, e col savoiardo. »
Finalmente il quarto complice è il critico istesso., allorché
scrive : « Se il biografo del conte Ruggiero dissimula la parteci-
pazione della schiatta italiana nella conquista dell'isola, gli scrit-
tori arabi espressamente affermano, che Ruggiero vi fece pren-
dere stanza insieme ai Musulmani e ai Franchi , anche ai Rum,
cioè agl'Italiani. » Ora gli scrittori arabi conoscevano più e me-
glio degli storici avvenire le cose loro e dell'isola a quei tempi;
e poiché affermano che insieme ai Musulmani presero stanza in
Sicilia anco i Franchi, senza specificarne il numero, ciò non per-
melteva al critico di affermare, senza veruna pruova, che i Fran-
chi, i quali: <si fermarono in Sicilia anzi che molti, furono pochi,
che fì^otte di Normanni di nascita non passarono in Sicilia per
prendervi stanza fissa, . . . che ve la presero solo alcuni. capi delr
MISOELLANEA . G4l
Veser-cito . . . , alcuni prelati e ufficiali pubblici ; che non si eb-
bero perciò nell'isola delle vere popolazioni normanne o francesi
nello scorcio del secolo XI; che finalmente le famiglie venute
alla spicciolata, si estinsero entro un secolo, i pisciati in una ge-
nerazione. Sia lecito al critico dettare decreti in luogo di storia :
ma sappia almeno, ch'oggidì non iscrivesi storia senza solide pruove,
e soprattutto senza documenti.
Ciò che il Di Gregorio sembra negar di San Fratello, parrebbe
concederlo a Sperlinga e Nicosia. Scrive adunque : « Per codesta
(Sperlinga) e per la vicina Nicosia, taluno poti'^ebbe inclinare alla
idea, che prima dei coloni italiani o accanto ad essi, vi si fosse
stabilito un nucleo francese o. più propriamente normanno; idea
che sarebbe confortata dal fatto, che alla strage del Vespro « sola
Sperlinga negavit », e dalla tradizione che il maggior tempio di
Nicosia e la fortezza, in parte ancora esistente , siano opera dei
Normanni sotto Ruggiero. «
« Comunque si voglia, dato che a Piazza. Nicosia, San Fratello,
siano venute delle sovrapposizioni, nei dialetti ora presentati da
queste località non dovremo aspettam di trovarvi riflessi, tali
quali, singoli dialetti parlati all'epoca delle prime immigrazioni. »
Quasiché non basti la solita corruzione fonetica di tutti i tempi,
di tutti i luoghi, di tutte 1(3 lingue, ma sieno necessarie la sovrap-
posizioni per ispiegare i riflessi non corrispondenti all'antico;
quasiché il sospettare con fondamento senza recar pruove o in-
duzioni almeno, non manchi d'ogni fondamento ; quasiché l'unico
esempio storico di Scopello provasse, che i coloni si fossero so-
vrapposti e non avessero per contrario formato popolo a sé; qua-
siché non sia fuori d'ogni verosimiglianza l'attribuire al nucleo
normanno, stabilito in Sperlinga, la separazione di questa da tutte
le città e terre consorelle dell'isola, mentre Nicosia, paese assai
più grosso, in cui si suppone lo stesso nucleo normanno, anziché
intendersi con i suoi connazionali, dava addosso ai Francesi, come
tutti gli altri comuni dell'isola.
Ciò che poi il critico scrive di Nicosia, con miglior fondamento
può dirsi di San Fratello. Qui la tradizione , che dà l' appellativo
di francese ad una delle due fazioni, che da secoli si contendono
il primato della chiesa madre : qui un castello, che del 1272 era
annoverato tra i castelli regi, i quali, giusta la energica frase del-
642 MISCELLANEA
l'Amari, ìmfytHgliavano l'isola a quei tempi : qui una delle dieci
prefetture militari sotto il governo spagnuolo, presso alla quale
convenivano le milizie di 24 comuni, compresi Sperlinga e Nicosia.
All'omissione, di cui s'è discorso, un'altra ne fa seguire il
critico di non minore rilievo. Furono 17 le ottave in vernacolo
sanfratellano pubblicate dal Vigo , oltre a due mezze ottave e a
cinque versi di cantilena : le pubblicate da me , comprese quelle
del Vigo, 47, precedute da quest'avvei-tenza : «Parecchie di que-
ste poesie furono pubblicata da Leena i*do Vigo nella Raccolta dei
Canti popolari siciliani. I moltissimi errori, in cui egli .t^adde, sì
di forma, sì di significato, m'inducono a pubblicarle, di nuovo, se-
gnandole con l'asterisco. » Pag. 104.
Abbiamo visto di sopra, come il critico scrive su questo punto:
« Il Vasi ricorreggeva le poesie pubblicate dal Vigo, corredandole
dei numerosi e talvolta strani riscontri accennati di sopra. » Ma
è romanzo quello ch'ei scrive, o storia ? Scrive egli per la eletta
dei lettori o per la feccia ? per tutti indistintamente o per quelli
soltanto, a cui non giunsero i miei scritti ? Leggansi questi nel
volumetto accennato di sopra, e non si troverà neppur l' ombra
dei numerosi e talvolta strani 7'iscontri dì corredo alle poesie :
vi troverà invece il dizionario anzidetto dei vocaboli che le com-
pongono, e alquante avvertenze intorno alla loro pronunzia. Ol-
tre di che, come cattiva giunta a cattiva derrata, ne fa ripubbli-
care soltanto le poesie già pubblicate dal Vigo, tacendo delle nuove
da me pubblicate, che formano quasi il doppio di quelle del Vigo !
Tali invenzioni, tali omissioni contrastano maledettamente con
un uomo, che scrive:
« La vera illustrazione scientifica si deve alla nostra fonetica,
la quale venne a mettere in rilievo, metodicamente, i caratteri
gallo-italici, che hanno in comune i dialetti esti'anei di Sicilia, e
le più spiccate particolarità individuali di ciascuno di loro. "
« Il Meyer mosti-a di non aver ben tenuto in considerazione il
punto già da noi ritenuto , che non si può negligere quando si
voglia serianientr' tentare la l'isoluzione del nostro problema, cioè
che i vernacoli in iiiuola liinmo origini alquanto «Jivf^'se , per
quanto si acitordiiio nei curai ((tri più generali del tipo settentrio-
nale dotto gallo italico. »
HIS0£LLAN£À 643
« Il Meyer necessariamente dovette utilizzare . . . i materiali
forniti dai nostri lavori , mentre anteriormente non esistevano
spogli fonetici, ne trascrizioni esatte . . . , sebbene non citi questa
(Fonetica) né il suo autore. » Arch., p 405.
« Il Meyer, al postutto, si basa sopra dei nostri dati, ed è tanto
sicuro della tesi da noi pei primi dimostrata, essere il sanfratel-
lano un dialetto gallo-italico, che fa di San Fratello come il pro-
totipo dei dialetti dell'Alta Italia, che rispecchi le fasi primitive
meglio ch(! non i dialetti della pati-ia originaria. »
« Qui non possiamo fare a meno di maravigliarci, come in tale
importante opera il Meyer citi il nostro lavoro sulle Affinità del
sanfratellano coi dialetti dell'Emilia, senza citare il titolo del pre-
cedente lavoro, su cui si basa non solo egli, ma noi stessi. »
« Del resto tutti i romanisti sanno a chi attribuire il merito
di quella pi'ima illustrazione; e basta a dimostrar ciò la espli-
cita dichiarazione del prof. Renier che a noi spetti l' alta bene-
merenza d' illustrare in modo scientifico i parlari gallo-italici di
Sicilia. »
« Meyer L. . . non tralascia di notare lo speciale riflesso di
quelle piccole propaggini dei dialetti di Alta Italia, piantate in Si-
cilia, sulle quali, senza le nostre illustrazioni uè egli né alcun al-
tro romanista, avrebbe mai gettato l'occhio. » Arch., p. 413.
« Né occorre insistere sopra questa nostra osservazione , già
accennata, e usufruita, .senza accenno al nostro nome, dal Meyer L.»
A7'ch., pag. 437,
« La coincidenza coli' emiliano , da noi , dapprima , rilevata. »
Arch., p. 422.
Leggendo siffatte querimonie nasce spontanea la domanda : Se
il Meyer si fosse diportato col De Gregorio, come il De Gregorio
col Vasi, che non avrebbegli detto? Povero Tedesco! gli avrebbe
dato per lo meno del Vandalo. Il De Gregorio lamentasi che « gl'I-
taliani in generale si mostrano troppo deferenti verso l' opinione
dei Tedeschi, anche in ciò dovrebbero essere più deferenti verso
gli specialisti loro connazionali. Le deferenze a chi ha dritto di
averle , ed in ciò , in cui ha dritto. » Arch., pag. 423. Questo la-
mento in bocca del De Gregorio somiglia a quello , che predica
il digiuno senza osservarlo. Il De Gregorio volga il sermone
1 644 HISCELLA.NEA
a se stesso , e dia poi primo l' esempio verso i suoi conna-
zionali.
Si vis me fiere, dolendum est
Primum ipsi libi : lune tua me infurlunia laedent
Telophe, vel Peleu: male si ìnandala loqueris,
Aut dormilabo, aut ridebo
Fin qui i giudizi del critico su me e le cose mie, quanto al
contenuto sono negativi: venghiamo ai positivi, che sono amoì'e
e conoscenza del patrio linguaggio , che nessuno può negarmi.
Circa all'amore rispondo, come risposi al Vigo:
« L'amore verso la terra natale è non pur doveroso, ma utile,
ma bello. Però anche in questo Amicitia usque ad altare: dove-
roso, a patto che sia giusto estimatore cosi dei pregi come dei
difetti ; utile, allorquando non è nimico dell'onestà e degli onesti;
bello, se schietto, costante, generoso, magnanimo. Se però fa velo
al giudizio , e dall' equità si diparte, ed è arrogante , superbioso,
ciarliero, conculcatore dei buoni, piaggiatore dei tristi, delle stol-
tezze, delle nefandigie delle plebi sì basse e si alte, e da ùltimo o
tutto vanisce in fumo di ambizione, o appuntasi in libidine d'ino-
nesti guadagni, allora è l'abbietta e turpissima cosa. » Pag. 52.
Rispetto alla conoscenza del patrio linguaggio , debbo sapei'
grado al critico, che non nacqui sordo, nò crebbi idiota. E gli so
grado, ancoi'chè la generosa lode non mi sia stata data senza in-
teresse da usuraio : perchè spogliare ferocemente i miei scritti, e
poi dichiararmi imperito della cosa spogliata, sarebbe stato lo
stesso, che dichiarare il fallimento della Fonetica, dell'Attinità, e
dell'Origine: il che ripugna con l'avvedutezza, di cui il critico va
fornito a dovizia.
IV.
Il D© Gregorio in quest' ultimo suo lavoro fa precedere alla
parte Fonetica, un cenno storico sulla quantità e qualità delle co-
.Jonie lombardo vc'uute in Sicilia, rimaneggiando cose trite, o con
punto logica. Ne tocchei'ò qualche capo.
ttlSCELLANSÀ 645
Scrivendo di Maniaci esce a dire: «Sembra pur lecito dubi-
tare, che oltre dell'abadia sorta nel XII secolo nel piano, a 15 mi-
glia a levante di Troina ... ; non sia mai esistito un vero paese
sotto il suo nome. Lo stesso Amari avverte , che dai centotrenta
grossi paesi noverati da Edrisi , manca oggidì , tra gli altri , Ma-
niaci, parla poi sempre di terra, o campo, o territorio, o pianura
di Moniace ; una sola volta lo mette tra castelli di, montagna. La
nota 4' ... se da un lato fa credere, che Amari propende all'idea
della esistenza di un antico paese detto Maniaco (il che però egli
chiaramente non afferma), dall'altro ci spiega, come quella loca-
lità potè costituire un centro di accampamento o di assembra-
mento , appunto per le grotte che in essa esistevano. Ad ogni
modo questo è certo, che un paese detto Maniace oggi non esiste
in Sicilia. »
Stando alle parole del De Gregorio , se 1' Amari avverte , che
dei centotrenta grossi paesi noverali da Edrisi, manca oggidì, tra
gli altri , Maniaci , dunque Edrisi ammise Maniaci come grosso
paese, comechè oggidì manchi, tra gli altri; dunque l'Amari, che
non era uomo da commettere Io sproposito di porre in forse l'E-
drisi, riconobbe in Maniaci un grosso paese; dunque, quand'egli
attenendosi al linguaggio dei tempi , che terra , castello , dinota-
vano paese, chiamando Maniaci castello . terra, ammetteva con
ciò solo Maniaci quale gi'osso paese. Allorché i contadini , i pa-
stori, dalle campagne tornano a San Fratello, dicono di andare
alla terra; allorché soggiornano in paese, dicono di stare alla
terra. Tanto e così tenace è in bocca del popolo il proprio lin-
guaggio! il quale è bene spesso più logico e storico della storia
e logica di certi scrittori.
E d'altra parte se una torre presso Maletto e una frazione del
comune di Brente, conservano tuttora, come il De Gregorio scri-
ve, il nome di Maniaci; se l'Amico ammette Maniaci come paese,
la cui popolazione esistette sino ai tempi di Guglielmo II, e fa
menzione di rovine in quei dintorni, dette il Casaline, rovine esi-
stenti ai tempi del Fazello ; s'anco 1' autore della Sicilia in Pro-
spettiva annovera Maniaci come paese, che prove il De Gregorio
adduce per dubitare della costoro autorità ? il dubbio dell' animo
suo ? Si capaciti lo scrittore, che un dubbio dell'animo suo è troppo
debole per ismuovere l'autorità degli scrittori anzidetti. — Questo
646 lilSCBLLAkÉA
è certo, che Maniaci oggi non esiste. E metteva il conto di affer-
mar cosa nota persino ai tonsori ed ai lippi ? E il dubitare della
inesistenza di ieri per la inesistenza di oggi , non è l'agionar da
fanciulli ?
Ma v' è di più. Il passo, che il De Gregorio trascrive dallo
storico Falcando avrebbe dovuto farlo avvertito della qualità del
suo dubbio : Interea Randacini, Vacatienses, Capiciani, Nicosiani,
Maniacenses, celaerique Lombardi , offrono a Stefano di Rotrou
20000 combattenti per l'eprimere la sollevazione di Ruggiere Scavo.
Metta fuori il De Gregorio una pruova sola , o almeno un argo-
mento plausibile, atto a dimostrare qualmente quei di Randazzo,
Vicari, Capizzi, Nicosia, ei'ano bensì popoli, aventi una patria, non
così quei di Maniaci. L'euritmia dei vocaboli slessi porta all'iden-
tità <lel significato, e non può escogitarsi ragione , che i Mania-
censes fossero diversi dai Randacini, Vicarienses, Capiciani, Ni-
cosiani: se questi popoli, e abitatori d'un castello, d'una terra,
d'una città , d' un paese qualsiasi, e popolo e abitatore d'un paese
qual siasi i Maniacenses.
Del resto esiste un diploma, scritto in greco, e formante parte
delle pergamene tradotte e pubblicate dallo Spata, il quale tronca
sin dalle radici il dubbio e la logica del De Gregorio. Il diploma
è di Margherita, vedova di Re Ruggiero, e porta la data del 1171.
« Sei venuto tu messer Pancrazio, categumeno del venerabile mo-
nistoro di S. Filippo di Demenna, e con teco i monaci della terra
della nostra dote, e pregando ci hai chiesto rivolgerci al santo
monistero, poiché è ingiuriato dai gestori del territorio di De-
menna e della terra di San Marco, e degli ufflziali di Maniaci. »
E Margherita, annuendo, concede, il diploma «in raflfrenamento
di tutti gli ufflziali di oggi in poi e dei futuri uftlziali , che vo-
gliono fare a voi molestia e al comune popolo della terra di San
Marco e della terra di Maniaci. » Or va, e giura su le supposi-
zioni, i dubbi e i convincimenti del De Gregorio.
Quanto allo tracce di lombardo osservate in Bronte dai I)»»
Gregorio, l'autore scrive, eh' «esse costituiscono un'altra pi-ova
irrefragabile delle ditferenti epoche delle vario imnìigrazioni, e si
può presumere, che dove si mostrano meno palesi o piìi .scai'se,
lì ai debba riconoscere una immigrazione più antica. »
« Codesta congettura logica è poi convalidala dalla storia . . . ,
MISCELLAÌ7EJL 647
le tracce gallo-italiche, che si rinvengono a Bronte possono ben
considerarsi come cimeli preziosi delle più antiche immigrazioni,
avvenute solfo la guida di (ìiorgio Maniaco nel 1038. » Arcfi.,
pag. 420.
In tutto ciò è appunto la logica, che manca. Per menar buone
le supposizioni dello scrittore, bisognerebbe ammettere, che una
colonia, solo perchè stabilitasi in un dato luogo un mezzo secolo
od anche un secolo prima che le suo consorelle, possa, nei casi
ordinari, perdere il proprio linguaggio, lasciando soltanto alquante
tracce di sé. San Fratello, Nicosia, Sperlinga, Piazza, Aidone, che
da otto secoli conservano intero il linguaggio proprio , sono una
prova irrefragabile conti'o la irrefragabile prova dello scrittore.
E la logica persuade invece, che distrutto Maniaci dalla guerra,
o dal terremoto, o da qual siasi altra causa, distruzione attestata
dalle rovine esistenti sino al Fazello, i Maniacesi superstiti si sia-
no trasferiti là, dove poi sorse Bronte, e che ivi poi sopraffatti
dai Siciliani, che in numero assai maggiore, vi si recarono ad
abitare quel medesimo luogo, siano stati costretti a mutar di lin-
guaggio, non senza lasciare qualche vestigio di sé.
La storia inoltre, da cui lo scrittore fa convalidare la logica
sua congettura, si oppone recisamente a convalidarla. Essa dice,
che dopo la disfatta dei Musulmani presso Maniaci , il lombardo
Arduino, bistrattato da Maniaco, tornò, fremente vendetta, coi Nor-
manni nel continente, e che Maniaco, privo del loro aiuto, pei'-
dette in breve le fatte conquiste. Ora è illogico il pensare, che
rimasta la Sicilia nuovamente in potere dei Musulmani, i Lom-
bardi, partito Maniaci loi*o capo, sieno rimasti nell'isola in mezzo
a popolazioni nemiche , contro cui avevano in tanti sconti'i me-
nato ferocemente le braccia, e contribuito alle loro disfatte.
Non meno strano è ciò che il De Gregorio sci'ive di San Fra-
tello. « Parecchi luoghi, ove ora esistono tali dialetti o tracce pal-
pabili, di essi , non sono nominati dai cronisti come Lombardi, e
principalmente fanno specie Aidone e San Fratello. »
« Quest'ultimo non figura in nessuno dei ricordi storici antichi.
Come sopra accennammo, fu lo storico Fazello che, narrando gli
avvenimenti del 1168 pensò di aggiungere il nome di San Fra-
tello come quello di Aidone al numero dei luoghi lombardi di Si-
cilia. » Arch., p. 400-401.
€48 1ÌI8CBLLAN£A
Il Fazello venuto in San Fratello , e sentito il linguaggio del
paese, e la tradizione degli abitanti nel chiamare dumììard il loro
vernacolo, e datin il siciliano, più logico assai dello scrittore, non
provò veruna specie della novità, perchè vide nel caeterique Lom-
bardi del Falcando incluso San Fratello. Che poi di quei tempi,
a cui si riferiscono i ricoì^di stoìHci antichi, San Fratello esistes-
se,, l'abbiamo dall'Edrisi, il quale del 1154 annoveravan San Fra-
tello tra i comuni dell'isola. Se uno storico del Vespro scrivesse,
che e Palermitani e Messinesi, e Gatanesi e tutti gli altri abita-
tori dell'isola diedero concordemente addosso ai Francesi, la nar-
razione dovrebbe fare specie allo scrittore, non trovandovi i nomi
de' Girgentini, dei Trapanesi , dei Termitani e di tutta la lunga
filatera dei comuni di Sicilia.
■V.
Nelle Osservaziord critiche manifestai il convincimento, che la
colonia di Nicosia fosse originaria soprattutto dalla Liguria ; e son
convinto ancora, che tutta la glottologia e fonologia dei dotti, trat-
tata ed applicata veracemente, non varrà, non dico a distruggere,
ma. ad >afflevolire la mia convinzione. Chi voglia convincersene al
pari di me, pigli in mano il grosso volume del Papanti, ed abbia
la pazienza, eh' ò avuta io, di leggere, oltre alle note, le seicento
e più versioni della Novella boccaccesca, e leggerle per ben 15
volte, e parola per parola, sillaba per sillaba, lettera per lettera,
durando in siffatto dilettevolissimo studio per lo spazio di sei mesi,
e impiegandovi 8, 10, e persino 12 ore al giorno : abbia, dico que-
st'eroica pazienza, e gli sto mallevadore, ch'ei arriverà alla. me-
desima conclusione, a cui, senza verun preconcetto, fui condotto io.
Nell'anzidette Osservazioni se ne trovano per disteso le prove
e le ragioni, che mi ci indussero : e con tutto ciò non so tratte-
nermi dal trascriverne qui qualche parte:
NicoBia
•Digo donca che ae tempe do i Diggo. dunque che ao tempo
primo Re de Cipro dopo a con- do primo Ho. de Cipro, doppo a
mSC£LLANEA
649
NicoBia
quista da Terra Santa, faifa da conquista faeta de Taera Santa
Goffredo de Bughion. da Goffredo de Buglion.
Genova.
Dopo a conquista da Tera
Santa feta da Gufreido Buglion.
Finalborgo.
Dopo a . conchista da Tera
Santa faita. . . San Remo.
Primo Re de Cipri . . . dopo
a Conquista De a Terra Santa.
Tenda.
Succedeto che na signora da Succedette che na signora de
Guascogna. Guascogna. . . Marola.
Ome scellerae Ome scellerai. Tenda.
Da quale cosa Da cale cosa. Genova.
Senza arcunaconsolazion dda- Lamenta ndose senza conso-
mentandose. lazion .... Marola.
A recorro no Re A recorre da o Re.
Id.
Ggie dissono che Ghie disso che. Marola.
Tempo perso Tempo perso. Spezia.
All'autre AU'autre . . Taggia.
Da deo stisso A ee stesso . Tenda.
Da so nuoja Da so noja . Porto Maurizio.
De pongio a miseria de ddo De vorrei pounza a miseria
Re. de stu Re . . . P'inalborgo.
De chello Re. Monaco.
A miseria . . Tenda.
De deo D'eu . . . . Nizza.
Te priego Te prego . . Genova.
Pa 'ngiuria che m' è staila DI' ingiuria e' a m' è staila
faita. faita Genova.
Ghei che io sento .... Quei eh' a sento.
Marola.
Che te song faite Gheteson faite.
Ventimiglia,
650 MISCELLANEA
Nicosia
'Mparando da tu Imparando da tu.
Id.
A mia A mia . . . Tenda.
Tardo e poutron Tardo e poltroun.
Finalborgo.
Da so corona Da so corona. Porto Maurizio.
D'allora 'mpuoi Da allora in poi.
Id.
« Le stesse mosse, se m' è lecito di cosi dire , lo stesso tono,
lutto quel non so che insomma, necessario a farti dire di tre o
quattro individui: sono fratelli, son tutti usciti del medesimo cep-
po. La tavola di confronto, che porrò in calce al presente lavoro,
non serve che a confermarmi vie meglio in questa per me più
che opinione, certezza. Di 176 vocaboli, onde la versione è com-
posta, 101 si leggono identici nelle versioni de' luoghi accennati
di sopra, 50 sono leggiere varianti, dovute, chi ben considera, al-
l'agglomerazione in un punto d'individui e famiglie di più Provin-
cie ; alle alterazioni, cui van soggette tutte le lingue, e lo parlate
molto più, nel giro dei secoli; al contatto col dialetto siciliano;
alle difficoltà, che i traduttori incontrano, nel fissar con la penna
la parola colta dalle labbra proprie od altrui ; alla scelta di que-
sto 0 quel vocabolo , o tempo , o modo , o numero, o persona. Le
poche parole, che restano fuori, si riscontrano meglio con le ver-
sioni delle Provincie meridionali: onde se non vanno dovute alla
sparutissima quantità di lingua, ch'entra nella versione di novella
non lunga, ovvero alla mancanza di versioni d' altri comuni del-
l'Italia di sopra, possono essere il portato di gente emigrata dal
.Mezzogiorno, e unitasi a quella assai più numerosa del setten-
trione. »
« Ma da quale borgo o terra o città partì la colonia ? È que-
sto uno dei tanti errori del Vigo, credere che si possa per sola
virtù della lingua indicare con precisione il punto di partenza.
Ilo detto le ragioni, che a ciò si oppongono; senza dire dell'inve-
rosimiglianza, che una grossa colonia parta da un luogo solo. Il
MISCELLANEA 651
più che in questo e simili casi può farsi, è di determinare la
provincia o le provincie, donde la colonia si mosse. » Pag. 143-44.
Le ragioni, cui sopra ò accennato , sono le seguenti : « A lui
(il Vigo) e a quanti piacque di seguirlo per la sua via, nocque la
persuasione, che a determinare la provenienza delle colonie lom-
bardo-sicule bastassero alquante parole staccate, e, per cosi dire,
divelto dal corpo della favella, di cui erano parte. Di qui le liste
di vocaboli, ad imitazione del Leibniz, mandate agli amici per
averle tradotte nei parlari della terraferma, senza accorgersi, che,
per conoscere raffinila delle lingue il metodo, tenuto dal Tedesco,
era buono, per conoscere il luogo di provenienza di genti parlanti
dialetti d'unica e medesima lingua, il suo era cattivo. Le parole,
prese separatamente, non provano se non quando trattasi di pa-
ragonare le varie famiglie delle lingue, o, com' oggi dicesi , trat-
tasi di filologia comparata ; ma sono insufficienti a provare , nel
senso voluto dal nostro autore, tra dialetti della medesima lingua.
Di ciò le ragioni parecchie, due principali. La prima, che i dia-
letti contengono tutti in generale, e ciascuno in particolare le
stesse radici a un dipresso della lingua madre; cotalchè ciò, che
li diversifica, non è la sostanza, bensì la forma : la tela per tutti
è una, il colorito vario, o per dirla senza figura con Grimm, sono
moltiplicità sorta per gradi da una originaria unità.
L'altra ragione si è, che questa o quell'altra forma di voca-
bolo per lo più non è proprietà esclusiva di questo o quel luogo,
ma di molti luoghi, e spesso di più provincie, e talvolta dell'in-
tera nazione. Onde chi volendo giudicare di provenienza , fonda
il giudizio su tali basi, fa opera bene spesso illusoria e vana. . . »
(f Di quanto asserisco fa prova autorevole il libro del Papanti.
Sono quivi seicento ventisette le versioni della Novella boccacce-
sca, e in tutte, se togli le poche pertinenti a lingue straniere, si
ripetono su per giù con meravigliosa costanza i medesimi voca-
boli. Tolgasi ad esempio una di quelle parole , che più corrono
per le labbra del popolo, la parola tempo : sia qual si voglia la
forma, ond' è scritta : taìmp, tmnp, lampo, teamp, teimp, tein,
lem, teinp, tempe, temps, tempu, tene, tenp, lem, tep, tiampu,
tiembe, tiemp, tiempe, tiempo, tiempu, timb, timp, timpe, timpo,
ci sarà sempre dato di scorgervi per entro il latino tempus. Ciò
per la sostanza. Quanto alla forma, si pigli il vocabolo timp, ch'è
652 MISCELLANEA
una delle forme più rilevate della versione aidonese : essa tro-
vasi ripetuta nelle versioni di Matera, Ruvo di Puglia, Limosano,
Canosa Sannita, Cesena, Firenzuola D'Arda, Ceppo Morelli, Locar-
ne, Pordenone. Tramonti di Sopra , cioè per tutto il lungo e il
largo della penisola. »
« Adunque non giova in nulla il ri.scontro della lingua? Giova,
quando i vocaboli son molti e di forme particolari e proprie di
certi luoghi : « La pruova non risulta del caso singolo , osserva
Guglielmo Dreight, per quanto luminoso, ma dall' accumulamento
dei casi di somiglianza; la prova consiste in una somma di par-
ticolari, che isolatamente presi, non provano. » Questo, eh' è con-
cetto astratto diverrà concreto solo che si prenda ad esame la
versione di Nicosia e la si confronti con le versioni delle Pro-
vincie di Genova e di Cuneo , del Principato di Monaco e della
Contea di Nizza.» Pag. 141-42-43.
Ritornando, donde ò preso le mosse , vengo alle conclusioni,
formulate dall'autore in questo suo nuovo lavoro.
1." « Nessuno dei dialetti di San Fratello, Piazza Armerina e
Nicosia può menomamente ritenersi come monferrino. »
2." « Questi dialetti, pur presentando i caratteri generali della
famiglia gallo-italica, non si connettono con unica varietà di que-
sta famiglia. Il sanfi'atellano si mostra connesso col bolognese, il
piazzese col piemontese, il nicosiano ben prossimo al piazzese; uìa
più influenzato dal dialetto dell'isola, specie in ciò che riguarda
le alone, che quantitamente (sic) conserva. »
« Queste conclusioni ci sembrano tanto rigorose, che siamo pie-
namente convinti, che lo stesso Meyer riconoscerà di dovere ac-
cettare. » Arch., pag. 438.
Quali i convincimenti dello scrittore e il rigore dimostrativo
de' suoi scritti, s'è visto nel corso del presente lavoro. Il tempo,
bravo corettore d' uomini e di coso, dirà presto o tardi chi de'
due, io 0 il De Gregorio, siasi apposto al vero: se pure non sarà
l'autore medesimo a darmi ragione mutando di convinzioni. E tro-
verà agevole la via, stuntechò il Piemonte, a cui ascrive il piaz-
zese, e il nicosiano ben prossimo al piazzese, è lungo e largo ab-
bastanza, da lasciare dogli addentellati pei* le conversioni.
Per arrivare intanto allo conclusioni anzidette il De Gi-egorio
provò il bisogno di usare certi espedienti, comodissimi a dir vero,
MISCKLLANSA ffK8
ma poco corrispondenti alla scienza fonetica, di cui chiamasi crea-
tore in Sicilia. E primieramente mette in opera particolarità les-
sicali, prestiti dal siciliano, influenza siciliana, siciliana infezione,
ogni qual volta le cose non quadrano co' suoi preconcetti. Di
fatto :
« (Meyer) nota nel sanfratellano il trattamento di / innanzi la-
biale e gutturale ridotto a r, innanzi dentale, vocalizzato ... (il
che, a dir vero, si spiega coD'influenza siciliana). »
« Il riflesso sanfratellano è poi evidentemente influenzato dal
siciliano, com'è nei casi di nò. » Arch., pag. 415.
« Nel Piemonte e stretto, che combina col piazzese, e forse col
nicosiano, ove il riflesso eru può spiegarsi per l'influenza del si-
ciliano. »
tr Ad ariu risponde il sanfratellano con er (V e aperto) . . . , il
pinzzese con e meno largo, che nel nicosiano , più influenzato al
solito dal siciliano, diviene ent. » Arch., pag. 427.
« Nel sanfratellano abbiamo accanto ad au genuino, anche uo,
che non deve fare specie, a chi pensi alla influenza di qualche
varietà siciliana. » Arch., pag. 432.
« Piazza risponde con un o chiuso . . . , Nicosia si mostra infetta
dall'influenza siciliana. » Arch., pag. 433.
« Importa rilevare il fatto, qualunque sia il valore che ad esso
voglia attribuirsi, che ciascuno dei nostri dialetti ha delle parti-
colarità lessicali. » Arch., pag. 435.
« Lo z dei nostri dialetti possiamo spiegarcelo col riconoscere
in esso una speciale trasformazione del z gallo-italico, avvenuta
nelle ramificazioni in Sicilia sotto la influenza siciliana. »
« Come non occorre neppure sceverare tutti i fenomeni, che
si spieghino ovviamente, riconoscendo in essi degl'imprestiti com-
pleti e senza modificazioni dal siciliano. » Arch., pag. 436.
« La riduzione di t tra vocali, in r, nel sanfratellano. . . deve
essere avvenuta per l' influenza dei vernacoli siciliani , che can-
giano d iniziale o tra vocali in r. »
« Alla stessa causa della imitazione esagerata, ascriviamo inol-
tre il vocalizzamento di l tra vocali, avvenuto probabilmente per
analogia col vocalizzamento siciliano di al. » Arch., pag. 438.
Il secondo espediente, comodissimo per lo scrittore, ma fecondo
Afch. Stor. Sic. N. 3. anno XXIV. 42
654 MISCELLANEA
di errori senza numero, si è di racimolare faticosamente alquanti
vocaboli di questo e di quel dialetto, posti a termine di paragone,
senza badar più che tanto al diverso loro significato. Per provare,
che r e tonico così a Piazza che a Nicosia à suono di pretto e,
adduce vocaboli comuni all'una ed all' altra , aventi il significato
medesimo. La logica più elementare avrebbe voluto, che fatto en-
trare San Fratello per terzo termine di paragone, lo scrittore
avesse addotto i vocaboli istessi, che addusse per Piazza e Nico-
sia. Ma ciò avrebbe sconcertato i suoi calcoli, perchè al piazzese
zep, letra, pes, seh, stret, den, duhesa, vesh, sen, dengua , v>enz,
semplici, il sanfratellano risponde con zopp, dotra, pose, socch,
strott, dign, ducosa, viscu, sign, daingua, vainzr, si')nplc. Che fa
egli adunque ? Ne pesca alquanti di affatto diverso significato :
V
avair, plazair, arsaira, trai ecc., per potere conchiudere il nico-
siano e piazzese essere piemontesi, bolognese il sanfratellano.
A ciò voglionsi aggiungere due errori di calcolo, che condu-
cono a scrivere sulle parole segni del tutto arbitrari, mal corri-
spondenti alla realità dei suoni nel pronunziarle. L' uno consiste
nel ritenere come generali certe pronunzie particolari, or larghe
e sguaiate, ora strette e gravi più del dovere. Da ciò il confon-
dere il con bolognese col cam sanfratellano. Va del dittongo au
non avente in San Fratello suono identico all'adi carne, Vo avere
suono alquanto aperto quasi a , i\ d iniziale raddoppiato : cose
tutte ignote ai buoni parlatori di San Fratello.
Simile al precedente è l'errore di ascrivere a differenza di ori-
gine quello, eh' è prodotto dalle varietà dei luoghi, dei climi e di
tant'altri accidenti, che influiscono eflìcacemente sull'organismo e
temperamento umano. Se sarebbe assurdo l'attribuire soltanto alla
diversità della razza anglo-sassone dalla latina le differenze fisi-
che, intellettuali e morali, che passano tra gl'Inglesi e gl'Italiani,
non è meno assurdo il vedere tra la voce alto-sonanto dei (lopo-
iani di Napoli, e la voce bassa , strisciante e direi chioccia dei
popolani di Palermo, la sola differenza degli elementi , agglome-
rati alla formazione di queste due città. Il pretendere adunque di
giudicare dello origini dei popoli dall'apertura più o meno larga,
più 0 mono stretta della bocca, senza tenere in verun conto l' a-
zione del luogo, del clima ecc. sugli organi vocali, e di questi nella
MISOELLANBA 655
emissione della voce, e della pronunzia , dà luogo parimente ad
apprezzamenti arbitrari, i quali piuttosto che con la natura delle
cose, collimano con la fantasia dello scrittore.
La più parte degli errori fin qui discorsi riconoscono per loro
padre il metodo illogico tenuto dallo scrittore , paragonando il
sanfratellano antico col bolognese moderno. E dico antico, perchè
di San Fratello può affermarsi su per giù quello, che Cesare scrisse
dei Belgi, i fortissimi dei Galli propter ea quod a culiu atque hu-
tnanitate provinciae longissìme absunt , minimeqvce ad eos mer-
catores saepe commeant, atque ea, quae ad effeminandos animos
pertinent, impoìHant. Paese montano e pastore , circondato poco
più di un secolo e mezzo addietro, da boschi, con punto strade,
punto coltura, poco commercio, pochissime industrie, conserva
tra le colonie lombarde di Sicilia il linguaggio meno guasto dagli
stranieri. Di che il giudizio del Meyer, riferito dal De Gregorio,
essere il vernacolo sanfratellano come il prototipo dei dialetti del-
l' Alta Italia , che rappresenti le fattezze primitive meglio che i
dialetti della patria originaria, è senza verun dubbio, conformis-
simo al vero. Il confrontarlo adunque, come fa lo scrittore, col
bolognese moderno, è un' antitesi, che potè entrare nella mente
di chi s'era proposto, contro la natura delle cose, di rendersi sin-
golare in ciò che
Non homines, non Dii, non concessere columnae.
Donde le regole false, i raff'ronti strani, i segni fittizi, gli sbagli
commessi, la conclusione che riguarda San Fratello.
Questa costò all'autore il capitale contante di 172 vocaboli, di
cui 10 doppioni, due per me non intelligibili, tre non sanfratel-
lani, 38 scritti scorrettamente, 97 roba di casa mia, che il chiaro
scrittore si appropria e porta seco, senza chiederne licenza nean-
che al portinaio. Ecco il materiale sufficiente e sicuro , raccolto
in San Fratello dalla bocca dei parlanti. Se avrò vita e tempo e
voglia di compilare il dizionario del vernacolo sanfratellano, ren-
derò evidente , che mal ragionasi d' una lingua qualsiasi , senza
conoscere il genio organico di essa, e che non s' à diritto di giu-
dicare con 162 vocaboli, dato anche che siano tutti scritti corret-
tamente, un dialetto d'un 10000 voci, a dir poco, da cui possono
$6$ imcKr.LAVKk
trarsi a diecine vocaboli atti a distruggere certi calcoli ritenuti
rigorosamente esatti, e abbattere un edifizio costruito sopra ter-
reno mobile.
Se il Meyer sarà per accettare i modi discorsivi e le conclu-
sioni del De Gregorio, com'egli ripromettesi , io non so né posso
dirlo. Dirò solo, che se il buon senso stesse presente agli scrittori,
allorché tengono la penna in mano, molte quistioni si evitereb-
bero, e molto sciupio di tempo. Col buon senso un fatto, avvenuto
pochi anni addietro, sarebbe bastato a spiegare altro fatto analo-
go, avvenuto or fa otto secoli. Nella spedizione del Garibaldi in
Sicilia, seguita a breve distanza da quella del Medici, convennero
Italiani da tutte le parti della penisola, nonché alquanti stranieri.
Ponghiamo, per ipotesi , che dei mille del Garibaldi 600 fossero
del Piemonte, dOO della Lombardia e del Veneto^, 100 dell'Emilia
e del Genovesato ; 150 del centro e del mezzogiorno d'Italia, 50 di
nazioni straniere, e che tutti insieme, conquistata l'isola, si fossero
qui fermati in colonia: le conseguenze per rispetto al loro lin-
guaggio avvenire sarebbero queste: 1." Il linguaggio della colonia
sarebbe sostanzialmente italico ; 2.° I 600 Piemontesi, concordi nel
loro dialetto, sopraffarebbero i 400 nei loro dialetti discordi, si
che il piemontese, con l'andare del tempo, diverrebbe il linguag-
gio comune della colonia; o." Se nel luogo, occupato dai nuovi
venuti, si trovassero pochi indigeni, questi verrebbero del pari
sopraffatti, e costretti ad adottare il linguaggio dei sopraggiunti;
h." Se per contrario fossero pochi i nuovi venuti appetto ai na-
turali del luogo, questi imporrebbero a quelli il loro linguaggio;
h." Se i nuovi venuti fossero tutti senza donne, e si accoppiassero
con donne siciliane, prevarcbbe il dialetto siciliano , perchè dalle
madri a preferenza imparano i figli la loro favella, e le madri
continuando a vivere in Sicilia in mezzo a popoli, amici e congiunti
siciliani, non ismetterebbero il proprio per lo alieno linguaggio;
6." Se i sopraggiunti e gì' indigeni del luogo si trovassero su per
giù uguali di numero, e gli uni e gli altri avessero donno proprie,
i loro parlari si confonderebbero, e ne nascerebbe un linguaggio
nuovo; 7.' In tutti i casi di sopraffazione, il linguaggio vinto la-
scerebbe di sé nel dialetto prevalente tracce più o mono nume-
rose, più 0 meno profonde, a misura del numero e delle condi-
zioni sociali di coloro, che parlavano i dialetti vinti e disparsi.
ifISOELLANÉÀ 657
Così spiegasi e il sopravvivere del lombardo nelle cinque colo-
nie tuttora esistenti in Sicilia, e il disparire di esso in comuni,
che furono un tempo detti lombardi, e la prevalenza dell'emiliano
e del pugliese nel vernacolo di San Fratello, e del ligure in quello
di Nicosia, e le tracce lombarde, che sino al dì d'oggi si osservano
in alquanti comuni della Sicilia.
Se finalmente, trascorsi alquanti secoli, il filologo , indagando
le origini di siffatta colonia, le assegnasse un borgo, una terra,
una città sola determinata e precisa di provenienza , commette-
rebbe uno sbaglio enorme, od una solenne impostura.
San Fratello nov. I80X.
Luitfj Vasi.
RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE
Le catacombe di Siracusa in recenti studi ed illustrazioni (1).
Le esplorazioni archeologiche che, in questi ultimi anni, si son
fatte in Sicilia a cura di studiosi italiani e stranieri, hanno dato
a luce importanti scoperte, che mostrano la ricchezza straordina-
ria del suolo siciliano di monumenti ipogeici cristiani, ma fatti in
modo saltuario e senza sistema hanno poco giovato alla diffusione
e alla disamina degli intricati problemi archeologici che hanno po-
sto. — Il prof. De Rossi aveva già accennato a questa mancanza
e fatto voto perchè nell'interesse dell'archeologia cristiana « fosse
metodicamente intrapreso lo studio che ci darà la desiderata Si-
cilia cristiana » — (Bull, archeol. cristiano, 1877, p. loO. — Ora il
prof. Fiihrer del r." liceo di Bamberg (Baviera), un dotto archeo-
logo, raccogliendo il voto del compianto maestro, ha fatto questo
studio, dopo due viaggi fatti in Sicilia, stipendiato prima dall'Im-
periale Istituto Germanico di Roma e poi dal ministero bavarese;
ma per ora ha dato a luce le sole «Forschungen » sulle tre mag-
giori catacombe di Siracusa (S. Giovanni, Necropoli Cassia e Ci-
mitero di S. Maria di Gesù), che portano un contributo sapiente
allo studio delle antichità della Sicilia orientale.
(i; Dr. Joseph Fììhrrr, Forschungen zar Sicilia sotterranoa. (Mit Pla-
nen, Sectionen undaiideren Tafeln). Aus den Abhandluiigen dar K. bayer.
Akademle der Wiss. l. CL. XX. Bd. III. Abth. Munchen 1897. Verlag der
K. Akademio (in 4°, pp. 192).
BÀS8E0NB BlBLIOOSi^FIOHE 65d
A.lle catacombe di Siracusa non sono mancati solerti esplora-
tori, frai quali si son resi meritevoli di onore il Cavallari, che fu
l'iniziatore degli studi delle antichità di Sicilia, e 1' Orsi, che ha
messo a nudo, mercè la sua prodigiosa attività e la sua dottrina,
la vasta miniera epigrafica ed archeologica che quelle catacombe
contengono. Ma mancava un lavoro complessivo sulla topografia
e sulla struttura di questi ipogei, una raccolta delle pitture che
tuttodì vanno scomparendo (quella dei titoli cemeterali era stata
fatta), e più di tutto uno studio comparativo , che mirasse a stu-
diare le tre catacombe partitamente e complessivamente per ve-
dere se esistano fi-a loro diversità in ordine al tempo, alla strut-
tura e al contenuto. Il dott. Fiihrer ha fatto ora tale lavoro, che,
esamineremo, per vedere se risponda al bisogno sentito e quali
risultati scientifici di rilievo ci dà.
L'opera è divisa in tre capitoli : il 1° e il 2" mettono sott'occhio
in modo particolareggiato la topografia e l'architettura delle tre
catacombe ; il 3" descrive l'interno arredamento dei tre cimiteri,
consistente nelle singolarità abchitettoniche, nelle pitture decora-
tive, negli affreschi di carattere artistico, nelle opere di plastica,
nelle iscrizioni e nelle opere di pittura minuta. Quattordici belle
tavole in fototipia riproducono: la planimetria delle tre necropoli
(tav. 1", 2*, 3') ; la veduta della chiesa di S. Giovanni (n. 1°: Absi-
de della distrutta basilica ; n. 2° : Parte dell' entrata della navata
centrale della critta di S. Marciano con la scala che conduce giù
dall'interno dell'antica basilica di S. Giovanni; n. 3": la parte oc-
cidentale della navata obliqua settentrionale della critta di S. Mar-
ciano con la scala che conduce giù dalla parte esteriore dell' an-
tica basilica di S. Giovanni) tav. IV ; veduta interna del cimitero
(n. !• : secondo vestibolo della necropoli di S. Giovanni con la im-
boccatura dell'antico acguedotto ; n. 2": galleria principale della
catacomba di S. Giovanni con l'arcosolio isolato di Deodata) e della
necropoli (n. 1": grande sala nella parte meridionale della parte
settentrionale del secondo corridojo della galleria principale del
cimitero di S. Giovanni col prospetto del « Decumanus minor » ;
n. 2" : la parte nord-est della Rotonda di Antiochia nella metà set-
tentrionale della necropoli di S. Giovanni) di S. Giovanni (tav. V,
VI) ; altra veduta interna del cimitero di S. Giovanni (n. 1" : metà
sud-est della Rotonda delle sette Vergini nella metà meridionale
660 BASSEONE BIBLIOGBàFIGHE
della catacomba; n. 2° : metà orientale della Cappella di Eusebio
nella metà meridionale del cimitero) tav. VII ; veduta interna della
necropoli Cassia (n. 1": parte meridionale della Rotonda di Era-
clea nella catacomba F della necropoli ; n. 2" : la parte centrale
del corridojo principale della catacomba H nel cimitero (tav. Vili);
le pitture dell' Arcosolio isolato di Deodata (tav. IX) ; affi'eschi
della necrepoli Cassia; (n. 1°: pittura a fresco suU' Arcosolio di
Marcia nella fine della galleria del corridojo principale della ca-
tacomba A; n. 2°: pittura a fresco su di un loculo nell' apci-lura
della galleria principale della catacomba E (tav. X) ; figure a fre-
sco della necropoli Cassia (n. 1" : pittura a fresco su d'un loculo
nel cominciamento del corridojo principale della catacomba E nel
detto cimitero ; n. 2° : pittura a fresco sull' arcosolio di un fan-
ciullo nell'estremità occidentale della catacomba H nella detta ne-
cropoli) tav. XI; opere di plastica nel cimiterio di S. Giovanni
(n. 1": sarcofago di Adelfio con quadri a rilievo ricchi di figure;
n. 2* : sarcofago con due busti rilevati ; n. 3° : facsimile plastico
di un toro giovane (tav. XII); iscrizióni del cimitero di S. Giovanni
e della necropoli Cassia (A : epitaflfio su tavole di lastra di pietra
con la dichiarazione dogli anni del consolato; B: iscrizioni a graf-
fito degli arcosoli; G: impronte sui sepolcri) tav. XIII; produ-
zione del lavoro a mano e della pittura minuta (n. 1": vasi di
vetro, di creta ed altri oggetti, massir.iamente delle necropoli di
S. Giovanni ; n. 2 ' : lucerne di argilla con rappresentazioni di pe-
sci e delfini del cimitero di S. Giovanni ; n, 3, 4, 5, 6, lucerne col
monogramma di Cristo della necropoli Cassia, e della catacomba
di S. Giovanni; n. 7, 8, 9 e 10: lucerne col simbolo della croce
specialmente del cimitero di S. Giovanni.
Dalla esposizione che abbiam fatta del contenuto del lavoro
del FiJhrer , si rileva eh' egli con assai larga preparazione , for-
nito di un ricco corredo di cognizioni scientifiche, dopo minute
indagini ed una coscienziosa revisione degli studi fatti dagli altri,
sopportando tante fatiche che nocquero alla sua salute, è riuscito
a darci il rilievo generale tanto desiderato delle tre catacombe
di Siracusa, olfrendo agli studiosi un lavoro completo e definitivo.
Ed in vero dopo lo studio comparativo delle tre catacombe, era
possibile determinare 1' epoca oi'iginaria di esse e le vicissitudini
alle quali sono andate soggette. Pi'ima di tutto interessava rile-
RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE 601
vare la pianta delle necropoli , ed il Fiihrer la fa con mirabile
esattezza e trova dallo esame dei dettagli topografici a sufficienza
evidente l'antitesi tra la necropoli della Vigna Cassia e del Con-
vento di S. Maria di Gesù da un lato e il Cimitero di S. Giovanni
dall'alti'o : antitesi che anche apparisce in piena evidenza dalla
ponderata considerazióne delle particolarità architettoniche, che
mostrano la grande diversità che fra le tre catacombe c'è nella gia-
citura dei sepolcri, nelle qualità della pietra sulla quale sono in-
cavati, nel numero dei lucernari, dei sarcofagi, delle tombe po-
vere, degli arcosoli. Ma l'A. non si contenta solamente di ciò per
dimostrare questa antitesi ; egli va a rovistare 1' arredamento in-
terno delle catacombe, e studia le pitture decorative, gli affreschi,
le opere di plastica, le iscrizioni, le* opere di arte minuta ; e dal
modo di chiudere gli arcosoli , dalle incrostazioni di marmo, dai
mosaici trae prove convincenti, che dimostrano come per la grande
semplicità differiscono il cimitero di S. Maria di Gesù e la metà
orientale del complesso delle catacombe della Vigna Cassia, tanto
dalla sezione principale occidentale di questa necropoli, quanto dal
cimitero di S. Giovanni. Come pure nell'apprezzamento delle pit-
ture decorative e degli affr-eschi di carattere artistico come dalle
opere di plastica, trova punti d'appoggio pregevoli per l'antichità
di quei sepolcri; e- con l'ajuto del materiale epigrafico produce una
serie di argomenti infallibili per assegnare l'epoca originaria dei ci-
miteri e delle loro sezioni principali, come pure la continuità del loro
uso. Nella somma totale di queste circostanze, l'A. trova « eine genii-
gende Grundlage fiir die Anschauung, dass der vestliche Hauptab-
schnitt der Nekropole Cassia thatsachlich ebenso wie die Orthàlfte
dieses katakombenkomplexes und das Coemeterium von S. Maria
di Gesù bis in das 5 Jahrhundert herab zu Begràbniszwecken
verwendet wurde, im Gegensatz zu jenen welter ostlich gelegenen
Sepulkralanlagen aber auch in seinem Grundstock nicht schon in
der 2 HàHte des 3 Siikulums, sondern est in Anfang des. 4. jahr-
hunderts entstanden ist. Dem gegenùber bietet Form und Jnhalt
des epigraphischen Materials, welches in der Nekropole von S. Gio-
vanni zu Tage gefòrdert wurde, bestimmte Anhaltspunkte dafiir
der , (lass einerseits der Ursprung dieses Coemeteriums in eine
etwas spiitere Epoche fallt, andererseits aber die Beniitzung des-
selben sich iiber einem weit gròsseren Zeitraum erstreckte *
(pag. 159).
662 RASSSGKG BlfeLIOaRAriOHÉ
Queste sono le conclusioni generali alle quali viene il dotto
archeologo bavarese nel suo insigne lavoro e che noi abbiamo
riassunto, perchè stabiliscono in modo definitivo, dopo cosifatti
studi fondamentali, che i cimiteri di Siracusa non sono anteriori
alla fine del secolo IV. Ma il pregio della opera sta anche nei par-
ticolari ricchissimi di cui è adorna e che riguardano i ritrova-
menti fatti dall' A., i risultati della lettura dei titoli cemeteriali,
l'esame delle pitture, degli affreschi, la planimetria delle catacom-
be. Noi li andremo notando per comodo del lettore e per mostra-
re i risultati parziali delle esplorazioni e le acute osservazioni
che fa l'A.
1.' La nuova e bella livellazione delle necropoli, esposta in
quadri, che dei sarcofaghi, delle gallerie, dei decumani, delle ca-
tacombe ci dà la distanza del coperchio dal z^opunto , il livello
del suolo, l'altezza totale.
2.° La descrizione viva ed efficace delle particolarità architet-
toniche, alcune delle quali scoperte dall' Orsi (vedi Notizie degli
Scavi, dicembre 1893, 1895 e la Ròmiscfie QuartalschHft, 10 Band,
Sahrgang 1896), delle pitture decorative, degli affreschi, alcuni dei
quali nelle loro particolarità, altri nel loro insieme erano ignoti
agli studiosi — E sono degni di nota : la vivace descrizione delle
pitture dell'arcosolio di Deodata, e la scoperta di alcuni ornamenti
pittoreschi sulla parete di un arcosolio della catacomba di S. Gio-
vanni ; la dimostrazione dei difetti del facsimile delle pitture del-
l'arcosolio di Marcia della Vigna Cassia, pubblicato dal De Rossi
(Bullettino di archeologia a'isliana, serie III, Anno II, 1877) in
base ad un disegno e ad un acquerello del Politi; la scoperta di due
affreschi, ricoperti da terra, rappresentanti il buon Pastore insie-
me ad una orante in una catacomba nella galleria principale della
necropoli Cassia; il rinvenimento di fi-ammenti di pitture coperte
di terra in una altra catacomba della stessa necropoli, che hanno
un valore, perchè formano l' elemento costitutivo di un quatruplo
strato stuccato, che prova il reiterato uso del relativo loculo; la
scoperta in un'altra catacomba di un pajo di frammenti di pitture,
che erano perdute nella terra ammassata : uno è il frammento di
una scena di Giona , che forma riscontro ad un altra rapjìresen-
tazione di Giona trovata in un altra escavazione, l'altro certa-
mente un avanzo sparuto della rappre.sentazione di una figura
tiÀSSEONB BIBLIOOBAFIÒHE 66S
che prega ; e finalmente una rappresentazione figurata eucaristica,
ti'ovata dall' A. in una catacomba , e eh' è fra le migliori che si
sono scoperte.
3." La particolareggiata rassegna delle opere di plastica , che
si trovano nei sotterranei, ma solamente nella necropoli di S. Gio-
vanni: una circostanza che può anche avvalorare l'argomento. che
essa sia meno antica della necropoli Cassia e del cimitero di S. Ma-
ria di Gesù. Fra queste opere di plastica, oltre ad un disco mar-
moreo e una scultura di carattere decorativo, rinvenuti nei « De-
cumani maximus » e «minimus*, si distinguono la figura di to-
rello in alabastro, già descritta dall' Orsi {Notizie degli scavi del
mese di dicembre 181^5, pg. 32), welche aus dem Erde des 4 Jahrhun-
derts stammen mag, (p. 130) e sulla* cui destinazione l'A., sebbene
ritenga arrischiate le congetture, pure opina « da indes die Skul-
ptur, welche bei einer Lànge von 12 cm. kaum 10 cm. in der Hdhe
misst, oflfenbar nicht bloss zum Schmuke diente, sondern auch ir-
gend eine praktische Bedeutung haben musste, so ist es immorhin
denkbar. dass man dieselbe mit jener Art des Totenkultes in Su-
sammenhang bringen darf, welche sich in Weihegiìssen àusserte.
Thatsàchlich konute man ja den Holraum der Figur gegehenen
Falles mit Weihwasser oder aromatischen Essensen fiillen und
sodann die betreffende Fliissigkeit in der Weise, dass man die Nii-
steròffnungen des Stieres mit den Fingern verschloss, zu irgend-
welchen Grabstàtten truagen, die man besprenzen wollte; dort an-
gelangt konnto man die Totenspende ohne weiteres ihrer Bestim-
mung zuCùhren, indem man numehr die Nasenlocher der Tierge-
stald als Auslauf kanàle beniìtze » (p. 130); lo studio sul sarcofago
di Adelfia, che gehòrt durch seine figurenreichen Reliefdarstellung
zu den allerwichtingsten Denkmàlern aus den syrakusanischen
katacomben, scoperto dal Cavallari nel 1872 e sul quale abbiamo
una copiosa letteratura. L'A. esamina le varie congetture che si
son fatte per stabilire l'epoca originaria del monumento dal con-
tenuto dell'epitaffio, che si trova nel centro di esso e eh' è il se-
guente: (H) ic Adelfia e (larissima) f (emina) posita conpar Baleri
comitis — e trova che il maggior numero degli illustratori del
sarcofago riferiscono il titolo di Comes, eh' è conferito allo sposo
di Adelfia, Valerio, alle carica di un Comes civitatis Syracusanae
0 anche Comes comitivae Syracusanae. E poiché in Gassiodoro si
664 BASSB&NE RIBLIoaBAFIOdS
trovano accenni alla carica di Comes comitivae Syracusanae e
anche alla residenza in Siracusa di un Comes Valerius o Valoriano,
credono di poter fissare la cronologia del sarcofago al tempo della
dominazione dei Goti in Sicilia. Ma tale indicazione , che assegna
il monumento alla prima metà del 6" secolo dopo Cristo, pare al
Fiihrer sia in contradizione con le stile di esso; e lo prova dimo-
strando che sebbene nelle pitture del sarcofago si riscontri ame-
tria nelle proporzioni delle varie parti del corpo dei personaggi,
sebbene manchi l'espressione nei movimenti loro, sebbene sia evi-
dente la goffaggine con cui sono dipinti, p. es. il bastone di Gesù
Cristo, il mazzo di spighe ecc., pure « ist eine gewisse Prische der
Autfassung in der komposition des Ganzen sowie der einzelnen
Teite nicht zu verkennen ; insbesondere aber verràt sich in der
Bildung der Kòpfe und in der Gestaltung des Gewandtheit » (p. 136),
Si è cercato di soddisfare in diverso modo alle deduzioni , che si
son cavate dall'esame architettonico del monumento, per determi-
nare la data di origine di esso. La circostanza che il coperchio è
più corto del sarcofago stesso, che il marmo con quale esso è fatto
non ha lo stesso colore e la stessa lega di quello del coperchio
del sarcofago, ha fatto dedurre che il coperchio sia stato lavo-
rato in seguito , e che primitivamente fu impiegato per una se-
conda coppia del sarcofago destinato ad Adelfia. Sul proposito il
Fiihrer trova che un'appoggio per una siffatta adozione è certa-
mente dato da ciò: « dass die Reliefdarstellung des Sargdekels sich
nicht unwesentlich von den ùbrigen Reliefbildern des Sarkophoges
unterscheiden >; (p. 136). Ma prescindendo da queste differenze
formali, l'A. osserva giustamente che bisogna tener conto delle
diversità che realmente esistono tra quelle figure che nel sarco-
fago rappresentano le foggio orientali , e che enumera, per con-
chiudere : « gleichwohl wird alle diese Eigentiimlichkeiten nur
soviel ausser Zweifel gesetzt, dass die Skulpturen des Sargdekels
von einem anderen Kuustler stammen als die Reliefbilder des
Sarkophages selber : hingegen lasst sich die iXichtzusammengehò-
rigkeit des Sargdeckels und des Sarkophages selbst keineswegs
rait absoluter Sicherheit erhàrton *» (p. 137). Cei'tamente se dal
minuto sagace esame che il Fuhrer fa del sarcofago pare im-
possibile provare la differenza, in quanto al tempo, dell'origine
del coperchio dei sarcofago da una pai'le e del sai'cofago dall' al-
BA881BONK BTRMOORAFIOHE 665
tra, e inoltre si può ammettere l'origine romana dei due oggetti
marmorei, non è necessario collocare il monumento fino al 6° se-
colo. E ci pare giusta e accettabile la conclusione sul proposito
dell'A. e che trascriviamo : « denn ganz abgesehen davon, dass an
der Hauptstelle des Cassiodor nach den besten Handschriften gar
nicht Valerius sondern Valerianus uberliefert ist , kann es auch
schon vor der Gotenzeit die Wiirde eines Comes (civitatis oder)
comitivae Syracusanae gegeben haben, andererseits ist es auch
moglich, dass Comes in der Aufschrift des Adelphie-Sarkophages
uberhaupt nur als Ehrentitel und nichts als Bezeichnung der
Wiirde eines Statthalters aufzufassen ist. Unter dieser Vorausset-
zung aber hindei't nichts, mit der Bestimmung der Entstehungzeit
des Monumentalsarges um midertens 100 Jahro hinaufzugehen
und denselben wenigstens noch der ersten Halfte des 5 Jahrhun-
derts zuzuweisen » (p. 137).
4." Lo studio delle iscrizioni sepolcrali — Il Mommsen pubblicò
nel Corpus insa'iptionum Latinnrum le iscrizioni latine dei ci-
miteri scoperte fino all'anno 1883, e il Kaibel quelle greche fino
all'anno 1893. L'Orsi nelle Notizie degli Scavi (an. 1899, 1891,
1893, 1895, 1896) ne ha pubblicato un buon numero da lui
scoperte, le quali sono state studiate dallo Strazzulla ; ma tuttavia
la compilazione del risultato epigrafico delle catacombe siracusane
non è esaurita. Non mancano , è vero , delle buone osservazioni
sulle particolarità, che presentano gli epitaffi relativamente alla
fonetica, alla morfologia e alla sintassi , e alle circostanze di vita
e alle nozioni della popolazione antica cristiana di Siracusa, tanto
dal lato religioso, quanto dal lato profano, ma queste dissertazioni
sono state fatte occasionalmente o su d'una parte di tutto il mate-
riale epigrafico. Perciò era desiderata una trattazione sistematica
di tutta la materia, che sodisfacesse ugualmente dal lato materiale
e dal lato formale, sebbene le indagini per uno studio del mate-
riale epigrafico non sono ancora compiute, giacche l'accertamento
critico-ermeneutico del testo delle iscrizioni, ad onta che l'Orsi e
il Kaibel abbiano ben meritato per i loro studi, nondimeno per
cagione delle difficoltà che si devono vincere , non è completato
in modo definitivo, e anche un buon numero dei più importanti
epitaffi non sono stati riprodotti fedelmente. Posto ciò, il Fiihrer
fa un lavoro proficuo esaminando tutto il materiale epigrafico e
666 RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE
specialmente quelle iscrizioni la cui lettura presenta difficoltà, pre-
sentando i tentativi suoi per decifrarle. E all'uopo ci fornisce una
buona contribuzione per la ricostruzione del testo di una copiosa
iscrizione metrica, dipinta su d'un arcosolio isolato della necropoli
di S. Giovanni, che l'Orsi aveva tentato di fare, e stabilisce il con-
tenuto di essa, fra tante lagune, e il nome di Deodata, dividendo
i versi che nell'originale sono uniti ; presenta poi le aggiunte e
le correzioni da lui fatte ad un buon numero di epitaffi : ad
alcuni di quelli pubblicati dall'Orsi ai numeri 48, 60, 132, 212,
235, 258, 278, 316, 357, e che ci pajono j'agionevoli ; e a quelli
pubblicati dal Kaibel , correggendo un buon numero di sviste ,
scappate a lui, e che consistono nella omissione dei monogrammi
e nella cattiva deciferazione dei disegni sgraffiti, e che si riscon-
trano ai n. 73, 79, 153, 157, 151, 148, 167,75, 154, 92, 198, 175, 159.
Abbiamo anche a notare un buon numero di epitaffi trovati dal-
l' A. nei cimiteri e qui pubblicali , e che accrescono importanza
alla ricchezza epigrafica di quelli ipogei.
Le copie fotografiche, che l'A. ha preso delle antiche iscrizioni
cristiane, oltre che gli potranno in avvenire servire di base ad
una accurata disamina sulla specialità del carattere nelle diverse
epoche, gli servono ora per dividere in categorie l' iscrizioni per
cagione della diversità, rispetto alla esecuzione tecnica relativa-
mente al materiale sottosuolo. Non è senza importanza il rilievo
dei titoli datati della catacomba di S. Giovanni, perchè ci fanno
conoscere la diversità rispetto al modo come sono fatti i singoli
cai'atteri : alcuni sono incisi con lo scalpello, altri hanno il pri-
mo abbozzo delle lettere inciso a punti; un esemplare più antico
ci mostra chiaramente che le lettere erano incise sulla pietra cal-
care con uno strumento simile ad un coltello e in modo zotico.
Una iscrizione datata ci offre un esempio di quei graffili simbo-
lici, che si sono trovati nelle catacombe siracusane in parie in-
sieme agli epitafli, in parte isolati. « Ma imnierhin auch noch an-
derwetige Anzeichen dafiir darbieten , dass die Anlage dieser Ne-
chropolo nicht wohl iiber das zweite Drittel des 4 Jahrundorts
hinauf geriickt werden kann, wàhrend die Beniitzung der.solben
8ich zum allei'mindesten bis in des 6 Saeculum hinab erstrekt ha-
ben mu88 » (p. 166). Una conclusione alla quale il Fiihrer per-
viene, dopo un coscienzioso e minuto esame delle diversità del
RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE 667
materiale epigrafico delle tre catacombe ; diversità che riscontra
nella grafia, nella forma, nel contenuto delle iscrizioni e che ap-
prestano agli studiosi dell'epigrafia un notevole materiale sull'uso
dei diversi epiteti, dei monogrammi, delle acclamazioni, della ti-
tolatura, delle forme verbali , che notano il seppellimento, la
data e il tenore di vita del morto, ecc. In proposito l'A. non tra-
lascia di notare tutto ciò che fu da altri non esattamente rilevato
0 erroneamente accettato , avvalorando le sue affermazioni con
esatti richiami scientifici e filologici ; e crediamo di non errare
se affermiamo che questo studio sui titoli cemeteriali siracusani
porta un cospicuo contributo alla soluzione degli intricati proble-
mi, che presenta lo studio dell'epigrafia cristiana.
5." L'inventario delle opere di pittura minuta è condotto dili-
gentemente e sul materiale già scoperto dall' Orsi. — Notevole la
ff Zusammenstellung der dekorativen Clemente, \velche hiebei zur
Verwendung gelangten, ohne indes gleichzeitig auch die in den
einzelnen Fallen zu tage tretenden Unterschiede in Hinsicht auf
die Art der Aiisfiihrung beriicksichtigen zu kdnnen » (p. 180).
L'opera è dedicata in Verehrung und Dankbarkeit al D.' Paolo
Orsi, direttore del museo archeologico di Siracusa che mise a di-
sposizione del Fiihrer le sue scoperte nelle catacombe ; permetta,
l'illustre professore bavarese, ora a noi di mostrare a lui la no-
stra Verehrung und Dankbarkeit per le fatiche durate ad illu-
strare così dottamente i monumenti cristiani di Siracusa e di far
voti che presto dia a luce i suoi studi su gli altri cimiteri cri-
stiani della isola nostra.
Noto l(i, XI, '99.
Mattia di Martino.
668 * BASSEGNE BIBLIOGRAFICHE
P. Kehr, Fapslurkiinden in Sizilien. Ubcr die Papsturkunden
far S. Maria Valle Josapliat. Papsturkunden in Malta. BericJit
uber die Forschungen L. Schiaparellis. (Aus den Nachrichten
der K. Gesellschaft der Wissenschaft. zu Góttingen, Philolo-
gisch-historische Klasse, 18'J9. Keft. 3).
L'Illustre Prof. Kehr , che da più anni visita i vari Archivi
pubblici e privati d'Italia, per procedere ad una nuova edizione
critica delle bolle fino a Celestino III e correggere i Regesti di
Jaflfè-Loewenfeld, pubblica ora le relazioni dei suoi viaggi comin-
ciati il 13 Maggio 18U9 in Sicilia e Malta, le quali completano lo
notizie sulle ricerche da lui intraprese nell'Italia Meridionale.
Il Kehr non si limita alle notizie sulle bolle che formano l'o-
bietto speciale dei suoi studi, ma indica pure tutto ciò che può
sembrare importante per la diplomatica siciliana specie pel tempo
Svevo. Non mi sembra inopportuno, tralasciando gli Archivi pub-
blici e privati di Palermo, Cefalù e Morreale , di riferii*e ciò che
egli trovò di notevole negli altri centri della Sicilia:
In Mazzara : il Libro dei Privilegi fatto al tempo del
vescovo Antonio Lombardo nel 1578, in cui si contengono fra gli
altri due diplomi di Ruggiero I e II ed uno di Guglielmo II
del 1176;
In Marsala: nell'Archivio Comunale il Libro Rosso che
comincia con un diploma di re Federico II di Aragona del 1.S18;
In Trapani: nell'Archivio Notarile il registro del 1207, che il
Prof. Salinas aveva già fatto conoscere agli studiosi ; nella Biblio-
teca P'ardelliana : le pergamene del Monastei-o di S. Mai'ia An-
nunziala che cominciano al scc. XIW, eà \\ Regesto Poligrafo noto
per lo studio di Vito La Mantia ;
In Girgenti : nell' Archivio Capitolare alcuni privilegi origi-
nali di Gostanza, Federico II, Manfredi e nei copiar! i diplomi
di Guglielmo II, Federico II del 1109, i2hh , 1246 e bolle di Ur-
bano II; nella Biblioteca Lucchesiana: le copie dei Mss. Qq. PI 45,
Qq. G. 1 e Qq. II. 15 della Comunale di Palermo, e lo copio del
XVIII sec. dei Capibrevi del Barberi e del De Regia Monarchia;
Nell'Archivio Capitolare di Patti il materiale abbondante per
diplomi dell'Imperatore Federico II e Manfredi ; come in Messina,
RASSEGNE BIBLIOGBAFIOHE 669
oltre i copiarì dei Privilegi della città , nella Biblioteca Univer-
sitaria : l.» «Monumenta ecclesie Messanensis coliecta a D. Ami-
co Messanensis ecclesie Panormitane canonico » Ms. cartaceo del
sec. XVII, a cui il protopapa Giuseppe Vinci ha aggiunto alcuni
documenti ; 2.° « Antoninus De Amico, Messanensis ecclesie tabu-
larium » Ma. pure cartaceo del sec. XVIII, copia finita nel 19 De-
cembre 1769 dallo stesso protopapa Giuseppe Vinci;
In Catania: nell'Archivio Capitolare, oltre il pi'ivilegio origi-
jiale del conte Ruggiero del 1091 Aprile 26, di cui diede notizia
il Prof, Salinas, molte bolle e documenti dei sec. XII e XIII.
Pel Museo Civico, che ha parecchi documenti doU'epoca Nor-
manna, r A. completa le notizie raccolte dallo Scheffer-Boichorst
(Nei(es A)'chiv. ecc.XXlY , 128), ed enumera parecchi ms.del sec. XVII,
di una discreta importanza, conservati nell'Archivio Comunale.
Siracusa è disgraziatamente il luogo dove maggiore è stato lo
sperpero dei documenti.
Sulle esplorazioni del Kehr nell'Archivio di Valletta in Malta,
dico solo che esse completano le notizie date dal Delaville Le
Roulx, e dimostrano che sul ms. Qq. G. 12 della Bib. Com. di Pa-
lermo dovuto in massima parte ad Antonino Amico, del quale mi
servii nella pubblicazione dei documenti inediti dell' Epoca Nor-
manna, si può avere pienissima fede (p. 370).
La pubblicazione del Kehr non è mica importante solo per le
notizie raccolte con cura scrupolosa sugli Archivi nostri, ma ezian-
dio per uno studio « Sui documenti pontifici di S. Maria di Valle
Giosafatj», studio veramente notevole per la storia di quel Mo-
nastero.
È noto che alla spicciolata la critica storico-diplomatica aveva
dichiarato falsi alcuni privilegi di S. Maria di Valle Giosafat ; ma
è merito di L. von Heinemann di averne per il primo riunito un
buon numero e dato su di essi, mercè un esame puramente storico,
un giudizio severo ma coscienzioso. L'Heinemann però non conobbe
tutto il materiale, sicché io, studiando i soli pririlegi (perchè delle
bolle si sarebbe occupato il Kehr), dissi poco tempo addietro, ciò
che mi permetto ripetere : « A me però non sembra che il valente
Prof. Heinemann abbia dato fondo alla questione brillantemente
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 43
670 EA8SEGNE BrBLIOGRAriCHE
intuita e posta, ne che abbia esaurito tutte le ricerche relative
all'importante argomento ; mentre dall'altro canto la critica sto-
rica, di cui egli s' è avvalso, è certo uno degli elementi della cri-
tica diplomatica, ma non il solo ». Questo è su per giù il parere
del Kehr , il quale esamina tutte le bolle del Monastero da Pa-
squale II ad Alessandro III ; bolle che fra originali e copie for-
mano il bel numero di 18 (p. 339-340). Sicché i documenti esa-
minati da me e dal Kehr sono 30 , non compreso il priv. di Fe-
derico II del Giugno 1221 (Winkelmann , Acta imperii I, p. 210,
BòHMER-FiCKER, nr. 1345); mentre il Heinemann, compreso que-
st'ultimo, ne studiò solo 15.
Egli, tralasciando le due bolle di Alessandro HI H68 e 1169,
(cioè nr. 17 e 18), divide le rimanenti in tre gruppi. Il 1" gruppo
comprende 4 originali (J, 11, 13, 14) di Pasquale II, Eugenio IV,
Anastasio IV, Adriano IV ; « sono conferme di possedimenti ter-
ritoriali, di patrocinio pontificio e di una serie di altri privilegi:
sepoltura, acccttazioni di eredità, riconoscimento di diritti , proi-
bizioni al vescovo e ai chierici di Gerusalemme di pretendere dal
Monastero per solenne occasione alloggio e mantenimento. » (p. 340).
Il 2." è formato da una copia e 4 originali (8, 9, 10, 12, 15) di
Innocenzo II, Eugenio III e di Adriano IV, che hanno quasi tutti
il medesimo contenuto. « 8ie charakterisiren sich als Schutzbriefe
fiir die dem Kloster gehòrende Kirche zu El-Leijun (Ligionis) und
fiir den vom Bischof Bernard von Nazareth geschenkten Zehnten
zu Ta' anuk (Thanis), endlich fiir die Kirche S. Maria Maddalena
zu Paterno in Sizilien » (p. 340 . Sette bolle fra originali e falsi-
ficazioni d'Innocenzo II e di Adriano IV, formano il terzo ed ul-
timo gruppo (2, 3, 4, 5, 6, 7, 16). « Es sind Parallelurkurden zu
der ersten Reiche ». « Ma i luoghi dei possessi sono aumentati : s'an-
noverano esclusivamente i possedimenti territoriali del Monastero
in Calabria, Puglia e Sicilia. Qui sta ora il punto della falsifica-
zione. In tutto questo gruppo solo il nr. 3 è originale (Pflugk-
Harttung, II 310 nr. 349) ; il contenuto di questo originale, ch'è
la bolla d'Innocenzo II, corrisponde in tutto alle altre bolle auten-
tiche, sicché può stabilirsi come punto fermo \)ov {.Mudicare gli
altri documenti che sono affini per il contenuto •>.
Mi dispenso dal riportare l'enumerazione dei possessi del Mo-
nastero che l'A. fa in base al privilegio originale di Innocenzo II,
e Tengo alle conclusioni che ne deduce.
BA88EGNE BIBLIOGRAFICHE 671
La bolla di Pasquale II (nr. 2) è in piena contradizione con
quella orig. d'Innocenzo. «Essa è una copia del sec. XIII, poco riu-
scita sul documento originale del medesimo Pasquale II (n. 1) e scritta
dalla stessa mano, a cui si avvicinano quelli d' Innocenzo II (nr.
5 e 6). È la stessa mano del falsario, che ha scritto tutta la serie
dei documenti falsi di S. Maria di Giosafat sugli originali. Il fal-
sificatore procedette però senza troppa scrupolosità nella sua fat-
tura, né sembra abbia avuto di mira una perfetta imilazione;
solo nel protocollo finale tentò dare alle sottoscrizioni un ca-
rattere individuale, copiandola» dall'originale nr. 1. Il documento
verisimile era stato anche suggellato», pi'ecisaraente, aggiungo
io, come il diploma falso di Ruggiero del 1144.
È noto che il Monastero di S. Maria Maddalena presso Messina
venne in prosperità dopo il sec. XIII. Dopo la caduta dell'Abbazia
e del Convento in Valle Giosafat, esso divenne il centro di tutta
la congregazione. «Ma mentre nell'originale d'Innocenzo II del 1140
« ohne hervorzutreten in der Reihe der iibrigen Besitzungen steht»,
esso nel preteso doc. di Pasquale II del 1113 è posto in prima li-
nea ; con questo doc. comincia la lista dei possessi di S. Maria di
Giosafat del sud -Italia. Chi poteva presentire nel 1113 ciò che
nessuno sapeva nel 1140? (p. 343); il doc. del 1113 poteva fare
parola della chiesa di S. Anna di Galath, conceduta solo nel 1124 ?»
{Delaborde, p. 38, n. 13).
Da questo e da altri esami, ch'io tralascio per brevità, l'A.
deduce i fini delle falsificazioni che si riscontrano nei primi due
gruppi di nove documenti « Die Hervorhebung und Bevorrech-
tung von S. Maria Maddalena bei Messinia war das erste Fal-
schungsmotiv, das zweite ist die Schebeke im Galabrieschen Meer.
Das dritte ist der Besitz zu Tarent und das SchifF im Hafen da-
selbst. » (p. 344).
Passa quindi l'A. ad esaminare i nr. 4, 5, 6, 7 : bolle che si
vorrebbero tutte di Innocenzo II, e date nello stesso giorno; cosa
addirittura impossibile. Portano il D at um 1140 Maggio 13 Viterbo,
quando l'originale (nr. 3) è dato il 18 Maggio 1140 da I/derani.
È possibile che il falsario abbia tratto l'indicazione del luogo dalla
bolla di Eugenio III data il 4 Maggio 1145 Laterani ; siffatta mu-
tazione arbitraria del luogo si riscontra molte altre volte nelle
falsificazioni di questo Tabulari©, « Ma egli poteva trarre solo in
672 RASSEGNE BIBLIOGRAriOHl!
inganno i contemporanei, perchè per noi è molto agevole ricono-
scere le falsificazioni a tali contrassegni. Ma v' ha di più. Di queste
4 falsificazioni due sono pervenute nella medesima scrittura ori-
ginale e permettono di stabilire bene il tempo e la connessione :
sono scritte dal medesimo falsario del sec. XIII, cui appartiene
pure il falso di Pasquale li ». Anche di queste 4 falsificazioni il
Kehr prova il fine, che è nell'interesse del Monastero in Paterno,
come si detegge dall' elenco lungo dei possessi e dei loro confini
che si pretenderebbero dipendenti. In conclusione il valente Prof.
di Gottinga ritiene, e a parer mio con molto fondamento, che
« nei particolari non vi sia un rapporto preciso fra i privilegi falsi;
ma che il fatto diplomaticamente sia di molto interesse, perchè il me-
desimo falsificatore (perchè è una medesima persona) non dimostra
mai né identità di mano in due casi distinti, ne conformità di
stile, — da una falsificazione fabbricò 4 aspetti diversi - - » p. 347,
Non è escluso però che queste quattro falsificazioni rappresentino
abbozzi, quasi esercizi di stile del falsificatore. Il falso documento
di Adriano IV, (nr. 16) può considerarsi come la perfezione del
genere.
Seguono 7 doc. pontifici di quel Monastero fra autentici e falsi.
Il contributo notevolissimo dato dal Kehr, alla questione che ci
ha tanto affaticato in quest'anno, è tale che ormai la definitiva
soluzione non sembra né ditlicile né lontana. Spero occuparmene
tosto che potrò recarmi in Catania.
G. A. Garufi.
Orazio Nerone Longro , Rìcetxhe su i diplomi Normanni della
Chiesa di Troina. Catania, 1899, pp. 48.
Fra' pochi giovani che con amore si son dai oggi alle ricer-
che faticose della diplomatica siciliana dei sec. XII e XIII m' è
lieto annoverare l'egi'egio I)ott. Nerone Longo , eli' è stato messo
suIIh via dagli instancabili Prof. Vincenzo Casagrandi e Remigio
Sabadini dell'Università di Catania.
La questione eh' egli ha preso a studiare è certamente fra le
ttASSEGNB BIBLIOGBAFIOHF 6?S
più gravi, complicate ed oscure che presenti la storia siciliana.
Troiua fu sede vescovile finche nel 1096 il suo vescovo, per con-
cessione del Conte Ruggiero, definitivamente trasportò la sua sede
principale in Messina ; però anche molto tempo dopo il vescovo
di Messina Cu detto : Messanensis et Trainensis episcopus (1).
Dopo l'espugnazione di Taormina (1078), Ruggiero fondò una
chiesa in Troina e l'elesse sede di vescovato, pei'chè Messina, per
rnaximam multitudinem Messanetisiura morti e fuggiti al tempo
del passaggio di Ruggiero in Sicilia (Caruso, Bib. hist. I, 178), non
era ritenuta ancora capace di avere una sede vescovile.
I doc. della Chiesa di Troina non ci sono pervenuti in origi-
nali, come anche quelli della Cattedrale di Messina. Alcuni si tro-
vano nel Liber Praelatianim, nel Liber Regiae Monarchiae , nei
ms. Qq. H. 4, e Qq. H, 0 della Bib. Coni, di Pai. ; in questi mss.
taluni doc. sono trascritti da A. Amico, tali altri da Schiavo e dai
copisti di cui si serviva questo raccoglitore indefesso.
L'A. divido il suo studio in 6 capitoli. Nel 1." (Introduzione)
riassume la questione che fervette per far risorgere nello scorso
sec. il Vescovato di Troina, ed accenna alle ricerche che fece in
Troina e in Palermo. Nel 2." dà breve notizia delle '< Memorie
storiche di F. Conanno» che hanno solo un mediocre valore per
la storia delle lotte sostenute da Troina e Nicosia contendentisi
la sede vescovile. Nel 3." Cap. tratta «Fonti, Copie di mss. Pub-
blicazioni » relativi ai doc. del tempo Normanno che si riferiscono
alla Chiesa di Troina.
Qui m' è uopo mettere in rilievo alcune omissioni ed inesat-
tezze. L'A., che fu in Troina a ricercare i due Archivi, il Comu-
nale e il Capitolare, poteva invece in Messina trovare due ms.
nella Biblioteca dell'Università, di cui prima il Winkolmann (Neues
Archiv III, 642, 644) e poi il Kehr (Nachrich. d. K. Gesellschaft.
(ler Wissensch. zu Gòttingen. Philologisch-historische Klasse 1899.
Heft. 3, 304) han dato notizia. 1° Monumenta ecclesie Messanensis
(l) Doc. per serv. alla SI. di Sic, 1» Ser. Tab. voi. I, pp. 3, 8, 10, li
ecc. Nel doc. della race. Starrabba del 1087, dicesi però • ... eo quod eum,
post acquisitioneni Siciliae, translata Sede lìpiscopatas a Traina Messa-
nam, primum in Episcopum erexeram ... ».
674 RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE
collecta a D. Antonino Amico Messanensi ecclesie Panormitane
canonico, del sec. XVII ; 2.° « Antoninus de Amico , Messanensis
ecclesie tabularìum, del sec. XVIII, Copia del protopapa Giuseppe
Vinci del 19 Decerabre 1769. È a notare che il Kehr parlando del
ms. più antico soggiunge :einige Urkunden hat loseph
Vinci protopapa Graecorum hinzugefiigt. È ine-
satto affermare che nei mss. Amico Qq. H. 4 e Qq. H. 9 della Bib.
Com. di Palermo, vi siano due mani incognite ; la mano incognita,
come già disse lo Starrabba, è una sola.
Nel 4.* cap. dà l'elenco dei diplomi della chiesa di Troina, com-
prendendo il priv. dell' imperatrice Gostanza che conferma due
concessioni fatte da Goffredo Burrello , dalla data dei quali, V A.
avrebbe potuto trarre giovamento.
Il 5.° Gap. tratta i priv. genuini, il 6." i falsi che sono ripub-
blicati in Appendice. Giustamente il N. nota che il dipi. 1082, non
può ritenersi Priv. della istituzione della Chiesa di Troina. Il bra-
no... Do et concedo supradictae Traynensi Ec-
clesiae et Presuli qui modo preest... mentre pri-
ma non fa parola né del vescovo ne della Chiesa di Troina , dà
forte sospetto che si riferisca ad un pi'iv. precedente. Onde l'A.
accetta il parere dell'Amari, che ritenne la fondazione di quel ve-
scovato risalga al 1081, riferendo il passo dell'epistola di Grego-
rio VII. « Non dubitet prudentia. » Qui avrei desiderato che il N.
si fosse servito dei Regesta Pont, di laffèLoewenfeld, o an-
che solo di laffè, e avesse dimostrato come, malgrado costoro as-
segnino all'epistola la data 1082 (?) (nr. 529H. I.-L., 3946. 1.), si possa
con molto fondamento far risalire ad un tempo anteriore quella
di fondazione del vescovato. Nel priv. 1082, VI Ind. (Settembre 1082,
Agosto 1083) l'inciso tempore domni Gregorii ecc., vale
a dimostrare che il pontefice era consapevole dell'elezione del ve-
scovo Roberto. Ma nell'epistola 1082 (?) Gregorio consente l'elezione
di Roberto, però ammonisce il conte Ruggiero perchè nell'avvenire
non elegga alcun vescovo senza l'annuenza di lui. Se nel Settem-
bre 1082 -Agosto 1083, Roberto è vescovo regolarmente di Troina
col consenso di Gregorio, pi'ima del Settembre 1082 lo fu per sola
volontà di Ruggiero. So si riflette ;il tt-mpo che potè impit^garsi
perchè la lettera del conto Ruggiero pervenisse al pontefice e
questi rispondesse; che Ruggiero chiedette al pontefice il rico-
AASSEaìiE BIÉLIOORAFICHE 6^5
noscimento dell' elezione eh' egli avea già fatta , si ha molta ra-
gione a ritenere che l'elezione dovette aver luogo o nel 1080 o
nel 1081.
Se il N. avesse ponderato questi fatti , e avesse esaminato il
dip. I, eh' egli a p. 44 dà eome apoerifo , ed è inveee una tradu-
zione dal greeo fatta nel 1289, si sarebbe aeeorto ehe nessuna ra-
gione dipiomatiea e storiea s'oppone a ritenerlo genuino. Gli ele-
menti estrinseci, a cui l'A. s'appoggia per dimostrarlo falso, sono
molto superficiali.
Il N. ritiene falso pure il priv. che nelle copie c'è dato coiran-
no 1085 (?) Febbraio, Ind. IV, (p. 39, 40, 45, 4(3); ma confesso che,
quantunque sia scritto dalla mano i n e o g n i t a , le ragioni ad-
dotte non mi convingono (1). Il mulino conceduto nel priv. Sett.
1082 - Agosto 1083 è lo stesso di quello di cui parla il 1085 (?) :
H a m e t h i z può ben essere la traduzione di mxx^ev, Z e u e h o -
ricum di lapYouSéoo; del resto si hanno esempi numerosissimi di
traduzioni latine autentiche dei sec. XIII e XIV da docum. greci
ed arabi storpiate infamemente nelle date e nei nomi. (Gf. / doc.
inediti dell' Ep. Nof^n. in Sic). Circa la differenza dei villani, 10
nel 1." doc. lo nel 2.", si può notare che nel 1." (testo Starrabba
p. 2 e originale di Amico) vedesi la parentisi che giusto comprende
il dece m: [Acharet et] dece m... e può supporsi che ol-
tre ad Acharet et mancasse q u i n che poteva scriversi con
abbreviatura ; nulla dico sulla lettura di d e e e m che poteva
essere d e ci m . L'osservazione relativa al qualificativo e a s t r u m
o terra non regge per traduzioni della fine del sec. XIII o del
XIV od anche di Leonardo Paté del XVII. L' ind. IV ci porta al
Febbraio 1U81 ; sicché potrebbero stabilirsi :
1.° 1080 Decembre (6588 a. m.) priv. di fondazione del ve-
scovato di Troina ;
2." 1081 Febbraio Ind. IV concessione del mulino e di 15 vil-
lani (priv. greco) ;
3." 1082 Settembre - 1083 Agosto conferma della concessione
fi) Ad un primo esame lo ritenni traduzione interpolata del priv.
U»9G Aprile; ma ora sono convinto possa salvarsi dell' imputazione di
falso.
676 RASSEGNE BIBLIOOBAFIOHE
precedente, scritta in latino in calce al priv. greco , dopo il con-
sentimento di Gregorio VII.
Il N. annovera fra i doc. di Troina anche il pr, 1096 Aprile,
che si riferisce piuttosto all'erezione definitiva di Messina a sede
vescovile. A mio avviso avrebbe dovuto piuttosto intrattenersi
delle donazioni di Goffredo Burelle, confermate dall'imperatrice
Costanza ed accordarne le date che a quel modo non reggono.
La lettera 15 Aprile 1093, che l'A. ritiene falsa, è per me ge-
nuina: egli è caduto in equivoco nel calcolare l'indizione e non
ha pensato che il passo « venerabilis P. Rogerii olim Traynensis
decani nunc vero Syracusani Elepti existenti » è una testimonianza
preziosa, che ha riscontro nel diploma orig. di fondazione del Ve-
scovato di Siracusa. In questo priv, è detto : « Doranum Rogerium
traginensis aecclesiae decanum communi Consilio tocius episco-
porum Syciliae ecc. ».
I doc. di Malgerio (1094) di Ruggiero II (1143) Guglielmo II
(1169) sono falsi, e forse non avrebbero dovuto far parte dei di-
plomi della Cattedrale di Messina, perchè non scritti dall' Amico.
Ma già il Behring (Sic. St. II) ai nr. 65 e 171 aveva dichiarato
sospetto il priv. di Ruggiero e falsa la lettera di Guglielmo II.
Convengo col N. che il priv. di Ruggiero 1143 più che sospetto è
falso; ma avrei preferito avesse fatto un esame storico- diploma-
tico ; egli invece lo credette falso solamente per la forma strana
del participio accessitus per accessus.
Contro l'opinione del N. ritengo vera la lettera di Guglielmo I
del 1158. Il Behring s'era limitato ad annotare: Erscheigt
verdàchting, mentre nella lettera 1169 poneva addirittura il
segno di falsità. Le formule protocollari corrono bene e il conte-
nuto storico non desta sospetti.
A prova di quanto affermo, riporto l'opinione che il Huillard-
Bréholles e il Winkelmann ebbero sul doc. di Federico II, che il
Di Chiara sul ms. Qq. II. 9. p. 144 pubblicò col Latum Get^ma-
niae {aie) 1198. Si l'uno (Hist. dipi. Frid. II, ser. I, 228 notaj che
l'altro (Acta imp. ined. l, 98) lo ritennero dell'anno 1212 e dato
Wormaciae, Guarmacie; il 1" pose il segno d'interrogazione
che fu tolto addirittura dal Winkelmann. In quel doc. Federico
concede il canonicato e il cappellanato di Troina al prete Nicola
de Avenia : se nel 1212 Troina è cappellania regia non vedo per-
tlASSEGNE BIBLIOGRAFICHE 6?7
che si debba rifiutare il doc. di Guglielmo T il58 diplomaticamente
vero.
L'egregio A. in questo suo primo studio ha mostrato ingegno
pronto 0 attitudine a siffatte ricerche ; togliendo le mende, in una
2* edizione, che gli auguro di gran cuore, potrà senza dubbio dare
un pregevole conti'ibuto alla storia siciliana.
C. A. Garufi.
•■^^m^-^'
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
•^■h
F. Pulci. Vita delle miniere in Si-
cilia. Palermo, Tipografia del
Gioi'nale di Sicilia, 1899. In-8",
pp. 57.
La vita de' solfatai é stata ob-
bietto di stadio in questi ultimi tem-
pi per parte di parecchi illustri e
non illustri, competenti e non com-
petenti , poiché ad essa si é legata
la quistione economico-sociale e po-
litica. 11 nostro Autore, che appar-
tiene appunto alla regione delle sol-
fare, ch'ó uno studioso appassionato
della storia e del folklore del paese
natio, tia voluto recare suH'argn-
meuto il contributo suo , facendoci
conoiicere senza preconcetti e pas-
sione qual' é e come sì svolge la
vita nelle miniere di zolfo, con tuttn
le curiosità e particolarità di usi e
cottami speciali.
L» prima parte del lavoro 8i oc-
cupa dello zolfo sotto l'aspetto sto-
rico , industriale e commerciale ,
riassumendo le più importanti e si-
cure notizie in proposito , dandoci
contezza del come si procede all'e-
scavazione e coltura della miniera
Ano allo esaurimento e chiusura,
come il minerale si raccoglie e fonde
ed in che specie e varietà di forni,
con tutte le particolarità delle ope-
razioni ed i nomi tecnici, la quan-
tità del prodotto e 1' utile che se ne
può cavare.
Non meno importante ma più ge-
niale é la seconda parte, nella quale
si discorre delle con.iizioni di vita
e de' costami de' lavoratori delle
miniere (picconieri e carusi) do'
rapporti e contratti tra essi esistenti,
della loro indole; e qui è fatto largo
cami)o alla poesia popolare tradizio-
nale, costante compagna del lavoro
di questi infelici che stentano tu più
fiULLETTlNO BIBLIOGRAFICO
679
parte del viver loro entro le viscere
della terra.
Io fo voti che il Pulci ripigli in
mano questo suo egregio studio e
lo facci più esteso e completo, spe-
cialmente nella parte prima. La sto-
ria della coltivazione delle miniere
di zolfo in Sicilia non é sì recente
come l'A. crede, ed io lio visti de'
documenti che attestano eh' essa esi-
stesse già non tanto ristretta nel
sec. XVI. Ma occorre che special-
mente su gli atti notarili e su le
carte del regio Archivio si condu-
cano le ricerche, ed allora nuova e
non poca luce verrà forse fuori a
chiarirci la storia economico-indu-
striale siciliana.
S. S.-M.
Le Feste di Santa Rosalia in Pa-
lermo e della Assunta in Messi-
na : versione dal francese, dal-
l' inglese , dal tedesco , co?i noie
di Maria Pitrè. ( Con illustrazio-
ni). Palermo, Alberto lieber; 1900.
InS", pp. 164, con tre tavole in-
cise, oltre 19 illustrazioni entro
il testo.
Delle sontuose e caratteristiche l'o-
ste di Santa Rosalia in Palermo e di
quelle dell' Assunta in Messina molti
si sono occupati, e in passato ed ai di
nostri, e variamente ne hanno giu-
dicato. Abbiano oppur no esse fatto
il loro tempo, certo é che son pas-
sate alla celebrità della storia ; e
pertanto giudichiamo utile ed op-
portuno il divisamente della egregia
signorina Maria Pitrè, che ha voluto
farci conoscere le descrizioni ed i
giudizi che di esse han portato gli
scrittori non siciliani.
La signorina Pitrè ha raccolto
in questo volumetto trentotto descri-
zioni, (venti su la festa palermitana,
diciotto su la messinese) dovute a
31 scrittori , e cioè : 14 francesi,
11 italiani , 8 inglesi , un tedesco,
che non tutti giudicano ad un modo,
né tutto dicono, né schivano gli er-
rori e le inesattezze, presi singolar-
mente ; ma messi insieme, si com-
pletano e correggono a vicenda. Però
le correzioni ed i chiarimenti mag-
giori li dà la signorina Pitrè in op-
portune note , completando così il
testo che ella ha con diligenza tra-
dotto dagli originali.
Le più importanti tra queste re-
lazioni sono: quella degl' inglesi Bri-
done (1770), Thompson (1810), e
Smyth ( 1 823) de' francesi Houel (1776)
e Saint- Non (1785) e De Gourbil-
lon(t819 •, degl'italiani Carrone(i832)
e De Salvo (1834) , che scrivono quel
che hanno veduto personalmente e
non quello che hanno letto in altri
o sentito dire.
Alle traduzioni va innanzi una
ben fatta prefazioncina, che dà ra-
gione del lavoro e della varia im-
portanza delle diverse relazioni. Fac-
ciamo le nostre congratulazioni alla
esimia giovanetta , che con questo
come con altri suoi lavoretti an-
teriori dà bella prova de' suoi studj
e del suo ingegno.
S. S.-M.
680
BDLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Q-. Boxaano. Intorno all' origine
della denominazione « Due Si-
cilie » ; nuova ricerca. Trani,
V. Vecchi, lipografo-edilore; 1899 .
In-8», pp. 20.
Nel 1897 l' A, aveva potuto sta-
bilire che la denominazione Bue Si-
cilie rimontava al quattrocento; og-
gi, col nuovo opuscolo, dietro eru-
dite indagini viene alla conclusione
netta, che gli elementi costitutivi
della espressione Regnum Siciliae
citra et ultra farum appariscono
nella seconda metà del sec. XII ,
eh' essa è già formata al principio
del sec. XIII , entra nell' uso nella
prima metà di questo secolo, si dif-
fonde e diviene comune nella se-
conda metà, al tempo degli Angioi-
ni ; e che, « non dal concetto della
indivisibilità del regno di Sicilia
proclamata da Clemente IV nella
bolla d'investitura a favore dell'An-
gioino, ma da quello dell' unità or-
ganica primitiva del regno siciliano,
benché costituito di parti diverse,
scaturì la distinzione . . . Essa ebbe
in origine un significato puramente
geografico; col tempo, quando la
Sicilia si sottrasse al dominio an-
gioino, se ne aggiunse un altro spe-
cialmente politico, e in questo dop-
pio signitlcato rimase nel linguag-
gio della Santa Sede e della Cancel-
leria di Napoli come espressione
delle loro pretese sull'isola sicilia-
na anche dopo i fatti del 1282 ».
In fine l'egregio A. torna a di-
mostrare, con la rettifica del noto
passo di Riccardo di S. Germano:
in utraque Sycla ( rettifica che i
dotti hanno adottata già da qualche
tempo), che lo sdoppiamento del-
l' unico Regno di Sicilia in Due Si-
cilie è posteriore, e non fu che
« l'effetto di una più lunga vicenda
di latti storici, di una più profonda
elaborazione di concetti giuridici >.
S. S.-M.
Francesco G-uardione. Gioachino
Murai in Italia. {Con carteggi
e documenti insditi). Palermo,
Alberto Reber, i899. In-16', pp.203.
11 libro raccoglie e riassume con
amorevole cura le notizie delle azioni
di Gioacchino Murat della sua prima
comparsa in Italia (1801) e poi dal-
l' ingresso solenne come re di Na-
poli (agosto 1808) fino alla miseranda
fine al Pizzo (13 ottobre 1813). Ma
r A. si ferma specialmente a consi-
derare l'eroico e sfortunato guer-
riero per il suo tentativo di procla-
mai'e la indipendenza d' Italia met-
tendosi arditiimente a capitanare la
guerra contro 1' Austria ; tentativo
che non riusci, ma che dovea essere
fecondo per la futura indipendenza
e libertà che gì' Italiani stessi tena-
cemente vollero e compirono.
La parto nuova, che farà consul-
tare questo volume del Professor
Guardione, ò il corredo di trentuno
documenti quasi tutti inediti ch'egli
vi aggiunge, traendoli principalmen-
te dall' Archivio di Stato di Palermo.
BULLETTINO BIBLTOGBAFICO
681
Essi interessano assai per i minati
particolari che danno su la campa-
gna murattiana in Italia del 1801,
su la tentata impresa delia invasione
di Sicilia, su lo sbarco al Pizzo e
la tragedia ivi svoltasi.
S. S.-M.
Francesco Corridore. Per il sog-
giorno del Murai in Corsica. (In
occasione delle ricerche delle sue
ossa). Torino, Carlo Clausen, Li-
braio delle LL. MM. il Re e la
Regina; i899. In-S", pp. 9.
È un modesto contributo alla sto-
ria di Gioacchino Murat: la ripro-
duzione di un proclama a stampa,
in foglio volante, emanato a 15 set-
tembre 1815 a Hastia dal Cavaliere
Vevrier, Colonnello del Corpo Reale
dell'artiglieria in Corsica e provvi-
soriamente Comandante della 23" Di-
visione. 11 Verrier, viste le entusia-
stiche accoglienze dei Corsi al .Marat
e r accorrere a lui de' già militi
suoi e di Napoleone, teme che il pro-
fugo ex-Re voglia allora tentare un
colpo di mano su Bastia e signoreg-
giare la Corsica; e pertanto afforza
la città ed avvisa i Maires ed i cit-
tadini eh' egli tratterà come ribelli
e fuori legge gli accorrenti a Ve-
scovato presso il Principe, ch'egli
chiama semplicemente signor Murai
e Genio malefico.
S. S.-M.
Monografia del Comune di Santa
Ninfa per V Arciprete Mariano
Acoardi. Castelvelrano, Lorenzo
Sellimo Lentini ed. tip. ; i899.
In-S», pp. 44.
È utile si sappia che 1' A. di que-
sta monografia è morto di recente
e ch'essa vien fuori per opera d' un
amico, senza ch'abbia ricevuto l'ul-
tima revisione né il completamento
in tutte le sue parti. Pur, cosi co-
m' è, noi vi apprendiamo in suc-
cinto e su la scorta di documenti
di Archivio (che vengono solamente
citati), che Santa Ninfa sorse per
opera di Luigi Arias Giardina nel-
r antico feudo di Rabbinseri , che
egli acquistò nel 1605, e che la licen-
za di popolare ella ottenne dal Vice-
ré al 1609. Il nome al Comune venne
dalla Santa clie era allora Patrona
di Palermo e della quale l'Arias
era devotissimo. Sono con preci-
sione indicate le successioni del ba-
ronale dominio, dal suddetto Luigi
Arias Giardina che fu il primo Mar-
chese (1621) fino a Giuseppe Napoli
e Bonfiglio di Resultano, ulluno Si-
gnore per l'abolizione dei diritti ed
usi feudali in Sicilia (1812) ; e così le
vicende della popolazione , che dal
numero di 67'J che contava al 1621
é venuta man mano a 7451 secondo
l'ultimo censimento del 1881. Ven-
gono per ultimo accennate le bene-
merenze di parecchi cittadini di
Santa Ninfa, le sue condizioni agri-
cole, industriali, economiche ecc.
S. S.-M.
682
BtTLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Doli. Angelo Licitra. Studio su la
vita e su le opere di Giovanni-
Battista Odierna Astronomo-Ma-
tematico e Naturalista Ragusa-
no. Ragusa, Tip. Piccitlo e An-
toci, i899. In 8°, j.p. 184, col ri-
tratto dell'Odierna in fototipia.
J^' A. si propone di dare nn la-
voro fondamentale su la vita e le
opere dell' Odierna , facendolo pre-
cedere da un'edizione critica di tutte
le opere del grande scienziato, la
più parte delle quali sono inedite o
rare. Intanto per ora ci dà, in que-
sto libro, come un saggio del lavoro
che va preparando : il Calaìo(/o ero-
nologico-bibliografico delle opere del-
l'Odierna, così le stampate come le
manoscritte; un Saggio di una ras-
negna bibliografica odierniana ; nu-
mero Vili Documenti relativi alla
vita di G. B. 0. ; la Biografia di
questi, oltre ad un'appendice rife-
renlesi a questioni sull'argomento.
L'A., eh' è al .^uo primo lavoro
di critica storico - scientifica, va un
po' impacciato ed insicuro; tuttavia
ci fornisce più completamente che
altri e con maggior diligenza e co-
noscenza le notizie snlla vita e su
le opere deirodierna, il quale se con
nn po' d'iperbole venni; detto il
Galilei dì Sicilia , fu senza dubbio
uno scienziato versatile, acuto d' in-
gegno, dotto, che 8' elevò al disopra
de* contemporanei della sua isola,
specialmente pell'astronomia. E co-
me astronomo e come matematico
e come naturalista il Licitra lo il-
lastra convenieutemente, dimostran-
do ad evidenza quanto ed in che
modo ei contribuì al progresso della
scienza; cosa tanto più degna di am-
mirazione, in quanto che é a consi-
derare essere 1' Odierna restato qua-
si tutta la vita confinato in minu-
scolo Comune e lontano dai grandi
centri, con scarsissimi strumenti e
mezzi di studio.
S. S.-M.
Gabriele Buccola. Lettura di Fran-
cesco Quardìone. Palermo, Al-
berto Reber (1899). In-I6", pp. 24.
Questa commemorazione del Buc-
cola, forte intelletto che diede splen-
didi frutti in giovanissima età e che
avrebbe recato indubbiamente altis-
simo onore alla Patria, fu letta dal
Prof Guardiono, a 15 maggio 1898
nella solenne onoranza che il Co-
mune di Ml'zzojuso , patria del ge-
niale scienziato, volle tributargli,
murando una lapide marmorea nella
casa ov' ei nacque ed intitolando a
Lui la strada.
Del Bn.ccola si riassumono con
ammirazione i meriti scientifici e
morali e si traccia la breve vita.
S. S.-M.
Sul titolo di Duca di Montalbo. Ap-
punti e documenti per Antoni-
no Mangro di Casalgerardo, Fa-
BULLETTINO BTBLTOORAVIOO
683
lermo, Alberto Reber; i899. ln-8',
pp. 60.
L'A. per venire alla dimostra-
zione che il titolo (li Duca di Mon-
talbo si appartiene a Maria Felice
Sammartino, come quella che riu-
nisce in sé « tutte le qualità essen-
ziali volute, per succedere, dal pri-
mo quesitore del titolo suddetto »,
esamina in quest'opuscolo la natura
del fidecommesso e chi potea sta-
bilirlo ecome, e se l'abolizione della
feudalità e dei tidecommessi in Si-
cilia abbia mutate le condizioni di
trasmissibilità dei titoli nobiliari.
Con studio accurato e eoa l'ap-
poggio de' documenti il Mango vie-
ne alla conclusione : che le coadi-
zi(<ni di trasmissibilità de' titoli non
sono punto mutate tra noi , e però
devfsi ricorrere all' intuito alle an-
tiche regole feudali.
S. S.-M.
Usi, Credenze., Proverbi e Racconti
popolari di Isnetlo raccolti ed
ordinali dal Prof. Sac. Cristo-
foro Q-risanti. Palermo, Alburlo
lieber, i899. ln-16°, pp. VI, 250.
Questo libro , abbenché un po'
scucito tra le varie suo parti e non
condotto con un intento determinato
iiettanjente, tuttavia riesce a richia-
mare l'attenzione degli studiosi del
folklore, dell' etnografia e della sto-
ria economica ed industriale della
Sicilia. È un contributo assoluta-
mente locale, ma necessario e di
non lieve interesse, perché da' sin-
goli contributi si ottiene poi la cono-
scenza completa degli usi con le
relative varietà, delle condizioni ci-
vili e morali ed economiche di tutta
la popolazione dell' Isola.
Precipuamente importanti e no-
tevoli sono i capitoletti che danno
conoscenza , per succinta che sia,
delle produzioni ed industrie pasto-
rizie ed agrarie, delle industrie e
convenzioni contadinesche, delle con-
dizioni morali e delle usanze de'
contadini nelle varie vicende della
vita e liete e tristi; ma, ripeto, son
piccoli contributi locali anche que-
sti , che r A. avrebbe potuto illu-
strare più completamente e più esat-
tamente se avesse conosciute altre
pubblicazioni sull* argomento, eh' ei
non ha viste. Tuttavia lodiamo il li-
bro e ne auguriamo la diffusione,
anche perché così l'A, eh' è ano
studioso diligente, possa aver l'agio
di tornarvi su.
S. S.-M.
Ttelazione suW andamento economi-
co finanziario ed interno dell' 0-
spizio di Beneficenza della Pro-
vincia di Palermo , presentata
dal Doti. Ferdinando Lo Oa-
soio Presidente di detto Ospizio
al Consiglio Provinciale di Pa-
lermo (Seduta del i4 Agosto
i899). Palermo, Stab. Tip. A.
Giannitrapani , Via Macqueda
684
BULLETTTNO BIBLIOGKAFIOO
i04. Palazzo Comi'ini , i899.
In-*», pp. 30, 4.
Questa Relazione, riassumendo
sommariamente le più importanti
notizie che riguardano la vita am-
ministrativa ed il regime interno
dell' Ospizio di Beneficenza di Pa-
lermo negli ultimi cinque lustri, ci
fornisce insieme per via indiretta
la storia dell' Ospizio , le vicende
che questo ha subite dal suo inizio
ai dì nostri , le difficoltà di vario
genere che ha dovuto superare, per
giungere allo stato di miglior.imento
e di importanza e stabilità in cui
oggi si trova.
L'A. , con opportune e sonnate
considerazioni dettate dalla espe-
rienza, va esponendo la condizione
dello insegnamento di arti e me-
stieri e letterario che nell'Ospizio
si imparte, i vantaggi economici e
morali ottenuti , e gli altri che si
sperano. Tutto ciò (é giusto consta-
tarlo) é dovuto alla attivila , allo
zelo, all'amore costante e disinte-
ressato dell'Amministrazione del-
l' Ospizio ed in ispecial modo del
Dott. Lo Cascio, che 1' opera iniziata
da' suoi predecessori ha saputo de-
gnamente continuare e perfezionare.
S. S.-M.
O. Romano-Oatania. D' un nuono
libro scientifico xopra G . Leo-
pardi. Palermo, Alberto Reber,
1899. In-16», pp. 55.
A questo volumetto ha dato oc-
cuione il libro del Sergi : Leopardi
al lume della Scienza, nel quale,
seguendosi la ben nota teoria am-
brosiana che il genio è una psicosi
degenerativa, si conclude per la de-
generazione intellettuale del sommo
ed infelice Recanatese rimasto fan-
ciullo per arresto di sviluppo nel-
r organo della percezione. Il Roma-
no-Catania, medico e letterato, esa-
mina e confuta il libro del Sergi
con stringata critica, affiancata dalla
logica e sopratutto dalla scienza, ed
in forma garbata e con argomenti
ed esempi tratti dalle opere dal Leo-
pardi stesso, viene a dimostrare
nettamente come in questi la visio-
ne mentale non era offuscata, e che
non é dalla malattia che nascono i
fiori della salute , né da un epilet-
tico si ha la potenza di dirigere e
concentrare l'attenzione e di espli-
care le nobili ed alte idee.
La difesa del Leopardi contro le
esagerazioni dei psico-antropologi è
fatta con abilità, con dottrina e con
affetto, e ce ne rallegriamo con il
collega Dott. Romano-Catania.
S. S.-M.
Bmile Bertaux. franta Maria di
Donna Regina e l'arte senese a
?!apoli nel secolo XIV. Napoli,
R. Stabilimento tipografico Fran-
cesco Giannini e Figli. MDCCC-
XCIX. In-4", pp. X, i7\ con XI
tavole in fototipia.
Questo volume, che fa parie de'
€ Documenti per la storia e per le
arti e le industrie delle Provincie
BULLRTTINO BIBLIOGRAFICO
685
napoletane» editi dalla Società na- perti da lieve intonaco, fortnnata-
poletana di Storia patria , è vera- mente son ritornati in luce e si son
mente notevole e splendido sotto potuti in gran parte salvare. Que-
tutti gli aspetti. sti affreschi furon condotti tra il
Con erudizione e scienza sicura 1320 ed il 1340, e sono veramente
e competenza singolare, 1' A. studia importanti e per la storia civile e
ed ampiamente illustra in ogni sua per la storia dell' arte sopratutto :
parte la chiesa di Santa Maria di appartengono, come l'A. dimostra
Donna Regina, un vero gioiello d'ar- con dottr^ : serrat;* critica, ad una
te che per poco non andò vandali- scuola di pittori toscani formati alla
camente distrutto ai di nostri e che disciplina senese, che non ha niente
ora il Municipio di Napoli, con lo- della giottesca, e che rappresentano
devole ravvedimento , pensa di tu-
telare.
Il Bertaux, su la indiscutibile
base de' documenti, eleva la storia
dell'insigne monumento, dimostran-
do come già fin dal secolo VII esi-
stesse un cenobio di basiliane col
titolo di San Pietro del Monte di
la tradizione di Duccio modificata
press' a poco come fu da Pietro Lo-
rénzetti. 11 mausoleo di Maria d'Un-
gheria entro la stessa chiesa è opera
pur d'un celebre senese: Tino di
Camaino.
Il volume si chiude con la illustra-
zione delle opere d'arte del quattro-
Donna Regina ; che al secolo IX esso cento e cinquecento che si trovano
passava all'ordine benedettino as- in S.' Maria di Donna Regina ; scul-
snmendo il nome di Santa Maria di ture e statue funerarie, soffitta, af-
Donna Regina , e poi , intorno al freschi, ecc.
1237, passava ancora all' ordine di
Santa Chiara. Sconquassato dal ter-
remoto del 1293, esso veniva poco
appresso ricostrutto per opera della
regina Maria d'Ungheria moglie di
Carlo li d' Angiò, e la fabbrica, co-
minciata al 1298, non compievasi
che al 1320. Cosi , dentro al nuovo
monastero, sorse la mirabile chiesa
che r A. ora illustra e che era stata
abbandonata e dimenticata perché
nel sec. XVII le monache pensarono
di erigerne una nuova limitrofa.
Dell' antica chiesa l' A. fa cono-
scere prima l'architettura ; indi pas-
sa a illustrare minutamente i gran-
S. S.-M.
Piero Barbèra. Impressioni ar-
gentine da un recente viaggio.
Estratto dalla Nuova Antologia,
Fascicolo i° ottobre 1899. Roma,
Direzione della Nuova Antologia,
Via S. Vitale, n. 7. 1899. In 8%
pp. 27.
Col modesto titolo di Impressio-
ni il Barbèra ci fornisce una rela-
zione succinta ma importantissima
su r Argentina e su le condizioni
diesi mirabili affreschi che, già co- degli emigrati italiani, che ivi rap-
are*. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 44
686
BOLLETTINO BIBLIOaBAPlOO
presentano la parte più numerosa
e più importante fra gli emigranti
di altre nazionalità e che sorpasse-
ranno forse, fra qualche generazio-
ne, gli stessi indigeni.
L'A. stadia e fa apprezzare le
scuole italiane ivi esistenti , le in-
dustrie, le oflacine, le condizioni ge-
nerali e speciali della colonia, e fa
considerazioni sennatissime e pro-
poste degne di tutta l'attenzione.
E poiché oggi disgraziatamente la
emigrazione italiana non si può evi-
tare, l'A. incita il Governo nostro
a intervenire per disciplinarla, di-
rigerla, tutelarla; e dimostra che
per ragioni di clima e di razza e
di numero, e di politica sopratutto,
la più razionale corrente emigra-
toria e che merita incoraggiamento
è quella diretta al Piata , la regio-
ne sudamericana cui è riserbato il
più lieto avvenire ed indubbiamente
la egemonia sulle regioni vicine.
Ma i savj suggerimenti del Bar-
bèra saranno ascoltati là dove sì
puote e non sempre si vuole il buo-
no e r utile ?
S. S.-M.
Francesco Oorridore. La Marina
Militare sarda. (Un secolo fa).
Torino, Carlo Clausen , Libraio
delle LL. MM. il Re e la Regi-
na; i899. In-8% pp. 20.
Giovano alla storia della marina
militare italiana queste brevi no-
tiiie raccolte dall' egregio sig. Cor-
ridore su la marina sarda di un se-
colo fa, che fu il primo nucleo della
moderna del Regno subalpino pas-
sata poi al Regno d' Italia. Fu in-
stituita precisamente al 1799 , con
due mezze- galere , un brigantino,
quattro galeotte , quattro gondole
corsali ed uno sciabecco. Il Corri-
dore, su documenti inediti, ne fa
conoscere la organizzazione, la pri-
ma crociera fatta, il piano di rifor-
ma per migliorarla ed accrescerla.
S. S.-M.
Erminia Bordiga. Cenni storici
sul Reale Educatorio Maria Ade-
laide , Palermo , Tipografia del
Giornale di Sicilia, i899, in 8°,
pp. 76 oltre l'Indice.
Questo lavoro , compreso in 76
pagine, contiene più di quello che
il suo modesto titolo sembra pro-
mettere ; imperocché non son Cenni
storici quelli che ci dà la esimia
autrice, ma é la storia completa
dell'Educatorio Maria Adelaide, sto-
ria che a mio avviso ha la sua non
lieve importanza; che la storia de-
gl' Istituti d' istruzione e di educa-
zione che fioriscono in un paese
rappresentano la civiltà del paese
medesimo.
L'Educatorio succennato, infatti,
gareggia coi migliori d' Italia ; ma
per arrivare al posto , cui oggi è
pervenuto, dopo scorso più clie un
secolo, a quante vicende ha dovuto
BULLETTINO BIBLIOGRAPIOO
687
sottostare, quante e quali contra-
rietà ha dovuto superare , quanta
fermezza , quanto zelo , quanta co-
stanza han dovuto mostrare coloro
che sono stati preposti alla direzione
dello stesso !
E queste vicende ha voluto nar-
rare la sig." Bordiga, che da ben 16
anni n'é la Direttrice. Donna di cul-
tura non ordinaria , informata a'
principi di saggia educatrice, con-
scia de' doveri inerenti al suo dif-
ficile e delicato ufficio, lieta della
posizione in cui si trova , ama di
amor vivo e sincero quest'isola be-
nedetta e lo Istituto alle cure di lei
affidato. Non é da meravigliare per-
tanto s' ella spieghi tutto il suo im-
pegno e tutta la sua influenza per-
ch' esso progredisca sempre più e
raggiunga quello ideale da lei tanto
vagheggiato.
Ond' è che a questo vivissimo
affetto di lei si deve il lavoro di
cui si fa cenno in questo periodico,
lavoro che, seguendo i suggerimenti
del Dott. Pitré, Presidente dell'Edu-
catorio , ella intraprese e portò a
compimento, dopo non poche ricer-
che di documenti eseguite in que-
sto Archivio di Stato.
Il lavoro procede ordinato; é di-
viso in sette capitoli, in ognuno de'
quali come in un quadro son deli-
neati e la fondazione (12 ottobre 1449)
e 1' assegnazione fatta all' Istituto,
e l'apertura di esso, le controversie
e gli ostacoli superati , le varie ri-
forme , gli avvenimenti , insomma,
che nel corso di più che un secolo vi
si sono svolti, e nell'esporre siffatti
avvenimenti o lieti o tristi non tra-
scura l'egregia scrittrice di descri-
vere come e quanto essi influissero
sulla istruzione e sulla educazione
delle giovanetto. Un' Appendice in
fine, ove son raccolti 11 documenti
che servono ad affermare ciò che
sta scritto nel testo, chiude il pre-
gevole volumetto.
11 lavoro, oltreché ordinato, è
scritto in istile semplice nò privo
di eleganza; questo talora, secondo
si presenti il caso, si eleva quando
la scrittrice ha l'opportunità di ma-
nifestare i suoi intendimenti edu-
cativi e di morale; e il cuore di chi
legge non può non restar commosso,
alle volte, per la soavità dell'affetto
materno e per i nobili sentimenti
che campeggiano in questo per quan-
to modesto altrettanto prezioso la-
voro.
G. L.
Paolina Alitano Maestra di gra-
do superiore normale. La vita di
Vittorio Emanuele II narrata alle
giovinette italiane. Palermo , Tip.
F. Barra vecchia e Figlio, 1899. In-iS"
pp. 97.
Dott. Antonino Amico-Mantla.
L' amore e le rime di Michelangelo
Buonarroti. Trapani, Tipografia Fra-
telli Messina e C." Successori Mo-
dica-Romano; 1899. In-8", pp. 34.
Sull'autonomia universitaria. Di-
688
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
scorso del Deputato Arcoleo pro-
nunziato alla Camera dei Deputati
nella tornata del 18 marzo 1899. Ro-
ma, Tipografia delia Camera dei
Deputati ; 1899. /n-i6-, pp. 30.
Dalle Folhas caidas di Almeida
Garret, nel 1» centenario delia sua
nascita. Versi recati in italiano dal-
l' Editore dei Sonetti completi di
Anthero de Qnental. Edizione di 150
esemplari oltre sei numerati in carta
di filo. Messina; Tipografia del Tra-
duttore extra moenia ; t899. IniG",
pp. 40. {Traduttore è il valente poe-
ta messinese Tommaso Oanniz-
zaro).
Studii bio-bibliograflci marsalesi.
Fas. 2' Dott. Can. Bartolomeo Lom-
bardo. P. Salvatore Oolicchia nella
storia sua civile e letteraria. Mar-
sala, Tipografia di Giacomo Marto-
glio , Via Curatolo 4-6 ; 1900. In-S"
picc., pp. 24.
Francesco Corridore. 11 pi imo
atto politico di Filippo li, in fasore
del Regno di Sardegna. Cagliari,
Tipo-Ut. Edit. Meloni e Vitelli ; 1899.
In-S", pp. XI y. {Nozze ludica-Mo-
dica).
Storia della Nobiltà di Genova
di Qirolazno P. De Ferrari. Estrat-
to dal ■ Giornale Araldico • , Anno
XXV ; n. 2, 3, 4, 5, 6, 7. Hari 1898.
Prenso la Direzione del Giornale
Araldico, Corao Vittorio Rma ane-
le, 81. /n-8» gr.y pp. /V, 93.
Gr. Galatti. La rivoluzione e
r assedio di Messina (1674-78). Stu-
dio storico-critico da fonti sincrone
in gran parte inedite. Terza edizione
rifatta ed accresciuta. Messina, Ti-
pografia editriceNicotra, Via II San-
ta Caterina, 12; 1899. In-8'',pp. IV,
XXIV, 342.
Raccolta Voltiana edita per cura
della Società Storica Coraense o del
Comitato Esecutivo per le Onoranze
a Volta. -- Q-iovanni Gemelli : Ge-
nealogia ed Arm;t Gentilizia della
Famiglia Volta. Com(' , Tipografia
editrice Ostinelli di Bertolini Nani
e C. ; 1899. In-8° gr. , con due ta-
vole in cromolitografia.
Prof. Francesco Genovesi. Pin-
zannu è puvireddi. Sunetti nutiscia-
ni di Oicciu Ginuvisi. (Edizione
Numerata). Avola, Tip. Eugenio Piaz-
za ; 1899. /n-f6°, pp. 10.
Duca di Gualtieri. L'evoluzione
democratica delle istituzioni ingle-
si. 1899. Roux Frassati e C.» Editori,
Torino. In-S", pp. 340. (Di questo
volume sarà detto in un prossimo
fascicolo).
Francesco Guardione. Crona-
che e Storie in Sicilia nei secoli XVI
0 XVII in rapporto alle vicende po-
litiche. Palermo, Alberto Reber, 1899.
ln-8* picc, pp. 36.
Papstnrkunden in Sizilien. Uber
die Papstnrkunden fiir S. Maria de
Valle Josaphat. Von P. Kehr. Aus
BULLETTINO BIBLIoaRAFICO
den Nachricten der K. Gesellschaft
der Wissenschaften zu Góttingen,
Philologisch-historiche Klasse. 1899.
Hefl 3. In-8\ pp. 86, oltre la co-
perla che reca il titolo surriferito
{la numerazione é quella del Gior-
nale : 283-368).
Sul servizio di beneficenza al
Municipio di Palermo. Relazione al
Sindaco Comm. M. Amato-Pojero Se-
natore del Regno (in occasione del
IV Congresso Nazionale delle Opere
Pie in Torino). Palermo , Stabili-
mento Tipografico Virzi: 1898. In-8°
gr., pp. 76. (QuesC accurata Rela-
zione è scritta dal Prof. Fran-
oesoo La Colla).
Sull'autonomia universitaria. Di-
scorso del Deputato Lampiasi pro-
nunziato alla Camera dei Deputati
nella seduta dell' 11 marzo 1899.
Roma, Tipografia della Camera dei
Deputati ; 1899. In-i6% pp. 24.
Q-iuseppina Lippert von Gran-
bergr. Sicauia. Prima versione dal
tedesco per Q. Zuppone Strani,
con liriche liminari di Or. Pascoli
e T. Oannìzzaro. Mrenze Tipo-
grafia di G. Barbèra. 1899. la-ie",
pp. XXV IH, i39.
Luigi Maria Majorca Mortil-
laro, Conte di Francavilla. Venti-
tré medaglie borboniche napoletane
commemorative, con prefazione di
Luigi Antonio Villari. Estratto dal-
la Biblioteca. Italiana Rivista della
Stampa e della Coltura , Anno IV,
N. 1 1-12. Pitigliano, Premiato Stabi-
limento tipografico della Lente di
Osvaldo Paggi ; 1899. In-8' gr. ,
pp. 61 , oltre a pp. 54 innumerate
(Appendice); con VII! tavole in fo-
totipia.
Il • De arenae numero » di Ar-
chimede, versione di A. Mancini.
In-8". pp. io. Estratto dal Pitagora,
Anno Y, nn. 2, 4 e 5,
Indice generale per materie degli
Atti del Cosniglio Provinciale di Pa-
lermo dall'anno 1861 al 1897, pre-
ceduto da varie Tavole di notizie,
a cura del Cav. O-iuseppe Meli Se-
gretario Capo della Deputazione Pro-
vinciale. Palermo, Stab. tip. A. Gian-
nitrapani, Via Macqueda 104. Palazzo
Comitini : 1899. In-4% pp. VI, i62.
Nozze Laba te-Contestabile XXIX
maggio MDCCCXCIX. In-S" gr., pp.
75. E stampato a Trani. Tipografia
V. Vecchi, 1899. {Contiene lo scritto
di Q-. Romano di cui ci occupiamo
nel presente Bullettino; altro di
Q. Sanna su d' Uno Statuto sun-
tuario messinese del 1272, ed un
terzo di Q-. Petragrlione su L' in-
troduzione della stampa in Lecce).
Suir autonomia universitaria. Di-
scorso del Deputato Palizzolo pro-
nunziato alla Camera dei Deputati
nella tornata del di 11 marzo 1899.
Roma, iipografia della Camera dei
Deputati; 1/1-16", pp. 21.
Dott. Michele Pinna. L' Archi-
é90
«ULLBTTINO B1BLI0ÓRA7I0Ó
vio del Duomo di Cagliari. Edizione dello Scanderbeg, 3. I Capitoli con-
dì 200 esemplari a spese dell' Auto- cessi da Carlo V alla città di Cotro-
re. Cagliari-Sassari, Premiato Stab. na nel 1536. Seconda edizione. Mes-
tipogratìco E. Dessi : 1899. ln-4'\ sina, Libreria editrice Ant. Trimar-
pp. 221. chi ; 1899. In-S", pp. 40.
La Feudalità , Federico II svevo
e i Comuni siciliani. Lettura fatta
alla R. Accademia di Scienze, Let-
tere ed Arti il 20 Giugno 1897 dal
socio Fedele Pollaci Nuccio. E-
stratto dal voi. V della 3" Serie de-
gli Atti della R. Accademia. Palermo,
Tipografia F. Barra vecchia e Fi-
glio; 1«98. In-8'> gr., pp. 39.
Les Portai dans le Capitoulat de
Toulouse; pièces justiflcatives pu-
bliées par Emmanuel Portai Che-
valier et Commandur de plusieurs
ordrea, Olficier d'Académie, Déló-
gué general du Conseil héraldique
de Franco, Correspondant de l' Aca-
dómie royaie héraldique italienne,
Membre de la Commission héral-
dique de Sicile. Bari, A la Direction
du «Giornale Araldico »; 1899. In-S'
gr., pp. 4.
Regolamento per le adunanze del
Consiglio Comunale della città di
Palermo. Approvato con delibera-
zione consiliare del 3 marzo 1899,
visUto dal Prefetto il 24 detto. Pa-
lermo, Stabilimento Tipografico Vir-
z\ ; 1899. In-8°, pp. 17.
Q. Romano. Bricciche di Storia
Calabrese. Serio I. 1. Eretici in Ca-
labria nel secolo XIV. 2. Un Capi-
tano calabrese in Albania al tempo
...orenzo Salazar. Storia della
Famiglia Salazar. Estratto dal Gio?--
nale Araldico, N.° il. Bari 1898,
Presso la Direzione del Giornale
Araldico , Corso Vittorio Emanue-
le, 81. In-8^ gr.. pp. lY. 25.
Rosario Salvo di Pietraganzili.
L'Agricoltura siciliana, le industrie
e il Consorzio Florio. Palermo Ti-
pografia E. Bondì e G.,1899. In-lS",
oblungo, pp. 16.
Filippo Seves. Tre Novelle po-
polari piemontesi. Pinerolo, Tipo-
grafia Sociale ; 1898. In-ie", pp. 20.
{Nozze Campogrande- Bonino).
G. B. Siragusa. La proprietà
ecclesiastica secondo Dante. Firenze,
Leo S. Olschkl, editore j 1899. ln-8^
gr.y pp. il.
Di un distico siculo-bizantino in
Cefalù. Per Vincenzo Strazzulla.
/n-«», pp. 11.
Alfirernon Oharles Swinburne.
L'Inno dell'uomo (mentre a Roma
sedeva il Concilio Ecumenico) tra-
duzione di Q-. Zuppone - Strani.
Edizioni dell' Iride , Genova. {Spe-
zia , Tip. F. Zappa , 1899. In-lS''^
pp. 23.
BULLETTIIfO BlfiLIOORAFIOO
6di
Don Luigi Tosti Abate cassine-
se. Opere postume. Prose e Poesie.
Tipografia di Montecassino, 1899.
Jn-S", pp. 343 ; con ritrailo del To-
sti in fololipia e facsimile della sua
scrittura.
In morte di Cecilia Certa Berton,
Vedova Baldovino. Ragusa, Tip. Pic-
citto e Antoci ; 1899. In-S" ablungoy
pp. 16 (stampale solo nelle pagine
dispari). V A. é Luigri Vitali.
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
(Atti di Accademie, Società Scientifiche, di Storia Patria, etc, etc.)
inviate alla « Società Siciliana di Storia Patria ».
(coni. V. Arch. Stor. Sic, Voi. XXDI, p. 317 e 616).
A) Italiane.
Archivio Storico per le Province Napolitano, pubblicato a cura
della Società di Storia Patria — Napoli — Anno XXII.
Memorie originali: I primi anni di Ferdinando d'Aragona e l'inva-
sione di Giovanni d'Angiò, E. Nunziante — Masaniello ed alcuni di sua
famiglia effigiati nei quadri, nelle figure e nelle stampe del tempo, B.
Copasso — 11 giuoco a Napoli durante il viceregno, G. Veci — L' origine
della denominazione Due Sicilie e un'orazione inedita di L. Valla, G. Ro-
mano — I Liberi Muratori in Napoli nel secolo XVll, M. D'Ajala — No-
tizie e narrazioni eatratte dagli Archivi e dalle Biblioteche — Rassegna
Bibliografica (1).
(1) Si fa un breve cenno dell'opuscolo del sig. A. Palomes , intitolato : Dei Re
di Sicilia, Normanni, Svevi ed Aragonesi, sepolti nella cattedrale di PaU-rmo e di
Monreale, Palermo, 1896. Inoltre in una Recensione dell'opera di Richakd Stkrn-
PBLD, che ha per titolo : Ludwiys des Heiligen Kreuz3ug nacte Tunis 1210 und
die Politik Karls 1. von Sicilien, parlandosi della impresa di Tunisi del 1270, è dello
che questa impresa é considerata dall'A. come un compromesso, o una diagonale
(com'egli dice) tra le vedute dell'ultimo erede dello spirito delle Crociale e quelle
del nuovo He di Sicilia, che ripigliava la politica già ispirala ai Sovrani normanni
e svevi dalla situazion» del loro regno e dagl' interessi commerciali nel Mediter-
raneo e nell'Oriente. Ricordiamo che su questa impresa, nella quale le armi sici-
liane ebbero parte precipua, fu pubblicata una Memoria del prof. S. Romano, nel
Voi. XXII, di questo Periodi '
gOMMABIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE 693
Monumenti storici, pubblicati dalla Società Napolitana di Storia
Patria — Serie 1', Cronache.
A cura di Nunzio Federico Faraglia la Società napoletana di storia
patria, ha dato alla luce un'edizione critica dei Diurnali detti del Duca
di Monteleone. È una fonte importante per la storia delle provincie me-
ridionali, fatta conoscere per la prima volta da Angelo di Costanzo nel
secolo XVI, e pubblicata poi in parte dal Muratori sopra un l'aflfazzona-
mento, eh' é probabilmente opera del Di Costanzo stesso.
Questi Diurnali contengono, a mo' di diario , la narrazione dei fatti
avvenuti nel Reame di Napoli dalla chiamata di Carlo d'Angiò al 1457;
alla quale seguono brevi Giunte dal 1458 al 1478. Il corpo principale
della Cronaca si può dividere in tre parti, secondo il metodo con cui é
redatto; la prima delle quali corre disordinatamente dal 1264 al 1371,
ripete notizie comuni a tutti gli storici e non è priva di errori ; l'altra,
che va dal 1371 al trionfo di Alfonso d' Aragona nel 1443, é la più im-
portante ; la terza dal 1443 giunge al 1457 , e riferisce delle notizie ac-
cozzate alla meglio. Il divario che corre tra una parte e l'altra permette
di riconoscere di primo acchito che questa compilazione non é opera
di un solo e medesimo individuo , ma bensì di più e diverse persone
di varie parti del Reame, di differente levatura d'ingegno, di diversa
condizione sociale; le quali in parte furono testimoni degli avvenimenti
da loro raccolti, in parte attinsero a fonti non tutte pervenute fino a
noi. Essa fu detta del duca di Monteleone , perchè Angelo di Costanzo,
che primo ne fece uso, n' ebbe comunicazione da Ettore Pignatelli, se-
condo duca di Monteleone ; dal cui esemplare furono tratte moltissime
copie, le quali, raffazzonate e ridotte come vediamo nel Muratori, pote-
rono generare in alcuni e specie nel tedesco Berwhardi il sospetto che i
Diurnali non fossero se non una falsificazione fatta dal Di Costanzo.
Ma il Faraglia ne rivendica l'autenticità, spiega le modificazioni che
vi introdusse lo storico napoletano del Cinquecento, e pubblica nella pri-
mitiva lezione quei vari testi ; ai quali non è permesso di mutare nep-
pure una maiuscola, di aggiungere una nota, che non sia proprio richie-
sta dal contenuto del discorso. In fine del volume sono tre indici : delle
persone, delle provincie (sarebbe stato meglio dire geograflco) , e delle
voci arcaiche, dialettali ecc. e di alcune cose notevoli.
G. F.
Archivio Storico Lombardo. Giornale della Società storica lom-
barda ~ Milano — Anno XXIV. Gennaro-Dicembre 1897.
Memorie : Facino Cane e le guerre Guelfo-Ghibelline neir Italia Set-
tentrionale (1360-1400), Galli Ettore — L'assoluzione di Pavia dall'inter-
6^4 SOMMARIO DBtLE PUfiBLIOA^IOlTI PERIODICHE
detto di Papa Giovanni XXII , Majocchi Rodolfo ■— Il Municipio di Mi-
lano e l'Inquisizione di Spagna (1563), Verga Ettore — Lodi e suo terri-
torio nel settecento, secondo le cronache contemporanee , Agnelli Gio-
vanna
Varietà : Di un preteso attentato contro Ludovico il Moro e Roberto
Sanseverino, Romano Giacinto.
Storia ed Arte : Un disperso monumento pavese del 1523 nella Chiesa
di S. Maria Maggiore di Treviso — L'oratorio di Donato Del Conte presso
Abbiategrasso, Il sarcofago Scria di Giovanni Giacomo della Porta, San-
V Ambrogio Diego.
Necrologio : De Castro Giovanni per Antonio Vismara — In memoria
dell'Abate Luigi Tosti per Marco Magistretti — Atti della Società storica
lombarda -- Bibliografia (1).
Archivio della R. Società Romana di Storia patria — Roma,
Voi. XX — Anno 1897.
L'Archivio storico del comune di Viterbo, P. Savignoni — Della cam-
pagna romana, G. Tomassetti — La principessa Maria Colonna-Mancini
nelle particolari sue relazioni con Carlo Emanuele II, G. Claretta — Ap-
punti intorno ad alcuni manoscritti del Liber Montificalis , I. Giorgi —
Del sale e focatico del Comune di Roma nel medio evo, G. Tomassetti—
Per la storia della Schola cantorum lateranense, E. Monaci — Varietà :
Una ribellione contro il vicario del Patrimonio Bernardo di Coucy,
M. Antonelli — Per il Tabularium di S. M. in via Lata , E. Monaci —
Atti della Società — Bibliografia — Notizie — Periodici : Articoli e docu-
menti relativi alla storia di Roma.
Archivio Storico Italiano , fondato da G. P. Vieusseux e conti-
nuato a cura della R. Deputazione toscana di storia patria —
Firenze — Serie V, Tomo XIX e XX. Anno 1897.
Atti della R Deputazione (1896; — Soci al 1 gen. 1897 : Ordinari 23,
(1) Ricordati i seguenti lavori di Autori siciliani : Amico U. A. Pel 3» centena-
rio della morte di Torquato Taaso —Guardione F., Documenti inediti su due viaggi
in Sicilia del Conte Federico Gonfalonieri — Maurici A., Storia del Cinque Maggio;
Guida allo «tudlo dei • Promessi Sposi • — Puglisi Pico, Il Tasso nella critica fran-
cese (Atti dell' Accademia di scienze e lettere di Acireale) — Sergi G., Arii e Ita-
lici — Salomone- Marino S., Spigolature storiche siciliane. Lavoro questo pubbUcato
io questo Archivio, An. XXll, F. 1.
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE 695
Corrispondenti italiani 61, Corrispondenti stranieri 7 — Memorie e Do-
cumenti : 11 Carteggio di Bettino Ricasoli (1829 al 1860), Domenico Za-
nichelli — Gli Apostolici e Fra Dolcino, Felice Tocco ~ Nuovi documenti
dell'antica costituzione del comune di Firenze, P. Santini — Antonio Pa-
leario e la sua famiglia in Colle Val d'Elsa, F. Bini — Lettere di Piero
di Cosimo de' Medici a Otto Niccolini , Ginevra Niccolini — La Società
Colombaria di Firenze nell'anno accademico 1896-97, A. Alfani— Tre
Orazioni di Lapo da Castiglionchio, ambasciatore fiorentino a Papa Ur-
bano V e alla Curia in Avignone , Robert Davidsohn — Di una nuova
ipotesi sulla morte e sulla sepoltura di Giangaleazzo Visconti, G. Ro-
mano — Il Conclave di Papa Ganganelli e la soppressione dei Gesuiti.
(Da documenti inediti del R. Archivio di Stato in Lucca) , Giovanni
Sforza — Archivi, Biblioteche, Musei — Aneddoti e Varietà — Rassegna
Bibliografica (1).
Nuovo Archivio Veneto per cura della R. Deputazione Veneta
di Storia Patria — Venezia — Tomo XIIL
Discorso del Vicepresidente Comm. Nob. Nicolò Barozzi, pronunziato
davanti al feretro del Presidente Comm. Federico Stefani il 5 aprile 1897. —
Marino Fallerò. La congiura, Vittorio Lazzarini — Iacopo Bertaldo e lo
splendor venetorum civitatis consuetudinum, Enrico Besta — Venezia e
lo Scisma durante il pontificato di Gregorio XII (1406-1409), Edoardo
Piva — Del luogo ot*e Sordello amò Otta di Strasso, F, C. Carrere— L'in-
dirizzo dei Veronesi a S. M. Vittorio Emanuele , G. Berchet — La Cro-
naca di Bartolomeo Gatari secondo il codice 262 della Nazionale di Pa-
rigi, Antonio Mendin — Il Conte Luigi de Mas-Latrie, Nicolò Barozzi —
Pubblicazioni sulla storia medioevale italiana, C. Cipolla — Rassegna Bi-
bliografica.
Id. Tomo XIV.
Beltrame Sachia e la sottomissione al domìnio della Repubblica Ve-
(1) Riferendo su alcune recenti pubblicazioni intorno a Pico della Mirandola, il
8ig. F. Ceretti riporta il seguente giudizio dato nella" 5tct7ta Cattolica di Palermo,
N. 70 del 1895 da I. Carini : t Lo scritto di mona. V. Di Giovanni é da conside-
rarsi come il più largo e approfondito studio sul gran Mirandolano. »
Vi è una recensione del libro pubblicato dall' Avv. Giorgio Battaglia col ti-
tolo : L'ordinamento della proprietà fondiaria in Sicilia sotto i Normanni e gli
Svevi.
696 80MMABI0 DBLLB PUBBLICAZIONI PEKIODIOHB
neta, G. Coco — Notes et documents d' Histoire d' Italie, loi somptuaire
de Treviso en 1507, Leon G. Pelissier — Le animosità storiche di H. Ha-
vrisse, Francesco Tarducci — Ancora della patria di Giovanni Caboto,
C. Ballo — Catalogo delle opere in musica rappresentate nel secolo XVIII
in Venezia, T. Wiel — Di un assassinio commesso a Torino nel 1667 da
uno staflaere dell'ambasciatore di Venezia, Gaudenzio Claretta — La Bolla
d'oro di Michele Stefano , Vittorio Lozzarini — La Commissione Reale
per la pubblicazione dei documenti finanziari della Repubblica di Ve-
nezia, C. Cipolla — Rassegna Bibliografica — Atti della R. Deputazione
Veneta di Storia Patria : Relazione del Segretario Guglielmo Berchet ;
Discorso del Socio Effet. Filippo Nani-Mocenico sulla Caduta della Re-
publica di Venezia — Ufficio di Presidenza ; Soci ordinari N. 30 ; Soci
onorarli N. 40 ; Corrispondenti interni N. 40 : Corrispondenti esteri N. 44.
Atti della R. Accademia dei Lincei, anno CCXGIV, iSQl, Serie
Quinta, Glasse di Scienze morali, storiche, filologiche, voi. V.
Adunanza solenne del 5 Giugno 1897 — Relazioni sui concorsi ai pre-
mi : per la storia e geografia storica ; per le scienze sociali ed economi-
che (1); per la fisica; per le scienze storiche; per le scienze fisiche e
chimiche ; per una scoperta o invenzione nel campo della biologia, utile
all'agricoltura o alla pastorizia— Notizie degli scavi eseguiti nelle varie
regioni d'Italia nel 1897 (2).
Periodico della Società Storica per la Provincia ed antica
Diocesi di Como — Como — Voi. X, N. 38.
Lettere Ducali Viscontee. Voi. Ili (CCGCXXXVDXLVl), E. Molta — l
Vicedomini e la loro dominazione sulle Valtelline, Guglielmo Felice Da-
(1) Si dà giudìzio favorevole dei sotto indicati lavori dei Professori siciliani
Vito Cusumano e Ricca Salerno, non giudicandoli però degni di premio.
(2) Si dà notizia dei seguenti, fatti in Sicilia : Di una città greca riconosciuta a
Terravecchia presso Granmichele ; Necropoli sicule del quarto periodo, riferibili
all'età tra il secolo VII ed il V av. Cristo in Licodia Eubea; Esplorazioni archeo-
logiche nell'area dell'antica Netum, sul monte dell'Aleria — Grotte-miniere e grot-
te-sepolcri di età antichissima a Montetabuto e Monteracello presso Ragusa —
DI alcune necropoli secondarle di Siracusa ; Necropoli del Fusco ; Necropoli a
Tor di Conte; Necropoli del colle Temeniti; NecropoU presso la Scala Greca.
SOMMARIO DELLE PDBBLIOAZIOITI PERIODICHE 697
miani — Bibliografla Comense 1892 (supplemento e 1893 (1) — Sunto dei
verbali delle adunanze — Elenco dei Soci — Doni alla Società.
Raccolta Storica, per cura della Società Storica Comense — Co-
mo — Voi. II, Dispensa 6.'
Atti della Visita Pastorale Diocesana (1589-1593) di F. Filiciano Nin-
guarde, vescovo di Como, ordinati ed annotati dai bslc. doti. Santo Monti
(cont. e fine della prima parte).
B) Estere.
Analecta BoUandiana — Bruxelles — Tomus XVI — An. 1897.
Les Actes de S. Dasius, par Franz Cumont— Les Saints du cimetier
de Commodille — La Notitia fundorum, da titre des SS. Jean et Paul a
Rome — S. Macarii , monasterii Pelecetes hegumeni , Acta graeca — Le
Pseudo — Aravatius, par Godefroid Kurth — L' Amphithéàtre Flavien et
ses environs daus les textes hagiographiques — Catalogus codicum ha-
giographicorum graecorum, bibliothecae Chisianae de Urbe — Les Mé-
nologes grecs — S. Pierre Célestin et ses premiers biographes — Le
Cursus dans les documents hagiographiques — Bulletin des publications
hagiographiques.
Ibid. Tomus XVII — An. 1898.
De martyrologio Wolfhardi Haserensis — De magno Legendario Au-
striaco— De Legendario Wirdbergensi — Les Vies interpole des saintés
de Fontenelle, A. Legris — Hagiographia Carmelitana ex codice Vati-
cano latino 3813: Vita S. Alberti de Abbatibus ordinis Carmelitarum (2)—
(1) Vi è ricordata la pubblicazione del prof. G. M. Colomba, Gli studi geogra-
fici nel primo secolo dell'Impero Romano. Ricerche su Stradone, Mele e Minio.
Parte I : Le dimensioni della terra abitata, (Palermo; Glausen, 1893).
(2) Nel narrare la vita di questo Santo siciliano , che non si sa con certezza
se nacque a Trapani, patria del suo genitore Benedetto Abbate, ovvero in Erico,
oggi Monte S. Giuliano, luogo nativo di Giovanna, sua madre, si dice che la no-
bile e ricca famiglia degli Abbati fosse di origine fiorentina. Del nome Alberto
che affermasi essere stato suggerito ai genitori dagli Angeli, si dà questa curiosa
etimologia : Albertus dicitur ab Alab, quod est laciea, vel dulcedo et ber, quod est
698 somAHio delle pubblicazioni periodiche
La Legende de S. Anastase de Terni — Le Cursus dans les docaments
hagiographiques — Le Ménologe de Métaphraste — Le prédicateur Vi-
mon — Bulletin des publications hagiographiques.
Bulletin International de 1' Accadèmie dea Sciences de Cra-
covie — Gracovie — Janvier — Decembre 1897.
Comptes rendus des séances des Classes de Philologie, d'Histoire et
de Philosophie, des Sciences mathématiqnes et naturelles : La móthode
à suivre dans l'étude de l' immunité en Pologne — La structure des in-
tervalles des vaisseaux des plantes — Recherches sur l'état de la popu-
lation en Pologne à la fin du XVI« siècle — Les envoyés polonais au
Concile de Costance, (1414-1418) — Pierre Skarga S. I. et la Ruthénie —
La chevalerie polonaise au moyen-àge — De declamatione in Lucium Ser-
gium Catilinam observationes — Sur la succession au tróne de la Polo-
gne aprés la mort de Casimir le Grand — Elude sur les poésies de Ven-
ceslas Potoki (1623-1696) — Sur Stanislas Tembereski et ses annales
1647-1656) — Scriptores rerum Polonicaruìn, récemment publié — Ladis-
las lagellon a-t-il étó de 1386 à 1399 roi ou seulement le mari de la
reine ? — L'Università de Gracovie et le Concile de Bàie.
Ibid. Janvier — Decembre 1898.
Comptes-rendus des séances des Classes de Philologie, d'Histoire et de
Philosophie, des Sciences mathimatiques et naturelles: Byron et son
siécle — Contributions à 1' histoire des Piast et de la Pologne à l'epoque
des Piast — Etudes sur l'art italien des XV* et XVI siécles: Les pre-
miers oeuvres de Lorenzo Costa, Tableau de ce maitre à la galerie des
fons, et ihus quod est incensum, quasi dxdcedo fontis vel dulcis fons et lacteum
thtts. Diceai poi che S. Alberto nacque nel tempo che regnava in Sicilia Pietro
d'Aragona. Ma questo é un errore ; risultando da un Alto notarile che nel 1280,
quando ancora in Sicilia regnava Carlo d'Angió, S Alberto era frate carmelitano,
ed in età da potere fare il testimonio in un testamento. Anche la data della morte
è falsa, dicendosi che mori il 7 agosto 1288, mentre sulla stessa Agiografìa Vati-
cana, come in tutte le Biografie di S. Alberto si afTerma che l'anno 1801, quando
Roberto d'Angiò bloccava Messina, Irovavasi in delta città, e si attribuisce a mi-
racolo di Lui il fatto che Ruggiero de Fior, eludendo la vigilanza dei nemici, sia
riascito a far entrare nel porlo di Messina dodici galee cariche di grano. (M. Amari,
Storia del Vespro .Vtcì/iVino, Cap. XVIII\ Giosrppk Pouzzi, n<'i Ricordi Trapanesi
•Olive che 8. Alberto mori nel ia06.
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE 699
princes Czartovyski, à Gracovie — Révision de qaelques problèmes con-
cernant la plus ancienne histoire de la Pologne. I. Les Léchites. II. Piast—
Sur le regime des biens entre époux en Pologne — Les débuts et le
développement du parlementarisme polonais an XV"» siécle — Sur une
alliance entre Sigismond, Grand-Due de Lithuanie , et Albert li, roi de
Rome — Une page de 1' histoire de 1' Université de Gracovie au XV""»
siécle — La langue et l' orthographe dans les Status Polonais du XV""
siècle — De rhetoribus latinis — Analyse philologique de la lettre du
Czar Dómótrius au pape Glément Vili du 24 avril 1604.
Journal des Savants — Paris — Année 1897.
Derniers travaux sur 1' histoire de la langue latine Michel Brèal —
Histoire du droit anglais, R. Dareste — L' Inno Omerico a Demetra, con
apparato critico scelto e una introduzion di Vittorio Puntoni, H. Weil —
La psychologie des sentiments , Ch. Leveque — Una sventura postuma
di G. Leopardi — Studio di critica biografica del Doti Franco Ridella,
Gaston Paris — Qu' appelle-t-on puretó de la langue ?, Michel Bréal —
Manuscrits liturgiques du Vatican, L. Delisle — Le Roi de Rome, E. Val-
lon — Étude sur les Bucoliques de Virgile , Gaston Boissier — Histoire
de la langhe francaise, G. Paris — Per la storia della novella italiana
nel secolo XVII. Note di Giambattista Marchesi, G. Paris — Les origines
de la guerre de Gent Ans, Albert Sorel — Nouvelles littóraires (1).
Ibid. Année 1898.
Geoflfroy et la critique dramatiqne sous le Consulat et l' Empire,
Paul Janet — Vers le Póle , Emile Blanchard — GEuvres complétes de
Christian Huggens, /. Bertrand — La sépulture de Voltaire et de Rous-
seau, Berlhelot — Les fouilles de Olympie, Georges Perrot — Le thóàtre
grec, Georges Perrot — Hierarchia catholica medi aevi, Léopold Delisle—
Ramon Meuéndez Pidal, Gaston Paris — Journal d'un bourgeois de Pa-
ris pendant la Terreur, M. Wallon — Les vieux chants populaires scan-
dinaves, Gaston Paris La pathologie dans 1' histoire, Berthelot — La
jeunesse de Napoléon, Albert Sorel — L'antico evangeliario dell'archivio
di S. Maria in Via Lata. In Roma , a cura della R. Società Romana di
(1) Vi è molto lodato in una bella recensione il libro del nostro Socio, Salva-
tore Salomone-Marino, che ha per titolo: Costumi ed usanze dei contadini di
Sicilia.
700 SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
Storia patria, L. Delisle — CEnvres complètes de Bartolomeo Borghesi,
R. Cagnat — La Gite de Diea illnstrée d'aprés les indications de Robert
Gagnin, L. Delisle — Il Catalogo della biblioteca di Pomposa pel Sac. G.
Mercati, L. Delisle — Dion de Prousa , H. Weil — Mémoires originaux
des créateurs de la photographie , Em. Blanchard — Voltaire avant et
pendant la guerre de Sept ans , Albert Sorel — L'influsso del pensiero
latino sopra la civiltà italiana del medio evo per Francesco Nevati, L.
Delisle — Nouvelles littéraires.
Polybiblion, Revue Bibliographique Universelle — Paris — Due-
xième sèrie, Tomes 45, 46 — An. 1897.
Arlicles de fonds. — Baron Carra de Vaux : L' Islam à propos d' un
livre rècent. — Dom Jean-Martial Besse: Une Question d' histoire litté-
raire au XVI° siécle. — René Bittard des Por les : Un Conflit entro Louis
XVIII et Ferdinand VII, d'aprés des sources inédites. — Abbé Dedouvres:
Poléuìique. Le Pére Joseph polémiste, Réponse à M. G. Fagniez. — Comte
Baguenault de Puchesse : Catherine de Médicis et les Conférences de
Nérac, 1578-1579. — G. Clément-Simon : La Vie seigneuriale sous Louis
Xlll. Le Vicomte do Pompadour, lieutenant de Roi en Limousin, et Ma-
rie Fabry , vicomtesse de Pompadour. — Alfred Spont : La Milice des
Francs-Archers (1448-1500). —Le R. P. Delattre, S. J. : Les Derniéres
Découvertes aux pays bibliques. — Marius Sepet : Le Thèàtre en Franco
avant Corneille. — Arthur de Ganniers: La Campagne de Russie. De Pa-
ris à Vilna en 1812. — Paul Allard : La Jeunesse de l'empereur Julien.—
Geoflfroy de Grandmaison : Un Envoyè de Napoléon en Espagne en 1810.
Carion-Nisas. — Comte L. Rioult de Nenville : Le Due de Richelieu et les
Premiéres Aunées de la Restauration.
Mclanges. — Abbé Vacaiulard : Les Origines de la féte de l;i Goncep-
tion dans le diocèse de Rouen et en Angleterre. — H. Froidevaux : Les
Dóbnts de l'occupation franyaise à Pondichéry , d'aprés des documents
nouveaux ou inédits. — "' : Les Origines de la vie monastiquo. — Comte
Baguenault de Puchesse : Le Siége de Saint -Quentin et la Bataille de
Saint-Laurent. — Abbé J.-P. Martin : Charles-Maurice de Talleyrand et
la Principauló de Bónóvent. — Abbé Vacandard: La Scola du palais mé-
rovingien. — Alfred Spont: La France dans l'Italie du Nord au XV» sie-
de. — Vicomte de Richemont: Uno Page de la Correspotidance de l'abbé
de Salamon, chargé des affaires du Saint-Siége pendant la Revolution.—
Baron d'Avril: Un Ministre de la Restauration, le baron d'IIaussez. —
Tamizey de Larrcque: Los Bónédictins de Saint-Maur, à Sainl-Gorinain
dcM l'réa. — Comte do Lucay : Lo Gouvernemont locai de l'Aiigleterre.—
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PEBIODIOHE 701
Abbó Vacandard : La Vie de saint Bernard et ses critiques— Godefroid
Karth : Le Troisiéme Volume de l'histoire des Papes, de M. Pastor. —
Abbó Bernard : Le Second Procés instruit par l'Inqnisition de Valladolid
contre Fr. Luis de Leon. — Gomte de Puymaigre : La Legende de Sept
Infants de Lara. ~ Abbé Vacandard : Encore un mot sur la Scola du pa-
laia mérovingien. — J. Viard : Les Origines de la guerre de Cent ans :
Philippe le Bel en Fiandre. — Tamizey de Larroque : Une Nouvelle
Biographie du poéte breton Jean Meschinot. — Jean d'Estienne : Le Con-
grès scientiflque de Fribourg. — Marius Sepet: Leon Qautier.
Courriers allemand, anglais, belge, italien, du Nord.
Clironique , Revue des Recueils périodiques , BuUetin bibliographi-
que (1), etc. compte rendu de cent quarante-sept publications historiques.
Ibid. Tom. 47, 48— An. 1898.
Arlicìes de fonds. — Abbé Vacandard : Saint Ouen avant son èpisco-
pat. — Leon Le Grand ; Les Maisons - Dieu. Leur Regime intérieur au
moyen àge. — Victor Pierre : Le Clergó fran^ais en AUemagne pendant
la Revolution. — Abbé Vacandard : Les Élections épiscopales sous les
Mérovingiens. — Paul Fournier : Yves de Chartres et le droit canoni-
que. — Arthur de Ganniers : Le Maréchal de Luckner et la première
Campagne de Belgique en 1792 , d' aprés les documents du Dépòt de la
Guerre. — Abbó Feret : Le Premier Divorce de Henri VIIL — Frantz
Funck-Brentano : Les Dernières Annóes de la Bastille , d' après de nou-
veaux documents. — Victor Pierre : Le Clergó frangais en Savoie et en
Piómont, d'aprés les Souvenirs inédits du chanoine Berlioz, 1791-1794. —
D"" V. Emioni : L'Histoire du baptéme, depuis V édit de Milan jusqu' an
concile In Trullo. — Abbó P. Hébert : Un Archevéque de Rouen au XII»
siede. Hugues 111 d'Amiens. — Abbé J. Paquier : L' Université de Paris
et r Humanisme au début du XVP siécle. Jerome Alèandre. — Ludovic
Sciout: La Revolution à Saint-Domingue: Les Commissaires Sonthonax
et Polverel.
Mélanges. — Arthur de Ganniers : Napoléon inódit. — R. P. Pierling:
Hans Schlitte, d'aprés les archives de Vienne. — Paul Fournier : La très
ancienne Goutume de Bretagne. — Millon de Montherlaut: Le Siége de
Montargis en 1427. •— R. Lavergne : Les Éraigrés au siège de Maestricht
(1) Si fa menzione con lode delle seguenti pubblicazioni siciliane: Nosxe re-
gali XXIV ottobre MDCCCXCVl. Carme di Emanuele Portal. Palermo, 1896. —
Lotta ed etica, Discorso del prof. S. F. Fisichella, Messina, 1897.
Areh. Stor. Sic N. S. anno XXIV. 45
702 80MMABI0 DELLE PUBBLICAZIONI PERIOD[0HB
en i793. — Paul Fonrnier: A propos d'une « Introduction aux études hi-
storiques. » — Godefroid Kurth : La Bataille de Vouillé , en 507. — Leon
le Grand : La Désolation des églises, monastéres et hopitaux en France,
vera le milieu du XV' siécle, d'aprés l'ouvrage du P. Denifle, —Alfred
Spont : La Correspondance de Guillaume Pellicier, ambassadeur de Fran-
ce à Venise, 1539-1542. — Comte de Puymaigre: Un Poéte apologiste de
Louis XIII. — Lieutenant-colonel de Vienne: La Bataille de Courtray,
d'aprés les comptes de la ville de Bruges. — Victor Pierre : La Corre-
spondance secréte de l'abbé de Salamon pendant la Revolution. — Baron
Carra de Vaux : Deux publications sur le bouddhisme. — E.-G. Ledos :
Saint Dominique et ses nouveaux historiens. — Baron d' Avril : Pensées
d'un homme d' Etat : C. P. PobédonostzeflF.
Courriers allemand, anglais, belge, italien, espagnol.
Chronique. Revue des Recueils périodiques , BuUetin bibliographi-
que (1), etc; compte rendu de cent trente-quatre publications historiques.
Revue Historique — Paris — Tome 68.
Les paroisses rurales dans l'ancienne France P. Imbavi de la Tour—
L'affaire du cardinal Francesco Caetani (avril 1316), Ch. Y. Langlois —
Le cardinal Ascanio Sforza prisonnier des Vénitiens , 1500, L. G. Pelis-
sier — Bulletin historique: France. Travaux sur l'antiquité romaine, par
C. JuUian — Gomptes-rendus critiques — Publications périodiques et So-
ciétés savantes — Chronique et Bibliographie (2).
Ibid. Tom. 64.
lacques 1" d'Écosse fut-il poete ?, I. lusserand — Un socialiste inat-
tendu : le general Gaffarelli du Falga, A. Lichtenberger — De l' Huma-
(1) Mentovati e lodati : Le fonti di Stradone nella geografia della Sicilia per
il Dott F. SoLLiMA, Messina, 1897. — Palermo e la civiltà in Sicilia por Giorgio
Arcolbo. — 11 volume XXV della Biblioteca delle Tradizioni popolari siciliane, per
cura di Giuseppe Pitré : indovinelli , dubbi , scioglilingue del popolo siciliano.
Clausen 1887. — Folk-lare Catanese da Arturo Tuombatore, Clausen, 1897. Vi é
anche il riassunto di uno sUkIìo sulla Sicilia di M. Emmanuele Martin intitolalo
Qviestion trinacrianne, e si fa cenno dell'opuscolo del sig. Giovanni Caroselli,
pubblicalo in Palermo da A. Rebcr, 1897 col titolo: Sitile origini dei popoli italici.
(2) VI è un cenno dell'opuscolo pubblicalo da Giuseppe Navanteri col titolo :
Giovanni Meli. RoJlfHBioni sullo stillo preaetitt^ del Regno di Sicilia, 1801, intorno
airiigrieolluru ed ulhi pustorìziu, Ragusa, Piccitto e Àtilocci, 1896.
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PBEIODIOHE 703
nisme et de la Réforme en Franco, 1512-1552, H. Hauser — Les Conven-
tionnels régicides aprés la Revolution, E. Welvert — Balletin historique:
Necrologie da Due d'Aumale — Comptes-rendus critiques — Publications
périodiques et Sociétés savantes Chronique et Bibliographie {\).
Ibid. Tom. 65.
I.es tentatives de Louis XIV pour arriver a l'Empire, H. Yast — Les
idées poliques de Diderot, H. Sée — L'Astrologie dans le monde romain,
A. Bouché Leclercq — Bulletin historique — Comptes-rendus critiques—
Publications périodiques et Sociétés savantes — Chronique et Biblio-
graphie.
Ibid. Tom. 66,
Les aventures du marquis de Langarie, A. de Boislisle — Le 5» corps
de l'armóe d'Italie en 1859, Baron du Casse — M. Tiers et la situation
parlementaire en 1839 , G. Monod — Bulletin liistorique : Travaux sur
l'antiquitó romaine ; Le P. Luigi Tosti — Comptes-rendus critiques —
Publications périodiques et Sociétés savantes (2) — Chronique et Biblio-
graphie (3).
Ibid. Tom. 67.
Villes, marchés et marchandes au moyen àge, H. Pirenne — Etude
(1) Vi é menzionalo un opuscolo di Luigi Arezzo, edito a Palermo dai Reber,
col titolo: L'azione diplomatica del Vaticano sulla questione del matrimonio di
Carlo Stuart; ricordando che in detto Opuscolo sono pubblicate alcune lettere,
che il Cardinale Ludovisi, nipote di Gregorio XV indirizzò su questo obbietto al
Nunzio di Madrid. Queste lettere trovansi tra i Manoscritti della Biblioteca Co-
munale di Palermo, che le ebbe dalla Biblioteca dei Teatini.
(2) Nell'enumerare gli articoli pubblicati in questo Periodico , An. XXI, Fase.
3 e 4, si fa lodevolmente menzione di quello del D.r G. A. Garufi intitolato: Ri-
cerche sugli usi nuziali in Sicilia nel medio evo, e di quello di S. Romano, che
ha per titolo : La costruzione della Torre di Lignè ed i tumulti a Trapani nel
1673, Del primo dicesi eh* è unamem.oria, copiosamente annotata e seguita di do-
cumenti inediti; del secondo si fa un breve e fedele riassunto.
(3) Vi è menzionata la pubblicazione dei signori Guglielmo Paterno Castello
e Carlo Gaoluni intitolata : NeW ottavo Centenario del primo Parlamento Sici-
liano, e se ne dà il seguente giudizio : Les auteurs se sont beavjCoup plus mis
en frais pour l'édition, qui est riche, que pour le commentaire historique, doni
la pauvretè touche à la misere. Di questo lavoro e dell' argomento che tratta
scrisse in questo Periodico nel fase. 1' dell'anno XXII R. Starrabba.
704 SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODIOHB
critique sur les Journées des 5 et 6 octobre 1789, A. Malhiez — La Vie
de sainte Geneviéve est-elle apocryphe ?, Ch. Kohlei^ — BuUetin histori-
qae — Comptes-rendus critiques — Publications périodiques et Sociétés
savantes (1) — Chronique e Bibliographie (2).
Ibid. Tom. 68.
Les derviers Conventionnels, Eug. Yehcest — Rapports de Louis XIV
et de Mazarin, G. Lacour-Gayet — La campagne de Luckner en Belgi-
que en juin 1792, Aì-thur de Ganniers — Bulletin historique Comptes-
rendus critiques (Histoire des Roumains de la Dacie trajana depuis les
origines jusque à l'union des principautes en 1859) — Bublications pé-
riodiques et Sociétés savantes — Chronique et Bibliographie (3).
The Bnglish Historical Review — London — An. 1897.
The Field of Cannae. By the Right Hon. Sir Edward Fry, D.C.L. —
The Story of Gycia. By R. Garnett, CB., LL.D. — The Turks in the Sixth
Century. By Professor Bury, LitL D. — Domesday and some Thirteenth-
Century Surveys. By E. Baring — The Earliest Fines. By J. H. Round-
The Coinage of the Three EdM'ards — The Archers at Crecy. By J. E. Mor-
ris—An Unknown Treaty between Edward IV and Louis XI. By the
Rev. Wentworth Webster — New Lights on the Divorce of Henry Vili.
By James Gairdner, LL.D. Parts IL, III —York in the Sixteenth and Se-
venteenth Centuries. By Miss Maud Sellers — Bull of Paul IV concerning
the Bishopric of Bristol. By the late Rev. Nicholas Pocock — Venetian
Despatches on the Armada and its Resnlts. By E. Armstrong— The Admiui-
stration of the Navy from the Restoration to the Revolution. By J. R. Tan-
nar. Part I., II. — William Hedges in Turkey. By Lewis L. Kropf and
A. E. Stamp — James Macpherson and the Nairne Papers. By Lieut.-Co-
•
(1) Enumerandosi gli scritti pubblicati in questo Periodico An. XXII, fase. 1-2
a proposito di quello del Barone Starrabba, che trovasi a pag. 251 e porta per
titolo: Ancora della Commemorazione del IV Centenario di FVancesco Manrolico,
dicesi in una parentesi : Les niss. de Maurolico soni passès en Frnnce, sans doute
par le moyen de Colberi du Terron , intendant de justice , police et fìnances en
SicHe au temps du siège de Messine.
(2) Ricordati : Un tentativo politico a Palermo nel 1195 e Fran. Paolo Di Blasi;
Il generale Walmotden contro Gu(/lielmo Pepe, lavori ambedue di F. Guardione.
(3) Si dik l'annunzio che si é pubblicalo il IH volume della Geschichte Siciliens
in Alterthum di A. Holm.
SOifUARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE ?Ò5
lonel the Hon. Arthur Parnell, R.E. — The Duke of Newcastle and the
Election of 1734. By Basii Williams — Tvvo Despatches relative to the
Battle of Fontenoy. By Lieut.-Colonel E. M. Lloyd, R.E. — A Royalist Spy
during the Reign of Gerror. By J. H. Clapham — The Unstampod Press,
1815-1836. By J. Holland Rose — Andrew Jackson and the National Bank.
By R. Seymonr Long — Fustel de Goulanges as an Historian. By Edward
Jenks— Heinrich von Treitschke, By J. W. Headlam — Reviews of Books
— Correspondence — Notices of Periodicals (1) — List of Recent Histori-
cal Pnblications (2).
Ibid. An. 1898.
The Early History of Babylonia By Sir Henry H. Howorth, K.G.I.E.,
M.P. — The Campaign of the Metanrus. By Bernard W. Henderson — Bo-
snia before the Turkish Gonquest. By W. Miller — Notes on some Ghro-
nological Qnestions connected with the Persecution of Diocletian. By the
Rev. Professor Gwatkin — The Ghronology of Theophanes in the Eighth
Gentury. By Thomas Hodgkin, D.C.L. — Indictions at Rome, 726-775. By
E. W. Brooks — Hasting. By Wilbur G. Abbott — Sylvester II and Ste-
phen I of Hnngary. By Lewis L. Kropf — Vacarias: a Gorrection. By
Professor Lieberinann, LL.D. — The Forged Bull to St. Augnstine's, Gan-
terbury. By J. H. Round— A n Unpnblished ' Revoca tio ' by Henry IL
By J. A. Herbert — The Mohammadan Galendar. By Lewis L. Kropf and
Stanley Lane-Poole — The Revenue of Henry 111. By J. H. Round — The
Parlement of Paris. By Professor Prothero, Litt. D. — Decrees of the Ge-
neral Ghapters of the Friars Minor, 1260-1282. By A. G. Little — Bishop
(1) Del volume XXI del nostro Archivio Storico sono mentovate le seguenti
pubblicazioni : V. SirazzuUa, Dei recenti scavi eseguiti nei cimiteri cristiani della
Sicilia— L. Natoli, Paolo Gaggio prosatore siciliano del sccoto XVT. C. A. Garufi,
Ricerche sugli usi nuziali nel medio evo in Sicilia — <S. Salomone- Marino, Spigo-
lature storiche siciliane del secolo XVI — <S. Romano, La costruzione della Torre
di Ligné ed i tumulti a Trapani nel 1673.
(2) Sono annunziate le seguenti pubblicazioni storiche di autori sicihani o ri-
guardanti la Sicilia : G. Tropea, Le conoscenze geografiche della Sicilia nelle fonti
letterarie del sesto e quinto secolo a. C, Messina — F. Racioppi, La formazione
storica degli Stali, Palermo, tip. Santi Andò — /. Carini, Gli archivi e le biblio-
teche di Spagna in rapporto alla storia d'Italia in generale e di Sicilia in partico-
lare, Palermo, tip. • Lo Statuto » ~G. Longo, La rivoluzione in Catania nel 1644-1648,
narrata da un'antica cronaca, Catania, tip. Pansini — E. Mauceri, Siracusa nel
secolo decimoquinto, Siracusa, tip. del Tamburo.
^06
S0HVAB10 DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
de Quadra's Letter and the Death of Amy Robsart. By James Gairdner,
LL.D. — Prices at Woodstock in 1604. By Miss Ellen A. McArthur — An
Assessment of Wages for the County of Norfolk in 1610. By J. C. Tingey.
— Star Chamber Proceedings against the Earl of SufFoIk and others, 1619.
By A. P. Perceval Keep — The Cossacks in the Early Seventeenth Gen-
tury. By H. Havelock — The Journal of Prince Rupert's Marches, 5 Sep-
tember 1642 to 4 Jnly 1646. By G. H. Firth — Thurloe and the Post Of-
fice. By G. H. Firth — The Administration of the Navy from the Resto-
ration to the Revolution. By J, R. Tanner. Part. IL, continued — Corre-
spondence of Richard Gromwell. By Mrs. R. Bum. — John de Roberthon
and the Robethon Papers. By J. F. Ghance — Corrections to James Mac-
pherson's ' Originai Papers. ' By J. F. Ghance — British Converts to Ga-
tholicism in Paris, 1702-1789. By J. G. Alger — A Jacobite Letter, 1749.
By Robert S. Rait — The British Golony in Paris, 1792-1793. By J. G. Alger
— An Unpublished Letter on the Action at Valeggio , 30 May 1796. By
J. Holland Rose — Nelson and the Neapolitan Republicans. By F. P. Ba-
dham — The Lost and the New Letters of Napoleon. By J. B. Rye — Re-
views of Books — Correspondence — Notices of Periodicals (1) — List of
Recent Historical Publications (2).
Salvatore Romano.
«--«-Vtli^S^feSi*— .
(1) Del nostro Archivio Storico, Anno XXII è aiinunziata la pubblicazione, men-
tovandosi i seguenti lavori che trovasi in esso : Della Cronaca arabo-sicula e dei
due testi greci delle Biblioteche Vaticana e Parigina , pubblicazione di G. Gozza-
Luzi, per G. La Corte — La giurisdizione annonaria Municipale nei secoli XIII
e XIV per C. A. Garufi — Spigolature storiche siciliane del secolo XIX per 5. Sa-
lomone-Marino — Aci nella carestia del 1671-1672 e durante la ribelliono di Mes-
sina e la guerra Ira Francesi e Spagnuoli nel 1674-1679 per V. Raciti /2omeo— Spi-
golature di un archivista per M. Di Martino — Il Castello e la Chiesa di S. Fi-
lippo a Mare Dolce in Palermo per V. Di Giovanni ~ Aneddoti Siciliani per
/. Carini.
(2) Vi é l'annunzio dei aeguenli libri relativi alla Sicilia: Falcando Ugo, La
Hlatoria o liber de regno Siciliae, Nuova edizione a cura di G. B. Siragusa — Le
chiese bizantine nel territorio di Siracusa, per P. Orsi.
ATTI DELLA SOCIETÀ
GOMITATO DEL VII CONGRESSO STORICO ITALIANO
Il VII Congresso Stòrico Italiano , in conformità al voto una-
nime del precedente, sarà tenuto qui in Palermo , ed il Consiglio
Direttivo di questa Società, avendo il dovere di preparare quanto
valga ad assicurarne la convocazione e la riuscita , ha già nomi-
nato un Comitato Ordinatore. Esso ha stabilito che il Congresso
si riunisca nella settimana seguente alla Pasqua di quest'anno, a
cominciare dal 18 aprile, e che tenga le sue adunanze nella grande
sala, teste costruita nel locale della Società a S. Domenico, ed in-
titolata Sala Luigi di Maggio. Ha poi con varie Circolari invitato
le Deputazioni e Società di Storia Patria, e le Commissioni aral-
diche ed archeologiche italiane a nominare dei Delegati ; a pro-
porre temi d'importanza storica ed archeologica da trattarsi nel
Congresso; ad indicare, perchè siano invitati, tutti quei cultori di
studi storici che desiderano prender parte al Congresso.
Il Consiglio Direttivo della Società ed il Comitato Ordinatore
del Congresso desiderano vivamente che i Soci effettivi ed onorari,
che non risiedono in Palermo ma in in'altra città dell'Isola o al-
trove, si trovino in questa città nei giorni del Congresso , e che
vi assistano, come ne hanno diritto a norma dell' articolo 12 del
Regolamento.
708 ATtl DELLA SOCIETÀ
SEDUTA DEL DI 9 LUGLIO 1899.
Presidenza del Prof. Mons. Vincenzo Di Giovanni,
• Vìce-PreHdente.
La Società si riunisce nella sua sede, ed essendo legale il nu-
mero dei soci presenti, il Presidente apre la seduta. Si rimanda
alla prossima adunanza la lettura del verbale della riunione del
di 11 giugno. Dal Segretario Generale sono presentati alcuni libri
pervenuti in dono , e se ne leggono i titoli. Si passa quindi alla
votazione di nuovi soci , e ad unanimità sono eletti i signori :
Prof. Giuseppe Paolucci, Prof. Cosimo Corso, Avv. Giuseppe Anelli,
Ing. Francesco Cambria.
Il Socio Gan. Giuseppe Beccaria, avuta la parola dal Presidente,
legge la continuazione del suo lavoro intoj;"no ai Capitoli di Gir-
genti. Terminata la quale lettura, la seduta è sciolta.
E Segretario Generale
D.' Giuseppe Lodi.
SEDUTA STRAORDINARIA DEL DI 16 LUGLIO 1899.
Presidenza del Prof. Mons. Vincenzo Di Giovanni,
Vice- Presidente.
La Società si riunisce nella propria sede con l' intervento di
sessantacinque soci. Si legge e si approva il verbale della pre-
cedente seduta.
Indi il Segretario Generale riferisce che il Senatore Andrea
Ouarneri si è dimesso da Presidente con una lettera, nella quale
dice che i molteplici suoi affari e la sua avanzata età non gli
permettono di adempire gli obblighi di tal carica. Aggiunge che
le molte pratiche , fatte dal Consiglio Direttivo e dalla Società,
per mezzo di apposite Commissioni, a fine d' indurre il Senatore
Ouarneri a ritirare le date dimissioni, sono riuscite infruttuose.
ATtl DELLA SOCIEtX 709
L'assemblea, dopo lunga discussione, delibera di accettare le di-
missioni del Senatore Guarneri, e passare tosto alla elezione del
nuovo Presidente.
Fatta la votazione, risulta eletto a maggioranza il socio Duca
di Verdura.
Alle ore 14,30 il Presidente scioglie la seduta.
Il Segretario Generale
B." Giuseppe Lodi.
SEDUTA DEL DI 13 AGOSTO 1899.
Presidenza del Buca di Ver'dura, Senatore del Regno,
Presidente.
La Società si riunisce nella sua sede, ed essendo presenti 23
soci il Presidente apre la seduta ed invita il Segretario Generale
a leggere il verbale della seduta precedente , che , dopo qualche
osservazione, viene approvato.
Si passa indi alla elezione a soci dei candidati : signori Gaetano
Ferrara Gandolfo, Francesco D'Ondes e Conte Pignone Del Garretto,
e fatta la votazione sono tutti e tre ammessi.
Il Segretario Generale presenta alquanti libri pervenuti in
dono dai soci Guarneri e Travali. Annunzia poscia la morte del socio
Benedetto Civiletti, insigne scultore , proponendo un voto di con-
doglianza alla famiglia. La Società unanimemente accoglie tale
proposta.
Il Presidente Duca di Verdura ringrazia la Società, che lo no-
minò Presidente; ed aggiunge che, quantunque avanzato negli anni,
metterà tutte le sue forze e tutto il suo buon volere per far pro-
sperare la nostra Istituzione.
Il prof. A. Salinas, ottenuta la parola , dice che 1' Assemblea
nell'atto stesso che dà il saluto al novello Presidente, non può non
rivolgere il suo pensiero all' ex - Presidente, Senatore Guarneri,
memore di quanto Egli ha fatto in prò della Società. La So-
cietà, con voto unanime, esprime al Senatore Guarneri la pro-
pria gratitudine.
tlÓ ATTI DELLA SOOIETÌ
Il Presidente invita il socio prof. Salvatore Romano a leggere
un suo lavoro, intitolato: Una Santa Palermitana venerata dai
Maomettani in Tunisi; e, finita questa lettura, scioglie la seduta.
Il Segretario Generale
D.' Giuseppe Lodi.
SEDUTA STRAORDINARIA DEL DI 6 SETTEMBRE 1899.
Presidenza del Duca di Verdura, Senatore del Regno,
Presidente.
Si apre la seduta alle ore 13, essendo presenti trentasette soci,
e moltissimi Signori e Signore, non appartenenti alla Società,
intervenuti per ascoltare la conferenza annunziata nell'ordine del
giorno. Letto ed approvato il verbale della precedente adunanza,
il Segretario Generale presenta alquanti libri pervenuti in dono.
Indi, dovendosi passare alla elezione di nuovi soci, lo stesso Se-
gretario Generale riferisce che trovasi in Palermo S. E. il D."" Onofrio
Abbate Pascià, venuto per rivedere i parenti e fare una escur-
sione in Sicilia e studiarne le antichità, e ch'egli ha espresso il desi-
derio di leggere in questo Sodalizio un suo lavoro intitolato : La
Sicilia e l'Egitto nei loro antichi rapporti (Nuove ricerche). Ma
essendogli stato detto che le letture alla Società possono farsi sol-
tanto dai Membri di Essa, Egli ha chiesto di esser fatto socio; ed il
Consiglio Direttivo, a' termini dello Statuto, ben volentieri lo ha am-
messo candidato. Il Segretario Generale crede utile di aggiungere
(ignorandolo forse alcuni) che il D.' Onofrio Abbate è Palermitano,
ma è stato assente dalla città nativa 55 anni; che da giovanetto
si diede agli studi egittoloci e che al 1840 pubblicò un primo la-
voro su di Un Idoletto egizio nelle Effemeridi scientifiche e let-
terarie per la Sicilia, dirette allora da Ferdinando Malvica; che al
1843 stampò nella Poligrafia Empedocle una illustrazione di un basso
rilievo di Beni-Assan, lavoro che dedicò a Luigi I" re di Baviera;
che, studiando medicina, attese con ispecialità alla ottalmiatria se-
guendo la pratica dell'insigne oculista D/ Socrate Polara. Il suo
ingegno, i suoi sludi e la pratica medica oculistica lo posero in
ATTI DELLA SOCIKxi 911
chiara luce, e gli procurarono un'eminente posizione presso il Ke-
dive di Egitto. Il soggetto che Egli intende trattare nella confe-
renza di oggi non è che la continuazione degli studi di egittologia,
da lui iniziati sin dalla sua giovinezza. Questo è 1' uomo che il
Consiglio Direttivo propone come socio, resta alla Società di con-
fermare siffatta proposta.
Dopo di avere il Segretario Generale ciò detto , il Presidente
invita i soci alla votazione, la quale essendo stata unanime pel sì,
l'assemblea applaudisce.
Il Presidente allora dà la parola a S. E. il D.' Abbate. Egli ringrazia
da prima la Società di averlo nominato socio, e poscia intraprende la
lettura del suo lavoro. Esordisce, facendo cenno dell'antica civiltà
mediterranea; che dice essere uno dei problemi che maggiormente
preoccupano gli archeologi, e gli etnologi moderni. L'oratore, fon-
dando la sua opinione su quella dell' egittologo inglese Flinders
Petrie, nega che noi siamo debitori all' Oriente di tutte le nostre
arti , essendovi nei ricordi egiziani quelli di una grande confede-
razione, che abbattè varie volte 1' Egitto: costituita dalla Grecia,
dall'Asia Minore, dall'Italia e dalla Libia collegate insieme. Di que-
sta grande confederazione ebbero , nello svolgimento di arti e di
prodezze, una gran parte, e non minima di contatto con l'Egitto,
i nostri remotissimi padri, i Siculi, i quali erano della stessa unica
stirpe che, con varii nomi, con varie forme di civiltà, con varia
lingua dominò in tempi antichissimi il Mediterraneo. Ed a questo
punto il Dott. Abbate s'intrattiene a parlare dei primi periodi Si-
cano-Siculi, e della vigoria d'animo, delle aspirazioni e della bal-
danza di opere e di fatti di queste genti.
Passa quindi più direttamente a ragionare dei rapporti tra la
Sicilia e l'Egitto, argomento della conferenza , e ricorda che al
tempo del Faraone Meneftah varii popoli stranieri attaccarono la
sacra terra di Osiride. Tra i popoli, appartenenti alle regioni del
mare, i quali fecero delle incursioni allora in Egitto , sono com-
presi e nominati segnatamente i Sahalas, ossia i Siculi. Era bel-
licosa non solo, ma valorosissima questa gente Sicula. I monu-
menti egizii ce ne danno la più alta e solenne testimonianza.
Ed in vero , i più splendidi e grandiosi monumenti eretti dai
Faraoni sono quelli di Meneftah I ; ed è rimarchevole che questo
principe non abbia, scelto e preferito per celebrare le sue vitto-
712 ATTI DELLA SOCIKTÀ
rie altra località, se non quella di Karnak, ove si trovavano come
riassunte le glorie di- Ramses II (Sesostri). È sulla superfìcie del
gran muro che si eleva tra il quarto e il sesto pilone di questo
stragrande insieme di superbi monumenti a Karnak che Meneftah
fece scolpire i suoi riportati trionfi su i Libii (i Rebu) assistiti
dalle nazioni europee — pelagi, gente del mare — nazioni che fi-
guravano per la prima volta in ostile contatto con gli Egiziani.
La confederazione libica, comandata dal re dei Libii Marmaiu, fi-
glio di Deid, comprendeva tra le nazioni europee, e specialmente
mediterranee, gli Achei, gli Etruschi, i Sardi e i Siculi. Oltre a ciò,
a Karnak un'iscrizione nel tempio di Medinel- Habu-ci parla di
queste confederazioni, unite dai capi dei Libii , citando espressa-
mente gli Etruschi, i Sardi, i Siculi.
L'iscrizione del monumento grandioso di Karnak, che riferisce
questa guerra tra Libii e Siculi con gli Egiziani, è stata parzial-
mente copiata da Brugsch, interamente dal Diimichen ed analiz-
zata dal De Rougé.
La definizione speciale dei Siculi vi si legge nel nome Saha-
lesa (1), e questo antico nome geroglifico- fonetico è identificato al
Siculus dei latini e al SexeXo; dei greci.
Come rilevasi dai monumenti, i Siculi, guerreggiando accanto
ai Libii, portano il caschetto speciale con due corna laterali, senza
però della palla in cima all' elmo, eh' era segno degli altri con-
federati.
Rimarchevolissime sono le navi proprie, sulle quali guerreg-
giavano i Siculi. L'arme adottata dagli altri confiderati era una
daga a due tagli e uno scudo; ma i Siculi portavano una lunga
spada e una picca o lancia (2).
Questi rapporti tra i Siculi e 1' Egitto rimontano ad epoca
antichissima. Rapporti più recenti trova il Dott. Abbate nei culti
egiziani adottati in Sicilia. E sebbene, egli dice, dai Fenici abbiano
potuto essere importate costumanze semitiche o camitiche, a me
pare che le testimonianze di monete siracusane, messinesi e cata-
nesi, che offrono l'impronta religiosa egiziana , debbano rappor-
(1) Vedi il geroglifico nel foglio annesso.
(2) Vedi (Igura nel foglio annesso.
ATTI DELLA. SOCIETX 713
tarsi ad epoche posteriori, ed abbiano potuto avere origine da rap-
porti diretti, forse anche ai tempi di Gerone II.
Dell'epoca musulmana in Sicilia , il Dott. Abbate riferisce un
fatto di eccezionale coincidenza nei rapporti tra la Sicilia e l'Egitto.
É strano, ei dice, ed è un fatto di considerevole combinazione
storica, che la più grande, la più gloriosa, la prima Moschea ce-
lebrata da tutto il mondo islamo dottrinale ElAzfiar, fondata con-
temporaneamente al tracciato e alla fondazione del Gran Cairo,
sia stata opera di un Siciliano, che la eresse e la completò. È stra-
nissimo altresì che nessuno degli scrittori arabi abbia fatto men-
zione di questa particolarità, e che il solo Maquizi ce ne dia una
chiara e precisa testimonianza. Gli storici tutti parlano bensì della
fondazione del Cairo e della Moschea, ma sono muti assolutamente
sulla grande iscrizione, che riportava l'evento auspicato e geniale.
Nasce il sospetto, che questo silenzio sull' autore della grande
Moschea metropolitana, sia stato appositamente serbato per pre-
giudizio nazionale e religioso, rilevandosi dalla iscrizione che fu
il siciliano Gohar. Potrebbe dirsi altresì che fosse stata distrutta
negli ultimi tempi dopo Moez, perchè invisa al rito dei Fatimiti.
Certo si è, che non se ne è potuta rinvenire la benché minima
traccia.
Nella metà del IV secolo dell'egira cominciò la decadenza della
dinastia acchidita, che regnava allora sull'Egitto. Il Califo fatimita
d'El-Magreb, El-Moez-li-Din-Allah, giudicando il momento propizio
per fare la conquista dell'Egitto, inviò un'armata sotto il comando
di Gohar, il Siciliano.
In quel torno , delle dissenzioni politiche e delle rivalità reli-
giose di rito , mettevano alle prese i Fatimiti d' El-Magreb, e gli
Abassidi di Bagdad. Il Califo Moez con la determinazione d'impa-
dronirsi dell'Egitto, voleva assicurarsene il tiionfo , e riunire in-
tanto nel suo pugno 1' autorità di tutto l' Islam. Fu dunque per
realizzare questi progetti che ingiunse a Gohar, che, appena con-
quistato l'Egitto, avesse a costruire una nuova città che sarebbe
la capitale dei califi fatimiti e hi metropoli del culto musulmano.
Gohar, confoi'mandosi alle istruzioni del suo signore, fondò Cahira,
e nella parte orientale di essa, presso il muro di cinta, fece elevare
la celebre Moschea, conosciuta prima sotto il nome di Moschea
di Cairo, poi quale Università ed emporio di dottrina islamica
El-Azhar.
714 ATTI DELLA SOOIEtX
Gohar fece scolpire in giro, esternamente alla cupola che so-
vrasta la prima galleria a diritta del Mihrab e del Minbm\ l'i-
scrizione seguente, conservata da Maqrizi :
«Costrutta per ordine di Abdullah Abu Tamim Moàd l'Imam
« El-Moez li Din- Allah, comandante dei credenti— che le benedizioni
« di Dio siano su lui, su i suoi padri e su i suoi figli più vene-
« rabili — per le cure del suo servo Gohar, lo scrittore, origina-
« rio della Sicilia, l'anno 360. »
Degli storici, alcuni chiamano Gohar ii celebre generale ; altri
soltanto il segretario del Calila Muez ; ed altri il greco : voce ge-
neralmente applicata a tutte le popolazioni mediterranee. Ma il
Siciliano emerge con non dubbie lettere, concordando perfettamente
con la storia del Califa, di cui Gohar fu un liberto.
Concludendo la sua conferenza, il Dott. Abbate dice così :
« Avrei potuto, o Signori, cennarvi che altri fatti di tal genere
sonosi svolti dopo quelle lontane epoche; come, tra tanti, il fatto
stranissimo di un Siciliano che, buttato dalla tempesta tra le sirti
della Cirenaica, e recatosi da quelle sabbie all'Oasi di Siwah (l'an-
tico Oasi di Ammone) abbracciato l'islamismo, si ebbe onori e
venerazione fatidica in tutta quella regione del deserto.
Avrei potuto cennarvi altre fortuite relazioni tra la Sicilia e
l'Egitto ; ma sconfinerei dallo stretto campo prefissomi , e il mio
compito era solo di segnalarvi con rapido sguardo le più antiche
e remote, che possono interessare la nostra storia. »
L'oratore è vivamente applaudito, ed il Presidente, lo ringrazia
e scioglie la seduta.
Il Segretaì'ìo Gemicale
I).' Giuseppe Lodi.
SEDUTA DEL DI 8 OTTOBRE 1890.
P/rsidenzn rfcl Duca di Verdura, Senatore del h'cr/no,
I^'esidente.
La sala è gremita di soci e di numeroso |)\iM»li('(>. iulci-vcnulo
pei* assislcrt' alla scdiila.
M..--
tMlk-J|^*«Mf il^
ATTI DELLA SOCIETÀ 715
Occupa il posto della Presidenza S. E. il Gav. Francesco Grispi,
Presidente onorario della Società. Il Presidente, Senatore Duca di
Verdura, siede alla destra di lui.
Aperta la seduta, il Presidente nel salutare il Gav. Crispi che
ha voluto assistere alla presente riunione, fa cenno delle bene-
merenze di lui inverso la Società di Storia Patria. Le parole del
Presidente ottengono l'adesione e l'applauso della adunanza.
Indi il Segretario Generale legge il verbale della seduta pre-
cedente, che resta approvato, e presenta alquanti libri pervenuti
in dono da soci o dai propri autori.
Dovendosi in seguito passare alla elezione di nuovi soci, su
proposta del prof. Sansone, tale operazione si rimanda alla ven-
tura riunione.
Il Presidente allora invita li socio can. Beccaria a dar lettura
del suo lavoro indicato nell'ordine del giorno.
Salita la tribuna , 1' oratore dà un saluto al Presidente ono-
rario, rammentando che il Gav. Grispi nelle ultime due volte ch'è
intervenuto alle sedute della Società, ha dovuto sentire a parlare di
due umanisti siciliani; la prima volta al 1895, quando si celebrò la
festa centennaria di Antonio Veneziano, la seconda oggi, in cui è
dato all'oratore di parlare di Vincenzo Golocasio, altro valoroso
umanista.
Dopo di che, il Beccaria legge alcuni brani del suo lavoro, re-
lativi alla vita e a talune opere del detto Golocasio, e viene alla
fine applaudito. Il Presidente scioglie quindi la seduta.
Il Segretario Generale
DJ GiUDEPPE Lodi.
SEDUTA DEL DI 19 NOVEMBRE 1899.
Presidenza del Duca di Verdura, Senatore del Regno,
Presidente.
Aperta la seduta, il Segretario Generale legge il verbale della
seduta precedente ch'è approvato. Gomunica poi taluni doni di li-
bri fatti dal Presidente Duca di Verdura, dal socio senatore Guar-
716 ATTI DRLLA SOOIBTÀ
neri, dal tedesco prof. Kher e da altri soci ; e cennando al dono
del Duca, fa notare come la raccolta completa degli opuscoli di
Autori siciliani in 29 volumi è oramai divenuta rara e perciò più
pregevole, e che le Tavole fotografiche rappresentanti i putti del
nostro celebre Serpotta sono uno splendido regalo da lui ora
fatto alla Società, Lo stesso Segretario Generale infine presenta
una medaglia simile a quella fatta coniare per l'ottantesimo anni-
versario di Francesco Grispi, nostro Presidente onorario, donata
dal Gomitato per le onoranze al detto Gav. Grispi; facendo osser-
vare che di tali medaglie furono di proposito coniate in argento
soltanto tre: una per la nostra Società, una pel Museo nazionale
ed una terza pel Municipio.
Dopo di ciò si passa alla elezione di nuovi soci, e vengono alla
unanimità eletti 1 signori:
Prof. Valentino Labate, Prof. Nicolò Marino, Gav. Giuseppe La
Rocca, Gav. Giovanni Mule Bertelo, Prof. Domenico De Fonzo e
sig. F. Ghalandon.
Terminata la votazione, il Presidente invita il socio can. Di
Bartolo a dar lettura del suo lavoro intitolato : Su taluni fram-
menti inediti di una magistratura abolita. Un tal lavoro viene ac-
colto con gradimento dagli uditori, e l'autore in fin di seduta con-
segna al Segretario Generale i documenti originali, che ne diedero
origine, per conservarsi tra i manoscritti della biblioteca sociale.
La seduta ha termine alle ore d5 e */^.
Il Segretatno Generale
D.' Giuseppe Lodi.
ADUNANZA DELLA SOGIETÀ DEL GIORNO 10 DIGEMBRE 1899.
Presiede il socio can. Beccaria, Direttore della i* classe.
Aperta la seduta, il Segretario Generale legge il verbale della
precedente che resta approvato.
Indi comunica l'adesione a soci de' signori Ghalandon, Marino,
Labate e Mule Bortolo.
Poscia presenta la nota di tre candidati per essere eletti soci.
ATTI DELLA SOCIETX 717
Dessi sono : Il Prof. Francesco Ricciardi, Preside del nostro Isti-
tuto Tecnico, il Prof. Pietro Barcellona e il Prof. Giuseppe Damia-
ni Almeydi^. Fatta la votazione, riescono tutti e tre eletti.
Lo stesso Segretario Generale poi dà notizia di alcuni libri
pervenuti in dono alla Società , tra i quali due del benemerito
Senatore Guarneri ; e di tali libri egli legge i titoli.
Il socio prof. Romano jiggiunge, il dono di una pubblicazione,
fatta dalla Società geografica italiana, di cui egli è membro, che ha
per titolo : Sfere terrestri e celesti di Autore Italiano oppure fatte
0 conset'vate in Italia, ed accenna a quanto in essa riferiscesi alla
Sicilia, promettendo farne una recensione nell' Archivio Storico
Siciliano.
A tutti i generosi donatori <i è dal Seeretario Generale rivolta
a nome della Società una parola di ringraziamento.
Dopo di che, il Segretario Generale crede suo dovere far co-
noscere alla Società che il Vice-Presidente signor Principe di Fi-
talia, pria di assentarsi da Palermo nel Luglio passato, fece perve-
nire alla Segreteria una sue lettera, nella quale tornava a dare le
dimissioni della sua carica; il che altra volta aveva fatto. Il Con-
siglio Direttivo, credette opportuno di non prendere alcuna delibe-
razione sul proposito sino al di lui ritorno in Palermo. Ora però
ch'è tornato, il Consiglio crede opportuno, che si nomini una Com-
missione apposita per recarsi dal detto Principe , e pregarlo di
desistere dalle date dimissioni. S'interpella perciò la Società se con-
sente alla proposta del Consiglio Direttivo, e nel caso affermativo
di scegliere tra i soci coloro che debbono far parte di tale Commis-
sione. Parlano sul proposito l'avv. Pace e il piof. Pitrè , e final-
mente si delibera in conformità alla proposta del Consiglio Diret-
tivo. La Commissione viene composta di cinque membri: tre ap-
partenenti al Consiglio Direttivo, che sono il Barone Starrabba,
il D.' Pitrè e il can. Beccaria, e due Soci cioè il Prof. Sampolo
e l'avv. Pace.
Non essendovi altre comunicazioni a fare , il Presidente dà la
parola al socio, Dott. Giuseppe Pitrè, che legge uno studio Sulle
feste patronali in Sicilia , basato sopra la conoscenza di cento-
cinquanta di esse.
Ietto dell'antico costume dei popoli di mettersi sotto la prote-
zione di una divinità, entra nelle vicende del patronato dei Santi
Areh. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 46
718 ATTI DELLA SOCIETX
in Sicilia. Ogni Santo patrono ha la una leggenda, per lo più lo-
cale. Le leggende possono divirsi per gruppi, ed ogni gruppo co-
stituisce un tipo speciale. Importante sopra tutti è quello che si
riferisce alla lotta dei Normanni contro i Saraceni in varie con-
trade dell'isola. Il culto reso dal popolo siciliano ai Santi patroni
spesso supera quello che si deve a Dio. Le feste dalla chiesa si
portan fuori, e diventano chiassose e strepitose. La stagione di esse
è la estate, principiando però dalla primavera e finendo ai primi
dell'autunno.
Tra gli spettacoli più notevoli sono da ricordarsi quelli che
commemorano combattimenti arabo-normanni, le sacre rappresen-
tazioni mute, ossia le dimostranze, i ca7^ri tìHonfali, i presenti, i
dlii e via discorrendo.
Dalla rassegna di si fatti spettacoli l'autore è tratto ad accen-
nare ad alcune linee etnografiche siciliane, che si traducono nelle
penitenze e nelle gare religiose nella provincia di Siracusa; ed in
molte altre usanze , credenze , superstizioni e reminiscenze del
paganesimo.
Nella conclusione, l'autore rileva quanto profitto possano ca-
vare, anche dalle feste patronali , i folkloristi , i sociologi e i fi-
losofi.
Finita la lettura, ch'è vivamente applaudita dai molti soci pre-
senti, il Presidente scioglie la seduta.
E Segretario Generale
D.' Giuseppe Lodi.
SEDUTA STRAORDINARIA DEL DÌ 17 DICEMBRE 1899.
Presidenza del L'iica di Verdura, Senatore del Regno,
Presidente.
Sono presenti ii. /»') socii , ed essendo legalo il numero degli
Inlerveiiuti.i! rrosidenU; di(;hiara aperta la seduta alle ore 14 V*-
ATTI DELLA 800IBTÀ. 719
Il Segretario Generale dà lettura del processo verbale della se-
duta precedente, che viene approvato.
Il Presidente dà la parola al Vice Segretario, avv. Falcone,
per riferire intorno al bilancio presuntivo del 1900 , il cui
progetto è stato già discusso ed approvato dal Consiglio Diret-
tivo. Il Relatore comincia dal far rilevare che il bilancio del-
l' esercizio 1900 ascende in complesso a L. 13662,80, vai quanto
dire, presenta una differenza in meno di L. 7224,20 su quello
dell' esercizio precedente , che ascendeva a L. 20887. La diffe-
renza , comunque sensibile , si spiega subito , considerando che
alla parte straordinaria dell' esercizio 1899, era allogata la bella
resta di cassa a 31 dicembre 1898 di L. 5800 (quesf anno se ne
prevedono solo L. 1000), e dipendente nella sua più grande parte
dalle largizioni straordinarie accordate dei ministri Rudinì e Go-
dronchi, quando, or sono pochi anni, eglino sedettero nei Consigli
della Corona ; e che in esso ancora, alla parte ordinaria ed alla
straordinaria facevasi una previsione di L. 2000 per sussidii dal-
l'autorità municipale, tra cui quello in occasione del VII Congresso
Storico Italiano : queste sole due cifre infatti portano la non lieve
differenza di L. 6800. Le altre poche centinaia di lire che ci vo-
gliono a raggiungere le L. 7224,20, dipendono da variazione in
più od in meno alle allogazioni nei varii articoli, che riguardano
le entrate per contributi di enti morali, per abbonamenti al Pe-
riodico ed ai Documenti , per vendita delle nostre pubblicazioni;
e tra queste partite con un senso di doloroso rincrescimento si
nota il vedere venir meno i contributi di socii e di enti morali,
i quali pur troppo mancano, e da qualche anno, al pagamento delle
azioni sottoscritte. Salvo un esame più particolareggiato e com-
pleto dei residui attivi del consuntivo 189'J , che valga meglio ad
acclarare la posizione di ciascuno, parve opportuno e prudente al
Consiglio Direttivo limitare a 900 il numero delle azioni da parte
dei socii, con una riduzione di 100 da quelle che erano nel 1899;
ed accertare, per le debite annotazioni ai rispettivi articoli, con
serio e ponderato giudizio quali fossero gli enti su cui fare as-
seguamento sicuro per il pagamento sia delle contribuzioni, che
delle associazioni , in previsione anche alle pubblicazioni che po-
tranno essere fatte nel corso del 1900. Anche la previsione per la
vendila dei volumi pubblicati è stata ridotta : del resto è stata
^20 ATTI DELLA SOOIExl
sollecitudine primissima del Consiglio quella di far rispondere le
previsioni alla realtà , in quanto se ciò deve esser pensiero co-
stante di qualunque amministrazione, lo è con più forte ragione
di un istituto, come il nostro, il quale dai contributi dei consociati
trae principalmente le sue risorse. Così è pertanto che il preven-
tivo in esame non tiene conto di alcun sussidio da parte del Mu-
nicipio di Palermo, dal quale del resto nulla si riscosse, né ci sarà
modo di riscuotere, delle L. 2000 iscritte per sussidii del 1899 , e
dal quale è abbastanza nota la condizione economico-finanziaria,
per poter con sicuro fondamento asserire che sarebbe stato affatto
fallace, e sarebbe pretta illusione fare pur ricordo di tale entrata.
E conviene ad ogni modo augurare, osserva il Relatore, che, quale
che possa essere questa condizione economico-finanziaria, l'Ammi-
nistrazione municipale si farà un dovere di corrispondere sempre
le 100 azioni sottoscritte : che ciò consente la legge, e richiede
la dignità di essa , il decoro della città , la tradizione ininter-
rotta ed onorata che il Municipio Palermitano vanta verso tutto
ciò che giova a mantenere ed accrescere la cultura letteraria
e scientifica del paese. Di sussidii o largizioni eventuali che
dir si vogliano , pertanto abbiamo conservato solo quello che
ci vien largito dalla benemerita Gassa di Risparmio, e del man-
tenimento di esso ci dà ragione a sperare la costanza con la
quale ogni anno ci viene corrisposto, onde è che per noi rap-
presenta una vera e propria entrata ordinaria. Se adunque alle
L. 6800 tra resta di cassa e sussidii e alle L. 500 importare delle
100 azioni dei sodi, di cui si è discorso , voi aggiungete altre
L. 320, che sono quelle che ci vengono meno o da contributi di
enti morali o da abbonamenti alle pubblicazioni o da vendita di
volumi delle pubblicazioni stesse, se, cioè, da un totale di L. 7620 —
che a tanto ammontano le variazioni in meno del 1900 sul 1899—
si deducono le L. 395,80, cui ascendono le poche variazioni in più,
dipendenti sovratutto da un migliore accertamento di partite at-
tive, conservando le allogazioni già fatte dal Consiglio Direttivo,
giusta le ragioni sommariamente esposte , si perviene alla diffe-
renza difflnitiva fin da principio notata che è di L. 7224,20. Per-
tanto le L. 13662,80, ammontare deirattività ordinaria e straordi-
naria, sono cosi costituite:
ATTI DELLA SOOI^tI 721
Contribuzioni sociali L. 7635 —
Rendita sui fondi pubblici , 100 —
Associazioni al Periodico ed ai Documenti . . » 207,80
Introiti eventuali » 1600 —
Fondo di cassa e residui attivi degli esercizii prece-
denti » 4120 —
Sono le L. 13662,80
Nella parte passiva poi, segue a dire il Relatore, oltre ad eco-
nomie nelle spese di amministrazione ed ad altre minori previ-
sioni, di cui si dà conto nelle variazioni ai singoli articoli, abbia-
mo sopratutto spese di qualche importanza che vengono meno.
Tali le L. 3000 corrisposte al Rutelli, giusta la deliberazione con-
siliare 9 novembre 1898, le L. 2500 allogate per arredamento dei
locali, a quale scopo si è fatta la pi'evisione di cui si dirà in se-
guito, e le L. 8000 per far fronte i^Ue spese occasionali al Con-
gresso (le quali dovranno realizzarsi nel 1900, imputandosi sul
fondo del bilancio precedente a ciò impegnato) ; ed è cosi che si
raggiungono L. 10224i,20 in meno delle previsioni della spesa or-
dinaria e straordinaria del 1900 sul 1899, da cui deducendo L. 3000
di maggiore spesa, consegue la cennatadifferenza ultima diL. 7224,20,
onde la spesa difflnitiva di L. 18662,80 che pareggia con l'entrata.
Le L. 8000 di maggiore spesa vanno imputate per L. 1000 alle
spese di pubblicazioni (art. 16), per L. 1500 alle spese di arreda-
mento dei locali sociali (art. 31), e per L. 500 alla maggior som-
ma occorrente per completare la 2» rata, dilazionata, dovuta al si-
gnor Rutelli per i lavori forniti. Non si è tralasciato poi anche
quest'anno di allogare un fondo in corrispondenza alle possibili
cancellazioni di residui attivi (art. 34), ed il fondo di riserva (ar-
ticolo 85) servirà, insieme alle imprevedute della parte ordinaria,
di seguito a deliberazione del Consiglio Direttivo, ad impinguare
i varii articoli di spese ed a far fronte ad altre, occasional-
mente al VII Congresso Storico Italiano, per le quali, come si è
detto, rimane impegnata la somma allogata allo art. 86 del bilan-
cio del precedente esercizio. Riassumendo pertanto le L. 13662,80
della passività sono così costituite :
722 ATTI DELLA SOCIETX
Pubblicazioni L. 5100 —
Acquisto e rilegatura di libri » 200 —
Imposte e ritenute » 355 —
Spese di amministrazione » 1430 —
» manutenzione stabile e arredamento locali » 2000 —
Imprevedute * 457, 80
2.* rata dilazionata Rutelli * 3500 —
Fondo per far fronte alle cancellazioni di residui
attivi * 300 —
Fondo di riserva * 320 —
Sono le L. 13662,80
Compiuta così la esposizione fatta dal Relatore, e ritenendosi
non essere il caso di una discussione generale, si passa alla discus-
sione degli articoli, di cui si dà lettura, e che vengono mano mano
approvati, giusta gli stanziamenti fatti dal Consiglio Direttivo. Da
ultimo si vota l'intero progetto di bilancio presuntivo per l'eser-
cizio 1900, che in complesso ammonta a L. 13662,80. Detto bilan-
cio resta allegato al presente processo verbale, segnato di let-
tera A.
Di seguito il Segretario Generale presenta il conto consuntivo
dell'esercizio 1898, domandando che siano nominati i revisori che
ne riferiscano, per l'approvazione, alla Società. L' assemblea deli-
bera che il detto conto sia esaminato dagli stessi revisori del con-
suntivo 1897, i socii signori Martinez e Serio.
Lo stesso Segretario Generale, riferendosi alle precedenti co-
municazioni al riguardo, informa l'assemblea dell'insistente rifiuto
del signor Principe di Fitalia a recedere dalle rassegnate dimis-
sioni da Vice Presidente.
Legge pertanto la lettera dallo stesso Principe inviata alla
Commissione, che da lui si era recata a presentare il voto dell'as-
semblea.
Non rimane quindi che accettare le dimissioni e passare alla
uomìua del Vice Presidente, ed anche, nella seduta odierna, do-
vrà procedersi alla nomina di due consiglieri, in sostituzione dei
signori Saloinoin; Marino o Trnvali, usccditi (lall'iidlcio, e non l'io*
ATTI DELT-A SOCIETX 72^
liggibili ai sensi delle disposizioni dello Statuto. Accettate le pro-
poste del Segretario Generale, si procede alla votazione, e prima
a quella per la nomina del Vice Presidente. Assistono da scruta-
tori i socii Mango e Siciliano Luigi.
Raccolte le schede per appello nominale e fattasene la lettura,
si ottiene il seguente risultato: Presenti 45; astenuti 2; votanti
43 ; maggioranza 22.
Dott. Giuseppe Pitrè voti 36
Principe di Scalea » 7
Il Presidente proclama eletto V^ce Presidente il dott. Giuseppe
Pitrè.
Con lo stesso metodo si procede allo spoglio delle schede per
la votazione dei due Consiglieri ; e si ha il risultato che segue:
Presenti 45; astenuti 2; votanti 43; maggioranza 22.
Prof. Giuseppe Patricolo voti 33
Dott. Ferdinando Lionti » 19
Prof. Luigi Sampolo » 17
Francesco Varvaro Pojero » 10
Dott. Carlo Alberto Garufi » 2
Prof. Giuseppe Cosentino » 1
Voti dispersi numero 3.
È proclamato eletto il prof. Giuseppe Patricolo e non essendosi
da nessuno degli altri tutti raggiunta la maggioranza assoluta, si
procede ad altra votazione, la quale dà il risultato seguente: Pre-
senti 42; astenuti 2; votanti 40; maggioranza 21.
Dott. Ferdinando Lionti voti 17
Prof. Luigi Sampolo » i2
Francesco Varvaro Pojero » 9
Dott. Carlo Alberto Garufi » 1
Schede bianche num. 1.
Non essendosi anco in questa seconda votazione raggiunta
da alcuno la maggioranza assoluta, il Presidente dichiara che si
724 ATTI DELLA SOCIETÀ.
dovrà procedere alla votazione di ballottaggio tra i signori Lionti
e Sampolo, che ottennero il maggiore numero di voti. Raccolte le
schede e fattone lo spoglio, si ha il risultato seguente, cioè: Pre-
senti 41; astenuti 2; votanti 39; maggioranza 20.
Prof. Luigi Sampolo voti 21
Dott. Ferdinando Lionti » 17
Schede bianche num. 1.
Vien proclamato eletto il prof. Luigi Sampolo. E però, giusta
lo Statuto, i signori professori Patricolo e Sampolo faranno parte
del Consiglio Direttivo per il triennio dal 1° gennaio 1900 al 31
dicembre 1902.
Non essendovi altri affari da trattare, alle ore 15 ^/^ , il Pre-
sidente dichiara sciolta la seduta.
Il SegretaìHo Generale
DJ Giuseppe Lodi
^<r<^6y3^l^'?--«y»o
Allegato A.
SOCIETÀ SICILIANA PER LA STORIA PATRIA
BILANCIO PRESUNTIVO
per ranno 1900.
Areh. Stor. Sic. N. S. anno XXIV. 47
726
ATTI DELLA SOCIEtX
Numero
OGGETTO DEGLI STANZIAMENTI
PARTE PRIMA — ATTIVITÀ
Sta
1899
per articolo
per capit
TITOLO I.
Rendita ordinaria
Oontribuzioiii sociali.
Sodi — Per N. 900 azioni alla ragione di L. 5 per ogni
azione L-
Ministeri — Ministero della Pubblica Istruzio-
ne . . . per N. 400 azioni L. 2000, —
Ministero di Agricoltura,
Industria e Commercio „ 5 , , 25, —
N. 405 azioni L. 2025,
Proumcee~Provincia di Palermo per N. 20 azioni L. 100,—
, Catania , , 20 , ^ loo, _
N.
40
L.
200, -
Municipio di Palermo per
N.lOO
azioni
L.
500, -
1
»
Messina
»
10
a
50,-
s, '
•
Castrogio-
.o
vanni ,
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4
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20, -
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a
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Marsala „
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4
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20, —
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»
Monte S. Giu-
liano
K
4
n
20, —
t
Noto
II
4
x
20, -
A riportarsi N. 126 azioni L. 630, —
A riportarsi L.
5,000
2,000
200
7,200
ATTI DELLA SOCIEtX
727
1900
iriicolo per capitolo
00
?5
DO
VARIAZIONI
in più
25
in meno
iOO
RAGIONI DELLE VARIAZIONI
I,a variazione in meno per essere stato de-
terminato a 900 il numero delle azioni da ri-
scnotere nel 1900.
La variazione in più dipende dall' essersi
tenuto conto di numero 5 azioni che corri-
sponde il Ministero di Agricoltura, Industria
e Commercio.
i5
25
500
728
ATTI DELLA SOOIEtX
Numero
OGGETTO DEGLI STANZIAMENTI
o
"o
1899
'E.
s
5
<
"S
per articolo
per e
Riporto L.
7,200
-
—
Riporto N. 12^1 azioni L. 630, —
•~ ( Municipio di Parco , 4 , ^ 20, —
•2 J X Nicosia , 4 , „ 20, —
3 1 « Acireale , 4 , , 20, —
5
^ V , Alcamo , 2 , ^ io, —
7G5
—
N. 140 L. 700, —
Biblioteche ed altri Enti— Direzione fieli' Archi-
vio di Sfato .li Venezia perN. 4 azioni !.. 20. —
/ Fardelliana di Tra-
[ pani • • . . „ 4 „ „ 20. —
§ 1 Comunale di Vicenza , , 4 „ , 20, —
■| ) Nazionale di Napoli , „ 4 „ ^ 20, —
3 j di Brera di Milano . . „ 4 , , 20, —
(5 1 Universitaria di Mes-
f Sina • • . „ . 4 , „ 20, —
\ Comunale di Verona , „ 2 „ „ io, —
Gabinetto di Lettura di Mes-
sina , , 4 „ ^ 20, -
Direzione Generale per la con-
!
servazione dei monumenti
i
1
della Sicilia ....,„ 4 ^ 20 —
Circolo Bellini di Palermo . , . 4 9n
Nuovo Casino di Palermo . „ , 4 , , 20 —
170
—
N. 42 L. 210, -
Totale Capitolo I. L.
8,135
8,1
n
6
Rendita Bui fondi pubblici.
Direzione Generale del Debito Pubblico del Regno d'IUdia per
la RendiU acquistata con gli avanzi di cassa, giusta il Certi-
ficato al latore di N. 154,883 .' L.
100
—
1(
A riportarsi L.
8,2Ì
ATTI DELLA SOCIETÀ
729
1900
per capitolo
7,635
100
7,735
VARIAZIONI
in più
25
40
65
in meno
500
565
RAGIONI DELLE VARIAZIONI
La variazione in meno per essersi cancel-
late le quote assunte dai Municipii di Girgen-
ti, Salaparuta e Siracusa.
L' aumento é dovuto a numero otto azioni
sottoscritte dal Circolo Bellini e dal Nuovo
Casino.
730
ATTI DELLA SOCIETÀ
Numero
o
■«->
in
IV
9
10
11
OGGETTO DEGLI STANZIAMEiNTI
Riporto L
Associazioni al Periodico ed ai Documenti.
Ministero dell'Interno
, della Guerra .
Camera dei Deputati.
Biblioteca Palatina di Parma
Archivio di Stato di Palermo
Biblioteca Labronica di Livorno
;, Comunale di Caltanissetta
„ , , Castelvetrano
Archivio di Stato di Firenze .
, , „ Napoli .
Siracusa prof. Giovanni Battista
E. D'Oleire libraio Triibues Strasburgo
5 ZL.
g a rt »
= -3) "
a z^
s o ^
<o
a.
<D
25,
25,
25,
25,
25,
L. 125,
•- o
la o
12, —
12, —
12, -
12, —
12, —
12, -
10, 80
L. 82, 80
Totale Capitolo III. L.
Introiti eventuali.
Vendita eventuale del Periodico VArchivio Storico Siciliano
e dei Docui/tenti L.
Interessi sulle somme depositate nella Cassa di Risparmio Vit-
torio Emanuele ,
Contribazioni e largizioni eventuali ,
Totale Capitolo IV. L.
Totale Rendita Ordinaria. L.
1899
per articolo
per ca
8,23!
]80
72
252
1200
100
1500
2,800
252
2.800
11,287
ATTI DELLA SOCIEtX
781
ento
1900
per articolo
125
82
207
1000
100
500
1,600
80
80
per capitolo
7,735 —
207
80
1,600
VARIAZIONI
in più
65 —
m meno
565
55
10
80
200
1000
9,542
80
75
80
RAGIONI DELLE VARIAZIONI
La variazione in nieno per essere stata di-
sdetta l'associazione dal Ministero degli Affari
Esteri e per l'importo presanto delle pubblica-
zioni che si faranno nell'anno 1900.
La variazione dipende da
nuovi abbonamenti] cioè:
E. d'Oleire libraio Trubues Strasburgo L, 10,80
Siracusa Prof. Giovanni Battista . „ 12,—
abbonamenti venuti meno:
Archivio di Stato di Strasburgo
L. 22,80
, 12 -
Restano L. 10,80
La variazione in meno in corrispondenza
alla vendita che si presume possa farsi nel
1900.
La variazione in meno perchè si prevede sol-
tanto la largizione della Gassa di Risparmio.
1,820
782
AtTI DELLA SOCIETÀ
Numero
OGGETTO DEGLI STANZIAMENTI
St£
o
5
1
.2
<
1899
per articolo
per capii
V
12
13
14
a
TITOLO II.
Rendita Straordinaria.
5,800
1,754
1,040
1,000
—
ì
9,600
Fondo di Cassa e Residui attivi desìi Esercizi prece-
denti.
Fondo di Cassa a 31 dicembre 1899 . . . . L.
Residui attivi per contribuzioni ordinarie a 31 dicem-
bre 1899
Municipio di Palermo per resto di prezzo di carta forni-
tagli .-
Municipio di Palermo per sussidio straordinario
Totale Capitolo V. L.
9,600
-
Totale Rendita Strac
)rdinaria
. L.
9,600
1
ATTI DELLA SOCIETX
1S^
VARIAZIONI
1900
Tticolo
dO
Vd
0
per capitolo
4,120
4,120
Iti più
46
274
320 —
111 meno
4,800
1.000
5,800
RAGIONI DELLE VARIAZIONI
Le variazioni in tutti o tre ^^li articoli, in
relazione ai risaltati approssimativi dell'Eser-
cizio 1899, e salvo esatto e reyrolare accerta-
mento nella redazione del conto consuntivo.
Non jii prevede alcun sussidii
^34
ATTI DELLA SOCIETX
Numero
o
o
o
o
o
A
h
ó
<
VI
VII
vili
IX.
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
OGGETTO DEGLI STANZIAMENTI
PARTE SECONDA — PASSIVITÀ
TITOLO I.
Spesa Ordinaria.
Pubblicazioni.
Fondo per la provvista di carta da impiegarsi per la pub-
blicazione del Periodico V Archivio Storico Siciliano, Docu-
menti ed altro L.
Fondo per la stampa del suddetto Periodico e Documenti „
Fondo per le spese d'inscrizioni ed altro, spettanti a lavori
di monumenti artistici „
Totale Capitolo VI . . L.
Acquisti e rilegature di libri.
Fondo per acquisto e rilegatura di libri per uso della Biblio-
teca della Società ,
Totale Capitolo VII . L.
Imposte e ritenute.
Ritenuta sulle L. 2,000 di assegno del Ministero della Pub-
blica Istruzione (art, 2 Attività)
Tassa di Ricchezza mobile sulla Rendita del Debito Pubblico
(art. 6 Attività)
Totale Capitolo Vili L.
Spese d'Amministrazione.
Assegno al Ragioniere L,
Id. all'Aasistente alla Segreteria , . . , ,
Id, al Barandiere ,
Indennità d'esazione al 6 «/o dovuta sullo contribuzioni che
li riscootoDo in Palermo ,
A riportarsi L.
1899
per articolo
1,500
2,000
600
4,100
200
200
335
20
355
200
160
200
300
860
ATtl ttELLA SOCtEtX
?35
VARIAZIONI
1900
per capitolo
in più
1000
5,100
200
in meno
355
5,655
1000
30
30
RAGIONI DELLE VARIAZIONI
L* aumento per le pubblicazioni in corso
di stampa e per le altre che si ritiene possa-
no farsi durante 1' anno.
La variazione in meno in relazione alla
previsione all' art. 1° della Parte Attiva.
•f36
ATTI DELLA SOCIETÀ
Numero
o
o
o
o
o
p<
«J
co
O
<
25
27
28
29
XI
:;o
31
32
OGGETTO DEGLI STANZIAMENTI
Riporto L.
Indennità fissa per la distribuzione del Periodico agli Asso-
ciati in Palermo e per la spedizione fuori Palermo . ,
Fondo per marche da bollo e carta bollata . . , ,
Fondo per generi di scrittoio e stampe per uso dell'Ammi-
nistrazione ,
Fondo per spese postali e telegrafiche . . . . ,
Totale Capitolo IX . L.
Manutenzione ed arredamento dei locali.
Gabella dell' acqua che l'.efluisce nei locali della Società . L.
Appaltatore signor Nicolò Rutelli per la seconda rata delle
L. 14,000, per resto di prezzo dei lavori di adattamento
della Grande Aula per uso di Biblioteca della Società, e degli
altri locali, dilazionate pagarsi in quattro anni dal 1899
al 1902 . „
Manutenzione dei locali della Società . . . . ,
Arredamento dei locali della Società . . . . -
Totale Capitolo X L.
Imprevedute.
Fondo per le spese imprevedute, casuali ed altro, iieU' in-
teresse della Società ,
1899
per articolo
50
100
400
250
per ca
4,66i
1.060
85
3,500
800
4,385
1,G6
587
Totale Spesa Ordinaria L.
4,:^
58
11,28
ATTI DELLA SOCIETÀ
737
1
VARIAZIONI
p: 1900
RAGIONI DELLE VARIAZIONI
• articolo
1
per capitolo
in più
in meno
1
i 830
—
5,655
-
1000
—
30
—
50
1 100
-
^yjO
—
~
—
150
50
—
Le variazioni in meno agli articoli 27 e 28
in relazione ai risultati presumibilmente ac-
certati dal Consuntivo dell'anno 1899.
,430
•
~
1,43-.'
—
73
20
—
il
80
La variazione in meno in dipendenza del
nuovo contratto con l'Amministrazione del-
l' acqua di Scillato.
A>6
■SO
3,500
373
20
Questa spesa si é iscritta all'art. 33 della
Parte Passiva straordinaria per più propria
competenza.
,500
—
1,500
—
—
—
1,000
—
2,000
—
457
80
457
80
80
_
129
20
20
9,542
2,500
—
4,244
738
ATTI DELLA SOCfETA
Numero
6
XIII
OGGETTO DEGLI STANZIAMENTI
TITOLO II.
Spesa Straordinaria.
XII Fabbriche.
33 Appaltatore signor Nicolò Rutelli a compimento di L. 31,000,
stante L. 27,500 pagategli a tutto l'Esercizio 1899. Sono per
i lavori di adattamento del nuovo Salone e luoghi annessi
ai termini della convenzione firmata il 13 novembre 1898 L.
Fondo per arredamento dei locali della Società . . ,
Totale Capitolo XII. L.
VII Congresso Storico Italiano :
Fondo per le spese occasionali al VII Congresso Storico Ital."",
Fondi speciali.
34 Fondo in corrispondenza alle possibili depennazioni di resi-
dui attivi
35 Fondo di riserva
Stj
Totale Capitolo XIII . L.
Totale Spesa straordinaria L.
1899
per articolo
3,000
2,500
~
5,500
—
3,000
—
500
600
—
1,100
—
per capii
r),500
3,000
1,100
9,600
ATTI DELLA SOCIETÀ
739
VARIAZIONI
1900
ti 00 lo
per capitolo
in più
in meno
500
3,500
620
4,120
500
2,500
3,000
200
280
5,980 -
RAGIONI DELLE VARIAZIONI
La spesa di L. 3,500, giusta la convenzione,
era stata prevista all' art. 31 della Parte Pas-
siva ordinaria nel precedente bilancio 1899,
ed ora si è iscritta in questo articolo per
più propria competenza.
Previsto in minor cifra all' art. 31 della
Parte Passiva ordinaria per più propria com-
petenza.
Vedi osservazione al seguente art. 35.
Il di contro fondo é in corrispettivo alle
disponibilità delle entrate straordinarie, e
salvo sempre la riscossione intera delle Li-
re 1,800 di residui (art. 13 Attività). Si alloga
in questo articolo la somma di Lire 320, che
dovrà, insieme alle Imprevedute della parte
ordinaria, essere erogata all'occorrenza, di se-
guito a deliberazione del Consiglio Direttivo,
sia per impinguare i vari articoli di spese, sia
per far fronte alle altre spese, occasionalmente
al Vii Congresso Storico italiano, per le quali
rimane impegnata la somma residuale allogata
all'art. 36 del Bilancio dello scorso Esercizio.
740
ATTI DELLA SOCIETÀ
Riepilogo
Attività
Ordinaria
Straordinaria
Totale Attività L.
Passi vitM
Ordinaria
Straordinaria
Totale Passività L.
STANZIAMENTO
VARIAZIONI
1899
1900
in più
in meno
1 1 ,287
9,6C«)
9,542
4,120
80
75
320
80
1,820
5,800
—
20,887 —
13,662
80
395
80
7,620
—
11,287 -
d,cm \ —
9,542
4,120
80
2,500
500
—
4,244
5,980
20
!
20,887 1 —
13,6r,2
80
3,000
—
10,224
20
Palermo, dicembre 1899.
Il Ragioniere
Salvatore Sanfllippo
Il Relatore
Giuseppe Falcone, Vice Segretario.
INDICE
DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO VOLUME
Elenco degli ufQciali e soci della Società per l'anno 1899 . . Pag. Ili
MEMORIE ORIGINALI
La Via M. — Le cosi dette « Colonie lombarde » di Sicilia. Studj sto-
rici e filologici » 1
Di Giovanni Mj V. — Appendice alla Topografia antica di Palermo
dal sec. X al XV — Da un volume di antichissimi documenti e-
semplati dalli pergameni » 381
Strazzulla Sag. Dott. V. — Storia ed archeologia di Trotilon , Xi-
pbonia ed altri siti presso Augusta di Sicilia. ...» 397
MISCELLANEA
Di Martino M. — Una spedizione in Noto nel 1647 ...» 36
Chiaramonte S.— La rivoluzione e la guerra Messinese del 1674-8 » 51-498
Paolucci G. — Rosolino Pilo — Memorie e documenti dal 1857 a 1860 » 210
Starrabba R. — Di un codice delle consuetudini e dei privilegi della
Città di Messina » 285
La Corte G, — Iato e latina. Ricerche di topografia storica . » 310
Garufi C. a. — I privilegi di Arrigo VI e Costanza I per la Città di
Messina » 587
Vasi L. — Ricerche delle Colonie lombarde di Sicilia . . » 008
742 INDIOK
RASSEGNE BIBLIOGRAFIOHE
Garufi C. a. — Dott. Giuseppe La Mantia — Dei reali Archivi di Si-
cilia. Memoria inedita del Can. Rosario Gregorio . . . Pag. 330
Garufi C. A. — Sac. Dott. Vincenzo Strazzulla — Indagini archeolo-
giche sulle rappresentanze del « Signum Ghristi ». . . «331
Garufi C. A. — Giustino Fortunato — Santa Maria di Perno . » 336
Garufi C. A. — Giustino Fortunato — Rionero medievale, con 26 do-
cumenti inediti » 338
Di Martino M. — Le catacombe di Siracusa in recenti studi ed il-
lustrazioni » 658
Garufi C. A. — P. Kher, Rapsturkunden in Sizilien. ìjber die Papstur-
kunden fiir S. Maria Valle Josaphat. Rapsturkunden in Malta. Be-
richt iiber die Forschungen L. Schiaparellis ecc. ...» 668
Garufi C. A. — Orazio Nerone Longo, Ricerche su i diplomi Nor-
manni della Chiesa di Troina » 672
Bullettino bibliografico » 339-678
Sommario delle pubblicazioni periodiche .....> 692
Atti della Società 358-707
University of Toronto
Library
DONOT
REMOVE
THE
CARD
FROM
THIS
POCKET
Acme Library Card Pocket
LOWE-MARTIN CO. UMITED
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